Oggi parliamo dei regni romano barbarici, sembra una cosa secondaria, invece è una cosa importantissima. Durano quasi quattro secoli, dall'inizio del 400 d.C., più o meno il primo ventennio, fino a Carlo Magno. Insomma, un'epoca davvero consistente, ma vediamone gli elementi principali. 9 agosto 378. L'imperatore romano d'Oriente, Valente, viene sconfitto e ucciso dai goti ribelli nella battaglia di Adrianopoli.
4 settembre 476. Odoacre, generale romano di origini germaniche, depone l'imperatore d'Occidente Romolo, detto Augustolo, e si proclama re dei popoli barbari in Italia. 25 dicembre 800, nella Basilica di San Pietro, Carlo Magno viene incoronato imperatore da Papa Leone III. Dei regni romano-barbarici parliamo oggi con il professor Alessandro Barbero.
Professor Barbero, cominciamo con un elenco. Quali sono i principali popoli barbari, lo dico tra virgolette, che danno vita ai regni di cui parliamo oggi? Io le confesso che anche all'università quando faccio lezioni su questo argomento ho sempre paura che l'elenco risulti troppo noioso, però bisogna farlo e poi fare una piccola appendice però.
Sono gli Ostrogoti e poi i Longobardi in Italia, sono i Visigoti in Spagna, sono i Franchi in Francia, sono i Vandali in Africa. Qualcuno di loro non ha lasciato tracce come i Vandali in Africa, altri addirittura hanno cambiato il nome di un paese, la Gallia oggi si chiama Francia. per via dei franchi. Ma sono diversi tra loro?
Sono diversi fra loro abbastanza, ma agli occhi degli abitanti dell'impero romano che viene invaso si assomigliano invece tutti. Sono tutti barbari, parlano tutti lingue incomprensibili, puzzano. Però una cosa fondamentale vorrei aggiungere, che forse aiuterà anche chi ci ascolta a visualizzare meglio la cosa, è con i regni romano barbarici che nasce l'Europa. Perché l'impero romano non era soltanto europeo, e invece lì sì.
Una cosa fondamentale, la riprendiamo subito dopo l'inizio del primo capitolo al quale ci introduce, come tutta la puntata, Michela Ventriglia. I rapporti di Roma con i Germani sono stati ostili per secoli, da Mario a Cesare fino a Marco Aurelio e ai suoi successori. Lo storico Tacito ci lascia un ritratto di questi popoli nell'agricola e nella Germania.
Ma dal II secolo d.C., con la crisi demografica, molti barbari vengono arruolati nelle legioni imperiali, finché si giunge al paradosso di affidare la difesa dell'impero proprio a coloro da cui un tempo l'impero andava difeso. Le cosiddette invasioni barbariche del IV secolo si presentano come un momento di rottura del vecchio ordine, che tuttavia immette nuova forza nella fase calante dell'impero romano. Ma più che di invasioni è corretto parlare di migrazioni.
I barbari o germani che migrano dal nord-est nel continente europeo, valicando le frontiere dell'impero, non sono solo degli estranei o dei nemici. Tra loro i romani ci sono da tempo molti contatti commerciali e militari. L'impero è in trasformazione.
Le continue acclamazioni di nuovi imperatori da parte delle milizie e le ripetute usurpazioni sono il vero problema della compagine imperiale, in quella che sembra ormai una fase di declino. In realtà c'è ancora vitalità nell'impero del IV secolo e tanti popoli in movimento, la cui identità etnica, ancora fluida, si confronterà con la componente indigena latina. L'irruzione dei Giugni da nord-est nei territori dei Goti determina una serie di spostamenti a catena. L'impero romano del IV e del V secolo non ricalca esattamente gli attuali confini europei, ma ha il suo centro nel bacino del Mediterraneo.
