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L'arte di Botticelli e il Neoplatonismo

essere famosi vuole anche dire essere capiti Nei capolavori dell'arte rinascimentale le cose non vanno quasi mai così. Quadri visti da milioni di visitatori ogni anno continuano a nascondere in uno sguardo, in una mano, in un fiore, in un colore, significati che non sono mai riusciti a riconoscere. che si sovrappongono l'uno all'altro. Insomma, un quadro non racconta quasi mai una sola storia. Ne racconta molte. Talmente tante che spesso è difficile capire quale sia la principale. Quella che il pittore ha voluto che fosse chiara a tutti. Per poter meglio nascondere tutto il resto. Anche i titoli dei quadri spesso ingannano. Nella loro semplicità sembrano spiegare tutto e invece nascondono qualcosa, volutamente. L'ultima cena di Leonardo da Vinci, la flagellazione di Piero della Francesca, il maestoso corteo dei magi di Benozzo Gozzoli, l'irreale città ideale di Laurana, oppure la famosissima primavera di Sandro Botticelli. Perché dovrebbero servire ben nove figure a rappresentare una sola stagione? Perché le donne sembrano essere tutte incinte? Cosa c'entra Venere con la primavera? Per i volti dei suoi personaggi, Botticelli si è ispirato ai suoi contemporanei? Chi ha voluto che la primavera venisse dipinta e ha deciso quali messaggi inserirvi? Erano messaggi familiari o politici, filosofici o letterari. E se nella primavera invece si nascondesse un po' di tutto questo? Spesso, per capire un quadro, bisogna guardare a chi nel dipinto, o almeno in apparenza, non c'è. Magari perché l'ha ispirato o pagato, ha guidato la mano del pittore o riempito i suoi occhi, restando magari nelle pieghe della storia che, di suo, quando è stata concepita la primavera nella Firenze di metà Quattrocento, soffiava più forte di Zephyro. Nel Nascimento, in particolare nel secondo 400 fiorentino, troviamo quadri che ancora ci danno materia di riflessione, addirittura propongono degli interrogativi non risolti per quello che è la loro interpretazione. siamo in grado di riconoscere per esempio nella primavera o nella nascita di venere del botticelli le figure mitologiche che vi sono rappresentate ma c'è sicuramente in queste composizioni un senso allegorico più profondamente sepolto che deve essere decifrato e la critica lo fa ormai da più di un secolo alla luce dei concetti predominanti in quel momento È la Firenze dei Medici, molto più che una semplice città, che spiega e nasconde tutto quello che Botticelli ha dipinto. E' in quelle vie, in quei palazzi, in quelle botteghe e in quelle ville che si sono mossi i personaggi che stanno dietro ad uno dei quadri più celebri della storia dell'arte. Una galleria di uomini e una donna, tutti toscani, tranne una, che non può che aprirsi con chi alla primavera ha legato per sempre il proprio nome. Sandro Botticelli, al secolo Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi, fiorentino, allievo di Filippo Lippi, è considerato uno dei più grandi pittori d'ogni tempo. Lorenzo de' Medici, il magnifico, il più famoso dei Medici, signore di di Firenze nella seconda metà del Quattrocento, ha avuto molto a che fare con la primavera. Giuliano De Medici, fratello minore di Lorenzo, secondo alcune teorie ha prestato il proprio volto al Mercurio, raffigurato nella primavera. Lorenzo il Popolano, cugino del Magnifico e di Giuliano, è colui che ha commissionato il quadro tenendoselo in casa fino alla morte. Marsilio Ficino, toscano, uno dei maggiori filosofi del Quattrocento. La sua rielaborazione della filosofia di Platone ha influenzato tutti i suoi contemporanei, pittori compresi. Agnolo Poliziano, forse il maggior poeta italiano del Quattrocento. Come Ficino, membro della corte Medicea, ha celebrato anche alcuni avvenimenti fiorentini, ispirando spesso Botticelli. Simonetta Cattaneo Il suo volto è molto più famoso del suo nome. Nata in Liguria, arrivò a Firenze. a 15 anni, facendosi notare per bellezza e grazia fino a diventare una leggenda, da viva e da morta. Ma cosa ci fa una giovane donna per quanto bella in una storia che unisce l'elite politica e intellettuale di una delle potenze economico-culturali del XV secolo? Chi era Simonetta? Cosa la legava al potere fiorentino? E perché il suo nome è strettamente legato ad uno dei quadri più famosi di sempre, La Primavera. Orgogliosa e mondana, raffinata e litigiosa, soprattutto repubblicana. Anche la Firenze del Quattrocento ebbe le sue regine, giovani, belle, amate, ammirate, sfortunate. Mentre il potere della famiglia Medici passava dall'anziano Cosimo, detto il vecchio, al figlio Piero, detto il gottoso, fino al giovane Lorenzo, detto il magnifico, gli sguardi dei fiorentini si posarono su alcune giovani e nobili fanciulle, unite dal destino di regnare per poco tempo e una dopo l'altra, solo nei cuori e negli occhi dei loro contemporanei. Alessandra de Bardi, sua figlia Marietta degli Strozzi, Lucrezia Donati, Albiera degli Albizi. Oggi si è perso il ricordo di quei nomi e soprattutto delle bellezze che hanno incantato, ognuna per una breve stagione, la città più frizzante e alla moda di un secolo