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Evoluzione Umana e Paleoantropologia

Salve a tutti e benvenuti a questo terzo appuntamento con il Teatro della Scienza e della Filosofia, sezione del Futura 2016 dedicata all'incontro con i grandi nomi della ricerca, scientifica e filosofica per l'appunto, e all'approfondimento di quelle tematiche che ci auguriamo, nello spirito che anima l'intero festival, consentano di offrirvi uno sguardo sul nostro futuro e sull'evoluzione della conoscenza tutta. Perché non ci fosse stato nelle due precedenti... giornate abbiamo iniziato parlando di neuroscienze con il professore Zulatti e il professore Sinigaglia, agevolati dal nostro fantastico professor Boncinelli qui presente in prima fila, abbiamo continuato ieri parlando di OGM con il professor De Fez e oggi, sempre rimanendo nell'ambito dell'evoluzione, parleremo appunto di come si è dell'evoluzione umana perché per comprensione... quale sarà il nostro futuro biologico non possiamo tralasciare lo studio appunto del nostro passato evolutivo. A questo proposito ho il piacere di presentarvi il nostro ospite di oggi che non solo io reputo uno dei migliori, più illustri paleoantropologi, non solo italiani, ve lo vado appunto a presentare. Il professor Giorgio Manzi è professore alla Sapienza di Roma dove insegna evoluzione umana, ecologia umana e storia naturale dei primati, museologia, paleontologia umana. È direttore del museo di antropologia e del polo museale. la Sapienza, è autore di tante pubblicazioni e si interessa principalmente di paleoantropologia, dal primo popolamento dell'Europa all'evoluzione dei Neandertal, alle origini della specie moderna e di biologia delle... delle popolazioni umane e di epoca preistorica e storica. Tra i suoi libri ricordiamo il grande racconto della rivoluzione umana e la scienza delle nostre origini. Quindi ringrazio il professore di essere qui e gli do la parola. Se il professore è d'accordo, lascerei gli ultimi dieci minuti, un po' di spazio per le domande. Grazie mille e grazie ancora professore. Grazie di questa presentazione, grazie dell'invito, è un piacere essere qui in questo bellissimo teatro, in questo bellissimo borgo antico di Civita Nova. Questa sera, come vedete dal titolo, parliamo di evoluzione umana. Davvero un grande racconto, una storia che si sviluppa nel corso del tempo e che ci descrive in qualche modo come siamo arrivati a essere quello che siamo o perlomeno quello che pensiamo di essere quando io dico che mi occupo di evoluzione umana che faccio il paleoantropologo a tutti viene in mente subito almeno un paio di parole. Una di queste è Lucy, chi è che non ha sentito parlare di questa antica nostra antenata di 3 milioni e oltre anni fa? e un'altra parola chiave di questa scienza nota a tutti è certamente Neandertal chi è che non ha sentito mai parlare dell'uomo di Neandertal una creatura, una forma di vita molto simile a noi che è vissuta molto più di recente rispetto all'australopitesina Lucy parliamo soltanto di 50, 100, 150 mila anni fa soltanto, si fa per dire naturalmente E poi spesso quando io dico che faccio il parantropologo ad altri viene in mente Ötzi, la mummia del Tirolo, l'uomo del Similaun, l'uomo venuto dal ghiaccio. In realtà Ötzi con la nostra disciplina c'entra davvero. poco perché arriviamo a tempi per me troppo recenti, soltanto 5.000-6.000 anni fa, quando ormai i giochi dell'evoluzione erano fatti, da parecchio tempo, ormai era da tempo con La nostra specie da tempo si erano estinte purtroppo, le altre specie umane o prossime all'umanità che hanno caratterizzato la nostra storia nel corso del tempo profondo. Noi oggi questa storia nel tempo profondo la conosciamo non solo per l'usi, non solo per i Neandertal. La conosciamo per una miriade di antenati, di forme estinte che hanno caratterizzato la nostra storia. E' una folla davvero, come c'è scritto nel titolo di questa slide, una folla di antenati. Questa immagine che avete davanti agli occhi è una foto scattata all'interno dell'atelier di Elisabeth Dainès, che è una paleoartista che lavora a Parigi e che ricostruisce in silicone... Che succede? Ok, forse. che ricostruisce in Siricone le fattezze come se fossero vivi dei nostri antenati. Quindi questo non è un disegno, è proprio una foto di alcuni modelli perrealistici, così vengono chiamati, di varie forme di nostri antenati estinti, di Australopithecus, Neandertal, Homerectus, Homo heidelbergensis, Homo floresiensis, Homo habilis, Paranthropus robustus, una miriade di antenati, una miriade di nomi. in latino, nei quali c'è la possibilità di perdersi veramente per capire bene la nostra evoluzione grazie alle conoscenze di oggi bisogna fare un po' di ordine altrimenti ci si perde e quindi di solito io preferisco per fare ordine cercare di ricostruire ciò che sappiamo della nostra evoluzione attraverso la storia delle scoperte quindi questo è quello che vi propongo questa sera faremo un viaggio non solo nel tempo profondo alla ricerca dei nostri antenati, ma anche nel tempo più recente, negli ultimi due secoli, un secolo e mezzo, quando questa scienza, la paleoantropologia, ha cominciato i suoi primi timidi passi e fino ad arrivare alle conoscenze di oggi che avete davanti ai vostri occhi rassunte in questa foto. Scoperte importanti si succedono di continuo, ormai sempre a un ritmo più serrato con reperti di straordinaria importanza. Ho sentito parlare di Homo naledi, l'ultima nata delle varie specie, di nostri antenati, è scoperta in un sito in Sudafrica e è nota a tutti noi soltanto dal settembre dell'anno scorso. all'ordinaria importanza, penso che presto ne sapremo molto di più, c'è un'equipe internazionale che lavora sulle ossa che sono venute alla luce da questo sito perso nelle viscere della terra, potremmo dire, un sistema carsico, noto da tempo ma non noto per un suo particolare sviluppo, non so se è riuscita a vedere, è un po' sfocata l'immagine in alto a destra, ma c'è una rappresentazione del sistema. sistema carsico, lì dalle parti di Johannesburg in Sudafrica, dove appunto due speriologi entrando e infilandosi qui sotto, dove sto indicando adesso con la freccia, hanno poi percorso un tratto molto difficile dal punto di vista speriologico, dove bisogna strisciare con un braccio avanti e un altro indietro, di fatti lo chiamano il passaggio di Superman, perché bisogna passarci come se si fosse eroe dei fumetti e si arriva poi in una grande stanza, questa qua, inerpicandosi su in cima i due speleologi che per fortuna erano molto piccoli di taglia, si sono potuti infilare quasi per caso all'interno di quest'altro canale una specie di camino che in certi punti è largo soltanto 20 centimetri. Infilandosi lì dentro sono arrivati giù in quella che si chiama la Dinalè di Chamber dove hanno trovato una miriade di resti scheletrici che poi sono stati... estratti e studiati da un'equipe internazionale che per poter operare ha allestito qui sopra un campo, un attendamento di ricercatori che con telecamere, con monitor seguivano il lavoro di sei ragazze, particolarmente minute nella corporatura, in grado di scendere all'interno della dinamica di dicembre. E lì appunto da lì sono venute migliaia di ossa, una cosa davvero straordinaria. hanno consentito di ricostruire questa ultima nata delle specie del genere Homo, Homo naledi, probabilmente una delle tante specie alle origini del genere Homo, qualcosa intorno a due milioni di anni fa, ma su questo ne sapremo meglio nel futuro. Però vi dicevo appunto, prima di arrivare a queste straordinarie scoperte di tempi recentissimi, cerchiamo un attimo di fare ordine seguendo la storia e quindi tornando... Ha un libro di oltre 150 anni fa, un libro che tutti conoscete, L'origine delle specie di Charles Darwin. Il libro fondativo della biologia moderna, il libro nel quale Darwin piuttosto che raccontare i suoi simili ai suoi contemporanei, scusate, il fenomeno dell'evoluzione, il fenomeno dell'evoluzione era