Tutti gli amici mi hanno lasciato, tutti gli amici mi hanno lasciato, gli amici di un tempo. Adesso stai solo. Stai solo con te stesso, non trovi più un fiato, non trovi più una mano che stringa la tua. Verrà il momento, ragazzi, anche per voi, in cui sperimenterete il sonno degli amici.
Ecco perché Gesù si lamenta, va per tre volte a chiamarli. Eppure quella sera ne avrebbe avuto tanto bisogno. Non aveva avuto bisogno Gesù lungo il corso di tutti quei tre anni, degli amici dei suoi dodici, perché c'era la gente che lo circondava. Ma quella notte avrebbe avuto bisogno. Chissà come è fatto Gesù.
sollievo gli avrebbe arrecato così uno schiarimento di voce da lontano per far capire noi stiamo qui, un tossire, un batte di sandali, una pietra gettata lì nel cedro che poco distante questo torrentello gorgogliava tra i sassi. Gli sarebbe bastato sentire il fischiettare di Pietro, una parola lanciata, l'un all'altro, niente. Gli amici se ne vanno.
La musica è finita. E poi un altro, silenzio, questo è più tragico, il silenzio di Dio, il silenzio del Padre. Miei cari giovani, per poter comprendere questo fino in fondo, noi dovremmo spogliarci un po' dalla mentalità che considera Gesù come colui che sa tutto, che sapeva tutto, sapeva come sarebbe andata a finire la sua storia, che intuiva con chiarezza di particolari come si sarebbe sviluppata la sua tragedia.
no, no, Gesù veramente è un uomo e sente tutto il peso della sua umanità, l'uomo è Dio, sì, ma accasciato completamente dalla sua umanità, lui vede Gesù, vede vede con la lampadina piccola della sua umanità, come spiegare questo? Anche se era Dio, come spiegare questo? È molto difficile, facciamo conto, anche se il potenziale elettrico... la sua divinità avrebbe potuto illuminare dei fari, accendere dei fari, cioè la sua divinità c'è sempre, il potenziale elettrico c'è sempre, però la lampada che si illumina è una mignon, è quella della sua umanità e quindi lui vede secondo la luce piccola della sua umanità e quindi si sente veramente abbandonato da Dio.
Il cedo dice Ponefer in teologo, quella notte rimase chiuso e vuoto e Gesù invoca suo padre, padre, ma il padre non risponde e dire che Gesù era abituato a invocarlo di notte, di mattina presto, scappava via quando la gente lo assediava per trovare un angolo dove lui non poteva andare, ma Gesù lui si poteva incontrare col padre, ma quella notte il padre non risponde. Prova la tragedia Gesù di chi in un frangente, in un pericolo grave tenta di telefonare o di telegrafare. l'abbiamo visto nei film, no?
Filmi di questi esploratori. Niente, non funziona più l'apparecchio. Non c'è niente da fare. Non risponde più. Il padre non risponde.
Per cui Gesù Cristo prova davvero la sensazione del suo fallimento. La sua vita è stata un fallimento. Prova la sensazione terribile di aver fatto fiasco su tutta la linea.
Ecco, incastrato Gesù tra due abbandoni. L'abbandono degli uomini. è l'abbandono di Dio, l'abbandono del Padre.
Quando noi pensiamo a queste cose, cari fratelli, cari giovani, ci rendiamo conto anche della nostra situazione. Quante volte pure noi proviamo l'abbandono, l'abbandono di Dio? Quante volte pure noi diciamo, Dio dove stai, dove sei?
Io penso che tutti quanti lo sperimentiamo questo e sono i momenti della nostra aridità spirituale, i momenti in cui ci sentiamo a terra i momenti in cui non ci viene la voglia di pregare, i momenti in cui dubitiamo di tutto ecco così possiamo paragonare la sofferenza di Gesù ai nostri dubbi quelli che ci attraversano ogni tanto, anche nella vostra giovinezza, nella vostra adolescenza ma c'è davvero, non c'è? il silenzio di Dio lo sperimentiamo è una delle caratteristiche anche della nostra esperienza umana e poi un'altra S, la solitudine Il sonno degli amici, il silenzio di Dio, la solitudine è sua, si trova davvero sotto, ma non la solitudine degli eroi. La solitudine eroica è fascia, ma no, è bella. Tutti gli eroi sono dei solitari, tutti gli eroi sono dei solitari, però questa non è una solitudine eroica, è una solitudine che fa sudare sangue a Gesù Cristo. I filosofi, gli scrittori hanno fatto sempre tanti confronti tra la morte di Gesù, la sofferenza di Gesù e la sofferenza finale, la morte di Socrate per esempio.
