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Brigantaggio e storia nel Mezzogiorno d'Italia

Bentornati a una nuova puntata del Tempo e la Storia. Oggi parleremo di un fenomeno che ha caratterizzato il Mezzogiorno nei primi anni dell'Unità d'Italia, il brigantaglio. La nostra storia comincia nel 1860 con la comparsa al sud delle prime bande armate e termina il 21 dicembre 1863 quando Garibaldi si dimette dalla camera per protesta contro la repressione del Meridione. Una parte importante del suo sogno risorgimentale era stato ridare le terre ai contadini, ma all'indomani dell'unità d'Italia la realtà si dimostra ben diversa. Il nuovo Stato italiano vende all'asta le terre. terre e aumenta le tasse. I contadini si ritrovano perciò di nuovo a lavorare la terra per conto di aristocratici e latifondisti. Una parte del popolo meridionale si sente tradita e risponde con la lotta armata contro i nuovi governanti. È il brigantaggio, una guerra fra italiani che conterà migliaia di vittime. Oggi, accompagnati dal professor Alessandro Barbero, cercheremo di capire come può essere riletta questa pagina importante della nostra storia. Il brigantaggio è stato molte cose insieme, è stato delinquenza comune, ed è stata una rivolta contadina, ed è stata una guerra civile. Se uno cerca di semplificare e di ridurlo a un'unica dimensione, non si capisce più niente. E purtroppo è proprio quello che si tende a fare. da fare oggi in Italia quando si parla del brigantaggio. Per raccontare la storia del brigantaggio ci serviremo del programma Un secolo di lotte con Tarini, realizzato dalla RAI nel 1970 e condotto da uno dei padri del giornalismo italiano, Giorgio. Giorgio Bocca. Queste sono le strade e le terre della Lucania, come la videro nel 1860 gli unificatori della nazione. Strade e terre di contadini poveri, hanno alfabeti 90 su 100, qui come nel resto del sud. Questi contadini ignorano cos'è un'associazione di lavoratori, un partito, ma hanno il terrificante potere di chi non ha niente da perdere. Grazie. Garibaldi eroe popolare è stato la loro grande speranza colui che doveva distribuire le terre e restaurare la libertà per questo lo hanno aiutato lo ha capito l'inglese Lord Russell come mai Garibaldi ha conquistato la Sicilia con 2000 uomini e ha marciato su Napoli con 5000 come è potuto accadere se non per il generale malcontento della popolazione ma non lo capiscono non lo vogliono capire gli uomini di casa Savoia e piangono piemontesi che hanno in cavour la loro mente politica. Per essi è l'esercito regolare che deve ricucire la nazione, è la monarchia conservatrice che deve governarle. Ai piemontesi basta il sì dei plebisciti, un sì ottenuto con le buone o con le cattive. A Melfi, per fare un esempio, hanno detto sì all'Unità d'Italia e alla Monarchia 2096 cittadini, tutti i votanti, neanche uno ha detto no. Sotto le montagne dei sì rimangono la miseria e i problemi non risolti. Comunque si fa ciò che vuole il governo monarchico. L'esercito di Garibaldi è sciolto, i volontari meridionali tornano delusi alle loro case, le nuove leggi sono dure verso i poveri, proibiscono ai contadini di raccogliere la legno o di pascolare nelle terre del governo, favoriscono la borghesia. nei beni demaniali tolgono ai preti poveri i mezzi per vivere liquidando le strutture della vecchia chiesa ricettizia vale a dire di proprietà privata la risposta dei contadini è la lotta armata è ancora nell'aria l'eco dell'adesione totalitaria al nuovo regno e dovunque nelle campagne si spara si brucia si uccide ci sono anche i borboni guidati da francesco ii a soffiare sul malcontento a fornire uomini armi alla reazione contadina nascente che passerà alla storia con il nome di brigantaggio il nuovo stato con le sue esigenze La legislazione che si attua è un prolungamento di quella già adottata per il Regno. È una legislazione subalpina, in