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La vita di Mark Zuckerberg: dalla nascita al successo

SIGLA La storia di Mark Zuckerberg inizia sulle sponde del fiume Hudson, a un'ora dai ritmi frenetici di New York. Mark è cresciuto qui, ad Hobbs Ferry, un tranquillo soborgo di 10.000 abitanti. Ha vissuto con i genitori e tre sorelle in una tipica casa americana. Suo padre, dentista, ha lo studio al piano terra, dove continua a esercitare come se negli ultimi anni nulla fosse accaduto e lo straordinario successo del figlio Mark non avesse in alcun modo cambiato il tenore di vita familiare. Edward Zuckerberg, soprannominato dai pazienti Dr. Zeta Zero Dolore, non ha mai acconsentito a rilasciarci interviste. Perciò ci siamo presentati da lui senza preavviso. A sorpresa abbiamo scoperto che non ha un assistente. Ci ha aperto la porta di persona. Come il figlio ama mantenere un basso profilo. Non indossa giacca e cravatta. Abbiamo subito notato il logo di Facebook che invita a diventare fan della chirurgia. In questo modesto studio dentistico nulla sembra essere cambiato negli ultimi anni. Ma è solo un'apparenza, come si capisce dal silenzio del dottor Zuckerberg. Se non è andato più in là, non hanno interesse in andare più in là. Sì, ho capito, hanno sempre bisogno di riuscire a riuscire. Loro sono gli addetti alle relazioni esterne di Facebook. Senza il loro consenso, persino il padre dell'idiatore del sito non può comunicare liberamente con la stampa. Grazie, signore. Grazie. Buon giorno. Durante la nostra inchiesta abbiamo scoperto che i giornalisti ai quali è permesso avvicinare il giovane genio sono pochissimi. Vengono infatti selezionati accuratamente da Facebook. Ecco uno dei pochi eletti, David Kirkpatrick. Mark Zuckerberg in persona lo ha incaricato di scrivere la sua biografia ufficiale, Facebook La Storia. 300 pagine che esaltano il 26enne amministratore delegato. Mark Zuckerberg è il secondo genito di quattro figli. Essendo l'unico maschio, penso che venisse coccolato. In effetti in famiglia lo avevano soprannominato il principe. Ha un ottimo rapporto con i genitori. Questi ultimi premurosamente aiutarono il principino a coltivare il suo sport preferito, la scherma. Ma ben presto il ragazzino scoprì di avere un'altra passione, i computer. All'età di 12 anni aveva letto un libro di informatica per principianti per poter mettere in rete i computer di casa. Di lì a poco ha sviluppato, per puro divertimento, una versione di risico per computer. La tecnologia lo ha appassionato fin da piccolo. La passione per i computer aveva preso il sopravvento. Mark era diventato un geek informatico, un fanatico del mondo binario. Viveva tra lunghe serie di numeri e pagine di codici, sufficienti a scoraggiare qualunque adolescente. Incurante del giudizio altrui, Mark approfondì le proprie conoscenze. A scuola partecipava ai gruppi di discussione, concentrandosi su storia e politica. Era un tipo eccentrico. Nonostante fosse tre anni avanti, in poco tempo per lui il liceo si rivelò insufficiente. Era lo stereotipo dello studente di talento. Suo padre trovò una soluzione. Mark era intenzionato a studiare informatica seriamente. Suo padre aveva contattato un insegnante, David Newman, che gli fece lezione una volta alla settimana per un anno. Dopo aver completato questi studi, mentre ancora frequentava il liceo, si è iscritto a un corso presso il Mercy College, vicino a casa. Era in assoluto il più giovane della classe. Come molti altri studenti, nel suo liceo Mark Zuckerberg era continuamente oggetto di prepotenze, vessazioni tali che probabilmente lo indussero a cambiare scuola. Scelse così di proseguire gli studi in un istituto prestigioso e distante da casa, la Phillips Exeter Academy, uno dei migliori licei degli Stati Uniti, che si trova a Boston, a più di quattro ore dalla famiglia. A soli 16 anni, decise di allontanarsi dai suoi per poter avere un'istruzione eccellente. Proprio in questa scuola, circondato da studenti d'elite, un anno dopo Mark ebbe la sua prima idea geniale. Capitano della propria squadra, amante delle ragazze cinesi, re dei programmatori, secchione. Non credeva che il suo software stesse riscuotendo tanto successo. Nell'arco di pochi giorni lo avevano utilizzato migliaia di persone. In internet tutti volevano sapere chi si nascondeva dietro quell'idea brillante, anche i magnati del settore. In seguito varie società gli hanno offerto più di un milione di dollari per acquistare il software. programma. Penso che grazie a Synapsi sia stato contattato da Microsoft e America Online. Già all'epoca Mark aveva un talento informatico straordinario ed era in grado di capire quale prodotto potesse adattarsi al mercato in uno specifico momento. vedeva già molto lontano, non volle vendere il programma perché non l'aveva sviluppato per fare soldi. Dei 30.000 studenti che ogni anno fanno domanda di ammissione ad Harvard, solo 2.000 vengono accettati. Mark Zuckerberg disponeva di una stanza in uno di questi edifici. Era assegnato alla Kirkland House. Una cameretta di 8 metri quadri identica a quella che ci mostra questo studente. Anche Rob studia informatica e sogna di avere successo come Mark Zuckerberg. Alloggio nella Kirkland House. Cerco di... mi piacerebbe prendere il suo posto, ma sarebbe difficile. Ad ogni modo, credo che molti studenti di Harvard pensino... a quello che Mark Zuckerberg ha fatto e vorrebbero realizzare i progetti