Socrate muore diversamente. E qui si vede che davvero Gesù ha condiviso in tutto e per tutto la nostra condizione umana. Socrate muore diversamente, beve la cicuta, discute con gli amici.
Poi a un certo momento i suoi riflessi si appannano, le sue idee cadono in ombra e lui muore tranquillo, tranquillo, perché lui era convinto che la morte, secondo il pensiero greco, è una liberazione. L'anima che esce fuori dalla prigione del corpo e si libera, raggiunge il fuoco di Dio, ritorna a Dio. Socrate la pensava così perché era un greco e la filosofia greca era questa.
Gesù invece no. Gesù sente spegnersi il suo essere. Noi siamo troppo prigionieri anche di questa cultura greca.
Per cui anche quando pensiamo alla morte, la pensiamo in termini abbastanza belli. prima da una parte il corpo dall'altra, poi l'anima e il corpo si riuniranno. Gesù ha sperimentato davvero che cos'è la morte.
Per gli ebrei la morte era il piombare davvero nello sceollo. La morte è la fine, la fine del suo essere. Gesù sperimenta la tragedia della morte, la durezza della morte. Gesù sa che è duro, si spegne il suo essere, non c'è soltanto questa spaccatura del suo essere, una parte va sopra e l'altra va sotto terra.
Gesù sente quindi tutta questa tragedia e si sente solo, la solitudine è più profonda, ecco perché suda sangue. Conversa con gli apostoli, non attende Beato, suda sangue e dice padre se è possibile passi da me questo calice di amarezza perché non ce la fa. E il padre non risponde, il padre è muto e gli amici pure sono muti, sono addormentati. Questi amici che lo hanno lasciato così solo, in questa notte qui c'è da chiedersi chi è che sia stato il più feroce, il più traditore, è stato Giuda che ha avuto il coraggio di andarsene e che non è stato inseguito dagli amici. Un'altra volta vi ho detto del sacrilegio della prima chiesa nascente, no?
Che forse gli amici sarebbero dovuti uscire tutti quanti dal cenacolo quando si sono accorti che Giude e fratello se ne andavano. E chiamarlo e prenderlo per il lembo della giacca e dire torna qui, che il maestro ti perdona, torna. E allora i denari li sarebbero tutti rotolati per terra. Quella notte sul selciato si sarebbe sentito solo il tintinnare di queste monete d'argento perché non si... consolavano da un marciapiede all'altro, invece l'hanno lasciato andare, ma chi è stato il più traditore?
Giuda? O sono stati tutti gli 11, 8, quegli altri 8 lì a dormire pure quelli, i 3 testimoni di Dan? Tante grandezze del Signore, pure loro addormentati.
Chi ha crocifisso di più Gesù Cristo? I soldati romani oppure questi? Capite allora la solitudine di Gesù. Io credo che pure voi la sperimentate, la solitudine. Dico pure voi perché mi includo anch'io.
La sperimentiamo la solitudine. Non c'è nessuno a cui attaccarsi, a cui appigliarsi. Non c'è il conforto di una parola, il sostegno di un colpetto sulla spalla, l'accenno di un sorriso, un volto che ti incoraggia, e tu devi prendere le tue decisioni da solo, specialmente quelle più radicali, e non c'è nessuno che si possa sovrapporre alle tue, ed è una cosa buona che nessuno si sovrapponga alle tue, però non c'è nessuno...
il quale ti puoi confrontare e nessuno ti capisce e i tuoi gesti sono interpretati male tutto all'opposto dalla densità di passione da cui sono partiti Ecco Gesù ha sperimentato quindi le nostre povertà, le nostre debolezze, il sonno degli amici, il silenzio di Dio, la solitudine sua. E quali sono state le sue risposte? Ma prima di tutto ecco un'altra S.