sostanza, che ignora il problema dei contadini. Nessuna meraviglia, pertanto, se per i contadini la situazione peggiora. Galantuomini, che hanno fatto presto ad aderire alla legge del vincitore, diventano gli stessi proprietari. Terre povere coltivate a grano. Solo la Russia in Europa ha una produzione per ettaro inferiore alla nostra. I contadini che la coltivano hanno conosciuto per secoli la regola di Ferdinando II. Il mio popolo obbedisce alla forza e si inchina dinanzi ad essa. al mio popolo non serve pensare io mi occupo del suo benessere sotto i borboni i proprietari delle terre i grandi nobili del regno sono quasi sempre assenti vivono a Napoli delle terre si occupa un amministratore il galvanista galantuomo e lo Stato possiede 300.000 ettari di terre spesso aperte ai contadini per il pascolo o la raccolta della legna. Le terre del governo distribuite in parte ai contadini poveri finiscono nelle loro mani perché solo essi hanno il danaro che occorre per coltivarle e per pagare le tasse. La separazione fra ricchi e poveri diventa più netta, da un lato i nuovi padroni con i loro casini da gioco, i loro avvocati, i loro clienti, dall'altro i poveri con i loro asini, i figli numerosi. i debiti. Il governo italiano crede di fare una buona legge ordinando che i prezzi agricoli non si muovano, ma in tal modo impedisce praticamente che i raccolti siano venduti fuori del luogo di produzione, proprio come accadeva dentro il feudo, ma senza la protezione del feudo e aggiunge nuove servitù, tasse più alte, il servizio militare obbligatorio. Benvenuto professor Barbero. A parte che mi viene subito da dire, essendo questo un testo di Giorgio Bocca, beh i tempi in cui i giornalisti non avevano la fregola di andare in video o in voce loro, ma insomma altri tempi veramente. Però entriamo subito nella nostra materia. questa analisi della situazione del sud in questo momento è veridica nonostante il fatto che sia di molti anni fa questo filmato? ma sì fondamentalmente sì Sì, perché è da molto tempo che si ha l'impressione che al cuor del brigantaggio ci sia questa questione della miseria contadina. Insomma, è la storiografia marxista già del dopoguerra, degli anni 50, 60, che ha fatto questo tipo di analisi. E ancora oggi rimane l'analisi più accurata, probabilmente. Ecco, però in anni recenti è venuta fuori questa nuova, non so come chiamarla, dovrebbe dire moda, ma forse non va bene. Insomma, si è sostenuto che in fondo i Borboni non erano così male. Erano avanzati, in fondo hanno avuto la prima ferrovia, eccetera, eccetera, eccetera. Allora, com'è la questione? Questa è una questione così complessa che dovremmo dedicare l'intera puntata a discutere di questo. Però diciamolo in breve. Il Sud faceva parte di un'Italia che era tutta arretrata all'epoca, d'accordo? Tutta l'Italia era molto povera e molto arretrata. Il Sud era anche un pochino più povero del Nord. Però era anche un mondo a macchia di leopardo. Su Napoli, per esempio, c'erano grossi investimenti. Tutto intorno a Napoli la dinastia aveva... aveva investito e c'era prosperità, mentre il resto del sud era in gran parte abbandonato. Quindi ci sono alti e bassi ed è solo da qualche anno che i borboni, anche per paura delle nuove idee, del liberalismo, avevano smesso di investire nel progresso. Trent'anni prima non era così, da cui il primo treno. Ecco, invece, come viene vissuta l'unità d'Italia dalla popolazione meridionale? In mille modi diversi, perché siamo in Italia naturalmente e quindi anche lì ci si spacca. Grazie. C'è qualcuno, qualche grande famiglia nobile, l'alto clero che è nostalgico, che sente come una perdita, una rovina la fine del regno. Molti sono d'accordo invece col nuovo, tutti quelli che leggono i giornali, quelli che sanno leggere e scrivere. La borghesia, che poi vuol dire gli impiegati, i possidenti, gli ufficiali, gli insegnanti. Quelli sono