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Nascita e vita di Maometto

Nell'anno 570 d.C., sotto il pontificato romano di Giovanni III, predecessore di Gregorio Magno, regnando a Bisanzio l'imperatore Giustino II, mentre i franchi erano governati dai sanguinari figli di Clodoveo e i longobardi avevano occupato da poco l'Italia settentrionale, nacque in Arabia un uomo che fu chiamato Maometto. Un uomo, non un dio. Un uomo che seppe accettare sempre, fino in fondo, la sua natura umana, con le sue debolezze, colpe, errori, e che non volle mai essere considerato altro che un uomo in mezzo ad una comunità di uomini. Non vi dico di possedere i segreti d'Allah. Io non conosco l'inconoscibile e non affermo ad essere un angelo. Un uomo tuttavia che annunciò di essere stato scelto da Dio per compiere una grande e conclusiva missione. Chiunque si oppone ad Allah e al suo profeta, per lui sarà il fuoco eterno della Gehenna. La Mecca, la città santuario dell'Ejaz in Arabia, dove nacque Mahomet. E ora il perno visibile intorno al quale ruota la fede di mezzo miliardo di uomini, i musulmani, il popolo dell'Islam. Milioni di pellegrini raggiungono ogni anno la Mecca per celebrarvi i riti di santificazione, propiziazione, purificazione che il mondo arabo conosceva fin dalla preistoria e l'Islam fece scuola. E' il grande pellegrinaggio del Laj, incontro sacro di fedeli di una religione che si estende su popoli e genti sparse dall'oceano atlantico al pacifico, in tre continenti. Ecco le mura di una delle città che circondano la zona sacra della Mecca. A noi, non musulmani, non è consentito andare più avanti di qui. Si tratta di una legge religiosa che non ammette in ogni caso alcune eccezioni. Quello è il confine proibito. Quella zona dove solo i musulmani possono accedere. E noi ci fermiamo qui perché se un infedele, per esempio dei cristiani come noi, infedeli agli occhi dei musulmani, un infedele venisse scoperto nella zona sacra dove sorgono i luoghi santi, verrebbe ucciso sul posto dalla folla indignata per il sacrilegio. Abbiamo visto sulle autostrade che portano alla Mecca che grandi cartelli ricordano questa proibizione assoluta. Noi abbiamo così affidato a un gruppo di collaboratori, che sono operatori e tecnici turisini di religione musulmana, abbiamo affidato l'incarico di filmare all'interno dell'area sacra. Saranno loro a riportarci dalla Mecca e a riportarci... così al pubblico italiano, le rare immagini delle varie e complesse cerimonie che costituiscono l'ossatura del grande pellegrinaggio appunto alla Mecca. Immagini che ci aiuteranno più di una volta nel corso di questa trasmissione a evocare alcuni dei suoi progetti. momenti della vita di maometto e a farci comprendere molti punti fondamentali anche della sua dottrina ma anche qui intorno a noi nella rabbia in cui possiamo muoverci con le nostre cineprese ci sembra sia facile incontrare un mondo un'umanità in cui l'atmosfera che vide nascere maometto pare essersi conservata intatta come al di fuori del tempo incontriamo un bambino in una città dell'arabia I suoi giochi, la sua solitudine. Dell'infanzia di Maometto sappiamo ben poco, ma certo il suo destino e la sua educazione furono simili a quelli di molti suoi coetanei di allora e di oggi. Suo padre morì presto lasciandolo orfano e solo in casa di zii. Anni il cui ricordo risuona spesso nel Corano. Il Signore Dio non ti trovò forse orfano e ti ha raccolto, non ti trovò traviato e ti ha guidato verso la luce, non ti trovò povero e ti ha arricchito, perciò tu a tua volta non opprimere l'orfano e non scacciare chi ha bisogno di aiuto. In questa miniatura araba medioevale ecco l'immagine leggendaria della nascita di Maometto. Il suo volto appare velato, secondo il principio sacro dell'Islam, per il quale nessuna immagine deve mai riprodurre le sembianze del profeta. L'immagine di questa nascita è leggendaria, così come lo sono quei racconti popolari sull'infanzia di Mahometto, che tutti i bambini del mondo musulmano conoscono. Racconti ingenui, che integrano e dilatano, a livello dei