Sono allergica alla retorica vuota del martire e dell'eroe che troppo spesso si applica alle vittime del terrorismo, ma non solo. E' tanto più facile creare un simbolo e esorarlo su un piedistallo. L'hanno fatto con i giudici dell'antimafia come Falcone. E' Borsellino.
Il simbolo sterilizzato puro lontano diviene il cavaliere di una singolar tensione contro un male altrettanto distante, estraneo e monolitico, un ricettacolo di proiezioni su cui le singole coscienze scaricano le proprie responsabilità. Ma nella realtà il male, in tutte le sue forme, si mescola alla vita senza soluzione di continuità e può essere contrastato solo dai gesti. dalle mentalità e dalle azioni di una miriade di singoli.
Era così anche ai tempi del terrorismo. Papà ha avuto paura, ha faticato, ha assunto posizioni impopolari e molto discusse. Ha continuato a scrivere le cose che gli sembravano giuste. Ha cercato di riempire ogni giorno di senso il suo ideale di democrazia.
Questo, non il martirio, fa di lui un punto di riferimento. Appiattire la vita di un uomo dentro una parabola eroica vuol dire anche allontanarla dall'esperienza normale e ridurre la possibilità che divenga un modello a cui ispirarsi nella vita di ogni giorno. Buonasera, faccio una premessa. Questa è la mia libreria, io vengo sempre alle presentazioni e vi ringrazio perché sono molto emozionata di vederla così piena.
E sono molto emozionata che hai letto proprio questo passaggio che viene alla fine del libro e ovviamente io sento molto. Però a questo punto lo collego alle cose che hai detto all'inizio, per cui alla scrittura, alla scelta del titolo. Visto che il titolo è il verso di una poesia, io lo collegherò a una poesia. Allora da questo punto di vista, visto che...
Mi hai dato l'amo e mi dai la possibilità di... la sponda per parlare un po' del lavoro della scrittura, che è una... così...
e mi fa piacere farlo quando posso incontrare i lettori. Tu giustamente hai citato il genere del no fiction. Allora, a questo punto io vorrei citare la battuta del santo patrono di chiunque ci si cimenti con il no fiction, che è...
Truman Capote ovviamente, perché la battuta viene citata spessissimo ma delle volte ho l'impressione che non si ragioni fino in fondo sull'originalità della cosa che dice Capote, lui dice che il no fiction è una forma di narrazione che ha il rigore del documento, la leggibilità del romanzo e la verità della poesia. La prima volta che l'ho sentita io sono rimasta colpitissima perché comunque occupandomi di ricerche storiche il rigore del documento va bene, però la verità del documento invece è la verità della poesia. Capote ovviamente è un genio per cui condensa qui secoli di filosofia occidentale perché questo poi è Aristotele, no? Che l'arte dovrebbe riuscire a avere più verità.
Credo che sia qualcosa in realtà che appartiene all'esperienza di tutti i lettori. Per quanto una ricostruzione storica o giornalistica possa essere fedela, curata, se vuoi riuscire a comunicare qualcosa di complesso ai tuoi lettori, devi fare lo sforzo di fare qualcosa di più. Devi veramente riuscire a gettare un ponte, devi tentare di catturare qualcosa che è per sua natura sfuggente.
E nel mio caso, il primo capitolo di questo libro si intitola in principio era il vuoto. Nel mio caso era particolarmente difficile perché quello che io desideravo fare era parlare di una persona che non c'è più e che io non ho conosciuto. Per cui avevo qualcosa di...
e poi non mi, tra virgolette, non mi accontentavo dell'obiettivo che ci si dà quando si fa una ricerca storica. Cioè questa non è... La storia di Walter Tobagi è la storia di mio padre. Io volevo riappropriarmi di... togliere da questa parabola eroica in cui la sua esperienza era stata schiacciata...
di mio padre e ritrovare l'uomo, prima di tutto per potermene riappropriare io e appropriarmene in un modo che fosse definitivo. Mio padre mi è già stato tolto una volta e ci doveva essere un modo per raggiungerlo. Per cui, insomma, frasi come quella di Capotti per me mi hanno girato molto nella testa.
E qui vengo alla scelta del titolo, che appunto suscitava questi dibattiti, comunque senz'altro colpisce, però io ho posto in esergo la strofa della poesia da cui viene, che è molto importante per capire il senso del titolo. Ve la leggo perché è bellissima, quindi la leggo ogni volta che mi è possibile. Zimborska dice questo, Dunque ci sei. Dritto dall'attimo ancora so' chiuso, la rete aveva solo un buco e tu proprio da lì non c'è fine al mio stupore, al mio tacere, ascolta come mi batte forte il tuo cuore. Io ho letto questa poesia e mi ha fulminata perché conteneva...
Conteneva una direzione, un indirizzo, un suggerimento per quello che io volevo fare. Per cui il verso conclusivo è diventato il titolo del libro perché c'erano sia le premesse che la conclusione. La premessa era che quello che è vero per ogni ricerca storica, cioè si seguono delle tracce, dei barlumi, per cercare di tracciare un quadro, ricostruire un testo, ricostruire una persona. Si cerca appunto di farsi strada, trovare questo buco, questo varco attraverso cui si può raggiungere qualcosa.
Nel mio caso questa era un'esperienza anche umana, personale, perché io avendo avuto in eredità da mio padre questa è una cosa che ha del miracoloso. Walter Tabaggi non solo ha scritto, per lavoro tutta la vita, ha cominciato a scrivere al liceo, appunto una cosa rara, ha scritto tutta la vita e oltretutto è una persona che fa colpito molti, ha colpito anche Stagliano, è una persona che ha documentato se stesse in una maniera sorprendente, perché comunque aveva un archivio, sia come tutti i giornalisti, credo che potete confermarlo, che si tengono le cartelline. Però lui aveva maggiore scrupolo nel farlo, teneva le minute delle lettere, teneva questi diari che sono particolarissimi perché lui aveva molto poco tempo però trovava il tempo di scrivere quando era immerso in delle situazioni complicate di cui non riusciva bene a capire il senso. Questo si è tradotto per me e sua figlia nel fatto che io ho potuto parlare e dare anche un taglio particolare alla ricostruzione del Corriere negli anni della P2 perché ovviamente mio padre, che era lì dentro nel momento in cui questa gestione occulta si afferma e comincia a manifestare la propria influenza, ovviamente mio padre percepiva delle cose che non andavano bene, rigorosamente le annotava e io ho potuto...
...incrociare quelle osservazioni che erano proprio osservazioni da Walter, che vuol dire assolutamente non ideologiche, molto crude, molto fresche, molto... In qualche modo impressionistiche, perché proprio lui catturava dei fotogrammi e poi cercava di metterli in relazione gli uni con gli altri, per cui aveva sempre questo modo di fare inchiesta anche per risolvere le situazioni strane della sua vita, che ho potuto incrociarle poi con gli atti della Commissione Anselmi, la Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia P2. E per cui ho appunto... Il mio stupore, il mio tacere è stato poter vedere che effettivamente attraverso tutti questi documenti, questi fili, queste tracce, queste parole potevo ritrovarlo e ascolta come mi batte forte il tuo cuore che tra tante cose che questo libro è, per me è prima di tutto un dialogo ricostruito con il padre che non ho mai avuto vicino a me.