difficile. Invece, con Simonetta il destino è stato ancora più beffardo. Per lei ha voluto che tutti vedessero e ricordassero il suo volto senza ricordare necessariamente il nome che le corrispondeva. Eppure Simonetta Vespucci, dalla sua, ha avuto tutto. Origini nobili, l'amore di uomini importanti, l'ammirazione del maggior poeta del suo tempo, Agnolo Poliziano, e di uno dei più grandi pittori di ogni tempo, Sandro Botticelli. Ma perché proprio a lei, tra tante, toccò in sorte di divenire il simbolo di un'epoca? Chi era Simonetta? In realtà il nome con cui Simonetta è passata alla storia è il nome di una potente famiglia di Firenze vicina ai Medici e che deve la sua fama al navigatore che diede il proprio nome all'America Amerigo Vespucci Ma i Vespucci, il cui stemma non a caso mostra sette vespe simbolo di operosità da tempo servono imposti sulla scena fiorentina I Vespucci era una famiglia influente a Firenze già nei primi decenni del 400, Nastagio è un nome importante, era il bisnonno di quello che poi sarà Amerigo il navigatore, era una famiglia di banchieri, era una famiglia di finanzieri, era una famiglia di armatori, tanto è vero alcuni di loro possedevano anche navi di proprietà nei porti di Piombino o di Livorno già all'epoca. Cosa abbastanza frequente nella Firenze del tempo, i Vespucci vivevano fianco a fianco con importanti artisti di cui spesso erano anche clienti. Vi è da dire che tutta la famiglia Vespucci, già ai primi del Quattrocento, era abbastanza diffusa nel quartiere di Ognissanti, tanto è vero che le case si disseminavano un po' per il quartiere e c'erano anche questi fondaci, questi negozi, questi ambienti che poi daranno luogo agli studi dei pittori del Rinascimento Fiorentino più importante. Tra questi pittori, nella zona, evidentemente c'erano già gli studi di quello che sarà poi il Pollaiolo, il Ghirlandaio e in particolare lo studio di Alessandro Botticelli. Forse non a caso, un quadro del Botticelli, il banchetto nuziale di Nastagio, secondo la critica potrebbe raffigurare proprio il matrimonio tra Simonetta e Marco Vespucci. Matrimonio cui potrebbe aver presenziato, non a caso, Lorenzo il Magnifico. di cui Botticelli fa indovinare i tratti in uno dei commensali. Simonetta Vespucci era in realtà figlia di Gaspare Cattaneo, un grande e ricchissimo mercante genovese, e per parte di madre era imparentata con gli Appiani. Gli Appiani erano i signori di Piombino e detenevano la proprietà dell'isola d'Elba e soprattutto il controllo delle miniere di ferro dell'isola d'Elba. Marco Vespucci, che andrà sposo Nel 1469 a Simonetta Vespucci, che aveva soltanto 16 anni ma era un'età normale a quei tempi per il matrimonio di una donna, era esponente di una famiglia molto legata ai Medici, quindi questo matrimonio viene fortemente voluto da Lorenzo de' Medici in modo da legare attraverso il parentado con gli Appiani, infatti Simonetta Vespucci porta in dote una parte di... una possibilità... La possibilità di sfruttare una parte di queste miniere di ferro rende quindi possibile un legame che è anche istituzionale vista l'amicizia tra le due famiglie. A soli 16 anni, Simonetta entrava così nell'alta società fiorentina, forte di una dote personale e politica, ma ignara che la sua fortuna si sarebbe basata su ben altri fattori. indipendenti oltretutto dalla famiglia che l'aveva colta e che il ghirlandaio aveva ritratto al completo, compreso il piccolo Amerigo, sopra l'altare della cappella di famiglia nella chiesa di ogni santi. Famosissima, dopo morta, grazie a dipinti come la nascita di Venere o la primavera, Simonetta ebbe anche da viva una breve stagione fortunata. L'apice della sua breve parabola fu toccato in un giorno preciso, in un luogo preciso. Il 29 gennaio 1475, in piazza Santa Croce, ovviamente a Firenze. La giostra nelle società premoderne e medievali era una sorta di allenamento alla guerra, un allenamento ludico alla guerra, che veniva fatta soprattutto dai membri della ristocrazia delle città. Anche Firenze, che non è una città principesca, ma che è una città repubblicana, usava la giostra per questo duplice scopo, cioè da una parte addestrare i giovani, soprattutto dell'aristocrazia, della classe dirigente fiorentina, al maneggio delle armi e dei cavalli, ma dall'altra parte era un grosso strumento di esibizione, di ricchezza, di ostentazione del lusso, cioè Era un'occasione per indossare abiti e mostrare tessuti e gioielli che normalmente erano proibiti nella vita di tutti i giorni. Nel gennaio 1475, sei anni dopo il fratello maggiore Lorenzo il Magnifico, ormai signore di Firenze, è Giuliano de' Medici ad avere su di sé gli occhi della città. Il suo debutto in società è ovviamente un evento anche politico. Per quanto riguarda la giostra di Giuliano De Medici, è una giostra molto importante perché viene in un momento di consolidamento politico di Lorenzo De Medici, del fratello maggiore, viene a festeggiare una serie di paci raggiunte in Italia grazie anche alla mediazione di Lorenzo, per cui è un momento diplomatico di grande importanza. È di grande importanza anche perché si carica, viene caricato volutamente dall'intelligenza