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Dante, Virgilio e i ruoli di genere

buongiorno buongiorno a tutti tra un po avvieremo i lavori intanto ecco consentitemi di dire due parole introduttive da qualche minuto arriverà il professore cataldi Siamo particolarmente contenti di questa iniziativa che oggi viene inaugurata, un'iniziativa a cui tutti noi della Casa Editrice Palumbo insieme al professor Cataldi teniamo molto. Si tratta di un'ora di lezione da condividere insieme alle studentesse e agli studenti collegati da varie parti d'Italia. Una cosa bella è stata la grande adesione. Grazie alle docenti e ai docenti che hanno accolto con favore questa iniziativa. Immagino insomma le difficoltà anche organizzative per far quadrare tutto e far funzionare tutto all'interno della scuola, che è una macchina comunque complessa. L'incontro oggi è il primo, il tema come sapete sarà Virgilio, più che un padre. Ascolteremo il professore Cataldi. Gli ultimi 15 minuti saranno dedicati a riscontrare le eventuali domande che verranno poste da parte di alunni o insegnanti. Vi ricordo che le domande potranno essere scritte nell'apposita area, trovate in alto sulla destra, un'iconcina con un punto interrogativo all'interno. Quella è l'area in cui si possono scrivere le domande. verranno raccolte dalle colleghe Roberta Gambino e Manuela Civiretti e ti avranno cura poi di porgerle al professore Cataldi. A questo punto sono le 9.05, chiamo il professore Cataldi in modo da iniziare un po' i lavori. Grazie ancora a tutti e a tutti. a tutte. Buona lezione. Grazie, grazie e buongiorno a tutte e a tutti da parte mia, sono anch'io grato all'editore Palumbo di offrire questa possibilità perché insomma è un privilegio poter parlare sia pure in questo modo bidimensionale che esclude la presenza dei corpi e dobbiamo sapere, ce lo ricordiamo per la recente esperienza del covid. che non è la stessa cosa che essere presenti, ma insomma qualcosa è. E per me, come dicevo, è un privilegio poter parlare a tante studentesse e studenti, a colleghe e colleghi, che pure ringrazio. Virgilio più che padre, e il titolo non è un'invenzione mia, è Dante che dice che Virgilio è più che un padre. E vi confesso che è un'espressione che mi ha sempre sorpreso, perché dire padre per uno che non è padre... che non si è conosciuto nemmeno di persona, anzi, che è vissuto 1300 anni prima, mi sembrava già molto. Chiamare padre un poeta antico di cui si era solo letto nei codici l'opera. Ma Dante dice più che padre, lo più che padre, lo chiama più di una volta così. E vorrei cercare di capire oggi con voi, per assaggi, che cosa significa questo di più. che Dante attribuisce a Virgilio e anche lo dico apertamente perché ci interessa, che cosa c'è di interessante per noi in questa dichiarazione. L'avevo dimenticato, ci tengo anche a dire che personalmente aderisco oggi come professore universitario allo sciopero nazionale, non ho voluto però rinunciare a questo dialogo con voi, però lo tengo. al di fuori della mia attività universitaria, come docente in sciopero, per protestare contro i tagli gravissimi che stanno colpendo l'università e tutto il sistema della formazione. Per capire che cos'è questo di più di cui Dante parla nei confronti di Virgilio, io partirei dal modo decisamente strano in cui Virgilio entra in scena. I personaggi della commedia tutti... tutti, inclusa poi Beatrice, entrano in scena e anche escono di scena in un modo che non è niente affatto prevedibile. E' una delle cose che in Dante è sempre... attraente, significativa, è l'originalità del modo in cui i personaggi entrano ed escono di scena, ogni volta diverso. Virgilio, non ce lo dimentichiamo, immagino che lo sappiano tutte e tutti, arriva a soccorrere Dante subito all'inizio del poema, dopo poche decine di versi, mentre Dante si trova in un momento di disperazione. Si è accorto... all'improvviso di essersi perso in un bosco buio, io valorizzerei sempre il dato narrativo diretto del racconto dantesco, quindi starei al bosco buio. Però naturalmente sappiamo anche che è un modo per dire che si è reso conto che la sua vita in quel momento era perduta, era disorientato, smarrito, in grande difficoltà morale. ha sperato di potersi arrampicare su una collina da cui orientarsi, vedere meglio il paesaggio, ha dovuto rinunciare perché tre animali feroci, in particolare una lupa aggressiva, lo hanno rispinto verso il basso, lo hanno rispinto verso il folto della foresta e nella parte più buia. In questo momento di disperazione Dante vede apparire un fantasma. teniamolo presente, quello che vede apparire è un fantasma e ha la percezione che sia un fantasma, dirà subito dopo che è fioco, cioè evanescente. Beh, se proviamo a immaginare la situazione dell'inizio della commedia come un fantasy o come un film o un romanzo horror, beh, l'incontro in un bosco buio mentre si è incalzati da una lupa con uno spettro, come un fantasma, dovrebbe essere. il culmine dell'orrore e della difficoltà. E invece succede la prima cosa strana e imprevedibile, e io insisterei sempre sull'imprevedibilità di Dante, perché come nella vita così, nelle opere d'arte, ciò che è imprevedibile ci chiama a essere responsabili di quella imprevedibilità. Quando vedendo un film o leggendo un romanzo sappiamo prevedere in anticipo tutto quello che succede, io penso che siamo trattati un po' come stupidi. Ci viene dato quello che ci aspettiamo, non c'è nessuna sorpresa, ma questo vuol dire che la nostra mente, la nostra intelligenza, la nostra emotività non è coinvolta, non è davvero sollecitata. Insomma, non siamo trattati come persone