Alessandro Manzoni nasce a Milano il 7 marzo 1785. Sua madre è Giulia Beccaria, moglie del conte Pietro Manzoni. Quando ha 7 anni i genitori si separano. La madre va a Parigi, Alessandro resta affidato al padre e trascorre 10 anni in collegio.
Nel 1796 Edward Jenner inventa il vaccino contro il baiolo. Il baiolo è il bambino di Alessandro. Nel 1805 Manzoni si trasferisce a Parigi e scrive il Carme in Morte di Carlo Imbonati, dedicato al compagno della madre.
Due anni dopo, alla morte del padre, incontra Enrichetta Blondel. La sposerà entro pochi mesi. Nel 1810, rientrati, si convertiranno entrambi al cattolicesimo. Nel 1815 Napoleone viene sconfitto a Waterloo, subito dopo la chiusura del congresso di Vienna. Nel 1819 il pittore inglese William Turner viaggia per la prima volta in Italia.
Due anni dopo, Manzoni scrive Leodi, marzo 1821 e il 5 maggio, e comincia il manoscritto, noto come Fermo e Lucia. È una prima versione dei Promessi Sposi, che usciranno nel 1827. Nel 1829-30 escono Il Rosso e il Nero di Stendhal e i primi romanzi di Balzac, e va in scena all'Ernani di Hugo. Nel 1833 Manzoni resta vedovo.
Due anni dopo sposa Teresa Borri. Nel corso della sua vita perderà, oltre alle due mogli, otto dei dieci figli. L'edizione definitiva dei Promessi Sposi esce nel 1840-42, dopo una lunga revisione di carattere soprattutto linguistico. Nel 1848...
scoppiano in tutta Europa rivolte contro le potenze della restaurazione. A Milano, le 5 giornate. Nel 1862 Manzoni è chiamato a presiedere la Commissione per l'unificazione della lingua.
Muore a Milano il 22 maggio 1873, a 88 anni. Quante storie ci sono al mondo? Film, romanzi, serie tv, videogiochi... Sembra che oggi per esistere tutto debba essere trasformato in storia, prodotti, persone, notizie. Alessandro Manzoni invece ha scritto una sola storia e con questa ha cambiato tutto.
Una storia. I promessi sposi. Luca Doninelli ama. Il romanzo come grande sfida letteraria. La tematica religiosa.
Il tragitto. Milano. Firenze. Gadda.
Testori. E i promessi sposi. Cosa si prova a essere lettori dei promessi sposi? Comunque, lettori di Alessandro Manzoni.
Diciamo, è come se mi chiedesse cosa si prova a voler bene alla mamma. Manzoni è questo posto dove siamo, Manzoni è Milano, Manzoni è il Duomo. Manzoni era la madonnina, Manzoni è anche però la fede della mancanza di fede, è il Dio che c'è ma anche il Dio che non c'è ed è quello che un lettore, un lettore milanese ma credo un qualunque lettore, che il lettore poi cerca quando apre un libro. Certo, se si pensa a Manzoni si pensa anche al 5 maggio, la poesia in morte di Napoleone. Si pensa anche a una tragedia potente, a Delchi, quella degli atri muscosi e dei fori cadenti.
Ma tutto ciò che troviamo nelle sue opere, temi, problemi, personaggi ha contribuito alla costruzione del suo grande romanzo e il romanzo a sua volta si ramifica in mille direzioni. I promessi sposi si imprimono nella lingua e nella letteratura di una nuova nazione. Così Manzoni finisce con la sua storia. per essere, lui che è tanto schivo e riservato, la figura centrale, più di Leopardi, di quel fenomeno così italiano che è la congiunzione tra risorgimento e romanticismo. Dopo l'esperienza rivoluzionaria e napoleonica, l'Europa e l'Italia non è più la stessa di prima.
L'antico regime è finito. Ma anche e soprattutto nel campo culturale e letterario è una stagione di... sconvolgimenti radicali.
È la nascita delle avanguardie. L'avanguardia più importante, quella con cui ancora oggi facciamo i conti, si chiama romanticismo nelle sue varie articolazioni. E nel primo ottocento... c'è la questione dell'eredità illuministica.
Manzoni scrittore romantico? Da una parte sì, dall'altra bisogna tenere presenti le sue origini familiari che risalgono alla grande tradizione dell'illuminismo milanese. E allora ci sono i nomi di Cesare Beccaria, i fratelli Verdi, di Giuseppe Parini.
Punto primo. La madre di Manzoni è Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria. E Beccaria è l'autore di Dei Delitti e delle Pene, la celebre denuncia della tortura e della pena di Manzoni.
di morte. Punto secondo, il padre legale di Alessandro è il conte Pietro Manzoni, ma il padre naturale è quasi certamente Giovanni Verri, fratello minore di Pietro e Alessandro Verri. E i Verri hanno animato due importanti spazi di rinnovamento culturale, l'Accademia dei Pugni e la rivista Il Caffè.
