Mani abili e attente per un lavoro di dimensione ciclopica su un monumento che parte integrante della storia d'Italia. Era ridotta proprio male la Villa Reale di Bonza. Perizia da minuteria Pazienza Applicazione Inventiva ...e per me se se se se mi vuoi......e per me se se se se mi vuoi... Cera e parecchio olio di gomito. Servo!
Questi per voto! Oh, che amabile viseretto! Scusate!
Fortunato! Inconfare! Si va dogendo!
Non c'è più! Non posso ancora! Inconcare! Oh, non si può!
Oh, sì! Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica Musica La residenza caccanica della Casa d'Asburgo in Lombardia alla fine del Settecento, detta anche la Villa Reale di Monza, è oggi perfettamente restaurata. C'era una volta Ferdinand che aveva un cognato a Napoli che si chiamava Ferdinando. Ferdinand era l'erede di casa d'Hasburgo e il governatore di Lombardia. Ferdinando era re di Napoli.
Vogliamo sposare la sorella di Ferdinand. Ferdinand Karl Anton Josef Johann Stanislaus von Österreich, Erzherzog von Österreich, Generalgouverneur der Lombardie Un begru... gründer des Hauses Österreich Est.
Ve l'ho detto con l'accento austriaco perché in realtà lui era Ferdinando Carlo Antonio Giuseppe Giovanni Stanislao, gran duca d'Austria, governatore generale della Lombardia, nonché fondatore del casato Austria Este, perché si sposa l'ultima erede, Este, quelli di Modena. Quindi va ad occupare un doppio potere lombardo e modenese. Era il mio realtàio. il fratello minore di un signore abbastanza famoso che era Joseph Benedict August Johann Anton Michael Adam, detto anche Giuseppe II, che diventa l'imperatore dal 1765 al 1790. Famiglia vastissima, la mamma Maria Teresa d'Austria ne aveva fatti tantissimi di figli, anzi aveva usato il proprio grembo in un qualche modo.
per occupare i troni d'Europa e per un progetto politico di tipo sostanzialmente integrale. Ferdinand diventa cognato di Ferdinand, di quale a sua volta non ha un nome facile, perché è l'ultimo discendente di Luigi XV di Francia e come tale è un borbone, ma è anche napoletanissimo e ha un nome che gli corrisponde perché lui si chiama in realtà Ferdinando Antonio Basco. Squale, Giovanni, Nepomuceno, Serafino, Genaro e Benedetto e diventerà Ferdinando IV di Napoli, III di Sicilia e i suoi nemici sosterranno che sarà in realtà Ferdinando Zero in politica perché perde il regno di Napoli durante la rivoluzione. Il napoletano d'origine francese, mezzo tedesco anche lui per una mamma tedesca, una cosa complicata come in tutte le corti d'Europa, sposa. in realtà la sorellina di Ferdinand, Maria Carolina, mi raccomando con la K come Kaiser Königlich, Luise Josefa Johanna Antonia e diventa Napoli Maria Carolina.
La sorella minore invece fa veramente carriera perché si sposa l'ultimo dei capeti, quella al quale taglierà la testa poverino Luigi XVI. Lei fu battezzata come Maria Antonia Josefa Johanna e Maria Antonia. diventa Marie Antoinette, la quale poverina perde la testa sempre per ghigliottina un paio d'anni dopo il marito nel pieno del terrore del 1793. Ferdinand arriva a Milano, nel 1771 si sposa con l'ultima erede d'Este, con Maria Beatrice, in Duomo, con un no sfarzo incredibile, e poi decide che deve farsi delle case all'altezza del casato.
È sempre così, l'ambizione finisce sempre con l'essere edilizia. E rispetta così ormai di diritto anche la successione a Modena. Modena vuole anche lui una serie di palazzi.
che siano all'altezza dei palazzi di famiglia. In fondo lui è nato a Schönbrunn, palazzo formidabile, che riprende, grazie a Fischer von Erlach, alla fine del Seicento già, la gloria di Versailles a Parigi. E loro in casa le vogliono queste cose.
A Napoli, il più grande degli architetti, il discendente nordico, Van Wittel, diventato Van Wittelli, disegna la regia di Cappellini. Caserta, Caserta assomiglia di parecchio al peso formidabile di Schönbrunn, Schönbrunn assomiglia a Versailles. Anche Milano, città abbastanza vecchiotta, deve diventare importante come le altre sedi della famiglia intera. E siccome a Napoli Maria Carolina ha la fortuna di vivere in quel palazzo formidabile che è stato inventato da Vambitelli e che è la regia di Caserta, si pensa di chiamare Vambitelli a Milano. Ci farà una regia uguale.