E questo non lo so, è un verso che amo molto perché è il verso dell'empatia, è il miracolo che a un certo punto tu puoi... Trovare una persona e il passaggio che tu hai letto, perché mi è molto caro, dicevo sono partita da questo bisogno personale ma anche è il dilemma dello storico, come fai a raccontare, a dire qualcosa di importante, a raccontare un periodo che è importante raccontare. La storia di mio padre mi sembrava particolarmente importante da raccontare oggi, proprio per le cose che scrive in quella pagina. con tutti i suoi limiti, la sua intelligenza, la sua professionalità, le cose che ha scritto, ma soprattutto il genere di passione civile che lui aveva, sono qualcosa di bellissimo che io volevo rimettere in circolazione come una barchetta oggi.
E a questo proposito vi potrei leggere... Qualcuna delle sue parole, perché comunque qua ci sono le mie ma ci sono anche le sue, e ovviamente vedrete che io ho lavorato molto sull'intreccio di queste due voci per cercare di dare una forma letteraria che potesse darvi l'idea di questo dialogo che in qualche modo per me è una cosa reale. E spero che voi... A questo ti faccio riferimento, scusa se ti interrompo, quando dicevo dei diversi piani, no? di scrittura che si sovrappongono, si incontrano sempre con grande efficacia perché appunto c'è la narrazione sua intima, ci sono i documenti, le carte, ci sono gli appunti di Walter, il diario di Walter e quindi ci sono le testimonianze, perché poi entrano anche le voci di quanti hanno conosciuto Walter.
E quindi, ecco, in questo senso, diciamo, è un racconto, una novella, no fiction novel su più piani. Qui sta davvero, no? Sta la tua bravura, ecco. Aggiungiamo una cosa, visto che siamo in una libreria, facendo questa... mi sono presa la libertà, visto che appunto volevo un po' fare una ricerca.
perché sì, avere il rigore del documento, però anche la verità della poesia, diciamo che ho veramente assemblato, ci ho giocato un po' su questa cosa, devo dire che mi ha aiutato molto nella scrittura perché mi ha alleggerito il lavoro. Stavo per dire che c'è un po' dietro il mestiere del regista, di quello che montano, prende delle scene, la bravura sta lì nel montarle quando andate a vedere un film. Sei bravo, perché ha preso? No, touché perché essendo il mio primo libro, essendo un libro per me difficile comunque da affrontare, io effettivamente mi sono servita della mia vita precedente, che era nel mondo del cinema, e effettivamente io ho trattato questo libro come una sceneggiatura, per cui dal punto di vista del montaggio, sì, per me era molto importante la leggibilità del romanzo sono andata ancora un po' oltre volevo che avesse il ritmo del film perché volendo far arrivare papà e la sua voce al maggior numero di persone possibile volevo anche avvincervi insomma io ho voglia che voi abbiate voglia di girare la pagina e siate anche curiosi di sapere come vanno a finire certe cose In effetti ci sono dei passaggi in cui uso anche il linguaggio del giallo e delle volte anche è una cosa drammatica perché per esempio in relazione alla vicenda P2 devo fare tutta una serie di ipotesi per cui si sfonda un po' nel thriller.
Comunque stavo dicendo, siamo in una libreria e tra i materiali che ho usato ovviamente ci sono non solo i libri che ho amato io Ma un elemento di conoscenza per me e di mio padre è stato capire i libri che amava lui, perché il primo posto dove io vi porto è la stanza più bella della casa dove sono cresciuta, che era lo studio di mio padre, dove c'è una libreria bellissima. È una stanza molto grande, tutta tappezzata di vetri, qua ci sono alcuni miei amici e amiche che l'hanno vista e lo sanno. È una bellissima libreria, tutta con le colonnette, con i vetri, è proprio un... è un posto che ha un'atmosfera particolarissima e io mi sono avvicinata comunque a mio padre, prima di tutto attraverso i suoi libri, i suoi saggi. Però, per esempio, avevo questa enorme curiosità di conoscere i libri del periodo della formazione, i romanzi che amava.
E a un certo punto, per esempio, una cosa che io ho scoperto dalla sua corrispondenza giovanile, è che il suo autore di culto, infatti lui sulla Zanzara firmò anche una recensione su Cesare Pavese, era appunto Cesare Pavese. L'ho scoperto perché lui regalava le pistolerie di Pavese a tutte le ragazze di cui si innamorava. Poi regalare... no, Pavese è stupendo, però magari così per impostare un rapporto può essere una cosa un po'...
una previsione di disgrazia. Grazie autoavverante, si poi, no? Infatti lui aveva moltissimo poi il verso Life is many days che Pavese dedica a Constance Dowling, che è quella che gli spezza il cuore più di tutti. Però per esempio io ho trovato, ho capito delle cose importanti di mio padre leggendo questo libro che chiaramente era un po' il libro dell'autore di culto della sua giovinezza.
Per esempio in una lettera che Pavese scrive a Fernanda Pivano, niente di meno. Io ho trovato il distillato di quello che mio padre cerca di scrivere in tutte le altre lettere di quel periodo ai suoi amici più cari. Lui è stato provocato da questa cosa che Pavese scrive quando insiste sulla necessità di donarsi. Adesso vi leggo il passaggio.
Vuol dire rispettare se stessi innanzitutto. cioè passare la propria giornata, accrescere le proprie forze, il proprio valore, la propria anima e cultura, per farle servire a qualcosa. E' questo il solo vero rimedio alla solitudine. Si faccia una vita interiore di studio, di affetti, che non siano soltanto di arrivare, ma di essere.
E vedrà che la vita avrà un significato. Si tratta di un problema morale prima che sociale, e lei deve imparare a lavorare, a esistere, non solo per sé, ma anche per qualche altro, per gli altri. E voi qualche pagina dopo trovate la lettera in cui mio padre scrive alla mia mamma, prima che siano nemmeno fidanzati, che lui è tormentato proprio dalla domanda, si interroga cosa devo fare nella mia vita, vuole fare il giornalista ma non sa, deve scegliere l'università, a un certo punto scrive...
Quando si scrive a Filosofia, che fa indirizzo storico, eccetera, a un certo punto scrive proprio io spero di essere solo all'inizio di una vita che salva qualcosa, che non sia soltanto il mio egoismo, è me stesso. Per cui è stato molto... ecco, questo ovviamente era il mio modo di muovermi con maggiore libertà, questi scritti non li tratto propriamente come documenti, io li ho... ci ho parlato, me li sono schiacciati addosso, per me sono diventati come le fotografie, che io non uso come documenti, ma sono come degli interlocutori, delle altre presenze. E attraverso tutte queste cose io vi porto adesso, però vi voglio anche leggere poi che uno straccio, neanche un articolo, è la trascrizione di un suo intervento, perché sarebbe troppo comodo leggere un articolo, l'articolo ovviamente è ripulito, levigato.