A nord il confine è segnato da due grandi fiumi, il Danubio e il Reno. Costantinopoli ha sostituito Roma, il cristianesimo è la religione dominante. Fuori da questi confini, nel freddo nord, vivono le popolazioni germaniche. I goti sono stirpi di origine scandinava, stanziati tra il Danubio e il Mar Nero, per lo più divisi in goti occidentali o visigoti e goti orientali, detti ostrogoti.
Anche tra loro si impone la rivoluzione cristiana. Il vescovo Ulfila è ariano e traduce la Bibbia in goto, creando per la prima volta un alfabeto gotico. Più che un esercito di invasori, i gotti sono tribù in cerca di accoglienza. Sono minacciati dagli Unni, un popolo nomade e guerriero che muove dalle regioni dell'odierna Ucraina. Sotto questa spinta, nel 376, si affollano sulla riva sinistra del Danubio, supplicando di poter attraversare il confine per scampare dalle orde unne che avevano preso i loro territori, come ci racconta lo storico greco Eunapio nei suoi commentari.
L'imperatore romano d'Oriente, Valente, decide di accoglierli, contando di usare gli uomini per rinforzare il suo esercito in partenza contro i persiani e di ottenere nuovi guadagni dallo sfruttamento dei prosili. Quegli stessi goti, ribellandosi ai soprusi dei romani, due anni dopo sbaragliano l'esercito di Valente nella battaglia di Adrianopoli. È il 378, l'imperatore d'Oriente viene sconfitto e ucciso da un popolo unito dal rancore e dal desiderio di vendicare un trattamento disumano.
Tra il 405 e il 408 crolla la frontiera del Reno. Dall'Imes renano penetrano altri gruppi, Vandali, Burgundi, Alani e Svevi, che si stabiliscono nei territori dell'attuale Francia e nella penisola iberica. L'imperatore Teodosio, in cambio di sostegno militare, concede ai Visigoti lo status di federati e alcuni territori nella Mesia, nell'odierna Bulgaria.
Ma alla sua morte i Visigoti, capeggiati da Alain, scaricano la furia infernale dei loro guerrieri alla volta dell'Italia. Nella notte del 24 agosto 410 saccheggiano Roma. Il sacco di Roma è uno shock, l'affronto definitivo al dogma dell'urbe inespugnabile. È una cesura epocale. Ormai è chiaro che la storia sta cambiando direzione.
Professor Barbero, c'è una data maledetta che è 476, quando Odoacre sostituisce Romolo Augustolo e da lì finisce la storia dell'impero romano e inizia la storia dei barbari, il medioevo. Ma cosa c'è che non ci fosse già un secolo prima e che non ci sarà un secolo dopo? Perché fissare quella data maledetta?
C'è una cosa formale. Però le cose formali contano nella mentalità della gente e anche in politica. Fino al 476 ci sono già dei regni romano barbarici, ma c'è ancora un imperatore in Occidente.
E fra un imperatore e un re, nella mentalità di quell'epoca, c'è una differenza enorme. Oggi a noi non sembra che ci sia quasi nessuna differenza. Invece un re è il capo del suo popolo e basta.
L'imperatore è il sovrano del mondo, nella prospettiva romana e cristiana. E allora, finché c'è un imperatore in Italia, Neanche più a Roma, alla fine a Ravenna in mezzo alle paludi, proprio perché a Ravenna non si arriva per via di terra e quindi lì è al sicuro in mezzo a questi barbari che scorrazzano dappertutto. Però un imperatore c'è e i romani in tutto l'immenso impero d'Occidente, in Gallia, in Britannia, considerano che comunque qualunque cosa succeda, anche se qua ci sono i barbari e comandano loro, ma è l'imperatore che gli ha dato il permesso.
E quindi i re barbari sono sempre subalterni all'imperatore romano, sulla carta, in teoria, ma per la gente è importante. Quando invece un imperatore romano in Occidente non c'è più, i romani devono diventare sudditi dei re barbari, non c'è alternativa. O diventano sudditi, come anche lo stesso Deacre, per certi versi, dell'imperatore di Costantinopoli. Eh, però l'imperatore del Costantinopoli, diciamo...