sentimenti più semplici, le scarne notizie storiche sul primo periodo della vita del profeta. Leggende e racconti che i bambini ascoltano dalla voce dei genitori, parole che restano nel loro ricordo per diventare poi componenti segrete, sentimentali del rapporto intimo spirituale tra l'uomo adulto e la divinità. Le carovane, un'atmosfera uguale oggi a quella di un tempo, quando i mercanti della Mecca dominavano le vie commerciali che conducevano al Mediterraneo. La giovinezza di Maometto si svolge appunto sotto il segno di queste attività che costituivano allora, a fianco del santuario della Cava, le principali fonti di ricchezza della città. Apprezzato conduttore di carovane e a corto commerciante, Maometto divenne ancora molto giovane l'uomo di fiducia della ricca vedova di un mercante locale, che si chiamava Cadigia. Fu lei, donna saggia, comprensiva, affettuosa, quella che per prima intuì la segreta grandezza d'animo del giovane orfano. Si interessò al suo destino e presto i due si sposarono. Il futuro profeta trovò nella moglie, più vecchia di lui di 15 anni, una compagna entusiasta, pronta a sostenerlo e a incoraggiarlo anche nei momenti più difficili. Ma gli anni della serena vita familiare a fianco di Khadija sono anche anni di viaggi, di solitudine, di riflessioni, di incontri lungo le piste carovaniere che univano l'Ejaz alla Siria e alla Palestina. Un periodo decisivo per la formazione del futuro profeta, che veniva a contatto, viaggio dopo viaggio, con le grandi idee che circolavano allora nel mondo mediterraneo, oltre l'angusto e provinciale orizzonte dell'Arabia tribale e politeista. Rabbini e commercianti ebrei, asceti, preti, carovanieri cristiani, incontri lungo le strade o nelle oasi o negli accampamenti, uomini sconosciuti pronti a dividere con altri sconosciuti per il breve spazio di una sera il loro patrimonio di verità, le loro idee, la loro fede. Così, di fronte al giovane Mahometto, si aprì l'orizzonte del monoteismo. Verità luminosa di un unico sommo Dio, di fronte al quale le divinità tribali del mondo arabo pre-islamico apparivano per quello che erano in realtà. Rozzi idoli creati dall'uomo per placare i propri superstiziosi terrori. Ma se il Dio unico degli ebrei e dei cristiani conquistò facilmente e per sempre la mente e il cuore di Maometto, non allo stesso modo lo entusiasmarono i suoi seguaci. Agli occhi semplici e retti dell'uomo del deserto, tanto gli ebrei quanto i cristiani sembravano aver corrotto tra litigi, dispute teologiche, eresie e concessioni alla superstizione popolare, la purezza assoluta del messaggio originario. Per comprendere oggi qual era il cristianesimo che Maometto poté incontrare durante i suoi viaggi, ci siamo spostati in Africa e assistiamo ad una cerimonia religiosa dei cristiani copti dell'Etiopia. Una chiesa che forse più d'altre ha assimilato tradizioni e usanze appartenenti a precedenti culti pagani. Legioni di santi, in parte leggendari, si affiancano all'unico Dio e a volte sembrano sostituirglisi nella devozione popolare. A loro vengono tributati culti particolari, di chiara origine precristiana. Siamo ad Axum, nel giorno della solenne festa del Tinket. Preti vestiti con cappe variopinte, croci ingemmate, postensori, bangeli. Ma al di sotto di questa sottile scorza cristiana è l'antica festa pagana in onore delle divinità dell'acqua e della primavera, che rivive qui nei suoi più tipici aspetti. Dopo la benedizione dell'acqua, la folla si getta a raccoglierne una preziosa riserva. Acqua ritenuta capace di ogni possibile evento, miracolo. Acqua che sarà paganamente adorata. Furono proprio concessioni come questa del cristianesimo alle tradizioni. popolari pagane che impedirono a Maometto di esaurire nel cristianesimo la propria ricerca di Dio, così come certo lo infastidirono le cavillose e spesso incomprensibili disquisizioni teologiche delle varie sette cristiane. Ogni profeta è sempre il punto d'arrivo visibile ed esplosivo di un lungo e sotterraneo itinerario di ricerche e di ansie comuni a tutta la sua epoca. Maometto non fu