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Le Origini del Grande Incendio di Roma

Siamo nel centro di Roma sul Palatino e tutto quello che si vede qui attorno brucia nell'estate del 64 dopo Cristo. Da subito i sospetti si concentrano sull'imperatore, il principe Nerone, è stato lui ad appiccare l'incendio. Un storico tacito che scrive qualche decennio dopo, gli concede il beneficio del dubbio e dice che non si sa se l'incendio sia scoppiato per cause accidentali o per dolo del principio. Un altro storico invece, Svetonio, questo dubbio lo toglie di mezzo e dice Nerone incendiò Roma e lo fece in modo palese. Lo stesso storico poi usa una serie di aggettivi per definire Nerone. Arrogante, lussurioso, disonesto, avaro e crudele. Noi invece, come la maggior parte degli storici contemporanei, siamo innocentisti. Non è stato Nerone ad incendiare Roma. E allora perché la fama dell'imperatore pazzo incendiario è così dura a morire? Musica La cronaca dei nove giorni del grande incendio di Roma inizia da qui, dal Circo Massimo, nel centro della città. Lì c'è il Palatino, con le rovine dei palazzi dei Cesari. L'edificio moderno più riconoscibile è laggiù, la FAO. È una notte d'estate, il 18 luglio del 64 d.C. E al tempo di Nerone le gradinate del circo sono di legno. Non solo, tutto attorno ci sono botteghe di mercanti e laggiù da quella parte c'è una zona di mercato con vicoli stretti e tortuosi. E le botteghe sono piene di materiale infiammabile. C'è olio per le lanterne, paglia per gli animali, stoffe. Infatti è proprio da laggiù, dietro quelle transenne coi graffiti oltre le quali oggi gli archeologi stanno scavando, che si accende il fuoco. del grande incendio di Roma, lo racconta Tacito. Inizio nella parte del circo contigua ai colli Palatino e Ceglio, dove il fuoco, scoppiato nelle botteghe piene di merci infiammabili, subito divampò, alimentato dal vento, e avvolse il circo in tutta la sua lunghezza. Una ricostruzione grafica ci aiuta a capire molto bene il percorso delle fiamme, che immediatamente dopo lo scoppio avvolgono velocissime tutto il circo massimo. A questo punto ci sono due cose importanti da notare. La prima è che quella notte l'imperatore non è in città, è nella sua villa di Anzio. La seconda è che a Roma gli incendi sono un incidente molto frequente, altre volte interi quartieri sono bruciati. Quindi non c'è nessuna ragione per dare la colpa a Nerone. Ma prima di addentrarci nei dettagli dell'indagine, dobbiamo capire com'è Roma nel 64 d.C. Nel 64 d.C. Roma ha più di un milione di abitanti e la sua superficie è più o meno quella dell'attuale centro storico, dove oggi vivono 300.000 persone. Quindi è una città stracolma di gente. La città è divisa in 14 quartieri. I ricchi vivono nelle ville circondate da giardini e la massa si accalca in edifici addossati l'uno all'altro. e disposti lungo vicoli stretti e bui. A Roma gli incendi sono frequenti. Molte case del popolo sono di legno e ogni famiglia cuoce il cibo su un bracere fuori dalla porta di casa. Naturalmente non c'è energia elettrica, quindi anche tutta l'illuminazione notturna delle case è fatta con torce, lanterne e fiaccole. Per affrontare il problema degli incendi, nel 6 d.C., Augusto istituisce il corpo dei pompieri. All'inizio sono 600 uomini, si chiamano vigiles ed hanno il compito di sorvegliare la città nelle ore notturne e combattere gli incendi, ma le loro attrezzature sono molto semplici. Usano soprattutto i centones, coperte bagnate da gettare sopra le fiamme, e i sifones, una sorta di idranti con le tubature in cuoio. Contro l'incendio che scoppia al tempo di Nerone, pochi uomini armati di coperte bagnate sono riusciti a rinforzare la città. e di grandi innaziatoi possono fare poco. Quindi Roma nel 64 d.C. è una città che per estensione e per quantità di gente che la abita ha dei numeri moderni, però ha dei mezzi di sicurezza antichi. Abbiamo seguito la cronaca della notte del 18 luglio, la prima dell'incendio, quando è bruciato il Circo Massimo e tutta l'area attorno. Ora siamo alla mattina dopo, alla mattina del 19 luglio, e le fiamme