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Riflessioni sulla Tragedia del Vaillant

Ci sono disastri e disastri. Ci sono quelli naturali, a volte imprevedibili, e quelli provocati dall'uomo. Tra questi rientra anche una delle più gravi tragedie italiane del Novecento, avvenuta in una valle veneta, quella del Piave, il fiume sacro alla patria.

È mercoledì 9 ottobre 1963, un mercoledì di Coppa dei Campioni, con i bar di Longarone pieni di tifosi che seguono la partita tra i Rangers di Glasgow e la fantastica squadra del Real Madrid di Puskas e di Di Stefano. La partita finisce 6-0, ma nessuno di quegli avventori conoscerà il risultato finale. All'inizio del secondo tempo la luce se ne va, pochi minuti dopo se ne vanno anche le loro vite.

E poi arriva un'onda, altissima, terribile. Non è solo acqua. E'fango che cammina, c'è terra, rade tutto al suolo, si porta via case, boschi, negozi, bar e la vita dei poveri abitanti.

Scappano quelli che possono, quelli che riescono a reagire, scappano verso l'alto, lungo i prati che salgono ai lati del paese, sperando di riuscire a stare più su di quell'onda. Una massa d'acqua trascinata dalla diga del Vaillant è precipitata a valle, distruggendo interi paesi e centinaia di famiglie colte nel sonno. In un comunicato ufficiale la prefettura di Belluno conferma quanto si temeva, oltre 2000 morti.

È dall'aereo, più che da terra, la visione terrificante del paesaggio sconvolto dalla furia delle acque, dove è passata la gigantesca onda, ora è un fiume di fango. Quello che è successo ce lo racconta con pato su un grande attore, nato da quelle parti proprio, Marco Paolini. In questo punto specifico seguiremo il suo racconto. C'è una frana sul monte che sovrasta la diga del Vaillant, una frana che si stacca. parte piano, poi sempre più veloce.

Scende a 100 km all'ora verso il lago artificiale, lo colpisce, rimbalza e torna indietro. Una montagna a forma di M, che si porta dietro il bosco, le stalle, il bestiame, le case e piomba sul lago del Vaillant. Il lago è pieno d'acqua e questa schizza via, verso l'alto dall'altra parte.

Un'onda alta a 250 metri si dirige verso Casso, il paese più in alto sulla montagna. Sbatte contro la roccia e perde velocità, ma riesce a raggiungere il piano terreno della scuola elementare, dove per fortuna non c'è nessuno. A cassa non muore nessuno. L'onda scavalca il paese, lo sorvola. Ma nelle frazioni più a valle, a San Martino, alle Spesse, a Frasen, un muro di 60 metri d'acqua fa piazza pulita.

L'altra mezza onda corre verso la diga, la scavalca, la sfiora, la lascia intatta. È un'onda pazzesca, alta almeno 350 metri nel punto più alto, 150 in quello più basso. e corre verso il Piave, laggiù, dove c'è il Longarone.

Si muove un lago alto 170 metri che scende a 80 km all'ora. Ci vorranno 4 minuti per arrivare al paese. Sono tutti usciti dai bar, sentono quel rumore fortissimo, poi arriva il vento, un vento umido, appiccicoso, che si porta dietro terra e sabbia. Ma prima dell'acqua arriva l'aria, un'aria assassina, che strappa via i vestiti, la pelle, tutto quello che c'è dentro. Ed ecco che l'onda arriva al Piave, raccoglie tutto quello che trova, sassi, detriti, terra, e rada il suolo a Longarone.

Ma non basta, perché nell'urto una parte dell'onda sbatte contro i pendii e torna indietro, risalendo a controcorrente il Piave per due chilometri. E poi ripassa, per dove c'era Longarone, l'onda di reflusso e, come al mare sul bagnasciuga, spiana tutto, rende tutto liscio. Poi, un irreale silenzio di morte.

Il 10 ottobre, lungo il Piave, ci sono centinaia di persone, civili, Militari, volontari, conpertiche e rampini raccolgono e tirano in riva i cadaveri che il Piave trasporta verso valle. Stanno già arrivando le prime persone alla ricerca di qualcosa, non sanno nemmeno che cosa stanno cercando perché non vi è più nulla. Dobbiamo tenere conto che questo museo si chiama Longarone Vaillant Attimi di Storia.

