Musica Musica A Firenze, appena attraversato Pontevecchio verso l'Oltrarno, Sulla sinistra si trova una delle più antiche chiese della città, Santa Felicita. Qui, nella cappella Capponi, si può ammirare una delle opere più significative del manierismo, la deposizione del Pontormo, eseguita tra il 1525 e il 1528. Nei primi decenni del Cinquecento la ricerca artistica sta cambiando. Vasari, nelle vite degli artisti del suo tempo, individua una maniera moderna di fare arte. Per lui gli artisti devono acquisire la buona maniera, rifacendosi allo stile dei grandi maestri rinascimentali. Ma già alla fine del secolo e negli anni successivi, invece, il termine manierismo individua qualcosa di negativo, perché non si comprendono i valori che le opere di questo periodo contengono e si pensa a una decadenza dell'arte dopo la morte dei grandi maestri rinascimentali, soprattutto di Raffaello.
Ma che cosa è il manierismo? Dove e perché nasce? E chi ne sono i protagonisti? E'a queste domande che il documentario cercherà di dare una risposta. Il manierismo è la corrente d'arte che subentra quella rinascimentale e si pone tra quest'ultima e il barocco.
Nata tra Roma e Firenze nelle prime decadi del Cinquecento, si propaga successivamente in tutta l'Europa. E'un'arte a sé stante, che pur guardando ai maestri rinascimentali cambia il modo di vedere le cose del mondo e assume caratteristiche proprie. I corpi vengono deformati, le figure risultano sproporzionate, le pose sono a volte impossibili e le composizioni irreali.
Il perfetto equilibrio rinascimentale si tramuta in qualcosa di più dinamico e lo spazio prospettico, grande innovazione in pittura della razionalità del rinascimento, scompare. Per i detrattori, gli artisti manieristi non hanno più come riferimento per il loro operare la natura e la bellezza classica, ma sono attratti da forme contorte, simbologie e colori irreali e bizzarri, anticlassici e quindi antirinascimentali. Tra la fine del Quattrocento e l'inizio del secolo successivo, il momento storico è particolarmente drammatico e ciò viene percepito dagli artisti.
L'Italia è sconvolta dalle pestilenze e dalla lunga e sanguinosa lotta tra Carlo V e Francesco I per il predominio sulla penisola. Lutero pone in risalto la corruzione della Chiesa, i Lanzichenecchi mettono a sacco Roma, e a Firenze Savonarola, mandato a rogo per eresia nel 1498, profetizza flagelli apocalittici. Leonardo, Raffaello e Michelangelo, morti rispettivamente nel 1519, nel 1520 e nel 1564, concludono il Rinascimento, portandolo ai massimi vertici, ma anche innovando. e aprendo nuove strade alle ricerche artistiche. Nei cartoni di Leonardo e di Michelangelo per le battaglie di Cascina e di Anghiari, purtroppo perduti, rispettivamente del 1504 e 1503, si intravedono già i germi del manierismo, così come nell'incendio di Borgo e nella trasfigurazione di Raffaello, l'opera che era ai piedi del suo letto di morte, nel 1520, ma è soprattutto Michelangelo che a buon ragione può essere considerato il primo dei manieristi.
Gli affreschi della Cappella Sistina del 1509 sono in parte antirinascimentali. Il giudizio universale in pittura e l'ingresso della biblioteca laurenziana a Firenze in architettura sono opere esemplari del manierismo. Tutti i pittori manieristi che si sono affermati nelle prime decadi del Cinquecento, oltre a vedere le sue opere a Firenze, hanno compiuto viaggi a Roma, lo hanno studiato e ne sono stati influenzati.
Ritornando al Pontormo, egli è sicuramente uno dei pittori più rappresentativi del manierismo. Il suo vero nome è Jacopo Carucci. Nasce a Pontorme, attualmente un quartiere periferico di Empoli, nel 1494, ed è allievo di Andrea del Sarto. Personaggio lunatico e introverso, lavora prevalentemente per i medici e nelle prime opere sente l'influenza di Leonardo e di Raffaello.
Poi, dopo un soggiorno a Roma verso il 1515, inizia a elaborare uno stile innovativo e sperimentale, più vicino a Michelangelo. Gli affreschi per la villa Medicea di Poggio a Cagliano del 1519 rinnovano gli schemi tradizionali del racconto mitologico. Qui Più che l'episodio di Vertumno e Pomona, tratto dalle metamorfosi di Ovidio, viene genialmente rappresentata una scena di vita campestre.