Invece secondo me l'intervento a braccio restituisce anche qualcosa di più del livello delle cose che diceva mio padre. Vi leggo il pezzo di un intervento del 26 marzo 1980 che lui fa al Consiglio della Federazione Nazionale della Stampa, cioè il sindacato unitario dei giornalisti. Lui è stato eletto alla fine del 1978 presidente dell'Associazione Lombarda dei giornalisti. tra mille polemiche, posizioni di rottura, al punto che hanno cercato tra i colleghi mandanti dell'omicidio, poi trovate tutto nel libro, comunque lui in quel momento, che non è un momento qualunque, perché si è nel vivo, tra le altre cose, delle polemiche sul caso 7 aprile.
7 aprile 79, arresto di Toni Negri e altri leader dell'autonomia, accusati di essere leader delle BR, tu ricorderai benissimo. Le polemiche furiose. Allora mio padre interviene per cercare di mediare in una situazione in cui c'è guerra tra chi fin troppo dato a Oninegri già per colpevoli di tutto quello di cui lo accusano, cosa che poi non sarà, perché non era il capo dell'EBR, verrà incarcerato, condannato e incarcerato per altri motivi, e i super garantisti che non vogliono sentire parlare di nulla, lui fa un intervento in cui dice questo.
Faccio un esempio molto chiaro. molto pratico. Per descrivere, capire cos'è socialmente il fenomeno dell'autonomia, l'autonomia operaio-organizzata, bisogna andare a parlare con questi ragazzi, bisogna rendersi conto del tipo di condizioni che vivono, bisogna riferire a quello che pensano. Ma se si fa questo, ci si ritrova subito bollati, e si rischia di essere bollati, o come possibili fiancheggiatori, o come persone di una notevole ambiguità.
E questa è una questione di sostanza. Perché o noi riusciamo a tagliare questo nodo scorsoio che delimita enormemente la funzione della stampa, oppure corriamo dei rischi molto seri, rispetto non solo alla funzione della stampa, ma anche alle prospettive del sistema politico. Perché infatti, quando un sistema di informazione, nel suo complesso, concentra il proprio impegno, Nel ripetere dei messaggi che sono carichi di pregiudizi, cioè dei giudizi dati sulla base di valutazioni politiche precostituite, allora si rischia di non capire realmente la dimensione e lo spessore che i fenomeni sociali cominciano, hanno assunto e continuano ad avere, e si brancola nel buio.
Ora, cose come queste, secondo me, sono ancora oggi, anzi... In qualche modo delle volte mi sembra che siano quasi più attuali adesso che allora. Per cui io cerco di... no, vi racconto tutto questo. Tra l'altro questo passaggio mi dà anche il gancio per parlare di questo problema dell'obiettività, dell'onestà.
Scusate se ti interrompo un attimo, poi parlo dell'onestà e dell'obiettività. Però appunto, riflettendo su questo brano, come si dice, c'è del metodo dietro, c'è un lavoro dietro. E allora mi sono dimenticato prima di dire che tu racconti proprio le origini giornalistiche di tuo padre, quando collaborava a un settimanale sportivo, a quello che ho collaborato anch'io, che si chiamava Milan Inter, e a un mensile che si chiamava Sciare. A quei tempi, quando non esistevano le scuole di giornalismo, presso non solo Yulm, queste robe qui, si diceva che la scuola migliore fosse il giornalismo sportivo e poi fosse la cronaca cittadina.
Ma perché si diceva che fosse il giornalismo sportivo? Perché dovevi andare a cercarti le notizie, dovevi consumare le suole delle scarpe, materialmente, sul... campo, ecco, metaforicamente anche sul campo, cioè dovevi inseguire i tuoi interlocutori, costruirti le reti di interlocutori, costruirti le agende con tutti i numeri di telefono, ecco, quella era la scuola.
Come dire, era un, ti obbligava ad un approccio molto, molto pragmatico alla cronaca e in fondo in questa sua... In questo suo intervento c'è questa scuola, non ci sono le veline, i comunicati ufficiali, c'è l'andare a vedere dal vivo che cosa succede in questo paese e secondo me il suo giornalismo è stato un giornalismo importante perché era... un andare a vedere dal vivo che cosa succedeva in questo paese.
Tu dicevi dell'attualità, certo che attuale, perché in fondo tu pratichi il giornalismo, non so se sei d'accordo con me, ma una cosa che si è dimenticata nel giornalismo d'oggi è proprio questa, il consumare le suole delle scarpe per andare a vedere che cosa davvero succede in questo paese. Cosa si è fatto questa... si ho interrotto, però qui ci si può appunto agganciare al discorso.
Ci agganciamo al fatto che a proposito di autodocumentarsi, sentite, lettera privata del maggio 1970, in cui mio padre comunque, beh, due cose, era ambizioso, era ambizioso per cui sperava, lui ce la voleva proprio fare, era ambizioso nel senso costruttivo del termine. Voleva veramente riuscire a fare qualcosa di buono e però aveva anche una buona consapevolezza di sé e delle proprie capacità. Infatti nel 70 scrive Sarà bello raccontare un giorno come la mia strana carriera di esperto di politica interna e estera si è cominciata in un settimanale di calcio e poi proseguita in un mensile di sci. Voi immaginate leggere una cosa così?
appunto del 70, cioè pazzesco no? E tra l'altro papà comincia la pratica all'Avanti, poi passa nel giornale cattolico a venire, dove resta tre anni e fa una carriera fulminante perché diventa articolista con questo avvenire quando è giovanissimo, poi va al Corriere di Informazione che a un certo punto viene diretto, correggimi se sbaglio, da Palumbo che era un famosissimo, comunque veniva dal giornalismo sportivo, che mio padre aveva intervistato. Mio padre quando era a Parini con lui era già allora un agguerrito giovane cronista, perché lui che non era veramente, era meno di nessuno, perché oltretutto tra i pariniani era anche di famiglia povera, per cui non aveva neanche gli agganci, riesce a infilare non solo un'intervista a Giorgio Bocca nel ventennale della Resistenza, e poi quando sarà affermato nel 79 sarà il coautore di un libro intervista a Giorgio Bocca, per cui cosa abbastanza curiosa, e poi intervista Gianni Brera, Palumbo e non mi ricordo il terzo, perché invece io di giornalismo sportivo non capisco niente. E comunque Palumbo, quando va a dirigere il Corriere di Informazione, chiama i suoi e dice bene, per la politica interna voglio che cominciamo a fare gli spogliatoi di Montecitorio. per dire fino a che punto è vera questa cosa.
Infatti mio padre viene assegnato alla cronaca politica, deve seguire anche Roma, per cui questa cosa diventa particolarmente vera per lui. Fare il mestiere sul campo è una cosa che resta molto evidente e purtroppo poi finisce per collegarsi anche con la sua morte. A proposito di documenti, ovviamente qui c'è Walter Tobagi e poi c'è tutto il caso Tobagi, che non è soltanto l'omicidio e la sua genesi, ma è anche tutta la, e io vorrei dire, sorprendente quantità di polemiche che hanno circondato il caso Tobagi.