Punto terzo e ultimo, quando Alessandro Manzoni ha sette anni i suoi genitori si separano. Giulia Beccaria diventa la compagna di Carlo Imbonati e Imbonati ha ha avuto come istruttore Giuseppe Parini, autore di una raffinata satira dell'aristocrazia, il poemetto Il Giorno. Denuncia della brutalità, condanna di una cultura stantia, satira della nobiltà, tutti temi tipicamente illuministici che si ritrovano anche nei Promessi Sposi.
È un illuminismo che è come legato alla sostanza mentale e biologica del suo esistere, che va al di là. del suo stesso credo, delle sue stesse idee. È una sorta di sale che anima tutta la sua posizione mentale e vitale. Alessandro cresce nei collegi dei preti, ma idee poco adatte a quell'ambiente, idee giacobine, idee da rivoluzionario.
Si taglia il codino aristocratico e anche dopo non amerà mai venire chiamato conte. Forse Carlo Limbonati è il padre che lui avrebbe voluto avere e che non ha avuto. Questo padre un giorno lo invita a Parigi dove vive con Giulia Beccaria, a Parigi la capitale della rivoluzione e dell'impero.
Alessandro ha vent'anni, naturalmente accetta, ma Imbonati d'un tratto muore. Alessandro va ugualmente a Parigi. Vi rimane con la madre per cinque anni ed una delle prime cose che fa è scrivere una poesia in cui Imbonati gli appare in visione per dargli consigli di vita. Sentir e meditare. Di poco essere contento.
Dalla meta mai torcere gli occhi, conservare la mano pura e la mente. Delle umane cose tanto sperimentare, quanto ti basti per non curarle. Non ti far mai servo, non far tregua con i vili.
Il santo vero mai non tradire, né proferire mai verbo che plauda il vizio o alla virtù derida. Nel 1807 Alessandro incontra Enrichetta Blondel, una sedicenne di famiglia calvinista. L'anno dopo, con matrimonio calvinista, la sposa.
Ma nel 1810 Manzoni si converte al cattolicesimo e con lui la moglie. e la madre. Saranno seguiti da sacerdoti cattolici di orientamento jansenista.
Il jansenismo, che risale al XVII secolo, ha punti di contatto con il calvinismo, considera l'uomo integralmente peccatore, ammette la salvezza solo per predestinazione divina, esige dai fedeli una morale rigorosa, diffida dell'idea di progresso storico. È probabile che Manzoni ne sia stato in parte influenzato. Più o meno nello stesso periodo della conversione, Lanzoni inizia a soffrire di fobie e di altri disturbi nervosi che lo accompagneranno per il resto della sua vita. L'agorafobia, la paura di stare all'aperto, di stare in pubblico, di trovarsi in mezzo alla folla, è legata anche a degli episodi particolari della sua esistenza che sono stati interpretati in modo vario e diverso. Si è risalito a motivazioni psicanalitiche, tutta la complessità del suo rapporto col...
padre che padre non era, il legame fortissimo con la madre, anche il modo tutto particolare con cui concepisce il rapporto con la femminilità. D'altra parte c'è anche, anche in momenti più recenti, si è insistito sulla sua paura della finzione, che poi ha dato luogo al suo abbandono della letteratura, negli anni dopo i promessi sposi. Intanto i Manzoni tornano a Milano. D'ora in poi se ne allontaneranno solo per brevi soggiorni. A Parigi, in Toscana, vivono di rendita.
D'estate passano molto tempo a Brusuglio, la villa ereditata da Carlo Imbonati. Qui Manzoni si sente tranquillo. Enrichetta gli dà, nel corso degli anni, dieci figli.
Manzoni scrive e scrive. Poesie, teatro, i promessi sposi. Gli anni passano, diventa famoso. Altri anni, nasce il Regno d'Italia. Lo fanno senatore, accetta.
Ma non va a Roma, resta a Milano e a Brusuglio. Muore a 88 anni a Milano. Una vita lunga, vissuta con riservatezza, durante la quale perderà otto dei suoi dieci figli, più o meno uno ogni decennio. Una scansione temporale. drammatica, inesorabile.
Oltre a Richetta poi perde anche la sua seconda moglie Teresa Borri. Prima di questa lunga catena di lutti Manzoni vivrà anni di straordinaria tensione creativa. Dal 1812 al 1827 è questo il periodo in cui si concentra tutta la migliore creatività di Manzoni. Appena 15 anni, e in questi 15 anni tre sono eccezionali. Tra il 20 e il 23 pubblica Il Conte di Carmagnole, La Delchi, Leò di Marzo 1821 e Il 5 Maggio.
Completa la Pentecoste. Scrivere lettere a Messie Chauvet, La Lettera d'Azeglio sul romanticismo e anche Il Fermo e Lucia, che è la prima versione dei Promessi Sposi. La conversione ha certamente innescato una nuova stagione di creatività.
Manzoni rifiuta tutto quello che ha scritto prima. Nella sua vita è entrato qualcosa di grande. E ricorda Renzo, l'eroe dei promessi sposi, quando per la prima volta da lontano vede la grandezza del Duomo. Vide quella gran macchina del Duomo, sola, sul piano, come se non di mezzo ad una città, ma sorgesse in un deserto.