adulte, come persone consapevoli. E qui succede, dico la cosa impredevibile, che Dante, pur vedendosi apparire un fantasma in un bosco buio, gli chiede aiuto e gli dice apertamente, aiutami, miserere di me, chiunque tu sia. Sia che tu sia un morto, un'ombra, uno spettro, un fantasma, sia che tu sia un uomo vero, è anche possibile che sembri un fantasma, ma magari è l'effetto della scarsa luce. Virgilio viene a soccorrere Dante ed è venuto apposta dal limbo lì a prenderlo e lo hanno mandato a prenderlo tre donne benedette, una sorta di trinità al femminile. come qualche studioso, qualche studiosa, sta dicendo da qualche anno. La Madonna, Santa Lucia e Beatrice. Quindi Virgilio arriva in soccorso di Dante con un mandato, con un incarico molto forte. Insomma, ci si aspetterebbe che qui suoni la tromba come il settimo cavalleggeri quando soccorre in un film di John Ford i cowboy assediati dagli indiani. Eccomi Dante, sono Virgilio, tranquillo, ti guido io. e inizia il viaggio. Invece la risposta di Virgilio è stupefacente e del tutto diversa, perché Virgilio all'inizio sembra fare difficoltà a parlare non-omo, omo, già, fui, tutte parole brevi e tutte parole tolto già che sarebbero uguali in latino, non-omo, omo, fui, cioè non sono un uomo, sono stato. un uomo. Sembra quasi che in questo inizio Virgilio stia ricongiungendo la sua origine linguistica e la sua appartenenza culturale e l'antichità della sua voce al tempo presente in cui Dante lo interroga, come ogni volta che un antenato, diciamo così, risorge alla presenza di chi è in difficoltà. E gli antenati, i morti, il passato, l'antico, è qualcosa che talvolta nella vita, che siano i propri cari scomparsi o che siano... i grandi scrittori e pensatori della nostra o di altre civiltà, capita di invocare nei momenti di difficoltà. E poi soprattutto Virgilio non dice a Dante io sono Virgilio. Sarebbe tanto facile. Beatrice quando arriverà davanti a Dante gli dirà guardami sono Beatrice, sono proprio Beatrice. Lo dirà subito, anzi Beatrice quando apparirà farà tutti i nomi importanti in pochi versi. Dante subito lo chiama col suo nome l'unica volta. Perché Virgilio se ne vada, non piange. Virgilio, poi sono Beatrice. Invece Virgilio non fa nomi, ovvero fa nomi non delle persone in scena e soprattutto non fa il proprio. Dice a Dante, i miei parenti, i miei genitori sono stati dell'Italia del Nord, tutti e due di Mantua, sono nato durante l'imperatore Giulio e poi sono vissuto quando c'era Augusto, ho raccontato le storie del figlio di Anchise che è partito da Troia. Insomma fa una specie di indovinello. Porge a Dante un indovinello, come se gli dicesse, ma indovina chi sono? Ma ho sempre trovato molto strano questo passaggio, devo anche dire molto bello, molto profondo, e credo capace di dirci qualcosa, di dire qualcosa a noi oggi. Se posso dirlo per la nostra vita, per il nostro modo di orientarci, che si sia figli o si sia genitori, che si sia studenti, studentessi o che si sia docenti. Perché è come se Virgilio non imponesse a Dante, a Rito, in quel momento, il proprio soccorso. Non gli dice, sono Virgilio, seguimi, andiamo, ti salvo io. Non gli dice questo. Gli dice, io sono qualcosa che tu, se vuoi, puoi riconoscere. E se tu mi riconosci, allora possiamo insieme trovare la strada. Credo che sia un momento molto intenso e che dice a noi qualcosa di profondo. Se in quel momento Dante non riconoscesse Virgilio, nonostante il fatto che questi gli ha fornito gli elementi, le coordinate per collocarlo, e se in quel momento Dante non dicesse a Virgilio, come farà invece, ma tu sei Virgilio, e poi non aggiungesse, tu sei il mio maestro, è Dante che dice, tu sei. il mio maestro, tu sei lo mio maestro. Mi sembra molto bello il fatto che non sia Virgilio a dire a Dante io sono il tuo maestro, ma che è Dante a dire a Virgilio tu sei lo mio maestro. Credo che questo ci dica una cosa che in fondo sappiamo tutti benissimo, che non si è maestri e maestre per grazia divina. Non lo è neppure Virgilio, che pure di grazia divina su di sé ne ha tanta, perché ha avuto l'incarico dalla Madonna Santa Lucia Beatrice, cioè di fatto dal Divino. Si è maestre e si è maestri perché coloro ai quali l'insegnamento, siamo qui in ambito di insegnamento, è rivolto, ci riconoscono come tali e ci chiamano maestri. Se non ci chiamano maestri, se ognuno... Se ogni studentessa, ogni studente non sceglie chi sono i suoi maestri, e anche naturalmente quelli che invece non lo sono, non può avvenire il rapporto di trasmissione del sapere e di trasmissione dell'esperienza, cioè non dimentichiamolo mai dal punto di vista antropologico, una delle cose fondamentali che distingue la nostra specie umana dalle altre, in cui la quantità di insegnamento trasmessa di generazione in generazione è molto bassa. Anche gli animali più progrediti trasmettono poco, poco, cose importantissime come si caccia, come ci si difende, come ci si arrende in un combattimento tra lupi, tra cani, ma poche cose. Perché? Perché non hanno il linguaggio, non hanno un linguaggio complesso e una capacità di pensiero astratto e di trasmissione anche affidata a strumenti scritti come succede per la nostra specie. Quindi Dante e Virgilio li stanno rappresentando un'immagine della civiltà. nel punto più strategico, che è la trasmissione del sapere, la ragione per cui esistono la scuola, l'università, i libri e tutto questo, la possibilità di trasmettere il sapere. Però Dante, già nel primo canto, ci dice con chiarezza che è maestro solo qualcuno che viene scelto dall'allievo come tale. Se Dante non dicesse, Virgilio, ti ho riconosciuto, tu sei il mio maestro, io