Per un po' riesce a mantenere questo collegamento. Ancora Clodoveo, re dei Franchi, potentissimo re, che governa senza chiedere il permesso a nessuno sulla Francia. Però quando l'imperatore da Costantinopoli gli manda delle lettere di nomina a console onorario dell'impero romano, il re Clodoveo è felice. Poi però alla lunga si accorgono che queste sono belle cose, ma l'imperatore è lontano, lontano e alla fine si emancipano.
Senta, se lei dovesse dire, allora, la vera storia, quindi lasciamo perdere il 476, ma quand'è che comincia la storia dei barbari, la prevalenza dei barbari, non quand'è che si affacciano? In che epoca i barbari prevalgono sui romani? È detto molto bene in che epoca prevalgono, perché i barbari naturalmente c'erano già prima. L'impero romano per secoli ha assorbito barbari e li ha integrati e li ha trasformati in cittadini romani. E invece i barbari di cui parliamo noi, a partire dai goti, appunto sono barbari che vogliono venire a vivere nell'impero non vogliono distruggerlo, vogliono venire a vivere, vogliono godersi il circo, gli spettacoli, i mercati, le strade, i soldi però le statue, altro che abbatterle come in quell'immagine dell'ottocento che abbiamo visto prima in cui si vedono i barbari che tirano giù le statue no no, loro volevano vivere nell'impero romano ma per la prima volta non più integrandosi, non più diventando romani ma perché sono più forti?
porti loro dei romani, che cos'è che gli dà? Loro sono più energici perché vivono al freddo, vengono dalle foreste, ma che cos'è che dà alla loro identità politico-culturale un carattere per cui prevalgono sui romani che erano eredi di grandi civiltà? In realtà poi non è neanche l'identità la cosa più importante, perché sì, loro ci hanno lasciato i nomi, gli abitanti della Gallia oggi si chiamano francesi appunto, e quelli dell'Italia del Nord lombardi, e cioè longobardi. Però poi hanno smesso di parlare le loro lingue quasi subito. Si sono messi tutti a parlare latino e noi parliamo lingue neolatine.
Si sono convertiti al cristianesimo, al cattolicesimo. Non è tanto una questione di un'identità più forte quanto proprio che effettivamente l'impero romano non ce la fa più. Succede che un impero dopo secoli non regga più il peso di governare territori immensi con pressioni dappertutto. E non è un crollo immediato.
Generazioni di imperatori romani si sono detti, ma sì. Ma anche se facciamo entrare quelli lì, gli cediamo quel pezzetto a loro, risparmiamo sulle spese, ritiriamo le guarnigioni e quel pezzetto lì della Gallia lo affidiamo ai franchi. Professore, oggi per come noi raccontiamo la storia abbiamo l'impressione che il baricentro in questi secoli di cui parliamo, il baricentro della storia si sia spostato dai teatri tradizionali, la Persia, Costantinopole, Prima Bisanzio, Atene, Roma. nel centro dell'Europa.
Si spostò davvero o il teatro rimase poi Costantinopoli e tutto il resto di quello che abbiamo appena detto? Si è spostato il baricentro della nostra storia di europei occidentali, perché lì nei Balcani, in Asia Minore, nel Medio Oriente ha continuato a svolgersi una storia importantissima. Però sempre di più noi europei abbiamo cominciato a pensare che non ci riguardasse. E allora ne parliamo nel secondo capitolo, la formazione dei regni romano barbarici, sempre introdotti nella Michela Ventriglia.
