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Presentazione e Innovazione nell'Esercito

La nostra missione non è creare burocrazia, non è vivere nella burocrazia, non è vivere per la burocrazia. L'esercito è fatto per prepararsi alla guerra, punto. Quindi questo deve essere un messaggio molto chiaro che dovete avere tutti in testa. Fino a qualche anno fa era una parola che non potevamo utilizzare, oggi la realtà ci ha chiamato a confrontarci con la guerra. Questa non vuol dire che l'esercito vuole la guerra, ma vuol dire che noi dobbiamo preparare e più saremo preparati. per la guerra e maggiori probabilità ci saranno che ci sia la pace. Non penso che i nostri uomini in Libano vogliono la guerra, sono nei bunker, sono i primi a volere la pace, ma sono pronti a fare la guerra. Per questo motivo sto valutando... ritornare a chiamare il corso di stato maggiore con il nome che aveva una volta scuola di guerra perché quello alla quale ci preparavamo vorrei fare una riflessione lo accennato una rivoluzione militare qualche giorno fa leggevo il corriere della sera 56 guerre oggi nel mondo accendete un telegiornale aprite un giornale l'ucraina il medio oriente sono su tutti i giornali se ne parla continuamente questi conflitti hanno mutato radicalmente il modo di combattere Se guardiamo l'Ucraina, che prendo come esempio, vi è un mix di guerra antica, le trincee che avevamo completamente dimenticato, i campi minati, i rotoli di filo spinato, il fango. E poi c'è il futuro, c'è la guerra cibernetica, c'è la guerra spaziale, ci sono i drone, ne tutte le loro varianti, c'è la disinformazione. La guerra delle menti, la mente nostra militare e di tutti è diventata ormai parte del campo di battaglia. Qualche anno fa in Afghanistan, qualcuno di voi c'era sicuramente, ricorderà, camminavamo guardando a terra con il terrore per ogni minimo avvallamento. Premavamo quando dovevamo attraversare un canale di scolo. Abbiamo paura dei IED, di questi IED che tanti morti hanno fatto. Il soldato ucraino oggi non guarda a terra, guarda in aria, perché oggi la morte arriva dall'aria. Il drone è l'IED odierno e sarà l'IED del futuro, per un po'di tempo. Siamo in sintesi davanti a un condensato di passato, che è il conflitto convenzionale, e il futuro. I domini emergenti, la tecnologia digitale, l'intelligenza artificiale, ne abbiamo parlato, che detta le linee di sviluppo e pone allo strumento militare terrestre sfide complesse, non complicate, complesse, per fronteggiare le quali l'esercito deve essere portato a livello tecnologico delle altre forze armate. L'ho già detto, lo ripeto. L'output operativo della difesa è il prodotto dei fattori delle diverse forze armate. E se uno dei fattori tende a zero, il prodotto tende a zero. Quindi tutti devono essere tecnologici. E l'esercito lo deve essere come le altre forze armate. Dobbiamo quindi attrezzarci e dobbiamo farlo presto. E lo dico, e riprendo le parole di un ex capo di Stato Maggiore della difesa statunitense, a conferma che non è soltanto un nostro problema, l'amiraio Mullen, il quale recentemente... intervenendo a un board sull'innovazione della difesa statunitense, ha detto, e cito testualmente, non c'è più tempo per la mediocrità, non c'è più tempo per la burocrazia. E io aggiungo, non c'è più tempo per le rendite di posizione, che sto combattendo dal giorno in cui ho assunto l'incarico di Capo di Stato Maggiore. Purtroppo viviamo in un mondo burocratico, un mondo che ha paura di cambiare. Perché il cambiamento è visto come personale, però non si può fermare l'evoluzione positiva di un'organizzazione per il rischio personale. Non mi interessa il destino di ognuno, non mi interessa la carriera del singolo, mi interessa l'organizzazione che deve cambiare. Lo dico per il bene degli esercizi, lo dico per il bene dei nostri soldati e delle loro famiglie. Lo dico e lo dico all'industria della difesa. quando ravviso ritardi nelle consegne e tengo il punto sui requisiti tecnici che pretendo vengano rispettati perché ricordatevelo Perché qualcuno mi ha fatto notare qualche giorno fa che la guerra è una cosa troppo seria per farla fare ai