In questo caso Vertumno, l'autunno, e Pomona, la primavera, che simboleggiano l'aspetto ciclico delle stagioni e la fertilità della natura, rappresentano un'allegorica celebrazione della famiglia De Medici. Nella Cappella Capponi in Santa Felicita, eseguita come si è detto tra il 1525 e il 1528, Pontormo raggiunge l'apice della sua ricerca. Più che una deposizione, è un trasporto di Cristo al sepolcro. Le figure hanno pose impossibili, i colori sono brillanti, la composizione irreale. A destra, in disparte, l'autoritratto dell'autore.
Questa è l'opera che ai primi del Novecento ha dato inizio alla riscoperta, dopo più di 300 anni, di Pontormo e della grandezza e validità del manierismo. Nella visitazione della chiesa di Carmignano del 1528 l'atmosfera è malinconica, come se già si presagisse la futura tragedia. Le quattro donne che rappresentano il passaggio tra il Vecchio e il Nuovo Testamento sono immerse in una sospensione quasi metafisica. Tutto è fermo, eppure vive. A proposito di quest'opera, Cesare Brandi parla di fremito del manierismo.
Anche la vita di Pontormo è malinconica. La sua personalità è tormentata e introversa. Muore a Firenze nel 1557 a 63 anni, lasciandoci più di 400 bellissimi disegni.
Agnolo di Cosimo, detto il bronzino, di poco più giovane, suo aiuto nella cappella Capponi, è il suo solo e vero amico. Con lui Pontormo ha una relazione sentimentale che dura tutta la vita. Bronzino, che ai suoi esordi dipinge opere in chiave manierista, successivamente diventato il pittore ufficiale della Corte Ducale dei Medici, si allontana dalla ricerca iniziale e realizza splendidi ritratti ai componenti della famiglia, eseguiti con colori freddi, quasi metallici. Giovan Battista di Jacopo, detto Rosso Fiorentino per il colore dei capelli, è un altro importante pittore manierista. Nato a Firenze nel 1494, anche gli allievo di Andrea del Sarto, già verso il 1518 realizza opere inquietanti.
È di bello aspetto, colto, appassionato di musica, ha una visione molto personale di fare arte ed è vicino al pensiero di Savonarola. Come si può vedere nella sua opera più famosa, la Deposizione del 1521, commissionatagli dalla Cappella dei Flagellanti e attualmente al Museo Civico di Volterra, i colori sono accesi, i personaggi sbozzati come sculture. Non vi è prospettiva, le figure sono spigolose.
i gesti esasperati e i colori irreali. In questo eccezionale sposalizio della Vergine del 1523 che si trova nella Basilica di San Lorenzo a Firenze, San Giuseppe contro ogni tradizione è giovane e bello. Probabilmente sta ad indicare che la castità non ha età, i colori sono cangianti e i panneggi straordinari.
Pur se in maniera diversa, nelle opere di Rosso Fiorentino e di Pontormo compare la stessa idea di superamento della poetica michelangiolesca e di innovazione antirinascimentale. Diventato famoso e chiamato in Francia da Francesco I, Rosso Fiorentino, nell'autunno del 1530, è a Fontainebleau come capo di tutte le fabbriche reali. Addolcendo la sua ricerca, muore a 45 anni, forse suicida, nel 1540. Le opere da lui iniziate vengono affidate a Francesco Primaticcio.
Le influenze esercitate dalle realizzazioni degli artisti italiani danno inizio alla scuola di Fontainebleau, che genera un manierismo del tutto particolare, che dalla Francia si propaga in tutta l'Europa. Si è detto che Pontormo e Rosso Fiorentino sono stati allievi di Andrea del Sarto. Questo artista, definito dal Vasari pittore senza errori, il cui vero nome è Andrea Dagnolo, sente l'influenza di Raffaello e di Leonardo, ma nelle sue opere, pur riproponendo gli schemi rinascimentali classici, se ne discosta in maniera personale, anche se non in modo ossessivo, come faranno i suoi due allievi. Confrontando le opere di Pontormo e di Rosso Fiorentino con quelle di Andrea del Sarto, si individuano le due correnti presenti nel Cinquecento, quella propriamente manierista, che prende come riferimento Michelangelo, di rottura e di grande cambiamento rispetto all'arte rinascimentale, e quella più addolcita, ancora in parte classica, più vicina a Leonardo e a Raffaello. La prima, più forte e irrazionale, è dominata dall'istinto.
La seconda, più pacata e controllata, è più vicina alla ragione. Sempre in Toscana, a Siena, opera un altro pittore manierista, Domenico di Jacopo di Pace, detto Domenico Beccafumi. È un artista importante anche se non molto conosciuto da un vasto pubblico.