Questo non è solo il museo che ci racconta l'evento Vaillant, ma è anche il museo che racconta la Longarone. prima. Per le persone che come me non l'hanno mai vista, attraverso un'attenta ricostruzione fotografica, ma soprattutto attraverso una grande raccolta di cartoline postali che appartengono a questa associazione Proloco, siamo riusciti a ricostruire com'era la nostra cittadina ed è da qui che noi dobbiamo partire da quello che c'era prima.

Abbiamo voluto cominciare proprio dalla fine seguendo il pezzo di Paolini perché si capisca fin da subito di cosa stiamo parlando. Ci sono stati quasi duemila morti, ci sono stati paesi spazzati via, un tessuto sociale scomparso e... Ci sono, come vedremo, altri drammi legati a quello che ci si ostina a chiamare la disgrazia nel Vaillant. Nel museo noi vedremo solamente due colori, due colori predominanti.

Sono i colori del grigio, li vediamo. Il grigio per noi rappresenta il calcestruzzo, rappresenta la diga, rappresenta quindi la morte. E poi abbiamo invece negli arredi un color verde acqua, che lo vediamo qui, che è appunto un po'l'incrocio tra il verde della natura. e l'azzurro dell'acqua. Gli spazi poi sono savomati da 1910 lamelle.

Ok. Ok, sono 1910 lamelle che volutamente fanno rumore. Noi oggi siamo qui per fare rumore, ok? Perfetto.

Dobbiamo ricordare sempre quanto è accaduto qui e deve essere da monito. Avremmo potuto incontrare queste lamelle al pavimento, ma volutamente non l'abbiamo fatto. Quello che mostreremo con questo video invece è tutt'altro.

Si è trattato in realtà di una strage non diversa da tante altre che popolano il nostro paese. Una strage provocata dall'uomo, dalla sua ingordigia, dalla sua infamia. Il libro più bello scritto... su questa storia di una donna straordinaria Tina Merlin.

Sulla pelle viva comincia con questa frase resterà un monumento a vergogna perenne della scienza e della politica. Queste sono le rotaie completamente piegate piegate in questo senso arrotolate proprio a spirale proprio come queste lamelle questa rappresenta la forza dell'acqua e l'acqua ha impattato la ferrovia assolutamente sollevato i binari e li ha attorcigliati per metri e metri. Questa è la rappresentazione per noi della grande forza che ha avuto l'acqua quella notte.

Per raccontare tutto occorre fare un passo indietro, un passo bello lungo, fin dietro il ventennio fascista. Che l'Italia non sia ricca di materie prime non è certo un problema dei giorni nostri. È sempre stato così.

In particolare la dipendenza dalle fonti primarie energetiche è sempre presente. Figuratevi in un periodo in cui la politica autarchica la fa da padrone. Bisogna arrangiarsi con quello che si ha. E una cosa da noi non manca. Montagne a rotta di collo.

Una lunga T, formata da alpi e appennini, pieni di laghi, di corsi d'acqua, di torrenti e di fiumi attraverso lo stivale. Ed ecco allora la possibilità e l'esigenza di utilizzare questo ben di Dio. Ovunque sia possibile trovare un salto d'acqua sufficiente a far girare le pale di una turbina per produrre energia elettrica.

Bisogna realizzare dighe, invasi, per produrre sempre più energia, che e come servirà per la guerra che deve venire dieci anni più tardi. Nel 30 le strutture sono in tutto circa 600, di cui 300 pubbliche o gestite da enti pubblici come Enel e 300 private, gestite da società che su quelle costruzioni speculano il più possibile. Servono torrenti e fiumi ricchi d'acqua perenne, in valli un pochino abbandonate, con pochi paesi lungo le rive, e tra il Veneto e il Friuli sembra essercene una perfetta.

Questa valle è solcata dal torrente Vaillant, che nasce a 1900 metri nei pressi della forcella Col de Pin. e si tuffa nel piave a Longarone, qualche decina di chilometri a nord di Belluno, sulla strada che porta a Cortina d'Ampezzo. Nel 29, lungo le sponde che costeggiano il Vaionte, passeggiano due individui che discutono, tastano il terreno, osservano la valle e i monti circostanti, cioè le prealpi carniche a nord e il monte Tocca ridosso della valle del sud.