militari, ricordando un adagio. Io dico bene, facciamo sì che se ne occupino politica e diplomazia. Il problema è che mentre la politica e la diplomazia fanno il loro lavoro, i soldati soffrono e muoiono. E non è una differenza da poco. Dobbiamo avere il coraggio, abbiate il coraggio, di mettere a nudo le storture, le inefficienze. Dobbiamo trovare procedure reattive, dobbiamo superare gli schemi che la storia ormai ha consegnato all'oblio. Anche a costo di apparire impopolare nelle tesi, di rendersi invisi a qualcuno nelle soluzioni, scelte alternative, dobbiamo essere coscienti. L'esercito deve cambiare, l'esercito deve innovarsi e deve farlo presto. La locomotiva del cambiamento è partita, è stata la mia prima priorità da quando ho assunto il mandato di Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Abbiamo reagito, abbiamo reagito al modo di fare una guerra. Non fatevi criticare che l'Esercito italiano non è pronto per questi scenari, nessun esercito è pronto per questi scenari. Tutti si erano concentrati su queste famose operazioni di sostegno alla pace, tutti guardavano a quegli scenari, nessuno ha avuto la visione di capire quello che stava succedendo. Era comodo fare operazioni di sostegno della pace, in primis perché costano di meno, quindi è più comodo prepararsi per una cosa del genere. Invece bisogna prepararsi per le cose più difficili, perché se si stanno a fare le cose più difficili si stanno a fare anche quelle più facili, anche se questo costa di più. Ma questa è la reazione, è la reazione che tutti stiamo avendo in questo momento, stiamo cercando di correre per far fronte a quello che sta succedendo in Ucraina e in Medio Oriente. Non è questo a cui dobbiamo soltanto tendere, perché alla reattività si deve affiancare la proattività. Perché se ci limitiamo a reagire, fra 15-20 anni qualcuno di voi che sarà al mio posto avrà gli stessi problemi che io adesso, perché sarà cambiato lo scenario e non l'avremo previsto, perché ci saremo concentrati sulla reazione a quello che sta succedendo. Se voglio esemplificare per far comprendere ciò a cui mi riferisco. Si reagisce all'Ucraina, ma si è proattivi per l'Africa, che sarà il problema dei prossimi 20-30 anni. La tecnologia rappresenta la proattività e la trasformazione continua. E'la nostra arma per sopravvivere vittoriosi sul campo di battaglia. Oggi vince chi è più tecnologico. Tutto il resto sono chiacchiere, mi dispiace. In un confronto con la simmetria tecnologica esce sconfitto. Chi non ha abbastanza tecnologia per competere vince chi ha la superiore tecnologia. E l'esercito, l'ho detto, o è tecnologico o non è. Poche settimane fa abbiamo fatto un'esercitazione di sperimentazione, abbiamo testato il concetto di impiego di nuove tecnologie, di armi e mezzi di cui stiamo iniziando a equipaggiare l'esercito, ponendoci all'altezza, in alcuni settori anche all'avanguardia, dei più moderni eserciti occidentali. L'addestramento. L'addestramento è l'essenso della nostra missione. Chi sceglie di mettere stellette sceglie di addestrarsi. Si cresce a pane e addestramento. È la nostra polizia assicurativa. È la polizia assicurativa per il nostro Paese. È la polizia assicurativa per ognuno di noi. Più sarete addestrati e maggiori probabilità avrete di sopravvivere sul campo di battaglia. Voi e chi è a fianco a voi. E penso che ognuno voglia a fianco di sé qualcuno addestrato. Quindi addestratevi e pretendete dei vostri uomini che siano addestrati. Qualche parola in più la spendo sui valori, che considero il fondamento dell'istituzione militare. I valori rappresentano le nostre regole di vita, rappresentano l'impegno che ognuno di noi ha assunto, un giorno giurando davanti al tricolore. Queste regole, questi valori sono sulle nostre stellette, le portiamo sul bavero. E sono quelli che ci rendono uniti. Sono la nostra forza, sono quelli che fanno la differenza fra la nostra istituzione e un'organizzazione. Sono quelli per i quali, quando c'è una crisi, quando il Paese è in difficoltà, sentite dire, chiamate l'esercito. Non dimenticatelo mai. Non tollerate che vengano messe in discussione le nostre regole. Sono