Il progetto di Vambitelli viene sottoposto al Senato di Milano perché... In realtà è il senato cittadino che decide se si può spendere, i milanesi rispondono come rispondono spesso è il custa troppo, è troppo caro. E allora Van Viteri dice se non avete i soldi per un progetto mio grandioso vi mando il mio giovane assistente tale Pier Marini da Foligno che non è affatto un cattivo progettista. Pier Marini mai più se l'immaginava una fortuna del genere perché in un attimo gli viene messa a disposizione una città intera da riprodurre. progettare, si occupa di Palazzo Reale a Milano, inventa la nuova scala di Milano perché il vecchio teatro ducale brucia e la ricostruiscono, dove c'era una piccola chiesa che viene demolita e poi affronta il grande progetto.
L'imperial reggia Villa di Monza che ha il vantaggio di essere, uno, sulla strada che da Palazzo Reale a Milano porta verso l'Austria e due, di stare nella città dove riposa. è conservata la corona di ferro, quella che indica il diritto ad essere re d'Italia. È in quegli anni, tra l'altro, che Maria Teresa decide di sopprimere l'ordine dei gesuiti a Milano e il loro collegio storico, Brera, diventa l'accademia di formazione per architetti e pittori ed è lì che Pier Marini avrà la fortuna addirittura di diventare il superinsegnante. Lo stile sobrio è... elegante di Pier Marini diventa la nuova cifra dell'architettura e avrà un'influenza incredibile su tutta l'Europa e così diventa definitiva la filiera della grande storia dell'architettura neoclassica, quella che aveva iniziato la rottura contro il barocco già negli anni di Inigo Jones, quella che aveva trovato nell'olandese Van Kampen il primo grande esaltatore, che aveva trovato nella Parigi di lui.
Luigi XIV lo spazio per combattere le folie del barocco e la voglia di disegnare in un modo leggermente più severo. E poi la storia accelera di nuovo in un modo incredibile. Di là in Francia si passa dalla Convenzione alla Rivoluzione e dalla Rivoluzione si passa al terrore, al terrore e dal terrore si passa al direttorio, al direttore e il giovane generale. del direttore in corso non molto alto, corre ventre a terra verso la sua gloria in Italia e rimette le mani sulla villa, perché scopre qua il luogo delle amenità, anzi arriva a fine maggio, passa alcuni giorni a Milano, gli fa troppo caldo, scopre che in Brianza si sta divinamente bene e scopre soprattutto che questa è la più bella tenuta di caccia del mondo, perché tutto il parco è adibito a questo scopo e per questo gioco.
Lui andrà a vivere qua vicino su una colinetta a Monbello e qui verrà a caccia con i suoi amici. Un gruppo di giovinastri che non hanno più di 30 anni e vedono la vita come un'opportunità formidabile. E la villa fa parte di questo gioco.
Il parco di Monza è tuttora il più vasto parco cintato d'Europa. Contiene il noto mirabello dove il cardinal Durini teneva la sua sofisticata accademia nel Settecento, Mirabellino che concludeva il percorso d'alberi per la deambulazione degli accademici e dove questi fortunati alloggiavano e dove poi soggiornava Augusta Amali di Baviera, moglie di Eugène de Beauharnais, figliastro di Napoleone e vicere d'Italia. E poi ancora gli edifici romantici successivi, il mulino ancora funzionante. I suoi giardini alla Monet, i portali gotici, i ponti romantici, oggi anche alcune opere d'arte contemporanea di tutto rilievo. E una vasta fattoria?
Oggi anche la scuola di agraria. Temporali estivi che nelle prealpi sono i più emozionanti d'Italia. 1815 finisce il sogno dell'impero e inizia il congresso di Vienna con il quale si torna allo status quo.
L'Austria torna a Milano, però la villa non avrà più la storia formidabile. aveva avuto prima, ormai ha preso una sua strada particolare e inizia un inizio di decadenza che attraverso un secolo intero la porterà alla decadenza definitiva. Attenzione!
C'è ancora un momento di gloria quando si forma l'Unità d'Italia. A dire il vero, il re dell'Unità, Vittorio Emanuele, preferisce stare a Roma, anzi è quasi recluso a Roma e appena può va a caccia ancora, perché era la sua arte preferita dalle parti del Val d'Aosta. Sarà Umberto che scopre il fascino di Monza, perché scopre soprattutto il fascino della grande Marchesa Litta, che abita qua vicino.
riprendono i fasti della vita savoia in gran parte con la regina Margherita. Vi ricordate quella che mangiava il pollo con le dita e quella alla quale è dedicata la famosa pizza? La passione di Re Umberto per la villa, il quale viene qui ancora per il gusto della caccia, e la passione contemporanea della regina Margherita per gli eredi sarà la fortuna dei mobilieri Brianzoli, che qui reinventeranno lo stile del tutto va d'accordo con tutto, lo stesso che andranno a dimostrare. impiantare in Quirinale a Roma perché anche il Quirinale è disaredato poiché il Papa prima di andarsene aveva portato con sé tutti i mobili. Povero re Umberto, fiero, politico sottile e amante potente, il quale mentre la regina Margherita mangiava il pollo con le dita e le veniva dedicata la pizza tricolore, si lasciava prendere dalla passione per la vicina di villeggiatura, Eugenia, la duchessa Litta Visconti Arese.