Si fermò su due piedi, dimenticando tutti i suoi guai, a contemplare anche da lontano quell'ottava maraviglia di cui aveva tanto sentito parlare fin da bambino. Il primo progetto che Manzoni intraprende sono gli inni sacri. Dovevano essere dodici, dedicati ai momenti più alti dell'anno liturgico, il Natale, la Resurrezione, la Pentecoste e così via. Lui ci lavora per anni, ma ne realizza solo cinque.
Manzoni ha vissuto una conversione, un terremoto interiore. Ci aspetteremmo una poesia lirica, che riveli i suoi pensieri e sentimenti più intimi, ma niente affatto. Quella degli inni sacri è poesia romantica, ma non è poesia lirica. La religione viene raccontata. come qualcosa che tocca tutti, che cerca tutti, che riguarda tutti.
Come spiegarlo? La verità è che a Manzoni interessa sempre la dimensione collettiva e anche quando si concentra su un personaggio senti sempre che ha in mano i fili che lo riallacciano. al suo tempo, al suo mondo, ai suoi legami, ai suoi doveri, a un destino condiviso. Pur partendo da una concezione del cristianesimo come dialogo con Dio, con la distanza ma anche la vicinanza di Dio, quindi una dimensione fortemente individuale, pur partendo da questo Manzoni concepisce lo stesso cristianesimo e la stessa prospettiva del linguaggio letterario, della scrittura, come aperta ad una dimensione collettiva.
La Pentecoste per esempio è l'inno sacro dove più esplicitamente si manifesta questa apertura totale del messaggio cristiano che partendo da un punto di vista personale L'individuale dall'esperienza di alcuni individui si allarga alla partecipazione di una comunità. 1820, sull'Europa è calata la cappa della restaurazione. La rivoluzione francese e la sua eredità di libertà e di diritti sono ridotti in cenere, vengono spazzate via, ma all'improvviso qualcosa si muove.
Una rivolta in Spagna, un'altra nel regno delle due Sicilie. e i due re devono concedere la Costituzione. Nel 1821 tocca il Piemonte. Qui i rivoltosi chiedono ai Savoia qualcosa di più.
Passare il fiume Ticino, sconfiggere gli austriaci e invadere la Lombardia. nulla, la rivolta fallirà, ma intanto Manzoni ha già scritto l'Ode marzo 1821 e questa è la prima edizione, un Ode in cui si celebra l'Italia come, leggo, una d'arme, di lingua, d'altare, di memorie, di sangue, di coro. È una poesia politica davvero straordinaria, anche perché è stata scritta come se la guerra di liberazione fosse davvero scoppiata, come se la Lombardia fosse stata davvero invasa.
Manzoni. arriva addirittura a immaginarsi un futuro in cui chi non si è battuto nel 1821 si pentirà di essere rimasto a casa. O giornate del nostro riscatto, o dolente per sempre colui che da lungi, dal labbro o d'altrui, come un uomo straniero le udra, che ai suoi figli narrandole un giorno dovrà dir sospirando io non c'era, che la santa vittrice bandiera salutata quel dì non avrà. Io non c'era. Ci credo, l'invasione del 21 infatti non c'è mai stata.
Ma allora Manzoni che cosa sta facendo? Sta immaginando il risorgimento. Sa che immaginarlo è un modo per farlo accadere.
Prima o poi. Quando la rivolta abortisce, Manzoni distrugge l'Ode, ma la ricorda a memoria per intero. La pubblicherà molti anni dopo, nel 1848, quando sembrerà che la Lombardia possa essere liberata davvero. parte fondamentale nella zona finale del testo. A me pare di poter riconoscere nella replicata invocazione a Dio l'emergere di qualcosa che è nella cultura del tempo, che sta dentro il mito delle nazioni, ma il Dio nelle culture nazionali dell'Ottocento, dentro proprio la temperie romantica, è il Dio dei popoli.
Quindi Dio è con noi. noi, indipendentemente poi dalla posizione che ciascuna nazione assuma nel concerto anche conflittuale, terribilmente conflittuale, che assumerà nel corso dell'Ottocento. E Dio è ovviamente il disegno della provvidenza.
Appena due mesi dopo l'Ode, marzo 1821, una notizia fa il giro del mondo. Napoleone è morto. Napoleone è morto nel suo esilio di Sant'Eleda e quindi Manzoni scrive un'altra Ode, il 5 maggio.
Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore, orba di tanto spiro, così percossa, attonita, la terra al nunzio sta, muta, pensando all'ultima ora dell'uom fatale, ne sa, quando una simile orma di pie mortale la sua cruenta polvere accalpestar verrà. E'difficile per noi immaginare e sentire ciò che provavano gli uomini del primo ottocento al pensiero di Napoleone. Era un'incarnazione talmente estrema delle potenzialità umane, nel bene o nel male, da sembrare molto più che una persona.