laurenziana di significati ulteriori e distintivi per la famiglia e per il suo potere politico. Intorno alla giostra di Giuliano, gli intellettuali della corte di Lorenzo il Magnifico costruiscono una vera e propria campagna di immagine dove nulla è lasciato al caso, a cominciare dal premio impario. Giuliano portava uno stendardo dipinto dal Botticelli che raffigurava Minerva che sottometteva Cupido, cioè amore. E si dice che il volto di Minerva fosse proprio quello di Simonetta. Ironia della sorte, la critica ritiene che l'unica testimonianza dello stendardo dipinto da Botticelli sia oggi visibile a Urbino, nel celebre studiolo di Federico da Montefeltro, un acerimo nemico dei Medici, addirittura uno dei registi della congiura dei pazzi che due anni dopo la giostra porterà proprio alla morte il giovane Giuliano de' Medici. Simonetta, ancora più delle altre donne che l'avevano preceduta sulla ribalta fiorentina, non poteva rendersi conto di essere al centro della nuova stagione politica aperta dall'avvento di Lorenzo il Magnifico, l'uomo che più di chiunque altro ha fatto della cultura e dell'arte uno straordinario strumento di potere, il neoplatonismo. Per cercare di leggere quali messaggi possono essere nascosti nella primavera bisogna calarsi nell'atmosfera culturale della Firenze di metà quattrocento, una città in cui la famiglia dei medici cerca e trova nuovi modi per esercitare e mantenere il proprio potere. Lorenzo sceglie di creare un linguaggio attraverso il neoplatonismo che lo distacchi, che distacca lui, che distacchi lui e le famiglie che appoggiavano il suo governo dal resto dell'aristocrazia fiorentina. Il neoplatonismo è questo linguaggio. ...di miti, di immagini e di storie, che poi vediamo non a caso dipinti da Botticelli. Botticelli è sicuramente il pittore che più incarna questo tipo di tendenza, che diventano incomprensibili ai più. Quindi è un linguaggio criptico, un linguaggio elitario. Non a caso, quindi, il processo che porterà nell'arco di pochi anni Simonetta Vespucci a diventare l'icona di un'epoca capace di attraversare i secoli. Ha per registi due intellettuali della corte medicea, un poeta, Agnolo Poliziano, e un pittore, Sandro Poticelli. Dietro di loro i medici e ancora più indietro un filosofo, Marsilio Ficino, il massimo esponente del neoplatonismo. Una reviviscenza della filosofia di Platone ebbe luogo a partire dal 1439, quando arrivarono per il concilio di Firenze i padri della Grecia. da allora che avevano i codici in greco con i testi di Platone e questo mise in moto una straordinaria fioritura di pensiero e poi di testi dedicati a questa rinascita del platonismo. Nato poco distante da Firenze a Figline Valdarno, Marsilio Ficino era figlio dal medico personale di Cosimo il Vecchio, il nonno di Lorenzo il Magnifico. Vissuto tra il 1389 e il 1464, Cosimo il Vecchio ha lasciato un'impronta profonda a Firenze. Tra gli uomini più ricchi del suo tempo, commissionò importanti opere d'arte e fece erigere il palazzo di famiglia lungo quella che allora era detta Via Larga. Ma gran parte della sua vita Cosimo la trascorse, così come il figlio e poi il nipote, nella villa Medicea di Careggi, poco fuori città. Cosimo fece realizzare la villa di Careggi per sé e la sua famiglia. Qui volle morire lui stesso nel 1464. Qui è nato ed è morto suo nipote Lorenzo. E sempre qui Cosimo volle che Marsilio Ficino nel 1459 fondasse e organizzasse la sua Accademia Neoplatonica. Per oltre 30 anni gli uomini dell'Accademia Neoplatonica Fiorentina influenzarono l'arte e la politica, il pensiero e la scienza. Non a caso intorno al Ficino si erano raccolte le migliori menti dell'epoca. Pico della Mirandola, Coriziano, Leon Battista Alberti, Cristoforo Landino. Tra i membri dell'Accademia c'erano non a caso anche i giovani fratelli Lorenzo e Giuliano de' Medici. Ma cosa proponevano i neoplatonici? E che influssi esercitarono sulla cultura e l'arte del tempo? L'attitudine che il neoplatonismo aveva diffuso. di considerare il passaggio su questa terra come una continua aspirazione verso l'elevazione, verso il raggiungimento di una idea che con grandi sforzi concettuali gli umanisti cercano di far coincidere con il cristianesimo, è una forma di pensiero, di coltivazione, anche di aspirazioni che toccò tutte le componenti culturali, compresi gli artisti, i quali... Misero in figura questo percorso di ascesa dell'anima cercando il canone della bellezza suprema e Botticelli fornisce, in un certo senso con i suoi splendidi dipinti, il canone della bellezza femminile che durerà nei secoli. Il filo che lega il neoplatonismo a Botticelli e alle sue opere, prima fra tutte la Primavera, è un filo robusto ma non troppo lungo. È un filo che idealmente parte da Careggi e arriva a Borgo di Ogni Santi. il quartiere dominato dai Vespucci e dove Botticelli, nato nel 1445, aveva la sua bottega di pittura. Della sua bottega si sa solo che era in quella che una volta era detta Via Nova e oggi si chiama Via del Porcellana. Di sé Botticelli ha lasciato, come molti altri pittori, un autoritratto nascosto in un suo celebre dipinto, l'Adorazione dei Magi, conservato