La supplica. La supplica. Non cessa di pregare, si va bene, lui non gli risponde, il padre non gli risponde, però lui non cessa, cade a terra. C'è una frase fortissima, cade con la faccia a terra.
E mi sembra di sentire la terra che rimbomba come la pelle di un tamburo, cade con la faccia a terra. Gesù che si prostra, lui che si è incarnato, si è fatto uomo, è sceso sulla terra, e fra poco sprofonderà ancora di più perché... che lo seppelliranno, ma adesso cade con la faccia a terra. E siccome seppellivano non inumando, ma mettendo in sepolcreti, quasi in monumenti, mi sembra che questa sia la discesa più profonda di Gesù, con la faccia a terra.
Cade con la faccia a terra e la sua barba si intride di pezzi di felci, di foglie, di formiche. Cade con la faccia per terra. E Gesù supplica, prega, anche se non mi risponde.
Provo la stessa sensazione di chi qualche volta al telefono riesce a comunicare e quello dall'altro capo sente però non può trasmettere. Alla televisione noi sentiamo qualche volta. Palla, noi ti sentiamo però. Io non ti sento, ma noi ti sentiamo.
E questa è l'esperienza di Gesù, lui non cessa di pregare, è cominciato con una preghiera questa versetta e poi lasciateli, il padre non rispondeva, loro addormentati, se ne andò di nuovo e per la terza volta pregò ripetendo le stesse parole, Gesù che prega. Ecco cari giovani, noi facciamo lo stesso, canta fuori dal cielo. Quanta pretesa di risolverceli da soli i nostri problemi, non c'è Santi, non c'è Padre Eterno, non c'è Dio, non c'è Cristo. Ecco, e fra poco noi leggeremo alcuni versetti di San Pietro, il quale dice proprio, egli ci ha dato l'esempio perché anche noi ne seguiamo le orme, queste sono le orme di Gesù. noi le seguiamo, quale spessore di preghiera c'è nella nostra vita, spesso nei momenti più tribolati, nei momenti in cui ci sentiamo più a terra, nei momenti in cui, ho detto, nessuno ci capisce, interpretano male i nostri gesti, anche i più puliti, anche quelli che partono dal cuore più mondo, più limpido, e vengono interpretati male.
Preghiamo noi quando ci sentiamo evitati dagli altri, come cani rognosi o come lebrosi, quando ci accorgiamo che un'amicizia si trasferisce, ci accorgiamo che l'amico, l'amica che con noi parlava sempre, che amava la nostra compagnia, adesso ha cambiato, ci evita, ci schiva. è tutta felice quando può parlare con gli altri e con noi c'è il ricorso alla preghiera quando noi avversiamo tutte le disfate le piccole sconfitte, le grandi sconfitte un esame è andato male oppure un concorso quando ci accorgiamo che gli altri vanno avanti e noi sempre indietro rimaniamo Portano tanti bastimenti dal porto e noi rimaniamo sempre a terra e ci vediamo sempre superati dagli altri. Qual è il nostro rapporto?
Qual è il cadere con la faccia a terra davanti a Dio? Ma come possiamo dire che noi seguiamo le orme di Gesù e siamo lontani noi? Nei momenti difficili, nei momenti in cui in casa nostra ci sono dei dissapori tra papà e mamma, c'è chiusura, c'è blocco tra noi e i genitori, c'è un fidanzamento che si frantuma, c'è una calumnia che ha trovato la testa di turco precisa in noi, nella nostra vita, c'è questa percezione di un mormorio tutto intorno a noi, noi, i pregiudizi che si sviluppano tra noi, capite? Ma, e poi c'è anche un'altra esplosione, ho detto in questo qui, la supplica, ecco così risponde Gesù, con la supplica e poi la sofferenza, la sofferenza, cari giovani io non so se sto...
sto facendo un discorso che riguarda voi, oppure sto parlando con la mentalità di me adulto, che si vede coinvolto in tanti suoi problemi, in tante cose caratteristiche dell'età, ma credo che pure per voi, perché... e facendo adesso l'anamnesi della mia vita, io posso dire che anche all'età vostra, a 20, 18, 25, 30 anni, erano così pure. Cioè la sofferenza, il significato della sofferenza.