Per Hegel era l'anima del mondo e Canova sceglie di dargli l'aspetto di un dio classico, Marte pacificatore. Marte pacificatore, una bella contraddizione in termini, d'altronde Napoleone era l'uomo che riusciva a tenere in sé molte antitesi e questo Manzoni lo sapeva. Tutto ei provò, la gloria maggior dopo il periglio, la fuga e la vittoria, la reggia e il tristo esilio, due volte nella polvere, due volte sull'altar.
Ehi Sinomò, due secoli l'un contro l'altro armato, sommessi a lui Sinomò. ...e si rivolsero come aspettando il fato. Ehi fe silenzio, ed arbitro s'assise in mezzo a loro.
Il fascino romantico di quest'uomo quasi sovrumano conquista anche il linguaggio, anche il calendario. Basta dire Ehi fu, cioè Egli fu, per capire di chi si parla. Basta dire 5 maggio, senza l'anno, per capire di che evento si tratta.
Ma Manzoni sente con altrettanta forza la necessità etica, prima ancora che poetica, di fare di Napoleone una persona. Per questo sposa la tesi secondo cui l'imperatore si sarebbe convertito in punto di morte. Partendo dalla sua esperienza personale, Manzoni sente fortemente il cristianesimo anche come chiamata di chi non è fedele.
La fede cristiana chiama chi è... Ad essa è straneo, ma soprattutto attraverso la sventura, attraverso la sconfitta, questa chiamata agisce fortemente, come per esempio nel Cinque Maggio o nel personaggio di Ermengarda nella Delchi, ma poi nei Promessi Sposi le cose si complicano ancora di più perché lì uno dei centri del romanzo, quello che poi permette anche la risoluzione narrativa di tutta la vicenda, è la conversione dell'innominato. Nelle vicissitudini della storia la religione è l'unica via di salvezza, ma è davvero così?
La migliore tragedia di Manzoni, Adelchi, giunge una diagnosi ancora più dura. L'Adelchi. Non la legge più nessuno.
Male. A parte la bellezza incredibile di Adelchi, e poi ci testimonia di una crudità. Di cui oggi gli scrittori non sono più capaci?
Un coraggio, un andare dritto sulle cose? Chi avrebbe oggi più il coraggio con tutto il politicale corretto in cui siamo immersi di dire vana di ciance la sconfitta? Quando uno è sconfitto, non c'è tanto la posizione, diventa un chiacchierone. Per cui l'umiliazione della sconfitta ti fa diventare anche più cretino. E il dramma della caduta del Regno Longobardo?
dell'Italia centro-settentrionale, retto da re Desiderio sotto l'attacco dei franchi di Carlo Magno. Al centro della scena la crisi dei due figli di Desiderio, Ermengarda, moglie ripudiata di Carlo Magno, e Adelchi, animo nobile e valoroso ma destinato alla sconfitta. Lei morirà in convento, lui per le ferite riportate in battaglia. Prima di morire Adelchi pronuncia parole durissime di impressionante attualità.
Il mondo è dominato dal potere, una forza feroce e schiacciante che a volte si compiace di farsi. chiamare diritto ma che è una maschera perciò non c'è il minimo spazio per azioni innocenti si può solo far torto o patirlo e chi ha fede deve patirlo o al massimo chiamarsi fuori come ermengarda e consegnarsi al signore lui evidentemente ha una visione pessimistica della storia quindi non proprio cattolica attolica a dire la verità cioè la sua visione della storia questa quella della del che insomma ancor ruine sopra ruine a mucchiare e e resta. Cerca di aggiustarla con i progressi sposi, l'aggiusta a modo suo, ma resta comunque quella la visione, è un pessimista.
La storia non va da nessuna parte. Il progresso non esiste. E allora il male, il dolore?
Nella Delchi anche il male può venire da Dio. Infatti esiste una provvida sventura, cioè una sofferenza mandata dal cielo, che può dare l'opportunità all'uomo di avvicinarsi a Dio, di purificarsi. La questione risorgimentale, la fede, la conversione, il pessimismo sono tutti elementi che ritorneranno nei promessi sposi.
Manzoni li ha messi lì, sulla sua scacchiera. Ma esita ancora a muoverli. Perché?
Perché c'è ancora una questione da risolvere. È lecito inventarsi dei personaggi, una storia? Può sembrarci uno scrupolo assurdo, si sono sempre inventate storie da che esiste l'umanità, ma per Manzoni è una questione di importanza vitale.
In fondo, inventare è un modo elegante per dire mentire. L'atteggiamento di sospetto verso la fantasia letteraria ha una lunghissima storia alle spalle, soprattutto nella cultura cristiana. Ma a pensarci bene, non è così anche per noi oggi?
E'lecito girare una commedia surreale sulla Shoah come ha fatto Benigni in La Vita è Bella? E'lecito girare una commedia surreale sulla Shoah come ha fatto Benigni in La Vita è Bella? inserire dettagli di fantasia in un romanzo verità sulla camorra come ha fatto Roberto Saviano in Gomorra sono interrogativi che suscitano ancora discussioni accese Manzoni affronta la questione dell'invenzione artistica in diversi testi di quegli anni il principale è la lettera a Monsieur Chauvet la sua soluzione?