immagino che... Quel Virgilio alle propaggini dell'inferno si dissolverebbe, il suo essere fioco diventerebbe una specie di occasione mancata. Invece sono le parole di Dante, la scelta di Dante. Tu sei Virgilio, tu sei il mio maestro, tu sei quello da cui ho imparato a scrivere. Sono queste parole di Dante e non di Virgilio che fanno sì che Virgilio diventi abbastanza forte da proporre a Dante un patto, un patto, che è quello che fanno nel primo canto. Poi Dante avrà un momento di paura nel secondo, il patto dovrà essere reiterato alla fine del secondo. E il patto è che si mettono in cammino insieme e che Virgilio in questo cammino avrà la funzione di maestro e di guida. E nel corso poi del poema, che oltre che maestro e guida diventa anche padre, diventa anche padre, compiendo dei gesti di accudimento parentale, possiamo dire così. che hanno molto a che fare con il rapporto tra genitori e figli. Virgilio gli mette le mani a tappargli gli occhi quando ha paura che Dante non li tenga ben chiusi al cospetto di Medusa, che lo impietrirebbe. Virgilio si mette alle spalle di Dante quando salgono su Gerione, che li deve trasportare a volo, per paura della coda guzza che possa... pungere la schiena di Dante, una specie di modo di scorpione. Virgilio addirittura prende in braccio Dante per buttarsi con un pendio scosceso di una bolgia mentre i diavoli li stanno inseguendo e così via. Però Virgilio, man mano che diventa anche padre, assume delle funzioni che questo è forse un primo tentativo. di rispondere alla domanda iniziale che non ho dimenticato, perché più che padre, che nell'immaginario comune e nella struttura patriarcale della nostra società, con buona pace di chi pensa che invece il patriarcato non esista, non sia esistito, che è una cosa per chiunque abbia cultura che fa veramente cadere le braccia, insomma. Al tempo di Dante la struttura patriarcale era addirittura così organizzata e così strutturata che è impossibile capire qualunque cosa della società del tempo di Dante senza questo modello. Dico, nello stereotipo e nelle attitudini attribuite dalla cultura e dalla civiltà di Dante ai due generi, il maschile e il femminile, quindi il paterno e il materno, Virgilio non si limita a compiere gesti. tipici del paterno, cioè guidare, spiegare, perfino proteggere, motivare e anche alla fine del rapporto attribuire e trasmettere un'eredità intellettuale morale al figlio, all'allievo figlio. Ma Virgilio fa di più. Virgilio si comporta nel corso del poema Anni. che come una madre o come ciò che gli stereotipi nella trasmissione della cultura patriarcale attribuiscono al materno, che oggi spesso, per fortuna, vediamo nelle famiglie e nelle vite di ciascuno anche ridistribuito. Virgilio svolge delle cure di accudimento, per esempio fisico, di protezione fisica, prenderlo in braccio e altri gesti di questo genere che sono solitamente attribuiti, soprattutto. al materno. Cioè Virgilio è un padre, è direi addirittura un personaggio maschile, nettamente maschile, ma anche ha nel corso del poema alcuni tratti tipici del femminile, allo stesso modo in cui nel corso del poema, oltre che essere il grande intellettuale, il grande saggio, il sapiente per antonomasia del mondo antico, attribuito dalla cultura medievale di tutte le virtù che si potevano raggiungere senza l'aiuto della religione cristiana che Virgilio non aveva conosciuto, quindi il massimo dell'intelligenza, della cultura, della sapienza, della saggezza, ciò nonostante Virgilio commette una serie di errori, di abbagli e resta via via scornato, deluso, abbattuto, arrabbiato con se stesso. è un padre che commette errori, non è un padre insuperabile, un padre perfetto, un padre impeccabile. è insomma da vari lati, sia dal punto di vista dell'identità di genere, sia dal punto di vista dell'integrità del modello, un personaggio come diciamo problematico, che Dante è riuscito a costruire in un modo così problematico, così profondo, che anche oggi, che siamo occupati, investiti da forme di cultura, di civiltà molto diverse, con tanti tratti ancora del modello patriarcale. altro che e tuttavia anche aperti a profondi innovazioni da questo punto di vista, basti pensare alla cultura queer, no? Cioè a questa idea che i generi sono prevalentemente un'invenzione, una convenzione culturale, così come li rappresentiamo, no? Il fatto che io metta la cravatta, poniamo, per fare un esempio banale, sciocco. Ecco, in questa prospettiva ancora una volta Virgilio si rivela un personaggio interessante e capace. di dirci qualcosa e lo capiamo bene nel momento in cui avviene, ho guardato l'inizio del rapporto, l'arrivo nel primo canto, ora guarderei la fine del rapporto, quando nel ventottesimo, nel ventisettesimo del purgatorio Virgilio si congeda da Dante, perché il modo di separarsi da Dante è particolarmente significativo. Virgilio gli fa un discorso solenne in cui gli dice non aspettare più che io ti parli, non aspettare più che io ti dica niente, ti restituisco intera la tua capacità e la tua libertà di scegliere e di disporre di te. Mi sembra un altro momento molto bello che se stesso ci dice molto, come se i padri, le madri, le maestre, i maestri dovessero non solo avere la capacità di farsi scegliere e non di imporsi, ma anche la capacità di farsi da parte quando è il momento di decidere che l'allieva, l'allievo, la figlia e il figlio possono, devono fare da soli, essere restituiti alla loro libertà di soggetti. Una cosa che spesso, soprattutto alle nostre latitudini, i genitori fanno molta fatica a fare, non riconoscere l'autonomia, l'indipendenza dei figli progressivamente guadagnati. e