Come si viveva nel Medioevo? Come vivevano i ricchi e i poveri? Come erano fatte le case allora e quali erano le regole della buona educazione a tavola? Bene, il viaggio che vi proponiamo di fare ora ci farà scoprire tutto questo e molto altro. Faremo un viaggio nel Medioevo, un viaggio lungo quasi mille anni che va dalla caduta dell'impero romano alla scoperta dell'America.
Perché questa è tradizionalmente la posizione del Medioevo, quasi un riempimento della storia tra due grandi momenti del nostro passato, l'impero romano e il Rinascimento. Ma in realtà il Medioevo è molto di più, è un mondo estremamente vario, complesso e ricco di sorprese. Si parla di secoli bui, è vero, soprattutto agli inizi, dopo il crollo dell'età romana e del suo modo di vivere.
L'intera Europa ha vissuto un clima quasi da day after. Ma poi ha saputo riorganizzarsi e rifiorire sviluppando realtà davvero sorprendenti che in certi casi hanno addirittura anticipato il rinascimento. Con questo viaggio noi vogliamo esplorare questo mondo, questo lungo capitolo della storia attraverso i suoi volti più famosi, entrando nei castelli, nelle cattedrali, ma anche nelle case comuni, svelando la vita di tutti i giorni, della gente, dai ricchi alle persone comuni, scoprendo come si comportavano per la strada, a tavola. e anche a letto. Solo conoscendo l'alfabeto della vita di tutti i giorni è possibile capire un periodo della storia così complesso.
Ma scenderemo anche sui campi di battaglia, scoprendo per esempio le armi usate, alcune micidiali come la balestra. Cercheremo insomma, da varie angolazioni, di entrare soprattutto nella mente dell'uomo medievale, per capire il suo mondo e anche il suo modo di pensare. E allora, ecco il Medioevo.
Buon viaggio. Medioevo, un nome che evoca subito tante immagini come quella dei castelli col ponte elevatoio dove vivevano i feudatari e i potenti col diritto di vita e di morte sui sudditi, sui servi. Un mondo in cui si può suonare una canzone d'amore con il liuto, oppure cacciare con il falco o anche torturare e decapitare i nemici.
Questo è uno dei castelli medievali meglio conservati in Italia. È il castello di Fenissim, Val d'Aosta. Ricorda molto i castelli da fiaba, con le torri di varie forme e dimensioni. Qua e là spuntano dei volti che ricordano l'antico rito dei celti che impalavano le teste degli sconfitti per spaventare nuovi nemici. In questo caso, naturalmente, simbolico e contro la cattiva sorte.
Tra queste torri, i camminamenti di ronda sono muniti di schiere di merlatura a coda di rondine dove si appostavano le guardie, i soldati. Non mancano poi le classiche feritoie dove piazzare le balestre o gli archi e poi ci sono tanti affreschi gotici. Tutto questo doveva sottolineare il prestigio, la potenza dei signori di questo castello, i chalons, i visconti di Aosta.
Era ovunque così in Europa a quell'epoca, dentro a questo genere di castelli infatti il proprietario viveva con la propria famiglia, i propri servi, le proprie guardie armate. I suoi poteri erano praticamente assoluti sul territorio che gli apparteneva, garantiti anche da un sistema di alleanze. L'ordine interno era mantenuto dai suoi milites, cioè dei cavalieri armati, ma doveva a volte difendersi da pericoli esterni. Quella che vedrete ora è la ricostruzione di un assedio a un grande castello munito di una serie di mura concentriche. Si tratta di un fatto realmente accaduto, quindi tutto quello che vedrete è vero.
Ed è accaduto durante la guerra dei cent'anni in Francia. E tutto ciò ci permetterà di scoprire quali fossero le strategie di attacco e di difesa dell'epoca. Siamo nella Normandia di fine Trecento, una terra insanguinata dal conflitto più lungo della storia.
La guerra dei cento anni tra Inghiterra e Francia. Il castello di questo signorotto francese si frappone proprio sulla strada degli inglesi. Gli abitanti sanno che saranno attaccati. La guarnigione è costituita da appena 200 uomini, ma questo non è il solito. I castelli erano pensati per essere difesi da un numero limitato di persone.
Alla fine del XIV secolo il castello si era evoluto da semplice fortino di legno in un'imponente cittadella di pietra. Dalla via principale si accede all'interno della fortezza attraverso il barbacane, una sorta di ingresso fortificato. Le mura racchiudono un'area nota come cortina. il esterno.
All'interno troviamo il fossato e un secondo muraglione che circonda il nucleo centrale. A difesa del nucleo interno, infine, troviamo un terzo e ancora più alto muraglione. Nel cuore di quest'ultimo nucleo c'è la torre centrale, l'ultimo baluardo a difesa del signore del castello in caso di caduta di tutti i precedenti livelli di difesa.
I cittadini francesi portano provviste, materiali da costruzione e armi all'interno. Un castello ben rifornito può resistere a lungo se si amministrano con cura le scorte d'acqua. Gli uomini vengono immediatamente assoldati per la difesa del castello.
Nei secoli l'arte dell'assedio si è evoluta in una serie standardizzata di mosse e contromosse. Un po'come il gioco degli scacchi, che non a caso divenne molto popolare tra la nobiltà del tempo. in quanto rifletteva le tattiche militari. Prima mossa della difesa, l'espulsione di quegli stessi contadini che avevano rifornito di scorte il castello. Mantenerli sarebbe uno spreco di risorse preziose, così vengono abbandonati al loro destino.
Prima mossa dell'attacco, l'assalto del robusto cancello fortificato, condotto in forze, condurrà gli inglesi ad una rapida conquista del cortile esterno. A questo punto il codice cavalleresco impone che ai francesi venga data la possibilità di arrendersi, offerta sdegnosamente respinta. Agli attaccanti non rimane che prepararsi ad un assedio prolungato. Gli inglesi sovrastano gli avversari in rapporto 9 a 1 e soprattutto dispongono di un'arma micidiale, l'arco gallese, temuto in tutta Europa per la sua potenza e precisione. Aveva una gittata di oltre 370 metri, con una cadenza di tiro di circa 12 frecce al minuto.
Dal canto loro i francesi hanno la balestra, senz'altro l'arma ideale in un assedio perché non richiede forza fisica o addestramento specifico. L'assalto alle mura avviene a ondate. Il nuvolo di frecce scagliate dagli arcieri è impressionante, ma i difensori dispongono di palizzate costruite lungo i merli. e le loro balestre compiono un massacro.
La scalata delle mura, notoriamente la più sanguinosa tra le tecniche di espugnazione di un castello, costa agli inglesi il 20% delle loro forze. Ogni speranza di una rapida capitolazione è ormai svanita. Il livello dello scontro si alza, da questo momento entrano in scena le macchine da guerra. Cominciano gli inglesi realizzando in fretta uno dei dispositivi più semplici, la perriée. La compagine francese risponde con un altro marchigegno, il mangano.
Queste macchine possono lanciare una pietra di medie dimensioni a oltre 500 metri di distanza, ben oltre la portata di qualsiasi arciere. In un'escalation inarrestabile fa il suo ingresso il gigantesco trabocco, in grado di demolire una piccola fortezza. Ma per quanto imponente fosse, era pur sempre fatto di legno.
I proiettili infuocati erano resistenti all'acqua, queste non erano semplici torce. Questo era fuoco greco, una sostanza simile al napalm, inventata dai bizantini e portata in Europa dai crociati. Due settimane di bombardamento e il castello resiste ancora all'assalto. Ma all'interno le scorte d'acqua sono finite. I francesi sanno che non potranno resistere a lungo.
In preda ad acute sofferenze, si preparano a resistere all'ultimo attacco. Gli ingegneri inglesi hanno costruito un'enorme torre d'assedio. Alta a tre piani, poteva essere spostata grazie a delle ruote. Issati al di sopra delle mura, gli inglesi si lanciano in un sanguinoso combattimento.
Ma anche questa volta il fuoco si mostra l'arma vincente. Oltre 150 cavalieri e soldati inglesi perdono la vita. Il mattino seguente, i francesi scoprono che durante la notte, gli inglesi hanno abbandonato il campo.
Le loro preghiere sono state esaudite. L'assedio è finito. Entrambi i fronti hanno riportato perdite spaventose.