circondano questo colle, che è il Palatino. Dall'altra parte del colle, dove c'è la Bocca della Verità, oggi bruciano il Tempietto e l'Ara di Ercole. Poi le fiamme imboccano quella che oggi si chiama Via di San Teodoro. Da questa parte invece, tra il Ceglio e il Palatino, le fiamme imboccano questo percorso, quella che oggi è Via di San Gregorio, e arrivano laggiù, dove ci sono l'Arco di Costantino e il Colosseo, che al tempo di Nerone non c'erano ancora. La ricostruzione grafica... Aiuta a capire la velocità con cui l'incendio si propaga e le sue dimensioni che fin da subito appaiono eccezionali. La più dettagliata fonte antica, lo storico Tacito, conferma queste circostanze, ma aggiunge altre informazioni. Non racconta solo quello che succede alle cose, ma anche quello che succede alle persone. Mentre si guardavano alle spalle, erano investiti dal fuoco sui fianchi e di fronte. Se qualcuno riusciva a scampare in luoghi vicini, li trovava anch'essi in preda alle fiamme. Per chi vive da queste parti non ci sono vie di fuga. Ed è sempre tacito a spiegarci come non sono solo le fiamme a fare vittime, ma anche il panico e lo sfinimento. Nell'impossibilità di sapere da cosa fuggire e dove andare, si riversano per le vie e si buttano sfiniti nei campi. Alcuni per aver perso tutti i beni, senza più nulla per vivere, altri per amore dei loro cari rimasti intrappolati nel fuoco, pur potendo salvarsi, preferirono morire. Siamo arrivati al terzo giorno, il 20 luglio del 64 d.C. L'incendio partito laggiù alle mie spalle è proseguito lungo... i fianchi del Palatino. Tra gli altri edifici sono bruciati il tempio e la casa delle Vestali, le custodi del focolare sacro della città. E il tempio di Giovestatore, la cui prima costruzione risale addirittura ai tempi di Romolo. Poi le fiamme hanno proseguito lungo via dei fori imperiali e alla fine si ricongiungono qui, dove oggi c'è il Colosseo. Dopo aver devastato le zone pianeggianti, le fiamme incominciano a risalire lungo le pendici dei colli, soprattutto di questo colle, il Ceglio, e investono un altro colle che non possiamo vedere da qui perché è coperto dal Colosseo, ma è là dietro, il Colle Oppio, e infine raggiungono la Suburra, il quartiere più povero e popoloso della città, dove le case sono costruite in materiali molto infiammabili. L'incendio invase nella sua furia dapprima il piano. Poi risali sulle alture per scendere ancora verso il basso, superando, nella devastazione, qualsiasi soccorso. Per la fulmineità del flagello e perché vi si prestavano la città e i vicoli stretti e tortuosi. Nella suburra il fuoco fa moltissime vittime e forse è per quella fulmineità del flagello di cui parla Tacito che iniziano a circolare i primi sospetti che l'incendio sia doloso. Alcuni gettavano apertamente le torce gridando che questo era l'ordine ricevuto sia per poter rapinare con maggiore libertà sia che quell'ordine fosse reale Insomma sembra che ci sia qualcuno che va in giro ad alimentare le fiamme e non si capisce se si tratti di semplici sciacalli che vogliono rapinare con maggiore libertà o se invece ci sia un mandante Un altro storico, Dione Cassio, è ancora più esplicito. Sono stati visti degli uomini che fingendosi ubriachi hanno appiccato il fuoco. Poi succede qualcosa che concentra i sospetti su Nerone, che indica a lui come il mandante. È il 21 luglio, il quarto giorno di incendio e le fiamme arrivano fin qui, sul Palatino, dove c'è la Domus Transitoria, il primo palazzo di Nerone, che mette in comunicazione questo colle con l'Esquilino. La Domus Transitoria sorgeva proprio da queste parti, dove più tardi Nerone avrebbe fatto costruire quella galleria, il criptoportico di Nerone. Questa giornata succede il fatto che concentra i sospetti su di lui. Nerone, allora ad Azio, rientrò a Roma solo quando il fuoco si stava avvicinando alla residenza che aveva edificato per congiungere il palazzo con i giardini di Mecenate. Non si poté peraltro impedire che fossero inghiottiti dal fuoco il palazzo, la residenza e quanto la circondava. Quindi Tacito insinua un primo dubbio sulla malafede di