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Presentazione di "Il nemico di Mussolini"

Buonasera, buonasera a tutti. Io sono Antonio Carioti, sono il giornalista del Corriere della Sera. Siamo qui oggi con dei gratissimi ospiti per presentare un libro su una vicenda centrale della storia italiana.

Sono passati cento anni dal rapimento e dall'omicidio del deputato socialista e segretario del Partito Socialista Unitario Giacomo Matteotti che venne rapito il 10 giugno del 19... da un gruppo di sicari fascisti legati alla presidenza del Consiglio, a uomini molto vicini a Mussolini e eliminato. Poi il cadavere venne ritrovato il 16 agosto successivo.

Si trattò di un delitto politico che fece scalpore, che mise in difficoltà Mussolini che era capo del governo da due anni essendovi giunto in seguito alla marcia su Roma del 1922. regime nascente potesse vacillare, in realtà poi la conclusione della crisi, per una serie di motivi, portò al consolidamento della dittatura, cioè si passò da una situazione di ambiguità in cui Mussolini si accaparrava sempre a una maggiore fette di potere, attraverso una legge maggiorare maggioritaria, la creazione della milizia e così via, si passò sostanzialmente nel giro di due anni alla dittatura aperta, vera e propria, con la messa fuori legge di tutti i partiti. e sostanzialmente l'avvio alla costruzione di un regime totalitario. A questo evento, che appunto rappresenta un momento centrale nella storia dell'Italia novecentesca, Marzio Breda e Stefano Caretti, che sono qui accanto a me, hanno dedicato un libro, edito da Solferino, che si intitola Il nemico di Mussolini, dedicato alla figura di Matteotti. Un libro, secondo me, molto interessante, anche perché non si sofferma esclusivamente...

sul delitto Matteotti che inevitabilmente ha attirato l'attenzione per la tradicità della vicenda e per le sue conseguenze, ma anche sulla figura di Matteotti. Su questo socialista riformista e al tempo stesso intransigente, uomo che amava studiare i problemi, leader coraggioso che dieci giorni prima di essere ucciso, il 30 maggio del 1924, aveva tenuto un discorso molto duro alla Camera contro le irregolarità che avevano avuto luogo in occasione delle elezioni politiche del 6 aprile sempre del 1924. Per discutere questo libro, oltre agli autori, qui accanto a me c'è Stefano Caretti, che è professore di storia contemporanea alla Università di Siena ed è il curatore delle opere complete di Giacomo Matteotti. Poi c'è Marzio Breda, che per i lettori del Corriere non ha bisogno di grandi presentazioni, è una nostra firma, segue soprattutto le vicende del... della Presidenza della Repubblica, autore anche di molti libri, ricordo Capi senza Stato, proprio su questo tema del Quirinale che è stato pubblicato da Marsilio e poi una cosa importante, questo libro intervista che fece col poeta Zanzotto in questo progresso scorsoio, mi pare si chiamasse, pubblicato da Garzanti. Per discutere con i due autori, per dibattere di questo libro, abbiamo altri due relatori.

la professoressa Anna Steiner che insegna nell'ambito della comunicazione alla facoltà di design del Politecnico di Milano, ma qui soprattutto in quanto ha un legame di parentela e pronipote di Giacomo Matteotti. E poi il professor Marcello Flores che anche lui ha una firma del Corriere della Sera e della lettura, ha insegnato anche lui all'Università di Siena, ha dedicato diversi libri a queste vicende. dell'antifascismo, una storia della resistenza con Mimmo Franzinelli di recente, ricordo anche un libro Il vento della rivoluzione, edito dalla Terza, scritto con Giovanni Gozzini, che riguarda invece la fondazione del Partito Comunista, quindi il movimento operaio di cui Matteotti faceva parte, anche se su posizioni molto diverse da quelle del Partito Comunista.

Io direi di fare un primo giro di interventi sui 10-12 minuti e poi un secondo giro di repliche più brevi intorno ai 5 minuti. Cominciamo ovviamente non con gli autori ma con le persone che abbiamo chiamato a dibattere, seguiamo l'ordine alfabetico. Io comincerei quindi da Marcello Flores e gli chiederei, proprio in quanto storico, se non vale la pena di approfondire oltre alle vicende tragiche del delitto. anche le vicende precedenti, la figura di Matteotti, questo suo riformismo molto particolare, questa sua intransigenza nei confronti del fascismo e poi questo ruolo importante che viene a ricoprire a partire dal 1922 come segretario del Partito Socialista Unitario, cioè dell'ala riformista del socialismo italiano che in quel momento si stacca dall'ala massimalista.

Buonasera a tutti. Il libro che presentiamo questa sera è un libro molto bello perché va al di là di quello che è il titolo. Io capisco che i titoli si fanno anche per essere efficaci e questo lo è.

Ma Matteotti qui è presente a 360 gradi, è presente in quella che è la sua complessa struttura di uomo politico, ma anche di studioso. Perché lui è stato spesso in bilico, anzi aveva una qualche predilezione più per continuare gli studi, se non che il fatto della situazione drammatica in cui si trovava l'Italia, soprattutto dopo la fine della guerra, le vicende politiche e il fatto che si trovava a vivere in una zona particolare a cui era fortemente legato e che era piena di lotti. di battaglie, di tentativi di rimettere in piedi una ricostruzione economica diversa, lo fa spingere poi anche proprio per la minaccia del fascismo a scegliere definitivamente la strada della politica. E quindi però Matteotti, io da quando ero ragazzo per noi era sempre stato un mito, però dietro questo mito... Soltanto molto dopo, attraverso gli studi, ho potuto cogliere la ricchezza della sua personalità politica, tra l'altro insegnando nella stessa università con Stefano che...

ha cominciato molti anni fa a occuparsi in modo un po'ossessivo, ma per fortuna di Matteotti è riuscito a farlo conoscere in modo estremamente ampio e intelligente. Io oggi credo, pur non essendo un esperto diretto su Matteotti, ma di poter dire che se ci fossero stati più socialisti come Matteotti, sicuramente le cose forse in Italia sarebbero andate diversamente perché è un personaggio che in qualche modo rappresenta un modello di quello che poteva e doveva essere un politico insieme di opposizione, di riforma ma anche di volontà di imporre il socialismo in Italia e quindi di una rottura con il capitalismo. Questo è estremamente importante perché spesso noi leggiamo Matteotti sotto il modo in cui è stato descritto dalle altre correnti del movimento operaio, come non un riformista ma come addirittura un traditore da parte del partito comunista, come un moderato eccessivo da parte... dei socialisti massimalisti, quando invece è stato tra i riformatori quello che maggiormente è stato capace di individuare alcuni momenti cruciali, di possibilità. Nel 1919, quando ricomincia l'attività politica piena.