Nel 455 Roma resta vittima di un altro sacco, quello dei vandali di Gensierico, che mettono a ferro e fuoco la città per dirigersi poi verso la penisola iberica. Mentre l'impero d'Occidente è preda delle nuove migrazioni, in Oriente l'imperatore cerca da lontano di vigilare sui territori a ovest dell'impero. Oppone un capo barbaro a un altro, nel tentativo di eliminarli a vicenda e strumentalizzando così il desiderio di questi guerrieri di costruire un regno per il loro popolo. Ma a mano a mano le province occidentali finiscono per sfuggire al controllo di Costantinopoli e mentre il potere imperiale arretra, i generali barbari cominciano a governare i territori.
in maniera non subordinata e a farsi chiamare Rex. In questo clima politico, nel 476, viene deposto l'ultimo imperatore romano d'Occidente, Romolo Augustolo. L'imperatore bambino risiede a Ravienna, ma è solo un fantoccio e non stupisce che Odoacre, un generale dell'esercito romano di origini barbare, riesca a detronizzarlo senza difficoltà.
La data del 476 rappresenta convenzionalmente la fine dell'impero romano d'Occidente e l'inizio del Medioevo. Ma forse è solo il punto di arrivo di un processo iniziato già cento anni prima, con l'ingresso dei goti nel territorio romano, che porterà alla formazione di nuovi regni. Odoacre, dopo aver deposto Romolo Augustolo, invia le insegne imperiali a Costantinopoli, chiedendo per sé il riconoscimento di Patricius dei Romani e re dei popoli barbari in Italia.
Odoacre governa conservando lo status quo per quasi vent'anni, fino a quando l'imperatore d'Oriente Zenone, preoccupato per i suoi successi, invia contro di lui l'ufficiale dell'esercito romano Teodorico, un barbaro che si è formato a Costantinopoli e che è a capo di un folto esercito di Ostrogoti. Raggiunta l'Italia come vicario imperiale, Teodorico rovescia Odoacre e instaura, nel 493, il primo regno romano barbarico nella penisola. Teodorico governa l'Italia come un sovrano illuminato. La sua politica mira a pacificare goti e romani, affidando agli uni le faccende militari e agli altri quelle civili.
Esalta le potenzialità del pensiero romano, tenendo a corte intellettuali del calibro di Boezio e Cassiodoro. Grazie a un'abile politica matrimoniale, stringe alleanze tra i regni europei per garantire la pace. Ma i tempi non sono ancora maturi per realizzare il sogno di Teodorico il Grande. Alla sua morte l'imperatore Giustiniano coglie l'occasione per intromettersi negli affari della penisola.
La guerra greco-gotica, condotta per 18 anni da goti e bizantini sul territorio italico, porta la gente alla povertà e alla fame, come ci racconta lo storico bizantino Procopio di Cesarea. Ma le conquiste di Giustiniano sono effimere e qualche anno dopo la sua morte, dalle Alpi, un altro popolo barbaro scende nella pianura padana con brama di saccheggio e con una ferocia primitiva. Sono i Longobardi.
Il loro regno dividerà l'Italia in Ducati, determinando col tempo un nuovo assetto. Nel 572 Pavia viene conquistata e diventa la prima capitale del regno. Nel frattempo i Visigoti si erano stanziati nella Gallia Narbonese, nei pressi di Tolosa. Il re Ataulfo fonda de facto il primo dei regni barbarici e cerca una legittimazione da parte dell'imperatore d'Oriente Onorio sposando sua sorella, Galla Placidia, che aveva preso con sé durante il sacco di Roma. Il dinamismo dei Visigoti si scontra con il ruolo egemonico dei Franchi nella Gallia settentrionale.
Nella battaglia di Bouillé nel 507, i Visigoti subiscono una pesante sconfitta per mano del re Clodoveo. Migrando a sud, nella penisola iberica, fondano il regno Visigoto di Spagna, con capitale Toledo, che starà in piedi fino all'arrivo dei Saraceni. Come in una reazione a catena, i vandali di Genserico lasciano la Spagna e si stabiliscono sulle coste dell'Africa nord-sahariana. Ma il Regno Vandalo ha vita breve.