Nerone, che è indifferente alla catastrofe che si è abbattuta sulla città e torna a Roma solo quando le fiamme toccano il suo palazzo e i suoi tesori. È il primo tassello nella demolizione della figura di Nerone e il passaggio dall'imperatore insensibile all'imperatore incendiario è breve. Questa allusione avrà molta fortuna nei secoli a venire. C'è un quadro dell'Ottocento in cui si vede Nerone che passeggia tra le fiamme e le macerie, preceduto sulla destra da uomini muniti di torce. Sono quegli uomini di cui parla Tacito, che appiccavano il fuoco gettando apertamente le torci. Prima di proseguire con la cronaca dell'incendio, dobbiamo capire chi è Nerone. Iniziamo con il ritratto che ne fa sbetonio. Aveva il corpo pieno di lentiggini, maleodorante, i capelli erano biondici e il suo viso era più bello che aggraziato. Aveva occhi azzurri e molto deboli, collo grosso e ventre prominente, gambe gracilissime e salute ottima. Il ritratto letterario coincide con l'immagine un po' pingue dei suoi ritratti da adulto. E ora che abbiamo capito che faccia ha Nerone, dobbiamo capire perché ha quella che oggi chiameremmo una cattiva stampa. 37 d.C., 15 dicembre, nasce ad Anzio Lucio Domizio Enobarbo, il futuro Nerone. È figlio del nobile gneo Domizio Enobarbo, ma quella che conta è sua madre, Agrippina Minore. Agrippina è sorella dell'imperatore Caligola, figlia del generale Germanico, pronipote di Augusto da una parte. della famiglia e di Marco Antonio dall'altra. Quindi Nerone riunisce il sangue dei più grandi protagonisti di Roma. 49 d.C. Agrippina, rimasta vedova, sposa suo zio, l'imperatore Claudio. L'anno dopo Claudio adotta Nerone, che diventa Nerone Claudio Druso Germanico. 54 d.C., 12 ottobre, Claudio muore, probabilmente avvelenato da Agrippina. Il giorno dopo, il 13 ottobre, Nerone si rivolge a Roma. viene acclamato imperatore a 16 anni in un rilievo di afrodisia si vede sua madre agrippina che lo incorone tra le prime misure di governo ci sono aiuti economici a cittadini in difficoltà e di vieto di organizzare spettacoli con animali o gladiatori nerone ama il teatro e vuole promuoverlo contro i giochi nell'arena 58 dopo cristo nero mi presenta una riforma del fisco che colpisce i grandi patrimoni In quell'anno inizia anche il suo legame con Poppea Sabina. 59 d.C. Agrippina, madre dell'imperatore, viene fatta uccidere su ordine di Nerone. Il matricidio resta però una colpa incancellabile. 64 d.C. Anno dell'incendio. Nerone ha 27 anni. Applica una riforma monetaria che favorisce le classi emergenti e ancora una volta danneggia i grandi patrimoni. Sempre in quell'anno si... si esibisce per la prima volta sul palco di un teatro. L'aver fatto assassinare sua madre di sicuro non aiuta all'immagine di Nerone, anche se Agrippina era detestata. Ma conta anche moltissimo quella riforma monetaria che minaccia... agli interessi degli aristocratici romani. E siccome gli storici sono tutti di parte aristocratica, si danno da fare per denigrarlo e insistono sulla sua passione per il lusso, sul suo essere lunatico, capriccioso e violento. Tutte cose che però non bastano a dargli la responsabilità dell'incendio. Per quello ci vuole qualcosa di più circostanziato, ci vuole un movimento. Intanto siamo arrivati al quinto giorno. E della domus transitoria del palazzo di Nerone qui sul Palatino non resta quasi nulla. Così incomincia a farsi largo l'idea che il movente sia proprio quello. Grazie all'incendio Nerone potrà impadronirsi dei terreni abbandonati e costruirsi un nuovo palazzo, ancora più grande. Ma il comportamento di Nerone non è quello di un pazzo piromane. Tutt'altro, si dà da fare per aiutare gli sfollati e assistere chi ha perso tutto. Per prestare soccorso al popolo, che vagava senza più una dimora, aprì il campo di Marte, i monumenti di Agrippa e i suoi giardini e fece sorgere baracche provvisorie per dare ricetto a questa massa di gente bisognosa di tutto. Oltre ad aiutare la gente nell'emergenza, Nerone adotterà presto anche delle misure molto efficaci. per la rimozione delle macerie e per la ricostruzione della città. Le strade