straordinari come il suo. Ad anni dal termine dei suoi studi, il fantasma di Mark alleggia ancora nei corridoi dell'università. Ha studiato qui prima che mi iscrivessi. Da quel che ho intuito, non aveva una buona reputazione. Che intendi esattamente? Rob soppesa le parole, riflette a lungo prima di rispondere. Non l'ho conosciuto di persona, ho solo ascoltato alcuni commenti. Cosa hai sentito dire? Pare che fosse un tipo freddo, che fosse facile avere contatti con lui, ma che... nonostante l'interlocutore l'avesse davanti a sé, non sembrava umano. Ma non dovrei parlarne male, è una pessima idea. È difficile criticare un personaggio che oggi vale 14 miliardi di dollari, specialmente dopo che Facebook ha contattato questo giovane per assumerlo. Rob ha elaborato un'interessante applicazione, ma perché la sua idea abbia successo, è meglio che d'ora in avanti non parli. Come si può scoprire la vera personalità dello studente Zuckerberg negli anni di università? Una sola persona ha osato fare un ritratto del giovane genio senza averne il permesso. Si chiama Ben Mesric. Nella sua biografia non autorizzata lo descrive come uno studente anonimo che cercava, tra migliaia di altri, di trovare il suo posto nell'ambito universitario. Mark stava per conto suo, era un tipo interessante, decisamente particolare. Impacciato nei rapporti con gli altri, frequentava un gruppetto di amici. Lo descrivono come un tipo sarcastico, ma restava pur sempre solo un maniaco dei computer. Era basso, indossava sempre maglietta e ciabatte. Non curava l'abbigliamento e non si preoccupava minimamente del proprio aspetto. Un look che non facilitava molto le sue avventure romantiche. Dalle interviste che ho realizzato ho capito che Mark non se la cavava tanto bene con le ragazze. Non era un tipo disinvolto, aveva pochi appuntamenti. A partire dal secondo anno di università aveva iniziato a frequentare una studentessa con cui vive ancora oggi. Non si trattava quindi del classico secchione che non conosceva ragazze, ma neanche del ragazzo più affascinante dell'università. Mark non aveva molti amici, ma conobbe una persona che si rivelerà importantissima per lui. Eduardo Saverin, un ricchissimo brasiliano con un grande fiuto per gli affari. Poco meno che ventenne, aveva già guadagnato centinaia di migliaia di dollari investendo in borsa. Dall'incontro tra l'abile speculatore finanziario e il genio del computer, scoccò una scintilla. I due divennero inseparabili. Avevano molto in comune, erano entrambi un po'goffi e impacciati nei rapporti con l'altro sesso. Seguivano le ragazze, spesso quelle di origine asiatica, ma non concludevano molto. Però erano intelligentissimi, Mark era un genio dell'informatica. Eduardo, bravissimo con i numeri. Si riteneva già un uomo da fare. Mark ed Eduardo erano grandi amici, ma in quel periodo nacque un altro legame importante, con Joe Green. Oggi Joe vive a San Francisco ed è ancora in contatto con Mark. Facevano parte della stessa confraternita. Le confraternite sono associazioni in cui gli studenti si incontrano con l'obiettivo di fare amicizie utili per il proprio futuro professionale. Questa fu l'unica realtà dove Mark accettò di sottostare alle regole e, messe da parte ciabatte e magliette, indossò la cravatta. Ho conosciuto Mark Zuckerberg nella primavera del 2003. Aveva un anno meno di me. Ho fatto in modo che gli venisse assegnato un alloggio nello stesso appartamento in cui vivevo io. Cosa ci ha unito? Beh, probabilmente la voglia di scherzare. Mark Zuckerberg, il burlone. Un lato poco conosciuto del piccolo genio. Sarà proprio questo aspetto della sua personalità a renderlo famoso. Almeno all'università. Tutto ebbe inizio con raccolte fotografiche online, siti in cui venivano caricate le foto degli studenti. Erano fototessere, spesso brutte, scattate per scopi burocratici. Amelia Lester, ex studentessa di Harvard, oggi redattore presso il New York Times, Yorker Magazine, nel 2003 collaborava con un giornale studentesco. Il problema era che gli album erano relativi solo alle case di appartenenza e accessibili solo ai residenti. Se per esempio al seminario di letteratura docchiavi qualcuno che ti piaceva, ma che alloggiava in una casa diversa dalla tua, non c'era modo di accedere alla sua foto. Erano foto spesso brutte, scattate all'arrivo in università, quando si era a matricola e alla prima settimana del primo anno, e nessuno sapeva nulla del college. Molti neanche sapevano che sarebbero stati fotografati, e purtroppo non ci si poteva liberare di quella foto per i tre anni successivi. Una sera di novembre del 2003, mentre gli altri studenti si divertivano o studiavano, Mark era nella sua stanza incollato al computer. Dopo aver bevuto qualche birra insieme a Joe Green ed essersi un po'rilassato, ebbe un'idea che avrebbe trasformato la sua esistenza. Ecco ciò che scrisse nel suo blog. Ore 9 e 48. Ho bevuto un po', inutile negarlo. È martedì sera, non sono ancora le 10. E allora? Mi sono connesso all'album fotografico della Kirkland House. Alcune foto sono davvero orrende. L'idea di Mark fu di rendere accessibili tutti gli album all'intero campus attraverso un unico sito. Per rendere tutto più divertente, organizzò un singolare concorso di bellezza. Vorrei affiancare a ogni immagine una foto di animale e chiedere quale è più bella delle due. Un'idea certamente di cattivo gusto, ma al giovane informatico piaceva. Aveva deciso di chiamare