Ma a dispetto dell'inferiorità numerica, di un addestramento approssimativo, della penuria di viveri e acqua, La fortezza ha resistito a qualsiasi tentativo di espugnazione. L'unico vincitore di questo terribile scontro è il castello. Nel Medioevo l'Italia e l'Europa erano costellate di castelli, alcuni grandi, alcuni più piccoli, e le proprietà attorno a questi castelli a volte erano molto estese. Col passare del tempo questi castelli sono stati distrutti, sono scomparsi, a volte ne rimangono solo dei ruderi, ma altri sono sopravvissuti, certo hanno avuto delle aggiunte, delle modifiche, dei rimaneggiamenti nell'epoca successiva. Sono castelli carichi di storia e di storie.
Monte Rigioni è il tipico esempio di fortezza medievale, nata per accogliere al suo interno non solo la struttura militare, ma anche un piccolo borgo, con attività artigiane, magazzini, il pozzo per l'acqua e tutto quanto potesse servire in caso di assedio. Un'origine completamente diversa ha invece Castel del Monte, in Puglia, uno dei tanti splendidi castelli fatti costruire da Federico II di Svevia, come basi durante i suoi continui spostamenti nelle terre del suo impero. Si sa che fu iniziato nel 1240, ma sulle sue funzioni si sono confrontate diverse teorie.
La forma ottagono e le particolarità della sua struttura hanno indotto a ipotizzare che servisse anche da osservatorio astronomico. Federico era infatti un uomo di enorme cultura, appassionato di ogni materia, parlava molte lingue e scrisse composizioni poetiche oltre al suo famosissimo trattato sulla caccia col falcone. È infatti molto probabile che il Castel del Monte servisse proprio da base per le sue battute di caccia. Per mantenere intatta la proprietà dei beni e delle terre c'era una regola tassativa. In effetti solo il primo genito ereditava.
Se avessero dovuto ereditare tutti i figli di un nobile, nel giro di poche generazioni tutte le proprietà si sarebbero spezzettate e alla fine sarebbero scomparse. La regola era che solo il primo genito ereditava il titolo, il castello e le terre. E gli altri figli?
Gli altri avevano due carriere principali da seguire, quella ecclesiastica e quella delle armi. In questo modo la nobiltà era inserita nei tre centri di potere che allora contavano, oltre che nei feudi, negli alti gradi della chiesa e dell'esercito. Erano le sole carriere che consentivano di mantenere un certo prestigio e anche di acquisire potere, magari riuscendo a volte a sposare qualche ricca ereditiera e recuperare in questo modo altri beni e terre. Nel Medioevo non si poteva diventare capitani d'industria o proprietari di catene di supermercati o di compagnie aeree o di gruppi editoriali.
La sola vera ricchezza era la proprietà della terra. E anche la proprietà degli schiavi che lavoravano la terra, oltre ai contadini affittuari, da spremere nei modi più diversi. Oggi nei paesi più avanzati dal punto di vista agricolo, come per esempio gli Stati Uniti, meno del 2% della popolazione riesce a dar da mangiare a tutti gli altri. Nel Medioevo era esattamente il contrario.
L'80% della popolazione nei campi riusciva a malapena a sfamare la collettività. La tecnologia era molto primitiva e le rese agricole bassissime, non tanto per quanto riguarda la produzione del cibo, ma soprattutto per quanto riguarda la sua conservazione e il suo trasporto. Si mangiava poco e male, pur lavorando molto e con grande fatica.
Ci sono in proposito degli studi molto eloquenti. Nel Medioevo infatti per ogni chicco... di grano seminato, a causa di basse rese e di perdite, se ne producevano solo 4 e non tutti arrivavano sulla tavola.
E quando si pensa che il grano, cioè il pane, era la base dell'alimentazione e dell'economia agricola, ci si rende conto delle conseguenze che ciò aveva sul livello di vita. Pensate che solo nel Rinascimento si è arrivati a ottenere un chicco in più, passando da 4 a 5. Oggi invece queste rese si sono moltiplicate per 10. La proprietà della terra significava anche la proprietà delle risorse di allora, come per esempio l'acqua sotto forma di sorgenti naturali, oppure di laghi, di fiumi o anche di cascate, a volte spettacolari come questo. Una cascata di questo tipo vi poteva irrigare molti campi, vi poteva far funzionare un mulino o vi consentiva l'esistenza di un piccolo villaggio. Ma la proprietà delle terre significava anche la proprietà dei boschi.
che certo vi fornivano la selvaggina, ma vi fornivano soprattutto la materia prima di base dell'epoca, la più importante forse, e cioè il legno. Con il legno potevate riscaldarvi, fare da mangiare, costruire case, costruire anche una quantità incredibile di strumenti da lavoro per i campi, carri, mobili, eccetera. Il ferro invece a quell'epoca era molto costoso perché era difficile da estrarre e da lavorare con le tecnologie allora disponibili.
Ci sono ricerche sorprendenti che dimostrano che un quintale di ferro costava l'equivalente di migliaia di ore di lavoro di un operaio. Oggi invece costa l'equivalente di poche ore di lavoro. Il ferro quindi veniva utilizzato principalmente per le armi, dove era ovviamente indispensabile.
Gli strumenti agricoli invece contenevano poco ferro e inoltre erano poco efficaci, soprattutto se paragonati ai nostri usati in agricoltura, come per esempio il trattore oppure la mietitrebbia, per non parlare dei fertilizzanti, delle tecniche di trasporto, di conservazione, eccetera. Insomma, non c'è da stupirsi se la vita dei contadini di allora fosse così difficile e soprattutto così miserevole. Si lavorava dall'alba al tramonto, senza weekend e senza ferie, per ricavare dalla terra molto poco.
Ai contadini era vietato abbandonare le terre del padrone e avevano in affitto pochi ettari per sfamare la loro famiglia, pagando tasse su ogni cosa. Inoltre, dovevano lavorare gratuitamente per il padrone quando veniva loro richiesto. I feudatari infatti non solo possedevano degli schiavi che venivano impiegati direttamente per i lavori agricoli, ma quando era necessario imponevano ai contadini delle corvée, o come venivano chiamate nell'italiano del tempo, delle angherie, cioè dei lavori non retribuiti.
Tra i vari balzelli che i contadini dovevano pagare c'era il famigerato Ius prime noctis, che non è come si crede il diritto del padrone di passare la prima notte con la sposa, ma in realtà si trattava di una semplice tassa sul matrimonio. Ma ecco come viveva allora la stragrande maggioranza della popolazione. Le abitazioni erano molto povere, senza vetri, umide e buie, con un focolare al centro che affumicava l'ambiente.
Solo nel 200 appaiono i caminetti a parete. A volte il focolare era la sola illuminazione in modo da risparmiare sulle candele. Ma anche chi usava le candele non disponeva di molta luce.
È vero che nelle case non serviva molta illuminazione, a quel tempo non c'era niente da leggere. La quasi totalità della popolazione era analfabeta. Si filava, si raccontavano storie, si cullavano i bambini sulle travi. Non c'era acqua in casa, l'acqua bisognava andarla a prendere con i secchi. Mancavano i servizi igienici come del resto durante gran parte della storia dell'umanità fino a tempi recenti.
Nelle campagne si usava per concimare l'orto, nei villaggi si svuotava per strada in fogne o a cielo aperto. Ci pensava la pioggia a ripulire piano piano. I mobili erano pochissimi, quasi soltanto dei tavoli, delle cassapanche e dei letti.
Gli abiti venivano arrotolati stretti prima di essere messi nelle cassapanche. Erano abiti molto poveri, la mantella era un lusso. e le scarpe erano di panno.
Malgrado un'esistenza dura c'era spazio anche per il buon umore e gli scherzi. Gli storici del medioevo ritengono oggi che questa epoca non fosse così cupa e buia come è stata spesso descritta. Ci si coricava presto, il letto era molto rudimentale, spesso solo delle assi su dei cavalletti. I materassi erano riempiti di foglie secche e i cuscini di paglia.
Solo i ricchi avevano le lenzuola e i pagliericci o cuscini di piume. Un unico letto serviva per più persone, a volte per un'intera famiglia. Per utilizzare meglio lo spazio alcuni dormivano capo o contro piedi.
La cosa era facilitata dalla piccola statura. Gli uomini erano alti mediamente solo un metro e sessanta, le donne un metro e cinquanta. Gli ultimi rintocchi delle campane segnavano l'ora del sonno con le preghiere per la notte. Le città medievali erano molto diverse dalle nostre, per esempio non c'era l'illuminazione notturna, quindi di notte faceva un buio opesto, forse tranne qualche immagine sacra che aveva una fiammella perennemente accesa, ma non c'era motivo di andare in giro di notte. In effetti si potevano incontrare degli ubriachi, dei malintenzionati, quindi col calare del sole si chiudevano le porte della città, si chiudevano le porte dei quartieri malfamati e tutti andavano a dormire.