davanti agli occhi di tutti già da un po' di tempo, piuttosto Darwin è stato importante, questo libro è stato importante perché ha spiegato a tutti il meccanismo. del fenomeno dell'evoluzione, cioè il fatto che l'evoluzione, il cambiamento delle forme di vita nel corso del tempo è avvenuto per un fenomeno che lui ha chiamato selezione naturale. Quindi attraverso la selezione naturale c'è l'origine, la generazione continua di nuove specie fino ad arrivare alla variabilità, alla varietà delle specie viventi oggi, piante, animali che siano. In questo libro che, come sapete, è la prima edizione del 1859, Darwin, un libro di 500 pagine, Darwin quindi di fatto descrive la variabilità, la varietà delle specie viventi. il loro possibile cambiamento nel corso del tempo, il meccanismo della selezione naturale che sarebbe alla base, che è alla base, possiamo dire, 150 anni dopo di tutto questo fenomeno. L'origine delle specie, va declinata al plurale questa specie, species è uncountable in inglese, ma traduciamo delle specie in italiano giustamente perché si parla appunto della varietà di tutte le specie viventi, piante, animali che siano, non è un libro sull'origine dell'uomo. Darwin in questo libro dell'uomo proprio non ne parla affatto, o meglio ne parla in una riga, che è quella che avete davanti agli occhi già da un po', e che si trova alla penultima pagina delle 500 di cui è composto questo libro, almeno nella prima. edizione e la riga dice semplicemente se tutto quello che io in questo 500 pagine ho descritto è vero se questa varietà di piante animali è il frutto di un fenomeno che possiamo chiamare evoluzione e questa evoluzione è il risultato di un fenomeno che possiamo chiamare selezione naturale, bene se tutto questo è vero, luce si farà sull'origine dell'uomo e la sua storia. È una predizione quella di Darwin, si limita semplicemente a predire che il futuro delle conoscenze potrà illuminare anche sull'origine dell'uomo. È una predizione perché all'epoca di Darwin dell'origine dell'uomo non si sapeva nulla, non si avevano evidenze fossili. per poter documentare questa storia. O meglio, un'evidenza fossile c'era nel 59, da pochissimi anni uno scheletro era stato scoperto, ne parliamo tra un attimo. Prima vediamo un altro autore di quegli anni, Thomas Henry Huxley, che pochissimi anni dopo, nel 1863, lui si cimenta davvero in un intero libro che abbia a che fare con l'origine dell'uomo. Il libro per noi che ci occupiamo di questi argomenti è molto famoso, si chiama Il posto dell'uomo nella natura, un titolo anche molto evocativo. E per trovare le evidenze del posto dell'uomo... la natura, Huxley come Darwin di giuno di conoscenze fossili sull'evoluzione umana, si cimenta in un confronto possibile già abbondantemente a metà dell'Ottocento tra l'uomo e le creature viventi più simili all'uomo, cioè le scimmie antropomorfe e le scimmie in genere. Arrivando a concludere, come molti altri avevano fatto già nei decenni, potremmo dire addirittura almeno nel secolo che precede questo libro, a cominciare dall'Inneo per esempio, si cimenta a dire che L'uomo è ovviamente, evidentemente molto simile a quelle scimmie che non a caso chiamiamo antropomorfe, anzi è la più antropomorfa delle scimmie antropomorfe. E questa somiglianza è talmente stretta che poi le differenze che passano tra le scimmie antropomorfe, l'uomo compreso, e tutte le altre scimmie che sono una miriade di altre specie, non sono poi alla fine così marcate. Questo si poteva fare a metà dell'Ottocento, si poteva capire indirettamente che l'uomo è il risultato di una storia evolutiva che ci lega profondamente alle altre scime, in particolare le scime atromomorfe, pur in assenza di evidenze fossili di questa storia. Non può essere uno scherzo di natura che l'uomo abbia le mani come gli altri primati, la vista stereoscopica come gli altri primati, comportamenti complessi che si avvicinano a quelli di altri primati e così via. Questa parentela... deve essere il risultato di una storia che ci lega profondamente a loro e questa parentela è probabilmente il risultato di una storia evolutiva come quella che descriveva Darwin e che probabilmente è il risultato di un meccanismo che chiamiamo selezione naturale. Benissimo. Però mancano le evidenze fossili per documentare tutto questo o meglio, un'evidenza, come vi dicevo, c'era già da qualche anno e Huxley, a differenza di Darwin, la conosce abbastanza bene tanto da fare quella figura in basso a destra dove c'è un cranio di uno di noi, un australiano, un homo sapiens, un membro della nostra specie, confrontato con un cranio più basso, più allungato, con dei lievi sovraorbitali piuttosto marcati, che era stato scoperto pochi anni prima in una valle in Germania chiamata Neandertal. Quella silhouette che vedete sfocata in questa immagine è la silhouette della calotta cranica dello scheletro rinveruto nella grotta di Feldhofer nella valle di Neander. appunto in Germania nel 1856. Huxley per la prima volta forse è il primo a rappresentare iconograficamente un confronto possibile tra noi Homo sapiens e il primo dei Neandertal. E arriva la conclusione che però questa calotta cranica, pur diversa dalla morfologia del crano umano moderno, pur essendo schiacciata con questi rilievi sovrarbitari così marcati, è diversa. Ma non rappresenta probabilmente quello che all'epoca lui e i suoi contemporanei avrebbero voluto trovare, non rappresenta quello che all'epoca si chiamava l'anello mancante, quella forma. per così dire a metà strada, ne parleremo meglio tra un attimo, tra noi e le scimmie atrofomorfe che ci avrebbe potuto riconnettere davvero agli altri viventi attraverso il passato. Non è adatto il Neandertal secondo Huxley perché pur essendo diverso da noi ha un cervello troppo grande, dentro quella calotta cranica schiacciata che vedete lì sulla destra si nasconde si nascondono delle dimensioni encefaliche identiche alle nostre. La forma è differente, ma la quantità di encefalo è identica, anzi, in realtà anche un po' grande per essere uno di noi. Un grandissimo cervello dentro quel cranio così schiacciato. E quel cranio non era solo, appunto come dicevo nel 1856 era stato scoperto un intero scheletro nella valle di Neander e questo scheletro non solo nel cranio che vedete lì in alto a destra, appunto con questa fronte sfuggente anche se appena abbombata con questi rilievi sopraorbitali così marcati ma in tutto il resto dello scheletro questa umanità che da questo momento in poi verrà chiamata Neandertal mostra di di essere simile e al tempo stesso diversa da noi. Un essere umano, a tutti gli effetti, ma non partecipe della nostra specie, non membro della nostra specie, non membro della nostra specie. Tant'è che un autore, un certo William King, nel 1864, l'anno dopo del posto dell'uomo della natura di Huxley, si avventura in una denominazione tassonomica, in una diagnosi tassonomica. Lo chiama Homo Neanderthalensis. e come sempre accade, come da questo momento in poi accadrà nel corso di tutta la storia della paleoantropologia questo binomio in latino, homo neandertalensis, è una sorta di sentenza cioè il punto di arrivo di un ragionamento, il punto di arrivo di una serie di analisi che sono i risultati di una scoperta, in questo caso anche fortuita e queste cose una volta studiate ci rivelano appunto che possiamo utilizzare E' un meccanismo semplice che aveva ideato un secolo prima l'Inneo, denominare le specie in base a questa nomenclatura binomia che comunque già in questo binomio identifica alcune caratteristiche fondamentali. Parliamo di un uomo. una creatura che possiamo definire umana, ma non esattamente come noi, e quindi un'altra specie, omon eander talensis. Quindi non è un esercizio da latinista, è un esercizio da... tassonomo che arriva a identificare alcune caratteristiche cruciali per l'identificazione di queste ossa incomplete, questo scheletro incompleto. È il primo reperto fossile della paleoantropologia. Con questa