la fiducia in questa capacità di fare da soli. Virgilio invece lo fa e lo fa apertamente, dice a Dante siamo arrivati in un punto del percorso in cui io non vedo più, tu vedi meglio di me, parole straordinarie da dire da parte di un padre, di una madre, di un maestro, di una maestra, quindi vai avanti tu, momento bello, Virgilio si fa superare da Dante e Dante comincia lui ad andare avanti e Virgilio lo segue. però il punto che a me interessa è quello un po successivo quando nel trentesimo canto del purgatorio dopo che dante ha passeggiato nel paradiso terrestre appare su un carro solenne al culmine di una processione grandiosa beatrice è il momento per il quale si può dire dante ha scritto la commedia è il momento nel quale cioè dopo che beatrice è morta, Dante ha pensato e che si è riproposto fin dalla conclusione della vita nuova. Quando ha detto, ha scritto concludendola, prendo l'impegno di dire di lei, di scrivere di Beatrice ciò che non è stato finora scritto mai di nessun'altra donna, cioè prendo l'impegno di dedicarle una costruzione letteraria grandiosa degna del mio amore. nei suoi confronti. Da questo punto di vista la commedia è l'enorme piedistallo sul quale siede la resurrezione di Beatrice. Borges ha scritto che secondo lui Dante ha fatto la fatica di scrivere i 14.000 versi della commedia solo per far sorridere Beatrice alla fine del paradiso, far sorridere di nuovo la donna, la ragazza che aveva perduto, giovanissimo, l'amore che aveva perduto. È una battuta. come si può dire paradossale però non c'è dubbio che quest'arrivo trionfale di vetrice su un carro al culmine di una processione che rappresenta tutta la storia dell'umanità dal punto di vista religioso è un riconoscimento un omaggio grandioso che dante fa alla cosa più cara che aveva perso e dietro l'omaggio questa cosa cara c'è evidentemente l'omaggio a tutte le cose care perse tutto il passato, il proprio passato. Il punto però è che nel momento che a noi interessa oggi, è che nel momento in cui Beatrice sul carro, velata, quindi non ancora visibile, viene per una oscura percezione tipica degli innamorati, che sentono la presenza della persona amata anche senza vederla, Dante dice si accorge che c'è Beatrice e sente di nuovo l'amore che aveva provato da ragazzo. E a questo punto che cosa vorrebbe fare? A questo punto si gira per parlare a Virgilio, per chiedergli aiuto. È non il momento più pericoloso, di certo, anche se Dante sta per subire una requisitoria, un'accusa pesantissima da parte di Beatrice che durerà addirittura due canti interi. Ma certo è un momento molto difficile dal punto di vista emotivo. Dante si trova di nuovo di fronte alla donna che aveva amato e che aveva perso, che era morta. Nel momento... in cui però si gira perché vuole dire a Virgilio qualcosa, e gli vuole dire conosco i segni dell'antica fiamma, gli vuole dire la traduzione di un verso dell'Eneide, è un omaggio di Dante al suo maestro padre, più che padre, perché la traduzione di un verso del quarto libro dell'Eneide sono parole tradotte da quelle che Didone dice alla sorella, alla parire di Enea. quando sente di nuovo di innamorarsi come un tempo si era innamorata del marito a quel punto perso, morto. Ad gnosco, eteros, questia, framme, conosco i segni dell'antica fiamma. Però, ecco, Dante dice mi volevo girare, mi giravo verso Virgilio, questo è quello che ci interessa in particolare, come fa un bambino che si gira verso la mamma quando ha paura. o è triste, come il fantolino corre alla mamma quando ha paura o quando egli è afflitto, per dirgli eccetera. È molto strano che Dante non dica mi giravo verso Virgilio come verso un padre affettuoso, ma come un bambino verso la mamma, cioè la identità, oggi diciamo fluida. Utilizzare questo aggettivo per Virgilio mi sembra francamente fuori luogo ed esagerato, ma diciamo l'identità complessa, ricca di Virgilio si manifesta forse nel punto, nel modo più acuto, quando Dante dice che si voleva girare verso Virgilio come un bambino verso la mamma, ma nel momento in cui si gira si accorge che Virgilio è scomparso. L'apparizione di Beatrice ha fatto scomparire. Virgilio. E allora Dante scrive, ma Virgilio, dolcissimo padre, mi aveva abbandonato. Mi giro come un bambino verso la mamma, ma Virgilio, dolcissimo padre, mi aveva abbandonato. Io penso che noi dobbiamo dobbiamo dare ragione ai testi che leggiamo. Dobbiamo ascoltarli bene, non dobbiamo imbrogliare, non dobbiamo barare, non dobbiamo far finta di non vedere quello che c'è scritto. In quel testo, in quel passaggio, nella Commedia di Dante, c'è scritto mamma e padre a distanza di pochissimi versi per la stessa persona. La prima, certo, in una similitudine, ma è una similitudine ben carica di significato. Tra l'altro, trovo profondamente commovente e misterioso il fatto che... queste parole che Dante vuole dire a Virgilio non vengano dette, non vengano dite da nessuno, sono parole che Dante non può posare su un destinatario, non può affidare a qualcuno perché le riceva. È di nuovo un momento di solitudine, sia pure brevissimo, presto potrà dialogare con Beatrice, anche se Beatrice all'inizio non ha tanta voglia di dialogare, dice a Dante due parole. sdegnose, piene di disprezzo, e poi si mette a parlare con gli angeli. Neanche reputa Dante degno di ascoltarlo all'inizio. Parla con gli angeli che stanno con lei e gli dice lo vedete questo? Questo aveva delle grandi doti ma le ha tutte sprecate, le ha usate malissimo. È un momento molto forte. Però schiamo intanto a questo mamma come bambino alla mamma padre. Perché è chiaro che la commedia, che è tante cose, è anche un