E il buio e il silenzio erano ovunque. si sentivano soltanto dei rintocchi delle campane in lontananza che poi la mattina seguente avrebbero svegliato tutti quanti aprendo un nuovo giorno e allora ecco quello che avremmo visto nelle botteghe e nelle città del medioevo nel medioevo la strada spesso sterrata è il vero luogo di incontro e di scambio Le case troppo piccole e buie non sono davvero accoglienti. La vita sociale si svolge all'aperto. Ogni giorno la gente compra da mangiare, poiché, senza frigo e conservanti, gli alimenti vanno rapidamente a male.
Nelle città del Medioevo, specialmente dopo la grande rinascita del 1100-1200, cominciano a moltiplicarsi le botteghe di artigiani sempre più abili e specializzati. Per strada questo cordaio sta preparando una fune, torcendo con la sua ruota una matassa di canapa. Avremmo sicuramente anche incontrato falegnami intenti a lavorare con il tornio ad arco, i manici di spade e di altri attrezzi, dei liutai, esperti nel costruire gli strumenti musicali dell'epoca come la biella, l'antenata della viola e il liuto.
Qui siamo invece nella bottega dei ceramisti che con il tornio a pedale modellano i semplici oggetti della vita di ogni giorno, vasi, brocche, piatti. Qui vediamo la bottega dove si fabbricavano in serie le candele per i nobili e il clero, quelle cioè fatte di cera d'api. Prima fase, si preparano gli stoppini di canapa.
Di solito sono dei bambini ad occuparsene. Ed ecco l'ingegnoso sistema per produrre rapidamente, si fa per dire, una cinquantina di candele l'ora. Cosa rimane oggi di questi uomini e di queste donne? Beh, rimangono i racconti degli storici e dei cronisti dell'epoca, rimangono le miniature che ci descrivono le scene di vita quotidiana, ma di loro rimane anche una parte fisica, per così dire, e sono...
le ossa. In effetti dalle necropoli del medioevo sono emersi molti scheletri che oggi vengono studiati negli istituti di ricerca e così si possono ottenere informazioni sul tipo di vita di allora, sull'alimentazione, sulla crescita, sulle malattie eccetera. Ecco cosa è stato scoperto. Le ossa ci informano su...
le condizioni di vita delle popolazioni e lo stato di salute in particolare. Abbiamo ricavato un'idea, soprattutto nei primi secoli dell'alto medioevo, di popolazioni molto affaticate dal cambiamento di vita che si era verificato dopo la caduta dell'impero romano. A livello di alimentazione e a livello di igiene ci dicono molto le patologie del cavo orale, in particolare questa carie.
rappresenta la grande frequenza di questi fenomeni nel medioevo a differenza di quello che si osserva negli ultimi secoli dell'impero romano questo individuo doveva aver sopportato dei pesi molto pesanti nella svolgere le sue attività quotidiane come sembra indicare la produzione di osso qui lungo il bordo perimetrale del corpo vertebrale o addirittura queste due vertebre sono fuse tra loro a causa proprio dello stesso fenomeno. Una farmacia medievale, un buon odore di erbe aromatiche vi avrebbe avvolti appena entrati nella bottega. Infatti i farmaci dell'epoca venivano preparati soprattutto con piante, foglie e fiori. Le idee su come curare le diverse malattie non erano chiarissime. Si credeva ad esempio che i fiori gialli del dente di leone fossero una terapia adatta all'itterizia, vista la corrispondenza del colore.
L'aglio era prescritto per l'ebbra, cancro e epilessia. e anche per i problemi di cuore, mentre la verbena e le mele erano considerate panacee buone per qualsiasi malanno. Ammalarsi nel medioevo non era una buona idea, non solo per i pericoli della malattia, ma anche per le cure di medici e chirurghi. La cattiva alimentazione, la scarsa igiene lasciavano uomini e donne di quell'epoca esposti ad ogni genere di infezioni e di acciacchi.
Malattie della pelle come la scabbia, ulcerazioni, cancrene erano comuni. In queste condizioni anche i denti non rimanevano sani per molto tempo e se la carie provocava dolori insopportabili si poteva andare dal dentista. La sua specialità era praticamente una sola, l'estrazione, senza anestesia e senza disinfettanti efficaci. Dentisti e chirurghi erano accomunati ai barbieri e considerati inferiori ai medici che andavano in giro con eleganti mantelli e pronunciando incomprensibili parole greche o latine. Compito dei chirurghi era di fare salassi, clisteri e anche operazioni come l'ermia o il parto cesareo, da tentare solo quando la madre era morta, non tanto per salvare il bambino, quanto per battezzarlo prima che morisse anche lui.
E se erbe, clisteri e salassi non funzionavano, ci si poteva sempre rivolgere al santo specializzato per quella particolare patologia, come San Giovanni per il cuore, San Vito per i morsi dei cani e la rabbia o Santa Lucia per gli occhi. Ma c'è un altro protagonista del Medioevo di cui non abbiamo ancora parlato, ed è il Monaco. In effetti già da secoli in tutta Europa sono sorte tante abbazie che costituiscono rapidamente delle vere e proprie isole indipendenti rispetto ai poteri dominanti. Qualcuno le ha definite delle vere e proprie centrali elettriche della spiritualità, perché in effetti nel buio del Medioevo costituiscono dei veri e propri...
fari della religione, dello spirito, ma anche delle lampadine accese del sapere, un sapere nascosto e custodito all'interno dei libri, dei codici e dei papiri che contengono le loro biblioteche e che proteggono dalle intemperie per secoli. Questa è l'abazia di Sant'Antimo, un piccolo gioiello che sorge tra le splendide colline del Senese. La tradizione vuole che sia stata fondata dallo stesso Carlo Magno, ma probabilmente è precedente e per secoli fu una tappa importante per i pellegrini che seguivano la via Francigena, non lontano da qui. In questa abazia trovavano rifugio e assistenza e per questo, oltre che per le donazioni che ricevete, diventò una delle abazie più potenti in Toscana.
La cosa interessante è che queste abbazie medievali si erano sottratte all'influenza dei conti vescovi, ormai decisamente entrati nel sistema di vassallaggio e contro la loro corruzione gran parte delle abbazie, circa 1500, avevano donato tutti i propri beni al Papa al quale facevano riferimento. Quindi erano delle entità autonome, delle piccole repubbliche, anche dal punto di vista economico. Possedevano molte terre che davano in affitto a degli schiavi, dei contadini, a dei laici con dei voti.... e il sistema al quale loro facevano riferimento molto spesso era l'ordine dei benedettini. Siamo nell'abbazia di Monte Cassino che conserva oltre 120.000 opere tra codici, manoscritti eccetera.
Oltre agli incendi anche le guerre sono sempre state un grave pericolo per i libri antichi e l'abbazia di Monte Cassino come si sa è stata letteralmente rasa al suolo dalle bombe della seconda guerra mondiale. Fortunatamente però i libri erano appena stati trasferiti in Vaticano e poi sono ritornati qui alla Abbazia di Monte Cassino quando è stata ricostruita e oggi quello che si può ammirare qui in questa sua biblioteca è un vero e proprio patrimonio dell'umanità. Ci sono opere uniche come questo codice, questo è stato... realizzato più di mille anni fa, è la regola di San Benedetto.
Ma qui ci sono anche opere antiche che ci appaiono un po'come delle enciclopedie del Medioevo, perché riassumono non solo tutte le conoscenze, ma anche la vita quotidiana. Questo ad esempio è il famoso De Universo, che era effettivamente un'enciclopedia del passato. Oggi dopo più di mille anni questi capolavori a volte mostrano inevitabilmente i segni del tempo e quindi devono intervenire le mani esperte dei restauratori come quelli dell'Istituto Centrale per la Patologia del Libro. Insomma, se queste opere hanno potuto superare secoli di storia, lo dobbiamo soprattutto al lavoro di umili monaci del Medioevo.
E sta a noi ora conservare e proteggere questi capolavori per i prossimi secoli. Ma quanto del sapere conservato dai monaci usciva fuori dai monasteri? Molto poco.
Esistevano delle scuole, ma l'istruzione era riservata a pochi. In famiglia si cercava spesso di insegnare ai bambini a leggere. Uno dei metodi era di incidere su una mela una lettera dell'alfabeto. Se il bambino la indovinava, l'aveva in premio. L'istruzione comunque non andava troppo lontano, anche perché i bambini dovevano andare presto a lavorare nei campi o a bottega.