scoperta del 1856, che vedete si compenetra con la nascita anche della teoria dell'evoluzione per selezione naturale, proprio negli stessi anni, con questa scoperta nasce la scienza che chiamiamo paleoantropologia. la scienza delle nostre origini lo studio dell'evoluzione umana può partire non solo perché Darwin l'aveva promesso ma anche perché incominciano a esserci delle evidenze per poterne parlare però sono delle evidenze ancora molto isolate spot, il primo spot di luce Sullo scheletro della valle di Neander in un primo momento ci fu un grandissimo dibattito, ovviamente alcuni la pensavano come la pensiamo oggi, alcuni la pensavano come Huxley, come Darwin, come William King, altri invece pensavano che si trattasse di un cosacco rachitico, c'è un bel libro che ha appena pubblicato un mio collega americano che si chiama Ian Tatterson, che si chiama proprio La vera storia del cosacco rachitico. che appunto racconta tra le altre cose questo dibattito così acceso che si è ripetuto poi tante altre volte nella storia della paleoantropologia. C'è chi queste ossa le riesce a interpretare per quello che poi altre evidenze dimostreranno che sono, altri invece optano per delle interpretazioni più conservative. In fondo quelle ossa della valle di Neandertal per i conservativi erano semplicemente le ossa di un uomo malato, magari un cosacco. inseguendo le armate di Napoleone si era andata a infilare in quella grotta e per di più era rachitico. In realtà delle scoperte successive dimostrano che l'ipotesi del cosacco rachitico non è quella giusta e che invece l'ipotesi di homone andertalensis, cioè di una specie umana estinta, è corretta. E questi altri reperti vengono, come vedete, diversi decenni dopo da un sito in Belgio che si chiama SPI dove vengono trovati altri due scheletri. o parti di scheletri che sono praticamente identici a quelli della valle di Neander del 1956. Quindi 30 anni dopo viene una conferma solida del fatto che di cosacchi rachitici ce ne sono almeno tre, ovvero che l'ipotesi del cosacco rachitico non regge e che piuttosto bisogna pensare a una forma umana estinta davvero. Non è l'unico caso, ci sono altre scoperte che si succedono nel tempo. E nel tempo, proprio in quegli anni, succedono altre scoperte di forme umane fossili, quindi molto antiche, antiche come i Neandertal, ma questa volta non sono neanche così arcaiche come un Neandertal, non hanno la volta bassa e i rilievi sovrarbitari così marcati. Sono fossili ma sono identici a noi dal punto di vista morfologico, sono anatomicamente moderni, sono i cosiddetti Cro-Magnon, quello che vedete lì è di fatti uno dei crani. Scoperti nella Béry de Cromagnon nel 1868 in Francia. Lì c'erano tre scheletri dalle caratteristiche indiscutibilmente moderne nel senso che riconoscete questa fronte alta. questo crano irrotondeggiante, l'assenza di rilievi sopra-orbitali marcati, ma è comunque un crano molto antico, forse antico come un Neandertal. Ed i crani del genere, gli scheletri del genere, le evidenze del genere se ne scoprono diverse altre, nello stesso tempo, cioè nella seconda metà dell'Ottocento, in cui altri Neandertal vengono scoperti. Quindi si incomincia a creare l'idea che... in una certa epoca del prestocene e sono esistiti delle forme estremamente simili a noi come queste e delle altre forme, sì umane ma diverse da noi in Neandertal nessuno dei due, comunque può rappresentare quello che avrebbero voluto trovare gli evoluzionisti della seconda metà dell'Ottocento cioè l'anello mancante Il concetto di anello mancante è molto ben rappresentato da una parola coniata da un grande morfologo dell'Ottocento che è quello che vedete rappresentato lì, si chiama Ernest Heckerl. Un grande produttore di neologismi, è lui che ha inventato per esempio la parola ecologia per identificare appunto lo studio del come gli esseri viventi vivono. nel sistema che chiamiamo ecologico. E un'altra parola che Ernst Eckert si è inventato è pitecantropo. Pitecantropo esprime molto bene il concetto che all'epoca sembrava il più ovvio. cioè la necessità di trovare nel passato quell'anello che mancava alla serie dei viventi per ricongiungere definitivamente l'uomo alle scimmie antropomorfe. Cioè c'è l'uomo, ci sono le scimmie antropomorfe, tra l'uomo e le scimmie antropomorfe c'è una qualche diversità, questa diversità viene colmata teoricamente da una forma umana estinta che non è né umana né scimmiesca, è un po' uomo un po' scimmio. scimmia, una via di mezzo tra l'uomo e la scimmia. Pitecantropo esprime esattamente questo, piteco significa scimmia, antropo significa uomo, l'anello mancante è quello che loro avrebbero voluto trovare. Però come capite è un anello che manca nel presente, cioè tra i viventi c'è un vuoto e questo anello lo possiamo cercare nel passato. Successivamente il concetto di anello mancante ha subito... diverse deformazioni e ha perso questo significato diventando meno accettabile, ma all'epoca aveva una sua ragionevolezza. In realtà poi non è mai stata trovata una via di mezzo tra l'uomo e la scimmia, ma è stata trovata una storia che c'è in mezzo tra noi e gli altri primati, ed è ben più complicato di così. Comunque, Eccle per il momento, in pieno ottocento, teorizza l'esistenza di un anello mancante, lo chiama Pitecantropus, gli dà un nome in latino completo, Pitecantropus Alalus, che significa uomo scimmia privo di linguaggio articolato, senza la parola. Ed è una costruzione puramente teorica che vicaria la mancanza di questa via di mezzo tra la marsimia, perché né i Neandertal né i Cro-Magnon possono rappresentare tutto ciò, sono troppo prossimi all'umanità attuale. se non che qualcuno, il pitecantropo, pensa di averlo davvero trovato e non siamo più in Europa questa volta. Mentre i Neandertal e i Cro-Magnon erano evidenze scoperte sul territorio europeo dove si sono per decenni concentrate le ricerche, Finalmente un europeo, un olandese, questo signore qui, Eugène Dubois, si imbarca come medico militare fino alle Indie orientali, fino all'isola di Java. In realtà prima a Sumatra e poi a Java è alla ricerca dell'anello mancante, evidenze fossili dell'anello mancante. e li cerca da quelle parti per vari motivi ma uno dei quali è il fatto che proprio a Sumatra e a Borneo vive una delle grandi scimmie antropomorfe, l'orangutang. E probabilmente Dubois insegue l'idea che possa essere proprio l'orangutang, cioè la grande scimmia asiatica, con tutti quei peli rossi che sicuramente avete presente. possa essere il parente più prossimo all'umanità attuale e dunque da quelle parti vada cercato l'antenato. E incredibilmente lo trova. I suoi militari trasformati da operai, trasformati da squadra di ricerche paleantropologiche, muovendo terra in un meandro del fiume... solo in una località che si chiama Trinil nel 1891 incominciano a estrarre dei reperti che aumentano l'anno dopo e che nel 1894 trovano una denominazione da parte di Eugène Dubois e questa denominazione è Pitecantropus Erectus. Lui pensa di aver trovato l'anello mancante, pensa di aver trovato la scimmia uomo dalla postura eretta perché da quelle immagini vedete la calotta cranica che viene rinvenuta nel 1891, ricorda vagamente quella dei Neandertal, nel senso che è sempre bassa, con questi rilievi sopraorbitali molto marcati, ma a differenza di un cranico di Neandertal questa calotta è ancora più arcaica e soprattutto è più piccola. Mentre i Neanderthal avevano un cervello grande come il nostro, questa creatura invece ha un cervello veramente a metà strada tra le dimensioni encefaliche nostre e quelle di una scimmia antromorfa. A spanne possiamo dire che una scimmia antromorfa attuale ha circa mezzo litro. di cervello, noi ne abbiamo circa un litro e mezzo, qua siamo esattamente a metà strada, un litro di volume encefalico. Quindi per Dubois questo può essere davvero il punto di congiunzione, la via di mezzo tra la scimmia e l'uomo. perché è arcaico, con le sue arcate sovrarbitarie prominenti, ma soprattutto