Transcript for:
Filosofia di Eraclito e della Scuola di Elea

Eraclito scrisse principalmente per frammenti molto criptici e dalla scrittura complessa, aristocratica, così come aristocratica è la sua filosofia. Per lui, infatti, la massa, la maggior parte degli umani, è costituita da dormienti, coloro che vivono in un sogno illusorio, ma pensano che quella sia la realtà, sono assopiti, non sanno ragionare in modo corretto, non sanno quel che fanno da svegli. non sanno quel che fanno da addormentati. Invece sono pochi ad essere risvegliati, coloro che vedono realtà, e possono fare l'indagine razionale sul mondo. Per Eraclito, dunque, non c'è una ricerca per tutti gli umani. Alcuni semplicemente sono destinati a filosofare, altri invece saranno sempre reticenti. Una teoria, insomma, innatista. Uno è per me 10.000, se è il migliore. Sosteneva che mentre l'uomo comune vuole soddisfare i desideri, i migliori vogliono solo la gloria eterna, la Hall of Fame. Eraclito criticava inoltre coloro che si limitano a conoscere un solo campo della conoscenza, per lui il filosofo deve essere universale e occuparsi di tutto. Secondo Eraclito, la natura si nasconde e la sua vera essenza deve essere scoperta con una lunga e difficile ricerca, che condurrà al Logos. Il Logos è la legge che regola l'universo, ed è anche il discorso, la logica che conduce l'uomo a raggiungerla, e quindi c'è identità fra la realtà e la comprensione della stessa. E questa verità universale è uguale per tutti gli uomini, ossia intersoggettiva. Non esiste quindi che qualcuno dica beh, ma per me i vaccini causano l'autismo e questa è una mia opinione che vale quanto la tua. Perché il buon Heraclito ci insegna che non tutte le opinioni sono uguali e la verità è dimostrabile a tutti, semplicemente alcuni rifiutano la realtà. Ma qual è la vera natura del cosmo per Eraclito? È il divenire. Eraclito dice che ogni cosa muta, si muove, si trasforma, nasce, poi si distrugge. Nulla è eterno, nulla è fermo, tutto cambia, e l'unica cosa eterna è proprio la non-eternità delle cose. L'unica cosa immutabile è il mutamento. Tutto cambia e si distrugge, e questa è la verità fondamentale da capire. Quando noi entriamo in un fiume per la prima volta, non troveremo lo stesso fiume della seconda volta, perché nel frattempo tutta l'acqua si è andata a valle, e nuova acqua è arrivata. Quindi il fiume non è mai lo stesso, ma è un perpetuo scorrere. Così anche il corpo umano in cui, come oggi sappiamo, tutte le cellule vengono completamente cambiate nell'arco di pochi mesi. Così i composti, la materia e tutto quanto. L'universo è un continuo cambiare e scorrere, nulla rimane uguale per un solo istante. Da qui il detto Pantarei, tutto scorre. E questo scorrere è determinato dalla natura dualista delle cose. Eraclito, come i taoisti, vede tutto diviso in due poli opposti. Caldo, freddo, nero, bianco, luce e ombra. Tutto il cosmo è pieno di opposti che si combattono e dal loro combattimento c'è questo costante fluire e divenire. Il mondo diventa possibile. Polemos è padre di tutte le cose, di tutti re. E gli uni disvela come dei e gli altri come uomini. Gli uni fa schiavi e gli altri liberi. Per Eraclito questo continuo conflitto è esemplificato dal fuoco. Il fuoco che tutto brucia. che ora si condensa e ora viene rarefatto, generando gli altri elementi. Tutto è fuoco nel senso che tutto cambia e si scontra con il suo opposto. La distruzione significa trasformazione. La nuvola cessa di se resistere, ma al tempo stesso nasce la pioggia. Per Eraclito questo conflitto è positivo. Per lui è come se la realtà fosse una corda tesa fra i due opposti, e solo se è ben tesa produrrà suono. E di conseguenza gli opposti, scontrandosi, sono ironicamente uniti, e per conoscere qualcosa hai bisogno del suo opposto. Per conoscere il pieno devi sapere cos'è il vuoto, e viceversa. Gli opposti sono due facce della stessa medaglia.... Quando Omero dice possa la discordia sparire, Eraclito risponde sprezzante che Omero sta augurando la fine dell'universo, perché solo grazie alla discordia se