Distinguere tra una verità storica che va sempre rispettata e una verità d'invenzione il vero poetico che però deve essere rigorosamente attendibile, la prosecuzione della verità storica con altri mezzi. E la risposta che gli serve per cominciare a scrivere, a scrivere i promessi sposi. che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di monti tutto a seni e a golfi a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli viene quasi ad un tratto a ristringersi e a prendersi percorso e figura di fiume, tra un promontorio a destra e un'ampia costiera dall'altra parte.
E il ponte che ivi congiunge le due rive, par che renna ancora più sensibile all'occhio questa trasformazione e segni il punto in cui il lago cessa e l'Adda ricomincia. Potremmo vedere in queste prime righe un'immagine dell'intero romanzo. I promessi sposi raccontano le vicende di alcuni individui, che però sono soprattutto parte di un'epoca. A Manzoni interessa sempre la dimensione collettiva, ricordate? Allo stesso modo, l'ampia dimensione collettiva è un'immagine di un'epoca.
La distesa del lago si trova costretta, serrata e assume le forme di un fiume, di una specifica storia. Ma si tratta pur sempre di un lago, pur sempre di un mondo. Il luogo, la Lombardia, il tempo, il Seicento e tante altre cose. tanti personaggi.
Manzoni non ha soltanto inventato una storia, ha inventato una storia in costume. Lucia Mondella, operaia in una filanda, modesta, ma armata di una istintiva purezza. Renzo Tramaglino, anche lui filatore, promesso sposo di Lucia, uomo generoso e impulsivo.
Il parroco Don Abbondio, un pauroso che però ha l'astuzia della paura. Fra Cristoforo, un frate cappuccino umile ed impetuoso, incarnazione delle virtù cristiane. Don Rodrigo, signorotto del paese, crudele per arroganza. Il Griso, capo dei suoi sgherbi, i bravi.
Gertrude, la monaca di Monza, suora senza vocazione, intimamente corretta. rotta. L'innominato, un nobile che mette a disposizione di chi lo paga la sua vocazione criminale e la sua banda di bravi.
Federico Borromeo, un porporato in odore di santità, poi Agnese, Azeca Garbugli e tanti altri personaggi, ma insomma, ridotta all'osso, la trama dei promessi sposi è piuttosto semplice e come un dramma in quattro atti. Atto primo, il matrimonio ostacolato. Renzi e Lucia stanno per sposarsi.
Don Rodrigo, incapricciato di lei, vieta Don Abbondio di celebrare il matrimonio. I promessi scoprono la verità e cercano una soluzione con l'aiuto di Fra Cristoforo, che però deve rinunciare e aiutarli invece a lasciare il loro paese. Atto secondo, l'avventura di Lucia.
Lucia si rifugia nel monastero di Monza, ma l'innominato, su richiesta di Don Rodrigo e con l'appoggio di Gertrude, rapisce la ragazza. Lei, per salvarsi, offre alla Madonna la sua verginità. L'innominato intanto vive una profonda crisi morale e con l'appoggio del Cardinal Federigo la libera. Lucia si rifugia a Milano.
Atto terzo, l'avventura di Renzo. Renzo intanto è andato a Milano, ma invece di trovare rifugio in un convento è rimasto coinvolto per la sua ingenuità nei tumulti dovuti alla carestia. Viene arrestato, ma si libera e riesce a porsi in salvo nella Repubblica di Venezia.
Atto quarto, il matrimonio. Un'epidemia di peste colpisce la regione. Renzo va a Milano a cercare Lucia, la trova e con lei Don Rodrigo Morente e Fra Cristoforo che scioglie il voto di castità di Lucia.
I due possono sposarsi. Perché nel primo ottocento il romanzo diventa la questione capitale della letteratura d'avanguardia, della letteratura nuova, romantica? perché è lo strumento che viene progettato e sperimentato per rompere definitivamente i rapporti con la tradizione classicistica d'antico regime, anche se nel corso dei secoli passati di romanzi se ne sono scritti a balanghe in tutte le lingue d'Europa.
Il romanzo, soprattutto, consente, romanzo storico, consente di agganciare il rapporto tra letteratura e storia, tra letteratura e vita reale. È una prova suprema anche di capacità, di intrecciare gli elementi della fantasia, della creatività e anche poi l'impostazione stessa, del plot, per dirla modernamente, alla documentazione storica. Il ministro Manzoni è un maniaco ossessivo.
Ci sono tanti romanzi dentro i promessi sposi. C'è quello politico e civile, la Lombardia del passato, dominata dagli spagnoli e simile a quella del presente, sottomessa agli austriaci. C'è un romanzo sociale. Il popolo non è mai stato raccontato con tanta partecipazione.
Si è parlato tanto di paternalismo manzoniano. di forse anche idealizzazione del mondo popolare, soprattutto attraverso personaggi come Renzo. Però in realtà c'è anche il senso della contraddizione forte in Manzoni, non solo nei confronti del mondo popolare, nei confronti della vita sociale.