Cosa ci facciano lassù non è chiarissimo, però sono due personaggi importanti per la nostra storia. Uno è un ingegnere di 36 anni, specializzato nella costruzione di dighe, si chiama Carlo Semenza, è di Milano. ma si è trasferita a Padova dove si laurea.

L'altro è più vecchio, ha 54 anni ed è un professore dell'Università di Padova, già famoso all'epoca, un geologo. Si chiama Giorgio Dalpiaz ed è di quella zona. Qualche anno dopo si ritroveranno di nuovo.

Gli stessi due personaggi, un pochino invecchiati, si trovano nella stessa valle, ma questa volta hanno un ruolo ben diverso, non più di semplici esploratori. Rappresentano una società importante, la SADE, Società Adriatica di Elettricità, che è proprietaria di un certo numero di dighe della zona. La storia di questa società è importante e quasi decisiva per capire cosa è successo. Fondata dal conte di Misurata al secolo Giuseppe Volpi, la Sade nasce nel 1905. È proprio il conte di Misurata, personaggio dalle molte sfaccettature a volere la realizzazione di Porto Marghera sulla laguna di Venezia, dove fa costruire una centrale termoelettrica a carbone, che servirebbe a sopperire i tempi di magra d'acqua e quindi di scarso apporto delle centrali idroelettriche. Già, perché la Sade ne ha già fatte di 10 centrali nelle Dolomiti.

Il 15% dell'energia elettrica italiana è fornito in quel periodo dalla Sade, che però non è contenta, vuole sempre di più un po'questa ingordigia, vuole realizzare un grande vaccino d'acqua. Giuseppe Volpi, che tra l'altro apre anche la mostra del cinema di Venezia, tanto che la coppa destinata ai migliori attori ancora oggi è intitolata a lui, dopo la marcia su Roma si iscrive al partito di Mussolini. È un fascista convinto, lui, talmente convinto che dopo un singolo anno diventa ministro delle finanze. La Sade ha idee molto chiare.

Vuole un grande impianto idroelettrico. Prepara un progetto, cerca la valle giusta, il torrente giusto, la posizione geografica giusta. Trova tutto questo nella valle del Vaillant. La diga sarà costruita là dove quella valle si affaccia sul piave, a pochi passi dal comune di Longarone. Perché proprio là?

La risposta è complessa, ma sicuramente conta molto il fatto che le acque del piave sono... poco affidabili in quanto a continuità di portata, mentre quel torrente di montagna è costante, ha sempre acqua, e si formerà un lago che sarà costantemente alimentato. E poi la valle è quasi disabitata.

Ci sono solo due piccoli paesi, Erto, sul versante nord, e Casso, molto più in alto. Verso sud, sul monte Toc, gli ertani hanno poi costruito delle case in pietra dove generalmente passano l'estate a lavorare i campi e a pascolare le mucche, perché andare a venire da Erto-Casso è lungo e faticoso. Per il resto ci sono soltanto boschi, prati e campi.

Ma c'è dell'altro. Nella intenzione dell'azienda veneziana si vuole fare del futuro lago del Bayont una specie di banca d'acqua che raccolga i contributi di tutti gli invasi e di tutti i corsi d'acqua dove la Sade già ha costruito le sue dighe. Nel futuro lago arriveranno le acque del Boite, del Cordevole e dei fiumi che sono più alti della quota del lago del Bayont. Alla fine, dice il progetto, avremo un invaso con 58 milioni di metri cubi d'acqua. poco meno di quella complessiva di tutti gli altri impianti Sade messi assieme.

Un progetto semplicemente grandioso. Ci sarà acqua e quindi energia per tutto quanto l'anno. Questo progetto, che era nella testa di Semenza e dal piazza fin dal 29, viene presentato al Ministero dei Lavori Pubblici il 22 giugno del 40. Si chiama Grande Vaillant.

