Sono Flavia Carlini e questo è un podcast di Istituto Nazionale Parri e Coramilia per approfondire cosa è successo in Italia nel 1922, esattamente 100 anni fa. Per titolo, a una domanda. Hai presente la marcia su Roma?
Ho cominciato ad approfondire questo evento che cento anni fa ha segnato indelebilmente la storia italiana grazie a tre docenti di storia contemporanea, Giulio Albanese, Matteo Millan e Enrica Square, che hanno accettato di rispondere alle mie tante domande e curiosità. Mi hanno parlato della nascita del fascismo e di Benito Mussolini, degli strascichi della Prima Guerra Mondiale, delle rivendicazioni sociali e dei movimenti di massa, socialista e popolare, che le sostenevano. E ho capito che al principio degli anni venti il movimento fascista ha ottenuto i primi risultati politici grazie a un'alleanza elettorale con le classi dirigenti, conservatrici e liberali, che governavano l'Italia. Poltrone in Parlamento, deputati insomma, in cambio della cosa che sapevano fare meglio.
L'uso della violenza. Quella violenza che sfocerà nella marcia su Roma. L'atto finale di una... biennio di violenza sistematica targata appunto fascismo. L'azione che tra il 27 e il 28 ottobre 1922 porterà insurrezioni e occupazioni degli edifici pubblici in molti centri italiani, mentre decine di migliaia di squadristi punteranno sulla capitale.
Un gruppo. Molto numeroso, si parla di alcune decine di migliaia di uomini che sfilano per la capitale male armati, ma che sostanzialmente si presentano come se fossero un esercito. Un'azione di forza che permetterà a Benito Mussolini di ricevere dal re l'incarico per formare un governo.
Allo stesso tempo ricordiamocelo, i mesi successivi alla marcia su Roma non segnano assolutamente un ritorno alla pace e alla tranquillità nelle strade italiane. Ed è proprio da qui che voglio ricominciare a fare domande, dalla violenza che io, oggi, faccio fatica a immaginare e comprendere. Bisogna sempre ricordare che la marcia su Roma va inserita in un contesto, che è quello appunto che si struttura nell'immediato dopoguerra, un contesto di violenza politica endemica, che è il linguaggio politico del momento.
Non è un elemento ad appannaggio esclusivo dei fasci di combattimento, è il codice che segna una generazione che ha attraversato la guerra e anche quella successiva. C'è un crescendo di violenza politica. La violenza politica è inizialmente l'impedire ai propri avversari di poter parlare nelle dimostrazioni. È il primo atto che si può attribuire alla violenza squadrista, anche se il partito... movimento scusate dei fasci di combattimento non è ancora fondato è diciamo l'interruzione di un comizio dell'interventista democratico Leonida Vissolati alla scala di Milano il 12 di gennaio del 1919 quindi impedire ai propri avversari di poter parlare è la prima azione del fascismo.
L'altra azione significativa e iniziale è l'incendio del giornale socialista Lavanti, che ovviamente è di nuovo un impedire ai propri avversari di poter raccontare le proprie idee, di poter esprimere il proprio pensiero. Quindi la limitazione dell'attività politica degli altri passa attraverso la violenza nelle dimostrazioni, attraverso la violenza contro i giornali e prosegue poi. poi con un'attività molto indirizzata soprattutto a quei quartieri dove il Partito Socialista o il Partito Popolare raccolgono la maggior parte dei propri aderenti e quindi vengono colpite le strutture organizzative di questi partiti. Alcuni di questi leader locali vengono minacciati e gli viene richiesto di cambiare residenza perché nel caso in cui non lo facciano saranno oggetto di violenze tremende e progressivamente questa violenza si allarga.