Un mestiere lo si imparava direttamente lavorando con un magister, cioè un artigiano che ospitava dei ragazzi in base ad un preciso contratto notarile. I ragazzi dovevano pagarsi il vitto, l'alloggio, i vestiti e lavorare gratis per alcuni anni, fino a quando non avevano appreso il mestiere, realizzando una loro opera, un capolavoro, ed erano così in grado, se ne avevano i mezzi, di aprire una propria bottega. Per le ragazze invece non c'era bisogno di istruzione, a meno che non si facessero suore. Non si considerava importante che sapessero leggere dal momento che avrebbero dovuto occuparsi della casa e dei figli.
Era invece importante che sapessero filare, tessere, ricamare, fare il pane e il bucato. Tutte cose che potevano imparare direttamente in famiglia, senza dover andare a scuola. In tutta la storia del resto, e non solo nel Medioevo, l'analfabetismo era soprattutto femminile, proprio a causa del ruolo che veniva assegnato alla donna nella società. Nella cultura medievale era naturalmente presente la magia. E'anche parecchio.
Si pensava infatti che tutti gli eventi della vita, sia quelli positivi sia quelli negativi, fossero in qualche modo influenzati da una forza misteriosa che si poteva esorcizzare con dei riti e delle formule. Magari la si poteva anche usare a proprio vantaggio per recuperare un amore perduto. Oggi le cose poi non sono cambiate così tanto.
In effetti basta aprire un giornale e leggere gli annunci dei maghi che vi promettono vincite miracolose, guarigioni, eccetera. Naturalmente con dei riti e delle formule molto particolari. La differenza tra noi e il Medioevo è che allora ci credevano praticamente tutti. Oggi fortunatamente un po'meno.
La cosa che colpisce di più nelle condanne inflitte in passato è che il colpevole non doveva solamente morire, ma doveva morire soffrendo. Il rogo tutto sommato era certo una morte atroce, ma una morte rapida. Esistevano invece altre tecniche che portavano a una morte lenta attraverso mille sofferenze. Esistevano addirittura delle tecnologie che portavano unicamente alla sofferenza più che alla morte. Ora noi ci troviamo qui al Museo della Tortura a San Gimignano, dove sono esposti moltissimi strumenti di questa strana tecnologia del dolore, alcuni dei quali sono originali.
Guardate ad esempio questa gogna. Noi siamo abituati a pensare alla gogna come uno strumento che tiene fermo un condannato in una strada, in modo che i passanti lo insultino, gli sputino e gli lancino qualunque tipo di oggetto. Ma in realtà le gogne erano usate anche all'interno delle prigioni, soprattutto durante le torture, perché tenevano fermo una persona e si poteva fare qualunque cosa. Una delle torture più atroci era quella dell'amputazione dei piedi con il fuoco, con le braci. Dopo ore e ore di sofferenza, alla fine rimanevano soltanto due moncherini bruciacchiati.
Bisogna dire che tutti gli strumenti, le tecniche di tortura e sofferenza sono spesso rimasti invariati nei secoli. Alcuni sono purtroppo ancora in uso oggi in certi paesi. Uno dei supplizi più atroci era lo squartamento con quattro cavalli che tiravano fino a strappare gli arti del condannato e spesso il boia straziava il corpo contemporaneamente o recideva il cuore. Una ragazza che aveva partorito prima di prendere marito era considerata infame, veniva rapata a zero e obbligata a portare questa treccia in pubblico. Questo curioso attrezzo è stato inventato nel medioevo, è uno schiacciatesta.
Con lo stesso principio si frattumavano ginocchia o dita. In molti ambienti dove venivano le torture si potevano vedere banchi come questo, il banco di stiramento, noto fin dall'antichità, dai tempi dei babilonesi, il principio è famoso. La vittima veniva adagiata su questo tavolo e questo modello addirittura dei cilindri chiodati, veniva legata e poi si procedeva allo stiramento.
Le conseguenze sono intuibili, cominciava ad allungarsi il corpo fino a strappare tutto. tutte le articolazioni. Ma senza arrivare a tanto, le condizioni in generale dei carcerati erano spaventose, non solo nel Medioevo ma in tutte le epoche, perché mancava un sistema giudiziario che fornisse delle garanzie, soprattutto agli innocenti, che avevano come unico conforto quello della fede.
La fede nel Medioevo venne spesso difesa con le armi, come accadde nel caso delle crociate. Nell'arco di pochi secoli vennero organizzate tantissime crociate, per liberare i luoghi sacri in terra santa. È una lunga storia che ha dato origine a tante tragedie teatrali, poemi, racconti, eccetera.
Ma chi erano esattamente questi crociati e come combattevano? E'il 15 luglio 1099. Gerusalemme sta per cadere nelle mani dei cristiani della prima crociata. Ma la resistenza degli assediati è furiosa. Dalle mura cadono sugli assalitori olio bollente, pece greca e ogni genere di proiettili, frecce, pietre, lance. Le scale con le quali i cristiani tentano di salire sui bastioni vengono rovesciate e ributtate indietro.
All'ultimo assalto della città santa, si calcola abbiano partecipato fra 10 e 20 mila crociati. Per i cristiani questo è il punto d'arrivo di una lunghissima marcia iniziata nel cuore dell'Europa tre anni prima. Cosa aveva spinto decine di migliaia di uomini, nobili e non, a lanciarsi in un'impresa così temeraria?
L'idea era stata promossa dal Papa Urbano II, ma il suo proclama mirava più che altro a trovare aiuti per l'impero bizantino. Nel clima intensamente religioso del Medioevo, il proclama del Papa aveva risvegliato entusiasmi ben al di là delle aspettative delle stesse gerarchie ecclesiastiche. Quel lontano 15 luglio del 1099, la svolta decisiva nell'assedio si verificò con l'uso delle torri mobili.
una delle varie macchine belliche impiegate dai cristiani. Saltando dalla cima di una torre, un piccolo manipolo di crociati riuscì a impossessarsi di un breve tratto di fortificazioni e da lì cominciò la disfatta dei saraceni. La presa di Gerusalemme si trasformò in un massacro senza precedenti.
Decine di migliaia di persone, anche civili, persero la vita nel saccheggio che seguì la vittoria dei crociati. Per difendere il Santo Sepolcro, nei decenni successivi alla riconquista, sorsero ordini di guerrieri come i Templari e gli Ospedalieri, questi ultimi noti in seguito con il nome di Cavalieri di Malta. Veri e propri ordini monastici i cui membri dovevano seguire strette regole di comportamento, come il celibato, vivere in comune ed essere pronti a sacrificare la vita per la difesa dei luoghi sacri. Nonostante queste difese e il continuo flusso di pellegrini armati dall'Europa, Nei due secoli seguenti la grande avventura delle crociate cominciò a perdere colpi. Generali musulmani come il kurdo Salah ad-Din distrussero interi eserciti cristiani e riconquistarono Gerusalemme.
E a niente valsero le imprese eroiche e ampiamente romanzate di personaggi come Riccardo Cuor di Leone. Nel 1291 l'ultima roccaforte cristiana in Terra Santa cadeva in mani musulmane. Siamo nel Wadi el Mujib, in pieno deserto della Giordania, e in queste gole desertiche passava una delle più antiche vie conosciute dall'uomo, la famosa Strada dei Re. E proprio lungo la strada dei Re si trovano i resti di alcuni dei castelli crociati più famosi. In effetti, in queste valli, circa 8-9 secoli fa, si scontravano i cavalieri crociati e i guerrieri musulmani.
E attorno a fortezze come questa si sono avute alcune delle battaglie più sanguinose. Queste sono le rovine del castello di Shobak, un vero e proprio avamposto intero e ostili, costruito dai crociati più di 800 anni fa. È stata una delle più imponenti costruzioni mai realizzate in tutto il Medio Oriente. In effetti queste fortezze non avevano solo uno scopo militare, ma anche economico, perché controllavano il traffico delle carovane, chiedendo tra l'altro forti somme per il passaggio, cosa d'altra parte che fecero anche i musulmani una volta occupati questi castelli.
Queste fortezze venivano sempre costruite in luoghi strategici, in modo da dominare le valli, e questa in particolare controllava addirittura la via tra Damasco e l'Egitto. Fortezze come questa di El Kerak sono delle straordinarie opere di ingegneria militare. La prova è che sono ancora qui, dopo mille anni.