Dico sorprendente perché se considerate che rispetto a un caso Moro o altre cose è un fatto. Il circoscritto per il quale ci sono state tempestivamente delle condanne poi passate in Cassazione, il fatto che ci siano ancora depositate in Parlamento delle interrogazioni sul caso Tobagi, mi poneva un grosso problema di cui io mi sono occupata a fondo, ho cercato proprio di farlo esplodere dall'interno. Però ho fatto anche una scelta...
Rispetto a dei temi che avevano generato moltissime polemiche, per esempio il volantino di rivendicazione dell'omicidio. Per chi non conosce la storia, in buona sostanza i socialisti e anche molti colleghi di mio padre dicevano che questo volantino non possono averlo scritto questi sei giovani terroristi. La Brigata 28 Marzo era un gruppetto nato da poco dall'area dell'autonomia operaria organizzata di cui mio padre si occupava molto.
polemiche che continuano tuttora e rispetto alle quali appunto io vi accompagno per tutto il ragionamento alla ricostruzione che ho fatto che mi ha portato a concludere che effettivamente non ci sono prove, no? E poi comunque nel processo ce l'ho, non era invalicabile della prova, però devo dire che qui anche la ricerca storica e il contesto mi hanno portato a capire che la ferocia delle polemiche politiche e sindacali era veramente ferocia e mi interessava raccontarvelo perché anche quello bisogna capire degli anni settanta perché oggi è inimmaginabile. Era uno scontro vero. Però era anche tutt'altro, era diversa dal terrorismo. Allora io ho fatto una cosa e sono tornata proprio al testo, alla lettera del volantino di rivendicazione e l'ho smontato e mi ha colpito enormemente non In realtà non ho trovato che fosse un testo così splendidamente sofisticato, anzi è proprio un testo...
ne parlavo questa mattina con una persona a Roma, no? Che mi ha confessato una cosa, ha detto... una persona che pure ha fatto studi storici, ha detto Caspita, ho letto quella cosa e ho pensato che tanti... tante cose, tanti testi, pensi di conoscerli, ma in realtà magari non ti sei mai fermato a leggere veramente, non so quanti di voi abbiano veramente letto da cima a fondo due o tre documenti di organizzazioni terroristiche di sinistra, invece è importante farlo.
E in questo volantino la cosa paradossale è che ci sono... degli straordinari riconoscimenti professionali nei confronti di mio padre. L'omicidio Tobagi è del maggio 80, quindi è un caso molto rappresentativo dell'ultima fase del terrorismo di sinistra in Italia, in cui è ormai del tutto palese il fatto che la logica è sempre e solo quella del tanto peggio, tanto meglio. colpire gli elementi migliori nei vari settori per accelerare la crisi dello Stato e quindi l'innesco rivoluzionario.
Per esempio in questo volantino si fa addirittura riferimento a due tipi di inchieste di mio padre, che non a caso sono proprio gli argomenti che sono stati i suoi cavalli di battaglia negli ultimi due anni di vita. Uno è il sindacato. Allora voi calcolate che...
Con tutto rispetto alla mia mamma, però, l'altro grande amore di mio papà è stato il sindacato, nel senso che lui proprio va, si innamora nel 69, nell'onda dell'autunno caldo, lui di origine operaie, col padre socialista, vive, cioè la sente tutta, no, questa stagione straordinaria. culminano nell'approvazione dello statuto dei lavoratori per cui decide che farà la sua tesi di laurea sulla genesi del sindacato in Italia nel secondo dopoguerra, un lavoro che gli prenderà due anni, mastodontico, 900 pagine e poi continuerà a occuparsi di sindacato tutta la vita. Il suo ultimo libro che esce postumo, Che cosa contano i sindacati, è un viaggio interneato alle interviste dei tre leader delle tre principali confederazioni sul sindacato.
cosa è diventato nel corso degli anni 70. Lui nel 79 fa una serie di inchieste, io ho trovato un appunto del diario in cui dice ieri Taranto, domani Roma, poi Genova, eccetera, eccetera, vita da inviato, una fatica da spezzare le ossa. Quella serie di inchieste... Il sindacato nel 1979 in cui lui intervista operai, capireparto, delegati sindacali, leader sindacali restano un fiore all'occhiello della sua carriera, sono bellissime, sono state antologizzate spesso. Lui già becca gli elementi di crisi con cui il sindacato lotta ancora oggi, cioè il lavoro a nero, il precariato, il problema dei lavoratori delle piccolissime imprese che non vengono tutelati. Per cui veramente si vede che c'era un metodo straordinario.
I terroristi citano le sue inchieste ai cancelli di Mirafiori fuori dalla Fiat. La cosa tremenda è che per quello lui viene bollato come nemico del popolo, come spia della repressione, mio padre viene assassinato e a casa nostra arrivano le lettere di solidarietà delle decine e decine di operai che mio padre aveva intervistato nella sua vita, per cui che avevano avuto anche la possibilità, come diceva, rispetto agli autonomi. tante altre persone di essere ascoltate da un inviato speciale, lettere di condoglianze.
E poi l'altra inchiesta che viene citata è perché un covo del terrorismo si impianta nel borgo del Ticinese. Qua siamo a Milano, sapete tutti dove è il Ticinese. È un'inchiesta che era stata pubblicata in prima pagina, molto bella, molto interessante, in cui appunto lui analizzava questo microcosmo di questo quartiere dove c'era...
...saldato il terrorismo diffuso con la microcriminalità. E lì dicono proprio, ecco, per queste cose lui è uno da colpire perché non si limita a fare il pezzo vehemente alla... ...santo padre, le ovaliani, cioè l'invettiva.
No! Lui andava a fare delle inchieste in cui andava a sentire le persone, i giovani andava a vedere, poi lui frequentava moltissimo la Calusca, io parlo anche di Primo Moroni. E tra l'altro Barbone, l'assassino di mio padre e altri avevano cominciato la loro militanza proprio nel collettivo Romana Vittoria, per cui proprio in quelle zone lì di Milano.
Per cui quando si dice che è stato ucciso per come faceva il suo lavoro, l'hanno scritto proprio le persone che l'hanno ucciso. Ti leggo qui un documento che tu riporti, che non riguarda tuo padre. È un documento di prima linea, un documento in cui prima linea descrive la sua futura vittima, Emilio Alessandrini, peraltro vittima contesa dalla banda di Barbone.
Competevano, facevano la competizione, è che è molto interessante rispetto a quello che hai detto tu. E qui dice prima linea, dice di Emilio Alessandrini, è uno dei magistrati che maggiormente ha contribuito in questi anni a rendere efficiente la procura della Repubblica di Milano. Egli ha fatto carriera a partire dalle indagini su Piazza Fontana eccetera eccetera. Cioè si colpisce il magistrato, uno tra i magistrati che meglio hanno operato a Milano e che meglio hanno operato sulla vicenda di Piazza Fontana, un magistrato sicuramente di sinistra. Evidentemente i terroristi avevano una logica tutta loro per andare a cercare le vittime delle loro azioni.
A questo punto, visto che parla di Giardini, è impressionante. Una cosa che mi ha colpito molto è vedere quante storie si saldano le une con le altre. Come appunto la storia di mio padre si salda con la storia di Piazza Fontana, perché lì è una svolta per lui come per molti altri.