Nato a Monte Aperti nel 1486 e a Roma nel 1510. Nelle stigmate di Santa Caterina del 1515 crea una composizione spaziale del tutto innovativa, ma è perfettamente manierista soprattutto nella caduta degli Angeli Ribelli del 1525. Le figure si allungano, i corpi sono attraversati da una profonda inquietudine. Tutta la composizione è percorsa da una specie di drammatico movimento. Beccafumi, dal 1517, fornisce i cartoni dai quali viene realizzata la magnifica decorazione del pavimento del Duomo di Siena, di cui dirige i lavori. Attraversando gli Appennini verso nord, a Parma, si trovano due importanti artisti nelle cui opere sono ben evidenziati i due aspetti della pittura del Cinquecento di cui si è parlato.
Sono entrambi geniali innovatori, ma con una diversa visione del mondo. Il primo è Antonio Allegri, detto Correggio, perché nato appunto a Correggio nel 1489. A carattere schivo e opera prevalentemente a Parma, si ispira al Mantegna e a Roma studia Raffaello e Michelangelo. Dal 1519 al 1520 lavora agli affreschi della Camera della Badessa o Camera di San Paolo, rifacendosi alla decorazione leonardesca del Castello Sforzesco a Milano e alla loggia di psiche di Raffaello della Farnesina ricopre la volta con un pergolato con foglie e frutti.
Negli ovali vi sono gruppi di putti e in basso soggetti mitici della classicità. Non si conoscono con esattezza le simbologie dell'intero ciclo. Sulla cappa del camino vi è Diana, evidente simbolo di castità della committenza. dell'opera, l'abbadessa Giovanna Piacenza, che è al centro di un elitario circolo di intellettuali.
Dal 1520 al 1523 lavora alla visione di San Giovanni Evangelista, nella cupola della chiesa omonima. Cristo è al centro dell'affresco. San Giovanni, posto tra gli apostoli, è visibile soltanto dall'altare maggiore.
I personaggi visti di scorcio sono monumentali, ogni elemento architettonico viene eliminato. Nel 1524 inizia a lavorare all'affresco l'assunzione della Vergine nel Duomo di Parma, considerato il suo capolavoro. Il Cristo è al centro e la Vergine, protettrice di Parma, sta per essere assunta in cielo, contornata da una moltitudine di angeli e di santi. In basso vi sono gli apostoli, e i quattro santi protettori della città.
È una impressionante e grandiosa scena corale. Correggio è il pittore dell'illusionismo prospettico. Gli affreschi nelle due chiese rappresentano scene grandiose, con composizioni a spirali.
I santi, inseriti nella folla dei personaggi, non sono riconoscibili. Per lui è importante rappresentare un sorprendente vortice ascendente. Il parmense Giovanni Lanfranco, ispirandosi a Correggio, affresca dal 1625 al 1627, quindi cento anni dopo, la cupola di Sant'Andrea della Valle a Roma. È il primo soffitto barocco che si apre verso il cielo. È innovativo anche nelle opere sacre, come ad esempio nell'Adorazione dei Pastori.
e nella Madonna di San Girolamo, attualmente alla Galleria Nazionale di Parma, nelle quali sostituisce la composizione centrale rinascimentale con tagli diagonali. Anche in queste opere anticipa l'arte del Seicento. Nei dipinti con gli amori di Giove, una serie di quadri profani commissionatigli dal Duca di Mantova, raggiunge un'eleganza e una sensualità senza pari.
L'erotismo in pittura è molto richiesto dai committenti per opere a carattere privato. Muore all'improvviso nella sua città natale nel 1534, a 45 anni. Mentre Correggio anticipa il barocco, il vero manierista a Parma è Francesco Mazzola, detto il parmigianino, probabilmente per la sua corporatura minuta. Nato in questa città nel 1503 in una famiglia di pittori, si forma a contatto con Correggio, ma nelle sue opere se ne discosta notevolmente. Precocissimo, già a 16 anni, viene considerato maestro, affresca due cappelle nella chiesa di San Giovanni.
Verso il 1523 lavora agli affreschi della saletta particolare di Paola Gonzaga, consorte di Galeazzo San Vitale, nella rocca di Fontanellato. Il soggetto, reso con innovativa interpretazione, è la storia di Diana e Atteone, tratta dalle metamorfosi di Ovidio. Il pergolato si rifà nell'impostazione del racconto, al correggio della camera dell'abbadessa. Atteone, dopo aver visto Diana mentre si bagna nuda con le ancelle, viene tramutato in cervo. e sbranato dai suoi stessi cani.
Diana, metafora della committente, è un simbolo di fedeltà e di castità. Nella fresco sono state individuate anche altre e più complesse simbologie alchemiche, come l'unione tra il maschile e il femminile, o come l'uomo a teone che, per appropriarsi del principio divino, Diana, è disposto a farsi mutare in preda e a morire. La saletta di Fontanellato è uno spazio mistico, un luogo arcano che nasconde misteriose simbologie.