a Firenze. nella galleria degli uffizi. Botticelli si formò in una Firenze che era già ricca di grandi artisti, in particolare fu l'allievo di Filippo Lippi ed ebbe anche però l'opportunità di lavorare a fianco di Andrea del Verrocchio, dunque formandosi a un livello d'eccellenza e acquistando poi nel tempo un proprio stile espressivo molto particolare, fatto di grande dolcezza e armonia ma anche... in certi dipinti di intensità espressiva quasi violenta. Ed è diventato nel tempo il simbolo del rinascimento quattrocentesco che intorno alla famiglia Medici ebbe a Firenze delle espressioni straordinarie in letteratura e in filosofia. e appunto in arte. La pittura di Botticelli sta al neoplatonismo esattamente come la poesia di Poliziano, l'architettura di Brunelleschi o il pensiero di Pico della Mirandola. Le idee neoplatoniche sembravano fatte apposta per essere messe su tela perché esaltavano il valore della bellezza come manifestazione di Dio nel mondo. Solo dalla contemplazione della bellezza, tramite l'amore, gli uomini potevano sperare di capire le leggi dell'universo, avvicinandosi così a Dio. Ma il neoplatonismo non era per tutti. Era una filosofia per l'elito culturale e politica del tempo. Per escludere tutti gli altri, bastava nascondere il vero significato di un'opera dietro un'allegoria. E questo naturalmente presume l'avvicinarsi attraverso testi e lettere e testimonianze di vario genere a una mentalità condivisa in una cerchia molto ristretta. I medici, gli umanisti, i letterati, forse i politici della Firenze d'allora. Credo che già il popolo non avrebbe avuto gli strumenti per comprendere il significato nascosto in questi grandi e importanti quadri. Ancora oggi, di fronte alla nascita di Venere, quanti tra le migliaia di turisti che l'ammirano ogni giorno la collegano subito all'idea di perfezione femminile dei neoplatonici. Una perfezione che doveva favorire, negli spiriti più elevati, la contemplazione del divino. Ma a chi osserva il quadro, in genere, basta la contemplazione delle forme della Dea e l'armonia della scena. Non importa neanche che Botticelli in realtà non abbia voluto rappresentare la nascita di Venere, come si è creduto dall'Ottocento, ma casomai l'approdo della Dea sulle coste di un'isola. Allegoricamente l'approdo sulla terra dell'Humanitas, cioè quella che Marsilio Ficino e i Neoplatonici avevano eletto a idea guida dell'umanesimo. La pittura di Botticelli è una pittura allegorica, come sappiamo, la pittura di cui... Molto spesso non arriviamo a comprendere tutti i significati ed è una pittura che gioca a nascondere i dettagli di fonti che sono state scoperte da questi umanisti. Per entrare in questo gioco raffinato ed esclusivo, per superare la barriera del tempo coperta di fiori o nuda, nei panni della Madonna o di Venere, Simonetta paga un prezzo molto alto. Non basta essere belle e ammirate per certe cose, bisogna anche morire giovani. Simonetta, un'icona immortale. Simonetta si trova per ragioni biografiche, ma soprattutto appunto proprio per il fatto che potremmo dire che poverina muore al momento giusto. a diventare l'icona di un certo tipo di pittura, cioè non di tutti, ma sostanzialmente soltanto di Botticelli e di quella pittura didattica e allegorica che Botticelli professa per un certo numero di anni fra l'altro, perché con i primi anni 90, con la morte di Lorenzo, anche Botticelli comincia a dipingere altri soggetti. E nell'aprile 1476, a soli 23 anni, Simonetta muore. Muore a Piombino, forse di Chisi. L'agonia non è breve e il Magnifico fa in tempo a mandare i suoi medici per cercare di salvarla. In vano. Appena arriva la notizia, l'emozione è fortissima. Alla data del 26 aprile, gli annali della città riportano oggi è morta la Simonetta. Poliziano, un anno prima, ne aveva cantato la bellezza in vita in occasione della giostra a Santa Croce. Ora, un altro poeta, Bernardo Pulci, la trova bellissima, anche da morta, mentre il suo corpo attraversa Firenze. Ma forse che ancora viva al mondo è quella, poiché vista da noi fu dopo il fine, in sul feretro posta assai più bella. Simonetta si presta benissimo a questo tipo di trasformazione, non soltanto perché era una donna bella, ma anche perché è una donna che pur sposata nella giusta età non compie il suo ciclo vitale, cioè è una donna che non ha figli ed è una donna che muore giovanissima, muore di tisi, alimentando uno dei miti ripresi dalla letteratura classica, soprattutto greca. E di conseguenza si presta a fare una costruzione di carattere letterario intorno alla sua persona che è poi quella che segna tutta la fine del governo laurenziano in termini di distacco di un gruppo di famiglie legate a Lorenzo de' Medici dal resto della città. La seppelliscono nella chiesa di Ogni Santi, dove i Vespucci hanno la loro cappella. E' certo che Simonetta sia stata sepolta in questa chiesa, ma dove? Nei secoli si è persa la memoria dell'ubicazione esatta della sua tomba, anche se, come vedremo, proprio Botticelli verrà in aiuto alla bella Simonetta per strapparla comunque all'oblio del tempo. Un'operazione che il grande pittore fiorentino porterà avanti con dedizione e