Il 1940 però non è un anno qualsiasi e forse neanche l'anno in cui è giusto presentare il grande Vaillant, perché il 10 giugno di quell'anno Mussolini dichiara guerra alla Francia e all'Inghilterra. Si prospettano tempi difficili, molto difficili. Poi arriva l'armistizio di Cassibile e l'8 settembre. L'Italia, da buona tradizione, cambia nemico e cambia anche Volpi, il quale improvvisamente diventa sostenitore della Resistenza dopo essere fuggito in Svizzera.

Del progetto del grande Vaillant non parla nessuno, ma la Saade insiste e mette sul campo tutta la sua potenza politica. Il 15 ottobre 1943, mentre l'Italia intera è sottosopra e nei ministeri ci sono praticamente soltanto gli usceri, la Saade riesce a far convocare la quarta sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, riesce perfino a farla votare nonostante siano presenti soltanto 13 commissari su 34. Viene approvato tutto, compreso l'esproprio dei terreni dei Magnali. L'ultimo atto formale tocca al Presidente della Repubblica.

Luigi Einaudi convalida con la sua firma il progetto il 21 marzo del 48. Nasce così il grande Vaillant. Adesso si può programmare il da farsi, studiare come intervenire, scegliere la priorità e tutto quanto il resto. Come prima cosa serve il terreno dove costruire la diga e l'invaso.

Erto e Casso formano un unico comune. Rappresentanti della Sade si presentano in municipio quindi per fare presente le loro esigenze. E'il 15 ottobre del 48. C'è una giunta democristiana all'epoca che alla fine è costretta a cedere i terreni edemagnali a meno di 4. 4 lire al metro quadro. L'incasso, circa 3 milioni e mezzo, deve però essere girato al Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste. Al Comune non rimarrà niente.

I contadini di lì imparano una nuova parola, che non c'era nei loro vocabolari. Esproprio. Purtroppo devo dire briganti, perché purtroppo dobbiamo fare a che fare con il governo.

di amministrazione di brigantaggio, perché finora non hanno dato nessun... non ci hanno comperato neanche con le parole. Non siamo più padroni neanche del suolo della nostra abitazione, perché ce l'hanno impegnata, hanno fatto il secondo cimitero.

Non c'è niente da fare. Se una società ha vinto un appalto e ha ricevuto l'approvazione del governo, la vendita dei terreni demaniali a quel punto diventa obbligatoria. Pur essendo demaniali, quei terreni da secoli permettono a quella gente di avere mais, patate, verdure, latte delle mucche che ripascolano.

Ma di fronte allo Stato, come puoi controbattere? Uno Stato che qui non è mai esistito e diventa visibile soltanto quando entrerà in gioco la Sade, il cui arrivo coinciderà con l'apertura di una stazione dei Carabinieri che ben poco faranno per tutelare quei contadini. Così il Comune cede e vende gli appezzamenti, ma c'è un errore, perché tra i terreni dei bagnali ci sono anche quelli che un'antica trattativa aveva ceduto ai cittadini di Cassu.

Sono circa 100 famiglie che si sentono prese per il collo perché quei boschi e quei prati servono essenzialmente al loro mantenimento. La ricostruzione della cittadina attraverso documenti è molto difficile, perché sono andati persi le foto del matrimonio, le foto dei bambini piccoli, i documenti delle abitazioni, i documenti della macchina, della mia attività commerciale. Tutto è andato perso e tutto è andato distrutto. Nel frattempo il Ministero vuole i suoi soldi, quei 3 milioni e mezzo che la Sade ha versato al Comune.

Ma quei soldi non ci sono più, sono stati utilizzati per questo inurgente. e inderogabili. Preso tra due fuochi, i suoi cittadini e il ministero, alla fine il sindaco è costretto ad accettare un prestito dalla Sade, che sarà anche senza interessi, ma è un grosso vincolo di sudditanza verso l'azienda dei Volpi.

Ma siamo soltanto all'inizio della storia. Nel 1957 il cantiere del grande Vaillant viene aperto. Ci sono 400 posti tra operai, cantonieri, manovali e quant'altro.

E le prospettive cambiano, perché un posto fisso diventa il sogno. E poi figuriamoci, ci sarà lavoro anche dopo la fine dei lavori, no? Cioè quando la diga sarà terminata. Ci sarà sempre qualcosa da fare con tutte le manutenzioni.

