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Caravaggio: vita e opere d'arte

Ad assistere all'esecuzione di Beatrice c'è confuso tra la folla un'altra anima inquieta in quella Roma papalina di fine Cinquecento. È un giovane uomo di nemmeno trent'anni, un artista, un pittore. Si chiama Michelangelo Merisi, lo conoscono come Caravaggio.

Ammaliato e straziato dalle grida e dal sangue di quell'esecuzione dipingerà di lì a poco uno dei suoi capolavori, Giuditta e Oloferne, dove si vede l'eroina ebrea Giuditta mentre decapita in maniera atroce il capo dei nemici israele Oloferne. Ma chi era davvero Caravaggio che con il suo violento realismo ha segnato una nuova fase nella storia dell'arte? Duelli, fughe, tormenti, santi, prostitute e trasgressioni. La sua vita è avvolta da una leggenda nera. Le sue opere sono disseminate tra le collezioni più prestigiose del mondo.

Michelangelo Merisi da Caravaggio è un artista italiano che con mano, pennello e colori è riuscito a fissare l'eternità in un istante. Nato a Milano nel 1571, arriva a Roma poco più che ventenne. È il 1592. Roma è il sogno di chiunque. vuol mettere colore su tela. È il centro dell'arte europea che attira pittori e scultori di ogni paese.

Caravaggio comincia come apprendista da Giuseppe Cesari, detto il Cavaliere d'Arpino, che distribuisce incarichi ai suoi discepoli. A uno una cornice ornamentale, a un altro finiture di poco conto, a chi qualche fiore, a chi un frutto. E fiori e frutta toccano anche a Caravaggio.

Ma nelle sue nature morte si nota subito un modo diverso di dipingere. Lui cerca la realtà semplice e cruda, non gli interessa una pittura bella. bella da vedere.

Le cose vengono rappresentate così come sono, senza filtri, con tutte le loro imperfezioni. La frutta nel canestro è bacata, le foglie sono secche e mangiate dagli insetti. La pelle del bacchino ha un colorito pallido, le labbra sono livide. Ma da dove nasce questo realismo che non fa sconti? Il tempo di Caravaggio è quello di una Roma violenta, fatta di luci e ombre marcate, con un popolo al limite della sopravvivenza e una nobiltà corrotta e licenziosa.

La vita e l'arte di Caravaggio ne sono lo specchio. Materia e luce, fede e corruzione, carne e cenere, sono i poli della sua pittura che con gli anni diventa sempre più drammatica. matica.

In un'epoca in cui la Chiesa Cattolica cerca di imporre un'arte fortemente ideologica, Caravaggio non sublima, non innalza, in lui non c'è nessun dio che galleggia in alto. Anche i Santi e le Vergini, nella gloria o nel martirio, restano esseri umani e dei loro corpi umani mostrano i segni. All'inizio del Cinquecento l'Europa cristiana è spaccata dalla riforma di Lutero.

La Chiesa Cattolica reagisce con il Concilio di Trento, cala sull'Italia, la cappa della controriforma, la quale tra le altre cose è detta. nuove regole stringenti per ogni forma d'arte. Caravaggio le viola, dà scandalo, frequenta bische, prostitute, ragazzi di vita, giocatori di dadi. Eppure con una di quelle contraddizioni, La città è ricca, si introduce negli ambienti artistici, frequenta i palazzi dei nobili, quelli sfarzosi degli alti prelati che disapprovano la sua vita quanto apprezzano le sue opere.

che gli dà alloggio e promuove i suoi quadri, inizia a frequentare la vivace nobiltà romana. Non per questo però Caravaggio cambia le sue abitudini. Gode della compagnia di nobili e principi della chiesa, ne ricava guadagno, ispirazione e forma per la pittura. Ma non smette le agitate scorribande notturne con il suo amico e pittore siciliano Mario Minniti.

Festeggiamo? Sì. Perché no?

Il suo temperamento con la crescere della fama. Si fa più spavaldo. Si lascia coinvolgere in risse di strada, offende gli avversari e se questi replicano, snuda la spada, pronto a battersi. Difendete!