I territori saranno riconquistati dall'esercito di Giustiniano a metà del VI secolo. Professore, dunque i barberi hanno già dilagato perché non sono venuti solo in Italia, sono andati in Spagna, in Nordafrica. Qual è la regione o la terra per loro più utile a tenere a lungo?
e a non avere guerre, non avere rivali. In realtà dove veramente si insediano con grande successo è la Francia attuale, che era un po' una periferia dell'impero romano. È vero. Ma proprio per quello, sa, l'Italia, l'Italia era il paradiso in terra, arrivava roba da tutte le province dell'impero, ma proprio per quello quando arrivano i barbari e i tributi dalle province non arrivano più, l'economia dell'Italia va giù a picco. La Gallia era una grande provincia periferica abituata a cavarsela da sola con le sue ricchezze locali.
Arrivano questi franchi che sono un popolo particolarmente bellicoso, aggressivo. Fanno continuamente guerra di conquista, conquistano Bottino. E tutta questa roba arriva nel loro regno e la Gallia diventa in realtà il motore della nuova Europa medievale.
E la Britannia? E la Britannia è talmente periferica e lontana. Era il posto dove si mandavano in punizione i funzionari che si volevano togliere di mezzo la Britannia, che è uno dei pochi posti che i romani abbandonano ancora prima che arrivino i barbi.
È vero, però proprio in coincidenza con questo abbandono lì nasce una delle saghe, delle leggende più importanti nella storia dell'Europa, è come dire Artù, e come mai? Perché hanno più fantasia? Beh, lì c'era questa popolazione celtica sottomessa dai romani, in parte romanizzata. Però è ancora rimasta molto legata alla sua lingua, alle sue tradizioni.
Quando le guarnigioni romane se ne vanno, c'è il vuoto e si riversano dentro i germani, gli anglosassoni. E questa cosa dell'arrivo dei sassoni, i celti dell'isola li chiamano così, contro cui gli abitanti, gli indigeni fanno una resistenza disperata ma vengono progressivamente scacciati. Quello è l'origine di questa storia mitologica.
E lì c'è l'origine di tutto questo. Nel contempo poi ci stanno le grandi personalità. Alessia Amante, per esempio, Teodorico si trova Cassiodoro.
Quello è un oro che vale per un'epoca. Sì, Cassiodoro è una sorta di primo ministro del reggotto, quindi maestro degli uffici e prefetto al pretorio, se vogliamo essere precisi, di Teodorico e dei suoi successori. Si occupa quindi anche della cultura nel regno.
vuoto, una sorta di ministro dell'istruzione anche, cui infatti proprio lui a suggerire a Teoderico la necessità di creare una cultura condivisa tra goti e romani, in quanto dopo il crollo dell'impero romano d'Occidente moltissime delle strutture scolastiche pubbliche erano andate distrutte e Cassiodoro stesso si conferma che la situazione era andata ulteriormente peggiorando dopo la morte di Teoderico. Nel 536 così Cassiodoro si rivolse al Papa stavolta. il Papa Agapito, nel tentativo purtroppo fallito di fondare a Roma un'università del sapere cristiano e profano, il modello delle scuole fiorite in Oriente.
Ma purtroppo il vecchio sistema educativo romano entrò definitivamente in crisi con l'arrivo dei Piantini e la guerra greco-cortica. Cassiodoro alla fine della guerra si ritirò così in Calabria, a Squillace, dove fondò un monastero e lì trasferì. tutta la sua biblioteca e impose ai cenopiti, ai monaci diciamo, di copiare minuzzisamente libri di autori anche non cristiani. Quindi mi viene da chiedermi se Cassiodoro avesse capito che qualcosa stava cambiando, che si stava magari aprendo una nuova epoca e che quindi bisognava preservare, se non proprio salvare, gli antichi testi greci e latini.
Giusta domanda quella che si fa a Alessia Amante, nel senso che ce la facciamo tutti. Loro erano consapevoli, capivano? Non tanto in generale, perché la trasformazione del mondo antico sotto l'impatto delle invasioni barbariche è una cosa che è avvenuta nell'arco di parecchie generazioni.