Ma cosa vuol dire esattamente violenza squadrista? Cioè, cosa sono le squadre d'azione? Le squadre d'azione sono dei gruppi con caratteristiche paramilitari, formate solitamente da ragazzi molto giovani, la cui età andava dai 17-18 anni fino ad arrivare al massimo.
attorno ai 30 anni. Sono soprattutto in una prima fase armata alla bene e meglio, col fucile da caccia del padre, con manganelli, con bastoni, con qualche rivoltella. Li conosceranno poi un processo di militarizzazione progressivo man mano che ci si avvicina la marcia su Roma. Dobbiamo immaginarceli come un insieme di persone estremamente aggressive, capaci di interventi molto rapidi, si muovono con i camion. Ad esempio, e questo è un elemento di novità che colpisce molto gli osservatori del tempo, le squadre sono estremamente rapide.
adottano la tecnica delle spedizioni punitive e quindi sanno picchiare in modo anche così violento e casuale diciamo così non immaginiamoci una grande preparazione militare perché in realtà da un punto di vista militare appunto sono impreparati non hanno neanche mai fatto la guerra ma sono sicuramente animati molto determinati animati da una violenza profonda E poi tutto questo posso provare a immaginarmelo. Ragazzi come tanti, probabilmente disoccupati, nervosi, che hanno ascoltato tanti racconti dai padri o dai fratelli maggiori. Racconti di scontri, di guerra, e si sfogano così, grazie a qualcuno che ne strumentalizza l'odio generalizzato che covano.
Ma che tipo di violenza era? Che metodi utilizzavano gli squadristi? Le armi più usate dalle squadre erano il manganello, il famoso manganello e...
appunto il pugnale, quindi armi cosiddette bianche. Quindi sono armi che producono appunto botte, letteralmente essere bastonati. Le bastonate sono una delle forme che questa violenza assume, oppure appunto una ferita, una ferita da pugnale sostanzialmente.
Qualche volta ci sono delle armi da fuoco e quindi delle ferite di un altro tipo. Ci sono queste pratiche anche più simboliche, ma non meno, violenti. chiaramente come appunto l'uso dell'olio di ricino cioè la persona appunto il target della violenza veniva costretta a ingerire una quantità una grossa quantità di olio di ricino che era un purgante e che quindi determinava delle scariche di diarrea fortissime e quindi si umiliava fisicamente la persona che poi cosparse delle proprie feci magari veniva esposta nella pubblica piazza costretta a camminare. o trascinata anche a forza per la strada.
Quindi noi abbiamo una situazione di questo genere in cui la violenza è una violenza progressivamente volta a limitare la libertà di parole e di espressione, limitare la possibilità di praticare la politica ma anche di vivere in diverse realtà italiane e questa violenza si esercita inizialmente soprattutto in quei luoghi in cui il Partito Socialista e il Partito Popolare sono più forti, quindi nell'Italia centro-settentrionale, per poi dilagare progressivamente anche nel resto del paese. Compiono violenze in tutta Italia, concentrandosi soprattutto nel centro e nel nord Italia. Le due regioni più calde da questo punto di vista sono sicuramente Emilia-Romagna e Toscana, producendo un'ondata di violenze che è molto difficile da quantificare, ma che grosso modo porterà almeno a 3.000 morti.
e a decine di migliaia di persone ferite. 3.000 morti sono un numero enorme. Si tratta di un conflitto vero e proprio, dall'idea di qualcosa che cresce e si autoalimenta. È questa gigantesca spirale di violenza che porta all'idea di marciare su Roma. Allora, la prima idea di una marcia su Roma è in realtà precedente all'invenzione dei fascisti e mussoliniana.
La prima idea di una marcia su Roma è un'idea che sviluppa Gabriele D'Annunzio nel 1919, all'interno del periodo dell'occupazione di fiume. Sappiamo che D'Annunzio immagina anche una marcia dei suoi uomini che partono da fiume verso Roma con un piano che è molto simile a quello che poi verrà realizzato da Benito Mussolini e dai suoi uomini il 28 di ottobre. Quindi la marcia non è veramente un progetto dei fascisti?