quasi tutti d'accordo, come in tutta Italia del resto. I contadini, gli artigiani probabilmente... all'inizio se gli dicessero cambia il re, cosa importa, cosa cambia, però hanno questa sensazione subito che invece ci possa essere qualcosa di più, la rivoluzione è lì, allora quello li coinvolge e lì la delusione sarà forte. Ma veniamo al cuore della nostra puntata, andiamo a conoscere i briganti e le loro bande. Al principio i briganti non erano né buoni né cattivi, erano semplicemente dei bambini disperati, senza via d'uscita. Il personaggio di Crocco, uno dei capi più famosi, lo spiega bene. Da che famiglia veniva? Come viveva da ragazzo? Ecco come egli stesso descriveva la sua casa. Sono due casupole annerite dal tempo e più ancora dal fumo. Una serve da fienile e da stalla per le bestie, nell'altra dormiamo noi. Vedi quel misero letto sostenuto da secelle fradice? La dormono mia madre e mio padre. Nell'altro lettuccio vicino dormiamo noi tre fratellini, tutti in fascio, come tre stoccafissi. Vedi quel grosso canestro? Là dorme la sorella piccina. E nella culla di Vimini dorme l'ultimo nato, Marco, di pochi mesi. Eccoti mia madre, che si strugge a Cardarlana. Osserva come tutta unta e bisunta d'olio. Condannato per i reati comuni che nascono dalla povertà, gli promettono libertà e lavoro purché combatta per l'unità e per Garibaldi. Ma arrivato all'esercito regolare, le promesse vengono dimenticate. Lo cercano per arrestarlo. È costretto a fuggire nei boschi. Si diventa briganti come Crocco. O perché non si ha il danaro per pagare i debiti, o perché non si vuole servire nell'esercito, o perché si cerca vendetta per i torti subiti. si diventa briganti perché lo sono gli amici, i parenti, perché il Borbone promette le terre. Sin dai primi anni dell'unità si pone infatti ai contadini del sud la triste scelta, o brigante o emigrante. Ecco una verità che non bisogna mai dimenticare. Poi si può discutere finché si vuole su un brigante o sull'altro, su quello che era assassino o ladro e sull'altro che era un protettore dei poveri e un rivoluzionario. Ma una cosa è certa, tutti erano mossi dal comune malcontento, dalle comuni delusionali. e prima di ogni altra cosa dalla comune perdita di ogni speranza. La prima reazione brigantesca scoppia a Daviano Irpino nel settembre del 1860, poi la ribellione si diffonde nelle province più remote della Lucania, della Puglia e dell'Abruzzo. A molti può sembrare una rivolta politica perché i briganti si dichiarano fedeli ai borboni. per sentirsi coperti da un'autorità superiore, per sentirsi dentro un potere legittimo. È il periodo in cui vengono presi di mira i proprietari liberali, cioè quelli che si sono schierati dalla parte del Piemonte, per l'unità. Ma presto la versione del brigantaggio è iniziata. si rivolge a tutti i galantuomini. Faticosamente, confusamente, il movimento arriva a capire che i suoi interessi sono diversi da quelli dell'aristocrazia reazionaria. Lo dice bene il brigante Cipriano Lagala ad un inviato del Borbona. Tu hai studiato, sei avvocato e credi davvero che noi fatichiamo per Francesco II? L'organizzazione militare delle bande è primitiva ma efficiente. La disciplina è ferrea. Si muore piuttosto che denunciare un compagno. spie sono rarissime. Le bande operano a cavallo, le più grosse, come quella di Crocco, arrivano a contare 3.000 uomini. Il capo spartisce il vestiario e i cibi razziati, le armi sono i fucili borbonici, le doppiette da caccia, le pistole, ma anche coltelli e roncole. I morti vengono bruciati per impedire il riconoscimento. Le segnalazioni sono le stesse di cui si servono gli indiani, colonne di fumo di giorno, falò nella notte. Allora, professor Barbero, capiamo che è diffuso in tutto il sud questo fenomeno. Poco alla volta, insomma, comincia, se ho capito bene, dall'Irpinia e poi si diffonde un po'in tutta l'Ucraina. In tutto il