E inoltre dai, una diga, quante ne hanno costruite anche qui vicino? Cosa mai potrà accadere? Siamo all'inizio del boom economico, ci sono euforia e ottimismo a volontà.

Ma c'è un ma in tutta questa storia, un ma che diventerà sempre più grande, fino a essere gigantesco, un ma che ha un nome e un cognome. A Trichiana, pochi chilometri a sud di Belluno, nasce nel 26 una ragazza, che diventerà una delle giornaliste più coraggiose del periodo. Lavora a Belluno, il suo nome è Tina Merlin. Lei riesce a vedere oltre quell'entusiasmo, comincia a scrivere pezzi che dicono che c'è qualcosa che non le convince, che ci sono sotto intrallazzi e misteri. Attacca la s*****a.

la Sade e quello che essa rappresenta, la tracotanza democristiana. Però, lassù, nella valle del Vaionte, la lettura dei quotidiani non è proprio l'attività più diffusa. Se poi quegli articoli appaiono sull'unità organo ufficiale del Partito Comunista Italiano, la loro lettura è ancora più rara e certo non diventano popolari. Quelli della Sade, però, gli articoli li leggono.

Il termine più gentile utilizzato per Tina è rompicoglioni comunista. Mi ricordo che una vecchia, una volta... ad una riunione, proprio ad una riunione antisave, era tanto disperata che mi disse signora, se qui nessuno ci aiuta io ho ben diritto di difendermi, io devo prendere il fucile e difendermi.

Questa donna adesso è morta con suo marito e giace in fondo al lago. Si comincia a preparare la costruzione, si costruisce una strada vera, non quella bianca, che fa il giro del mondo per salire a Erto dal Longarone. La si scava dentro la roccia, una galleria dopo l'altra. Vicino all'abitazione le mine esplodono e qualche conseguenza sulla natura la provocano.

Questo museo è stato difficile da realizzare, molto difficile, perché per tantissimi anni a Lungarone non si è parlato di Vaillant o se ne è parlato molto poco, se ne è parlato in nuclei molto piccolini. Quindi dopo tanti anni e dopo numerosi eventi la popolazione e l'amministrazione è stata pronta ad avere... ad accogliere questo museo, che ti ripeto è stato inaugurato nel 2009, quindi è molto molto recente. Gli ertani oltre alla rabbia cominciano ad avere paura. Paura per quelle fessure che si formano nel terreno, paura per quei sassi che ogni tanto rotolano a valle, paura per le loro vacche che sono così spaventate da rendere meno latte del solito.

E cominciano a protestare, a scrivere lettere, a sporgere denunce. Nel frattempo i carabinieri portano a termine il loro primo ingrato compito, eseguire gli espropri. E si avvia anche l'acquisto dei terreni privati.

La Sade offre prezzi decisamente bassi, anche 3-4 volte inferiori a quelli di mercato. In pochissimo tempo arrivano i tecnici e a chi resiste più per principio che per convinzione si rivolgono più o meno così. Questi qui sono i soldi che vi offriamo. Voi li potete rifiutare, ma noi le vostre terre le prendiamo lo stesso e vi mettiamo i soldi in banca. Poi potete fare ricorso, prendere un avvocato, andare da un notaio, forse finire in tribunale, alla fine avrete speso molti più soldi di quelli che vi stiamo offrendo.

Le terre... non le avrete comunque indietro. Così i tecnici la sfangano.

Ci sono i terreni, ottenuti come sappiamo, ci sono le autorizzazioni, ottenute come sappiamo, e quindi la costruzione della diga può cominciare. E'a questo punto che alla Sade viene un'idea temeraria, che farà del grande Vaillant un grandissimo Vaillant. L'idea temeraria è chiedere una variante, che significa modificare i termini del progetto iniziale. Ma non si tratta di una variante qualsiasi, perché la richiesta è di aumentare l'altezza della diga di 61 metri. arrivando così al valore di oltre 261 metri.

Sarà la diga più alta del mondo. Ancora oggi la più alta diga italiana in funzione è 100 metri più bassa. Questa variante cambia tutto, a cominciare dal livello a cui arriverà l'acqua, 725 metri sul mare, per proseguire con l'invaso, un lago enorme che conterrà circa 150 milioni di metri cubi d'acqua, quasi tre volte quelli previsti dal progetto iniziale.