Dopo la guerra, dopo l'esperienza di amministrazione locale che fa, lui propone immediatamente delle misure di tipo tributario che all'epoca apparvero come qualcosa fuori luogo. Ma come noi dobbiamo occuparci? C'è la fine della guerra, la ricostruzione, il biennio rosso e quindi la minaccia della rivoluzione, il fascismo che ha creato... Mussolini che ha creato il fascismo e tutti i occupi di proposte tributarie.

Erano proposte fondamentali, erano una tassa sul capitale, era un aggravio della tassa di successione, erano una serie di altri elementi che avrebbero costituito una importante riforma nel senso pieno, quelle riforme che nell'ottica sua e del riformismo italiano, quello di Turati, dovevano costituire la messa in crisi della normalità borghese e capitalista dell'epoca e quindi avrebbero potuto permettere di avvicinarsi a quella che poi sarebbe stata, perché lui ci credeva fortemente, la possibilità della vittoria del socialismo. Nel congresso del Partito Socialista del 1919 ha uno scontro furibondo con Amadeo Bordiga che in quel momento è il leader della frazione comunista e che poi due anni dopo darà vita al Partito Comunista d'Italia con la scissione di Livorno. Ebbene in quell'occasione fa un discorso che meriterebbe oggi di essere riproposto e fatto leggere.

veramente a tutti quelli che si occupano di politica e che vogliono una fine o una trasformazione del capitalismo, perché gli dice io sono contro il capitalismo, lotto per combattere il capitalismo, tu lotti per combattere il governo politico del capitalismo. Quello che c'era dietro era una riflessione che era avvenuta sull'onda della rivoluzione russa. in cui la critica che i riformisti più attenti fanno alla rivoluzione russa, conoscendola, avendo rapporti molto stretti con soprattutto i mescevichi che sono dovuti scappare dall'Unione Sovietica, è proprio l'idea che la presa del potere diventa, nella tradizione del marxismo che diventa da quel momento in poi marxismo-leninismo e che purtroppo diverrà quella maggioritaria a partire... dagli anni 30 perlomeno in avanti in Italia, è l'idea che bisogna conquistare il potere e che la conquista del potere è...

il punto centrale della lotta per il socialismo. E lui proprio in quel congresso dice la lotta per il potere non porta a nulla se poi non si ha la capacità di andare verso il socialismo. E fa una riflessione anche su i limiti di maturità che le masse operaie hanno in quel momento. Masse operaie che hanno fatto delle grandissime lotte in quello che viene chiamato il bienio rosso ma che... per larga parte è già un biegno nero, possiamo dire, anticipatamente, perché se andiamo a vedere il numero dei militanti politici che sono uccisi, la stragrande maggioranza continua a essere quella dei partiti di sinistra, dei socialisti, degli anarchici e a volte anche dei sindacalisti cattolici, anche se fino al...

1919 a colpire sono soprattutto le forze dell'ordine, dal 20 in poi saranno invece i fascisti che prendono loro in mano il monopolio della violenza perché lo Stato glielo cede volentieri. Questa capacità di vedere queste cose e di proporre quello che al tempo stesso è possibile ma sempre con una logica di guardare verso l'alto. il futuro. Quello come diceva prima Antonio Carioti di un riformismo intransigente, intransigente voleva dire che non faceva sconti, che non voleva dire moderazione, voleva dire individuare quelli che potevano e dovevano essere i punti essenziali su cui mobilitarsi e poi attorno a quelli cercare la comunità di tutte quante le forze dell'opposizione antifasciste ma soprattutto... socialiste, lui aveva, anche se è costretto a fare l'ultima scissione, quella del 22, perché i riformisti vengono espulsi dal Partito Socialista, lui continua ad avere una visione unitaria di quello che è il movimento operaio e che debba averlo.

Ecco, quindi è in quest'ottica che noi capiamo anche perché è in qualche modo l'unico, come segretario di quel partito che ha la... possibilità e il coraggio soprattutto di mostrarsi così apertamente contro il fascismo dopo le elezioni con quelle cose che conosciamo bene che rappresentano poi la costruzione del mito attorno al coraggio di chi si è sacrificato sapendo che andava incontro a una fine certo non facile ma tutt'altro che non impossibile. Mi pare che Matteotti abbia detto dopo quel discorso adesso mi dovete preparare l'orazione funebre, insomma era consapevole che sfidare il fascismo in questa maniera avrebbe avuto delle conseguenze pesanti. Professoressa Steiner, lei in qualche modo ha un legame familiare con Matteotti, che cosa ha significato essere imparentata con un uomo che ha avuto tanto rilievo nella storia d'Italia? e la cui vicenda ha pesato nelle vicende del nostro paese in maniera così significativa.

Buonasera a tutti e grazie mille dell'invito. Per il quale sono molto emozionata. Non si sente? Non si sente.

Sente poco la voce. Tieni, dev'è la... Funziona?

No, così. Così sì? Lo tengo allora.

Scusate. Dicevo che prima di tutto buonasera a tutti e poi ringrazio moltissimo dell'invito, gli autori, perché naturalmente mi ha colpito, non me lo aspettavo, non sono chiaramente una storica, però sono molto emozionata e contenta di questo invito. perché in realtà si pensa che la vicenda di Matteotti, la sua storia diciamo così personale, sia in qualche modo separata dalla vicenda politica, ma posso testimoniare che non è così. In che modo? Io sono cresciuta in una casa dove nella libreria principale che aveva si sente.

che aveva i vetri perché le librerie erano tantissime in casa mia però una in particolare molto grande e aveva i libri protetti dai vetri in mezzo a questa libreria troneggiava un piccolo busto di Matteotti che a me ha sempre incuriosito perché i miei genitori per la loro storia, per la loro vicenda, potrei dire culturale, avevano come filosofia di vita, diciamo così, l'antiretorica. Un busto mi sembrava proprio una cosa stranissima. Quindi fin da piccolissimo ho sempre chiesto cosa fosse questo busto.

E in realtà questo busto, conservato, devo dire, religiosamente, e non ho idea di come si sia salvato, perché... Le case dei miei genitori, sia da parte materna che da parte paterna, furono tutte o bombardate o distrutte, messe a totale repentaglio dai fascisti, perché i miei genitori sono stati entrambi partigiani. E quindi non so come si sia salvato questo bustino, però questo bustino ha sul retro incisa una scritta che dice questo bustino è stato conservato dal 1924, quindi dall'uccisione di Matteotti, da Roberto Forti, che non ho la più palida idea di chi sia, anzi sono felice di essere tra storici che magari mi sapranno dire qualcosa in merito, che lo ha conservato e lo dona oggi ad Albert Stein, cioè mio padre, oggi.