sud, tranne la Sicilia, dove ci saranno movimenti contadini, la grande rivolta di Palermo, ma non è il brigantaggio. Il brigantaggio classico, che assume anche toni, diciamo, filoborbonici, in Sicilia non c'è. Questa frase è che abbiamo poi da sentire nel film. O brigante o emigrante, può essere lo slogan in cui affrontare la questione o no? In realtà mica tanto, perché il brigantaggio è un fenomeno degli anni 60 dell'Ottocento, poi la repressione è talmente violenta che entro quel decennio il brigantaggio finisce. All'epoca non si emigrava ancora tanto, la grande emigrazione da tutta Italia, non solo dal sud, dal sud come dal nord, l'emigrazione dei contadini poveri che ci sono dappertutto in Friuli come in Puglia, è un fenomeno della fine dell'Ottocento, degli ultimi decenni dell'Ottocento. Quindi... Quindi in realtà c'è una sfasatura, non corrispondono le due cose. Ecco, ma qui perché allora assume questa, come dire, poco alla volta diventa una vera e propria questione di massa, insomma, il brigantaggio? Perché il Sud è una polveriera in quel momento, perché intanto è un luogo dove ci sono tensioni sociali molto forti. La tensione, l'abbiamo sentito, fra i contadini senza terra e i galantuomini, che si spartiscono il potere, gli incarichi, gli assessorati e la gestione della terra. E i contadini lavorano per niente, per un pezzo di pane. I contadini sono molto poveri anche al nord, ma al sud è più forte questa ostilità, questo conflitto. E c'è anche, ci dicono gli storici oggi, più violenza diffusa nella società del mezzogiorno. E questo è uno dei motivi. L'altro è che appunto passa Garibaldi e tanti credono che il mondo cambierà. Le speranze suscitate sono una delle molle. Sono enormi le speranze, poi invece non cambia niente, anzi semmai peggiora perfino un po'. Alle bande dei briganti e le rivolte contadine il nuovo governo italiano risponde però con l'invio dell'esercito. Vediamo. L'intervento dell'esercito piemontese, poi italiano, è tardivo e disorganizzato. In un primo tempo si è colte di sorpresa. Le province non sono presidiate. Poi si accorre con molti uomini e pochi mezzi. Mancano le carte topografiche del mezzogiorno. Manca l'equipaggiamento. Presto infuriano nei reparti malaria e tifo. Ogni comandante, secondo la norma di un esercito regolare, si occupa solo della sua zona. Se i briganti fuggono altrove non li insegue e magari non avvisa neppure il suo collega. Bisogna poi assicurare il servizio. servizio postale, presidiare i pubblici uffici, funzionare come polizia. Le richieste di intervento si moltiplicano. Nel luglio del 1861 31 comuni della provincia di Avellino hanno innalzato la bandiera bianca della rivolta. Il generale Cialdini prima e il generale Lamarmora poi mettono a ferro e fuoco le campagne, fanno giustiziare i sospetti di brigantaggio e chi li aiuta, i manutengoli. 50 bersaglieri cadono in un'imbuscata fra Ponte Landolfo e Casalduni in Lucania. Il reggimento bersaglieri irrade al suolo i due paesi. La colonna dei briganti che vedete passa dinnanzi ai sassi di Barile. Oggi in queste caverne scavate nel tufo i contadini tengono il vino, allora ci abitavano insieme alle bestie. La colonna dei briganti passa fra la gente che li conosce e che li aiuta in questa guerra di casa, che vede impegnati tutti, uomini e donne, giovani e vecchi. Nel 1862, secondo i calcoli di Cialdini, i briganti sono 80.700. Nel solo 1863 verranno fucilati 1.038 briganti e uccisi in combattimento 2.500. Muoiono più italiani nella guerra del Mezzogiorno che in tutte le campagne del Risorgimento, ma la nostra storia ufficiale. lo ignorerà. Nel 1864 sono 120.000 i soldati e le guardie nazionali impegnati nella repressione, nella guerra senza prigionieri, senza leggi, salvo quella marziale. Con che diritto li si impicca o fucila prima di processarli? Chiede Massimo D'Azeglio. Ma i generali non se lo chiedono. Il generale