Dappertutto, presso gli umili e presso i grandi, si scontrano il bene e il male in maniera radicale. Naturalmente, per quanto riguarda l'orizzonte popolare, Il punto di vista di Manzoni è partecipe e distante nello stesso tempo. Tanti romanzi dunque nei Promessi Sposi, c'è anche il romanzo di formazione, quello che segue la crescita umana di Renzo, c'è ovviamente il romanzo storico e poi c'è anche il romanzo realista, anzi è il primo romanzo realista dell'Ottocento, prima ancora dell'arrivo di Balzac e di Stendhal.
Infine c'è un romanzo di sentimenti, tutti analizzati con straordinaria finezza, ma sempre molto controllati. Insomma, di baci nemmeno l'ombra. Attenzione però, stiamo parlando di un romanzo scritto in tre fasi. Quella che leggiamo è l'edizione del 1840-42 dei Promessi Sposi.
Prima c'è l'edizione del 1827, diversa quasi solo sul piano linguistico. E prima ancora c'è il cosiddetto Fermo e Lucia scritto tra il 1821 e il 1823, lo stadio più antico. Nel Fermo e Lucia Renzo si chiama Fermo, ma ci sono differenze ben più sostanziali.
In moltissime pagine poi rimosse, Manzoni indulge ancora il gusto dei romantici nord-europei. Chiamavano il suggestivo, l'avventuroso, il passionale, il morboso, tutto ciò che Manzoni chiama il romanzesco. Ma perché mai in un romanzo? Non dovrebbe esserci romanzesco? Manzoni parte proprio insistendo ossessivamente sulla responsabilità del narratore, cerca di offrire nel romanzo solo elementi di verità storica, ciò che poi in realtà diventa impossibile, no?
Perché perfino nella redazione finale dei Promessi Sposi è necessario inserire degli elementi che mantengono qualche traccia di romanzesco, di noir, si pensi solo alle vicende del personaggio dell'innominato. Ma soprattutto i promessi sposi sono uno straordinario ritratto del 600. un secolo che non era stato raccontato. I romantici preferivano il Medioevo o il Rinascimento, Manzoni invece no. Lui ha avuto il coraggio di raccontare il secolo della crisi. Il 600 è presente in ogni riga, in ogni pagina, e Manzoni addirittura finge di riprodurre un manoscritto del 600. Spesso cita anche l'anonimo immaginario autore.
Manzoni compie questa scelta in modo geniale, spiazzando un po'le... tradizioni e le esperienze contemporanee, proprio perché individua nella Lombardia spagnola, nell'Italia spagnola, una sorta di brodo di cultura, di tutto ciò che rappresenta emblematicamente il rapporto tra gli umili e il potere, un potere arrogante e violento e gli umili che devono misurarsi con esso, confidando ovviamente nella lungimiranza della provvidenza. Risulta evidente che il rapporto tra gli umili e il potere è un rapporto dentro il romanzo questo quadro di istituzioni deboli, le istituzioni spagnole deboli, della violenza rissosa dei signorotti di provincia e poi c'è la grande istituzione, la sola che tenga e dà fiducia, che è la Chiesa Cattolica, la Chiesa poi ambrosiana, milanese, i Borromeo.
Leggiamo una pagina. Un marciapiede, due gentiluomini arroganti, uno nobile e l'altro no, che si incontra. Grazie a tutti.
Tutte e due camminava rasente al muro, ma Lodovico, notate bene, lo strisciava col lato destro. E ciò, secondo una consuetudine, gli dava il diritto, dove mai si va a ficcare il diritto, di non istaccarsi dal detto muro per dar passo a chi si fosse. Cosa della quale allora si faceva gran caso.
L'altro pretendeva all'opposto che quel diritto competesse a lui come a nobile e che a Lodovico toccasse d'andar nel mezzo. E ciò in forza d'un'altra consuetudine. Quei due si venivano incontro, ristretti alla muraglia, come due figure di basso rilievo ambulanti. Quando si trovarono avviso avviso, il signor tale, squadrando Lodovico, a capo alto col cipiglio imperioso, gli disse in tono corrispondente di voce, «Fate luogo». Fate luogo voi, rispose Lodovico, la destra è mia.
Coi vostri pari è sempre mia. Sì, se l'arroganza dei vostri pari fosse legge per i pari miei. I bravi dell'uno e dell'altro erano rimasti fermi, ciascuno dietro il suo padrone, guardandosi in cagnesco con le mani alle daghe preparati alla battaglia.
La gente che arrivava di qua, e di là si teneva in distanza ad osservare il fatto e la presenza di quegli spettatori animava sempre più il puntiglio dei contendenti. di orgoglio spagnolesco è un balletto, una schermaglia di accuse prestabilite. Se non avesse un esito drammatico sarebbe comico e l'ironia manzoniana è proprio lì a sottolinearlo. Lodovico e il suo avversario sono due schiavi, schiavi del loro tempo, ma come si fa a uscire dal proprio tempo?