Questo è un pre-progetto, è qualcosa che è nelle orecchie della classe dirigente fascista che si risolve a pianificare una marcia su Roma vera e propria intorno alla metà di ottobre, diciamo inizio ottobre, metà di ottobre del 1922. Però appunto la marcia su Roma doveva essere, era anche una formula politica, che quindi in qualche modo Mussolini utilizza anche già prima dell'ottobre del 22. Una formula politica che doveva significare una presa del potere, anche da un punto di vista proprio simbolico, spirituale appunto si diceva. Cioè liberare Roma dalle mollezze della classe dirigente borghese incapace di difendere l'Italia, tutto tra virgolette, dal pericolo bolscevico. Cioè quello che il fascismo ha espresso sostanzialmente a partire dall'estate del 22 è la richiesta di poter andare al governo alternativamente per via legale, cioè essere accolti in un governo di coalizione o attraverso un atto eversivo.
O saremo al governo. o marceremo su Roma. E in questa alternativa essi esprimono chiaramente, diciamo con una certa ambiguità, le due possibilità. La marcia su Roma è chiaramente un atto ostile, però vorrei capire bene questo punto.
La marcia su Roma viene fatta contro chi? La marcia su Roma è esplicitamente ed evidentemente una marcia contro la classe dirigente liberale, contro lo Stato e le istituzioni e non contro il Partito Socialista, perché di fatto... Il confronto violento tra il Partito Socialista e il Partito Fascista è già stato risolto e il Partito Fascista ha vinto perché la classe dirigente liberale e le forze dell'ordine sostanzialmente ne hanno sostenuto la violenza evitando di arrestare i fascisti armati, evitando di mettere in prigione dopo un processo i responsabili delle violenze, armando in alcuni casi le squadre e via discorrendo.
Ma nel momento in cui si comincia a pensare alla marcia, Benito Mussolini su chi poteva veramente contare? Benito Mussolini quando decise la marcia su Roma poteva contare senz'altro sui suoi uomini, poteva contare però anche in una rete di relazioni che lui aveva costruito con la classe dirigente liberale e sulla sua capacità in qualche modo di mostrarsi come la persona capace di, in qualche modo, come si può dire, mediare tra... questo movimento squadrista violento e il governo. Mussolini è anche un grande opportunista ed è un uomo con un enorme fiuto politico che riesce a percepire e a capire con largo anticipo dove la politica si sta dirigendo.
Ma erano sotto controllo i suoi uomini? Fin dalla loro nascita le squadre d'azione sono dei movimenti che potremmo definire spontanei. Vale a dire, da un lato aderiscono prima al movimento dei fasci di combattimento e poi al Partito Nazionale Fascista, ma mantengono una forte autonomia al loro interno. I comandanti delle squadre sono eletti dalle squadre stesse, con una sorta di elezione popolare del leader più carismatico o semplicemente più preparato.
L'anima politica del movimento fascista non sempre ha il controllo pieno della disciplina e delle azioni delle squadre fasciste e anche i tentativi che verranno messi in atto sia prima sia dopo la marcia su Roma spesse volte verranno frustrati dalla forte autonomia e dal forte spirito di corpo di ciascuna squadra d'azione. Cioè, in qualche modo, Benito Mussolini si presenta come l'unica persona in grado di controllare la violenza squadrista, pur essendo, diciamo, il comandante in capo di quella violenza. Quindi, diciamo, può contare anche sulle sue capacità politiche di presentarsi per qualcosa di diverso da quello che realmente è. E poi può contare sulla sua strategia, nel senso che il partito fascista e prima il movimento fascista sono nati come un antipartito. come un movimento repubblicano, come un movimento anticlericale, ma nel corso del 1922 in realtà Mussolini è riuscito ad accreditarsi come qualcosa di molto diverso.
Il 20 settembre, una data non scelta a caso, vi ricorderete che la data è la presa di Porta Pia, il 20 settembre 1922 in un discorso a Udine Mussolini esplicita il fatto che la pregiudiziale repubblicana non è più un elemento fondamentale del suo partito. politico. In questo modo sostanzialmente riconosce che il movimento sarà fedele alla monarchia. Certo che seguire Leo Alversi di Mussolini non è facile.