Mi sembra che dica maggio, il giorno di maggio, non lo ricordo, 1939 ad Albert Steiner perché fedele alla memoria dello zio. Quindi quando io ho letto questa cosa, che ero ragazzina, mi sono molto impressionata e tanto per darvi un'idea con degli esempi concreti, io intorno ho vissuto. in un ambiente dove l'editoria era centrale e quindi tanta parte delle mie vacanze io le ho passate in casa in Audi perché ero molto amica della figlia maggiore di Giulio e quindi lì facevamo un giornalino, io e lei, che naturalmente non potevamo riprodurre in più coppie e vendevamo alla lettura.

Abbiamo le firme naturalmente del nonno Luigi Einaudi, piuttosto che di altri che passavano per questa casa meravigliosa e il mio articolo era Matteotti ucciso da una lima. Io avevo 12 anni, 13 anni, avevo ricalcato una lima da unghie pensando che perché mio padre mi aveva raccontato che questo zio che lui amava molto era statuto. ucciso con un colpo di lima al cuore.

Ora quella lima non era certo una lima da unghie, però ecco, quella storia mi aveva colpito moltissimo, ma quello che più importa, credo, in questa sede è che mio padre effettivamente, facendo il lavoro che faceva, cioè il grafico, quando interpellato per l'appunto da Giulio Enaudi, era già diventato, oggi si dice, visual designer famoso per la sua autobiografia. Io ricordo benissimo, perché a quel punto ero già all'università, lui mi disse, ma io un'autobiografia è una cosa quasi da un libro post-mortem, non mi piace per niente. Poi ci pensa un po'e dice, beh però posso parlare degli inizi, non li sa quasi nessuno. E prende degli appunti davanti a me, che io tuttora tengo religiosamente.

Fa un piccolo schizzo della faccia di Mussolini e lui dice questo è il faccione di Mussolini. Sottoscrive a basso Mussolini, gran capo degli assassini, vicino scrive 10 giugno 1924, Albe a 11 anni, prima comunione. E poi aggiunge la telefonata da Roma, il papà. E Mirine, Mirine è il soprannome in casa Steiner, Titta eccetera, tutti sono soprannominati.

Mirine sta per Casimiro che era il giornalista del Corriere della Sera, mi piace ricordarlo perché siamo qui, che era l'altro zio e quindi i due cognati devono andare a Roma di corsa. Quindi la festa della prima comunione di mio padre si trasforma in un momento per lui di notevole tragedia. La vive così, però fa questo disegno, era un bambino che disegnava molto fin da piccolo, fa questo disegno, lo appende, lo scrive negli appunti, dice i rimproveri dei genitori e poi aggiunge il mio primo cartello stradale, perché lui lo aveva appeso sotto casa. Abbasso Mussolini, gran capo degli assassini.

Quindi i genitori lo sgridano e gli spiegano che non può esprimersi liberamente. Tutta la vita io ho vissuto con questa idea. che bisognava stare attenti a come si parlava e con chi si parlava. E tutta la vita mio padre mi ha spiegato che nella sua adolescenza e nella sua giovinezza lui non aveva mai potuto parlare liberamente. E io di questa cosa, devo dire, sono rimasta molto colpita da sempre, ma onestamente ora posso dire che non ci ho creduto tanto.

Mi sono molto meravigliata quando molti anni fa sono stata ad una conferenza di storici su Matteotti perché mi interessava, si erano appena aperti gli archivi di Stato e ricordo benissimo che citarono proprio tutta la documentazione dei domestici di casa Steiner, cioè casa di mio padre, di casa Vronoschi, l'altro zio. Naturalmente di casa Titta perché il fratello di Veglia, Titta di cognome, era Titta Ruffo che era un grande baritono, non poteva più cantare, portò la bara di Matteotti insieme a mio nonno paterno e non a caso la bara fu portata, le foto lo dimostrano, da Emerico Steiner, cioè il padre mio padre, da un lato. Titta Ruffo. fratello di Veglia dall'altro e dietro dai due ragazzi, cioè il fratello maggiore di mio padre che allora aveva 15 anni, quindi si considerava più grande, non dico maggiorenne, ma quasi, e Rufo Junior, il figlio più grande che aveva 16 anni, cugino. Quindi mio padre non poteva andare a quel funerale perché ne aveva solo 11. Soffrì parecchio, ne parlò col fratello, il fratello poi divenne un avvocato antifascista e scrisse contro le leggi razziali eccetera e per una delazione in corso Vittorio Emanuele fu preso, portato a San Vittore, da San Vittore a Fossoli e da Fossoli a Mauthausen e nel sottocampo di Mauthausen di Ebensee morì nel febbraio del 1945. Quindi la nonna Fosca che io ho conosciuto ebbe il primo genito, oltre al cognato che amava moltissimo, perché Fosca era la sorella maggiore di Veglia, moglie di Matteotti, e siccome le due sorelle avevano perso la madre e il padre era andato fuori casa molto presto, il fratello aveva...

Svolto una funzione sia paterna che materna nei confronti di Veglia e quindi c'era un grande affetto. Perciò i legami di famiglia sono stati e sono rimasti fino a che siamo sopravvissuti molto intensi. Oggi qui non c'è mio cugino Marco che è il figlio di Mino, il fratello di mio padre morto nel sottocampo. ma ci sta seguendo in streaming, c'è qui la figlia, ancora siamo molto legati e abbiamo questo, diciamo così, esempio, ma veramente concreto in Matteotti, perché diciamo che lo è stato da tutti i punti di vista, cioè non soltanto come letture storiche, ma anche... diciamo così, nei racconti quotidiani.

E direi che sono molto grata agli autori perché mi ha colpito una frase che gli autori citano nel libro, che voglio ricitare, di Giovanni Sabattucci, uno dei più accreditati storici del ventennio. E dice, prima di lui, cioè di Matteotti, C'era stata opposizione al fascismo, ma l'antifascismo come valore, come scelta consapevole e prioritaria, nasce solo con l'estate del 24 nel suo nome. Questa mi sembra la frase che rappresenta un po'anche la mia storia familiare. In che senso? Nel senso che i miei genitori entrambi...

Si sposano nel 38, l'anno delle leggi razziali. Mia madre è figlia di padre ebreo che verrà prelevato per il suo essere ebreo. è ucciso, non si è mai saputo come, in quella che chiamano la strage di Meina, il primo crimine di guerra di cui si sa. E lui e i suoi due nipoti, cugini di mia mamma, vengono prelevati nella casa dove erano sfollati di proprietà della mia nonna materna, sul lago Maggiore, e vengono uccisi. Ma dico questo per dire che...