il sito FaceMesh. Joe Green, sempre pronto a scherzare, lo aiutò nell'impostazione, ma una volta tanto frenò il suo entusiasmo. Il mio contributo a FaceMesh è stato minimo. Ho collaborato studiando che aspetto dargli, come renderlo funzionale, e cercando di evitare che sembrasse la vecchia fattoria. Mark voleva che nessuno sfuggisse al suo macchiavellico progetto. Aveva bisogno delle foto di tutti gli studenti di Harvard. Il solo modo per procurarsele era di penetrare nei server del campus. Mezzanotte e quindici. Attacco di pirateria informatica. Per prima alla Kirkland. Un gioco da ragazzi. Fu una carneficina. I server delle case studentesche cedettero uno dopo l'altro. Mark vi penetrò e si divertì molto. Un lavoro lungo, durato otto ore. Il 2 novembre 2003, FaceMesh vide la luce. Amelia Lester fu immediatamente avvertita. La mia compagna di stanza mi aveva mandato una mail. Ci si mandava mail anche con chi dormiva nella tua stessa camera. Mi invitava a guardare un sito e così... Sì, all'improvviso ho scoperto che tutte le foto scattate nella prima settimana al campus erano accessibili a chiunque. La cosa faceva paura a molti. Alcuni avevano una brutta pettinatura, le ragazze non erano truccate, altri apparivano accaldati e sudati. Gli studenti erano nervosi, intimoriti. Però non c'era indignazione, ma solo il desiderio di far sparire la propria immagine dalla rete. Dopo pochi minuti Harvard era in stato di allarme. Migliaia di studenti furono inconsapevolmente coinvolti in un concorso di bellezza. Quale di queste due ragazze è più sexy? Meglio baffi o capelli a spazzola? Capelli lunghi o unti? Lo scandalo si diffuse in un baleno. In poche ore 450 studenti scoprirono FaceMesh e assegnarono 22.000 voti. Mark era molto orgoglioso di sé. La sua idea aveva conquistato l'intero campus. Più che un successo, l'atto di pirateria informatica aveva creato vero scompiglio. Iniziato per gioco, lo scherzo prese tutt'altra piega. Mark non aveva infatti previsto l'enorme successo del sito, che in vaso di utenti aveva causato il blocco dei server di Harvard. La reazione fu immediata. Mark Lacker fu convocato dal comitato disciplinare e rischiava l'espulsione. Il brillante allievo finì in punizione, senza però comprenderne il motivo. Non capiva cosa avesse fatto di male. Sosteneva di avere evidenziato le carenze del sistema informatico universitario. Non si spiegava come mai tutti fossero arrabbiati con lui. Questo è esemplificativo della sua personalità. Comunque sentiva che non doveva preoccuparsi troppo. Alla fine se la cavò con un'ammunizione. Sarebbe potuta andare peggio. Perciò decise di festeggiare con una bevuta. Poco dopo mio padre venne a trovarmi proprio mentre Mark stava uscendo con una bottiglia di champagne in mano. Papà non era molto contento. Preferiva che non mi facessi più coinvolgere da Mark Zuckerberg. Cosa ti disse tuo padre? Non collaborare più con Zuckerberg. Con grande rammarico, Joe ha ascoltato il genitore. Si sa com'è andata. Quando Mark mi ha chiesto di aiutarlo con Facebook e io ho dato forfait perché mio padre non voleva, beh, Mark disse che stavo facendo un errore proporzionale al futuro valore del sito. Ma quella notte del novembre 2003, Facebook non esisteva. FaceMash, però, aveva cambiato la reputazione di Mark. Grazie a FaceMash si era guadagnato fama, era diventato uno al quale prestare attenzione. Tutti aspettavano la sua prossima mossa. Tra i tanti interessati a Mark, Tyler e Cameron Winklevoss, due gemelli dell'ultimo anno. Attraenti, ricchi, ottimi atleti e desiderosi di imporsi, i fratelli avevano creato il sito Harvard Connection. Purtroppo, però, non avevano alcuna nozione di programmazione. Harvard Connection è una nostra idea. L'ho ideato nel dicembre 2002 insieme a mio fratello Cameron ed Ivia, un nostro compagno di corso. L'idea era non solo di mettere in contatto tra loro gli studenti di Harvard, ma di connetterli con altri universitari nel resto degli Stati Uniti. Nasceva come social network di Harvard, ma avrebbe dovuto essere esteso a tutte le facoltà della nazione. Mark era riuscito a connettere l'intero campus tramite FaceMesh in una sola notte. I gemelli Winklevoss erano certi di aver trovato la persona adatta per completare lo sviluppo di Harvard Connection. Ci siamo incontrati con Mark Zuckerberg nel refettario. della Kirkland House. Aveva capito il progetto. È stato come una lampadina che si illumina. La nostra idea gli piaceva, era entusiasta. Sentivamo che condivideva la nostra passione e il nostro entusiasmo per il progetto. Mark aveva accettato di diventare il nuovo sviluppatore, ma i gemelli avevano fatto un errore imperdonabile. Erano così contenti di aver trovato la persona giusta che non avevano pensato di fargli firmare un contratto. Non potevano immaginare che Mark stesse lavorando di nascosto al suo social network personale. Mark iniziò a saltare le lezioni, era completamente assorbito, quasi ossessionato dal nuovo progetto al quale si dedicava giorno e notte. Nonostante la promessa fatta, Mark non stava portando avanti l'idea dei Winklevoss. Nel gennaio del 2004, il giovane informatico si dedicava esclusivamente al suo sito, un social network che avrebbe voluto chiamare Facebook. Ebbe la capacità di immaginare un social network di successo che grazie a contatti reali e fatti concreti poteva creare una realtà. unica condivisa da tutti. Mark era ambizioso ma non aveva le disponibilità