incredibile poema nel quale sono messi in discussione i tratti umani, i tratti convenzionali. i tratti limitanti delle identità terrene. Dante è quello che dice, guardate, quando un Papa decide che una persona è destinata all'inferno, lo scomunica, ma non ne sa niente, non ne sa niente, sulla terra non sappiamo niente. Cioè Dante è quello che mette in paradiso le prostitute della Bibbia, che mette all'inferno uomini ritenuti santi, come Guido da Montefeltro, e invece in purgatorio destinati alla salvezza è il nipote Bonconte che ne aveva fatto di ogni... di ogni genere, solo perché ha detto Maria, morendo ha incrociato le braccia. Dante ci tiene a relativizzare nel modo più estremo tutto ciò che sulla terra riteniamo vero, riteniamo fondato. Ed è difficile immaginare che Dante voglia quindi affidare nel poema alla salvezza, all'ingresso in paradiso, i tratti così fortemente marciati. e caratterizzanti delle identità di genere, è come se invece nella commedia le stesse identità di genere venissero sottoposte a una progressiva consumazione e il padre Virgilio possa essere un più che padre, assumere anche delle doti materne, perché in Paradiso ci si deve entrare, beh, non dirò con una sessualità come quella degli angeli che va al di là. del contingente umano, ma certo molto arricchiti rispetto agli stereotipi, duramente peraltro maschilisti, del tempo di Dante. E a riprova di questa idea che Virgilio è più che padre, perché non è solo un padre ma è anche una madre, arriva quello che succede poi con Beatrice. Subito dopo Dante non trova l'appoggio di Virgilio allora si gira verso Beatrice e di Beatrice, che lo aggredisce con durezza, si dice come un ammiraglio che si muove da poppa a prua della nave per organizzare e accertarsi che tutto vada bene nella flotta, come un ammiraglio, è l'immagine con cui Beatrice viene rappresentata inizialmente sul carno. Ora... Dante scrive in un momento in cui il femminile era rappresentato sempre, in termini non lontanissimi dagli stereotipi attuali, ma certo molto più caricati, e tutto poteva fare una donna del tempo di Dante, meno che l'ammiraglio. L'ammiraglio era colui che comandava non una nave soltanto, cosa impossibile a una donna, ma molte navi, un'intera flotta, insomma un ruolo apertamente di... formalmente riservato agli uomini, ai maschi. Allora troviamo in pochi versi un Virgilio che Dante vorrebbe trattare come una mamma e poi una Beatrice che viene paragonata a un ammiraglio. Che cosa ne è di quella Beatrice che nel secondo dell'inferno è scesa con una lacrima a parlare a Virgilio, luceva gli occhi suoi più che la stella, ancora un'immagine così stilnovistica? Ma soprattutto che cosa ne è della Beatrice di cui Dante ci parla nella vita nuova? Tanto gentile, tanto onesta pare la donna mia, quando è l'altrui saluta, eccetera. Qui altro che gentile e onesta, Beatrice è imperiosa, è autorevole, è un ammiraglio. Ma pochi versi dopo, di lei Dante dirà, così la madre al figlio par superba, cioè la paragona ad una madre. E poi ancora, regalmente nell'atto ancor proterva, regalmente, in modo regale, insomma, ammiraglio, regalmente, madre. Come si configura dal punto di vista dell'identità di genere Beatrice? Abbiamo detto che Virgilio diventa più che padre, perché assume anche tratti del materno. E Beatrice è una fidanzata? Perché anche lei entra in scena in un modo curioso, eh? Sto avvicinandomi alla fine di questa riflessione e per capire meglio quello che ho provato a suggerire di Virgilio darei un'occhiata anche a Beatrice che entra in scena in un modo molto curioso, non meno di Virgilio. Noi sappiamo che è stata lei a mettere in moto tutto, è lei che è sollecitata da Santa Lucia, mandata dalla Madonna, è corsa fino al limbo, attraversato... diciamo tutto l'universo ha fatto un viaggetto da nulla per andare da Virgilio e dirgli aiuta Dante, aiuta Dante, quello se non l'aiuti è perso, da solo non ce la fa. E ora che Dante finalmente ce l'ha fatta, e grazie alla volontà e all'aiuto di Beatrice è arrivato da lei sulla cima del purgatorio nel paradiso terrestre, ma Beatrice che cosa fa? Non gli dice, Dante finalmente sei arrivato, braccia aperta, ci rivediamo dopo tanti anni, vedi, credevi che io ero morto e invece sono qui, sto meglio di prima. No, Beatrice lo aggredisce e gli dice, Dante non piangere perché sei andato a Virgilio, ci sarà ben altra spada. che ti farà piangere. Penso che anche questo è molto forte. Beatrice si presenta come colei che impugna una spada all'arrivo di Dante, peraltro non serve dirlo, un oggetto dal vistoso simbolismo fallico. Virgilio mamma Beatrice con la spada e poi gli fa due domande. Come ti sei degnato di salire qui? Come ti sei permesso di salire qui? Non lo sapevi che qui ci sono le persone felici, quelli per bene potremmo dire? Ma è lei che ce l'ha fatto arrivare e per due canti lo aggredisce. Io trovo straordinario che Dante, quale che fosse la sua ideologia, che ci interessa fino a un certo punto perché poi ciò che ci ha lasciato questo poema incredibile, incredibile. Io capisco che un grande studioso americano di Dante Singleton pensasse che era più facile credere che gli fosse stato dettato da Dio che non credere che un essere umano potesse aver scritto una cosa del genere. Ma insomma in questo straordinario poema Dante ci rappresenta un uomo, e che uomo Dante appunto, che si fa per due canti strapazzare energicamente da una donna. Ma siamo in un tempo in cui le donne non avevano diritto di leggere e scrivere l'Italia del tempo di Dante. assomigliava molto all'attuale Afghanistan in cui alle donne non è consentito imparare a leggere e scrivere. Qualche