della Rocca così riferisce sui massacri di Sburgola. Da Torino c'era stato ordinato, fucilate solo i capi. Allora i comandanti di reparto mi comunicavano, preso 4 o 5 capi briganti con le armi in pugna. E io rispondevo, fucilate. Allora professore, la tiro in ballo subito perché queste cifre, 80.000 briganti, un vero e proprio esercito in sostanza, più morti che in tutto il risorgimento. Ci sono di mezzo i generali Cialdini e la Marmora, dice il filmato che la colpa è vostra, voi storici... Dice che avete ignorato che è molto più importante addirittura che le guerre di indipendenza italiane, o no? Diciamo che negli anni in cui è stato fatto questo filmato, cioè più di mezzo secolo fa, effettivamente era da poco che si stava discutendo. di queste cose perché nell'italia unita dei savoia e poi nel periodo fascista non c'è interesse per questi temi si capisce che si va a mettersi nei guai andare a demolire il mito del risorgimento quindi diciamo nel 1960 uno poteva dire beh è da poco che si state raccontando queste storie dirlo di nuovo oggi è un po ridicolo invece perché appunto e da allora che si mettono in luce anche i crimini della repressione ecco però abbiamo sentito due figure come cialdini e la marmora che sono poi quelli stessi delle guerre indipende Quindi è un'operazione militare importante quella contro il brigantaggio? Io credo che metà dell'esercito italiano sia stato impegnato per anni nella lotta al brigantaggio, anche perché è un territorio immenso, poco popolato in molte zone, montagna, boschi, c'era una quantità di boschi in Puglia per esempio, a leggere i rapporti, impressionante. Quindi sì, è una vera e propria campagna militare così come è una guerra civile. Nel filmato sentiamo anche già d'azeglio contrario, ci sono delle voci già dentro il paese che si attaccano. Che accorgono della durezza. All'epoca le polemiche sono furibonde. Tutte queste cose come il massacro di Ponte Landolfo, per esempio, esce sui giornali immediatamente. E i giornali di opposizione attaccano. E in Parlamento infuria la polemica. Quindi è già una questione viva. Certamente, certamente. Poi però è vero, diciamo così. Dopo non è stata più tanto messa in luce per parecchio tempo. I briganti però non si lasciano piegare dalla repressione e riescono ad ottenere una serie di importanti vittorie proprio sull'esercito regolare italiano. Vediamo. L'occupazione di Melfi è del maggio 1861, ultima di una serie di operazioni che fanno cadere sotto il controllo dei briganti i centri lucani di Ginestra, Attella, Venosa, Rapolla, Parile. È il tempo in cui il brigantaggio pensa sediamente a un'esplosione. a costituire un governo nella zona liberata, grazie all'appoggio dei proprietari o sinceramente reazionari o ancora incerti nel doppio gioco. Il periodo si chiuderà nella tarda estate del 1861. Le rappresaglie di Cialdini saranno spiegate. spietate, colpiranno tutta la popolazione e ridurranno alla fame migliaia di contadini. Per non perderne l'appoggio, i briganti abbandonano i centri abitati, si rifugiano sulle montagne, passano ad una guerriglia fatta di rapide incursioni, di imboscate. Nel maggio del 61 l'occupazione di una città come Melfi è sembrata a molti una vittoria definitiva. Sono stati nominati il sindaco e il sottointendente Borbonici, è stato celebrato un tedeum nel Duomo, Crocco ha assunto il grado di generale. Per ristabilire l'ordine della giustizia, i piemontesi, che Dio li strambaledica, la giustizia l'hanno levata, ma noi la rimettiamo per forza. La ribaldi con la scusa di liberarvi, mi fa pagare le tasse per inglassare quel ladro di Vittorio Emanuele, che vuole diventare re di tutto come se fosse Dio Santissimo. Noi il re ce l'abbiamo e il Signore Dio non ce lo leverà mai e noi pregheremo e lotteremo per salvarlo. Fino alla morte! Intanto, in nome di Sua Maestà Francesco II, ordino che sia immediatamente e