Erano, per così dire, delle piccole città militari, costruite per resistere anche a lunghi e feroci assedi, cosa che avvenne più volte. Ecco, queste sono le prigioni. Qui i prigionieri potevano rimanere per anni in condizioni spaziali. ...paventoso e il loro futuro era poco invidiabile perché o venivano rivenduti come schiavi oppure venivano uccisi e a El Kerak, in questo castello, le uccisioni avvenivano con il lancio dei prigionieri dalle mura.
Nel medioevo si combatte ancora con spade e lance come al tempo dei romani, ma ad un certo punto appare un'invenzione che anticipa in un certo senso il fucile. È la balestra. In pratica rappresenta un perfezionamento dell'arco e della freccia, ma la potenza del tiro e la precisione sono tali da rendere la balestra già molto simile ad un'arma da fuoco.
L'Italia nel corso della storia ha sempre avuto una grande tradizione di balestrieri e ce l'ha ancora oggi. Famosissimi sono quelli di Gubbio, Sansepolcro, San Marino, Genova e noi siamo venuti proprio qui, a Gubbio, per scoprire i segreti di quest'arma così potente. A Gubbio infatti non si è mai smesso di costruire e usare balestre.
Prima lo si faceva a scopo bellico e difensivo, e poi per i tornei, le gare e soprattutto per il palio della balestra. Insomma, qui le balestre scoccano ininterrottamente da 600 anni. Una balestra è un vero gioiello della tecnica antica e per costruirne una ci vuole tutta l'esperienza e l'abilità di un esperto. Qui vediamo all'opera proprio il maestro d'armi della società balestrieri di Gubbio, Giampiero Bicchielli. Pensate, ci vogliono due mesi per costruirne una, seguendo scrupolosamente le regole e le tecniche del 1300 e 1400. Si usa legno di noce, acciaio per l'arco e per la corda lino purissimo e canapa.
E ora vedrete la precisione e la potenza di una balestra. Ci troviamo sul campo da tiro dei balestrieri di Gubbio e abbiamo piazzato a 36 metri di distanza una riproduzione di un'armatura medievale. I dardi sono...
Cortie, massicci, pesano un etto e mezzo e vengono chiamati verrettoni. Pensate, viaggiano alla velocità di circa 200 km orari. E la violenza dell'impatto è incredibile.
La corda imprime al verrettone una spinta di 400-500 kg. Immaginate, questo è equivalente al peso di 5 o 6 lavatrici concentrate in un solo punto. Immaginate l'effetto in battaglia su di un'armatura.
Ora, queste sono punte da gara, da competizione. A quell'epoca si usavano dei verrettoni con una punta diversa, avevano delle alette ed erano molto difficili da estrarre. Ed era anche molto difficile a quel punto togliere l'armatura e quindi i cavalieri finivano per morire dissanguati. Ci troviamo nel castello di I Sogni in Val d'Aosta, nella sua...
sala d'armi che è fornitissima. Bisogna dire che ritrovamenti come quelli di Town Town ci permettono di comprendere molte cose, non tanto sulle battaglie del Medioevo, ma in generale su tutta l'antichità. In effetti in questi combattimenti, nei corpo a corpo, c'era una feroce inaudita, ma effettivamente se non si uccideva, si veniva uccisi e quindi il valore della vita degli altri era praticamente nullo. Ma nel Medioevo, come in tutte le epoche, non si passava il tempo impugnando una spada, assediando una città o torturando dei nemici. Ovviamente, gran parte del tempo lo si trascorreva badando le proprie faccende quotidiane.
Ora, noi abbiamo visto come era la vita quotidiana dei poveri, dei ceti più bassi, più umili. In questo castello di Ison ci sono molti scorci che ci possono raccontare dei dettagli della vita quotidiana dei ricchi, dei potenti, dei nobili. In questo castello ci sono decine e decine di stanze e forse quelle più curiose e interessanti sono le stanze da letto dei proprietari e di tutta la loro famiglia. I letti a baldacchino sono diventati praticamente un simbolo del Medioevo e non solo del Medioevo. I letti erano piccoli perché le persone erano piccole, ma perché si facevano dei letti a baldacchino?
Beh, i motivi erano tanti. Innanzitutto creavano un po'di privacy, poi sicuramente schermavano. dai raggi solari, quindi permettevano di dormire meglio, ma soprattutto trattenevano il calore corporeo, creando una specie di bolla di calore. E questo perché dentro queste stanze faceva molto freddo. Certo, le mura erano spesse, ma non bastava.
E questo spiega la presenza di camini giganteschi, grandi quasi come degli enormi armadi. In questa stanza dormiva una donna. E regolarmente, ogni mattina, avremmo visto dei riti quotidiani. Per essere più belle, per esempio, ci si tingevano i capelli, si usavano dei depilatori per i peli superflui e anche molti profumi e in effetti ci si lavava poco.
Qui non ci sono delle stanze da bagno o delle docce per lavarsi, bastava semplicemente immergersi in una tinozza. In questa dimora medievale c'è qualcosa che è davvero straordinario. È una serie di affreschi che si sono conservati miracolosamente e che ci descrivono delle scene di vita quotidiana, del tardo medioevo, che coinvolgono però soprattutto i benestanti, cioè le persone con soldi da spendere.
Sono quasi delle fotografie di allora, ma bisogna guardare i dettagli per scoprire tante curiosità. Così si presentava un mercato con le botteghe dei verdurieri e dei fruttivendoli. C'erano... mele, pere, melograni, barbabietole, lattughe, ma non si possono vedere dei cibi che conosciamo bene, come per esempio il pomodoro, il grano turco, il peperoncino, le patate. In effetti vengono dall'America, che allora non era ancora stata scoperta, quindi erano sconosciuti.
E al mercato, come oggi, si potevano comprare sandali, scarpe, cappelli o cinture, che sono identiche alle nostre. I vestiti erano molto vari, andavano di moda anche delle calzamaglie colorate allora. E nelle sartorie i rotoli di tessuto venivano abilmente trasformati in abiti. Guardate ora le forbici, sono molto diverse dalle nostre. Sono due lame ripiegate a molla.
È stato così per molti secoli. Nelle osterie e nei posti di guardia si passava tempo con dei giochi che conosciamo bene, come per esempio il filetto o il becgemon. una specie di gioco di scacchi che era in uso già dai tempi dei faraoni. Si beveva, si scherzava e non mancavano le risse. Lo scopo di questi affreschi era quello di inviare un messaggio a chi li osservava, cioè quello della prosperità, della ricchezza dei cibi e dei prodotti, una giatezza che si rifletteva automaticamente sui proprietari del castello.
Ma tutti questi cibi dove venivano cucinati? Ebbene noi ora ci troviamo proprio all'interno delle grandi cucine del castello di Sogni e c'è una curiosità. Queste cucine infatti erano divise in due ambienti diversi da questa spessa grata di legno sulla quale si appendevano anche le prede da cucinare.
Di qua c'era la cucina della servitù. Su questo lato invece si apriva la cucina... dei padroni, dei nobili, quindi c'era sempre questa suddivisione molto netta persino in cucina dei ruoli, delle classi. Allora dovete immaginare l'atmosfera che si respirava in questo ambiente, con servi che andavano e venivano, qui c'era sicuramente un focolare acceso dove c'era sempre una marmitta della carne che era messa a cucinare, su questo tavolo si preparavano i cibi e poi il tutto veniva portato nella sala da pranzo, dove c'era un'atmosfera un po'particolare perché vedete la nobiltà dell'epoca non era ancora...
ancora raffinata, soprattutto per quanto riguarda il Galateo. Se un conte o una contessa di allora fossero stati invitati a un pranzo ufficiale di oggi, beh, avrebbero creato molto imbarazzo tra i commensali. Ecco come ci si comportava a tavola allora. Come si stava a tavola nel Medioevo?
Quali erano le buone maniere, le norme di comportamento dell'epoca? Sedendoci a un pranzo medievale saremmo rimasti stupiti innanzitutto per la mancanza di stoviglie e le posate. La forchetta quasi non esisteva.
I piatti individuali erano spesso fatti di grosse fette di pane e si beveva da boccali usati in comune da due o più persone. Qualche posata c'era, un grande cucchiaio o un coltello. Il coltello serviva per fare a pezzi la carne nel grande vassoio di portata, da dove ognuno prendeva un pezzo con le mani e lo metteva sulla sua fetta di pane.