Tu prima hai ricordato il movimento dei giornalisti democratici, la controinformazione, anche mio padre era figlio della controinformazione e aveva frequentato le riunioni al Circo Luturati. eccetera eccetera, per cui lui su Avvenire appunto comincia a scrivere di terrorismo e scrive delle piste nere. Per cui lui per esempio conobbe Emilio Alessandrini e la cosa impressionante è che scrisse il pezzo quando Alessandrini fu assassinato e...
come lo stimava e si sentiva profondamente legato e simile a lui, una cosa che appunto non... di Alessandrini magari si ricorda soltanto l'inchiesta per Piazza Fontana, giustamente, perché ha scoperto ha scoperto Giannettini, ha scoperto le spie del SID, quindi ben venga che si ricordi questa cosa. Però Alessandrini in realtà, per esempio, è stato uno dei primi magistrati messi sotto tiro perché nel... Nel 1975 mi sembra le squadre armate Mussolini, dimenticatissima organizzazione estremista di destra, mette una bomba nel cortile di casa sua, per esempio. Poi si occupa anche di eversione di sinistra, tra l'altro come Galli, non delle brigate rosse, ma di quelle prime esperienze di episodi di violenza.
Quelli ancora che non si capiva bene se fossero... poi dopo viene introdotta l'aggravante di terrorismo, però proprio quelle inchieste molto difficili. E poi faceva anche sindacato tra i magistrati, lui era della corrente impegno costituzionale, mi sembra, per cui anche lui era in una corrente un po' minoritaria, era anche lui di idee socialiste, anche se in maniera molto libera, per cui mio padre sentiva una fortissima affinità.
E poi c'è una... C'è una coincidenza che, non lo so, io se avessi dovuto scrivere un romanzo non sarei riuscita a inventare una coincidenza del genere, perché Alessandrini viene ucciso il 29 gennaio 79, è tra pochi giorni il suo anniversario, mi fa anche piacere ricordarlo. Il primo febbraio 79 mio padre scrive questa cosa. Che cos'è la paura? Camminare per strada e sobbalzare ogni macchina che ti passa vicino.
Guidare l'automobile. e spaventarsi a ogni moto che ti si affianca. L'altra mattina, 30 gennaio, mi telefona Abruzzo, un collega, alle otto e mezzo.
Ha la voce affranta. Gresti ti vuole parlare, dice. Gresti era il procuratore generale. È stata ritrovata una scheda con il mio nome nella borsa tipo 24 ore lasciata da un terrorista in Viale Lombardia. Provo una sensazione di angoscia.
Questa paura mi accompagna da più di un anno, da quando uccisero Carlo Casalegno e mi tocca scrivere dei brigatisti. Mi pare di essere, forse una suggestione, il giornalista che come carattere e come immagine è più vicino al povero Alessandrini. Ora, questo... sempre nel passaggio che citavi prima...
Ha avuto molta paura mio padre, Casalegno lo uccidono nel novembre 77, per cui vuol dire che lui comincia a avere seriamente paura tre anni prima di morire quasi, peraltro quando nasco io, mi ha sempre fatto molto effetto questa coincidenza. Due cose, io volevo smontare questo mito dell'eroe... Per esempio una cosa che io ho scoperto incrociando testimonianze e annotazioni di mio padre è involontaria confessione di Franco Di Bella nel suo libro di memoria Corriere Segreto che è mendace sotto molti punti di vista, ma delle volte lo stesso Di Bella riconosce che mio padre gli aveva chiesto tra fine 79 e inizio 80, mio padre chiede di essere allontanato dalle inchieste di terrorismo per un po'.
Poi non viene allontanato dall'inchiesta di terrorismo, addirittura gli ultimi pezzi li firma il 25 aprile 1980. Tra l'altro uno dei due pezzi era un'intervista al figlio di Casalegno che invitava i giovani a denunciare. Per cui nel momento in cui c'erano le prime crepe nelle organizzazioni terroristiche c'è solo l'imbarazzo della scelta tra gli articoli, però sicuramente quello è un pezzo che... che gli volevano fare pagare caro, perché da poco qui a Milano avevano sparato a un giovanissimo William Wacker perché i terroristi di prima linea avevano paura che lui avesse parlato, fosse un delatore per cui volevano dare una lezione cioè di questo si parla. È impressionante, per cui mio padre ha avuto paura, poi ha continuato a fare il suo lavoro ha continuato a farlo come ha sempre fatto, ma non perché era un eroe, perché appunto ce ne sono tanti Io ho trovato le testimonianze di tanti colleghi e lui parlava spesso del fatto che aveva paura e a me sembrava importante restituirgli questa umanità perché non c'è niente di vergognoso nell'avere paura e nel volersi proteggere dà l'idea di che cos'era fare il giornalista in quel momento e poi, altra cosa, coincidenze veramente impressionanti pezzi di storia dimenticati di Milano la scheda Il mio padre viene trovato in questa borsa 24 ore, su cui trova...
era di un'organizzazione, poi una scheda viene trovata anche nel covo di Corrado Alunni, nome abbastanza dimenticato, in realtà figura centrale del terrorismo italiano perché si attraversa Brigate Rosse come fondatore insieme a Mario Moretti. Fonda le formazioni comuniste combattenti ed è tra i fondatori di prima linea, per cui è una figura di primissimo piano, viene arrestato a Milano. Nel settembre del 78, su di lui indaga il giudice istruttore Guido Galli, a marzo sono 30 anni della sua morte, lui firma la sentenza ordinanza sulla banda Alunni e Primalinea lo uccide, perché Primalinea è figlia comunque di Corrado Alunni.
E per dirvi, Corrado Alunni, oltre a questa attività... Il dettaglio fortemente militaristico e clandestino era nella segreteria soggettiva di Rosso, comunque era legato alle strutture illegali di Rosso, che era una rivista dell'area dell'autonomia operaia organizzata qui a Milano. E io ho ricostruito, ho mappato tutte queste cose, perché se non si capisce anche quanto era difficile da leggere questa mappa.
Io ho parlato con molti testimoni dell'epoca e la cosa che mi ha colpito è che anche per chi c'era dentro, chi c'era in mezzo tra i giovani militanti, non era mica leggibile bene la situazione. Per cui adesso ripensate al passaggio che vi ho letto prima, a quell'intervento di mio padre, in cui lui, nonostante emergessero già dati anche di questi travasi, da aree di militanza come alcune aree dell'autonomia verso il terrorismo, mio padre ancora nell'ottante insiste e dice non dobbiamo però demonizzare tutti, dobbiamo capire, dobbiamo comunque andare a capire nelle varie aree che cosa dicono questi ragazzi, che condizioni vivono e questo si collega all'altro pezzo che firma il 25 aprile 1980 con l'intervista a Sandro Pertini, che vale sempre la pena di citarlo e di ricordarlo. in cui parlano appunto di come reagire e come uscire dall'emergenza terroristica e Pertini dice a mio padre questa battuta che mio padre sottoscriveva che è il terrorismo si combatte rendendo la società più giusta hanno ammazzato una persona così e a me sembrava importante appunto, navigare, cercare di raccontare tutti questi strani intrecci, queste storie, queste contaminazioni che sono difficili, sono scomode, perché comunque cito un'altra frase bellissima che è di Giovanni Moro, che oltre a essere figlio di Aldo Moro è un bravissimo sociologo.
politico e ha scritto uno dei migliori, proprio una bussola per orientarsi nel periodo degli anni 70, che è un libro che si intitola proprio Anni 70 e a un certo punto lui invoca la quasi, insomma la molto rara virtù civile e morale del distinguere. che è semplice ma è una cosa straordinaria e io a un certo punto scrivo che se dovessi curare un'altra antologia come dico io degli scritti di mio padre mi piacerebbe proprio intitolarla la virtù civile e morale del distinguere che non vuol dire essere ambigui mai, avere un'estrema chiarezza ma essere capaci di penetrare la complessità un'altra cosa che ha detto Sta nella cultura del riformismo, tutto sommato. Beh sì, qui c'è poi tutto un altro piano che è importantissimo.