economiche necessarie per lanciare il suo sito. Si rivolse così al più facoltoso dei suoi amici, Eduardo Saverin. Gli disse che con il suo finanziamento avrebbe costituito una società di cui eduardo avrebbe avuto il 30 per cento delle quote, oltre che la funzione di responsabile finanziario. Gli accordi erano questi. Eduardo decise così di investire mille dollari. Era nato Facebook. Il 4 febbraio 2004, grazie a un investimento di un migliaio di dollari, Mark Zuckerberg fondò The Facebook. Amelia Lester fu tra le prime a visitarlo. Quando mi avevano detto di andare su Facebook ho pensato, Zuckerberg ne ha fatta un'altra delle sue. C'era però una differenza. Con questo sito alzava leggermente la posta in gioco. Era un progetto di un'azienda. ben congegnato, più professionale di FaceMesh. Evidentemente era un'idea che Mark intendeva perseguire in modo più responsabile e riscosse subito grande successo. Dopo appena tre settimane dal lancio, The Facebook registrò 6.000 iscritti solo nel campus di Harvard. Mark però non aveva intenzione di accontentarsi. Ben presto decise di estendere il suo social network oltre i confini dell'Ateneo. Stanford in California, la Columbia University a New York, la University of Pennsylvania. In soli due mesi, The Facebook venne esteso a nove università. Fu un fenomeno tale da attirare i maggiori network televisivi, interessati al sito e al suo editore. Abbiamo trovato la prima intervista rilasciata da Mark Zuckerberg. Aveva solo 19 anni, ma sembrava a suo agio davanti alle telecamere della CNBC. Qual è Facebook? È un'online directory che connetta le persone attraverso le università e i collegi attraverso i loro network social. Quando abbiamo iniziato, speravamo di avere 400-500 persone. Ora siamo a 100.000 persone, quindi chi sa dove andiamo. Speriamo di avere più università per l'anno prossimo, forse più di 100 o 200. Da lì, lanciamo un sacco di applicazioni che dovrebbero mantenere le persone a tornare al sito. Nulla sembrava poter fermare il piccolo genio. Eppure The Facebook era già a rischio. Alla neonata azienda mancavano i fondi. Per poter raggiungere tutte le università americane erano necessari nuovi server. L'unico che poteva sostenere economicamente il notevole investimento era Eduardo Saverin. Ma il rapporto tra lui e Mark era ormai incrinato. Eduardo voleva monetizzare l'investimento, voleva coinvolgere inserzionisti vendendo spazi pubblicitari, ma Mark non era d'accordo. Era affezionato all'idea di un sito pulito, che non girasse intorno ai soldi, ma concentrato sugli utenti. Mark non intendeva spendere per la pubblicità. Il suo sogno era però di sbancare il mercato web. Come in passato si era allontanato dalla famiglia per frequentare una scuola migliore, per inseguire il suo sogno decise di lasciare Harvard per stabilirsi dove vivevano i signori della rete, la costa occidentale degli Stati Uniti. Mark sentiva che stava per spiccare il volo. Era pronto per sfide più ambiziose. La scelta della sede non fu casuale. Mark si trasferì a 10 chilometri da San Francisco. Palo Alto era il luogo dove si poteva incontrare la gente che contava. I primi giorni da dirigente d'azienda li trascorse in una casetta insieme a due colleghi. In quel nuovo contesto mancava però un elemento importante, l'amico Eduardo Saverin. Per Mark la sua assenza era imperdonabile. Riteneva che Eduardo non si stesse impegnando abbastanza, che avrebbe dovuto trasferirsi in California, dove era l'azienda. Eduardo invece pensava di poter lavorare da New York e voleva terminare l'università. Se questa scelta sia stata un errore? Senza dubbio. Eduardo non se ne rese subito conto, ma la decisione di restare a New York gli sarebbe costata cara. Nel frattempo Mark e i suoi collaboratori si erano sistemati. La casa di Palo Alto era diventata il loro quartier generale. Pochi mobili, molti computer. e soprattutto niente regole. Avevano anche un'altalena tra il caminetto e la piscina, segno che la loro infanzia non era dimenticata. Erano un gruppetto di universitari che vivevano da soli e si divertivano parecchio, ma che per altri versi... si lavoravano sodo, organizzavano feste e dormivano fino a tardi. Lavoravano allo sviluppo dalle due del pomeriggio alle due di notte, facevano baldoria per un paio d'ore e poi ricominciavano a lavorare. Erano molto disciplinati nella loro attività, si impegnavano a fondo ma divertendosi, alla fine avevano solo 19 anni. Nonostante l'atmosfera rilassata, Mark viveva incollato al monitor a sviluppare programmi. La giovane azienda però era costantemente a corto di fondi. Eduardo, il businessman del gruppo, era lontano. Tanto peggio per lui. Mark decise di rimpiazzarlo. Subentrò così un terzo socio, Sean Parker. Soltanto 25enne, Sean era il padre di Napster, famoso programma di file sharing gratuito per lo scambio di musica. Sean Parker è un altro imprenditore della galassia internet, cofondatore di Napster. Quando aveva sentito parlare di Facebook, aveva capito tutto, ne aveva già intuito le potenzialità. È lui ad aver avuto la visione più completa di Facebook. fin dall'inizio. Ha insegnato a Mark a pensare ancora più in grande, ad avere ambizioni più alte. Sean era il tipico ragazzaccio della Silicon Valley, l'opposto di Mark. Affascinante e seducente, frequente e molto attivo. Seguentava le feste più alla moda. Era famoso anche perché nella sua agenda c'erano tutti i nomi di chi contava. Per lui trovare investitori