Se la vivanda era liquida, i commensali l'assorbivano a turno dalla zuppiera o dal grande mestolo comune, che poi rimettevano nel pentolone, dopo averlo ben asciugato come esigeva il bon ton del tempo. Toccare il cibo con le mani... come è facile immaginare le rendeva untuose. Per questo nei pranzi più raffinati i paggi arrivavano spesso con delle brocche piene di acqua profumata al rosmarino e alla camomilla per far lavare le mani ai commensali. Quali erano le regole della buona educazione medievale?
I rari galatei del tempo si raccomandavano di non gettarsi sul piatto di portata per scegliere il pezzo migliore. Né tanto meno di frugarci alla ricerca del boccone più prelibato. Siccome i bicchieri sono comuni, prima di bere si consiglia di pulire la bocca. Si scoraggia dal compiere gesti di simpatia come offrire un boccone di carne già mezza masticata a un convitato con il quale si è entrati in sintonia. Non è molto fine mettere gli ossi rosicchiati nel grande piatto comune, ma conviene piuttosto buttarli sotto il tavolo.
Naturalmente mangiare rumorosamente, grattarsi, mettersi le dita nelle orecchie o nel naso, tossire fragorosamente o sputare, sono considerate azioni adatte alle mense dei contadini e non di signori raffinati. Leggendo questi galatei non si può fare a meno di rimanere sorpresi di come diverso fosse per uomini e donne vissuti nel medioevo il rapporto con il proprio corpo e quello degli altri. E passeranno ancora diversi secoli e molte trasformazioni politiche ed economiche, prima che le buone maniere, che noi riteniamo quasi una nostra seconda natura, si diffondano in tutta la società. Ma come si divertivano i poveri a quell'epoca e i servi dei grandi castelli? Beh, non esistevano tutte le opportunità che conosciamo noi oggi, non esisteva ovviamente il turismo, non c'era lo sport, e poi comunque i poveri, il popolo, non aveva sicuramente né il tempo, né i mezzi per potersi permettere tutte queste cose.
Ma comunque nel Medioevo ci si divertiva, ogni occasione era fonte di allegria e anche un modo per godersi la vita per quanto possibile. Le taverne non erano certamente fra i locali più raccomandabili del medioevo. Nelle stanze male illuminate si poteva trovare di tutto.
Malfattori, prostitute, soldati, sfaccendati, ma anche studenti in vena di divertirsi e corrieri in attesa fra un bicchiere e l'altro che qualcuno affidasse loro una lettera da recapitare. Di vino se ne beveva moltissimo. Era di qualità pessima e molto meno forte di quello attuale. Si servivano zuppe di legumi, qualche verdura, forse un po'di carne.
In mancanza di radio e televisione qui si chiacchierava molto e si raccontavano le ultime notizie. Le barzellette e gli scherzi, anche pesanti, non mancavano. Soprattutto si giocava, a dadi principalmente, e si puntavano molti soldi. Vi sono racconti di gente completamente rovinata da dadi forse truccati. La dama era invece molto rara.
Veniva considerata un gioco nobile, perciò più adatta ad ambienti aristocratici. In alcune osterie si poteva perfino dormire. Piccolo dettaglio, la stanza era unica, così come il letto. Così si poteva finire sotto le coperte insieme a 5 o 6 perfetti sconosciuti.
Le risse non erano affatto rare e i coltelli sempre a portata di mano. Ma il Medioevo non è soltanto quel periodo buio di cui tanto si parla. Già ci sono molte luci che si accendono all'interno della società.
Nel 1200, ad esempio, già nascono tutti quei fermenti che poi porteranno più tardi alla nascita del Rinascimento. Cresce l'economia, cresce il commercio e crescono anche le innovazioni tecnologiche. È proprio in quel periodo che si realizzano tante piccole e grandi invenzioni. Non fu poi così buio il Medioevo. Anzi...
Matematici, musicisti, inventori, illuminarono quei secoli poco conosciuti con innovazioni brillanti che usiamo ancora oggi. È stupefacente vedere quante siano. Nel Medioevo i matematici arabi inventano l'algebra e diffondono al posto della numerazione romana le cifre arabe. Fra queste un numero importantissimo che greci e romani non avevano, lo zero. Dall'Oriente nel Medioevo arriva la bussola che apre l'epoca delle grandi esplorazioni.
E arrivano gli scacchi. La polvere da sparo, vengono inventate la forchetta e le carte da gioco, i bottoni e i cassetti, le carriole, la biancheria intima e i primi orologi a ingranaggi precisi grazie al meccanismo detto dello scappamento. I medici medievali escogitano le prime rudimentali forme di anestesia a base di oppio, mandragora, cicuta.
Ma anche nel campo dell'energia ci sono delle importanti innovazioni. Viene introdotto il cavallo in agricoltura e gli viene applicato un attacco pettorale che moltiplica per quattro la sua efficienza energetica. E poi ci sono i mulini.
I romani li conoscevano ma avevano sviluppato poco questa tecnologia anche perché disponevano di un'energia gratuita, quella degli schiavi. Invece nel medioevo i mulini si diffondono, i mulini ad acqua, i mulini a vento, e in questo modo aumenta la produzione di farina, migliora quella dell'olio grazie alle macine, eccetera. Ma questi mulini forniscono dell'energia anche a certi macchinari industriali molto primitivi. Ce ne sono due che sono molto particolari e interessanti. Il primo è quello legato alla tessitura.
La tessitura, una delle industrie più importanti nel medioevo, la base di tante fortune economiche di comuni e città. Le lavorazioni, come quelle della seta, erano coperte da segreti gelosamente mantenuti e tramandati di generazione in generazione. Ecco il locale che ospita i bachi dai quali una volta maturi, viene estratta la preziosa fibra. In questa vasca d'acqua bollente, le donne dipanano i bozzoli, ustionandosi le mani. Unendo le fibre di una decina di bozzoli, si ottiene il filo di seta.
Ma queste matasse non sono ancora pronte per la tessitura. Il filo si rivelerebbe troppo fragile. Per renderlo più robusto, va attorcigliato migliaia di volte su se stesso. Un lavoro enorme che i noti ingegneri medioevali hanno automatizzato, è veramente il caso di dirlo, anche se la macchina è spinta dalla forza di un uomo.
Ecco il filo grezzo di 144 rocchetti mentre viene ritorto. La macchina ha 2027 pezzi tenuti insieme a incastro, cioè senza chiodi e senza colla. Le matasse del filo ritorto sono adesso pronte per essere colorate e infine tessute sui grandi telai azionati da pedali di legno, molto comuni in quell'epoca.
L'altro esempio è quello della carta. In effetti nel Medioevo nasce l'industria della carta, destinata ad avere delle ripercussioni enormi, come per esempio l'invenzione da parte di Gutenberg dei caratteri mobili per la stampa. E tutte queste macchine primitive in futuro daranno poi la possibilità di stampare dei libri e infine anche dei giornali.
Una cartiera medievale. Questa è la materia prima. Gli stracci, che vengono ridotti in minuti brandelli e poi infilati in questa macchina straordinaria.
Una tela a magli. Ed ecco l'ingranaggio più sorprendente di tutto l'apparato, azionato dall'acqua di un torrente. Un albero a camme muove alternativamente i tre magli che pestano nelle vasche brandelli di tessuto, per trasformarli in una poltiglia biancastra. Dalla pasta di stracci al foglio, vero e proprio. Con un setaccio l'esperto cartaio pesca un sottile strato di poltiglia.
Naturalmente prima di poterci scrivere servono molti altri procedimenti, di asciugatura, di turchiatura e anche altri bagni per impermeabilizzare la carta. Infine con un pestello di vetro il foglio viene reso liscio e levigato. Qui siamo in una zecca medievale che non era di proprietà pubblica ma di un artigiano specializzato come tanti altri, cui un comune appaltava un certo quantitativo di monete. La moneta che viene coniata è in cottonese, fatta da una lega per un 10% di argento e il 90% di rame.
Dalla fusione dei metalli si passa alla forgiatura a forza di martellate di piastre metalli. Dopo nuovi riscaldamenti e altre martellate, si arriva al tondello definitivo. Un bagno di sale e acetolo sbianca e adesso è pronto per il conio. Il tondello viene sistemato su un punzone fissato all'incudine, dove ad esempio è incisa in rilievo una croce. L'altro puntello, con una diversa incisione, viene appoggiato sull'altra faccia e giù una gran martellata.