Solo grazie alla provvida sventura, la disgrazia come occasione felice e grazie alla provvidenza che offre l'unica vera libertà. Lodovico ucciderà il suo avversario, ma come si fa a uscire dal proprio tempo? avversario se ne pentirà e si convertirà e diventerà Fra Cristoforo, l'eroe cristiano del romanzo.
La conversione detta Manzoni ha alcune delle sue pagine più grandi, come la tormentata notte dell'innominato dopo il rapimento. di Lucia. Salzò in furia a sedere, gettò in furia le mani alla parete accanto al letto, afferrò una pistola, la staccò e al momento di finire una vita divenuta insopportabile, il suo pensiero sorpreso da un terrore, da un'inquietudine, per dir così, supestite, si slanciò nel tempo che pure continuerebbe a scorrere dopo la sua fine. Si immaginava con raccapriccio il suo cadavere sformato, immobile, in balia del più vile sopravvissuto. La sorpresa, la confusione nel castello, il giorno dopo, ogni cosa sottosopra.
Lui, senza forza, senza voce, buttato chissà dove. Immaginava i discorsi che se ne sarebbero fatti lì, dintorno, lontano. La gioia dei suoi nemici, anche le tenebre, anche il silenzio, gli faceva ammeder nella morte qualcosa di più tristo, di spaventevole.
Gli pareva che non avrebbe esitato se fosse stato di giorno, all'aperto, in faccia alla gente, buttarsi in un fiume e sparire. E assorto in queste contemplazioni tormentose andava alzando e ribassando con una forza convulsiva del pollice il cane della pistola quando gli balenò in mente un altro pensiero. Se quell'altra vita di cui mi hanno parlato quando ero ragazzo, di cui... di cui parlano sempre come se fosse cosa sicura, se quella vita non c'è, se è un'invenzione dei preti, che foglio?
Perché morire? Cosa importa quello che ho fatto? Cosa importa? È una pazzia la mia?
E se c'è quest'altra vita? A un tal dubbio, a un tal rischio, gli venne addosso una disperazione più nera, più grave, dalla quale non si poteva fuggire neppure con la morte. Lasciò cadere l'arme e stava con le mani nei capelli, battendo i denti. Tre mani.
Dopo quella nottataccia tremenda che l'innominato fa, sente tutta la gente che festeggia, sotto apre le finestre e grida che c'è D'Allegro in questo maledetto paese e oserei dire che è la più bella frase sull'Italia. abbia sentito perché l'interrogativo quando uno viene in Italia, conosce l'Italia, secondo me la domanda più giusta da porsi su questo paese resta comunque questa. I Promessi Sposi non è soltanto un romanzo di grandi personaggi ma è anche un romanzo di grandi incontri e scontri ed è un romanzo che fa molto ridere, per esempio quando Don Abbondio viene rimproverato duramente dal cardinale Federigo per essersi lasciato intimidire dai bravi. Gli è perché le ho viste io quelle facce.
Scappò detto a donna Bondio. Le ho sentite io quelle parole. Vossignoria illustrissima parla bene, ma bisognerebbe essere nei panni di un povero prete e essersi trovato al punto. Appena ebbe proferite queste parole si morse la lingua, si accorse ed essersi lasciato troppo vincere dalla stizza e disse fra sé, ora vi è la grandine.
Ma alzando dubbiosamente lo sguardo, fu tutto maravigliato nel vedere l'aspetto di quell'uomo che non gli riusciva mai di indovinare né di capire, nel vederlo, dico, passare da quella gravità autorevole e correttrice ad una gravità compunta e pensierosa. E se Federigo? Tale è la misera e terribile nostra condizione. Dobbiamo esigere rigorosamente dagli altri quello che Dio sa se noi saremo pronti a dare. Dobbiamo giudicare, correggere, riprendere.
E Dio sa quel che faremo noi nel caso stesso, quel che abbiamo fatto. in casi somiglianti. Ebbene, figliolo, fratello, poiché gli errori di quelli che presiedono sono spesso più noti agli altri che a loro, se voi sapete che io abbia, per pusillanimità, per qualunque rispetto, trascurato qualche mio obbligo, ditevelo francamente fatemi ravedere affinché dove è mancato l'esempio supplisca almeno la confessione o che sant'uomo ma che tormento pensava donna bondio anche sopra di sé purché frughi rimesti critichi inquisisca anche sopra di sé Disse poi ad alta voce Oh Monsignore, che mi fa celia Chi non conosce il petto forte, lo zelo imperterrito di Vossignoria illustrissima E tra sé soggiunse anche troppo Ma perché i promessi sposi sono diventati il testo chiave della letteratura dell'Italia Unita?
In parte per la loro lingua. Terminata la travagliatissima gestazione del romanzo, no, dal Fermo e Lucina, alla prima edizione del 27, Manzoni che vede al tempo stesso affievolirsi allo punto creativo, si dedica con una passione notevolissima al rifacimento. alla revisione, oggi diremmo a un lavoro di editing, del suo romanzo.