era un gioco da ragazzi. Era la persona giusta per Mark. Tra le sue numerose conoscenze, Sean aveva scelto un certo Tim Draper, personaggio ben noto nella Silicon Valley, sempre attento ai buoni affari. Ma quella volta Draper ebbe poco coraggio. La prima volta gli avevamo offerto 20 milioni, ma non aveva accettato. Eravamo arrivati a 40, ma non era d'accordo. Così il prezzo era salito a 80 milioni di dollari. Lui aveva ribattuto che ne voleva 110-115. A quel punto gli avevamo detto che non potevamo spendere tanto. Se vi foste accordati per 115 milioni, quanto varrebbe ora l'azienda? Che valore avrebbe se avessimo chiuso a quella cifra? Non mi piace guardarla da quest'ottica. Il signor Draper sorride, ma se avesse investito 115 milioni, la sua quota oggi varrebbe miliardi di dollari. Fortunatamente per Mark, altri finanziatori meno esigenti sostennero il progetto, facendo la propria fortuna oltre alla sua. La società di Zuckerberg, ormai 21enne, si stava espandendo. Grazie a nuovi investitori fu possibile cambiare sede, ampliarsi e fare nuove assunzioni. Abbiamo trovato questo filmato amatoriale con Mark appena trasferito nei nuovi uffici. L'ambiente sembra quello di una facoltà universitaria. In calzoncini e maglietta, e con una birra in mano, aveva risposto a qualche domanda. Mark però non lasciò che il successo gli desse alla testa. Non era ancora contento. 3 milioni di iscritti non erano pochi, ma per lui Facebook era ancora in fase di sviluppo. Abbiamo fatto abbastanza pubblicità e abbiamo risolto abbastanza money in termini di investimento per inviare persone per rendere le nostre vite più semplici e per crescere più velocemente. Quindi è abbastanza bene. Abbiamo un buon office. media inferiori ai 25 anni. Il gruppo lavorava sodo, ma la regola sembrava quella di non prendersi troppo sul serio. Invece della pausa caffè, si faceva una pausa birra decisamente acrobatica. La filosofia dell'azienda emergente sembrava essere rilassarsi è importante quanto lavorare, ma ogni medaglia è il suo rovescio. Non si creano imperi senza sporcarsi le mani. Quando The Facebook aveva pochi giorni di vita, riscosse un tale successo che il giornale universitario The Crimson gli dedicò un articolo. Leggendolo, i gemelli Winklevoss rimasero sbalorditi. Eravamo venuti a sapere di Facebook... tramite il Crimson di Harvard. Iniziando a scorrere l'articolo avevamo pensato che l'idea assomigliava al nostro progetto. Quel Mark Zuckerberg era lo stesso o ce n'era un altro in facoltà? Non ci volle molto per capire che era proprio lo studente con cui avevamo collaborato e che quella era la nostra idea. Quando abbiamo letto l'articolo eravamo davvero scioccati, increduli, senza parole. Non potevamo proprio immaginare una cosa del genere. Un anno dopo il loro incontro, i gemelli credevano ancora che Mark stesse lavorando al loro sito, Harvard Connection. Non lo sollecitavano da tre mesi. Erano infatti stati rassicurati da più di 50 mail scambiate con lui. Questa ce l'ha inviata lui. Scusatemi, ho dovuto annullare tutto all'ultimo momento e ho un problema col server. Mark in realtà stava facendo di tutto per evitare i gemelli. Questa settimana è stata impegnativa. Penso che sia meglio rimandare l'incontro. Anche domani sarò molto occupato. I fratelli Winklevoss nutrivano la massima fiducia nel nuovo programmatore. Ma in realtà in quel momento Mark si stava dedicando completamente allo sviluppo di Facebook. Si trattava di una strategia premeditata. Perché non gli aveva detto di voler abbandonare il progetto? Per i gemelli la risposta era ovvia. Mark è stato il primo ad ammettere che è sempre necessario avere una visione ampia delle cose. Ed è questo il motivo per cui ci ha ingannati. Per loro non c'era dubbio, il plagio era evidente. Nel 2004, insieme all'amico Divya Narendra, i gemelli intrapresero un'azione legale contro Mark Zuckerberg per danno morale e concorrenza sleale. L'idea di Facebook era rubata? Dopo otto anni non si era ancora trovata una risposta a tal interrogativo. Non mi piace parlare dei Winklevoss, anzi, mi dà molto fastidio. Credo che siano degli stupidi. degli estorsori e francamente sono un argomento poco interessante. Zuckerberg vi ha rubato l'idea? Certamente, sì. Facebook era identico ad Harvard Connection. È nato dopo il nostro incontro con Mark, che ha preso Harvard Connection e gli ha cambiato nome ribattezzandolo The Facebook. La causa si trascinò per anni senza arrivare ad alcuna sentenza, finché nel 2008 i gemelli firmarono un accordo con Mark e Facebook. Il prezzo dell'accordo? 31 milioni di dollari. Ma la controversia non era conclusa. Nel 2009 un colpo di scena. Nicholas Carson è un giornalista esperto di nuove tecnologie. Indagando sulle accuse dei fratelli Winklevoss, ha scoperto alcuni documenti molto compromettenti per l'impero di Zuckerberg. Un messaggio vecchio otto anni rivelava inequivocabilmente le vere intenzioni di Mark. Le accuse dei gemelli sembrarono più fondate che mai. Era un messaggio tra Mark e un amico del dormitorio. Mark definiva Harvard Connection un sito per appuntamenti che avrebbe potuto sminuire i suoi meriti personali. Penso che Facebook piacerà a molte persone, purché non venga presentato contemporaneamente a quel sito per appuntamenti. Se ciò avverrà, si neutralizzeranno a vicenda. Hai qualche idea? Avrà avuto qualche scrupolo di coscienza. Cosa poteva direi Winklevoss, visto che non sta a casa? Stava