questo esiste. E se pensiamo a come oggi noi teorizziamo che l'universo abbia avuto origine da una grande conflagrazione, il Big Bang, ci rendiamo conto che Eraclito ebbe una profonda intuizione con questo suo fuoco universale. Ma a contrapporsi ad Eraclito avrà la scuola di Elea, composta da filosofi che, come i pitagorici, cercano un principio eterno e immutabile opposto ad Eraclito che sia la base del cosmo, ma a differenza di pitagorici cercano un principio unico, non molteplice come i numeri. Il fondatore di questa scuola non è, come si crede, Parmenide, bensì Senofane. Se no fan e parlava di teologia e si rese conto che tutti I popoli avevano tantissimi dei tutti diversi Ma per lui questo era assurdo gli dei degli africani erano scuri quelli degli europei erano bianchi voli di cinesi erano orientaleggianti ogni popolo insomma Riflette le proprie caratteristiche negli dei e dunque se no fan e condanna questo è un'invenzione dell'uomo ma non solo anche I comportamenti Degli dei sono troppo umani sono gelosi si innamorano si fanno guerra è umano troppo umano tutte queste cose che fa anche l'uomo Per senofane, insomma, l'uomo non fa che riflettere i propri difetti umani negli dèi, o prendere elementi naturali, come gli animali per gli dèi egiziani, o la natura, e trasporli nel divino. Per lui tutto questo è fasullo, si tratta di antropomorfismo. Gli dèi non hanno questi difetti, gli dèi non somigliano agli umani né ad altri oggetti di questo mondo, gli dèi non hanno forma, non hanno colore, odore, desideri o altro, gli dèi non nascono o sarebbero imperfetti, né muoiono, né cambiano, ma anzi sono eterni, così come sono sempre stati. Gli dèi sono infiniti, assoluti e uniti. E soprattutto, per Senofane, c'è un solo dio in realtà, non tanti dei. Un unico dio eterno, immutabile, infinito, intelligentissimo, per nulla simile all'uomo, ed a questo poco comprensibile. Senofane è praticamente monoteista, motivo per cui sarà molto applaudito dai filosofi cristiani ed ebrei. Tutti che l'applausavano. Ma mentre lui era un teologo, Parmenide sarà un ontologo. Queste caratteristiche che lui dava al dio, lui le darà all'essere. Per Parmenide esistono soltanto due vie. La doxa, ossia l'opinione relativistica e inesatta degli uomini, e la leteia, ossia la verità perfetta e comune per tutti. E la verità è una e una sola. L'essere è e non può non essere. Questo è il principio d'identità da lui scoperto, ossia che ogni cosa è uguale a se stessa. Un principio che è sempre valido anche nelle logiche paraconsistenti ed è il più importante di tutta la logica ancora oggi. E poi che il non essere non è e non può essere. Questo è il principio di non contraddizione, ossia che una cosa non può essere il suo opposto e che due opposti non possono essere contemporaneamente. Per Parmenide l'essere è la vera arche. Tutte le cose che esistono sono, hanno l'essere, to eon, l'essere senza soggetto, non più onta, le cose che sono. Non è il fuoco ad essere la base del mondo, o l'acqua, o l'aria, o i numeri, perché tutte queste cose, prima, devono esistere. È l'essere il vero nucleo di tutto. E mentre le altre cose esistono perché hanno l'essere, l'essere esiste in quanto è. essere. L'essere deve essere o non sarebbe essere. Questa è l'ontologia, la branca della filosofia che studia l'essere in quanto tale, non in quanto animale o atomo o uomo, ma in quanto è e basta. L'essere deve esistere in quanto è l'esistenza stessa. Il non essere, il suo opposto, non può esistere. Se infatti esistesse non sarebbe non essere, ma sarebbe qualcosa. Sarebbe un non essere che è, il che è assurdo. Il non essere non può neanche essere pensato. Se tu pensi al vuoto infinito e nero, stai comunque pensando a qualcosa. Il nero è qualcosa. Il non essere vero e proprio non può esistere. Non sarebbe in nessun posto, in nessun tempo, in nessuna dimensione o forma. Il non essere non può essere. Ergo, l'essere deve essere. Le due cose sono mutualmente esclusive. L'essere deve esistere. Il non essere non può esistere. E l'essere ha varie caratteristiche. È