E io credo che pochi abbiano avuto modo di dire, ma quando io ero giovane era tutto diverso, era un pochino diverso magari. Poi certo Cassiodoro, che era un intellettuale di straordinaria profondità, deve aver sentito con più forza di altri quella cosa che però anche in altre epoche si sente, lì è il cristianesimo che fa la differenza. Voglio dire, nella vita umana è naturale che arrivi un momento in cui tu ti dici ma il mondo non è più come quando ero giovane, però il cristianesimo offre a questa gente qualcosa che gli antichi non avevano. la possibilità di fare qualche cosa di diverso, uscire dal mondo ma senza… E poi offre anche un futuro, una prospettiva, un senso… E una prospettiva futura che è altrettanto, anzi ancora più importante.
Ma sempre ricollegandomi a quello che ha detto Alessia Amante, è un mondo rispetto agli ultimi secoli, non decenni, secoli dell'impero romano legittimo, qui è una fioritura di figure come quella che ci ha descritto Alessia Amante. Assolutamente sì, per un po' di tempo si verifica proprio questa cosa, che i re barbari, che si trovano a dover governare dei territori per loro giganteschi, pieni di romani, pieni di preti e di vescovi e di monaci coltissimi, pieni di mercati, leggi dell'economia da gestire, tutte cose che i re barbari ignoravano tranquillamente, per un po' di tempo valorizzano moltissimo gli intellettuali romani, hanno bisogno di loro per poter governare. Poi, e finché... Finché l'amministrazione regge, gli acquedotti restano in piedi, c'è ancora qualche scuola aperta, effettivamente è una stagione che ha ancora una sua vivacità. Ma poi hanno anche loro, dei loro intellettuali, riescono a creare figure o bisogna aspettare dopo l'anno 1000?
No, ce ne sono, ce ne sono in ogni paese, perfino i sassoni nella sperduta Britannia esprimono dei grandi intellettuali per quell'epoca, il monaco Beda per esempio, Alcuino che sarà un grande consigliere di Carlo Magno. E allora adesso entriamo, sempre guidati da Michela Ventriglia, nel terzo capitolo dove vediamo le loro nuove società. Le immigrazioni dei popoli e la formazione dei regni sanciscono per sempre la divisione tra le regioni orientali e quelle occidentali dell'impero. Il divario di civiltà tra Oriente e Occidente non è solo un effetto dell'uso di lingue diverse e delle dispute cristologiche, ma è propriamente un fatto politico.
C'è un occidente romano barbarico, dove popoli diversi impareranno a convivere, e un oriente bizantino, che parla greco e continuerà una storia a sé stante. In occidente il ruolo dell'episcopato cattolico acquisirà una notevole importanza, colmando l'assenza di un potere centrale. Si assisterà alla nascita di un'idea di regalità più matura e dell'etnogenesi di nuove comunità, da gruppi umani che fino a poco prima si temevano e si combattivano.
Alla luce di tutto questo, L'immagine di popoli che invadono un impero ormai in declino sembra ormai un retaggio storiografico superato. Del resto, come disse Mark Bloch, l'azione di una civiltà su un'altra non si misura necessariamente mettendo sulla bilancia i numeri delle presenze. A prescindere dal lato maggioritario della componente romana, l'unione di questi gruppi umani avrebbe dato luogo a identità nazionali del tutto inedite rispetto all'impero.
La formazione dei regni romano barbarici è un fenomeno che coinvolge principalmente la parte occidentale dell'impero. Piccoli regni si formano anche nella lontana Britannia, dove Angli, Sassoni e Iuti invadono i territori dei Celti, ormai abbandonati dai presidi militari dell'impero. È l'epoca della mitica saga di Re Artù e dei suoi cavalieri, che difendono il popolo celtico dalle invasioni germaniche.
L'occupazione dei nuovi territori da parte dei barbari non è sempre violenta. Spesso gli accordi con i romani instaurano un regime di hospitalitas o di federazio. Ai nuovi capi barbari si riconosce il grado di generale romano, un titolo fittizio ma familiare alle popolazioni locali, che induce al riconoscimento di una leadership, che unisce invece di dividere. Da questi capi nasce progressivamente una nuova idea di regalità.