subito consegnata la cazza del comune comprese tutti i denari delle tasse! Ordino che i traditori liberali vengano semplicemente castigati così imparano! Ordino che nessuno vada a presentarsi al distretto se lo chiamano per soldato! Bruciare tutti i ritratti contrari al nostro re! Vivo Francesco II, nostro re! Grazie! Vittoria dei briganti, vittoria dei poveri. Già mentre è in corso la festa popolare, sembra di udire quelli che saranno i lamenti e i rimpianti del brigantaggio tradito. È nostro destino. Ai signori di fare del male, e noi di pagare la pena. D'altronde è meglio così. Siamo nati al posto. Ladri sono i galantuomini di città, e primi i concittadini miei. Se tutti i cafoni conoscessero il loro meglio, non ne avrebbe a restare in vita pure uno. O la risposta di Crocco al giudice che lo invita a parlare della sua vita travagliata. Mai pace, con nessun governo e nessuna epoca. Cerchiamo di fare pace adesso, per carità. Queste quattro ossa che mi sono rimaste se le piglia ora Tata Vittoria. Le divide un pezzo per uno e se ne fanno bottone. Io vorrei tornare con lei professore sulla perorazione popolare che abbiamo sentito prima di quel leader, di quel brigante. Fra l'altro viene dal film Il brigante di Tacca del Lupo del 52 firmato da Pietro Germi con Amedeo Nazari e scritto... Scrivito insieme a Fellini e a Tullio Pinelli, insomma, quindi è anche un reperto interessante per il nostro racconto. Ecco, però, quel brigante dice, noi un re ce l'abbiamo, è Francesco II, il re Borbone, poi i traditori liberali, dice, ma davvero... quasi una cultura sanfedista, poi lei ci spiega anche cosa vuol dire sanfedista. Ah io devo spiegarlo? I sanfedisti erano le masse popolari, i contadini e anche i lazzaroni napoletani che nel 1799 al comando del cardinale Ruffo di Calabria hanno estinto nel sangue la rivoluzione giacobina, quindi diciamo trono e altare sostanzialmente come ideologia, ma non tanto in realtà, perché diciamo la verità, tutti questi contadini, anche quelli che poi si faranno briganti, di quando è caduto il re Francesco II. secondo, per un attimo hanno esultato. Si vede che le cose non vanno come uno sperava, che allora è naturale cominciare a dire era meglio prima. E poi c'è invece un elemento che nelle bande dei briganti è molto importante e sono gli ex soldati del re. Quelli sì, perché gli ex soldati del re Borbone, tornati a casa, perché i più anziani li mandano tutti a casa, e lì scoprono che non sono più al loro posto, perché li guardano male. I sindaci sono tutti liberali per l'appunto ormai, no? E l'ex... Il consergente del re scopre che non trova lavoro, che la polizia gli fa delle vessazioni e lui a quel punto si ricorda che lui ha giurato fedeltà al re. Quindi per gli ex soldati questo elemento, il mio re, c'è un solo dio e c'è un solo re. Ecco, quello a un certo punto viene fuori. Invece riescono di fatto questi briganti ad aggregare qualcosa che assomiglia a un movimento politico, a liberare fra virgolette delle zone? Che succede? Questi episodi di occupazioni sono episodi minimi, non paragonabili per esempio con le zone liberate che i partigiani creano durante la resistenza. Sono episodi minimi e che fra l'altro diciamo lo prevedono sempre che si scanni un certo numero di persone nelle zone occupate. uomini, appunto, i liberali, bisogna farli fuori, tutti come dicevano, c'è un odio contadino verso i ricchi, fortissimo che si esprime in queste cose, politica, c'è l'ex sottofficiale che diventa capobanda e si firma, firma i suoi proclami, il generale tale, comandante di truppa borbonica e innalza la bandiera con i gigli, però rimangono in realtà sempre bande alla macchia, perseguitate, inseguite, quindi non riescono a costruire un'amministrazione per esempio. Il gestore del brigantaggio non tarda però ad arrivare nel Parlamento italiano, dove divide profondamente i deputati. Vediamo. Le case di