Grazie alla Proloquo di Longarone siamo potuti entrare per questo documentario all'interno della diga, o al meglio sopra la diga dove c'è una passerella dove oggi tutti i turisti possono andare solamente tramite un tour guidato e io sono appena rimasto chiuso fuori e mi stanno venendo ad aprire perché sono entrato in ritardo Un'opera sensazionale, un vero gioiellino, un biglietto da visita luccicante della capacità dell'industria italiana. Le famiglie Nogaronesi andavano in gita alla diga del Bailonese. Non solo Nogaronesi in realtà, si veniva a visitare questa opera importantissima, grandissima, miracolosa, mai vista da nessuna parte. Larga 190 metri, spessore alla base 22 metri, in cima 3,40 metri.

Il progetto? porta la firma di Carlo Semenza, ma serve l'autorizzazione di un geologo. Dal piazze, vecchio amico di Semenza, è in pensione, ma si presta, dietro compenso, a fare delle perizie, come in questo caso. Tuttavia, come lui stesso dice, la variante gli fa tremare i polsi e le vene, e non sa cosa scrivere.

Si rivolge quindi a Semenza, chiedendogli di redigere lui stesso la relazione, che poi firmerà senza cambiare nulla. Così, una variante di quelle dimensioni vede il progettista diventare anche giudice di se stesso e della sua opera. Magnifica l'Italia. Il Ministero approva, anche se qualche mugugno c'è, perché nella richiesta si parla della diga, ma non dell'invaso.

Però da Roma non parte nessun tecnico per verificare cosa succede lassù, lungo la valle del Vaillant. Certo che se quel tecnico fosse stato spedito lassù, avrebbe visto anche che i lavori approvati erano un bel pezzo avanti, iniziati circa un anno prima. La variante ha, però, anche un impatto sui cittadini di Erto. Servono infatti altri. terreni da confiscare, da espropriare, da acquisire.

Ma adesso la musica è ben conosciuta e le reazioni dei contadini, che si vedono portare via altri pascoli e altri campi, è di un odio feroce. Così la Sade cerca di arrivare a un compromesso. In cambio delle terre costruirà a proprie spese una passerella che colleghi le due sponde della valle, una specie di circonvallazione che permetta agli ertani di arrivare sulle pendici del monte Toc. Quest'opera non rientra nel progetto, non ha alcuna autorizzazione né locale né tanto meno nazionale. La sade si rifà a un cavillo, che permette la costruzione di qualsiasi cosa serva al cantiere, purché sia provvisoria.

Provisoria quanto? Un anno? Dieci anni?

Un secolo? Un millennio? Tuttavia Tina Merlin continua la sua battaglia e trova un alleato fondamentale in Renzo Desidera, capo ingegnere del genio civile di Belluno. I due vanno fino a Erto, ma si accorgono che per la passerella non c'è alcuna relazione sulla tenuta del toc e quindi bloccano i lavori. All'epoca è ancora in fase sperimentale la regionalizzazione del genio civile, ma alla fine ad avere l'ultima parola è sempre il Ministero dei Lavori Pubblici.

E in quel 1957 in Italia c'è il governo Segni, un monocolore democristiano, eletto con i voti decisivi di Missini e Monarchici, che vede al Ministero dei Lavori Pubblici proprio un certo Giuseppe Togni. Costui impiega 24 ore a risolvere la questione. Togni è un politico navigato e così, per tutelarsi, istituisce una commissione di collaudo.

con il compito di certificare la regolarità del progetto. E poi, ma questo non viene detto ufficialmente, la commissione ha lo scopo di non rompere le scatole a quell'opera magnifica che tanto serve al paese. Dunque una commissione legata a mani e piedi all'azienda da controllare.

Il risultato è che nelle occasioni in cui la commissione si sposta a Erto non saprà granché dei lavori in corso, ma in fin dei conti conoscerà a fondo le feste veneziane, farà meravigliose gite sulle Dolomiti di Cortina e apprezzerà molto la cucina della zona. Ma in fin dei conti va tutto bene, no? Che il dramma del Vaillant non fosse prevedibile è una sciocchezza enorme. Prima di quel tragico 9 ottobre, di segnali ce n'erano stati, e come se ce n'erano stati, anche molto chiari. Si comincia nel 1959, quando in un altro invaso della Sade, a Pontesei, più a nord-ovest di Longarone, si verificano fenomeni strani.