Queste stanze private con ricca batteria d'armadi guardaroba furono le prime ad essere restituite con un primo restauro all'uso museale. La camera da letto, il ritratto del re dai baffi a spazzolone, E la scaletta per la fuga notturna amorosa in incognito? La sala del trono?
Rimangono alcuni mobili? Rimane la bella biblioteca diventata ora credenza per la collezione di maioliche. La sala da bagno e la vasca nella quale fu immerso il regalcorpo defunto del monarca assassinato da Bresci per preservarlo nella funesta estate lombarda in attesa dell'arrivo del suo successore.
Era la sera del 29 luglio 1900, nel fosco di del secolo morente, come cantarono poi gli anarchici. Ma tutto il rimanente edificio era in condizioni di abbandono totale. Ora è restituito con un vasto restauro completo.
Il grande salone centrale in fondo racconta perfettamente questa storia ottocentesca, nel passaggio dai decori ancora neoclassici di epoca asburgica e piermariniana a quelli successivi. quando i Savoia ovunque vanno posano i loro ricchi e pesanti lampadari di bronzo, il che ha fratella in realtà la reggia di Monza a quella di Caserta, la quale è afflitta dagli stessi lampioni. Viva l'elettricità, il vapore e la modernità.
Conserva ancora il salone lo stemma asburgico con la doppia aquila che racchiude lo stemma di Milano. Rimangono le grisaie a trompe l'oeil, quelle che raccontano le gioie dei putti, della caccia e l'allegria dei trionfi. Rimangono le grandi panoplie delle armi. E in fondo anche l'androne riassume la storia dell'edificio, perché ha la gloria e la dimensione dell'androne di Caserta e si chiude con un lampione enorme che reca la scritta Fert, quella dei Savoia. La medesima scritta Fert la ritrovo sullo scalone.
Imponente lo scalone, è molto bella sempre la qualità dei marmini Carara che lo decorano. Ritrovo la medesima simbologia ai piani di sopra, sempre con la corona ferrea a sovrapporta e la incredibile scritta Fert. Che cos'è il significato di questa scritta Fert?
Che appare già nelle decorazioni pariettali del castello della Manta nella provincia granda di Cuneo, nel 400. Nasce come motto da appendere al collare quando Amedeo VI decide di inventare un suo ordine che sia concorrente al Tosondoro e verrà chiamato l'Ordine del Collare. Potrebbe essere una voce del verbo latino feritulilatum, fert, che vuol dire sopportare e essere in grado di affrontare le peggiori fatiche, tipico di casa Savoia. Potrebbe venire da federe et religione, tenemo, siamo legati dal patto e dalla religione. Secondo Sansovino è da attribuire ad amici.
Dio di Savoia che tenne con coraggio la fortezza di Rodi contro i turchi. Fortitudo eius Rodum tenuit. un'altra ancora e ve la dico direttamente dalla vasca da bagno del re, dalla regalvasca, potrebbe essere femmina, erit ruina tua, una donna sarà la tua rovina, il che si addice sia a Vittorio Emanuele II, primo re d'Italia che di notte urlava voi una fumma perché voleva qualcuno, si faceva portare anche delle banali prostitute da strada nei suoi palazzi di Torino oppure si potrebbe rifergli.
al povero re Umberto il quale per amore della vita alla fine stette a Monza e si fece sparare. La villa viene abbandonata da Casa Savoia, ma non decade ancora. Diventa uno spazio più o meno pubblico e una parte del parco viene tolta per fondare l'autodromo di Monza, grazie all'Automobile Club di Milano. Poi l'anno successivo, nel 1923, qui sotto, nelle parti inferiori della villa, nasce la Scuola delle Arti Decorative e quella che sarà prima la Esposizione di Arti Decorative di Monza e che diventerà dieci anni dopo, nel 1933, la famosa Triennale di Milano.
E così nasce il design italiano. Guido Marangoni, deputato di popolo al Parlamento, insigne e critico d'arte e scrittore, oratore facondo, ideò e secondato dalla Concordo e Munificenza di Milano e di Monza in questo... villa già sontuosa di Mora di Re, ordinò le prime non superate mostre d'arte decorativa a cui tutte le nazioni convennero in fraterna gara di civiltà e di bellezza. scuola di formazione e questi lacerti di decorazione parietali sono la più bella testimonianza di quell'epoca che sta fra Liberty e i primi ardeco italiani di una città che crede ancora di poter usare la villa come un luogo di identità.