Insieme all'amore, divino o carnale, in questi anni la pittura di Caravaggio indaga i temi della morte e del martirio. Fonte primaria è la storia sacra, le vite dei martiri e dei santi. Ma trasferisce sulla tela anche il colore cupo delle esperienze vissute, il nero della notte, gli agguati.

Il repentino balenio d'una lama. L'opera di Caravaggio che più crea scalpore, resta però la morte della Vergine. Un caso di arte che rasenta la blasfemia. Un quadro giudicato dai contemporanei indecoroso e sconveniente.

Si dice che Caravaggio abbia dipinto la Madonna prendendo come modello il cadavere di una giovane prostituta annegata nel Tevere. La Vergine ha il ventre gonfio, le gambe scoperte e un colorito tendente al verdastro. È vestita come una donna del popolo del Seicento.

Unico attributo divino, un piccolo cerchio dorato dietro alla nuca. La sua pittura non teme di calare il sacro tra gli aspetti più umili, perfino sordidi, della vita, ma il suo vero aspetto rivoluzionario fu l'uso della luce che fa di lui il più cinematografico tra i pittori rinascimentali. Estrae dal buio uomini e cose, fissa un gesto, un'espressione con un realismo incredibile. C'è un luogo a Roma dove si possono vedere, tra l'altro gratis, tre sue opere. Una di queste ha un gioco di luce di enorme e oso dire teologica potenza espressiva.

A pochi passi dalla turistica piazza della Rotonda, dove si trova da 2000 anni il vecchio e maestoso Pantheon, Passando tra le strette e rumorose viuzze del centro, nel rione Santeustachio, c'è la chiesa San Luigi dei Francesi, consacrata nell'ottobre del 1589 per accogliere la sempre più numerosa comunità francese di Roma. Per almeno un anno, poco prima del giubileo del 1600, Caravaggio tutte le mattine è entrato qui. Respirando l'odore d'incenso, ha camminato nel silenzio della navata centrale, si è armato di pennello e magia e ha dipinto questi tre capolavori dedicati a San Matteo.

Nella vocazione di San Matteo, la magia della composizione è accentuata dal taglio drammatico della luce. È la luce di Dio, che seguendo il movimento del braccio di un Gesù accompagnato da San Pietro, inonda San Matteo nel momento in cui sta per abbandonare la professione di esattore delle imposte e farsi discepolo di Cristo. Matteo e gli altri esattori sono vestiti alla maniera del Seicento. Lo spazio in cui si muovono somiglia a uno dei tanti interni di una taverna romana frequentati da Caravaggio. È la prima volta che un episodio evangelico viene raffigurato nel presente.

Non è un'antica storia accaduta nel remoto passato, ma un fatto che si compie ora. Il divino può accadere in qualsiasi momento, perfino in flagranza di peccato. Nelle ultime tele di Caravaggio la luce si attenua gradatamente, prevale un buio che sa di tenebra, quasi presentimento di una fine imminente. Un giorno di fine maggio del 1606, Caravaggio incontra un tal Ranuccio Tomassoni, uomo arrogante, che spadroneggia nel quartiere. Ranuccio!

Ti sfido! Duello. balenano le lame tra i due c'è della ruggine forse motivata almeno in parte da ragioni politiche altro motivo di scontro tra i due è una splendida cortigiana Fili de Melandroni dalla quale il pittore rimane folgorato e che usa come modella in molti quadri Il protettore di Fillide è proprio Ranuccio Tomassoni.

Il pittore ha la meglio, forse vorrebbe solo ferire l'altro, invece l'impeto lo trascina e lo uccide. Condannato a morte in absenza per decapitazione, Caravaggio fugge in esilio. Un viaggio a Napoli, Malta, poi in Sicilia, fino alla morte, improvvisa e misteriosa. Il 18 luglio del 1610, a Porto Ercole.

Forse stroncato dagli stenti e dalla malattia, forse raggiunto da un sicario. Con sé, Caravaggio portava l'ultima versione del suo David e Golia, quale dono da far recapitare a Papa Paolo V per ottenere la grazia. La testa di Golia, grondante sangue, è il suo ultimo autoritratto.