decennio dopo Dante, Santa Caterina, per aver imparato con le grandi doti che aveva a leggere e scrivere, ha dovuto dichiarare che di fatto era stato un dono dello Spirito Santo, che non aveva lei infranto un limite di pudicizia, appattatezza e riservatezza femminile, che lei aveva imparato a leggere e scrivere perché gliel'aveva mandato Dio. E Dante si fa trattare così per due canti da una donna, con la spada, l'ammiraglio, regale. E poi che cosa farà Beatrice nel Paradiso? Beatrice per tutti i canti del Paradiso farà le tre cose che al tempo di Dante erano proibite alle donne, o formalmente in molti contesti o implicitamente in altri. Parla, cioè, di politica, argomento proibito alle donne. L'8 settembre del 43, re Vittorio Emanuele III si rifiutò di ascoltare una donna che gli suggeriva di non scappare in esilio. E disse, le donne a casa Savoia non parlano di politica e non si occupano di questo. 1943. Figuratevi Beatrice che ne parla nel 300. Parla di scienza, tutti i temi scientifici, dalle macchie lunari in qua. e parla di teologia. Sono i grandi temi che erano di fatto riservati al maschile e Beatrice tratta quasi solo di questi tre temi. Insomma, Virgilio è più che padre, ma Beatrice è molto di più di una fidanzata, amata, innamorata, madre, che cosa? Non è un caso che la commedia si conclude con una preghiera alla Madonna in cui... i rovesciamenti di prospettive di posizione fondano la possibilità di rivolgersi alla Madonna. Vergine madre, figlia del tuo figlio, cioè questa reversibilità delle relazioni e delle identità che è ciò dissolvendosi il quale l'umano può entrare in paradiso e può avvicinarsi in paradiso e che spiega perché alla fine nel trentatreesimo canto tanto, da la preghiera alla Vergine venga fatta da San Bernardo, che due canti prima, quando Dante si gira per fare una domanda a Beatrice, si trova lì un vecchio al posto di Beatrice, abbiamo di nuovo un'altra trasformazione di genere, perché essere giovani, vecchi, uomini, donne, alla fine, nel paradiso di Dante, non deve importare più niente. L'umano è un umano, per così dire, degno di essere, universale in tutte le sue forme. e in tutte le sue accezioni. Allora forse per noi che lo leggiamo oggi uno dei tanti di messaggi che ci arrivano dalla commedia, è che un padre, per essere alle altezze dei bisogni di un figlio, deve essere più che un padre, una madre più che una madre, e ciascuno di noi più di ciò che qualunque stereotipo di genere, di posizione, di istituzione ci fa essere. Io vi ringrazio dell'attenzione, quale che essa sia stata, e se ci sono domande o anche delle obiezioni... sarò felice di rispondere nei limiti delle mie capacità. Grazie al professor Cataldi, intanto che le colleghe coverificano se ci sono delle domande. Insomma, ho immaginato di essere uno studente che ha ascoltato la lezione, quindi mi sono andato un po' indietro nel tempo e mi sono immaginato un po' nelle classi. Sicuramente una cosa che credo molto importante... ci restituisca questa lezione anche di comprendere il senso dello studio della commedia, cioè di una cosa che tutto sommato fa da controcanto a tutto quello che è la massa di informazioni che oggi arriva ai ragazzi attraverso vari canali, dai telefoni ai computer, ai libri infine. In realtà al tempo di Dante l'unico mezzo di comunicazione per far arrivare la conoscenza era il libro. Siamo nel 1300, ecco, correggimi se sbaglio, ci sono passati quasi 730 anni da quando Dante ha scritto, insomma, ha pubblicato quantomeno la commedia, e la cosa che a me, diciamo così, mi viene subito da dire è come sia immerso totalmente nella società di oggi, cioè i termini comunque che il professore Cataldi ha tirato fuori, io me ne sono appuntati due. identità di genere e patriarcato cioè una settimana fa ecco il tema del patriarcato è stato oggetto di insomma è continua ad esserlo di un dibattito immerso nella società di oggi allora ecco quando tante volte ci si chiede ma perché stiamo studiando ecco in questo caso dante ecco io credo che Oggi il professore Cataldi abbia potuto dare una risposta importante ai ragazzi. È un altro elemento, cioè riconoscere il maestro. Aggiungerei anche il buon maestro. È una cosa molto, molto importante per i ragazzi di oggi. Cioè, non illudersi. Ecco, trovare un buon maestro può essere anche difficile, ci può volere anche del tempo. proprio perché bisogna fare attenzione a riconoscere che sia un buon maestro. Manola e Roberta ci sono arrivate delle domande? Sì, stanno arrivando. Un allievo della professoressa Santo Marco chiede, Dante quindi in fondo ci invita ad andare contro gli stereotipi di genere e a vedere l'individuo al di là di questi? Grazie, grazie Luca, grazie alla collega. Io non mi sentirei di dire che Dante ci invita, questo sarebbe troppo. Io credo che noi abbiamo la possibilità, credo il diritto, perfino il dovere, di trovare in Dante anche questo, anche qualcosa di cui noi abbiamo bisogno e di cui la commedia ci fornisce in termini filologici, in termini testuali, in termini storici. l'opportunità. Quindi non si tratta di forzare il testo e di costringerlo a dirci qualcosa che nel testo non c'è, solo perché ne abbiamo bisogno. Però si tratta di mettere in collegamento il nostro bisogno di oggi con ciò che nel testo della commedia filologicamente è presente. Io ho provato a fare questo, naturalmente l'ho dovuto fare in termini rapidi, in termini anche un po' schematici, però credo che sia l'unico modo perché i testi letterari, soprattutto un testo grande come questo, non siano delle mummie, invalsamate nel museo egizio, che è meraviglioso, ma quando leggiamo un testo