immutabile, altrimenti a volte sarebbe qualcosa e poi non lo sarebbe più. e smetterebbe di essere ciò che era prima, è unico, altrimenti sarebbe se stesso ma non sarebbe gli altri, è immobile, se si muovesse dovrebbe andare in un luogo dove non è, è ovunque, altrimenti esisterebbe il non essere, è eterno, altrimenti dovrebbe nascere da qualcosa che non sia lui, ossia qualcosa che non è essere, ma il non essere non è, è qualcosa che non esiste, non può neanche generare altro, e poi perché ad un certo punto sarebbe dovuto nascere. Insomma, non è possibile che il mondo sia nato dal nulla, sia perché il nulla non genera, sia perché il nulla non può esistere. Ma c'è l'essere eterno. E l'essere è finito. Questo è l'unico punto debole del sistema parmenideo, che sarà infatti abbandonato dai suoi seguaci, poiché la dimostrazione è scarsa. Per i greci l'infinità è simbolo di manchevolezza, quindi di non essere. Per Parmenide l'essere è una sfera, uguale in tutte le sue parti, nessun punto è più lontano degli altri, non c'è non essere che lo distrugga o lo separi, ma è tutto. unito. Inoltre per Parmenide l'essere è atemporale, non era, non sarà, ma è, sempre. Non c'è passato futuro o trasformazione, ma tutto avviene in un solo istante infinito. Il tempo, il mutamento, la molteplicità che noi vediamo sono illusioni, perché non possiamo percepire la completezza dell'essere. Per Parmenide c'è identità fra esistenza e pensiero. Se tu puoi pensarlo, allora esiste. Se tu pensi ad... A, questo A esiste in qualche modo, o non potresti pensarlo. Invece il non essere non è pensabile, e tutto ciò che è impensabile non esiste. Come possiamo vedere Parmenide è l'opposto di Eraclito in ogni cosa. Platone ammirava Parmenide chiamandolo maestro terribile, e dovette commettere il parmenicidio quando si accorse che Parmenide sembrava non distinguere i vari significati di essere. Dire che la penna non è, è diverso da dire la penna non è il tavolo. Nel secondo caso infatti la penna non è detto che non esista. Ma una critica moderna a Parmenide è stata fatta da Odifredi, il quale accusa Parmenide di aver confuso l'affermazione di una negazione, Socrate non è biondo, con la negazione di un'affermazione, non è vero che Socrate è biondo. Ma questa critica è falsa, poiché non si applica agli opposti logici. Seguitemi perché sarà molto dura. Supponiamo che ciò che è nell'insieme dei frutti non può essere fuori da questo. Poiché fuori dall'insieme dei frutti c'è l'insieme dei non frutti e viceversa, ciò che è nell'insieme dei non frutti è escluso dall'insieme dei frutti. Ora, qualsiasi cosa non sia un frutto è nell'insieme dei non frutti, quindi i draghi, i pianeti, la verdura. Ora, se io dico che la mela non è nell'insieme dei frutti, questa sicuramente è anche un non frutto. Ma non è detto che sia un drago o un tavolo o qualsiasi altra cosa che sia nell'insieme dei non frutti. frutti. Noi sappiamo soltanto che non è un frutto, ma tutto il resto può essere vero o falso, non lo sappiamo. Di contro, se la mela è nell'insieme dei frutti, sappiamo soltanto che non è un non frutto, ma non sappiamo altro. Ora, Odi Fredi sembra credere che Parmenides si sia confuso dicendo che solo perché il non essere non è l'essere, non è detto che non debba esistere. Il non essere è il non essere, ma non è detto che non sia, ossia che non esista. Questa prima critica, come vedete, si appoggia quindi sulla seconda critica di Odi Fredi e non si regge da sola, secondo cui Parmenide confonde i vari significati dell'essere, ossia l'essere inteso come copula essere bello, essere brutto, essere giallo, e l'essere inteso come esistenza, ossia il tavolo esiste, il drago non esiste, e l'essere in senso identitario, ossia A è uguale a se stesso, A è una lettera, A è uguale a B, io sono morte bianca, tu sei un utente, tu sei un cittadino italiano. Ma in realtà Parmenide non fa questa confusione nella dimostrazione dell'essere, poiché qua stiamo parlando solo di essere in senso identitario. Con essere Parmenide intende ciò che esiste. Ergo, se qualcosa non fa parte di questo