il primo tra gli arabi dell'Ejaz a subire l'attrazione del monoscoop. ...politeismo. Tra le gole delle brulle montagne che chiudono gli orizzonti delle oasi cittadine vivevano allora molti asceti che avevano respinto il rozzo politeismo tradizionale per dedicarsi alla ricerca di un unico Dio. Le idee di questi eremiti, che gli arabi chiamavano gli Anif del deserto, circolavano da tempo nelle città dell'Ejaz, destando curiosità e interesse, spesso ammirazione. Il loro esempio, tuttavia, era troppo lontano dai concreti fermenti e dai bisogni della città. vita d'ogni giorno, troppo legato a scelte individuali e radicali per far presa sulle masse. Occorreva una parola nuova, una scintilla non solo religiosa e mistica, ma anche sociale, per coinvolgere d'impeto tutto il mondo arabo nell'avventura entusiasmante della scoperta di Dio. Superati i 30 anni, anche Maometto, pur senza abbandonare la propria attività professionale e la vita familiare, cominciò sempre più frequentemente a isolarsi in luoghi deserti, dove poteva immergersi in lunghe meditazioni. Questo è il monte Ira, non lontano dalla Mecca. Qui, tra queste balze nude, oggi meta di pellegrinaggi devoti, Maometto trascorreva a volte intere giornate, perduto nella ricerca di una risposta alle domande che lo tormentavano. Finché giunse il momento della rivelazione. Un momento che la tradizione religiosa musulmana ha infinite volte poeticamente narrato, cantato e descritto. Qui lo illustra una miniatura medioevale. Una iconografia tradizionale che ogni uomo o donna di fede musulmana conosce sin dall'infanzia. È il racconto dell'apparizione sul monte Ira dell'Arcangelo Gabriele, che il luminoso davanti a Maometto gli disse, «Recita! » «Cosa devo recitare? » rispose abbagliato, impaurito Maometto. L'Arcangelo ripetè allora per tre volte l'ordine. La sua voce era dolce e imperiosa. «Recita nel nome del tuo Signore Creatore! » che ha creato l'uomo da un grumo di sangue. Recita, perché il tuo signore è il più generoso. È lui che ha insegnato all'uomo ciò che non sapeva. Con queste parole nasce l'Islam. Maometto aveva allora 40 anni. Maometto sapeva di non essere un esaltato. Le sue inquietudini religiose non gli avevano mai impedito di essere fiero della posizione raggiunta in seno alla comunità. Sentiva di essere fatto per una vita di giuste ambizioni e affetti patriarcali. Per questo, come racconta la tradizione, la prima visione e le altre che presto seguirono lo gettarono in uno stato di profondo turbamento. I primi fedeli raccontarono più tardi che Maometto per tre anni si dibatté, cercò di non ascoltare l'ordine di Dio, tentò di fuggire e nascondersi dallo sguardo terribile che si era posato su di lui. Ma le visioni continuavano a ripetersi, sempre più precise. O tu che sei avvolto nel mantello, alzati e predica. Il tuo Signore glorificalo. Verso il tuo Creatore sii docile. E Maometto fu docile, comprese e accettò fino in fondo il suo nuovo drammatico destino. Cominciò a predicare. Il nuovo messaggio di salvezza si diffuse nelle piccole strade della Mecca, convincendo e trascinando soprattutto umili e poveri, artigiani, operai, piccoli commercianti, stranieri. In una parola, tutto quel mondo che viveva ai margini dell'oligarchia dei grandi e novi di Quraysh, padroni allora della Mecca. La convinzione della rivoluzionaria superiorità morale della nuova dottrina è espressa molto bene dal discorso che la tradizione pone in bocca ai primi musulmani emigrati in Etiopia. Noi eravamo un popolo di idolatri, macchiato di orridi misfatti. Il più forte divorava il più debole. Finché Iddio suscitò dal nostro stesso seno un inviato che ci ha chiamati. Egli ci ha esortato ad essere veridici e leali, ad avere cura del congiunto e del vicino. ad astenerci dallo spargere il sangue, dal mentire, dal consumare le sostanze degli orfani. E noi abbiamo riposto in Lui la nostra fiducia e l'abbiamo seguito. L'idea di un giudizio finale e di un imminente castigo di Dio pervade tutto il primo periodo della predicazione di Maometto. Secondo lui, la tribù degli ebrei ha