coloro che daranno ospitalità ai briganti verranno incendiate e distrutte. Il brigantaggio divide il paese e il Parlamento. Il governo conosce le condizioni del mezzogiorno. Pantaleoni e Ricasoli hanno compiuto un'inchiesta in Sicilia, Guicciardi in Calabria e una commissione di inchiesta di cui fanno parte Saffi e Bixio e di cui il relatore Massari ha informato esattamente sulla lotta al brigantaggio e sulle condizioni in cui si svolge. Il 21 dicembre del 63 Giuseppe Garibaldi, seguito da Saffi e da altri 20 deputati, si dimette dalla Camera per protesta contro la ferocia della repressione. È il tempo in cui il deputato calabrese Mancini ricorda ai colleghi. Io temo che... prefetti delle province meridionali si abitueranno a governare con tale sistema e ad avere a loro disposizione tanto potere. Il ritorno alla libertà, al regime normale, costerà più tardi uno sforzo immenso, incontrerà ostacoli pressoché insormontabili. Ma i moderati sono del barriere di Bixio? Nel meridione ognuno che è senza cappotto ucciderebbe chi ce lo ha per toglierglielo. C'è un'Italia del nord già progredita che ignora il sud e nel sud ci sono dei contadini che per anni continueranno a credere che Italia sia la moglie di Vittorio Emanuele II. Ecco professore, revisionismo no, non lo so, però questa notizia che Garibaldi e altri 20 deputati si rimettono al Parlamento per le conseguenze di questa repressione, io non la sapevo, non credo neanche il pubblico a casa se la ricordasse. Ma Garibaldi a un certo punto ha anche detto... Se sapevo come andava a finire non la facevo l'unità d'Italia. Però è una cosa che va oltre la repressione del brigantaggio che pure è stata appunto ha suscitato polemiche enormi. Il problema è che Garibaldi voleva un'Italia diversa. Quella lì è da un lato l'Italia di sempre. Diciamo la banalità l'Italia dei gattopardi per cui si fa finta di cambiare. E'l'Italia dei notabili e dei poverissimi. Ed è un'Italia di destra. E'un'Italia reazionaria, conservatrice e che non lascia spazi né ai movimenti operativi né ai movimenti di rinforzamento. operai, nei movimenti contadini, Garibaldi tutto questo non lo voleva, lui ha dovuto, come dire, di Rospi ne ha dovuti ingoiare, ha accettato di fare l'Italia per Vittorio Emanuele, lui che era repubblicano, però poi a un certo punto non ne può più. Però mi sembra, ci sia anche la notizia che contemporaneamente invece il suo ex luogotenente Bixio è invece d'accordo, cioè non si muove come lui dentro il Parlamento. No, anzi, ma perché Bixio comunque è un uomo d'ordine in realtà e di conseguenza come quasi... Tutti gli uomini d'ordine nell'Italia di allora, a nord come a sud, dice che questa cosa non si può tollerare, va estirpata con qualunque mezzo. C'è in qualche modo anche il solito divario nord-sud, l'antica e perennemente attuale questione? Ma non direi se non in questo, che è solo nel sud che l'unificazione produce questa reazione violentissima, mentre in Toscana nessuno si sogna di prendere le armi contro il nuovo governo, supponiamo. Quindi differenze ci sono profonde. Dopodiché però non è una guerra fra nord e sud, questo bisogna sottolineare. È una guerra civile italiana trasversale. Ed è soprattutto una guerra civile del sud. L'esercito italiano che fucila e brucia i villaggi è pieno di ufficiali che sono ex ufficiali borbonici e di coscritti reclutati al sud come al nord. E al sud i briganti ammazzano i soldati, ma ammazzano ancora più volentieri le guardie nazionali, cioè i loro compaesani che si sono arruolati dall'altra parte. E quelli che più di tutti strepitano perché i briganti bisogna sterminarli sono i sindaci del sud, i lottabili. dei villaggi, loro sì che sanno qual è il pericolo vero della rivolta contadina. Ecco qui abbiamo un documento singolare che è di oltre un secolo dopo questi fatti, per avere un'idea di come erano considerati a livello popolare i