insieme, non è fra le cose che esiste, allora, di conseguenza, sarà fra le cose che non esistono, e viceversa. Quindi il non essere, nel momento in cui non è l'essere, che per definizione è ciò che esiste, allora non può essere, ossia non può esistere. In questo caso, come vedete, l'essere in senso identitario, A e B, è connesso all'essere in senso esistenziale, A esiste. Ok? poiché noi stiamo collegando due emti a dei campi di esistenza. Quindi, se il non essere non è l'essere, allora il non essere non esiste. E arriviamo quindi all'ultima critica di Udi Fredi, in cui dice che l'essere è una semplicità autologia, un ragionamento circolare, che non può essere. Per lui è assurdo come dire che l'amore ama o che il guardare guarda. Non ha senso dire che un verbo esiste come un oggetto reale e che fa un'azione. Innanzitutto qui è Odi Fredi che mostra un po'di ignoranza, essendo lui un logico dovrebbe sapere che esistono insiemi che contengono se stessi e proprietà autoricorsive, cioè esistono delle proprietà che valgono per se stesse e di conseguenza l'idea che l'essere esiste ha senso, non è una contraddizione, esattamente come l'idea che l'insieme degli insiemi fa parte, essendo un insieme, anche di se stesso. Inoltre il verbo essere non è per nulla come gli altri verbi, sia come grammatica sia come logica. Non ha senso quindi fare il paragone con l'amare o il guardare, perché questi, per poter amare e guardare, dovrebbero innanzitutto esistere. Poiché il nulla non può essere, dato che per definizione non è nulla, e non può essere nel campo di esistenza, è conseguenza logica che invece l'esistenza sia, e sia necessariamente. Se non può esistere il nulla, allora deve esistere qualcosa, qualcosa che è in quanto esistente, ossia l'essere puro. L'essere dunque deve essere. sia per opposizione al nulla, che non può essere, logicamente e fisicamente parlando, sia per definizione stessa di essere. La questione se l'essere esista non è affatto, come dice Udi Fredi, una banalità linguistica, ma è ancora oggi una questione aperta nella filosofia, discussa nelle maggiori facoltà del mondo, e se cercate su Google Being Itself, troverete numerosissime discussioni e argomentazioni. Infine, non è vero che dire che il non essere è il non essere è una prova che allora deve essere qualcosa. Anzi, questa è una prova di mancata comprensione dei diversi ruoli dell'essere, fra identità ed esistenza. Solo perché qualcosa è qualcos'altro non significa che esiste, che è l'errore che Odi Fredi imputava a Parmenide all'inizio, in questo caso proprio in virtù del fatto che il non essere è il non essere, esso non può esistere e non può essere nulla. In ogni caso Parmenide ebbe un'enorme influenza su Plotino, e poi in epoca moderna su Heidegger e Severino. Allievo e amico di Parmenide fu Zenone, democratico che morì, coraggiosamente sotto tortura per difendere la città da un tiranno. Zenone difese le teorie di Parmenide usando delle dimostrazioni per assurdo in cui, supponendo che la realtà sia molteplice, discontinua, contingente e mutevoli, si ottengono delle contraddizioni e si debba quindi ammettere l'essere. I paradossi sono numerosissimi ma basta citarne tre per afferrare il concetto. Il primo è quello di Achille, più è veloce, il più rapido fra gli umani, e la tartaruga, la più lenta. Ora, supponiamo che la tartaruga e Achille corano insieme, ma la tartaruga ha un vantaggio. Achille, prima di raggiungere la tartaruga, dovrà percorrere metà del tragitto, ma nel frattempo la tartaruga avrà come... un piccolo tratto di strada. A quel punto Achille dovrà fare la metà della metà che resta, ma nel frattempo la tartaruga avrà comunque fatto un piccolissimo tratto di strada. Achille dovrà fare anche la metà della metà, e la metà della metà della metà, e la metà della metà della metà, e così via. Il punto è che uno spazio finito può essere diviso da un'altra parte. diviso in due tantissime volte, all'infinito, fino a quando non si devono appunto fare infiniti passi per arrivare alla fine. Ergo arrivare alla fine sarà impossibile. Ergo