letterario della nostra tradizione l'esperienza non deve essere quella di vedere le mummie, ma deve essere quella di vedere qualcosa di vivo, e perché il testo di Dante sia vivo dobbiamo essere vivi noi, consapevoli dei nostri bisogni e capaci di chiedere al testo se risponde in qualche modo ai nostri bisogni. E io penso che la commedia risponda e risponda alla grande ai nostri bisogni. Non dimentichiamoci, prima ho dimenticato di dirlo, che quando Dante dovrà descrivere il proprio accesso al divino alla fine del paradiso si rappresenterà come un neonato affamato di latte che corre con la bocca verso il seno materno. Cioè Dio come seno che eroga il latte. Insomma la stessa... Lo stesso immaginario che Dante introduce nell'opera ci invita fortemente a staccarci da forme di lettura stereotipate della commedia che ci sono state trasmesse dalle letture romantiche, dalle letture formaliste, strutturaliste, cioè che appartengono al nostro passato, e avere il coraggio di fare alla commedia oggi, nel rispetto della datità testuale, filologica e storica, le nostre domande di senso. Quindi in questo senso credo che noi possiamo trovare nel testo una risposta al nostro bisogno di mettere in discussione, che non vuol dire abbandonare, ma mettere in discussione la nostra concezione dei rapporti tra i generi e dei rapporti tra genitori e figli, allievi e maestri, insomma tutto ciò che la modernità ci ha insegnato a discutere e ripensare. Perché non è che ciò che dal passato ci viene su questi temi sia tanto edificante. Quindi il ripensamento è decisamente indispensabile. Ci sono poi altre due domande. Susanna, alunno del professor Del Buono, chiede come si lega il tema di Virgilio Padre all'allegoria della ragione e ovviamente di Beatrice alla fede. Mentre la professoressa... Colussi chiede se è possibile pensare ad un autobiografismo del padre di Dante e del rapporto che il poeta intrattenne con lui non si sa molto e il poco che si sa non è sempre l'usiniero per Alighiero. Sono tutte e due domande impegnative, belle, profonde. Virgilio Ragione, Beatrice Fede. è uno strumento di conoscenza, cioè dire che Virgilio rappresenta la ragione e Beatrice la fede, penso che è uno strumento di conoscenza e di approssimazione al testo corretto. È anche quello che la scuola trasmette e continua a trasmettere in modo anche purtroppo un po' inerte, cioè senza andare a vedere concretamente che cosa significhi questo. Però io non ci rinuncerei, mi terrei questo orientamento perché ci aiuta. Forse dovremmo dir meglio, Virgilio rappresenta tutto ciò che gli esseri umani possono fare senza la religione, senza l'appoggio della fede, in particolare della rivelazione cristiana, più che la ragione direi tutta la cultura e la civiltà classica o autonoma rispetto alla religione. E Beatrice rappresenta il contributo specifico che il pensiero religioso può dare, può aggiungere. questa base capisco che è una sfumatura in che modo si collega al discorso che ho fatto io e stanno stanno accanto nella commedia oltre a esserci vari gradi di lettura possibile suggeriti da dante stesso o da chi per lui nell'epistola xiii can grande nella commedia evidentemente ci sono piani diversi c'è un piano che quello della narrazione d'avventura e io non lo trascorrere mai tra l'altro se potessimo leggerla tutta la commedia invece che sotto soltanto De Pezzi, o almeno leggere tutto l'Inferno a scuola, sia pure rapidamente, io credo che ci accorgeremmo che è un grandissimo romanzo d'avventura, bello in sé come avventura. Poi c'è un tratto autobiografico, e qui introduco un po' di accenni anche alla seconda risposta, cioè Dante racconta di sé, ma è un'autobiografia trascendentale, potremmo dire, cioè un'autobiografia che non necessariamente ricalca la verità biografica puntuale, aneddotica. di Dante come persona. È una sorta di autobiografia ideale, non solo perché Dante ci tiene un po' a rappresentarsi come tutti, cioè ci tiene a far bella figura, le cose peggiori le mette da una parte e mette in mostra il meglio, ma perché Dante racconta se stesso come persona al tempo stesso eccezionale, cioè dotata di doti eccezionali, ma anche come persona comune, come persona che in cui ciascuno deve potersi identificare. L'eccezionalità sta nella capacità della coscienza, ma al di fuori di questa capacità della coscienza Dante è anche un uomo comune. un essere umano comune che può vivere le paure, le speranze, gli errori di tutti e tutti devono potersi riconoscere in lui. Accanto poi a questo piano biografico c'è un piano, diciamo, storico-politico. La commedia è scritta nel momento in cui Dante percepisce che è avvenuta una catastrofe o sta avvenendo una catastrofe di civista. Arriva la modernità, arrivano i mercati, cose che potranno accantonare per sempre la religione. Arrivano i viaggi, le scoperte, tutto quello che poi avremmo visto. Dante pensa che questo sia un grande pericolo da un punto di vista storico-culturale. Scrive la commedia come argine a questo pericolo e come prospettiva alternativa allo sviluppo storico in corso. Sono piani compresenti. Ognuno di questi piani ha interessato di più o di meno nel tempo dei lettori. A volte nessuno interessava, noi abbiamo avuto secoli in cui nulla della commedia interessava. Tra il Cinquecento e il Settecento la commedia, salvo eccezioni, non era letta in Italia. Da Bembo a Vico almeno la commedia era uscita dal radar dei lettori, perfino dei lettori colti. In particolare saranno i romantici all'inizio dell'Ottocento a riscoprirla. Quindi a volte non interessa nessuno di questi piani. Io credo che oggi a noi possa interessare la lettura. il