Peccato, ho dimenticato anche stasera di portare una lettera che sarebbe stata una ragazza che scrive parlandomi della morte di una sua amica. Che senso ha questo? Ma perché? Perché si soffre? Perché dei bambini soffre?
Perché un bambino nasce focomenico? Perché? Chi ha fatto di male?
Chi ha fatto di male? Che senso ha la morte di mio padre? Che senso ha la morte di un parente, di un fratello in incidente stradale?
Che senso? Ma perché, Dio? Qual è il senso del dolore? Ma c'è un senso o no? C'è una direzione?
Ci sono delle sponde in questo fiume che raccoglie tutte le lacrime degli uomini? O no? C'è una canalizzazione che porta ad uno sbocco?
Oppure è così, è un assurdo? Per cui l'unica soluzione è il suicidio? Che senso ha questo soffrire? Che senso ha quella carrozzella? Che senso ha il...
La presenza di un bambino che nasce così, disfatto nelle membra, col volto deturpato. Che senso ha proprio il silenzio degli uomini, l'odio? Ecco, Gesù Cristo, cari fratelli miei, non è venuto a togliere il dolore, è venuto a dare significato al dolore.
C'è una frase molto bella, sempre di questo teologo che io amo tantissimo, Bonéfer, che dice Il figlio di Dio Non ci aiuta con la sua onnipotenza, ma ci aiuta con la sua debolezza. Che Dio strano il nostro! Non ci aiuta con la sua onnipotenza, eppure potrebbe distruggerlo il dolore, potrebbe nacerarlo come faccio io con...
con questo pezzo di carta, e invece no, non ci aiuta con la sua onnipotenza, come tutte le divinità pagane facevano nella concezione degli uomini, il nostro Dio ci aiuta con la sua debolezza, con la sua potenza, povertà, con la sua miseria, col suo dispacimento, significa, io non so chi è stato, sarà stato Don Ignazio che ha elaborato un po' la scelta di questi testi, ha messo la via della vita, ci verrebbe da dire, bella vita, vita proprio questa qui, questa che porta sul calvario, che porta alla morte, sì signore. Mi capite, giovani, che si sprigiano un senso di grande speranza da queste considerazioni che noi facciamo sulla notte più lunga della storia? Perché se così stanno le cose, allora nulla è inutile. Non è inutile la carrozzella di Anna, non è inutile il bambino handicappato tra le braccia della sua dolcissima madre, non è inutile la morte prematura di un adolescente, la morte di un bambino.
Di un ragazzo che l'anno scorso morì annegato, non è fuori senso, non è assurdo la tragedia anche di popoli che vengono angariati. Stare per dire che non è assurda la fame di tutte le genti che vediamo alla televisione, che muoiono di disperazione. Non è assurda una mia bocciatura, il mio rifiuto, il blocco che vi hanno fatto ai miei slanci, ai miei sentimenti, alle mie bellezze.
di andare avanti. Gesù Cristo non è venuto a togliere la croce, è venuto a distendersi sopra. L'abbiamo detto già un'altra sera, non è venuto a piallare la croce, ma a farsi inchiodare sulla croce. E poi coraggio anche, fratelli, perché il dolore, la sofferenza e la morte e il calvario non dura, è transitorio, è un passaggio, transitorio. La frase più bella...
dopo ci leggerai questo che ho scritto per luce e vita ma una delle frasi più belle che io trovo nel Vangelo è quella lì di tutti e tre gli evangelisti da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio Si fece gran buio su tutta la terra. Sembra una frase più scura, invece è una frase più luminosa. Proprio per quelle paratie, quelle saracinesche, da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio.
Dopo, proibito, alle croci so stare sul Calvario. Vietato. Anche Dio non permette.
E per poco tempo. Dura poco. Anche dovesse durare tutta la vita, sono sempre tre ore.