Io ho voluto raccontare prima, accennavi al problema, al socialismo di mio padre. Qui magari vale la pena, visto che siamo in tempo di... non si fa altro che parlare di Craxi.
Per esempio io, da un'angolazione molto particolare, che poi è quella di mio padre e di un giornalista che... Dopo che diventa professionista decide di non prendere più la tessera, perché è vero che come mi è stato fatto notare da persone che facevano politica all'epoca, la politica, l'appartenenza politica era qualcosa di totalizzante. Però allora, a maggior ragione, a me ha colpito il fatto che tanti giornalisti poi erano tesserati. Al di là, beh, tu eri all'unità per cui...
Non ero iscritto. Però per esempio lì non lo sapevo bene, allora ancora meglio così. Però a maggior ragione per chi stava in un quotidiano di informazione e non in un quotidiano di partito, mio padre poi l'ha trovato nei suoi documenti sindacali il fatto che in un momento in cui le cose sono così importanti non è un gesto banale che tutti conoscono le sue idee politiche perché tu le palesi, però la tessera vuol dire proprio che sei di quella chiesa là. Certo.
È una cosa non da poco. Mio padre è sempre stato un socialista autonomista, cioè di quelli che non volevano più il fronte popolare, l'alleanza col PC, per cui un nenniano di ferro. Tra l'altro ho trovato la registrazione di un'intervista che lui fece a Nenni nel 79, l'anno prima che Nenni morisse, anzi nel 78, pardon.
per cui ho potuto ascoltarlo, che dialoga con il suo idolo della gioventù, per cui sono anche cose molto belle queste da trovare. E poi quando Craxi Delfino di Neni diventa segretario nel 1976, mio padre è assolutamente entusiasta. Ci conta moltissimo su questa cosa. Nel 1978 ha una fortissima adesione per la posizione dei socialisti nei confronti del sequestro Moro, cioè la ricerca di una soluzione umanitaria.
Lì è proprio il momento in cui lui sente una fortissima sintonia con il partito. E poi, per quanto riguarda la sua attività sindacale, io veramente lì mi sono messa proprio... Poi nel libro non c'è tutto, poteva essere un libro di 600 pagine, se io mettevo tutto quello che si poteva mettere sull'attività sindacale.
Però la cosa che mi ha colpito è anche lì, a proposito di... Rappresentazioni falsate, strumentalizzazioni, mi interessava restituirvi, è che appunto parte del suo essere socialista e di idee socialiste sta nel fatto che comunque lui in un momento di compromesso storico trionfante, cioè a corti PCDC, è vero che lui a livello sindacale cerca degli spazi di autonomia, soltanto che non lo fa perché è strumento di Bettino Craxi, lui lo fa e infatti poi è agli atti. di quello che lui fa come presidente dell'ordine, perché comunque papà aveva una fissa per riformare gli statuti, aveva cominciato Alparini riformando lo statuto dell'associazione studentesca, arriva nel sindacato giornalisti e la prima cosa che fa è propone un nuovo statuto per avere un metodo di elezione proporzionale dei rappresentanti, perché a lui non interessa piazzare gli uomini di Craxi nel sindacato, lui vuole avere un sindacato più pluralista. E in quel momento il modo migliore gli sembra rompere il metodo dei listoni unitari a fare, infatti, il referendum ha un successo strepitoso e è stata una delle grandi gioie della sua vita, seppur molto sudata. Per cui capite, cioè per me, che mi sono avvicinata a questa ricerca, ho cercato di sgombrare un po' l'animo dai pregiudizi, ma anche dall'amore filiale, perché io mi sono detto, ok, è chiaro che tu hai il pregiudizio, che tuo padre aveva per forza ragione, invece mi sono detto...
No, io voglio capire perché ci sta in questa epoca di profonda politicizzazione che in realtà... Invece no, era proprio un... in realtà lui, è vero, aveva però...
pensateci, non si ha sintonia con un politico, un partito, proprio perché si sente che rappresenta quel genere di stanze che noi vogliamo portare avanti nella nostra attività. Non vuol dire mica che noi siamo, come è stato detto di lui, l'uomo. di quell'uomo politico, il cavallo di Troia di un certo uomo politico.
Questa era la differenza, a tal punto che dai suoi diari, per cui da annotazioni autografe e non episodiche, oltre che da testimonianze verbali che poi... però io ho usato i documenti da questo punto di vista, perché volevo proprio che fosse inattaccabile quello che racconto. Dopo il sequestro Moro, al giro del 79, non a caso, Mio padre comincia a diventare molto più critico verso la segreteria Craxi e anche qui se si incrocia le sue critiche c'è un suo appunto terrificante in cui lui si dice disgustato dalla direzione di Bella, dal fatto che Craxi ha avuto spazio per farsi un'intervista da solo un'auto-intervista ci sono posizioni vivacemente critiche anche da molti punti di vista e a me è sembrato importante raccontare questa cosa anche perché ...
Oggi non va più molto di moda che, non lo so, sembra quasi impossibile che una persona, quanto più sente un'adesione ideale verso un leader, verso un partito, tanto più sia il critico più puntuale del leader verso questo. Ma hai fatto benissimo, è risultata chiara la posizione. Questa cosa ovviamente non ha fatto felici tutti, però mi sembrava, e devo dire che è una cosa che ci ha tenuto molto a fare perché...
Una delle cose a cui mio padre teneva di più era la sua autonomia intellettuale, oltre che umana. E io ho trovato molti appunti, oltre al fatto come l'avevano detto le persone che l'hanno conosciuto, in cui lui diceva che soffriva molto per il fatto che lo accusassero sempre di essere strumento di qualcun altro, che non ascoltassero mai, non guardassero mai cosa cercava veramente di fare, per cui... Era particolarmente importante restituire tutte queste sfaccettature, perché è una storia che c'entra poi con la storia più grande, ma ha molto anche a che fare con lui. E qui magari io leggerei un'altra poesia stupenda, perché nel libro non c'è. E invece è una poesia dell'antologia di Spoon River.
che per me è molto importante, perché tra i mille testi letterari che mi hanno guidata, mi hanno influenzata, questo quando l'ho letto per me è stato come un messaggio in bottiglia di mio padre a cui io volevo rispondere, a cui ho cercato di rispondere con questo libro. È l'epigrafe di Herman Altman, se volete andare a leggervela tutta. E quest'uomo dice... Ho seguito la verità dovunque guidasse.