Diciamo, si sposano nel 38, l'anno delle leggi razziali, nel 38 muore Veglia. Nel 38, come si direbbe volgarmente, mettono su casa. Ho una lettera deliziosa di mio padre alla cugina Veglia, che era soprannominata in casa Veglietta, perché gli racconta del matrimonio e in questa occasione... Mia nonna Fosca, che si chiama come me, mio secondo nome è Fosca, regala mio padre e mia madre due quadri di Veglia.

Veglia dipingeva, Veglia Manteo, che io tuttora ho, uno l'ho io, uno la mia sorella, e sul retro mio padre che scriveva tutto e mi ha cresciuto dicendomi non devi disperdere un foglio di quello che è documento perché... ci sarà un momento in cui negheranno tutto quindi questo è il senso della mia testimonianza sono cresciuta in questo modo e il valore dell'antifascismo sta nel fatto che i miei due genitori si iscrivono poi nel 40 al partito comunista il fratello Mino che muore in campo era di giustizia e libertà e sarebbe stato nell'ambito socialista sicuramente la sorella Chitta che fa la sua parte intercettando le telefonate di Mussolini per segnalare ai partigiani molto, era stata repubblicana e fece parte del primo nucleo che si occupò della proposta di legge per il divorzio. E l'ultima sorella, la più piccola, nata l'anno dell'uccisione di Matteotti, Liliana, era democristiana. I miei genitori mi hanno sempre detto questo è l'arco costituzionale.

Grazie. Allora ringraziamo la professoressa Steiner, passiamo agli autori, cominciamo da Caretti, la figura di Matteotti e anche forse il suo rapporto col Corriere della Sera andrebbe approfondito. Sì, sì, questa è stata un'improvvisazione.

Ora dovete sapere che circa... La sorrido perché poi vi spiegherò. Lecce, giorni fa mi arriva un gentile invito dal centro cardiologico di un ospedale di Firenze.

di passare qualche giorno con loro. Io fra l'altro non avevo mai avuto nessun ricovero d'urgenza. E allora durante queste giornate, naturalmente, il carissimo amico ci conosceva da vent'anni, era un po'in fibrillazione perché questa era un'occasione più unica che rara. Allora ogni giorno mi chiedeva, allora come va, come non va? Poi l'ispirazione me l'ha data lui, perché a un certo momento ha detto sai caretti, viene anche Ferruccio De Bartoli.

De Mortoli. Allora dico no, beh, allora io devo modificare il mio intervento. No, no, è giusto.

Ho detto sono ospite. E allora mi è venuto in mente che, avendoci lavorato 50 anni su Matteotti... presente che qui c'è mia moglie che viene definita la seconda vedova Matteotti, da tutte, sì sì perché la poveretta ha subito, e allora ho detto faccio qualcosa, io mi ricordavo che qualche spunto c'era sul Corriere della Sera, allora mi sono detto che non mi ricordo Mi sono fatto portare alcuni libri, Meteo Curato, Di Cartesi.

Due cose io ricordavo già prima. Una sorella di Veglia aveva sposato un giornalista di origine polacca, Casimiro Vronovski, che nel 1909 fu chiamato proprio da Albertini nella redazione di Corriere a Sera. E subì naturalmente dopo le stesse cose. sorti.

L'altro, e mi piace ricordarlo, è un commediografo e redattore del Corriere della Sera, Giovanni Censato, che manda un nobile messaggio alla vedova Matteotti, c'è la carta intestata del Corriere della Sera e naturalmente seguiranno la sorte di quanti avevano scritto la vedua che furono definiti quarti rallisti cioè quelli riferimento alla quartarella che si erano esposti in questa occasione dove venne ritrovato il cadavere di Matteotti no non l'ho detto perché sennò Carioti lei qui bisogna dare un po'spazio anche a lei allora allora Partiamo da Velia, è stato già ricordato, Velia orfano e giovane, cresce nella villa splendida del fratello Titarufo, quella che poi sarà quella del re di Spagna. Naturalmente con le vicende del fascismo la sorte di Tita Ruffo, che non vorrà più cantare in Italia, se ne risente anche sul piano economico, fu venuta proprio dove è nato anche Juan Carlos. Ma allora erano queste fortune perché cantare con Caruso in questi loro partivano dagli Stati Uniti, facevano tutta l'America Latina, quindi grandi guadagni.

Lei cresce quindi in questo ambiente e il fratello sopra molto di lei. fino alla data del matrimonio, infatti per lui questo distacco fu da un lato felice ma dall'altro gli lasciò vuoto e quindi in un ambiente culturale non soltanto italiano ma anche straniero perché poi lo seguiva nelle tournée e lei scrive un paio di volumetti di poesie e un romanzo, l'idolatra però con uno pseudonimo per non mettere in difficoltà il marito Andrea Rota e quindi ripeto pieno di interesse questi si confrontano con quelli di Matteotti non fa solo politica ma legge di poesia va a teatro da vanguardia va a vedere le prime esperienze cinematografiche e qui c'è questo confronto continuo attraverso il Corriere della Sera il Corriere della Sera è il giornale di riferimento di Veglia Matteotti quando lei si trasferisce per dire in montagna che non c'è il Corriere della Sera, scrive subito al marito abbonami al Corriere della Sera e subito si affianca la lettura. Ora io ho suggerito a una giornalista molto brava del Corriere della Sera, che è stata modellatrice in tre miei interventi su Matteotti e soprattutto Pertini, un articoletto di Notarelle spase, perché naturalmente... Io su questo non intervengo, ma ci sono i giudizi dell'uno e dell'altro. Hai visto l'articolo di Pastore?

Hai visto la cosa di Danuzio? C'è sempre questo scambio nei carteggi. E quindi secondo me è interessante.

Molto sulla lettura e naturalmente sempre di articoli di carattere letterario o musicale. Però Beglie ha un'altra funzione. Matteotti naturalmente più sotto delle armi non può vedere il Corriere ma anche poi nel dopoguerra lui con il suo impegno politico è sempre in giro allora c'è una lettera ricordo anche questa in cui dice caro Giacomo è uscito oggi sul Corriere della Sera un articolo di Enaudi molto interessante che ti ritaglio cioè lei può poi prendeva questi articoli, li ritagliava e li metteva da parte.