Questo meraviglioso complesso che sorge qui sulla Piazza dei Miracoli a Pisa ha quasi mille anni. In effetti la sua costruzione venne iniziata nel 1067 ed è oggi considerato un vero e proprio capolavoro dell'architettura non solamente italiana ma anche e soprattutto mondiale. E poi è anche un simbolo dei cambiamenti che stavano avvenendo proprio in quel periodo. In effetti questa meraviglia fu voluta e pagata dai cittadini della Repubblica Pisana per onorare Dio, certo.
ma anche e soprattutto per celebrare i fasti della Repubblica Pisana. Le scritte che si trovano sulla facciata del Duomo in effetti raccontano una storia molto curiosa. I fondi per la costruzione derivarono da un bottino di guerra.
Sei navi furono catturate durante una battaglia navale a Palermo, cinque furono bruciate ma la sesta fu venduta con il suo carico, fornendo così soldi per dare inizio ai lavori. I nuovi macchinari inventati da abili ingegneri permisero di alzare questa foresta di colonne con il minimo sforzo e il direttore dei lavori, Buschetto, fu considerato addirittura più astuto di Ulisse perché, così sta scritto su di una lapide, quello che a stento avrebbero fatto mille buoi grazie alle sue macchine lo avrebbero potuto fare facilmente dieci fanciulli. Ma anche gli scultori avevano creato opere mai viste come questo straordinario pulpito scolpito da Giovanni Pisano che si trova all'interno del Duomo.
Occorsero quasi due secoli per completare l'insieme di questi vari edifici e naturalmente la grande star è la famosa Torre Pendente. Perché pende così tanto questa torre? Perché il terreno su cui una volta si ergeva un enorme tempio dedicato all'imperatore Adriano, questo terreno era paludoso e fin dall'inizio questa torre cominciò a pendere su di un lato, aveva ceduto così tanto che si decise di interrompere i lavori arrivati al terzo piano. La torre non pendeva così tanto come la vedete oggi, ma comunque i lavori si interruppero per più di un secolo. E poi si pensò di riequilibrarla costruendola, diciamo, in contropendenza.
Infatti, se si osserva bene, la torre ha un profilo leggermente ricurvo, a dente di elefante, come viene chiamato. Nel corso dei secoli però il terreno continuò pian piano a cedere, fino a provocare un'inclinazione di ben tre metri e mezzo tra la base e la sommità. Erano veramente troppi.
Negli ultimi anni, con un intervento molto complesso, si è ridotta questa pendenza di 40 centimetri. garantendo così l'incolumità della torre per almeno altri tre o quattro secoli. Oggi si può salire fino in cima alla torre che si trova a 55 metri d'altezza, cioè quanto un edificio di 18 piani, ed è una salita a spirale di 300 gradini, poco raccomandabile per chi soffre di vertigini. E qui all'interno si ha una strana sensazione perché essendo la torre piegata su di un lato, In certi punti di questa salita ci si sente schiacciati su di una parete, poco dopo si è schiacciati sull'altra parete e poi si sente il corpo che va all'indietro o all'avanti a seconda dei punti.
È davvero una strana sensazione. Eccoci arrivati in cima alla torre e proprio da quassù, all'altezza di quelle campane, Galileo effettuò i suoi famosi esperimenti sulla caduta dei gravi, cioè prese due sfere di metallo di dimensioni diverse e le fece cadere dimostrando che arrivavano contemporaneamente. Ma forse tutto questo è un po'una leggenda, un mito. In effetti Galileo soggiornò a Pisa, dove insegnò, costruì il famoso canocchiale, ma non c'è testimonianza di questo suo esperimento. Quello che è certo però è che da quassù si intuisce tutta l'imponenza.
di questa straordinaria costruzione medievale. Nel Medioevo invece non era ancora nata la vera scienza e la piazza dei miracoli ospitava soprattutto piccoli commerci e anche la fierezza di una popolazione che si era finalmente liberata dagli antichi poteri feudali. Durante il primo medioevo Amalfi, Pisa, Genova e Venezia riescono a liberarsi gradualmente dal dominio bizantino e si organizzano in piccole città-stato governate da uomini eletti dai cittadini. A partire dal X secolo la...
La potenza e la ricchezza delle repubbliche marinare cresce in modo clamoroso. Fondano colonie in Siria, Egitto, Africa, combattono contro i mori e i pirati e anche grazie alle crociate diventano le vere dominatrici delle rotte commerciali del Mediterraneo. Mediterraneo, ma i conflitti di interesse le scatenano spesso l'una contro l'altra.
Amalfi viene saccheggiata da Pisa nel 1137, Pisa viene sconfitta da Genova alla fine del 200 e Genova, dopo varie guerre e alterne vicende, viene a Pisa. annientata da Venezia che nel 300 si trova ad essere una superpotenza del Mediterraneo e uno degli stati più ricchi d'Europa. I mercanti delle repubbliche marinare sono stati fra i primi capitalisti della storia, reintrodussero l'uso delle monete d'oro, inventarono nuovi sistemi per la contabilità, stilarono codici di comportamento marittimo, incentivarono il progresso tecnologico, svilupparono enormemente gli scambi culturali e linguistici tra i popoli mediterranei.
Almei europei ed asiatici. Malgrado tutti questi cambiamenti, il Medioevo rimane in gran parte chiuso su se stesso. Non c'è più quella grande mobilità che c'era durante l'Impero Romano, che aveva una rete stradale pensata di 80.000 km, cioè l'equivalente di due volte il giro della Terra, e si poteva passare rapidamente dalla Scozia al Nord Africa al Medio Oriente.
Ma durante il Medioevo le repubbliche marinare e alcuni viaggiatori riaprono nuove vie di comunicazione e in particolare nel 1200 un mercante italiano compie un viaggio che è poi entrato nella storia. Infatti percorre migliaia di chilometri verso oriente fino ad arrivare ad un impero di cui si favoleggiava molto ma che si conosceva ben poco. Era l'impero cinese e il nome di questo viaggiatore era Marco Polo. Siete stati in Persia? Dove?
Sono arrivato fino a Tabriz. Oh, ho visto i mongoli in Persia. Sì, ma solo da lontano.
Marco vive l'infanzia e l'adolescenza senza conoscere il padre. Mi ha detto di parlare di mio padre, Niccolò Polo. Niccolò e suo fratello Matteo sono mercanti veneziani partiti per l'Oriente e da anni non se ne hanno più notizie. Quando ritornano, lui ha 16 anni.
A causa di una deviazione fortunosa verso est per evitare una guerra, sono arrivati fino in Cina. Forse non sono i primi occidentali ad essersi spinti fino a quelle terre lontane, ma sono sicuramente i primi ad essere riusciti a ritornare per raccontarlo. Ma c'è qualcosa di più. Non siamo quelli che potremmo sembrare. Siamo partiti mercanti, ma siamo tornati ambasciatori del grande Khan.
Presso il Doge di Venezia. Ognuno di questi biglietti ha stampato... È difficile convincere il Senato della Repubblica sull'opportunità di instaurare rapporti diplomatici e commerciali con un impero tanto lontano da sembrare irraggiungibile. Anche la carta moneta, abitualmente in uso in Cina, non viene compresa da chi è abituato a trattare solo in oro e in cose solide e tangibili.
di 220 libre di argento puro. Congratulazioni. Voi due siete pronti a partire subito?
Certo. Ma con l'appoggio del Doge, nel 1271 i fratelli Polo possono finalmente ripartire. Oltre a regali preziosi, portano con sé non i cento saggi nominati dal Papa, che aveva chiesto il grande canno, ma solo due frati che alle prime difficoltà torneranno indietro. Ma soprattutto, questa volta portano con sé anche il giovane Marco, che ha ancora tutto da imparare. Il padre e lo zio parlano perfettamente i dialetti turchi e in un viaggio così pieno di pericoli spesso è solo la loro abilità ed esperienza a salvare la situazione.
Marco diventerà presto padrone di almeno quattro lingue e dotato di uno spirito di osservazione non comune, annota tutto, distanze, percorsi, prodotti, abitudini, sensazioni, immagini, stile, dei luoghi e dei popoli. I Polo assistono alla crociata in Terra Santa e alla guerra tra Saraceni e Mongoli. Attraversano il Caucaso, il Mar Caspio, la Persia, l'Afghanistan, il deserto del Gobi, parte della Siberia, le montagne del Pamir.
Incontrano realtà sconosciute a... affascinanti come quella dei monaci tibetani. Vedono cose strane, come il petrolio, un misterioso liquido denso e nero che brucia. Dopo 30 mesi di odissea, arrivano nella capitale Kambalik, in Cina. È nuovissima, appena costruita, la prima città stanziale dei Mongoli, popolo nomade per eccellenza.