Se lo feci, vorrei essere ricordato fra gli uomini come ero conosciuto in vita fra la gente e come ero amato e odiato in terra. Perciò, non erigetemi monumenti, non scolpitemi busti. La realtà della mia anima non vada perduta. Non costruitemi monumenti.
Che la mia memoria non venga alterata da menzogna o pressione. Non mi si tolga chi mi amò e i figli di questi. Io vorrei essere per sempre l'immacolato possesso di coloro per i quali vissi.
Perché tu prima parlavi appunto della paura, della paura dei giornalisti, io facevo il giornalista all'epoca, facevo il capocronista e ho vissuto quegli anni, devo dire, il terrorismo non mi ha toccato, però ho vissuto quegli anni con una grande angoscia, ecco, io uscivo dal giornale alle due di notte e nel cestino della spazzatura che poi è rimasto lì per infinità di anni c'erano i... i volantini delle Brigate Rosse, no? Ibbio Paolucci che tu ben conosci e che citi in questo libro era il nostro inviato di giudiziario, si occupava di Brigate Rosse, aveva invece le minacce di morte sulla porta di casa, insomma questo era il clima. Minacciato anche dal 28 marzo, tra l'altro.
Esatto, questo era il clima, un clima di grande angoscia, poi è finito tutto, fortunatamente, finito tutto, insomma, finito. Ecco, qualcosa è finito. E sono andato a leggermi i libri dei protagonisti di questa vicenda, e Moretti e questo e quest'altro, Seggio così, e mi sono trovato di fronte ad una desolante povertà.
Cioè libri dentro i quali non c'è nessuna idealità. nessuna cultura, una miseria, un infantilismo. Mi dicevo ma è possibile che questa gente qui ci abbia costretto a vivere per anni in quelle condizioni?
È possibile che questa gente abbia, non ha colpito me personalmente, ha colpito tante persone, ha colpito questo paese perché indubbiamente ha... come dire, ha interrotto un cammino di democrazia dentro di progresso, dentro... ha contribuito perlomeno perché questo... poi ci sono anche tante altre ragioni, questo cammino si fermasse.
Ecco, davvero ero esterefatto davanti alla miseria morale, ideale, politica, culturale di questa gente. La domanda che ti vorrei fare è se tu che... Hai vissuto in ben altro modo questa storia, se hai provato lo stesso sentimento. Sì, tantissimo, tantissimo. Poi ho letto una cosa che ha detto Olga D'Antona a Sergio Zavoli.
Era molti anni, insomma era nel 99 per cui... E lei a un certo punto dice io ho visto gli assassini di mio marito e sono rimasta impressionata dalla sproporzione tra loro e quello che avevano fatto. E psicologicamente questa è una cosa che provi, provi moltissimo. Io in questo libro, a proposito di costruzione per... La prendo un po' alla lontana perché poi il tema è sempre difficile da affrontare, è molto complesso.
Questo libro ha la morte come presupposto, una morte violenta, un omicidio politico, però questo libro comincia un attimo prima e un attimo dopo la morte di mio padre e poi mio padre muore soltanto nel tredicesimo capitolo. Io ho ragionato molto su come costruire questo libro E ho pensato che, prima di tutto, voi dovevate conoscere mio padre e affezionarvi molto a lui, come persone, come lettori, come cittadini. E soltanto allora, dopo che vi aveva detto, dopo che avevate anche io, cerco di mostrarvi, è lo sguardo di mio padre, non è, è implicita questa cosa, ma l'angolazione sugli eventi è sempre attraverso gli occhi di mio padre.
È stata una scelta a cui io mi sono tenuta fedele a costo di sacrifici di tematiche importanti. Così, prima di tutto, quando lui muore, muore sul serio. Perché c'è anche questo problema rispetto al terrorismo, che non lo so, si parla delle vittime, si danno cifre nell'ordine delle centinaia, oppure si parla delle stragi, come se fossero qualcosa di... un po' astratto, e invece qui senza esibizione, però a un certo punto c'è una voce che viene troncata e poi lui non c'è. più e allora voi seguite tra l'altro questo processo tentacolare, complicatissimo, con tutte le sue contraddizioni, l'esigenza di reprimere il fenomeno e le polemiche dei garantisti, in molti casi doverose, per cui entrate in questo sorbino e cominciate a incontrare, cominciate a incontrare dei terroristi, degli ex terroristi, ci sono alcune figure Io devo dire, mi sono fatta guidare da una cosa che ha scritto mio padre in diversi articoli, ma in particolare in un momento in cui gli dice, al di là della ricostruzione ideologica che è essenziale, in questa era una fissazione sua di Adessandrini e di Galli, cioè capire, una statura ideologica per capire cosa avrebbero fatto, come contrastarli, però lui ricordava che bisognava probabilmente andare a vedere tante biografie individuali, le storie di tante rabbie.
tante provenienze, anche perché poi in realtà la composizione sociale del partito armato era molto variegata, il che rende il fenomeno più inquietante, cioè tipo quelli che uccidono mio padre vengono ricordati come figli dell'alta borghesia, ma non erano mica tutti così, cioè ce n'erano due di ascendenza chiaramente proletaria, per cui veramente, e poi la cosa che... E' importante ricordare che tra gli anni 80 e gli anni 90 l'ottimo istituto Cattaneo di Bologna, uno dei più grandi centri di ricerca di sociologia, ha lavorato sulle storie di vita dei terroristi proprio per rispondere a quella domanda sollevata da uomini come mio padre. Detto tutto questo, io parlo degli assassini verso il fondo del libro, perché io voglio lasciar parlare il fatto che voi ormai avete conosciuto Walter Tomagi. Avete anche visto una situazione complessa in cui appunto io mi sono molto infastidita quando sento dire ah i terroristi erano dei pazzi sanguinari, no, cioè erano delle persone che stavano vicino ad altre persone che non hanno fatto la stessa scelta per esempio. che avevano in molti casi una vita normale, degli affetti, e quella è la cosa inquietante, cioè bisogna confrontarsi anche da questo punto di vista con il terrorismo.
Com'è che tanti ragazzi, tanti che avevano cominciato facendo le lotte contro il lavoro nero, contro l'eroina, poi passano a pratiche, a repertori sempre più violenti, come dicono i sociologi, poi arrivano a uccidere una figura come quella di mio padre, cioè è quello l'interrogativo che viene sollevato, il tema che io cerco di affrontare lì. E però poi metto lì anche in tutta la loro novità le cose che hanno scritto, le cose che hanno detto, le loro biografie, anche distinguendo tra delle figure che comunque hanno una loro drammaticità e tragicità. Cioè io adesso non cito spesso, uno degli autori che cito spesso, anzi due degli autori che cito spesso sono Primo Levi e Dostoevsky.