Macchie giallastre sull'acqua del lago, alberi tutti inclinati, fessure nel terreno. Non ci vuole molto a capire che sul monte che sovrasta quella diga progettata da Carlo Semenza e approvata dal geologo Francesco Penta, sempre quello della commissione, si trova una frana. Cosa fare?

La prima idea è quella di togliere l'acqua del lago, ma man mano che il livello scende, la frana accelera. È come se fosse proprio l'acqua a tenere ferma la massa di terra che rischia di scivolare giù. La Sade però risolve ogni cosa monitorando la situazione. Con un esercito di tecnici?

Con qualche squadra di operai specializzati? No, figuriamoci, sarebbe stato troppo semplice. Ci manda il solo Arcangelo Tiziani, un carpentiere, zoppo, che alle 6 di mattina della Domenica delle Palme del 1959 sta salendo lungo i pendii al ridosso del lago.

Quel triste giorno è il giorno in cui la frana si stacca dai monti Castellina e Spiz e corre verso il lago, sempre più veloce. 3 milioni di metri cubi di montagna si tuffano nell'acqua. L'onda che si forma è alta 20 metri, scavalca la diga e si porta via il povero arcangelo, seppellendolo in fondo al lago, in mezzo ai detriti.

Il suo corpo non sarà più ritrovato. Pensate, cominciava a dire la gente, se una cosa del genere succedesse anche al Vaionte. Siamo proprio sicuri che sia tutto a posto. In fondo, le montagne della Val Zoldana, dove si trova Pontesei, non sono diverse da quelle che si trovano in Ponte.

che circondano la valle del Vaillant. Più di cento famiglie di Erto e Casso prendono quel segnale molto sul serio e, per timori, si riuniscono nel Consorzio per la Difesa e la Rinascita della Valle Ertana. Però le preoccupazioni montano.

Alle riunioni cittadine partecipa anche la stampa. A dire il vero sono presenti, oltre a Tina Merlin, solo alcuni giornalisti del Gazzettino di Venezia. Mentre la Merlin continua la sua battaglia contro l'impresa che giudica azzardata a maggior ragione dopo i fatti di Pontesei, mi denunciarono all'autorità giudiziaria.

Perché turbavo l'ordine pubblico. Il gazzettino dell'epoca non scriverà mai nulla che possa adombrare la Sade. Perché?

È molto semplice. Dopo essere stato di proprietà del conte Volpi, il quotidiano è pappa e ciccia con la democrazia cristiana, che di fatto è lo sponsor del Vaillant. Ma un altro allarme scatta quando si cerca di realizzare la passerella tra le due sponde del Vaillant.

In sostanza della passerella non se ne fa nulla, perché i tecnici della Sade non riescono ad ancorarla al monte. I punti di appoggio si sgretolano. Si sgretolano.

Ma stiamo a posto? Ci siamo? Ci facciamo? Perché non è che quella instabilità è presente su tutto il monte?

Oppure abbiamo deciso di fare progetti con i formaggi? Ma non dire sciocchezze. L'azienda ha tranquillizzato tutti.

Dice che il monte Toc è sano e che non vi è alcun pericolo. Del resto, con tutti i soldi che ci sono in ballo, cos'altro volete che dicano? Ma quello che pensano è molto diverso.

Qui c'era la ferrovia, la strada statale, qui c'era la chiesa e noi eravamo qui. La mentalità, penso, sia questa di chi ha costruito, ha ideato queste opere. Quella dei padroni della SAVE, prima gli amministratori, gli azionisti, i quali dicono ai tecnici voi dovete cercare di sfruttare. portare al massimo il nostro denaro. Alla Sade forse si convincono che va fatto uno studio geologico approfondito, con uno specialista di alto profilo, indipendente, e non magari uno stipendiato da loro.