Marco la descrive come la più bella città del mondo. Nei suoi racconti riferisce anche dei suoi rapporti amichevoli con la famiglia imperiale e degli incarichi di fiducia ricevuti dal grande Khan. Forse in questo ha lavorato un po'di fantasia, ma è certo che conosce molto bene la storia e la realtà cinese che descrive.
Racconta dei fuochi d'artificio, del servizio postale, classificato in tre categorie di urgenza e di importanza, potremmo dire posta ordinaria, prioritaria e raccomandata, degli astrologi cinesi. delle grandi povertà e del grande lusso, dei soprusi e dei giochi di potere. e non dimentica di riferire delle guerre di Kublai per ingrandire e consolidare il suo enorme impero che rischia da un momento all'altro di esplodere e frammentarsi dopo 17 anni in Cina Marco Polo affronta un viaggio di ritorno disastroso e dopo 24 anni di assenza rivede Venezia anche se il milione il suo libro di viaggi diventa popolarissimo si Si dovrà aspettare fino al secolo scorso perché altri occhi occidentali possano rivedere e riconoscere molte delle terre e dei popoli descritti da Marco Polo, forse il più grande esploratore terrestre di tutti i tempi.
Rimasto a Venezia fino alla fine, continua a sognare l'Oriente e la Cina, culture incredibili e terre sconfinate, da cui attraverso le rotte dei mercanti, come i Polo, arrivavano merci preziose, racconti fantastici e cose mai viste, ma anche un terribile clandestino, la peste. Siamo tornati in Val d'Aosta nel castello di Fenice e questo è forse il suo ambiente più bello, più spettacolare. È il cortile interno che è stato affrescato probabilmente agli inizi del 400. Questo è quello che vedevano gli ospiti del castello quando entravano.
Troneggiava un bellissimo affresco di San Giorgio che uccide il drago salvando la principessa. Il drago ovviamente era simbolico, San Giorgio era il protettore dei cavalieri e dei soldati, anche il protettore del signore di questo castello. Pochi decenni prima della realizzazione di questo affresco, in realtà un drago non immaginario ma vero ha attraversato più volte l'Europa, annietendo milioni di vittime. Questo drago aveva dimensioni microscopiche ed era la peste.
La peste ha provocato la morte di un terzo della popolazione in Europa e addirittura... un abitante su due in certi luoghi. Ha spazzato via non soltanto la popolazione, ma intere economie, interi tessuti sociali. Vediamo esattamente che cosa significava essere travolti da questa tragedia.
Tra il 1347 e il 1352 una malattia misteriosa travolse l'Europa. Era alla morte nera. Si calcola abbia ucciso in soli sei anni 25 milioni di persone. La pelle si copriva di macchie rossastre e poteva sanguinare.
Tutto il corpo emanava un odore sgradevole. Dopo la grande epidemia del 300, la pestilenza continuò a manifestarsi periodicamente in Europa per più di tre secoli. Poi si dileguò. I propri oggetti rappresentano meglio un periodo della storia come un'armatura. Questa, ad esempio, risale a cinque secoli fa.
Era un vero e proprio guscio d'acciaio, un castello metallico dentro il quale ci si rinchiudeva. Si trova qui al museo Stibert a Firenze che contiene una delle più ricche collezioni al mondo di armi e armature. Ce ne sono quasi 16.000 che vengono dall'Europa, dall'Asia, dall'estremo oriente. È un posto davvero affascinante. Contrariamente a quanto si crede, le armature pesanti non furono mai usate nel Medioevo.
Medioevo così come lo concepiamo noi, cioè quello dei secoli bui, ma comparvero solo a ridosso del Rinascimento e sparirono. dopo appena due o tre secoli, nel 600. Durante tutto il Medioevo, infatti, le armature erano leggere, si usavano degli elmi piccoli a forma conica, sembravano dei zuccotti con una stanghetta verticale che scendeva sopra il viso e doveva proteggerlo contro i fendenti di spada. Inoltre si indossavano delle cotte, cioè delle maglie fatte con dei piccoli anelli di ferro uniti uno all'altro.
Era pesante, aveva fino a 15 kg, era ingombrante, scivolava un po'da tutte le parti, ma era molto robusta e flessibile. Insomma, un colpo di spada non vi tranciava il braccio, ma magari vi spezzava solo l'osso. Ma ad un certo punto accadde qualcosa.
Tra il 1200 e il 1300 infatti l'Europa cambiò. Ci fu un boom demografico, cambiarono le strutture economiche, sociali, politiche, le comunità si arricchirono e soprattutto nacquero armi più evolute ed efficaci. E di conseguenza ci si trovò dove realizzare delle armature sempre più robuste in una strana gara tra preda e predatore, un po'come nelle savane.
E ad un certo punto... nacque la prima vera armatura pesante. Pensate che nacque proprio qui in Italia, a Milano, nel 1370. Ma come si costruiva e come funzionava un'armatura? Per averne una bisognava ordinare la botteghe specializzate e per le misure si inviavano i propri vestiti.
Un'armatura era carissima. Sappiamo che il prezzo solo per un paio di guanti equivaleva a circa un milione di lire attuali e un'intera armatura, di quelle belle ornate, Valeva quanto una fuori serie di oggi, cioè in pratica qualche centinaio di milioni. Era una bella spesa, ma c'era anche chi poteva permettersi l'armatura per il cavallo.
Vedete, erano pesanti, arrivavano fino a 30 chili, quindi immaginate questi destrieri che dovevano portare fino a 300 chili di peso. Per costruire un'armatura si utilizzava sempre dell'acciaio e per dimostrare la sua robustezza l'armaiolo provava un colpo di arma. Ecco, vedete il segno. la tacca, era come un marchio di garanzia e quindi spesso lo si lasciava.
Su questo tavolo abbiamo disposto i vari pezzi di un'armatura tedesca della fine del Cinquecento, se volete questo era il kit di vestizione di un cavaliere di quell'epoca e sono pezzi originali, per questo... utilizziamo dei guanti. Un'armatura ha decine di pezzi, che ci voleva per indossarle? Beh, sarete sorpresi a sapere che non ci voleva molto.
Un cavaliere, se era aiutato da un paio di scudieri, impiegava più o meno un quarto d'ora. Ora, noi proveremo a rindossare alcuni dei pezzi qui di questa armatura con l'aiuto di Tommaso François, che è appunto il restauratore del Museo Stibert. E partiamo!
Il primo pezzo è la cosiddetta goletta che serviva per proteggere il collo e la nuca dai fendenti. Seguiva poi la corazza, in questo caso fatta di due pezzi, il petto e la schiena. Venivano fissati con ganci, chiodi a voltare oppure cinghie.
Poi si mettevano gli spallacci e i bracciali. Ed ecco l'elmo. Ce n'erano di tanti tipi, di forme diversissime.
Questo è del tipo a incastro. Ora io mi sono messo solo metà dell'armatura, ma quello che sorprende di più è che i pesi sono distribuiti talmente bene che non si sente affatto il peso, la mole, la massa di questa armatura. Quello che invece si sente sempre di più...
è il calore, in effetti qui il calore corporeo ha difficoltà a uscire da questo guscio e si capisce perché i cavalieri preferissero non combattere d'estate. Un'armatura pesava mediamente 30 kg, ma poteva arrivare anche a 40. Contrariamente a quanto si pensa però, non era necessario sollevare con un argano un cavaliere per metterlo sul suo cavallo. È un mito. Malgrado il peso dell'armatura... infatti era molto agile e doveva esserlo in battaglia.
I pericoli invece erano altri, come guadare un fiume. Tantissimi morirono affogati, compreso un imperatore, Federico Barbarossa. E per le necessità impellenti?
A copertura delle parti intime c'erano delle conchiglie di ferro o una gonna di ferro, che però avevano delle speciali aperture con dei lacci. Il medioevo con il 400 sta per finire. Il rinascimento è già praticamente iniziato.
Come sempre il passaggio tra un'epoca e l'altra è graduale. È una dissolvenza incrociata, come si dice nel cinema, anche se per comodità gli storici fissano delle date di inizio e di fine. Già da tempo si assiste ad un fiorire straordinario di artisti, di poeti, architetti. Basta pensare a uomini come Cimabue, Giotto...
Dante, Pedrarca, Boccaccio. E poi agli architetti e agli ingegneri che precedono Leonardo da Vinci nella progettazione di macchine, invenzioni e nuove armi. Per non parlare di tutte le attività commerciali, bancarie, mercantili che danno vita a quella classe imprenditoriale tipica del mondo moderno che favorirà anche lo sviluppo della scienza e della tecnica.
Tutto è pronto quindi per l'inizio di una nuova era.