Sulla politica non c'è sempre un interesse allo scambio, i personaggi si adorano, è una storia veramente di un grande amore, ma uno ateo e lei come direbbe Silone una vera credente, non praticante e anche sul piano politico più moderata, se vogliamo il suo riferimento nel Partito Socialista è al vecchio Turati, lei lo spese e dice ma seguitelo Turati! Gio Litti, vecchio Gio Litti, nella crisi del dopoguerra le punta anche, cioè punta, spera che Gio Litti riesca a venire a capo delle violenze fasciste e poi Bonomi. Ecco, questi sono i suoi riferenti e naturalmente grande stima da Albertini, tanto che di fronte alle violenze inaudite che si consumano alle Polesine, gli suggerisce, scrivi ad Albertini.

E lui dice, maggio 21 Roma, ho avuto il colloquio col direttore del Corriere. manderà forse un corrispondente straordinario nel Polesina. E qui passiamo ad Albertini, che ricorda quell'incontro, l'unico. Lo conobbi prima della marcia su Roma. Era venuto nell'ufficio romano del Corriere a narrarmi episodi di violenza che gli rivoltavano l'anima e che dovevano incontrare il biasimo di coloro stessi quali avevano avversato in buona fede.

l'azione dei socialisti. Lo vedo ancora seduto di fronte a me, parlarmi con dignità e misura, con quella linea che si addice a chi visita per la prima volta un uomo di altra parte. e non vuole che il suo passo sia attribuito a moventi meno che nobili.

Da allora non ebbe più occasione di incontrarlo. Giacomo Matteotti, col suo sacrificio, incomparabile, può aspirare al vanto di aver onorato più che il suo partito un'idea che supera i partiti, o meglio ancora, lo spirito umano che nel suo complesso e tormentato sforzo di ascensione. Un mondo di...

di valori come vedete che è destinato presto ad essere travolto dal fascismo. Finora abbiamo parlato poco del delitto che purtroppo è quello il cui centenario in qualche modo commemoriamo attraverso questo incontro e attraverso il libro. Per la verità i colpevoli I prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi prezzi pre sostituito dall'opposizione molto decisa di Matteotti al fascismo, si ipotizza che ci siano stati anche moventi di natura affaristica.

Marzio Breda, che cosa ne pensate voi di tutto questo complesso di vicende? Dunque, grazie. Io ho avuto la buona sorte di conoscere il figlio secondogenito di Matteotti, Matteo, e di frequentarlo un po'.

nei suoi ultimi anni, è morto circa 20 anni fa a Verona. Questa frequentazione più il mio personale rapporto per ragioni professionali con il professor Caretti mi ha dato modo di scandagliare, analizzare, trovare documenti sono stati per me illuminanti e decisivi. Primo documento importante l'autopsia.

Allora Matteotti viene ucciso, viene rapito a Roma in pieno... centro alle 4 e mezza del pomeriggio, 10 giugno, una giornata assolata da una banda di sicari, anche lì è stato interessante trovare le testimonianze, sembra incredibile, ma le testimonianze più precise, anche fornite secondo i giudici. teniamo conto che Mussolini ancora non aveva il pieno dominio e pieno controllo della magistratura oppure la controllava in parte oppure delle forze di polizia la deposizione la testimonianza più precisa la danno due bambini uno ha 10 anni l'altro ne ha 11 fanno ancora le elementari però si ritrovano a essere testimoni diretti dell'agguato di come è Matteo abbia tentato di difendersi, di come poi scompaia un agguato, erano 5 contro 1 con una macchina e scompaiono, Matteotti resiste, resiste con la massima forza che può, è 1 contro 5, però riesce a sfondare il finestrino dell'automobile e a buttare fuori, questo è decisivo, il proprio tesserino. di parlamentare, che è la cosa che fa subito scattare, poco dopo, diciamo 24 ore dopo, si cominciano a raccogliere le prime testimonianze, si comincia a capire eccetera.

Ma il documento per me è rivelatore, è stato nel progetto originario Matteotti doveva essere portato fuori Roma con questa macchina, non si è mai capito esattamente. dove sembra sulla Tiburtina, secondo quello che dice uno dei... comunque fuori dalla città, e buttato in una fossa di calceviva che era già pronta, perché così non sarebbe rimasto nulla. neanche uno sbillo, tutto spariva.

Le cose non sono andate come previsto, i sicari fuggono in un'altra direzione, probabilmente si consultano telefonicamente con i mandanti, poi vedremo chi sono, e insomma a 20 chilometri circa da Roma, in una tenuta di un principe romano, buon compagno Lodovisi, che guarda caso era già insomma anche un pezzo grosso del regime, diventa governatore di Roma, diventa tante cose, il padrone di questa grande tenuta, loro ormai si avvicina la sera, spogliano il corpo di qualsiasi... cosa che possa ricondurne all'identità, lo sotterrano malamente, ma neanche sotto un po'di ramagli, un po'di terriccio, e se ne fuggono e rientrano a Roma. Siccome in questa battaglia per difendersi di Matteotti ovviamente c'era sangue, la macchina era sporca di sangue dappertutto. L'avevano accoltellato con un coltello, un pugnale di quello degli arditi, perché erano tutti e cinque ex arditi della grande guerra, cioè tutti uomini di fegato, uomini di pugnale, insomma uomini d'arme, no?

E l'avevano colpito dal basso in alto all'altezza... quasi dell'ascella e gli avevano spaccato il cuore quindi la macchina era inondata di sangue loro stessi con la massima sicurezza vanno a parcheggiare questa macchina per la notte al ministero degli interni teniamo conto che Mussolini era presidente del consiglio e ministro degli interni ad interim quindi per dire di quanto si sentissero sicuri Quello che mi ha impressionato veramente è stato nell'accostarmi e cercare di ricostruire, affrontare queste 188 pagine della perizia medico-legale, dove in primo luogo il corpo era stato profanato, fatto letteralmente a pezzi nel modo peggiore che si può immaginare. Tutti noi ricordiamo nell'Eneide la raccomandazione del parce sepulto, cioè rispetta il sepolto, rispetta il corpo anche se è del tuo nemico, che poi è un precetto anche religioso, cristiano. E qui invece hanno fatto cose che per decenza non vale la pena che io riferisca perché fanno veramente voltare lo stomaco. Tant'è vero che quando i medici cominciano la loro perizia scrivono, non si può neppure parlare di cadavere, ma di materiale cadaverico.

Era uno sfacelo, era ridotto. Quindi quasi un rito, un sabba infernale che si è svolto lì mentre scendeva la notte. e gli rubavano l'anello, gli rubavano le vesti eccetera. Teniamo conto poi i vestiti, la giacca, i pantaloni insanguinati di Matteotti, sono stati tagliati in 20 pezzi, se li quasi disputavano e comunque erano una prova provata che la missione era stata portata a termine. Fattor snagli insomma.