perché ha un cervello, e il cervello ovviamente è importante, a metà strada tra quello nostro e quello di una scimmia tromorfa. Pitecantropus erectus, per il semplice fatto che trova anche un femore, l'osso della coscia, che gli dimostra che questa creatura, pur avendo un cervello relativamente piccolo, era bipede come noi. Anche qui il dibattito si accende, anche qui molti non credono a Dubois, tra l'altro Dubois fa una brutta fine, morirà insano di mente e con le ossa del suo pitecantropo infilate sotto il letto come a difesa di questo suo tesoro. Ma è davvero questo l'anello mancante che cercavano i morfologi e gli evoluzionisti della seconda metà dell'Ottocento? Ed è davvero questa l'area dell'attuale Indonesia? l'area di origine della nostra storia. In realtà altri la pensavano diversamente, tra questi altri c'era un certo Charles Darwin che tra le altre sue predizioni aveva ipotizzato che probabilmente gli antenati dell'uomo andavano cercati non lì ma dall'altra parte dell'oceano indiano in Africa perché Darwin e molti altri vedevano molte affinità tra noi e non tanto gli orangutang di Borne e Sumatra quanto gli scimpanzè e i gorilla dell'Africa attuale quindi Darwin aveva scritto in un suo altro importante libro che è The Descent of Man le origini dell'uomo, questo davvero e aveva scritto che probabilmente le origini dell'uomo si sarebbero dovute cercare appunto nel continente africano ma fino adesso come avete visto di Africa non se ne è proprio parlato abbiamo trovato i Neanderthal i Cro-Magnon in Europa abbiamo trovato il Pite Cantropo nell'isola di Java Africa non c'è ancora nella nostra storia e siamo già entrati nel 800 e nel 900 e dobbiamo arrivare addirittura al 1924 quindi meno di un secolo fa quando finalmente l'africa entra nel gioco delle ricerche sull'evoluzione umana Altra scoperta relativamente casuale, altra scoperta che desta un vespaio di polemiche. Una scoperta che dobbiamo a un certo Raymond Tart, un giovane esperto di anatomia, professore di anatomia dell'università del Witz-Wattestrand a Johannesburg. Lui era di origini australiane, stava mettendo sulla cattedra di anatomia un laboratorio, un piccolo museo e aveva sguinzagliato un po' di studenti e di altre persone a cercare fossili nella zona. La zona si presta per trovare fossili perché è piena di sistemi carsici e di cave adibite all'estrazione. della roccia calcarea e in questa estrazione saltano fuori continuamente resti fossili di varie specie e quindi andando lì a rubacchiare fossili dai lavori di cava è possibile raccogliere una bella colla E un bel giorno gli arriva una cassa con alcuni fossili e soprattutto con quello che vedete rappresentato lì, la parte di dietro, dovete immaginare, priva di quella faccina. Un calco endocranico naturale. È praticamente l'impronta di un cervello che si è formata con il sedimento che è entrato all'interno del cranio, si è concrezionato, ha preso esattamente la forma dell'encefalo, poi il cranio si è rotto ed è rimasto questo calco endocranico naturale. Quando Raymond Dart vede questo cervellino, questo modello di cervello, tra le sue mani si rende conto che è qualcosa di speciale ed è ancora più entusiasta quando si accorge che nella cassa che gli hanno portato c'è una roccia nella quale la parte frontale di questo encefalo entra perfettamente cioè c'è il negativo di una creatura che lui piano piano nelle settimane successive ripulisce dalla roccia ed emerge la faccina di questo cucciolo. Questo è un cucciolo di una creatura che... a quel momento nessuno aveva mai visto. Si tratta chiaramente di una scimmia antropomorfa, ma non è una delle scimmie antropomorfe conosciute. In più ci sono delle caratteristiche, nelle circonvoluzioni che si vedono nel calco endocranico naturale, che ricordano alcune caratteristiche umane. In più ci sono dei denti che non sono quelli tipici di una scimmia antropomorfa, perché i canini, come vedete, vedete, non sono sporgenti, ma sembra più la dentatura quasi umana se i molari che stanno dietro non fossero così grandi. In più c'è la posizione del forame occipitale, sapete tutti che il forame occipitale è il punto dove la base del crano si articola con la colonna vertebrale. Noi abbiamo un forame occipitale esattamente alla base del cranio. Le scimmie antropomorfe attuali che sono clinogradi, si muovono sulle nocche. le africane soprattutto, hanno il forame occipitale spostato un po' più all'indietro. Un cane, che è quadrupede, ce l'ha ancora più indietro. Quindi il fatto che il forame occipitale sia alla base del cranio ha profonde relazioni con la postura e quindi il modello di locomozione. Ora, questo cucciolo di scimmia antropomorfa sconosciuta dalla scienza nel 1924, oltre ad avere alcuni caratteri dell'encefalo strani, i denti strani, ha anche la posizione del... del forame occipitale strana, cioè da bipede, come noi, non come una scimmia antropomorfa, tantomeno come un babuino o come un cane, ha il forame occipitale esattamente alla base del cranio, è bipede. Una scimmia antropomorfa bipede con i denti strani e con qualche dettaglio nelle circonvoluzioni del cranio che ricorda l'uomo. Da questi dettagli, Raymond Dart capisce tutto. Capisce che si tratta di un antenato remotissimo dell'uomo, ancora molto scimmiesco, ma bipede, e con qualche anticipazione di quella che sarà l'evoluzione umana. Lo chiama Australopithecus africanus, che non vuol dire praticamente niente, vuol dire scimmia dell'emisfera australe africano, ma nell'articolo di due paginette che pubblica su Nature, l'anno dopo la scoperta, La scoperta è del 24, l'articolo su Nature è del 25, soltanto un anno dopo annuncia ai suoi contemporanei di aver scoperto l'antenato più remoto dell'uomo. Una forma ancora molto scimmiesca ma già nettamente incamminata, se mi passate questa espressione, da bipede verso quella che sarà l'origine dell'uomo. Nessuno gli crede. comunità scientifica inglese quella stessa che pubblica Nature in quegli anni era ancora innamorata di una famosa frode di un reperto falso che era stato trovato in Inghilterra a Pildown e pensavano che quello fosse l'antenato dell'uomo una creatura che ha caratteristiche diametralmente opposte a quelle dell'australopiteco scoperto da Raymond Dart ma quello inglese che in quel momento era era di moda tra i ricercatori anglosassoni, si rivelerà poi un falso, addirittura un falso, e quindi una cosa assolutamente irrilevante per le nostre conoscenze sull'evoluzione umana. Questo invece negli anni successivi viene confermato da nuove scoperte, nei decenni successivi più che negli anni successivi, viene confermato da nuove scoperte che avvengono ancora nuovamente lì in Sudafrica. Alte... Altri reperti che vengono attribuiti più o meno alla stessa specie, in realtà in quegli anni fioccano i nomi in latino, ma questa è un'altra storia, in realtà poi vengono tutti riuniti sempre all'interno della specie Australopithecus africanus, sono gli adulti di quel cucciolo. Questo era un cucciolo anche perché, mi sono dimenticato di dire poco fa, ha il primo molare in eruzione, quindi è l'equivalente di un nostro bambino di circa 5 anni. mentre questi maschi o femmine che siano sono gli adulti di quella stessa specie. E nelle grotte del Sudafrica, in quei decenni che seguirono il 1925, vengono scoperti anche altre forme di australopitecine, così come venivano chiamate, e vengono scoperte delle australopitecine che vengono dette... robuste perché è robusto il loro apparato di masticazione. Assomigliano alle altre, sono un po' simili all'australopithecus africanos che avete visto prima, ma in più hanno dei denti molari particolarmente grandi e delle sovrastrutture osse che hanno a che fare con una muscolatura masticatoria estremamente potente. Siamo in presenza di una specializzazione masticatoria. Sappiamo oggi, col seno di poi, che questi sono leggermente anche più recenti degli altri e quindi è probabile che ci sia stata una successione dalle forme cosiddette