Repubblicano prima, poi fedele alla monarchia, capo dei più violenti ma anche garante del loro controllo agli occhi dei moderati. Alleato dei dirigenti conservatori che però annuncia di volerli guidare. Davvero un bel fascio di tante posizioni contraddittorie.
Ti posso chiedere quali siano stati i momenti cruciali che precedono la marcia su Roma? Intanto all'inizio di ottobre quello che avviene è la costituzione o la pubblicizzazione di una vera e propria forza nazionale, la milizia fascista, che in pratica già esisteva ma che viene formalizzata come l'esercito del fascismo in questi giorni. E questo diciamo è già... in qualche modo un atto di sfida alle istituzioni statali. E poi c'è l'identificazione di un quadrumvirato composto da Cesare De Vecchi, Emilio De Bono, Italo Balbo e Michele Bianchi che devono in qualche modo immaginare un piano d'azione per la marcia.
E questo piano d'azione viene pensato tra Milano, Bordighera e Firenze. Sostanzialmente tra il 16 e il 24 di ottobre, ed è un piano che inizialmente prevede il marciare su Roma, poi invece prevede il raduno delle squadre in tre località del centro Italia, Santa Marinella, Monte Rotondo e Tivoli, dove le squadre dovrebbero convergere per poi marciare verso Roma. E il terzo piano, o quello più definitivo, è quello sostanzialmente in cui si pensa sì alla mobilitazione nazionale, sì al concentramento delle squadre in alcuni luoghi che diventano cinque al posto di tre, e poi però che pensa anche contemporaneamente, oltre che all'occupazione, diciamo, o alla discesa sulla capitale, anche all'occupazione di altri centri urbani in Italia.
L'occupazione sistematica di gran parte degli edifici governativi, prefetture, questure, comandi militari, uffici postali, stazioni ferroviarie, nella stragrande maggioranza delle province italiane. Quindi la marcia su Roma è appunto una calata verso Roma, ma è un'azione appunto multicentrica e questo è un elemento centrale da sottolineare. Vale a dire che la marcia su Roma fu possibile solo perché in qualche modo gli squadristi avevano la retroguardia, avevano le spalle coperte.
Ma quando comincia davvero la marcia su Roma? Allora, noi abbiamo il 24 e il 25 ottobre il congresso di Napoli, che è il momento in cui effettivamente viene decisa la marcia su Roma, si decide che le squadre partiranno verso la capitale. Allora, bisogna innanzitutto partire qualche giorno prima, vale a dire tra il 24 e il 25 ottobre del 1922 si tiene il congresso del partito nazionale fascista a Napoli.
È il primo grande evento del partito nazionale fascista nel sud Italia. È un evento per certi versi di legittimazione del fascismo al sud. Ma è anche un modo per prendere gli ultimi accordi per quella che poi, appunto, di lì a qualche giorno diventerà la marcia su Roma. Il congresso di Napoli si chiude con le parole, probabilmente vere, del segretario del Partito Nazionale Fascista, Michele Bianchi, che dice fascisti a Napoli piove che ci state a fare, che secondo alcuni sono una sorta di parola d'ordine per ordinare la mobilitazione delle squadre. Nei giorni tra il 25 e il 27 di ottobre i principali comandanti di zona, ma anche tutti i convenuti al congresso di Napoli, tornano nelle loro sedi di residenza per raccogliere le squadre della milizia che partiranno per Roma, ma anche per dare gli ordini.