Il più importante geologo del momento arriva dall'Università di Salisburgo, in Austria, dove dirige una scuola all'avanguardia. Si chiama Leopold Müller, lavora per ben due anni e alla fine ecco qui il suo verdetto. A mio parere non possono esistere dubbi su questa profonda giacitura del piano di slittamento o della zona limite. Il volume della massa di frana deve essere quindi considerato di circa 200 milioni di metri cubi. Tradotto in termini che tutti capiscano, io compreso, significa che sul TOC c'è una potenziale frana enorme che può scivolare in qualsiasi momento verso il lago in caso di piccoli terremoti o di lubrificazione del suo appoggio.

Questa lubrificazione può avvenire, ad esempio, se si mette molta acqua nel bacino. La frana è 70 volte più grande di quella di Ponte Sei, 200 milioni di metri cubi. E il suo fronte ha una forma molto strana, una M, che ancora oggi è ben visibile per chi sale alla diga. Una sentenza terribile che imporrebbe la chiusura del cantiere immediata e la sospensione dei lavori. Ma come detto, non se ne parla.

La relazione la firma uno degli aiutanti di Müller, tale Edoardo Semenza, il figlio di Carlo, geologo laureato a Padova. Lui conferma tutto. e aggiunge che quei 200 milioni di metri cubi di terra con sopra boschi, prati, case, sono attaccati al tocco con lo sputo, una bava di ragno, come dice Marco nel suo pezzo teatrale. Il padre Carlo cerca, senza successo, di far addolcire la relazione al figlio.

In fondo c'è di mezzo anche la sua reputazione e soprattutto la possibilità di passare alla storia. Ma è antica tradizione italiana che i monopoli abbiano sempre ragione. E il ministero non interviene. È tuttavia in questo momento che tutte le sicurezze avanzate dalla Sade cominciano piano piano a vacillare.

La Madonna è stata ritrovata a 100 km da qui, a posta alta di Piave, in un comune che è in provincia di Venezia, ed era quella della vecchia chiesa di Longarone, trovata a 100 km più distante dal paese, nel fiume Piave. La Sade è avvertita. Più sarà alto il livello dell'acqua dentro il lago, più probabile sarà il distacco della frana. Viene così chiesto un parere di confronto non ad un geologo, ma a un geologo. ad un geofisico, Pietro Caloi, che dopo aver esplorato la valle, il monte Tocche e tutto quanto il resto, scrive una relazione che è l'esatto opposto di quella di Müller.

Dice, la frana c'è, ma è antichissima, una paleofrana, ed è una cosa piccola, quindi i lavori possono proseguire tranquillamente. La scusa per lavarsi la coscienza c'è, ma In fin dei conti la Sade ha investito un mucchio di soldi nell'impresa, che è già a buon punto. Inoltre riceve ingenti sovvenzioni dallo Stato. Come si fa ad abbandonarla proprio adesso che c'è di mezzo la nazionalizzazione dell'energia? L'azienda veneziana sceglie così la tesi di Caloi, se la mette in tasca e fischietta fingendo il nulla cosmico.

E purtroppo è qui che il destino della valle del Vaillant e di Longarone si decide. Ma qui, purtroppo, siamo costretti a fermarci per motivi di tempo. Forse riprenderemo in un secondo episodio, dico forse perché per realizzare questo video è difficile non farsi venire una cirrosi epatica provocata dal disgusto di questi giochetti all'italiana, degni di uno stato con la S minuscola che non ha mai conosciuto la dicitura prevenzione e tutela del cittadino.

Per aspera. Poi anche secondo me la mentalità proprio insita nei padroni degli monopoli, cioè quella di pensare che tutti debbono essere a loro disposizione. Ciao ragazzi sono Airek, Giacomo colgo la palla al balzo per ringraziare tutto il personale della Proloco di Longarone e del Museo Longarone, attimi di storia, sono stati estremamente disponibili per la realizzazione di questo documentario.

fino a questo punto nel video a visitare voi stessi di persona l'Ongarone e la diga del Bayont, anche il museo. È una parte di storia dell'Italia, del nord Italia e anche a livello europeo e mondiale per quanto riguarda le opere ingegneristiche che tutti dovrebbero sapere e che, come spesso capita negli eventi che trattiamo sul canale, non è abbastanza discusso tra le persone e soprattutto dal sistema educativo.