lavorando al loro progetto. Poi rivelò tutto a un amico. Li sto fregando, entro l'anno è fatta. Poi ha partecipato a un incontro. In quell'occasione ebbe l'opportunità di confessare ai gemelli la sua decisione e di avere ideato Facebook. Ma agi così, senando via... senza dire nulla e un bel giorno lanciò The Facebook. Un anonimo ha fornito questi messaggi a Nicholas Carson, documenti che non lasciano spazio a incertezze. Mark Zuckerberg era perfettamente consapevole delle proprie azioni. Parole che dimostrano la mala fede, provano la premeditazione, fanno capire che tipo di persona sia. Dopo aver scoperto questi messaggi, usandoli come prove contro di lui, i fratelli decisero di intenderci. una nuova causa contro Mark e Facebook. Nell'aprile del 2011, l'ultima delusione. L'azione legale venne nuovamente respinta. Cameron e Tyler Winklevoss hanno continuato a sostenere di essere gli ideatori di Facebook, sperando di vedersi riconosciute più quote della società. Ma nella saga di Facebook, i gemelli non sono stati i soli a sentirsi traditi. Mark aveva la fama di essere sleale e senza scrupoli, specialmente per come si era separato dagli ex colleghi. Ne sa qualcosa il suo vecchio amico Eduardo Saverin, che per primo aveva investito su Facebook. Nel 2005, un anno dopo la nascita del sito, con un'abile manovra di aumento di capitale, Mark mise Eduardo in posizione minoritaria nella società. Improvvisamente, il vecchio compagno venne messo da parte. Mark non ha mai fatto commenti a riguardo, ma anche in questo caso i messaggi tradiscono le sue vere intenzioni. Dunque, Sean e Mark avevano appena partecipato a un incontro con un nuovo potenziale investitore. Sean aveva fatto notare che questi stava cercando di agire in modo disonesto. Mark aveva risposto di avere trovato, grazie a quella conversazione, un modo per liberarsi di Eduardo, estromettendolo dalla società. In seguito, in una mail e in altri messaggi a un amico intimo, scriveva Caccerò Eduardo dalla società e affronterò l'azione legale. Parole chiare e per certi versi spietate, considerando il fatto che senza Eduardo Saverin, Facebook non sarebbe mai esistito. Mark si liberava con freddezza del suo amico. Anzi, arrivava al punto di cancellarne il nome dall'elenco dei cofondatori del sito. Tradito, ferito e adirato, Eduardo decise di adire le vie legali, ma non si accontentò. Desiderava rivelare a tutti il vero volto di Mark Zuckerberg. Per questo si mise in contatto con lo scrittore Ben Mesrich. Ho intervistato Eduardo per circa sei mesi. Purtroppo, però, nel frattempo la mia idea di scrivere il libro era trapelata via internet e una volta diffusa la notizia ebbe su di lui un effetto quasi incontrollabile. Eduardo non era più in sé. Resosi conto che l'argomento era di dominio pubblico, si era spaventato, arrivando a dire di non voler più parlare con me e troncando ogni contatto. Non ho potuto più inviargli email o telefonargli, nulla. Da allora non l'ho più visto o sentito. Eduardo interruppe ogni rapporto con il biografo. In realtà, Mark Zuckerberg e Facebook l'avevano contattato di nascosto per convincerlo a tacere. La battaglia legale tra i due ex soci si concluse con una transazione. Facebook avrebbe reinserito il nome di Saverin tra i cofondatori. In cambio, lui si impegnava a non parlare più con la stampa, accontentandosi di un risarcimento di 2 miliardi e mezzo di dollari in azioni della società. Una bella somma, direi. Il successo di Mark Zuckerberg fu da subito controverso. Fatta eccezione per gli amici più stretti e gli ex compagni di università, Dagli iscritti al sito cominciarono a piovere critiche sempre più frequenti nei suoi confronti. Licenziamenti, suicidi, omicidi. A causa della divulgazione di informazioni personali, cominciarono a verificarsi eventi apparentemente riconducibili a Facebook. Lo stesso Mark aveva più volte tradito la fiducia dei suoi iscritti. La giornalista Cara Swisher ha incontrato più volte Mark e ha la sensazione che sia ben consapevole di quel che fa e che quando deve affrontare una situazione difficile cerchi di svicolare. Credo che il suo problema sia questo, l'ho notato più volte. Sembra non voler riconoscere le sue azioni e il potere reale. Finge di essere un ragazzo normale, ma non lo è. È diverso dagli altri perché ha la testa di un network con 6 milioni di iscritti. Però fa finta di non conoscere i problemi connessi alla privacy, alla sua vita. sua violazione. È l'amministratore delegato, quello che comanda eppure finge di non esserlo. Dirige la società come un dittatore. Quello che Mark dice va sempre bene, lo sanno tutti. Agisce con prepotenza e poi si scusa, sostenendo che non intendeva comportarsi male e va avanti per la sua strada. È una buona tattica, funziona, così pian piano ottiene ciò che vuole. Poco tempo dopo la creazione del sito, Mark Zuckerberg fu oggetto di critiche infuocate. Per cercare di arginarle, dovette ribattere alle accuse che gli venivano mosse. Decise di difendersi nel corso di una prestigiosa conferenza organizzata dal Wall Street Journal e trasmessa via internet. Tutti i pezzi grossi della Silicon Valley avevano affrontato questa prova. Era un modo per parlare di nuove tecnologie. Kara Swisher condusse l'intervista con il collega Walt Mossberg. E come già capitato ad altri, Mark passò un brutto quarto d'ora. Sapeva bene quale argomento avremmo affrontato perciò il suo nervosismo ci aveva colto di sorpresa Mark aveva