E solo qualche ora dopo inizia la mobilitazione delle squadre d'azione che porterà all'occupazione sistematica di gran parte delle province. Il 27 di ottobre cominciano le prime azioni, una delle più significative avviene a Cremona, dove c'è un conflitto a fuoco con l'esercito, un conflitto che gli squadristi non prevedono e che porta all'uccisione di alcuni squadristi, e successivamente, a partire dal 28, comincia l'azione vera e propria. Ho cercato online i filmati originali della Marcia su Roma, dell'Archivio Luce, che a quell'epoca non avevano ancora il sonoro. E ho visto, proprio a Napoli, che tra la folla dei partecipanti del congresso c'erano diversi volti femminili. C'erano anche le donne tra chi marciò su Roma.
su Roma? A Napoli ce n'erano sicuramente di più che durante la mobilitazione per la marcia su Roma, quindi noi abbiamo delle donne, sono percentualmente un numero non rilevante e partecipano e vengono fatte partecipare esclusivamente in quelle azioni che hanno carattere dimostrativo, ma non in quelle azioni che hanno un carattere esplicitamente violento, quindi di donne e molti altri. Il movimento squadrista sostanzialmente ne abbiamo uno o due, la più famosa è Ines Donati, ma insomma sono veramente eccezioni. Questo è un movimento di uomini che anche acquisisce forza e si esprime in quanto movimento di uomini. È l'esperienza dell'esercito, l'esperienza della guerra che in questo senso forgia questo esercizio di virilità violenta che è quello del fascismo.
Quindi a questo punto di vista... La presenza delle donne è una presenza di accompagnamento, una presenza marginale e marginalizzata e le poche che partecipano e che vorrebbero partecipare magari di più sono di fatto tenute ai margini dell'azione violenta. La politica è un affare maschile, è in prevalenza ancora questa l'idea dominante. Le donne cercheranno invece e vedranno in Mussolini e in queste prime, appunto dicevo un po' Confuse istanze anche diciamo più libertarie di voto alle donne vedranno l'opportunità di realizzare invece uno degli obiettivi del primo femminismo cosiddetto femminismo emancipazionista ma la delusione sarà praticamente immediata perché invece quello che il fascismo riserverà alle donne è una declinazione molto tradizionale del loro ruolo.
E quindi da un lato un coinvolgimento, sì, un ingresso diciamo così nella sfera pubblica, sì, ma con un ruolo ben preciso, ben definito e ben distinto da quello militarmente e politicamente rilevante che resta assegnato alla sfera maschile. Ok, anche oggi sono piena di spunti di riflessione e me ne vado a casa con la testa. piena di informazioni che onestamente non mi ero mai prodigata a cercare. Abbiamo ascoltato il ruolo e il potere della violenza, la centralità della violenza nel linguaggio politico del fascismo. È tragicamente attuale secondo me ascoltare il racconto di una violenza che non è solamente fisica ma è declinata in decine e decine di forme diverse.
Penso alla volontà di imporre le proprie idee e alla limitazione del pensiero altrui e alla soppressione impetuosa dell'opposizione. È sconcertante immaginare mucchi di persone militarmente impreparate, persone tipo persone qualunque insomma, che si dilettano nell'uso della violenza con armi improvvisate come manganelli o pugnali o strumenti volti solo ad umiliare, come l'olio di ricino. Poi secondo me ce la siamo sempre immaginata male la marcia su Roma.
Almeno io l'ho sempre immaginata come il risultato dell'esasperazione fascista che vuole prendere il potere a qualsiasi costo e non ci riesce. E per questo decide di marciare su Roma. E invece non è questo.
Il fascismo si era già insinuato, aveva già potere. La marcia su Roma è il simbolo di tutto ciò. Io comunque ho ancora tante domande.
Voglio capire chi veramente ha marciato su Roma. Voglio sapere da dove venivano, come si vestivano. Che slogan utilizzavano? E voglio capire perché nessuno le ha fermati!
la supervisione di Marco Villa, la supervisione del suono e di Luca Micheli, post-produzione Sound Design e di Cosma Castellucci, executive producer Ilaria Celedini, ponici di studio Emanuele Moscatelli, Cristo Ferbacco e Matteo Miavaldi. Per l'Istituto Nazionale Ferruccio Parri, la supervisione di Filippo Focardi, Paolo Pezzino, Sara Zanisi e Andrea San Giovanni.