Il modo in cui Matteotti, che è il primo delitto politico dell'Italia Unita, viene ammazzato è già rivelatore di una cultura, diciamo, che è quella squadristica più estrema che sfocia anche in atti di perversione sessuale. Subito dopo la scomparsa di Matteotti Gli squadristi a Roma si vantano, anche con dei cori davanti a Montecitorio, e si vantano di aver evirato il corpo. I medici legali...

Non a caso, sono due, erano forse i più bravi medici legali in Italia, si premurano di specificare che gli organi genitali sono stati trovati intatti. Ma questa cosa perché? Gli squadristi fascisti volevano devirilizzarlo quasi, e questo era una specie di... in un paragone con il maschio alfa. Mussolini che invece era il grande seduttore, il grande erotomane, possiamo quasi dire, l'inesausto visitatore di femmine, eccetera.

Quindi, come segnalare una minorità, uno stato di minorità di Matteotti? Addirittura, non solo, ma se poi uno arriva un paio d'anni indietro... Matteotti aveva già sperimentato la violenza dei fascisti.

Una sera era andato in un paese del suo polesine, Castel Guglielmo, c'era una riunione di coloni, di braccianti, agricoltori, insomma, che lui tutelava. Arriva in questo posto, ma naturalmente avevano lui, arriva un po'in incognito, ma la voce si era sparsa. Nel paese girano un centinaio di fascisti, molti squadristi con manganello, pistola in tasca, eccetera. Lo rapiscono, lo caricano su un camion, lo portano in aperta campagna, lo torturano e gli fanno l'estrema violenza che può subire. una violenza sessuale vogliamo capirlo?

cosa gli fanno? al punto che Matteotti poi è deriso in Parlamento e loro se ne vantano questo è lo squadrismo delle origini che alleva generazioni di persone per le quali il culto della violenza è fondamentale è una cosa spaventosa quindi come primo accostamento a Matteotti È già una cosa di per sé, che a me ha molto... Io nel libro ho cercato di non scivolare troppo sul macabro, però insomma, certe cose vanno a pur dette, se no la gente non si rende neppur conto. L'altra cosa da dire, come dicevo, il Mussolini, il piano originario, era di far sparire il corpo in una fossa di calcevivo, e non sarebbe rimasto nulla. Non si riesce a fare questo, fanno questa parziale sipoltura, però lui contorcendolo, facendolo a pezzi, insomma una fossa grande così, lunga così, dovete capire com'era ridotto il corpo.

E rinunciano i fascisti a un qualcosa che rientra in una specie di grammatica delle dittature, sotto tutte le dittature. Sì, più o meno, i tentativi sono di quasi tutti i regimi totalitari. L'ostensione, cioè mostrare il corpo del nemico ucciso, serve a rafforzare la dittatura, il totalitarismo.

Pensiamo questo, ma dai tempi dell'antichità ovviamente, dai tempi remoti, ma venendo ai tempi storici nostri. Per esempio la esibizione di Mussolini e la Petace e qualche gerarca a piazzale Loreto appesi per i piedi, Ferruccio Parri la definì uno spettacolo da macelleria messicana e Pertini se ne è disso ciò che pure insomma era il capo del GLN qui al nord, Altitalia. Se ne dissocia, era un modo molto cruento, troppo cruento di dimostrare la vittoria, se vogliamo, della resistenza.

Però basta pensare, lo so, al corpo di Che Guevara. Quando viene ammassato Che Guevara, la prima cosa che viene fatta, lo portano in questa scuoletta di campagna sui monti, sulle Ande. E lo fotografano, c'è questa famosa fotografia che sembra il Cristo morto del Mantegna, presa con i piedi in primo piano e il corpo del ceglio, lì è esattamente che già il Cristo morto, questa brera di Mantegna, cioè anche lì... Si voleva esibire il corpo del nemico ucciso, sconfitto.

Il fascismo con Matteotti rinuncia a questo perché subito, teoricamente, se voleva il regime scoraggiare poteva esibire Matteotti morto per dire badate, fatela finita con l'opposizione perché se no vi riduciamo, questi sono i nostri metodi. Quindi questa assenza del corpo forse è anche uno dei motivi ispiratori di una poesia molto famosa di Bertolucci, Attilio, che dice assenza più acuta presenza. E infatti così accade con Matteotti, nel senso che prima ancora ci passano circa due mesi fra il rapimento e l'omicidio, 10 giugno, e il ritrovamento metà.

Agosto, il 16 agosto, in quei due mesi si consolida un culto, una religione laica rispetto a Matteotti, cresce questa cosa, non solo in Italia ma in Europa, anche in Sud America, negli Stati Uniti, cioè al contrario, quindi questa assenza del corpo diventa una specie di... così di boomerang per lo stesso Mussolini il quale comunque del corpo di Matteotti sarà per sempre ossessionato, prova ne sia che dopo che il corpo viene trovato e viene portato questi poveri resti che erano veramente poca cosa e c'era Turati fra quelli che riconoscono alcune cose. il teschio dice proprio si vede che è lui eccetera eccetera, fino all'anno scorso su tutto ciò che riguarda Matteotti, la sua tomba, le lapidi, i luoghi dove...

I luoghi di celebrazione, il luogo dove fu rapito sul lungo Tevere, il luogo dove fu ammazzato e sepolto alla Quartarella, si ripetono atti di spregio, di distruzione, disgustosi. C'è un alto gerarca fascista, forse è stato anche sottosegretario agli interni direi. Che manda una squadra di uomini da Bologna e li paga tutti gli anni, per degli anni, ad andare a Roma a depositare, sul luogo che era un luogo di culto oramai, fiori, cose del ricordo, a depositare escrementi.

Questa cosa, questa ossessione. Di Matteotti continuata fino adesso. L'anno scorso a Roma sul Lungotevere devastazioni, la corona di fiori mandata dal Presidente della Repubblica tutto viene devastato e per dire il delitto Matteotti smaschera anche questa ferocia che altrimenti risulterebbe incomprensibile.

Ultima cosa che liquido in un minuto e mezzo è questa. Fin da subito il regime, cioè Mussolini, e siccome gli esecutori vengono subito individuati perché fanno una serie di errori, per farla breve, e questi fin da subito ricattano, cominciano a ricattare Mussolini, Chiedendo trattamenti particolari in carcere, ma ci stanno pochissimo, chiedendo soldi per loro e per le famiglie, tutto questo poi lo teglono naturalmente, Mussolini fa diffondere una serie di false piste, perché il problema qual è? Il regime, cioè Mussolini, fa... Fa girare la voce che questi sì!

L'hanno ammazzato ma è stato una specie di incidente sul lavoro nel senso che dovevano solo dargli una piccola passata, una lezione che in fondo Mazzotti soffriva di tubercolosi quindi il sangue, le macchie erano solo uno sbocco di emotisi. Sì ma perché il problema era individuare il mandante questi cinque erano... Dei pendagli da forca con un curriculum veramente disgurtoso, ma chi è che vi ha dato ordine a questi?