eluso completamente la domanda, ma il giornalista lo incalzò. Ma non rispondi alla mia domanda. La mia domanda è... Tu sembri aver preso alcuni passi per rendere più pubblica la mia informazione come membro di Facebook, da te stesso, a te stesso, e subito annunciandola. Seguitavamo a bersagliarlo di domande, ma lui si rifiutava abilmente e sistematicamente di rispondere. A un certo punto l'abbiamo sollecitato e gli abbiamo detto, risponda alla domanda. Continuò a eludere le domande e il confronto divenne sempre più duro. Cara si riferiva a una mail inviata da Mark cinque anni prima. Aveva scritto che gli utenti di Facebook erano ingenui a fidarsi di lui. Mark era sconvolto. Non voglio fare un'escusa per questo. Ho fatto cose stupide, sono sbagliato e sono molto sbagliato che le abbia fatto. Alcune delle cose che mi hanno accusato sono truiste, altre non sono. Molto di questo è stato documentato bene. Vuoi dire che le truiste sono truiste? Non lo so, non lo so nemmeno. Mark perdeva colpi, non riusciva più a tenere testa all'incalzare delle domande e sudava sempre di più. Aveva cominciato a sudare molto, abbondantemente. È così. Descrivi quanto stava sudando? Direi che era in un bagno di sudore, il pubblico non poteva accorgersene, ma era una sudorazione eccessiva e fastidiosa. Le goccioline colavano così lungo il naso, temevo che sarebbe svenuto. Era un po'pallido, sembrava che stesse male. Secondo me aveva un classico attacco. di panico, diceva di sentirsi poco bene e comunque stava facendo una pessima figura. Per attenuare la tensione, Cara gli concesse una pausa con una battuta. Asciugandosi il sudor... Mark fece il punto in cerca di una via d'uscita, ma le domande ricominciarono a ritmo serrato. Per guadagnare tempo, Mark decise di togliersi la felpa, ma capì di aver fatto un errore. Un logo misterioso che esaltava i valori di Facebook. Cara aveva cercato di scherzarci sui suoi video, su, ma non era bastato. L'intervista era riuscita malissimo e Mark ne era consapevole. Vago, poco chiaro, molto agitato, non era riuscito a difendersi. Una pessima pubblicità. In quell'occasione capì quanto fosse difficile comunicare e che per essere un buon amministratore delegato avrebbe dovuto superare la sua pericolosa ansia. Mark stava imparando l'importanza dell'immagine, ma l'intervista era solo l'inizio. Era infatti in produzione un film sulla storia di Facebook, che rischiava di rovinargli ancora di più la reputazione. Disonesto, traditore, ricchissimo. Il messaggio era chiaro. The Social Network avrebbe fatto conoscere al pubblico le controversie legate a Facebook. Come in questo spezzone in cui Eduardo Saverin scopre che Mark lo ha estromesso dall'azienda. Il film presenta Mark Zuckerberg come un genio senza un'idea. senza scrupoli, pronto a calpestare chi gli sta accanto pur di raggiungere i suoi obiettivi. A qualche mese dall'uscita del film, Mark e Facebook erano preoccupatissimi. La strategia di Facebook era ridicola, erano terrorizzati, erano stati aggressivi con il regista, cosa gradita a Hollywood, le polemiche su un film infatti fanno aumentare gli incassi. L'uscita della pellicola era imminente, rischiava di compromettere ulteriormente l'immagine di Mark Zuckerberg. Il ragazzo era atterrito all'idea di parlare in pubblico, ma non aveva scelta. Se voleva salvare la reputazione, doveva tornare di fronte alle telecamere. Questa volta voleva che tutto andasse alla perfezione. Per giorni si preparò con esperti di comunicazione e scelse molto accuratamente il programma per il suo ritorno in TV. Prevedendo di affrontare questioni scottanti, Mark riuscì a farsi invitare alla trasmissione più seguita degli Stati Uniti, quella di Oprah Winfrey. Il 24 settembre 2010, Mark Zuckerberg tornò di fronte alle telecamere con un annuncio clamoroso. Il suo primo progetto sarà un grant di 100 milioni di dollari. 100 milioni di dollari? stato rinviato e che sarebbe stata diffusa una notizia per volta, ma insistevano che secondo i programmi il comunicato doveva essere fatto in quella settimana. L'azienda negava che tutto ciò avesse a che fare col film, ma era una curiosa coincidenza. Visto che quando Oprah Winfrey presenta un libro in trasmissione diventa subito un best seller, se aveva invitato Mark Zuckerberg presentandolo come una brava persona, tutta l'America avrebbe pensato che era un ragazzo in gamba. Mark aveva dato prova della sua bontà. Si preparava a dimostrare di essere una persona normale. Per la prima volta permise a un estraneo di mettere piede a casa sua. Si trattava ancora una volta di Oprah Winfrey. una casa in affitto. Con questa mossa, l'uomo che porta la gente a mettere in mostra la propria vita su internet si augurava di non dover mai più parlare di se stesso. Una missione impossibile. Il paparazzo Nick Stern è stato alle costole di Mark per mesi. Dopo l'uscita del film The Social Network, il pubblico vuole conoscere ogni dettaglio della vita di Mark Zuckerberg. Facebook ha annunciato il cambio di sede. Nick vuole essere il primo a fotografare la nuova casa del Social Network campione del mondo. È un po'più grande di quello che mi aspettavo. Tutto lo stabile e l'intero complesso là sulla destra. Edifici completamente diversi dalla casetta di Palo Alto. In questi immobili, valutati 730 milioni di dollari, possono lavorare 3.000 dipendenti. A qualche chilometro da qui, Nick ci mostra la sede precedente, dove Mark trascorreva anche 18 