Parmigianino è a Roma nel 1524 e studia le opere di Raffaello e di Michelangelo. Porta con sé lo straordinario autoritratto in uno specchio convesso. Parmigianino ha 21 anni e quest'opera, che evidenzia il suo aspetto minuto e gentile, segue perfettamente i dettami dell'innovazione manierista.
La Madonna dal collo lungo, iniziata verso il 1534, è uno degli esempi più celebri del manierismo. Qui, come in altre opere manieriste, i personaggi sono allungati e hanno forma spiraleggiante, che qualche studioso chiama serpentiforme. La superficie pittorica è, come scrive Anna Coliva, filamentosa e luminescente. Parmigianino, dal 1530, lavora con alterne e travagliate vicende agli affreschi per la chiesa della steccata, che non porta a termine per contrasti con i committenti.
Viene affrescato solo il sottarco dell'altare maggiore, dove le vergini savie e le vergini folli, quasi sculture dipinte, sono rappresentate come ninfe danzanti. Sono fanciulle che sprigionano una potente bellezza. Regale e monumentale, ma probabilmente la loro sensualità è ritenuta eccessiva dai committenti.
Costretto a fuggire a Casal Maggiore per debiti con i fabbriceri della steccata, muore disperato nel 1540, a soli 37 anni, forse di malaria, forse intossicato dai vapori di mercurio presenti durante le sue ricerche alchemiche. Viene seppellito, secondo il suo volere, completamente nudo, con una croce di cipresso sul petto. Pontormo, Parmigianino e Rosso Fiorentino, probabilmente i maggiori artisti del manierismo, non hanno avuto un'esistenza felice.
Hanno pagato con la vita lo sforzo che la creatività comporta. Lo sforzo per ricercare i nuovi linguaggi, che potessero andare oltre la forma e la misura classica. nella quale Leonardo, Raffaello e Michelangelo avevano raggiunto i punti più alti.
Hanno sentito su se stessi, come è evidente dalle loro opere, l'inquietudine umana. Altri artisti nel Cinquecento si avvicinano agli ideali del manierismo. Tra questi vi sono Giulio Romano a Mantova, Perindel Vaga a Genova, Tintoretto a Venezia, Barocci a Urbino, Ammannati, Giambologna e Cellini. Lo stesso Vasari, e quasi alle soglie del Seicento, è il greco.
Nella seconda metà del Cinquecento, però, anche per i dettami della controriforma, le deformazioni e le eccentricità si ammorbidiscono e si ritorna a un'arte meno anticlassica che già prelude al barocco. Il manierismo è la risposta al momento di transizione tra una visione positiva del mondo, nella quale l'uomo è il centro indiscusso, e un'altra in cui non vi sono certezze. La teoria eliocentrica di Copernico e i viaggi oltre l'orizzonte fino ad allora conosciuto, compiuti da Colombo, mettono in discussione la centralità dell'essere umano, fino ad allora alla base della teologia e della filosofia. Come era già accaduto per artisti del calibro di Masaccio e di Piero della Francesca, gli artisti manieristi e i concetti contenuti nelle loro opere, accettati in un primo momento, non vengono capiti negli anni successivi.
Anche l'arte subisce le mode del tempo e spesso i veri valori insiti nelle opere, pur essendo valori universali, non sono compresi. Ma quali sono questi valori? E perché le opere dei grandi maestri manieristi sono belle? È vero che nelle opere del manierismo c'è inquietudine e che le luci, i colori, le composizioni, i ritmi e i personaggi sono irreali e stravaganti, ma sono anche dipinte con tecnica magistrale, sono innovative, piene di energia, di sensibilità, di sensualità e a volte anche di eleganza, di poesia e di mistero. Nell'inquietudine c'è la drammaticità del mondo.
Il bello non è solo nelle opere che si ispirano alla natura e alla bellezza classica. La rappresentazione del diverso e dell'inquietante può essere più vicina al vero della realtà stessa. E questo è stato compreso solo recentemente, grazie alla grande rivoluzione avvenuta tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, soprattutto grazie all'espressionismo e al surrealismo.
Solo allora si è iniziato a valutare positivamente i valori, l'originalità e le novità che sono insite nelle opere di qualcuno dei grandi artisti. che avevano operato in diversi periodi storici o nelle opere d'arte della preistoria e delle civiltà primitive. Si è anche capito, ma ancora oggi in maniera non sufficientemente accettabile, che una brutta rappresentazione della realtà può essere bella. L'uomo del manierismo è inquieto, ma l'inquietudine è anche energia che può condurre a grandi cambiamenti. che può rinnovare e superare una condizione stagnante.
Anche nell'arte contemporanea vi è inquietudine legata a paure, precarietà, ambiguità e disuguaglianze sociali. È sperabile che questa inquietudine porti ad una possibilità di cambiamento e di superamento della condizione attuale, verso ideali più vicini a un buon modello di vita. Grazie a tutti.