dovranno essere più larghe, le case non dovranno più avere muri in comune, dovranno essere più basse e costruite in materiali non infiammabili. Inoltre stabilisce un aiuto economico a chi ricostruirà la sua casa entro un anno. È il sesto giorno dell'incendio e le fiamme sembrano domate. Ne hanno fatto il vuoto attorno, una tecnica che si usa ancora oggi. Al sesto giorno finalmente l'incendio fu domato alle pendici dell'Esquilino, dopo aver abbattuto, su una grande estensione, tutti gli edifici, per opporre alla ininterrotta violenza devastatrice uno spazio sgombro e, per così dire, il vuoto cielo. Ora ripassiamo il cammino delle fiamme fin dall'inizio. Dopo sei giorni l'incendio sembra spento. Invece riprende forza in alcune zone lontane dal centro della città. In tutto dura nove giorni. Alla fine, più di metà di Roma è bruciata, con un danno incalcolabile ai monumenti e alle opere d'arte che sono andate perdute. Oltre alle cronache degli storici che scrivono più tardi, ci sono dei testimoni diretti del grande incendio di Roma e sono gli oggetti recuperati negli scavi archeologici alle pendici del Palatino e nell'area del Colosseo, diretti dalla professoressa Clementina Panella. Gli oggetti che vedete qui esposti provengono dallo scavo delle pendici nord-orientali del Palatino in cui è stata individuata una ricca domus che era delimitata verso la Velia da una serie di taberne. Questi oggetti sono stati trovati frammissi alle ceneri e ai carboni dell'incendio del 64. Siamo riusciti a ricostruire quelle che erano le attività che si stavano svolgendo in un retro bottega. Questo è parte di un mantice. Il reperto che vediamo qui ovviamente non era così riconoscibile come lo troviamo adesso e al di sopra di esso e in mezzo al terreno si trovavano diversi anche frammenti ceramici. Questo reperto era costituito sia da una parte in ferro, come ben vediamo, sia da una parte invece in legno. Questi sono i due mantici che ancora conservano il legno in combusto. Abbiamo trovato anche dei minerali. vedete polvere di ematite e a questo dobbiamo aggiungere anche la galena e la calcite che servivano per estrarre i pigmenti per eseguire le pitture paretali. L'incendio è stato devastante e questo lo sappiamo perché gli oggetti sono arsi, sono deformati. Guardate questa porzione di vaso che in parte è annerita, in parte invece no, quindi evidentemente le fiamme hanno portato ad un distacco delle due porzioni. e qui ancora vedete l'annerimento sempre dovuto agli effetti delle fiamme e qui ancora un coperchio deformato sulla base dei dati materiali che abbiamo raccolto possiamo dare una conferma a quello che già le fonti ci avevano raccontato l'incendio è stato devastante e grazie a questi incendi abbiamo potuto recuperare un spaccato di vita quotidiana. Gli oggetti che abbiamo visto nel laboratorio di restauro della Sapienza raccontano la velocità e la violenza del grande incendio che ha lasciato una gran parte dei romani senza casa, tra cui anche l'imperatore, che a questo punto decide di costruirsi un nuovo palazzo spettacolare, la Domus Aurea. Qui siamo sul Palatino e dietro questo leccio c'è un cantiere di scavo ancora aperto dove è stato trovato un ambiente identificato con la Cenazio Rotunda, la sala da pranzo rotante della Domus Aurea, nel punto più alto della città. La Cenazio Rotunda è appoggiata su un meccanismo che le consente di ruotare, così quando Nerone e i suoi ospiti sono a cena, Possono ammirare una vista a 360 gradi su Roma, dall'Aventino al Ceglio, alla Veglia fino al Campidoglio. Svetonio la racconta così. Le sale da pranzo avevano soffitti coperti da lastre di avorio mobili e forate, in modo da permettere la caduta di fiori e di profumi. La più importante di esse era circolare e ruotava continuamente giorno e notte, come la terra. Nella Cenazio Rotunda c'è tutta la stravaganza di cui è capace Nerone. I suoi detrattori vedono nella Domus Aurea i segni dell'arroganza capricciosa, del delirio di onnipotenza dell'imperatore. Tutte le critiche si riassumono in un verso del poeta marziale, che dice una sola casa occupava ormai tutta