gracili che si sono specializzate successivamente verso forme più robuste, ma robuste appunto nel senso dell'apparato di masticazione. Vedete quella cresta in cima al cranio? questa sagittaria mediana, altro non è che un punto di inserzione di potentissimi muscoli masticatori che coprivano completamente il cranio e non si congiungevano tra loro proprio perché c'era questo setto osseo che separava il muscolo temporale sinistra dal muscolo temporale destra. Oppure guardate le arcate zigomatiche così potenti, se voi prendeste uno di questi crani e lo rovesciaste vedreste come un'anfora con delle anze piuttosto ampie. proprio perché anche lì su queste arcate zigomatiche così potenti si inseriscono altri muscoli masticatori che sono i masseteri, quelli che voi potete sentire se stringete i denti e mettete un dito qua sulla guancia. Quindi questi qua vengono chiamati da un certo Robert Broome che fu un altro protagonista delle ricerche di quegli anni Paranthropus Robustus, qualcosa di simile all'Astrolopiteco ma già molto... specializzato in un'altra direzione, in una direzione soprattutto di estrema specializzazione masticatoria, come se fossero quasi dei ruminanti che passano gran parte del loro tempo a masticare cibi vegetali coriacei. Ma come vedete, quindi siamo partiti dall'Europa, ci siamo stati parecchio con i Neandertal, i Cro-Magnon, poi abbiamo fatto un viaggio fino all'isola di Java e abbiamo trovato il Pitecantro, poi siamo arrivati nel posto giusto, cioè in Africa, quello preconizzato da... da Darwin come il luogo dove probabilmente l'uomo si è originato, ma ancora siamo rimasti un po' in periferia dell'Africa stessa, siamo rimasti giù in Sudafrica con le australopitecine gracili e con quelle robuste. Le porte dell'Africa, quella che conta, diciamo, almeno secondo me, per quanto riguarda l'evoluzione umana, cioè le porte dell'Africa orientale, che poi si sono rivelate centro di origine umana più e più volte nel corso del tempo profondo, si aprono soltanto nel 1959. Vedete, è passato un secolo dalla scoperta della valle di Neander in Germania quando finalmente in un posto che per noi è una specie di marchio di fabbrica, Old Dubai, il sito In Tanzania, dove tra l'altro il nostro gruppo con l'Università di Perugia, l'Università della Sapienza e l'Università di Firenze sta lavorando da qualche anno, a Olduvai si aprono finalmente le porte dell'Africa orientale. Old Dubai è un sito in Tanzania, in un posto molto suggestivo, tra il cratere dell'Ungoro-Ungoro e le pianure del Serengeti, un posto anche abbastanza frequentato dai turisti, si può andare da quelle parti per fare un safari fotografico nelle grandi distese dove ci sono erbivori e carnivori a perdita d'occhio. Probabilmente vi fermate e fate una foto come quella che vedete rappresentata lì, al Red Castle. sarebbe quella parte rossiccia di sedimento che sovrasta i vari sedimenti stratificati della gola di Olduvai. Perché lì questa foto è stata scattata da un museo, dalla terrazza di un museo che oggi c'è lì a Olduvai e che racconta ai turisti che passano le varie scoperte che sono succedute a Olduvai nel corso del tempo, la più importante delle quali l'avete davanti ai vostri occhi o la prima importante scoperta. scoperta delle quali la vedete davanti ai vostri occhi è un cranio che finalmente Louis Lickie e sua moglie Mary scoprono nel 1959. Louis e Mary erano lì dagli anni 30 e dagli anni 30 cercavano a Olduvai le origini dell'uomo ma non le trovavano, o meglio, trovavano una quantità di strati geologici il più alto dei quali è quello lì. quello rosso del Red Castle, e che arrivavano fino a livelli molto più profondi e la gola consente di vederli perché c'è appunto un taglio naturale fatto da un fiume e dagli agenti atmosferici. Si vedono tutti i livelli senza bisogno di scavare, basta camminare e in questi vari livelli trovavano evidenze di faune estinte che si perdono sempre più nel tempo profondo in associazione, in certi strati, anche con manufatti paleolitici, alcuni dei quali anche molto antichi. Soprattutto quelli del BED 1, cioè il livello più basso di questa stratigrafia, sono manufatti estremamente arcaici ed estremamente antichi. Qualcosa che proprio in questi anni... degli anni 50 si può datare a circa 2 milioni di anni fa e proprio in questi stessi livelli finalmente nel 59 quindi sono passati gli anni 30 gli anni 40, gli anni 50 sono 30 anni che loro stanno lì alla ricerca dell'uomo non hanno trovato altro che manufatti e faune finalmente arriva un cranio di un ominide E io penso che voi stessi vedete subito che assomiglia molto ai crani che abbiamo lasciato poi nella slide precedente in Sudafrica che abbiamo chiamato Paranthropus robustus, cioè una creatura che ha dei denti molto grandi, che ha una faccia piuttosto piatta, delle grandi arcate zigomatiche e una cresta in cima al cranio. Un cranio che contiene un cervello piuttosto piccolo, tra l'altro siamo intorno a mezzo litro. Però è in associazione con i manufatti, quelli manufatti così arcaici del primo paleolitico che i Lickay stavano trovando da trent'anni a quella parte. E quindi Louis Lickay pensa che questo sia il toolmaker. l'artigiano, l'artefice di quei manufatti e lo chiama Zingiantropus Boisei adesso facciamo perdere il nome fatto sta che annuncia al mondo di aver trovato un antenato dell'uomo primo produttore di manufatti del paleolitico estremamente arcaici Se non che pochissimi anni dopo lui stesso si accorge che si era sbagliato perché negli stessi strati del bed 1 dove ci sono i manufatti tipo quello lì vedete rappresentato in questa slide, ci sono e cominciano a emergere altri fossili di una creatura simile, ma al tempo stesso senza quelle estreme specializzazioni masticatorie. molari enormi, non è una creatura con un cranio sormontato da una cresta sagittale di inserzione dei muscoli e per di più, anche se le ossa sono molto frammentarie, si intuisce che il cranio si sta un po' accrescendo di dimensioni. Non è possibile stimare un volume encefalico da questi resti così frammentari, ma si intuisce che siamo sopra al mezzo litro contenuto da un cranio del genere. Poi ci sono anche i resti di una mano che documentano una capacità di opposizione del pollice alle altre dita molto spinta. Insomma, Lickay si convince nel 1964, sono passati pochissimi anni dal 59, che il vero toolmaker è quest'altro e lo chiama insieme ad altri due autori. Purtroppo di loro non c'è più nessuno. Philip Tobias è morto pochi anni fa. fa, nel 1964 questo terzetto di autori denomina la specie Homo habilis, la più antica specie umana in cui nella denominazione in latino l'aggettivo di specie identifica non tanto una caratteristica morfologica ma un'attitudine comportamentale, la capacità e la necessità di produrre manufatti per sopravvivere. È un uomo che ha le mani abidi e queste mani abidi hanno a che fare in qualche modo con la sua sopravvivenza. Quindi Olduvai, vedete, è al centro, negli anni 50 e 60, di un paio di scoperte, anzi tre scoperte fondamentali. Ci sono i manufatti, i più antichi del paleolitico, ci sta il probabile toolmaker, Omoa. e c'è un parente che invece si è specializzato, un parente filogeneticamente parlando, evolutivamente parlando, un parente che si è specializzato a masticare, masticare, masticare. Cioè il grande masticatore è il produttore di manufatti, il grande masticatore è un'altra creatura che invece incomincia ad avere un cervello un po' più grande e usa questi manufatti probabilmente per nutrirsi di carne. C'è una componente di specializzazione carnivora nella nascita di Homo habilis, purtroppo adesso non abbiamo il tempo di entrare in dettagli su questo, e c'è invece una specializzazione erbivoro-granivora nella forma invece alla vostra sinistra, cioè nel grande masticatore chiamato parantropo. Come capite, qui a Olduvai, oltre a queste scoperte e oltre a queste denominazioni in latino e a queste identità a metà tra la morfologia e l'ecologia, può nascere anche