costanza per molti anni. Infatti Simonetta, secondo i critici, Oltre che in due celebri ritratti, è molto presente in varie opere di Botticelli, specie in quelle più importanti. In Venere e Marte, in Palade e il Centauro, nell'allegoria della Calunnia, in alcune Madonne con Bambino, nell'ultimo quadro delle storie di Nastagio degli Onesti, nella nascita di Venere. e ovviamente nella primavera. Ciò che unisce tutte queste opere, oltre all'autore e al soggetto, è un terzo elemento tutt'altro che secondario. Tutti questi quadri sono stati realizzati dopo la morte di Simonetta. Come mai? Icona perfetta quindi, ma per caso. Simonetta presta i propri tratti idealizzati a molte opere di Botticelli, dove i canoni neoplatonici sono declinati in modi diversi, restando sempre riconoscibili. Ad esempio, nel nella Palade che doma il centauro, un'opera per più aspetti legata alla primavera, la figura femminile, simbolo di purezza e semplicità, vince con la forza della ragione e della calma sulla creatura mitologica che incarna invece la brutalità e la lussuria. Come spesso accade, anche per Pallade che doma il centauro, c'è un'interpretazione politica che richiama gli sforzi di Lorenzo de' Medici per raggiungere una pace col regno di Napoli e bloccare così la lega antifiorentina promossa da Sisto IV. Il dipinto sarebbe la celebrazione della ritrovata pace e quindi dell'armonia dopo il fallimento della congiura dei pazzi, che nell'aprile 1478 aveva visto durante una messa nel Duomo di Santa Maria del Fiore la morte di Giuliano de' Medici, mentre il magnifico, aiutato da Poliziano, si salvava fortunosamente. In quest'ottica il centauro raffigurerebbe Roma e il potere papale. Mentre Pallade, con la labarda e la veste decorata con le insegne personali di Lorenzo de' Medici, rappresenterebbe Firenze, alle cui spalle si apre simbolicamente il Golfo di Napoli. La Primavera, un quadro con molti padroni. Nel Rinascimento, per molte opere d'arte, quindi, sono possibili più interpretazioni e non è detto che una ne escluda un'altra. La verità doveva essere rappresentata a più livelli, dai più semplici, comprensibili a tutti, a quelli più complessi e segreti, destinati a chi aveva una cultura più raffinata. Non è quindi un caso che per molti anni Palladec e Doma il Centauro sia stata posta come oggi nella stessa stanza che ospitava la primavera. Le due opere hanno infatti molte cose in comune, a cominciare dal luogo dove sono state collocate subito dopo essere state dipinte. Entrambe erano infatti nell'anticamera del loro committente, Lorenzo il Popolano, il giovane cugino di Lorenzo il Magnifico, che abitava nella casa che una volta era a fianco a Palazzo Medici su Via Larga e che nel 600 è stata inglobata nel Palazzo Attuale. In particolare a Lorenzo, questo cugino che si chiama Minor, per distinguerlo in regione dell'età più giovanile rispetto a Lorenzo il Magnifico, fu proprietario di due quadri fantastici di Sandro Botticelli. La primavera, che faceva parte di un arredo molto importante, con una pedana, un lettuccio, un cassone, un cappellinaio, quindi un intero arredo ligno che ospitava come ornamento straordinario il quadro detto La primavera. e la palla del colcentauro. Ma resta un grande interrogativo. Questi quadri, specialmente la primavera, li avrà davvero ordinati lui al Botticelli o piuttosto gli saranno arrivati, essendo magari stati commissionati dal cugino più importante, Lorenzo il Magnifico? Questo resta uno dei misteri più affascinanti di tutta la storia dell'arte. Ma perché a pochi anni di distanza dalla loro realizzazione, la primavera e la palla dei centauro sarebbero dovuti passare di mano per traslocare oltretutto di pochi metri da una casa all'altra in via larga? E soprattutto perché il potente Lorenzo il Magnifico avrebbe dovuto cedere ad un giovane cugino beni così preziosi? La risposta non ha molto a che fare col neoplatonismo o con l'arte, ma con la natura profonda del potere dei medici, che era e restava il denaro. Tra i due rami della famiglia c'è fu un momento di forte tensione negli anni Ottanta, perché Lorenzo il Magnifico, per suoi acquisti d'arte e d'archeologia molto importanti, aveva intaccato le sostanze del Banco Medici, compresa la quota che spettava ai giovani cugini, di cui era fra l'altro il tutore dopo la morte del loro padre Pierfrancesco. Quindi ci fu una procedura piuttosto laboriosa di messa a punto di un indennizzo, il cosiddetto Lodo Scala. dal nome del cancelliere Bertolomeo Scala che lo stipulò a vantaggio dei due giovani medici del ramo di Pierfrancesco e fu emesso nel 1485 una prima versione che comportava il trasferimento di molti beni immobili da Lorenzo ai cugini. Poi la lista fu un po' ritoccata a vantaggio di Lorenzo il Magnifico. Di fatto, la primavera e la pallade che doma il centauro non hanno mai lasciato Firenze. Prima del Museo degli Uffizi, dove sono oggi, per molti anni sono state nella casa di Via Larga e poi nella villa di Castello, dove vivevano gli eredi del ramo cadetto della famiglia. Ma perché Lorenzo il Popolano voleva per sé opere così complesse e ricche di significato? Voleva che trasmettessero un