Achille non batterà mai la tartaruga. Arriverà sempre più vicino alla tartaruga, ma sempre un minimo indietro. Il che è ovviamente assurdo, dice Zenone, quindi il movimento non esiste. Questa teoria è stata adorata dai matematici perché per prima espose l'idea di calcolo infinitesimale ed è oggi risolvibile grazie ai super tasks in matematica, ossia operazioni aritmetiche che svolgono all'infinito. con le quali è appunto possibile che Achille vinca questa gara. Il secondo argomento è quello della freccia, che è simile a quello della tartaruga. Una freccia, per fare un percorso, dovrà prima affassare tante porzioni, una dopo l'altra, del tragitto. Noi possiamo scomporre il tempo in tantissime fotografie. In ognuna la freccia occupa il proprio spazio, in quella dopo si è spostata leggermente, e ci sono infinite fotografie. Ora, in ognuna di queste fotografie la freccia è di uguali dimensioni, non si allunga ed è ferma nel proprio spazio. Una fila di statui immobili non produce movimento, ergo la freccia è sempre immobile. Questa teoria è piaciuta invece ai fisici, in particolare ad Einstein e a coloro che credono nel blocco temporale, secondo cui lo spazio-tempo è un unico blocco fermo in cui esiste una linea di te stesso che va dalla nascita alla morte, che esiste da sempre e sempre esisterà immobile, e tu sei solo uno di tanti fotogrammi immobili, e il fluire della realtà è un'illusione. La terza è quella dei corrieri. Se A e B corrono in due direzioni opposte l'uno contro l'altro, mentre C è fermo e li osserva, per C A e B correranno a velocità uguali e normali, mentre per A C si muoverà lentamente verso di lui, mentre B si muoverà velocissimo verso di lui. Insomma, gli oggetti sembrano fermi e al tempo stesso mobili e a diverse velocità, tutti. tutte contemporaneamente, a seconda di dove le guardi. Questa cosa ha anticipato Einstein, che userà un esempio molto simile per dimostrare la teoria della relatività, dimostrando che spazio e tempo non sono assoluti e che quindi è vero che lo spazio percorso è relativo al punto di osservazione. secondo Zenone lo spazio non esiste, altrimenti se ogni cosa è nello spazio, anche lo spazio deve stare in uno spazio più grande e così via all'infinito. E questa è una domanda interessante, che ci si pone spesso su internet. In cosa si espande lo spazio dal Big Bang? La risposta ce la offre la relatività. Lo spazio si espande in se stesso, come un foglio di carta a quadretti in cui ogni quadretto viene ingrandito, si espande e mostra i quadretti interni e così via all'infinito in un frattale. E tutto lo spazio è un'enorme sfera che non ha inizio o ha fine, ed è inglobata in se stessa, si avvolge. in se stessa. Per questo si dice che lo spazio è finito ma illimitato, come un mappamondo, che camminando ti fa arrivare al punto di partenza, pur essendo finito. A te sembra infinito, ma perché devi camminare devi essere sempre nello spazio. Non puoi uscire dallo spazio perché non c'è spazio fuori dallo spazio. Varie furono le risposte a Zenone. Aristotele sosteneva che, man mano che diminuisce lo spazio, così fa anche il tempo necessario per percorrerlo, e che il tempo e lo spazio comunque non fossero infinitamente divisibili. Ad esempio, cosa parzialmente confermata dalla meccanica quantistica, in cui il tempo è il tempo di un'esplosione, e non è il tempo di un'esplosione. di Planck offre un limite minimo allo spazio-tempo, oltre il quale questo cessa di avere un senso. Peter Linz sostenne che non esistono istanti immobili. In ogni caso, nella teoria della relatività, dove spazio e tempo sono uniti, il paradosso non sussiste. Nella meccanica quantistica è stato scoperto l'effetto zenone, con il quale si può, tramite infinite osservazioni, rallentare o addirittura bloccare nel tempo l'evoluzione di un sistema. Dal punto di vista matematico, in ogni caso, il ragionamento di zenone non è corretto, perché la somma di una serie che converge a zero è 1. Nessuna delle parti è nulla. A cercare di mediare fra l'idea di Parmenide che l'essere è, è dell'essere eterno, immutabile, e