La catastrofe avviene con la seconda guerra mondiale quando la villa diventa luogo per i rifugiati e da quel momento in poi, per mezzo secolo, la decadenza sarà la regola ufficiale della Rencian. Ecco come apparivano queste stanze ancora un anno fa. Restauro in corso. Dall'oscurità recente dei tempi ricompaiono le epoche successive, anche quelle accumulate con estrema vicinanza, tentando di coabitare l'una con l'altra. Con tutte le problematiche che la questione pone, da sempre.
Qual è l'epoca alla quale ci si deve fermare quando l'accumulo degli anni ha mutato l'equilibrio delle cose e delle estetiche? Qual è l'epoca alla quale si potrebbe pensare di tornare? Quella prima con le carte da paratti fatte ancora a stencil di stampo neoclassico? Quella successiva quando fu decorato il tutto in casa Savoia con quel gusto un po'mobile di Cantù?
Oppure ancora quella delle tapezzerie molto più offuscanti che furono messe qua nell'epoca della regina Margherita? Gli armadi sono di un secolo dopo la nascita della villa e facevano da guardaroba sabaudo. Oggi rimangono i lacerti della loro decorazione, vanno lasciati alla certa o vanno reintegrati?
Tutte domande alle quali la risposta tuttora non c'è. Fortuna è che i soffitti sono tutti quelli sabaudi e come tale è stato possibile un restauro che ci dà di nuovo l'impressione di come era la cosa almeno in un intervallo di epoca specifico e definito. Questi pavimenti nulla hanno più a che vedere con il parquet di Luigi Quartieri.
quello che è ancora sostanzialmente identico a se stesso a Versailles diventano un'altra cosa hanno una struttura base di abete che forma la pavimentazione vera e propria messa sulle traversine e poi viene decorato esattamente come i mobili lastronati con una lastronatura più spessa di quella dei mobili L'astronatura serviva ad un decoro rapido che però il tempo ha immediatamente demolito. Prima del restauro, dopo il restauro, ecco il risultato ottenuto. Qualvolta il restauro ha ridato il sapore esatto al luogo. Con le porte che scricchiolano. Porte d'epoca e tapezzerie d'epoca ritrovate.
Grande artigianato Brianzolo del Legno che ritrova la sua legittimazione nei pavimenti. I decori hanno ripreso vita. Talvolta il recupero è assai commovente perché riprende i pavimenti, avendoli riordinati, riprende le pareti, riapplica addirittura le tapezzerie analoghe a quelle d'epoca e risolve gran parte dei decori.
E quella pittura da pasticceria ottocentesca con signore nude dall'aspetto burroso, analoghi a quelli di Bouguereau, appese e tornate a vivere al soffitto, con attorno costantemente la lettera U, Umberto, il re. Sono nel Rococò, faccio quattro passi avanti e mi trovo nel gabinetto cinese. Non si può non avere un gabinetto cinese.
Non si nega nessuno a un gabinetto cinese, neanche a Savoia quando vengono a stare a Monza. E ne troviamo altri analoghi in Piemonte, in giro per l'Italia, nascono nel Settecento, ma cominciano ad avere successo ovunque in Europa attraverso tutta l'epoca successiva. Le esitazioni sul restauro all'ultimo piano invece hanno trovato una soluzione formidabilmente poetica grazie all'intervento di Michele De Lucchi, il bravissimo architetto e designer, perché qui il passato, la sua distruzione, le ansie, la guerra, lo sfollamento hanno lasciato tornare fuori una serie di interventi fatti da chi stava qua durante quegli anni oscuri.
I lacerti degli stencil, le sovrapposizioni cromatiche dei vari passaggi della ripintura, le capriate recuperate a vista. E la rimanenza di alcune carpenterie d'epoca che segnavano questo stanzone detto allora il Belvedere, permettono di entrare in una dimensione trans-storica. Non è più il passato che conta, ma è la sua evocazione generale, leggera e poetica che ci accompagna.
E Belvedere lo è sul serio, perché guarda sull'immensità del parco, con un canocchiale come quello dei grandi parchi tedeschi e inglesi. La certi poetici testimonianze di un passato evaporato che non può più tornare e che sarebbe anche assurdo restaurare in un modo esagerato. Qui il documento minimo dà un sapore massimo. Restauro avvenuto in tempi ai quali non eravamo più abituati, un bellissimo esempio di collaborazione fra pubblico e privato e un doveroso ritorno alla memoria che stava...
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