un'ipotesi. Se intorno a due milioni di anni fa, che è la data dei livelli del BED1, Ci sono i manufatti e il loro artefice, da un lato, e poi ci sta un'altra forma imparentata ma specializzata in tutt'altra direzione. È presumibile che in epoche più antiche, cioè 3 milioni di anni fa, 4 milioni di anni fa, sia esistito un antenato comune a entrambi. Quindi non il toolmaker, non il grande masticatore, ma una creatura più arcaica che bisogna trovare andando a cercare siti più antichi di questo. Non basta Olduvai, bisogna trovare qualcos'altro che raggiunga dei livelli stratigrafici ancora più antichi, perché 2 milioni è poco, bisogna andare verso i 3 milioni di anni, i 4 milioni di anni. Ed è qui che comincia una serie di avventure paleontologiche che sono il preludio a una scoperta. che è quella da cui siamo partiti ormai un'oretta fa, cioè Lucy. La scoperta di Lucy che avviene nel 1974 in Etiopia, un po' più a nord, scaturisce da questo modello, da questa ipotesi. Andando a cercare i livelli più antichi, effettivamente in almeno un paio di siti, ma in realtà ce n'è di più ovviamente, negli anni 70 vengono scoperte delle creature ben più antiche, bipedi come quelle che abbiamo appena visto, ma decisamente più arcaiche e il rappresentante più spettacolare di queste scoperte degli anni 70 è proprio lo scheletro di Lucy. L'usi è stata quindi molto importante proprio perché ha rappresentato la definitiva scoperta di una specie di punto di origine, di diramazioni successive. Dopo di lei ci sono delle separazioni evolutive, come quelle che abbiamo visto al Dubai, e che portano a... quello che oggi molti di noi chiamano un cespuglio dell'evoluzione umana. Non è tanto più un albero, ma adesso ci arriviamo a questo punto. Il fatto sta che Lucy è stata importante anche perché era uno scheletro. Di roba così antica avete visto crani frammentari, singoli denti, alcune ossa di una mano. da cui far scaturire interpretazioni e analisi. Qua invece c'è uno scheletro, uno scheletro un po' come quelli molto più recenti dei Neandertal o dei Cro-Magnon, cioè qualcosa che ci può consentire di avere un'idea dell'insieme della creatura. Una creatura che è bipede, ma che ha ancora evidenti attitudini allo spostamento sugli alberi, che ha un cervello piccolo, con delle iniziali specialità. materializzazioni masticatorie, si sono ridotti i denti canini, incominciano a ingrandirsi i molari, tutte cose che vedremo poi sviluppate nelle australopitecine successive. E che sia bipede si vede dal bacino, si vede dalle ossa delle gambe e si vede soprattutto da quelle spettacolari impronte che proprio in quegli anni vengono scoperte a Laitoli, un sito che sta a una quarantina di chilometri da Olduvai e dove appunto degli individui bipede... si aggiravano per il territorio in un scenario suggestivo con vulcani in eruzione eccetera eccetera. Qua faremo notte a parlare di tutti i dettagli di queste storie. Il fatto sta che qui un po' la mia storia si deve anche interrompere perché con la scoperta di Lucy si arriva finalmente alla visualizzazione di una storia dell'evoluzione umana che comincia ad avere una sua forma. che non è la banale sequenza in successione ipotizzata magari alla fine dell'ottocento o nei primissimi del novecento cioè c'era una volta il pidecantropo, poi Neandertal, poi Homo sapiens, non è così la storia, è più complicata storia è una storia arborizzata e una prima grande divaricazione di quest'albero avviene proprio tra Lucy che sta qua e gli ominidi di Olduvai che sono il grande masticatore che vedete raffigurato qua. E' il produttore dei primi manufatti del paleolitico che vedete qui sulla destra. Quindi la scoperta di Luce segna anche proprio il passaggio di una visione dell'evoluzione umana lineare, tipo quella corsa di ometti che spesso ci viene propinata sui giornali e che ormai non ha più senso. Perché dagli anni settanta sappiamo che in realtà la nostra storia è una storia molto arborizzata. molto complessa, non certo una successione di specie una presso l'altra, ma invece la storia di rami che si separano, poi magari si riavvicinano, si separano di nuovo e così via. Tutto questo nel corso di un tempo profondo che arriva, come vedete, alla fine degli anni 70, arriva a toccare i 4 milioni di anni, adesso non si legge bene lì perché è sfocato, ma c'è scritto 4. nell'ultima barretta in basso. E le scoperte continuano, ci sono nuovi fossili, nuovi metodi, ma alla fine il quadro è assai più complicato di così. Questa qui è una rappresentazione dell'evoluzione umana come possiamo farla oggi. dove vedete che di specie non ce ne sono più 4 o 5, ma ce ne sono 20, e che si rappresentano in uno schema, questo è uno schema schiacciato sul piano, quindi una ipersemplificazione, si rappresentano come un fenomeno assai arborizzato, dove ci sono delle origini remote che non arrivano a 4, ma addirittura potrebbero arrivare a 7 milioni di anni fa. E si susseguono fino ad arrivare ai tempi di Lucy, Lucy sta in questa barretta qui che è compresa tra i 4 e i 3 milioni di anni fa, così tutte le altre cose che abbiamo visto nella slide precedente. E poi c'è questa grande divaricazione verso le specializzazioni masticatorie dei parantropi o verso i mangiatori di carogne che furono i primi omo e poi i cacciatori che furono le successive specie del genere. genere homo fino ad arrivare ai grandi cacciatori del paleolitico come i Neandertal o come i primi sapiens. Ovviamente questo qui è semplicemente una rappresentazione sintetica non solo perché schiacciata sul piano ma anche perché estremamente sintetica di un racconto che è il grande racconto dell'evoluzione umana che ci potrebbe portare a parlare da qui per il prossimo mese e forse non riusciremo a esaurire l'argomento. raccontandovi come siamo arrivati a questo quadro complicato, intanto si possa cominciare a fare un po' d'ordine le nostre idee per capire quanto ne sappiamo e quanto ne possiamo ancora sapere di molto sulla nostra storia nel tempo profondo. Vi ringrazio. Grazie professore, lascerei un po' di spazio per le domande se ce ne sono. Prego, qualche domanda? Eccoci. Ha senso. Considerare Neanderthal e Sapiens due specie, visto che l'ultima definizione accettata di specie è esseri che si possono incrociare e dare una prole viva. Siccome sembra che nel nostro genoma ci siano un sacco di restituati neanderthaliani, questi si devono essere accucciati insieme. considerate ancora due specie Grazie al professor Boncinali di questa domanda che è una domanda... che sarebbe più facile comprendere per tutti a seguito di un racconto complesso che è quello delle differenze che ci sono tra noi Neandertal, delle somiglianze che ci sono tra noi Neandertal dalle storie che ci legano ai Neandertal e da tutto quello che è scaturito non solo dalla morfologia e dai siti preistorici ma anche come diceva il professor Boncinelli ora, dalle molecole Le molecole, nel senso lo studio del DNA, la paleogenetica come alcuni la chiamano, è entrata nelle nostre storie da qualche decennio in maniera prepotente. dal 1997 cioè da quando siamo stati in grado di estrarre il DNA dai fossili è nel 97 che proprio dallo scheletro della valle di Neander quello del 1856 della polvere della testa dell'omero di quello scheletro che è l'olotipo di Homo Neanderthalensis è stato possibile estrarre del DNA che ha dimostrato che i Neanderthal sono esterni alla nostra variabilità cioè se la nostra variabilità è tanto i Neanderthal stanno qua tre volte fuori la deviazione standard E questo ha suggerito, in associazione con i resti fossili e con tutto quello che sappiamo dai siti preistorici, che la nostra storia e quella di Neandertal ha viaggiato per traiettorie indipendenti. per quasi mezzo milione di anni, da 500.000 mezzo milione di anni fa a quasi presente, loro in Neandertal si sono venuti in Europa, i veri europei sono loro. erano loro perché sono estinti e i veri africani siamo tutti noi che siamo usciti dall'Africa come specie e ci siamo