l'idea di Eraclito che esiste il movimento, arrivano i filosofi pluralisti, i quali cercano appunto di trovare qualcosa nella realtà che abbia le caratteristiche dell'essere, ma non lo ritengono unito e onnipresente, in modo da garantire il movimento. Il primo fra questi è Empedocle. Per Empedocle Parmenides aveva ragione, l'essere non può nascere o morire, è sempre uguale a se stesso. Egli dunque ritiene che tutto sia composto da quattro elementi, aria, acqua, terra e fuoco, usati da precedenti filosofi, che sono appunto eterni, immutabili, sempre gli stessi, non nascono né periscono come l'essere, ma, dice, noi non osserviamo gli elementi, ma i loro composti, ossia degli elementi che stanno insieme, si combinano e sono legati fra di loro, sono quelli a decadere, nascere e perire, nel senso che i mattoncini delle costruzioni sono sempre gli stessi, infiniti, eterni e immutabili, ma a seconda di come si compongono e si scompongono abbiamo tante costruzioni possibili. Le costruzioni cambiano sempre, ma i mattoncini che le compongono sono sempre gli stessi. Non nascita o morte, ma mescolanza e separazione, una trovata geniale. Secondo Empedocle, a mescolare i quattro elementi sono due forze, l'amore e l'odio. L'amore spinge a riunire tutti. a tenerlo in equilibrio, l'odio a separarlo e a diffondere il caos. Ma attenzione, nessuno dei due è totalmente positivo o negativo. Per Empedocle un tempo regnava l'amore, come sosteneva anche Esiodo, l'uovo da cui uscì Eros e tutti gli elementi. Il mondo era una sfera perfetta in equilibrio assoluto, armonia, ma in ciò non era possibile la vita, il movimento e il pensiero. Ma con l'arrivo dell'odio gli elementi iniziarono a muoversi, a spardersi, a combinarsi e divenne possibile il mondo. Amore e odio si affrontano per secoli, poi l'odio prevale e tutto diventa caos assoluto, nulla si può comporre. Ma ecco che l'amore spinge di nuovo gli elementi ad aggregarsi e di nuovo la vita è possibile, fino a quando non si ritorna allo sfero sotto l'influenza dell'amore. Il mondo stesso diventa vivente. diventa Dio. Insomma, la vita è possibile solo negli intervalli di questo ciclo infinito fra amore assoluto e odio assoluto. Quando sta in mezzo, la vita è possibile. Aristotele fa notare che Empedocle per primo disse che la vita è possibile solo negli intervalli di questo ciclo infinito fra amore assoluto e odio assoluto. Quando sta in mezzo, la vita distingue fra la causa efficiente e la causa materiale. La causa efficiente è ciò che inizia il movimento, amore e odio, il falegname che costruisce la statua. La causa materiale è ciò che fa originare i quattro elementi, o il marmo della statua. Secondo Empedocle, noi conosciamo il mondo perché il simile conosce il simile. Nei nostri apparati sensoriali c'è un po'di questi quattro elementi, con i quali noi percepiamo i composti. Infine riteneva che fossero possibili creature strane come il minotauro, per composizione casuale degli elementi, ma che non esistevano perché non sopravvivevano a lungo. una specie di teoria evolutiva. Empedocle era molto famoso fra i miei antenati i Sicilioti, ossia i coloni greci in Sicilia, per via delle sue abilità come curatore e protoscienziato. Riuscì a curare una pestilenza facendo deragliare due fiumi, così gli abitanti di Selinumte lo pregarono come un dio, e lui per confermare questa loro ipotesi si gettò nelle fauci dell'Etna, che eruttò un suo sandalo di bronzo. Anassagora era amico e sostenitore del democratico Pericle, pare che sia stato il primo a sostenere che il cervello è a coordinare il corpo e non il cuore. Come Empedocle sosteneva che il mondo fosse composto da tante piccole unità eterni immutabili, anche quattro elementi però. Lui si chiese come è possibile che quando bevo l'acqua o mangio il pane queste cose diventano muscoli, ossa, carne dentro di me. La risposta è che evidentemente c'era un po'di muscoli ossa dentro l'acqua e dentro il pane, che esistono dei semi di tutte le cose nel mondo. Semi di oro, semi di ossa, semi di muscolo e così via. Ogni seme ha le caratteristiche