messaggio letterario, mitologico, magico, alchemico? Politico o semplicemente celebrativo, magari un matrimonio. Le interpretazioni della primavera. A più di cinque secoli dalla sua realizzazione, la Primavera non ha ancora una interpretazione prevalente. Per capire esattamente quali fossero i propositi di Botticelli mentre la dipingeva, bisognerebbe sapere con certezza alcuni particolari sui quali invece regna ancora l'incertezza. che ha commissionato effettivamente la primavera. In che anno è stata realizzata? Quali sono gli eventi o i concetti filosofici che il quadro vuole rappresentare? Qualunque esso sia, il significato della primavera è racchiuso in una tavola di m di base per m d'altezza. Botticelli ha dipinto su una tela di lino tesa su otto assi di legno di pioppo. Quando nacque la primavera? Accanto alla data è il significato di ogni singolo elemento del dipinto che varia da teoria a teoria, anche se i nomi dei personaggi sono ormai stati individuati facilmente dagli studiosi. Mercurio, riconoscibile dai calzari alati, sembra intento a scacciare delle piccole nubi. Le tre grazie. La castità di spalle, balla con la bellezza e il piacere. Guarda Mercurio e sembra non accorgersi che una freccia particolare sta per colpirla. Cupido, colui che fa scoccare l'amore, bendato, ha preso di mira la castità. Venere, al centro del dipinto, quasi a dividerlo in due. C'è lei, la dea pagana dell'amore e della bellezza. Flora, la dea dei fiori, il sinonimo della primavera. Nei suoi tratti molti riconoscono Simonetta Vespucci, ma in latino Flora era detta Florenzia, cioè Firenze. Cloris, la ninfa che la mitologia vuole sposa di Zefiro, a cui non può sfuggire, ma dalla sua bocca escono fiori. primo passo della sua trasformazione in flora, dopo l'unione con Zeffiro. Zeffiro è il vento che soffia da ponente e annuncia la primavera. Interpretazione numero uno. Un matrimonio. Tanto per la pallade che per la primavera, Botticelli potrebbe aver avuto semplicemente l'incarico di celebrare delle nozze, quelle di Lorenzo il Popolano, il suo comittente, con la moglie Semiramide Appiano, o forse anche per quelle di suo fratello Giovanni. con Caterina Sforza, figlia del Duca di Milano e madre di un bambino che sarebbe diventato una delle glorie di casa Medici, Giovanni dalle bande nere. La primavera poi ha dato veramente... ha un numero incredibile di interpretazioni, le più diverse, anche collegata, essendo evidentemente un'opera d'arte molto impegnativa e costosa, agli eventi importanti della famiglia. Una delle interpretazioni che sono state più largamente accettate è che sia il dono di Lorenzo il Magnifico al cugino per il matrimonio del cugino stesso con Semiramide Appiani. Altri la collegano invece all'acquisto della villa di Castello che Lorenzo Minor eseguì nel 1477 proprio sul consiglio di Lorenzo il Magnifico che gli era ancora in quel momento molto vicino e protettivo. Altri lo collegano ad una lettera di Marsilio Ficino del 1478 che additava al giovane Lorenzo il modello della venere come humanitas, come aspirazione. all'elevazione dello spirito attraverso gli studi. E si potrebbe andare avanti, ci sono interpretazioni ancora più, come dire, immaginifiche. Interpretazione numero due, tra Ovidio e Dante. Botticelli non scelse a caso le figure da inserire nella Primavera, ma si ispirò ad un classico della letteratura latina, i fasti di Ovidio. E quindi... dai versi del poeta che visse sotto Augusto, che si può trarre una prima interpretazione della primavera. L'interpretazione letterale si basa su un brano del quinto libro dei fasti di Ovidio, nel quale si racconta come Zefiro avesse insidiato e posseduto con la violenza la ninfa Cloris, la quale venne poi trasformata in Flora. Sulla base di questa testimonianza e sulla base anche di quanto tramandato da Vasari, la figura centrale di quella che è stata affidata alla storia come la Primavera di Botticelli sarebbe da interpretare come la Venere. Il gruppo delle tre figure femminili sono da leggere come le tre grazie e a questo insieme di figure tradizionali Botticelli avrebbe aggiunto il Cupido, Alato e l'immagine di Mercurio con cui si chiude la scena sulla sinistra. Il richiamo ai fasti di Ovidio spiega l'interpretazione classica del quadro, inteso come una semplice allegoria della primavera. Infatti, la sequenza dei personaggi raffigurerebbe il ciclico rinnovamento della natura che ogni anno ha il suo agente invisibile nell'arrivo stagionale dello Spiritus Mundi, impersonato dal vento Zeffira. Ma Ovidio potrebbe non essere l'unico poeta ad aver ispirato Botticelli. Infatti è noto l'interesse artistico e letterario nutrito dal pittore per un altro grande fiorentino, Dante Alighieri. D'altronde Sandro Botticelli era notoriamente aperto e riscettivo nei confronti della cultura letteraria fiorentina e in particolare il suo caposaldo era l'interpretazione di Dante Alighieri. È stato illustratore in due riprese della Divina Commedia con grande ricchezza di invenzione e ha dovuto quindi calarsi dentro gli difficili versi del poema dantesco e fornire questo equivalente figurativo pieno di violenza nell'inferno, di melanconica