Alla fine tutti i sudditi di questi re saranno considerati un unico popolo, romano per lingua, cattolico per religione, ma anche goto. franco anglosassone o longobardo dalla stirpe del re i regni romano barbarici sono caratterizzati da una popolazione mista da forme di culto e cultura diverse e sono la scena di un lungo processo di etnogenesi da cui nascono popoli nuovi composti da una minoranza di migranti o invasori e una maggioranza indigena di cultura latina Con la convivenza quotidiana con i romani, le popolazioni germaniche iniziano a sentire la necessità di avere una codificazione scritta delle leggi. Vengono redatti allora nuovi codici di diritto come la Lex Salica tra i franchi nel VI secolo, le leggi teodoriciane o come l'editto del re Longobardo Rotari nel 643. Dal punto di vista religioso la vera unità si trova solo quando i re lasciano l'arianesimo e si convertono al credo niceno.
I franchi riescono più di ogni altra popolazione barbarica a integrarsi con i romani, grazie alla precoce conversione al capo di un'unità cattolicesimo del re Clodoveo. Allo stesso modo la fortuna del regno visigoto di Toledo si deve ai buoni rapporti stabiliti con l'aristocrazia locale di religione cattolica per cui sarà determinante la conversione dei visigoti nel terzo concilio di Toledo convocato dal re Recaredo nel 589. Questa forte compenetrazione fra episcopato e regno è un tratto peculiare del regno visigoto fino alla sua caduta con la conquista araba della Spagna nell'VIII secolo. Il potente sostegno della Chiesa salda progressivamente il ruolo del re al popolo, senza passare per l'imperatore.
In questo senso, l'incoronazione di Carlo Magno nell'Ottocento come re dei Franchi, per mano di Papa Leone III, nella Basilica di San Pietro, sancisce l'indipendenza, se non l'ostilità, dell'Europa occidentale verso l'Impero Romano d'Oriente. Ma adesso le farò ascoltare un aspetto curioso, molto interessante e molto importante. Vincenzo Cassaro ha studiato il tema dell'integrazione alimentare fra barbari e romani preesistenti.
Cassaro. Sì, è interessante sottolineare che con l'arrivo delle popolazioni germaniche anche l'alimentazione subisce dei cambiamenti. I romani non avevano mostrato grande apprezzamento.
Nei confronti dell'incolto, infatti, il bosco era simbolo di emarginazione, di inciviltà, l'agricoltura invece simbolo di civiltà. Ne derivò una cultura alimentare che attribuiva agli alimenti di origine vegetale un ruolo di primaria importanza. Le popolazioni germaniche invece avevano elaborato un sistema produttivo che si fondava soprattutto sullo sfruttamento delle aree incolte.
ne derivò una cultura alimentare che attribuiva alla carne, specialmente quella di maiale, un ruolo fondamentale. Mi piace utilizzare un'espressione di Ferdinand Braudel, quella di pianta di civiltà, come lo era il grano in area mediterranea, il mais nelle Americhe, il riso in Asia, ma per i germani bisogna parlare di animale di civiltà, cioè il maiale. Recentemente, tra l'altro, Massimo Montanari si è domandato se si possa parlare di modello alimentare romano barbarico, per cui mi sono chiesto come sia stata possibile un'integrazione tra due culture alimentari, quella romana e quella germanica, talmente diverse tra loro.
Giusta domanda, ma io in fondo penso che un'integrazione totale non ci è mai stata, perché alla fine le culture alimentari sono rimaste non integrate e ha vinto quella latina mediterranea. Beh, insomma diciamo, si è creata lì una grande divisione storica dell'Europa, fra l'Europa dell'olio e l'Europa del burro. e del lardo, che oggi per noi non vuol più dire niente perché ormai trovano l'olio d'oliva anche in Inghilterra e c'è di tutto dappertutto, ma per molto tempo chi era abituato a cucinare con il burro, quando andava in Spagna o in Italia e sentiva l'odore dell'olio fritto, inorridiva.