della cosa che andrà a costituire come insieme. Per questo Aristotele le chiama omeomerie. Se dividi l'oro tante volte otterrai tanti pezzi uguali dell'intero, mentre le omeomerie insieme creano i composti, combinandosi come il seme che... dall'albero in qualche modo ha già dentro di sé le cose che costituiranno l'albero. Ogni cosa contiene tanti semi diversi, per questo nel pane troviamo anche i semi dei muscoli e li usiamo per nutrirci. Il mondo è composto da questi semi che si combinano continuamente e che sono eterni e infinitamente divisibili. Inoltre, secondo Anassagora, non esistono composti esclusivi, quindi in ogni composto troverai, seppur pochi, i semi di tutte le altre cose possibili. Quindi anche in un pezzo di pane troverai dei semi d'oro, dei semi di carne, dei semi di ossa. In questo, l'idea che tutte le cose sono in ogni cosa e tutto è insieme, che sarà ripresa da Leibniz. Quando noi vediamo il rosso è perché i semi del rosso sono più numerosi degli altri. Ma che cosa fa muovere i semi? Per Anassagora la risposta è il Nus, un intelletto esterno, una mente divina che governa il creato e regola il movimento dei semi, come il Logos di Eraclito. Quindi, a differenza dell'amore e dell'odio, due forze cicliche che disgregano e agglomerano, il Nus esegue secondo un disegno razionale. Aristotele accusa Anassagora di usarlo poco, questo Nus, di fatto come un Deus ex machina per spiegare le cose che non sa. Democrito è una dimostrazione pratica di come tutti quelli che dicono che la filosofia non produce risultati e non sa elaborare teorie scientifiche. valide che spieghino il mondo non hanno capito niente. E'a Democrito che infatti dobbiamo il concetto di atomo. Come tutti i pluralisti lui cerca dei componenti eterni e immutabili che combinandosi creano i composti mutevoli. Ma non trova i quattro elementi o dei semi infinitamente divisibili. Lui infatti risponde alle critiche di Zenone. Tutto non può dividersi all'infinito e allora bisogna arrivare a qualcosa che non è più divisibile e da qui il termine atomo. L'atomo è la più piccola parte della materia, è eterno, immutabile ed è sempre dello stesso numero. E per movimento, Democrito sostiene che in mezzo agli atomi, che sono essere, ci sia il vuoto, non essere. Altrimenti il movimento sarebbe inspiegabile. La differenza fra non essere e vuoto barra spazio sarà fondamentale sia in fisica sia in metafisica. Questi atomi hanno infinite forme e differenze possibili, come le lettere dell'alfabeto, e a seconda di come le metti insieme otterrai delle frasi, e in questo caso otterrai dei corpi, e si legano tramite uncini e pezzi di incastro e vari altri sistemi. Le loro qualità sono di forma geometrica, in senso quasi pitagorico. Le percezioni soggettive, come odori, sapori, sono delle illusioni dalla nostra mente, mentre invece cose oggettive, come la qualità e la forma, sono derivate dagli atomi, cosa che sarà ripresa da Galileo. Per Democrito, gli atomi si muovono da tutta l'eternità, senza un fine preciso, senza un disegno o un progetto. Questa è la casualità, il regno del caos. Non c'è uno scopo, non c'è una speranza per l'umanità. Cosa che lo fece passare per ateo, quale non era, per lui gli dèi esistono, ma sono fatti di atomi, come gli uomini. Tutto ciò che avviene segue delle regole meccanicistiche dovute al movimento degli atomi, che a domino si susseguono nei loro moti. Quindi non esistono eventi sovrannaturali, né libero arbitrio, né senza spiegazione. Tutto è un sistema di atomi che sbattono gli uni contro gli altri con un ordine preciso e matematicamente dimostrabile. Quindi casualità, il caso, e causalità, causa ed effetto, insieme. E, in generale, gli atomi simili si attirano fra di loro. Democrito ha scritto una delle frasi più belle della storia, che in questo periodo oscuro è più fondamentale che mai. La povertà in democrazia è meglio della prosperità in dittatura, per lo stesso motivo per cui scegliamo la libertà sopra la schiavitù. E l'uomo saggio appartiene a tutti i paesi, perché la casa di una grande anima è il mondo intero.