E lo fa con la famosa formula che però riassume ma anche distorce del soggiorno a Firenze per sciacquare i panni della lingua del suo romanzo in Arno. Le ragioni del successo dei Promessi Sposi sono tantissime. Da una parte una lingua calcolatissima, poi una grande maestria narrativa, ma c'è anche la presenza implicita di tematiche risorgimentali e poi la presenza... presenza del cattolicesimo. In ogni caso tutte queste ragioni non riescono a spiegare la sua pervasività.
Tentativo di esaurimento delle espressioni dei promessi sposi divenute proverbiali. Quel ramo del lago di Como. Questo matrimonio non sa da fare. Carneade.
Chi era costui? Addio Monti. La sventurata rispose. Adelante Pedro, col cielo di Lombardia. Così bello quando è bello.
Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia. Il coraggio uno non se lo può dare il sugo di questa storia. In una prima fase la presenza di Manzoni sembra aver quasi terrorizzato i romanzieri italiani, una presenza troppo ingombrante, troppo eccessiva, per cui la letteratura narrativa del secondo ottocento ha guardato un po'a questo monumento di cui era difficile scalfire il valore.
La lingua standard degli italiani, l'italiano parlato oggi, non ha un'ascendenza manzoniana, Il film consegue da tutta un'altra serie di fattori straordinari, anche ovviamente di comunicazione di massa, dalla radio al cinema, alla lingua dei giornali e tutto il resto, in cui Manzoni finisce però per restare isolato. I protagonisti di questa serata, oltre a Testori e Moravia, sono indubbiamente le migliaia e migliaia di giovani che hanno partecipato a questo incontro. Testori, Moravia, ma che cosa ha da dire oggi Manzoni come presenza, come letteratura, come scrittore? scrittore, a questa gente?
Io dico che Manzoni dirà sempre qualche cosa come artista, come l'uomo che ha scritto, insomma si può anche dirlo, un capolavoro, cioè una grande consolazione che dall'arte in genere Manzoni lo può dare in particolare. Testori? Io credo che Manzoni ha da dire a questi giovani che la vita è una cosa terribilmente seria e che non può essere buttata ma che va percorsa. È come un grande dono, è un grande sacrificio, è attraversata tutta, tutta messa sulle proprie spalle, mai evitata, perché diventi luogo di speranza e non di disperazione. Il più grande manzoniano del Novecento è Carlo Emilio Gadda, il lombardo milanese Carlo Emilio Gadda, che nella sua scrittura è lontanissimo da Manzoni.
però è un cultore appassionatissimo dell'opera manzoniana e che col suo linguaggio cerca di affrontare la realtà concreta nello stesso modo in cui lo faceva Manzoni, pur appunto con un linguaggio che è quello all'altezza del mondo presente e della nevrosi stessa dello stesso Gadda. Poi tra gli narratori e scrittori intellettuali a noi più vicini, soprattutto Leonardo Sciascia, ha dato un rilievo fortissimo all'Ott. all'orizzonte morale di Manzoni, tra l'altro dando un rilievo che precedentemente non era stato dato quasi di nessuno a quell'opera eccezionale che è la storia della colonna infame, denuncia appunto della deformazione morale dei giudici del Seicento, oltre che delle istituzioni naturalmente nazionali. negative del tempo.
Capisco che molti odino Manzoni, poi dicono me l'hanno fatto odiare a scuola, io tutta questa responsabilità alla scuola non la darei, sinceramente, uno lo odia perché lo vuole odiare, perché a me me l'hanno fatto male a scuola. scuola per come si può odiare la mamma come si può dire ma come si deve tante volte odiare la mamma anche se non la come si deve odiare la moglie il marito insomma lo dicevano una grande italiana santa caterina da siena che diceva è senza l'odio l'amore non vengono fuori in fondo il vero mistero che si lasciano dietro i promessi sposi e questo com'è possibile che sia sia rimasta l'unica opera narrativa del suo autore? Ci sono ragioni puramente biografiche, i lutti familiari, la fatica di vent'anni di lavoro scrupoloso e poi decisiva la svolta del 1831. In un saggio di quell'anno Manzoni conclude che l'idea stessa di romanzo storico è intrinsecamente contraddittoria.
L'idea di vero poetico non è legittima, inventare è vietato. Ma forse la verità è che oggi ci si stupisce che uno scrittore dedichi tutta la vita a un solo libro. libro perché oggi bisogna pubblicare, pubblicare, pubblicare per non essere dimenticati.
Manzoni non la vedeva così. Ha scritto un'opera in cui ha radunato tutte le sue riflessioni politiche, estetiche, etiche, religiose e l'ha fatto raccontando una storia con gente semplice, una storia indimenticabile. Questo bastava Manzoni e questo Alessandro Manzoni ha fatto.
Il rostro si accoglie alla forma che la strana ha lasciato, pronto a sbattere, smocca e sblocca, smaccia i flutti che crescono e crescono attraverso il suo cervello.