Ecco perché in quella lettra faccio anche riferimento a quella croce, a quel crocifisso che c'è nella sagrestia del Duomo di San Corrado, di Moltello. E sarebbe bellissimo che quando uno di voi è preso da un'angoscia mortale come quella di Gesù Cristo andasse lì in quella sagrestia a contemplare quel crocifisso. che trova l'eloquenza più forte non solo nella espressione così scultorea ma anche in quel cartoncino giallito che ha messo il parroco il quale evidentemente vuole collocare in un altro posto più degno del crucifisso ha messo collocazione provvisoria A me è parso di un'ispirazione unica, quella collocazione provvisoria, quasi per dire che è provvisorio il calvario, è provvisorio la sofferenza, è provvisorio il gelsemani, anche il frantoio è provvisorio.
Venga bene. Ho detto la supplica, la sofferenza e poi l'ultima cosa, l'ultima S, il sì. Sì padre, non mi rispondi, ma tu ci sei.
Si faccia non la mia volontà, ma la tua. Ecco qui c'è tutto l'abbandono, c'è tutta la... la fede, c'è tutto l'atteggiamento filiale di Gesù Cristo che chiama Dio a parte, è l'unica volta, e gli studiosi dicono questo è un ipsissimum dictum, cioè una parola la pronunciata proprio da Gesù, papà è un termine aramaico, vuol dire papà mio, c'è tutta una carica d'affetto in questa implorazione, tutto questo abbandono, questo abbandonarsi, non questo aggrapparsi a Dio, non sia fatta la mia ma la tua volontà perché so che la tua è una volontà buona, è una volontà di salvezza e di risurrezione. E cari giovani, non vi ho detto queste cose, sembra quasi una meditazione sul dolore o sulla sofferenza. significato del dolore, può sembrare un narcotico oppure un'iniezione per dire forza, coraggio, così che ci volete fare?
No, no, per niente, non è che siamo anche tanto ingenui perché dobbiamo stare molto attenti, anche quando ci troviamo davanti a quelli che soffrono, è sbagliato dire oh non ti preoccupare tu soffri e Dio ti vuole bene, è proprio a un certo punto che diceva così. sia ad un ammalato, tu soffri, tu sei prediletta di Dio, Dio ti ama, Dio ti vuole bene, e l'ammalata rispose, pregate il vostro Dio che mi ami di meno, non si dicono queste cose, Gesù Non dice così. Il dolore non è un test reattivo col quale Dio vuole misurare la nostra risposta, la nostra capacità. Vuole fare un piccolo test.
Vediamo, vuole misurare la temperatura della nostra fede. No, non è così. Il dolore non è così. Il dolore è dolore.
E il Signore l'ha sperimentato. E se fosse stato possibile metterlo da parte, l'avrebbe messo da parte. Gesù non è un masochista. Uno che si autoflagella perché è anche noi, inoltre non dobbiamo cercarlo. Se è possibile evitarlo, evitatelo.
Ma quando viene... Sappiamo che è uno strumento di salvezza e non soltanto il nostro dolore personale, ma anche il dolore delle famiglie, dei popoli, delle genti, il dolore di tutta questa nostra umanità che poi si torchia, ecco il gelsema, l'inframontoglio, in tanti rigagnoli che vanno a finire in questo fiume regale della sofferenza di Gesù Cristo che sfocia nell'abisso della risurrezione. Tre ore soltanto.
Dopo queste tre ore, esce il sole. Allora, miei cari giovani e miei cari fratelli tutti quanti, il Signore adesso voglia trasferire questi convincimenti che possono sembrare soltanto teorizzazioni, li voglia trasferire anche nel profondo della nostra coscienza, perché noi siamo chiamati a dargli una mano in quest'opera della redenzione. Quando appunto l'ombra della luce, che è la sofferenza, scende sulla vostra anima, quando voi soffrite, non ribellatevi, non dite Dio perché l'hai fatto, non andate a chiedere conto a Dio del perché tutto questo vi succede, ma pensate, ecco Dio sta accanto a me adesso, mi chiede scusa di quello che è successo.