Il suo aspetto, che poteva dimostrare 25 anni, faceva a prima vista un'impressione di bellezza, ma di una bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta. La grandezza ben formata della persona scompariva in un certo abbandono del portamento o compariva sfigurata in certe mosse repentine, irregolari e troppo risolute per una donna, nonché per una monaca. Nel capitolo IX dei Promessi Sposi, Alessandro Manzoni introduce il personaggio di Gertrude.
la monaca di Monza che avrà un ruolo decisivo nelle trame di Don Rodrigo. Lucia e Agnese si rivolgono a lei dopo la fuga dal paesino e il fallito rapimento della ragazza. La sua figura è ispirata a quella di Marianna Deleiva, figlia del feudatario di Monza, che alla fine del Cinquecento fu costretta dal padre a farsi monaca contro la sua volontà e divenne poi amante di un giovane criminale, Giampaolo Osio, che finì ucciso.
Manzoni la presenta come una monaca diversa dalle altre e con modi superbi e sfrontati, quindi apre un ampio flashback che si distende per ben due capitoli e racconta la storia della ragazza. Dall'infanzia alla clausura nel convento di Monza, Gertrude è figlia di un principe milanese, di cui non viene fatto il nome, il quale prima ancora della sua nascita l'aveva destinata al velo monacale per riservare l'intero patrimonio al primogenito. Tale decisione era dettata dunque da biechi motivi di interesse.
La famiglia cerca di inculcarle l'idea del monastero fin dai primissimi anni, facendola giocare con bambole vestite da suora e paragonandola a una madre badessa. È implicito che la ragazza dovrà farsi suora, la sua volontà non conta nulla. A sei anni viene mandata al convento di Monza come educanda e a quattordici viene indotta a chiedere di esservi ammessa come novizia per prendere i voti. È a quel punto che Gertrude manifesta i primi dubbi e il desiderio di una vita fuori dal chiostro.
Scrive una lettera al padre, che irrita fortemente l'uomo, e in seguito torna a casa per trascorrervi un mese, come prescritto dalle regole. Qui viene ignorata dalla famiglia e costretta a un severo isolamento, nel tentativo di forzare il suo consenso. Durante questa sorta di segregazione, Gertrude inizia a provare dell'affetto verso un paggio e commette la leggerezza di scrivergli un biglietto amoroso.
Questo viene intercettato dal padre, e diventa un'arma nelle sue mani per ricattare la fanciulla. Il principe, in un drammatico confronto con Gertrude, le fa intendere che dopo un simile fatto non potrà darla in moglie a un gentiluomo, e le fa balenare il convento come solo modo per salvare la sua reputazione. Ecco un passo significativo.
La misera ascoltatrice era annichilata. Allora il principe, raddolcendo a grado a grado la voce e le parole, proseguì dicendo che però a ogni fallo c'era rimedio e misericordia. che il suo era di quelli per i quali il rimedio è più chiaramente indicato, che essa doveva vedere, in questo tristo accidente, come un avviso che la vita del secolo era troppo piena di pericoli per lei. Gertrude accetta di farsi monaca, quasi senza rendersene conto, e da questo momento il principe cerca di forzarla sempre più sulla strada del convento. La decisione viene annunciata alla famiglia, e ogni occasione è sfruttata per dare pubblicità alla cosa.
La ragazza si rende conto ben presto che non potrà tornare sui suoi passi, a meno di un voltafaccia clamoroso e di uno scandalo, che potrebbe portare il padre a ripudiarla. Per questo non oppone resistenza e obbedisce ad ogni successiva richiesta. Esaminata dal vicario delle monache, che dovrà accertare la sincerità della sua vocazione, finge in modo convincente di non essere costretta in alcun modo, abilmente istruita dal padre.
Entra quindi in convento, prendendo il velo come una scelta ineluttabile. Il narratore sottolinea che Gertrude, pur diventata suora contro il suo volere, potrebbe trovare nella religione un conforto e una via per la serenità, ma la sua indole non le consente neppure questo. Sarà fatale l'incontro con Egidio, destinato a diventare il suo amante.
Questi è un giovane delinquente, che sapremo poi essere complice dell'innominato, la cui casa ha una finestra che si affaccia su un cortile interno del monastero. Qui Egidio vede Gertrude e se ne invaghisce. come Manzoni fa intendere in una pagina famosa.
Costui, da una sua finestrina che dominava un cortiletto di quel quartiere, avendo veduta Gertrude qualche volta passare o girandolarli per ozio, allettato anziché atterrito dai pericoli e dall'impietà dell'impresa, un giorno osò rivolgerle il discorso. La sventurata rispose. Il narratore lascia intuire al pubblico cosa avvenga dopo, ovvero la relazione segreta tra Egidio e Gertrude, tacendo i dettagli più scabrosi. in modo vago anche al delitto di una conversa che aveva scoperto la tresca e minacciato di rivelarla.
Lucia e Agnese giungono al convento circa un anno dopo l'omicidio, come detto alla fine del capitolo decimo in cui la narrazione ritorna al presente. Vedremo in seguito come Egidio indurrà Gertrude a favorire il rapimento di Lucia da parte dell'innominato. Rispetto al fermo e Lucia, la prima stesura del romanzo, l'autore rende il flashback sulla vita di Gertrude molto più snello ed elimina i particolari truci della prima narrazione, nonché i lunghi dialoghi tra la monaca e il suo amante.
Nella versione definitiva, infatti, i due non sono quasi mai mostrati insieme ed Egidio non parla mai in modo diretto, quasi a voler stendere un velo sulla drammaticità della situazione. È la cosiddetta reticenza di Manzoni, frutto di una scelta di stile. La vicenda di Gertrude si dipana come una tragedia di tipo classico.
Con la differenza che il finale della storia resta sospeso e il personaggio della monaca non è interamente risolto. Solo alla fine del romanzo apprenderemo per via indiretta che i suoi delitti sono stati svelati. Ciò corrisponde alla vera storia di Marianna Deleiva, che venne murata viva e trascorse gli ultimi anni in espiazione, morendo in sospetto di santità. Manzoni accenna a questo in modo vago, rimandando il lettore all'opera dello storico Ripamonti a cui si è ispirato.
Un ultimo dettaglio riguarda l'appellativo monaca di Monza. in realtà mai usato dal romanziere che chiama Gertrude la signora come in effetti avveniva al suo tempo. La formula, nonostante questo, è divenuta ormai tradizionale a indicare il personaggio.