briganti, ascoltiamo delle testimonianze di Lucani appunto di 50-60 anni fa, vediamo. I briganti avevano ragione o no? Beh, penso di sì. Perché? Eh, perché si difendevano da loro. Ah, si difendevano. Eh, si difendevano. E contro chi si difendevano? Eh, contro i presidenti, quelli che fanno l'igualismo. Ah, contro i proprietari terrieri. Eh, a me. Questo le hanno detto. Così ho sentito. Ma è convinto anche lei di questa tesi? Credo di sì. I briganti che tipi erano? Erano contadini. Erano contadini che protestavano? Protestavano per le ragioni loro. Ecco, quali erano queste ragioni? Che gli facevano lavorare e non li pagavano. Gli facevano lavorare e non li pagavano? Eh. Ma questo gliel'hanno detto i suoi genitori, i suoi nonni? I genitori, eh, ma che genitori? E lei è convinto di quello che dice? E'come non sono convinto. Ci sono ancora oggi attualmente. Ci sono i briganti. E loro? Ci sono i briganti oggi. Come quelli dell'Ottocento. Eh? Eh. Secondo lei i briganti avevano ragione o torto? No, ma quelli avevano ragione, come non avevano ragione? Quindi facevano bene a saccheggiare i paesi, ad ammazzare la gente? Ma ammazzavano quelli che li maltrattavano. Ah, ecco, ammazzavano quelli che li maltrattavano. Eh, ma la popolazione no. Non davano fastidio alla popolazione? No, non davano fastidio. Ai poveri, diciamo? Ai poveri, come loro. Ai poveri come loro? Eh. Insomma, questi vecchi italiani di un po'di decenni fa, insomma, alla fine dicono che avevano ragione i briganti, eh? Certo, e lo dicono che avevano ragione i briganti perché difendevano i poveri contro i ricchi, non il sud contro il nord. Francesco contro Vittorio, ma i poveri contro i ricchi. In fin dei conti questa tragica pagina italiana, che abbiamo visto nelle misure vere in questa puntata, ha qualcosa di insegnarci all'Italia di oggi? Ma secondo me ci insegna che il nostro è un paese complicato, diviso, con una memoria che è impossibile riuscire a unificare e che la nostra è una democrazia fragile perché allora lo Stato era liberale in teoria e poi si è visto e ci insegna che gli italiani non sono brava gente perché in certe situazioni possono fare di tutto. Non è molto entusiasmante ma la nostra non è più un'epoca in cui si scrive la storia per entusiasmare le masse ma piuttosto per aprire gli occhi su come fa. Per tutto il mondo. Ecco, proprio per questo voglio capire se possiamo dare dei consigli ai nostri telespettatori. Cominciamo dal libro. Ma come libro c'è un piccolo libro di un grande storico italiano che è Salvatore Lupo, che è uscito da poco, L'unificazione italiana, Vado a memoria, Mezzogiorno, Rivoluzione, Guerra civile. Tutto questo in un piccolo libro che fa il punto con molta intelligenza su tante cose. Poi il film. Il film. Ma nonostante tutto io direi ancora il film di Martone. noi credevamo, con tutti i suoi difetti irritanti, ma comunque è un grande film secondo me. E come luogo dove dovremmo andare? Come luogo potremmo andare quasi dappertutto, a questo punto forse se uno può andare a vedere Ponte Landolfo, il luogo del massacro dell'agosto del 61. Ecco, ma allora le chiedo, tutta questa rilettura che è stata fatta in questi anni in fondo filoborbonica, è tutta da buttare o qualcosa lì dentro? C'è qualcosa da salvare in questa storiografia? C'è da salvare un punto di partenza. Voglio dire che per tanta gente è stata la scoperta che la storia conta, che il passato è importante, che la nostra identità dipende anche da quello che è successo in passato. E poi c'è anche un'altra cosa importante e positiva, cioè una voglia della gente al sud di rispondere a insulti razzisti, luoghi comuni, eccetera, riscoprendo un orgoglio. Dopodiché però quasi tutto quello che racconta questa storiografia revisionista sono tutte frottole. Allora andiamo, insomma, i Borboni non possiamo, come dire, rimbiandoli. Non tiriamoli fuori dalla tomba. Niente, la carina.