meditazione nel purgatorio e di rapimento divino nel paradiso. Nel 1481 veniva pubblicata un'edizione della Divina Commedia commentata dall'Andino e con l'illustrazione di Baccio Bandini elaborate da Botticelli. Purtroppo quasi tutti questi disegni sono andati perduti, però è possibile individuare una traccia di questa passione documentata di Botticelli per Dante all'interno della... primavera e una prima interpretazione letterale può passare attraverso l'analisi dei personaggi. Secondo questa teoria la prima figura a destra è da interpretare come Lucifero che insidia Eva. La figura coperta di fiori potrebbe alludere all'incontro che Dante ha negli ultimi canti del Purgatorio con questa misteriosissima figura femminile di Matelda e la figura centrale del quadro diventerebbe in questa chiave Beatrice destinata ad accompagnarlo, come dice Dante stesso, a salire le stelle. In questa prospettiva le tre figure femminili possono essere lette come le tre virtù. E l'ultima figura, quella maschile, potrebbe essere Dante stesso, che si è purificato nelle acque del fiume Eunoè ed è quindi pronto a compiere l'ultima parte del suo percorso spirituale. Insomma, la chiave interpretativa dantesca suggerisce di vedere nella primavera la raffigurazione del giardino dell'Eden in cima alla montagna del Purgatorio, dove Dante incontra Beatrice. prima di accedere con lei al paradiso. Un momento di avvenuta purificazione che prelude all'ascesa verso Dio. Un tema, a ben vedere, compatibile con le idee neoplatoniche, le simmetrie e le allegorie della primavera. Che Botticelli non si sia voluto però limitare a raffigurare una pagina di un autore classico, ma abbia voluto dare un senso allegorico più profondo al dipinto, è chiaro per una serie di simmetrie e caratteristiche. Elementi non giustificabili con le interpretazioni legate ai matrimoni o ai testi di Ovidio e Dante, ma che chiamano in causa direttamente il neoplatonismo. Perché le figure maschili sono confinate ai lati estremi del dipinto? Perché tutte le donne sono vistosamente incinte? Come spiegare il fatto che le figure sul lato destro hanno le braccia rivolte verso il basso? mentre quelle a sinistra hanno tutte le braccia levate. Cosa significa che Venere al centro abbia il braccio sinistro abbassato e quello destro levato? Perché nessuna figura poi lascia un'ombra? E nessuna sembra calpestare l'erba ma vi è come appoggiata? E i tanti fiori e piante che affollano la primavera hanno un senso particolare? E se sì, quale? Quasi 500 diversi tipi di piante sono stati raffigurati all'interno di quest'opera e proprio grazie al fatto che molti di questi sono stati colti nel momento della fioritura sono state interpretate con un buon margine di certezza. Alcune di queste sono particolarmente suggestive grazie alla loro valenza simbolica e riconducono ad ambiti diversi. Da una parte abbiamo i richiami alla fiorentinità attraverso quel giglio, la iris florentina che viene creata da Cloris, oppure attraverso i richiami al mondo medicio, a questi agrumi rotondeggianti che richiamano da vicino l'emblema di casa Medici. Protagonista in assoluto, sempre in questa prospettiva, è l'alloro, una sorta di segnale che richiama il nome di Lorenzo. Interpretazione numero 3 Un'allegoria politica. Interpretare la primavera alla luce degli eventi storico-politici avvenuti tra il 1476 e il 1485 è uno dei modi più diffusi e fondati per spiegare questo quadro enigmatico. Le interpretazioni politiche avanzate sono infatti incentrate sulla possibile celebrazione allegorica delle vittorie diplomatiche della Firenze di Lorenzo il Magnifico. Da parte mia ho contribuito a questa rosa così ampia di interpretazioni suggerendo di decodificarla come una immagine allegorica del trionfo di Firenze. Firenze sarebbe il personaggio Flora Da Flora e Florenzia, Firenze sono equivalenze molto stabilite nella lingua e nel pensiero fiorentino e sarebbe il ritorno all'esultanza e alla lietezza della danza delle grazie, dello scoccare delle frecce d'amore, del saluto augurale di Venere, dopo che Mercurio ha dissipato la nube della discordia. E Mercurio sarebbe figura allegorica di Lorenzo il Magnifico come pacificatore dell'Italia. Dopo il durissimo biegno della guerra dei pazzi, scatenata dopo la congiura che questa famiglia ordia ai danni dei medici, nel 1478. La pace fu recuperata nel 1480, ma un quadro così impegnativo, a mio avviso, doveva essere progettato e poi eseguito nel tempo e nel 1482 Sandro Botticelli andò a Roma a dipingere Persisto IV, proprio su impulso di Lorenzo il Magnifico. Quindi, considerando un po' queste pause, io credo che il quadro... possa essere stato concepito e dipinto tra l'80 e l'84, ma non è questa l'unica opinione che circola. Interpretazione numero 4 Il neoplatonismo Il neoplatonismo è il protagonista esplicito di un'altra serie di interpretazioni che vedono nella primavera di Botticelli il richiamo ad un matrimonio, non un matrimonio classico. ma le nozze simboliche tra due concetti, rappresentati da due personaggi ideali, Mercurio, simbolo dell'intelletto, e Filologia, cioè l'amore per la conoscenza. Nel V secolo d.C. il filosofo