Questo nasce effettivamente con i Germani e poi nasce anche quella grande invenzione medievale che è il salame. Arriviamo. a Carlo Magno, siamo tutti d'accordo, con Carlo Magno questa stagione dei regni romano barbarici finisce e ne inizia un'altra, ma siccome la costruzione di Carlo Magno si sfascia in realtà dopo la morte di Carlo Magno, come mai con le risorse e la forza che avevano questi regni romano barbarici nessuno ha l'occasione di riproporsi, di riprendere la propria storia? Perché i franchi sono troppo forti, la storia d'Europa è stata poi dominata dalla Francia e dalla Germania, e sia gli uni sia gli altri sono franchi, sia gli uni sia gli altri sono i discendenti dei franchi, erano un popolo fortissimo, perché dicevamo prima l'Italia non crea un regno indipendente duraturo?
Perché gli eredi dei Longobardi sono un popolo troppo piccolo in confronto alla potenza dei franchi, per farcela, e la Spagna crolla all'arrivo degli arabi. E anche lì, in definitiva, gli spagnoli oggi sanno che la fase dei goti è stata un'epoca della loro storia, ma... Quindi, diciamo, è dopo Maometto e le invasioni arabe che si costituisce un fenomeno di pari livello di quello che si è costituito con Carlo Magno in Europa?
Sì, infatti sì, è proprio così. Dove prima c'era un unico impero, quello romano, che si stendeva su tre continenti. e con il Mediterraneo in mezzo, un lago nostro, mare nostrum. E invece dopo c'è il mondo come lo conosciamo ancora noi. C'è l'Occidente europeo di tradizione cristiana e c'è il mondo di tradizione arabo-musulmana, due mondi molto contrapposti, raramente amici.
Tutto questo nasce con Maometto e con Carlo Magno. In una parola, Bisanzio a Costantinopoli, la futura Istanbul, che ruolo rimarrà? Perché anche loro vivranno fino a metà del nuovo millennio.
Loro vivranno e da lì sono venute fuori la Russia e la Turchia. Vedete, abbiamo fatto oggi passate e presente, però professore, lei non è esentato da darci i tre libri. Allora, sulle invasioni barbariche e i regni romano barbarici consiglierei due prodotti di storici italiani, di colleghi insomma, Claudio Azzara, Le invasioni barbariche, la miglior sintesi credo, e in particolare sui Longobardi, che a noi in Italia interessano più degli altri. direi fra i tanti libri di Stefano Gasparri uno in particolare Italia Longobarda e poi un libro invece di uno storico di un grande medievista americano il Patrick Geary che si intitola Il mito delle nazioni e che parla proprio di quel tema che è stato sotteso un po' a tutto quello che noi abbiamo detto cioè come le nazioni dell'Europa moderna e i loro miti affondano le loro radici in quest'epoca così misconosciuta dei regni romano barbarici ringrazio il professor Barbero grazie Come ringrazio i nostri giovani storici e mentre voi state prendendo nota io mi preparo per le conclusioni.
Il mito delle nazioni, Patrick Gery, Carocci Editore 2016. Alessandro Barbero ci ha raccontato che è Odoacre che nel 476 spodesta Romolo Augustolo e dà inizio alla stagione di cui abbiamo parlato. Odoacre è un... buon re, tutto sommato pacifico, in un certo momento va da nubio, ma non subisce mai sconfitte fino verso la fine dei suoi giorni, 493. quando Teodorico lo inviterà in un banchetto dove si narra che ha ucciso tutti, alla fine di quel banchetto ha ucciso Odoacre, la moglie, figli e sempre secondo la leggenda addirittura tutti i suoi soldati, ma si verificherà a quel punto il cosiddetto paradosso di Odoacre che passerà la storia per aver spodestato Romolo Augustolo, ancora per decenni dopo il 493, mentre Odoacre morirà nel banchetto di Teodorico.