la garanzia della nostra estenza e della nostra sopravvivenza. L'esercito... è noto, riflette l'intero spaccato della società. Tutto deve cambiare, deve cambiare velocemente perché bisogna adeguarsi ai tempi a partire dalla mentalità. Non dobbiamo soltanto riappropriarsi della capacità di condurre campagne o battaglie ad alta intensità in chiave interforse e multidominio. Riguarda anche il dimensionamento quantitativo. quantitativo e qualitativo dell'esercito, il reclutamento, la rigenerazione delle forze, le riserve, la mobilitazione con le connesse capacità, i stocchi di materiali, le munizioni, la maniera in cui ci addestriamo, ci formiamo, la dottrina, il modo in cui ci organizziamo, operiamo, i programmi di sostegno e benessere per il nostro personale. E non dimentico la capacità e i tempi di produzione e di consegna dell'industria della difesa, abituata, come lo siamo stati noi, a non aderire agli ordini del tempo. E quindi, sostanzialmente, necessario un salto culturale che è diventato indispensabile. Cultura organizzativa, capacità, possibilità, attitudine a pensare fuori dagli schemi, superare l'autoreferenzialità, esplorare nuovi approcci, saper rischiare di stare al passo con i tempi. Giovani, aprire gli occhi e guardare quello che succede nel mondo civile. Lo stiamo facendo, continuate a farlo. Le idee sono tante. Dobbiamo assorbirle, prenderle, provarle velocemente. È finito il tempo di yes man, abbiate il coraggio di parlare. Non chiede il pensiero laterale, dal contrasto alla repressione dell'errore che invece deve essere accettato. Tutti hanno paura di sbagliare, chissà cosa succede se non fa l'errore. Solo sbagliando si cresce e noi abbiamo bisogno di crescere, abbiamo bisogno di innovarci. Non abbiate timore. L'errore va incoraggiato se è frutto di iniziativa, se è voglia di fare, voglia di non arrendersi, di rialzarsi. Abbiamo bisogno di persone che pensino fuori dagli schemi. Non è con la paura di pensare o la paura di cambiare che facciamo il bene del nostro esercito, dei nostri soldati e delle loro famiglie. Servono leader e comandanti che siano in grado di dare l'esempio, che siano in grado di prendersi cura dei propri uomini e delle proprie donne. Non dobbiamo mai perdere di vista che la vera forza del nostro esercito sono i nostri soldati, i loro standard professionali, fisici, di disciplina, di soddisfazione. Dobbiamo creare per loro le migliori condizioni di vita e di sicurezza. Sempre. Non servono leader e comandanti che si servono dei propri uomini, servono leader e comandanti che servono i propri uomini. Una formazione adeguata all'evoluzione dei tempi dovrà consegnarci comandanti e leader pronti a mettersi in gioco, che non smettano mai di chiedersi cosa può essere fatto meglio, in grado di superare la fissità rassicurante dal si è sempre fatto così. Non si può continuare a dire si è sempre fatto così. Superare ogni forma di burocrazia che ci impedisce di andare alla velocità che vogliamo e che è indispensabile. E mi soffermo un attimo su questo, quello dove è sfuggito qualcuno, che siamo già al lavoro per quanto riguarda la battaglia, il cosiddetto... sesto dominio, il dominio della burocrazia. Abbiamo attivato da mese un programma dedicato, una casella di posta elettronica nel mio ufficio all'indirizzo meno burocrazia chioccio all'esercito punto difesa punto it. Tutti possono scrivere. Tutti possono contribuire per per darci delle idee per abbattere la burocrazia nell'esercito. Chiunque, dall'ultimo volontario appena entrato, può scrivere a questa casella e mandare le proprie idee. Le idee che nell'esercito, che è il privilegio di dirigere, non hanno gradi. E lo ripeto, se qualcuno ha dei dubbi, qualcuno non sa, può chiedere. Anche lì abbiamo un altro indirizzo, abbiamo un numero WhatsApp, anche lì c'è una risposta che verrà data. Abbiamo sviluppato un programma sul radioesercito per rispondere ai quesiti. Stiamo facendo di tutto per... raccordare la periferia al centro. Abbiamo bisogno che le idee, le idee dei giovani, le idee vostre arrivino al vertice, arrivino subito, senza valutazioni gerarchiche che le rallentino o le devino.