neoplatonico Marziano Capella scriveva un trattato centrato sulle nozze tra filologia e mercurio. Sulla base di questa teoria, la ricerca della conoscenza rappresentata da filologia doveva spogliarsi del sapere umano e terreno, per unirsi in questa sorta di nozze simboliche con Mercurio, il simbolo del nus platonico e quindi dell'intelletto. Perché allora non leggere in questo modo l'opera di Botticelli, laddove la figura centrale del quadro potrebbe rappresentare la ricerca di questa sapienza e quindi essere interpretata come filologia, e Mercurio come questo sforzo di elevazione. per innalzare un sapere umano ad un livello superiore. L'interpretazione neoplatonica della primavera consentirebbe anche di spiegare alcuni dettagli e simmetrie presenti nel dipinto. Ad esempio, leggendo la scena da sinistra verso destra, le braccia levate e abbassate dei personaggi potrebbero indicare i grandi principi dell'umanesimo, che una volta scesi dal cielo sulla terra sono in grado di portare ad una rigenerazione totale della natura, la primavera appunto. Sempre il neoplatonismo suggerisce di vedere la scelta di mettere le figure maschili ai lati estremi come modo di sottolineare l'importanza del principio femminile in ogni rinascita. Una rinascita sia spirituale che fisica, come lascia intendere l'evidente gravidanza di tutte le figure femminili. Infine, il fatto che nessun personaggio poggi sul terreno ricorda allo spettatore la natura ideale e non materiale dei protagonisti dell'opera. Il neoplatonismo spiegherebbe anche le teorie che vedono nella primavera, la celebrazione del concepimento senza unione sessuale, un tema centrale per il cristianesimo e per il culto della Vergine Maria. che trovava nella mitologia classica un significativo precedente riportato dal solito Ovidio. Giunone, la dea Giunone, si dichiara invidiosa di Giove che era riuscito a partorire la figlia Minerva dal suo capo senza aver bisogno di unirsi a nessuna donna. Giunone è questo che chiede a Flora e Flora le concede di toccare un fiore particolare grazie al quale potrà rimanere incinta pur rimanendo casta. Queste sono le parole di Ovidio, d'un modo casta. La figura centrale, in evidente stato interessante, sarebbe quindi Giunone, la sposa di Giove e dea della fecondità, in procinto di dare alla luce suo figlio Marte. E poiché per i neoplatonici era importante legare i miti pagani ai fondamenti del cristianesimo, Il personaggio principale del dipinto potrebbe rappresentare per alcuni l'allegoria di Maria Madre. Gesù. Oltretutto, proprio negli anni in cui Botticelli dovrebbe aver realizzato la sua opera più celebre, Papa Sisto IV rilanciava con forza il culto mariano. Sandro Botticelli, la verità sul vero significato della primavera, se l'è portato nella tomba. Il grande pittore è morto a Firenze il 17 maggio 1510 a 65 anni. Malato e povero, era ormai un sopravvissuto. Artisticamente la scena era ormai dominata da giganti come Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello e dietro a loro artisti sublimi come Pintoricchio, Andrea Mantegna, Giovanni Bellini, Sebastiano del Piombo. Botticelli fu l'ultimo tra i grandi dell'avventura neoplatonica fiorentina ad andarsene. Lorenzo il Magnifico era morto nel 1492, Poliziano e Pico della Mirandola nel 1494, Marsilio Ficino e Cristoforo Landino nel 1498. Il suo grande protettore, Lorenzo de' Medici, il Popolano, se n'era andato nel 1503. A Firenze non regnavano più i medici che sarebbero tornati al potere solo nel 1512. A conferma che una stagione si era davvero chiusa da ogni punto di vista, Botticelli, sopravvissuto a tutti i compagni di un tempo, negli ultimi anni cambia radicalmente soggetti e ispirazione. La mitologia lascia il campo a soggetti religiosi. La spensieratezza viene sostituita da una forte propensione al misticismo. E a questo forse non è estranea la predicazione dell'uomo che aveva preso il potere nella Firenze del dopomedici. Il severo frate francescano Girolamo Savonarola. Ma il Botticelli farà in tempo anche a vedere il tramonto di quella meteora politica, finita in un rogo a Piazza della Signoria il 23 maggio 1498. Botticelli venne sepolto dove aveva chiesto di riposare in eterno, nella chiesa di ogni santi, a poche decine di metri da dove era nato e aveva lavorato per una vita. Nella stessa chiesa dove 34 anni prima era stata sepolta Simonetta, che non ha bisogno di una lapide, visto che l'immortalità l'ha conquistata comunque. E proprio grazie al pittore che le riposano lontano. Si dice che Botticelli abbia chiesto di essere sepolto ai piedi della sua musa, ma invece la tomba è lontana dalla cappella Vespucci, nell'angolo anonimo di una cappella secondaria. Nulla la segnala e nessuno la cerca. Un destino singolare per un artista famoso nel mondo, le cui opere rappresentano una delle principali mete dei turisti che visitano gli uffizi. Ma forse è una punizione. La punizione che Firenze e i fiorentini hanno riservato a chi ha saputo conservare così bene un segreto. Segreto nascosto al punto che da secoli Gli occhi che si posano sulla primavera, distratti come sono dalla sua bellezza, non sospettano neanche che ci sia.