trascurato per tanti secoli la parola di Dio. Essa ora è scesa, portatrice di salvezza, sulla nazione degli arabi. Ma gli arabi potranno salvarsi solo se abbandoneranno gli idoli, apriranno i loro volti induriti dal peccato e porranno se stessi nelle mani dell'unico Dio di cui Maometto è l'ultimo messaggero. Queste statuette, questi idoletti, sono stati trovati qui nello Ien. entro le tombe degli antichi abitanti pagani di Marib. Le rozze divinità adorate prima dell'avvento del profeta non dovevano essere molto diverse da queste. A quel tempo il santuario della Kaba era dedicato ad un dio maschio, Obal, e a tre divinità femminili, Uzza, Allat e Almanat. Le tribù di Quraish, che vivevano sugli introiti del grande pellegrinaggio annuale alla Kaba, temettero che il monoteismo predicato dal nuovo profeta, avrebbe finito per distruggere l'importanza del loro santuario, in cui, oltre alla pietra nera, si veneravano le immagini di tutte o quasi le antiche divinità delle tribù d'Arabia. Mahomet fin dall'inizio comprese questo pericolo e tentò di convincere i suoi concittadini che il pellegrinaggio alla Kaaba non si opponeva alla vera fede in un unico Dio, ma il suo successo fu scarso. Lo scherno e l'incredulità delle classi ricche della Mecca si trasformarono presto in aperta ostilità. La vita della nuova comunità religiosa creata da Mahometto divenne sempre più difficile man mano che il numero degli adetti cresceva. Solo l'appartenenza del profeta ad una famiglia importante che certo l'avrebbe vendicato trattenne i grandi Quraysh dal portare a termine progetti sanguinari. Ma le angherie, gli insulti, i ricatti, le minacce si fecero ogni giorno più pesanti. In questa atmosfera di crescente tensione, Maometto decise in segreto di trasferirsi con i suoi seguaci più a nord, nella città di Yatrib, che prese poi il nome di Medina. Il 16 luglio del 622, il profeta uscì dalla porta nord della Mecca. Quella data, che fu detta poi il giorno dell'Egira, ossia della migrazione, ha dato inizio al calendario musulmano. Oggi una larga e rapida strada asfaltata unisce la Mecca a Medina e permette di compiere in poche ore quello che fu il lungo viaggio del profeta. Medina divenne da quel giorno per sempre la vera patria di Maometto e fu la prima città del mondo che si convertì all'Islam. Maometto è sepolto qui, sotto la cupola azzurra di una grande moschea. I nostri operatori musulmani hanno ripreso una scena che si ripete ogni venerdì al momento della preghiera. La città intera sembra vibrare nel movimento sincrono dei fedeli, che a decine di migliaia si prosternano, si levano e si inginocchiano simultaneamente. Ma i gesti delle loro preghiere sono rivolti verso la Mecca e non verso la vicina tomba del profeta. La religione musulmana ortodossa proibisce infatti rigorosamente qualunque atto di culto che non sia rivolto direttamente a Dio. Prosternarsi o anche solo alzare le mani davanti al monumento che copre i resti mortali del profeta sarebbe blasfemo. Se fu alla Mecca che Maometto si rivelò come il profeta dell'Islam, è certo qui a Medina che creò la società musulmana con tutte le complesse leggi che ne regolano il funzionamento. Di questa città, egli fu insieme capo religioso e politico, legislatore, generale. La nuova comunità, creata da Maometto e nata dall'unione dei primi seguaci con i nuovi fedeli medinesi, combatté per anni con alterne vicende contro l'aristocrazia mercantile dei Quraishi, lentamente isolandoli dal resto dell'Arabia. E finalmente i capi dei Quraysh si resero conto di aver perduto. Compresero che solo cedendo al profeta un tempo tanto disprezzato, le loro carovane avrebbero potuto ripercorrere senza pericolo le vie del nord e la loro città avrebbe riconquistato stabilmente la minacciata preminenza commerciale e religiosa. E da accorti mercanti quali erano, decisero di passare anche loro in blocco dalla parte dell'Islam. Maometto, seguito da vecchi e nuovi fedeli, entrò così alla Mecca come un trionfatore e distrusse le immagini degli dèi pagani che affollavano i cortili dell'antico santuario.