diffusi poi sul pianeta le conoscenze sul DNA hanno poi consentito di estrarre ancora meglio questo DNA e di arrivare a un DNA che noi chiamiamo nucleare perché è quello appunto che può dare delle indicazioni più che sulle storie sulle caratteristiche caratteristiche genetiche delle popolazioni e anche sulla possibilità di interazioni accucciate, come richiamava lui, tra le specie. E questo è stata un'altra sorpresa. Dieci anni dopo, circa il 2006, abbiamo saputo che dentro di noi c'è un po' di genoma dei Neandertal, cioè che noi e i Neandertal ci siamo incrociati. Alcuni non credono che questa sia la lettura giusta di quei dati, altri ci credono, io ci credo e per me è una bellissima dimostrazione di una ibridazione interspecifica. Perché questa ibridazione, cioè questo incrocio, è avvenuto poco e soltanto nel primo momento di contatto tra noi e loro. Questo ci dicono i dati paleontologici e ci dicono anche le molecole. Noi siamo una specie che è comparsa in Africa 200.000 anni fa, poi ci ha messo la metà del tempo della sua storia, cioè 100.000 anni per saturare, se mi passate questa espressione, il continente africano. C'è stato un momento intorno a 100.000 anni fa che in Africa c'erano solo... solo Homo sapiens, mentre altrove, cioè in Eurasia, c'erano altre specie. In Europa e in parte del vicino oriente c'erano i Neandertal. Poi intorno a 100.000 i primi sapiens hanno cominciato a sgocciolare fuori dall'Africa, da Suez. Passando per il Sina, un percorso noto anche biblicamente. Ed è proprio in vicino oriente che i dati molecolari, oltre a quelli paleontologici, ci dicono che avveniva un'epidemia. avvenuto l'incrocio, ma poi non è avvenuto più. Se fosse avvenuto altre volte più abbondantemente, di genoma neandertaliano in noi ce ne sarebbe molto di più. Invece questo incrocio è avvenuto solo al primo contatto, quando forse le due specie erano ancora più simili tra loro, quando, non lo so perché, ma fatto sta che i dati questo indicano. Anzi indicano che la introgressione, così si chiama tecnicamente, cioè il passaggio di genoma neandertaliano nel nostro genoma, è stato molto più massiccio di quello che c'è oggi in ciascuno di noi. Se ciascuno di voi volesse testare il proprio genoma, potrebbe mandare una propria adesione a un progetto che si chiama Genographic, dovete dargli anche 200 euro, e a quel punto vi direbbero quanto genoma di Neanderthal c'è in voi, ma non vale la pena secondo me. Perché scoprireste che in ciascuno di voi c'è circa tra il 2 e il 4% di genoma neandertaliano, mentre l'introgressione iniziale, secondo i genetisti, era del circa il 20-30%. E ciascuno di noi, quel 3% di Neandertal che ha, è diverso da quello del proprio vicino. Nel senso, il Neandertal che ha in me è diverso da quello del professor Bencinelli e di quello di qualunque altro di voi. Perché? Perché quel 30% di introgressione iniziale si è andato poi parcellizzando nelle varie popolazioni. Ha ulteriore dimostrazione che l'incrocio è avvenuto al primo contatto e poi non avvenuto. avvenuto più e quell'introgressione si è andata polverizzando nelle varie popolazioni, che si andavano diffondendo sempre di più in Eurasia e poi addirittura in Australia e in America. Quindi io penso che questa sia un'ibilitazione interspecifica e che non tocchi l'identità di specie distinte. D'altra parte non credo che noi dobbiamo essere così rigidi nelle nostre come dire affermazioni sul concetto di specie perché anche uno zoologo e un botanico che studiano i viventi sanno che di eccezioni alla regola della La chiusura genetica di una specie ce ne sono molteplici, ibridazioni tra le specie ce ne sono in natura moltissime, negli zoo ancora di più. Se noi forziamo un leone e una tigre che in natura non possono... incrociarsi perché vivono in areali distinti a incrociarsi in uno zoo questi lo fanno e la prole è fertile tra un leone e una tigre il cavallo e l'asino si incrociano ma lì solitamente la prola esterile, anche se ci sono eccezioni eccetera si può fare una lista, tra i mammiferi ce ne sono almeno 30 di ibridazioni interspecifiche e di solito sono ibridazioni interspecifiche tra specie che si sono separate da poco tempo come noi in Neandertal che ci eravamo separati mezzo milione di anni fa, le nostre storie ci hanno portato alla comparsa nostra in Africa e la comparsa loro in Europa, quando poi ci siamo rincontrati qualche ibridazione c'è stata. Io le chiamo scappatelle levantine. Si stanno contorcendo. è riflessione sul suo sapere, sulla sua scienza, la paleoantropologia. Lei oggi ci ha fatto vedere, no? Quindi quello che è 4 milioni di anni, eccetera, eccetera. E poi noi arriviamo all'uomo di adesso. Io adesso faccio una battuta, siamo l'uomo orologico, L'uomo di oggi è tanto più simile e vicino, vista questa proiezione temporale enorme, all'uomo della caverna, chiamiamolo così. da un tempo che è una virgola un punto, è nulla significa che il nostro comportamento è fondamentalmente al 90% passato su quello under the level dell'uomo chiamiamolo cavernicolo semplificando me lo passi e invece maneggiamo astronavi e tecnologia forse potrebbe dare a tanti altri rami del sapere di adesso tante chiavi interpretative forti per comprendere i comportamenti assurdi dell'uomo internazionale, cioè è un sapere che purtroppo viene chiuso in una nicchia molto specialistica e che invece può dare tanto ad altri saperi sociologici, e qui mi fermo ma lei mi ha capito, che sono estremamente forti e utili per capire il comportamento dell'uomo internazionale. dell'uomo di adesso che è tecnologico e cavernicolo insieme, essere scordato Non ho nulla da aggiungere, anzi se lei prepara un documento esattamente con le parole che ha usato, io lo firmo subito. È vero, sono anch'io convinto di questo. Per questo che a un certo punto mi sono messo a scrivere libri come questo qua, perché penso che le nostre conoscenze sull'evoluzione umana ci possano raccontare molto su chi siamo e metterci in guardia sui guai che ci sono. che stiamo combinando e che solo facendo ricorso a quella che è stata poi la nostra forza nella storia, cioè la capacità di evolvere culturalmente solo facendo ricorso a questo ce la possiamo forse cavare e sono d'accordo con lei effettivamente l'antropologia in particolare questa antropologia la paleoantropologia può aiutare molto a mettersi nella prospettiva giusta Altre domande? Lei ha detto delle cose molto interessanti. Mi rimane comunque una curiosità che probabilmente non potrà risolvere. Come abbiamo fatto a diventare così dal niente? Posso anche ritirare la domanda? Dunque, effettivamente è un po' difficile, dunque non capisco perché lei dica dal niente. In realtà non è dal niente, la nostra natura di... scimmie ci caratterizza profondamente e non è niente, cioè non è un caso che noi siamo delle scimmie, nel senso che abbiamo avuto dai nostri antenati scimmie... quelle facoltà che ci fanno quello che siamo buona parte di quello che noi siamo è condiviso con le altre 400 specie viventi di primati non è banale avere la capacità di manipolare gli oggetti un cane non saprebbe neanche da dove cominciare non è banale avere come senso particolarmente sviluppato la vista magari piuttosto che l'olfatto è sempre penso al mio cane che invece ragiona per odori. E poi ci sono delle contingenze, come direbbero tanti miei colleghi, cioè ci sono delle storie che si sono succedute e che hanno fatto sì che in certe circostanze ambientali alcune caratteristiche da primate si siano poi modificate. Noi siamo delle scimmie ma siamo particolari tipi di scimmie, deriviamo da dei brachiatori. primati si muovono sul territorio in maniera più diversa, ci sono quelli che saltano, quelli che camminano a quattro zampe, quelli che stanno sulle nocche. Noi deriviamo da dei bracchiatori che è una cosa non irrilevante, nel senso che abbiamo già una tendenza a alzarci su due piedi. E quando in determinate circostanze ambientali questo alzarsi su due piedi ha avuto un premio selettivo, cioè