Chi li ha pagati? E allora il problema, fino adesso, è che molti hanno inquinato una verità. che è anche documentale, ci sono le carte, ci sono le lettere, ci sono le dichiarazioni, c'è un testamento per dire, ma inquinare la verità in modo tale da... Minimizzare o cancellare del tutto il ruolo di Mussolini, questo è l'obiettivo. Tuttora, negli ultimi 20-30 anni, qualche storico si arrampica a sostenere questa tesi che assolverebbe Mussolini nella logica, vi ricordate no, quando Berlusconi...

diceva Mussolini ha mandato gli oppositori, non ha mai ammazzato nessuno e ha mandato gli oppositori in vacanza al confino ok? questo allora questo è il paese in cui siamo noi e allora anche qui uno sforzo di verità e non è stato semplice però con le carte che mi ha anche aiutato a trovare l'ottimo professor Caretti e anche di un comune amico che è direttore dell'archivio storico del senato abbiamo potuto ricostruire con una certa serena sicurezza la faccenda di chi è il mandante. Non è che ci raccontiamo le palle, è Mussolini punto e basta. Quando questo appare teniamo conto che il capo della squadra che Rapisce e uccide Matteotti, Duminio, a Merigo. Lui deposita negli anni 30 un proprio testamento, anzi due.

Salva vita. Salva vita. Li deposita, essendo lui di nascita statunitense, era italiano però, e aveva anche il passaporto americano, deposita questi testamenti.

Ha presso due avvocati del Texas di San Antonio. Questi documenti vengono secretati fino a metà degli anni Ottanta e quando finalmente sono stati desecretati si legge che il capo della missione dice che Matteotti è stato ammazzato per ordine di Mussolini. Allora a questo punto è incontrovertibile la responsabilità. Bene.

Allora non abbiamo moltissimo tempo, però qualche intervento rapido diciamo sui due o tre minuti possiamo permettercelo. Flores ha qualcosa da aggiungere? Una riflessione che mi è venuta leggendo... Questo bel libro che racconta naturalmente anche dopo l'uccisione, quello che accade, la crisi in cui entra il regime e le difficoltà e sostanzialmente l'impotenza delle forze antifasciste soprattutto perché sono divise nelle strategie da utilizzare in quel momento e che permettono poi a Mussolini, pressato tra l'altro, da quelli i fascisti più intransigenti che volevano rifare una sorta di seconda marcia su Roma, di ripresa della linea dura del fascismo. Ecco, in questo periodo quello che manca è proprio un'intelligenza come quella di Matteotti.

che già negli ultimi due anni precedenti, dalla marcia su Roma fino a quando viene ucciso, è l'unico politico antifascista che ha una visione completa e la cui mancanza si sente proprio nel non riuscire da parte di tutti gli altri messi insieme di provocare quella crisi che sembrava, dalle prime letture dei giornali che si fanno nelle settimane successive, qualche cosa di possibile. E questo da una parte per le illusioni che ancora molti liberali si fanno o che pensano che è soprattutto la pressione sul re che può riuscire a risolvere la situazione. Non dimentichiamo soprattutto il fatto che i socialisti massimalisti e il partito comunista continua in una visione in cui ancora il fascismo non è tutto sommato il male peggiore. Lo è in quanto rappresentante della borghesia.

Nel 1922, pochi mesi prima della marcia su Roma, Togliatti aveva scritto un articolo che era un articolo importante per il Partito Comunista d'Italia in cui indicava i quattro nemici che avevano i comunisti e i rivoluzionari in ordine di importanza Mussolini, cioè in ordine di importanza inversa, Mussolini, Giolitti, Sturzo e Turati. Ecco, questa era l'idea che a pochi mesi della marcia su Roma si era... E'ovvio che c'era stata poi... la scelta improvvida dell'Aventino che in qualche modo fa sì che il Parlamento non possa più essere nemmeno il luogo dove si ascoltava una voce di critica, di attacco. Quindi sicuramente la mancanza di una personalità come quella di Matteotti paradossalmente si sente quasi ancora di più dopo la sua morte.

Vuole aggiungere qualcosa? Ma direi proprio due parole, perché mi sembra sia stato detto tantissimo, però... Due parole, ecco, prendendo spunto da quanto detto ora da lei, Flores, e cioè per quanto mi riguarda, dal punto di vista, diciamo, l'unico dal quale posso parlare, cioè quello legato alla vicenda familiare. Io posso dire che appunto il post-morto...

di Matteotti è qualcosa che vede e fa leggere a noi il passaggio indispensabile da una posizione come quella che lei ha ricordato di totale frattura degli antifascisti tutti tra loro ad una necessità. di unirsi, senza la quale credo che lei sia d'accordo, non si sarebbe potuto parlare di resistenza con relativa vittoria o no. Ecco, io posso dire che l'ho vissuta.

Esatto, io posso dire che l'ho vissuto, non in prima persona perché io sono nata fortunatissima due anni dopo la fine della guerra, ma dai racconti e dalla vicenda strettamente familiare ho vissuto proprio la maturazione di questo passaggio. La necessità di un'unità antifascista era sentita dai miei genitori comunisti da sempre e rimasti tali con molti anni. aperta nei confronti di qualunque altro pensiero purché nell'arco costituzionale.

Diciamo che dagli altri partiti anche piccoli, per esempio l'esempio di mia zia, si parla molto poco dell'importanza delle donne, colgo quindi l'occasione per dire che questa zia, la chitta, Berta, detta chitta, tutti soprannomi, è stata importante nella... vicenda del divorzio quasi capofila con l'orris fortuna e i miei genitori che venivano dal mondo comunista si sono molto aperti ad un discorso sui diritti nella famiglia che era non tanto sentito ricordiamo la vicenda di Nilde Jotti quindi l'ho vissuta in prima persona questa vicenda questi vent'anni che ci sono voluti purtroppo non è stato evidentemente erano necessari, era un tempo di maturazione e io l'ho vissuto come tale e devo dire che vivo adesso con molta angoscia il fatto che ripresentandosi Proprio un discorso di vero revisionismo sul fascismo. Vero revisionismo intendo dire che si cancellano quelle cose di cui parlava prima Breda. Si stanno proprio cancellando, lo verifico anche insegnando. Quando io faccio fare quasi sempre una ricerca iconografica sul Novecento e vi dico che...