romanzo d'avventura, il grande valore storico che ha questo poema per la nostra identità nazionale, per la nostra condizione di italiani in senso lato, anche di europei, anche di occidentali. Però credo che sia nostra responsabilità, il nostro diritto, dovere, andare a cercare nella commedia, così come nel Risorgimento si cercava la fondazione di un'idea di italianità, di patria, andare a cercare quello che ci interessa oggi, su piani paralleli. Allora io credo che Virgilio sia il personaggio di un romanzo d'avventura che aiuta Dante, come in una favola il complice, il collaboratore, la guida, l'aiutante, è contemporaneamente una grande immagine della civiltà classica ed è anche però un luogo, un luogo relazionale in cui viene messo in discussione ciò che è di stereotipato, di banale, di regressivo. è contenuto nei rapporti tra genitori e figli, tra maestri e allievi e anche tra generi diversi. Credo che questo sia possibile affiancarlo, vedere le due cose. E lo stesso vale per Beatrice. Beatrice è senza dubbio il modo in cui Dante esprime una rappresentazione della religiosità cristiana, ma è anche un modo in cui Dante esprime un modo della relazione tra un uomo e una donna. non ci dimentichiamo anche che Beatrice ha una funzione didattica nei confronti di Dante che non ha a che fare con la teologia. Quando Beatrice gli dice ad esempio, io so quello che vuoi chiedermi, io ti leggo nel pensiero, tutti qui in paradiso ti leggiamo nel pensiero, quindi non ti servirebbe parlare, però parla lo stesso, dimmelo qual è la tua sete, perché ti devi educare a parlarne, perché sulla terra se non sapete esprimere la sete nessuno vi potrà dare da bere. Io penso che è la lezione più grande che la scuola possa ricevere. Beatrice ha anche questa, una funzione pedagogica. E come ha una funzione pedagogica, ha anche una funzione di messa in discussione degli stereotipi. Ce l'ha nel testo di Dante, ce l'ha e come. Io oggi ho portato soltanto alcuni esempi, ma se ne potrebbero e dovrebbero fare tanti di più naturalmente. Siccome noi oggi siamo francamente esasperati dal vedere che la società e ognuno di noi resta ancora bloccato negli stereotipi di genere, Non si può più sopportare che le ragazze debbano subire una costante violenza e pressione sessualizzata da parte della società, non si può sopportare più che i ragazzi debbano essere costretti a incarnare un ideale macio, maschio sicuro, che non deve chiedere, che può prendere, perché ne soffrono tantissimo le ragazze, ma ne soffrono tantissimo anche i ragazzi. Abbiamo un enorme bisogno di mettere in discussione questi modelli. raggrinziti, miserabili che ci sono stati trasmessi dal passato. Metterli in discussione non vuol dire buttarli, distruggerli, ma farcene carico, farcene responsabili. Io penso che la commedia la possiamo leggere anche in questa prospettiva e scoprire che, non so, piccarda, strappata dal convento da un fratello brutale, costretta a un matrimonio che non voleva, ci parla di qualcosa che è stato vero. in Italia fino a non molti decenni fa e che in parte continua delle volte la sottomissione del femminile al maschile a essere vero. in un modo meno appariscente ma sotterraneamente altrettanto grave come leggiamo nelle cronache tutti i giorni. Ecco, allora io credo che noi abbiamo il dovere di tenere vivo ciò che di storico ci trasmette la lettura agli atti di questo poema, perché fa parte del nostro patrimonio e della sua verità filologica, ma abbiamo anche la possibilità, lo spazio e il dovere di interrogarla sulla base nuova dei nostri nuovi bisogni. per scoprire ancora una volta che mentre altre opere non hanno nulla da dirci su questo, o pochissimo, la commedia ha da dirci tantissimo. Si rivela ancora una volta un deposito pieno di ricchezze emotive, culturali e umane. Ed è questo un motivo, io credo, forte per continuare a leggerla e a leggerla davvero. Della biografia di Dante non sappiamo quasi nulla, questa è la verità. Sappiamo quasi solo quello che Dante ci racconta nella Commedia e in alcune altre opere e lui non ci parla di suo padre, di sua madre, dei suoi figli, della moglie. Dante non parla della moglie, mai, parla di Beatrice. È chiaro che noi abbiamo una prospettiva di relazione completamente diversa da quella di Dante, sarebbe un lungo discorso. Che poi Dante avesse un rapporto problematico con suo padre e con la sua famiglia si ricava chiaramente dalla commedia, però la cosa importante non è che lui avesse un rapporto problematico, non sappiamo quale. La cosa importante è ciò che lui se ne è fatto di questo rapporto problematico, che lui se ne è fatto un'occasione per interrogare le relazioni tra le persone. Io credo che questa sia la cosa importante per noi. Grazie al professore Cataldi, grazie a tutti e tutte gli alunni e le alunne che hanno partecipato. Qualche informazione da ricordare. Il 30 gennaio, sempre dalle 9 alle 10, ci sarà una lezione dedicata e coperta alle classi. Il tema è di che cosa parla Petrarca quando parla d'amore. Se non lo avete già fatto, i docenti possono iscrivervi alle proprie classi. Poi per i ragazzi che vogliono approfondire, magari rivedere, appuntare, studiare, ricordo che all'interno del sito www.columbeditore.it c'è uno spazio dedicato dove potrete rivedere le lezioni del professore Cataldi, ma anche sul canale YouTube della Casa Editrice si ritrova. Non siamo riusciti a rispondere a... tutte le domande però le abbiamo ecco li abbiamo trascritte le porgeremo al professore Cataldi e ci sarà l'occasione insomma di e di inviare le risposte grazie a tutti e a tutte buona giornata e buon proseguimento grazie buona giornata