la città. Per rendere l'idea di che cos'era la Domus Aurea bastano alcuni numeri. Tutta quanta con i suoi giardini, i parchi e i pascoli misurava circa 80 ettari e la parte ritrovata sotto il colleoppio da sola conta 150 stanze. Se poi mettiamo assieme tutti gli affreschi e gli stucchi arriviamo ad una superficie di parti decorate di circa 30.000 metri quadri. Circa 30 volte la cappella si spina. E qua sotto, dove adesso c'è il Colosseo, c'era un grande lago con una statua colossale del Dio Sole che aveva il volto di Nerone. Svetonio ci racconta l'inaugurazione del palazzo. Quando alla fine dei lavori Nerone inaugurò un tale palazzo, tutta la sua approvazione si ridusse a dire a che finalmente cominciava ad avere una dimora degna di un uomo. Oggi molti studiosi pensano che gran parte della reggia di Nerone fosse destinata ad una funzione pubblica e che quindi l'imperatore non l'avesse costruita pensando solo a se stesso. Ma i risconti che abbiamo sono di storici ostili all'imperatore. Infatti Tacito mette una lapide sulla Domus Aurea e sul suo costruttore. Nerone sfruttò la rovina della patria per costruirsi un palazzo. Ora riassumiamo tutti gli elementi che abbiamo raccolto. e che possono aver irritato i conservatori contro Nerone. C'è la riforma monetaria, ci sono le nuove politiche urbanistiche, una certa dose di megalomania, c'è la passione per il teatro e la recitazione. E a Roma il mestiere dell'attore era equiparato quasi alla prostituzione, per cui un imperatore che recita non è visto come uno spettacolo dignito. Poi c'è anche la violenza con cui Nerone reprime la congiura dei Pisoni un anno dopo l'incendio, congiura in cui perdono la vita lo scrittore Petronio, l'autore del Satiricon, e il filosofo Seneca. Infine Nerone trascura l'esercito, non combatte, non conquista. Ora, tutti questi elementi possono aver creato un ritratto negativo dell'imperatore, ma non bastano a giustificare l'aura maligna, l'immagine di follia demoniaca che lo circonda. Per questo ci vuole qualcos'altro, e quel qualcos'altro si trova in un quadro dell'Ottocento. Nel quadro si vede Nerone, nel bel mezzo di una festa, che contempla il supplizio di alcuni uomini issati su dei pali e che stanno per essere bruciati, trasformati in torce umane. quegli uomini sono identificati da un cartello che dice cristiano incendiato Secondo Tacito, Nerone fa di tutto per allontanare il sospetto che sia stato proprio lui ad appiccare l'incendio. Distribuisce denaro, fa sacrifici agli dèi, ma il sospetto rimane. E allora decide di trovare dei responsabili, qualcuno a cui dare la colpa. E lo trova nei cristiani. Per far cessare la viceria, Nerone si inventò dei colpevoli. Eppure con estrema crudeltà, coloro che, detestati per il loro comportamento vizioso, il popolo chiamava cristiani. I cristiani sono malvisti. La loro nuova fede è definita da Tacito Exitiabilis Superstitio, una fede pericolosa. E questo ne fa dei perfetti capri espiatori. Tacito poi indugia anche sulla crudeltà delle pene che Nerone infligge ai cristiani. Li fa divorare dai cani, li fa crocifiggere, li trasforma come nel quadro in torce umane. Oggi si dubita della reale entità dell'accanimento di Nerone contro i cristiani, anche perché altre fonti non mettono in relazione la persecuzione con l'incendio. Fatto sta che, secondo la tradizione, proprio in quella circostanza muoiono gli apostoli Pietro e Paolo. Ecco la ragione della fama diabolica che segnerà Nerone per millenni. Contro di lui si sono saldate due tradizioni potentissime, quella degli storici aristocratici romani e quella dei cristiani, che hanno visto in lui il responsabile della prima persecuzione e della morte di due santi come Pietro e Paolo. Quattro anni dopo l'incendio sarà costretto ad uccidersi, ma l'ultimo dei Giulio Claudi, l'ultimo discendente di Enea, di Giulio Cesare e di Augusto avrà la sua rivincita. Perché una buona parte del popolo di Roma continuerà ad amarlo e a rendere omaggio alla sua tomba. Eppure non mancarono le persone che per lungo tempo adornarono la sua tomba con fiori dell'estate e con quelli della primavera.