Beh, facile direte voi, però non lo so. Veramente, per me un libro come I demoni di Dostoevsky è stata una lettura fondamentale perché lui mette a nudo le tipologie umane di questi sedicenti rivoluzionari e anche la miseria umana in alcuni di loro. Ci sono dei personaggi che non si dimenticano più dopo che legge I demoni.
Primo Levi invece, appunto, rispetto alle vicende di questi terroristi... Questi, io li ho sempre immaginati nei termini dei sommersi e dei salvati, cioè non è l'accezione in cui lo usa Levi, però un effetto di distorsione che secondo me è terrificante è che spesso quelli che hanno parlato sono state le figure più spregiudicate, non spesso ci sono state delle esperienze umane di disperazione e di ripensamento che invece sono rimaste. e sommersi nella disperazione del silenzio.
Io ovviamente dalla mia posizione potete capire, io lo dico chiaramente, non solo non perdono nessuno, ma la mia posizione a riguardo non è ambigua, però cosa ce ne facciamo delle invettive, è veramente importante andare a capire da dove venivano e perché è stato possibile, questa è una cosa che io ho tormentato un sacco di persone, peraltro chiedendo a loro, secondo loro come mai. E poi, adesso in conclusione, magari lasciamo spazio a qualche domanda, io ho fatto anche un ragionamento che non è né sociologico né storiografico, però mi ha impressionato molto. Tu prima hai usato un aggettivo, hai detto l'infantilismo dei terroristi e a me c'erano questi due tratti che colpivano molto, uno il fatto che non erano pazzi, però appunto i loro documenti avevano anche lì delirante, cioè...
Il delirio è uno stato in cui c'è un io integro in grado di intendere e di volere però con un distacco dal dato della realizzazione. e se voi leggete i documenti brigatisti viene raffigurata un'Italia che non è l'Italia degli anni 70 appunto. L'infantilismo è un altro dato che mi ha fatto ragionare molto, questo perché per tutto il libro io cerco di capire e di raccontarvi il riformismo di Walter Tobagi. Inteso come questa sua profondissima, che era un dato quasi appunto antropologico prima che politico, perché lui per le sue origini familiari, perché era uno studioso della storia del movimento operaio, per moltissimi motivi lui usa questa espressione che è molto desueta ma è proprio sua. che le dure repliche della storia ripetono la lezione che è l'umile passo dopo passo che permette veramente di produrre dei cambiamenti nella società.
E allora io ho rintracciato in mio padre e in altre figure di cui parlo in questo libro questa posizione che è profondamente matura, perché al di là del... uscendo dal riformismo, è una posizione adulta perché accetta il limite posto dalla realtà. Incluso il senso di frustrazione, perché tu devi abbandonare le fantasie di onnipotenza che puoi avere da ragazzo. Vedi, è una società che ti fa schifo, provi rabbia, ed in rabbia ce n'era moltissima, allora ce n'è molta in modi diversi anche adesso. Ma questo sarebbe un discorso lungo.
Il punto è crescere e trovare il modo di trasformare la rabbia in indignazione e fare i conti con la realtà. E io ho seguito mio padre sempre e volevo raccontarvelo disperatamente questa cosa, infatti ve la dico anche stasera, muoversi su quella soglia, mio padre era il contrario del cinico, che non c'è un aggettivo in italiano, ma lui era il contrario del cinico nel senso che lui comunque, ok era anche giovane perché comunque l'hanno ucciso da 33 anni, ma uno a 30 anni, 33 anni, quando ha avuto una carriera così fa già in tempo a... avere modificato parecchio il proprio carattere, invece lui mantenne sempre insieme a questo profondo realismo che lui aveva, perché prima ho accennato alle vicende sindacali spaccare il sindacato dei giornalisti e prendere la presidenza richiede una maturità politica, una capacità politica non da poco.
La cosa che a me ha veramente affascinato di mio padre era che lui aveva questa intelligenza molto analitica, questa grande capacità politica e però Lui proprio aveva, e l'ho trovata anche nelle cose che scriveva per sé, per cui non solo nei documenti pubblici, che potete dire è chiaro, nel programma sindacale, no, aveva fortissimo questo senso, questa fiducia che comunque esistesse una possibilità di inserirsi, di fare qualcosa, di dare al proprio lavoro di giornalista e di sindacalista, attraverso questo lavoro, di incidere in maniera positiva. E chiaramente questo implicava scontrarsi con il limite. E a un certo punto mi si è proprio spalancata una finestra perché ho letto l'infantilismo dei terrorismi è l'illimitato, è il senso dell'onipotenza. Comunque è la volontà, infatti non a caso, non si ricorda mai che molti terroristi, basta citare Maracagol ma anche Curcio, venivano da... da un cattolicesimo radicale, no?
Per cui una visione comunque millenaristica, in cui tu devi purificare, devi distruggere, devi cambiare la palingenesi. E mi ha impressionato molto vedere proprio, e io riporto per esempio poi le parole di un Don Ciotti, che comunque lavorò molto nelle carceri, anche con ex terroristi, e lui diceva che il metodo per cui lui cercava di... accompagnarli in un percorso di riabilitazione, come vuole la Costituzione, come purtroppo spesso non accade, era anche quello di coinvolgerli in delle attività che lui usa proprio l'espressione sporcarsi le mani, cioè lavorare e cercare di fare qualcosa di buono, chiaramente anche maturando la consapevolezza che non puoi fare la rivoluzione, non puoi cambiare tutto, però la tragedia che secondo me ha coinvolto tra l'altro Anche molte persone che senza in nessun modo aver avuto a che fare col terrorismo però hanno fatto politica nell'estrema sinistra negli anni 70, tanti sono passati dal volere la rivoluzione al cinismo e dire non si può cambiare niente, abbiamo perso, la società non si può cambiare, per cui un'attitudine comunque profondamente passiva.
Invece no, c'è questa via stretta. Questo riconoscimento del limite, qui leggerei l'ultimissimo pezzo e poi vi mando, oltre al mio libro, comprate Vista con granello di sabbia della Zimborska e l'uomo in rivolta di Albert Camus. Io a un certo punto ho trovato questa frase che è di una bellezza sconvolgente e oltretutto se leggerete il libro anche capirete perché io mi sono preso un infarto quando l'ho letta per caso.
Insomma Albert Camus dice questo. Questo, lo smarrimento rivoluzionario si spiega innanzitutto con l'ignoranza o il misconoscimento sistematico di quel limite che sembra inseparabile dalla natura umana e che la rivolta appunto rivela. Nella storia, come in psicologia, la rivolta è un pendolo sregolato che corre alle più pazze ampiezze, perché cerca il suo ritmo profondo, la misura e il limite che stanno al principio della natura umana.
La dismisura è un comodo e talvolta una carriera. La misura, al contrario, è pura tensione, sorride, e senza dubbio, sorride senza dubbio, e di ciò i nostri convulsionari, intenti a laboriose apocalissi, la spregiano. Ma il suo sorriso risplende al sommo di un interminabile sforzo, è una forza supplementare.
Sceglieremo Itaca, la terra fedele, il pensiero odace e frugale, l'azione lucida, la generosità dell'uomo che sa. Nella luce il mondo resta il nostro primo e ultimo amore, allora nasce la gioia strana che aiuta a vivere e morire.