appunto tornando a Darwin, alla selezione naturale e a tutto il resto, questa postura eretta e locomotiva... La dimensione bipede per quanto insolita, perché se lei si guarda intorno siamo l'unico mammifero bipede, potremmo dire addirittura quasi l'unico vertebrato se non ci fossero i dinosauri o gli uccelli che però hanno un bipedismo molto diverso dal nostro. Bene, appunto, quindi questo bipedismo così strano si è andato a impostare non a caso, non su niente, ma su una storia, su delle caratteristiche che c'erano prima. E a sua volta questo bipedismo ha liberato le mani dall'impegno locomotorio. E quindi però erano delle mani da scimmia, già c'erano le mani, però si sono potute sviluppare ulteriormente per manipolare gli oggetti e così si è potuto sviluppare il cervello e così quella necessità di sopravvivere mangiando c***o. carne piuttosto che mangiando solo vegetali magari coriacei come hanno fatto a un certo punto nel Bivio i nostri cugini parantrofi, anche quello ha comportato, ha cascato una serie di conseguenze sulla nostra produzione dei manufatti ma anche sulla possibilità di sviluppare un cervello che è un tessuto molto dispendioso e quindi ha bisogno di proteine nobili potessi sviluppare e insomma è una catena di eventi che non sono niente, sono una storia ed è la nostra storia Grazie mille. La sua scienza è estremamente interessante anche come modello interpretativo della realtà sul tema delle migrazioni. La domanda interessata in realtà, ho fatto il genographic test dieci anni fa e quindi ho fatto il mio. Adesso stavo studiando per la scuola di mia figlia, siccome le donne sono diverse dagli uomini, mi domandavo in dieci anni, ha fatto parecchi progressi la scienza della genetica applicata alle popolazioni? Quindi mi tengo i soldi, ridò 200 euro, che sta avvenendo in quell'area? No, indubbiamente sì. Non credo che cambierebbero i dati che le hanno dato dieci anni fa, però il contesto delle conoscenze, quindi non il dato specifico, ma il contesto delle conoscenze nel quale inquadrare quel dato si è enormemente sviluppato proprio in questi ultimi dieci anni. perché appunto come dicevo se nel 97 quindi 20 anni fa è stato estratto il primo DNA da un fossile umano ed era lo scheletro della valle di Neander e nel 2006 abbiamo incominciato a conoscere anche la parte nucleare di quel genoma da allora Io ho una rubrica che il professor Boncinelli pure ha e che quindi ci conosciamo a vicenda su quelle pagine, una rubrica fissa sulle scienze, conoscete l'edizione italiana di Scientific American, dove per quanto io mi occupi come si vede da quella foto, soprattutto di ossa, in realtà mi trovo molto spesso a dover parlare di genetica, perché ormai il dato molecolare ci dà continuamente nuove informazioni, però non le sue informazioni, le sue rimangono quelle di dieci anni fa, è il contesto nel quale interpretarle che si è arricchito. Adesso questo bisognerebbe vederlo. Io non volevo fare questo commento. No, non sto facendo un outing. Quelli degli uomini vengono da cromosoma Y. Per le ragazze, dice, ha scritto una genografica con l'RNA mitocondriale. Quindi è un giro diverso tecnicamente. La discendenza femminile è diversa con la maschile. Poi sull'outing lo sa mia moglie più che io. Ultima domanda, signori. Senta, io le volevo chiedere, sulla teoria dell'evoluzione ci sono state molte discussioni, tanto che c'è una branca di creazionisti che nega completamente la teoria dell'evoluzione. In molte scuole, credo, americane i testi che parlano della teoria dell'evoluzione sono stati messi da parte. Però a me interessava in questo l'ipotesi odierna dei neo-darwinisti. perché Darwin mi pare di ricordare aveva indicato nella sua teoria che il principio della selezione naturale fosse la causa dell'evoluzione. Da quello che lei ha detto e da altri commenti sicuramente questo non è vero, è come se il principio della selezione fosse l'accordatore di un pianoforte mentre la selezione è un pianoforte. sinfonia, la musica viene suonata da altri attori, ecco io volevo sapere che poi si parla anche di una teoria darwiniana estesa per riuscire a capire questo, però ecco mi interessava questo Anche per integrare con una domanda che mi ha fatto il signore, perché ha perso Neandertal? Mi sembra che ci sia una affinità. Un signore mi diceva di chiederle perché Neandertal si è stinto. Mi sembra che ci sia una certa affinità. Dunque, non vorrei essere troppo tranchant, ma il creazionismo non esiste, nel senso che non è una scienza. Questo deve essere molto chiaro. discorso sulla fede eccetera come raccontava un collega prima ogni anno faccio una lezione a un gruppo di seminaristi di un'università cattolica a Roma, anzi un posto gestito da un gruppo che si chiama i legionari di Cristo E nonostante loro mi ascoltano, ho estremo interesse perché la Chiesa Cattolica non ha quel tipo di chiusura ottusa che invece c'è in certi contesti teocon americani, dove hanno voluto impropriamente, totalmente in modo improprio, elevare a scienza una cosa che scienza non è, una cosa è la fede. Una cosa è la scienza e la scienza parla una sola voce e questa voce si chiama darwinismo. Ora, che il darwinismo sia esteso, lo credo bene, Darwin è vissuto 150 anni fa... anni di ricerca saranno serviti pure a qualcosa per estendere il darwinismo ma il cuore dell'idea fondamentale darwin quella della selezione naturale che peraltro lui aveva condiviso con altri autori in particolare con Wallace rimane il perno intorno al quale ruota tutto il resto è chiaro che non è tutta selezione naturale c'è tutta l'ecologia intorno alla selezione naturale c'è tutta la storia le contingenze che sono fondamentalmente contingenze ecologiche che fanno una grande differenza che arricchiscono enormemente il quadro c'è tutte le conoscenze genetiche che ci dicono che c'è un'epigenetica che contribuisce quasi in modo lamarchiano ... arricchire, ma alla fine il quadro rimane fortemente darwiniano nel senso originario del termine e ancorato saldamente al concetto di selezione naturale poi quando si esce dal mondo degli addetti ai lavori e si va fuori e i traduttori cioè parlo dei divulgatori, magari non sono davvero competenti cioè sono delle persone che parlano perché hanno sentito A volte si possono creare delle confusioni, per esempio che l'evoluzione non sia di tipo gradualista, il famoso gradualismo filetico, ma invece sia di tipo puntuazionista. Sono dettagli tecnici che comunque non intaccano minimamente il contenuto fondamentale, sempre di selezione naturale parliamo. Poi la selezione naturale può agire in un modo o in un altro in base al contesto ambientale, aspetti ecologici, le contingenze, la storia, ma alla fine sempre selezione naturale è. Non è la selezione naturale che opera nelle popolazioni e che quindi produce quella che noi chiamiamo microevoluzione, ci sono fenomeni diversi che hanno a che fare con i grandi cambiamenti evolutivi, cioè con la macroevoluzione. Ma insomma qua veramente dovremmo parlare non per settimane, penso un paio d'anni per arrivare a... ad avere un quadro completo e quindi mi rendo conto che poi, e torniamo al documento che io voglio firmare torniamo a delle conoscenze che alla fine non sono abbastanza condivise cioè la biologia È una scienza che si è sviluppata enormemente negli ultimi decenni e che nelle nostre scuole è ancora insegnata. Sapete qual è la materia più importante in un liceo scientifico italiano? Latino. a fronte di, che è una bellissima cosa, il latino è una disciplina bellissima e anche molto formativa ma purtroppo le ore di insegnamento sono quelle che sono e la biologia oggi richiederebbe il triplo, il quadruplo delle ore di insegnamento che gli vengono destinate forse anche ancora più della fisica e della chimica, perché proprio la biologia è esplosa negli ultimi decenni e le conoscenze sull'argomento, a cominciare da quelle dell'evoluzione, sono poco condivise, anche a livello scolastico, non solo a livello giornalistico.