Mediamente non si sanno i fatti, molto spesso succede e parlo nella sede del Corriere della Sera, mi è capitato più di una volta di raccogliere i materiali dei ragazzi dove ritrovano del corpo di Matteotti è confuso con il ritrovamento del corpo di Moro, perché la parola chiave è il ritrovamento del cadavere. E questo la dice lunga, perché non si conoscono i retroscena e si annulla. e si annulla il valore dell'antifascismo che ha rappresentato Matteotti.

Quindi chiuderei con questo appello, che è un appello accurato, a riprendere la fatica che si è fatta in vent'anni per avere... una resistenza vittoriosa nei confronti di una violenza diffusa che è quella di cui parlavano gli storici con molta più competenza ovviamente di me. Ultima cosa, mio papà era bambino a 11 anni e fa il suo cartello e poi matura eccetera.

Due bambini, uno di 11 anni e l'altro di 10 sono testimoni preziosissimi. Io credo che... Perché anche noi oggi tendiamo a proteggere i bambini, gli adolescenti, i giovani e a mostrare le violenze con molta cautela e giustamente. Però ci sono fatti che incidono nei giovanissimi che secondo me sono la nostra speranza. Ecco questo racconto di Matteotti senza bisogno di andare a fare...

vedere lo strazio del corpo che è stato terribile. Ecco questo è un racconto che può essere molto utile fin dalla quinta elementare diciamo se non da prima come l'ho avuto un po'io e credo che questa sia una cosa di cui lo stesso Matteotti si è sempre occupato perché l'educazione è al centro delle sue proposte. Chiudo anche ricordando il figlio che io ho amato di più che era Giancarlo detto Chicco in famiglia, il primo genito, il secondo genito anche l'ho conosciuto ma insomma meno perché il primo genito veniva spesso da noi a Milano e stava da noi, il primo genito era un uomo per me straordinario che ha vissuto la vicenda del padre in un modo molto forte come è ovvio.

e però ha maturato un atteggiamento molto positivo. Io ricordo di lui il fatto che ero piccolissima e mi mostrava dalle finestre, stavamo in corso Sempione, la quantità di macchine e mi diceva ma lo vedi quante macchine ci sono? Morirete nel vostro smog.

Io ero piccolissima, quindi vedete. gaunetale. Questo è stato il suo chiodo fisso e nel breve periodo in cui lui si è impiegato politicamente e è stato deputato, si è occupato del clima e della necessità di salvare il pianeta.

Lo voglio ricordare perché è stato un modo, secondo me, lo leggo ora così, allora non ero in grado, però lo leggo ora così, è stato un modo per continuare la battaglia di suo padre ad un altro livello. anche forse necessariamente psicologicamente staccandosi diciamo di più. Grazie. Io riprendo proprio il discorso del primo genito, sarò brevissimo. Negli anni 60 la mia fortuna è stata che mio zio che aveva conosciuto in Africa durante alcuni reportage, Giancarlo Matteotti, mio zio dirigeva delle scuole italiane quando ancora c'era Somalia, Rittera, Etiopia.

E mi ricordo, me lo fece conoscere a metà degli anni 60 a Fratta e mi disse guarda, Con Matteo e con Isabella parla del padre, con lui non si può toccare, è un tema che non va assolutamente toccato. Noi poi ci siamo frequentati, io andavo spesso perché allora nel disinteresse generale tutte le carte erano nel granaio, nessuno le consultava, c'è stato un interesse molto tardivo e non abbiamo mai toccato questo tema. Arriviamo, faccio veloce. Alla crisi dei partiti, Tangentopoli mi chiama Matteo, guarda qui abbiamo due frazioni di socialdemocratici, due socialisti, fai te la commemorazione quest'anno, vabbè volentieri, perché quale onore per chiudere i miei studi. Contemporaneamente mi telefona, non veniva mai, mi telefona Giancarlo e dice sei Stefano?

Io non sono mai stato alla Quarterella, mi accompagneresti? Che è un fatto, sentiva che ormai gli anni passavano rivoluzionari. Non sono mai stato.

Dico, volentieri, dopo la commemorazione abbiamo una segretaria che ci accompagna. un sole, un caldo bestiale, ci mettiamo sulla strada, sappiamo il chilometro, ma non lo troviamo, perché adesso il comune ha tutto ristabilito, allora c'erano delle frasche altre 3 metri, poi giriamo là, dopo... diciamo ma non meno di una mezz'oretta, vediamo una parte del monumento che è un triangolo da cui, nell'intenzione dello scultore, tu vedevi il luogo dove era stato sepolto Matteotti.

Cosa c'era? Un garofano e un biglietto. Cioè quella stessa mattina sotto quel sole coccente senza nessuno.

nessun testimone, un cittadino era andato e aveva portato un garofano scrivendo 10 giugno 1994-1995 soltanto per non dimenticare e questo è stato anche il senso del mio lavoro in 50 anni. Breda? Me la cavo in un minuto e mezzo.

In Italia ci sono 3200 fra vie, piazze, largo, eccetera, intestate al nome di Matteotti. Però, d'accordo sono passati cent'anni dal delitto, però specialmente dalle giovani generazioni, ma non solo le più giovani, si sa molto poco di lui, cosicché... Accade o può accadere che il caso Matteotti sia solo apparentemente un caso chiuso.

È un caso chiuso continuamente riaperto. Purtroppo, pur essendo la sua storia lineare, semplice, pulita, hanno cercato persino di infangare la moglie, che era una figura devota con un'amore per la sua vita. con un profilo strepitoso.

Basti leggersi il carteggio, le lettere che si scambiavano i due, poi la storia, morì anche lei molto giovane, Matteotti Giacomo muore a 39 anni, muore, viene ammazzato, a 39 anni lei muore sotto i ferri del chirurgo, poi Mussolini dice ai miei nemici li faccio morire in via diretta oppure sotto i ferri. del chirurgo, comunque lei muore anche lei molto giovane. Dico una cosa, se qualcuno di voi ha esperienza, ha avuto rapporti con qualche psicoanalista sa che la tesi della psicoanalisi è che bisogna regredire per... progredire, quindi per uscire da uno stato psicologico complesso bisogna regredire fino a... Allora io penso che con...

ma a tutti vale lo stesso schema, bisogna regredire per capire come siamo messi in questo nostro paese e sperabilmente progredire. Fini. Grazie.

Perfetto. Vi ringrazio tutti. C'è qualcuno che vuole intervenire?

De Benedetti? Franco De Benedetti? Credo di non essere il solo ad aver pensato cent'anni dopo. Navalli, il nemico di Putin.

Non c'è dubbio che il metodo dei tiranni rimane sempre quello. Io vi saluto tutti, vi ringrazio della vostra partecipazione e avremo altre occasioni di vederci qui alla Fondazione Corriere. Grazie.