ore al giorno. Ad alcune centinaia di metri, l'abitazione di Mark. E'il marzo del 2011, il giovane miliardario vive ancora in una casa in affitto. La sobrietà di certe abitudini infastidisce il paparazzo. Che ne pensi di un ragazzo da 15 miliardi di dollari che ha un'auto di 5 anni e vive ancora in affitto? Credo che sia matto. Con tanti soldi chiunque cambierebbe. Come chi vince la lotteria, organizza un magnifico fine settimana di follia, compra una Ferrari, una splendida casa... frequentata da bella gente e un po'di droga per un paio di giorni di pazzia. Visto che lo stai seguendo da mesi, in che situazione vorresti sorprenderlo? Mi piacerebbe vederlo mentre spende un po'di soldi o ha un colpo di testa. Per me, un personaggio è interessante se... cambia guardaroba, automobile, casa. È questo che la gente vuole. Per il momento il panorama è deludente. La vita di Mark sembra normalissima, forse troppo. Ha forse qualcosa da nascondere? Spostiamoci a pochi isolati di distanza, verso la casa dove Mark Zuckerberg vive con la fidanzata Priscilla. Ha 4 o 5 isolati da qui. Fino ad ora la giornata non è stata soddisfacente, ma Nick sta per avere un po'di fortuna. Vedi? È l'edificio con la macchina a colore argento lungo il viale d'accesso. Domenica, ora di pranzo. Mark Zuckerberg sta uscendo di casa. Non sappiamo se ci ha visti attraverso i finestrini oscurati. Forse no, ma Nick per prudenza decide di parcheggiare poco più avanti. Sbrigiamoci, non voglio perderlo. Il paparazzo segue Mark Zuckerberg fino al centro di Palo Alto. Spera di pizzicarlo mentre fa qualcosa da miliardario. Niente da fare. È la una di un giorno di mercato e Mark ha appena comprato un taco. Il paparazzo lo segue a lungo, ma non accade nulla, niente da fare. A palo alto, Mark Zuckerberg passa completamente inosservato. Nick Stern può confermarlo. Fedele alle proprie abitudini, Mark continua a comportarsi come una persona qualunque. Pur occupando il 35esimo posto nella classifica degli uomini più ricchi del mondo, si è seduto per terra a mangiare con un amico. L'oggetto della nostra inchiesta è a pochi metri. Vorremmo avvicinarlo, ma a breve abbiamo un appuntamento presso la sede di Facebook. E basterebbe una telefonata di Mark per disdirlo. Abbiamo così deciso di lasciarlo andare. Ci avrebbe fatto piacere incontrare l'imprenditore in persona, ma gli addetti alle relazioni esterne ci hanno dato poche speranze. Avevano già deciso chi ci avrebbe accompagnato. L'intervista con Chris Cox, uno dei vicepresidenti, si è svolta sotto una stretta sorveglianza. Gli addetti stampa ci avevano perfino suggerito le domande da porre. Il futuro di internet, per esempio. Ma noi abbiamo fatto un'altra scelta. Immagino abbia visto il film The Social Network. Certo, il film è completamente inventato. Vede, pochissimi episodi, uno o due, sono veri. Tipo quelli delle magliette indossate da Mark. Secondo lei, perché Mark non ha voluto partecipare al film? Ha parlato a lungo con David Kirkpatrick, che ha scritto su di noi un libro molto più rispondente alla verità. Quindi, come vede, collaboriamo con coloro che, al nostro avviso, vogliono raccontare una storia vera. Guardando il film si capisce che non era questo l'obiettivo. E qual era? Non lo so, per esempio fare buoni incassi. Sì, ma vorrei... basta con il film. Il capo delle relazioni esterne tronca così l'intervista. Impossibile farle cambiare idea. Il film The Social Network è argomento tabù. La nostra visita si conclude riprendendo Mark Zuckerberg attraverso la finestra di una sala riunioni. Il capo superprotetto è stato praticamente inavvicinabile. L'unica possibilità è richiedere ufficialmente un'intervista. Per me va bene se lo riprendete da lontano, mentre cammina o in sala riunioni. Per favore, non entrate all'interno iniziando a filmare. È un ambiente completamente a vetri. Se usate la telecamera, per me sarà un incubo. E poi vi allontaneranno subito. Per l'intervista ho fatto richiesta, ma lui è timidissimo, si agita. Se le interviste rilasciate da Mark stanno diventando rare, le sue risposte a domande imbarazzanti ancora di più. L'ultima volta che è successo è stata durante una trasmissione realizzata dal più famoso programma d'indagine degli Stati Uniti. 60 minuti. La differenza con i precedenti incontri televisivi è nettissima. Mark appare rilassato, non suda e risponde in maniera disinvolta. Ci siamo portati tutta la compagnia per vedere il film. Ho pensato che fosse piuttosto divertente. Ma la mia domanda è, è difficile per te guardarlo? Guardando il film è interessante vedere quali parti hanno fatto bene e quali hanno fatto male. Penso che hanno fatto ogni t-shirt che avevano il personaggio di Mark Zuckerberg a portare bene. Penso che ho avuto questi t-shirts. E hanno fatto le sandali bene e tutto quello. ma sono state cose molto basi che hanno fatto male mi hanno fatto sembrare come se la mia motivazione per costruire Facebook fosse per poter ottenere ragazze e hanno completamente lasciato fuori il fatto che la mia ragazza la ho stata amata da prima che ho iniziato Facebook aspetta, cosa? dici di nuovo? la tua ragazza, la tua ragazza di ora la tua ragazza di allora sì, la mia ragazza di ora da prima che ho iniziato Facebook sì, e... sì grazie Mark è molto tranquillo. Per superare la tensione aveva adottato la tecnica più semplice, imparare a memoria. Un metodo collaudato durante una conferenza svoltasi qualche mese prima. Davanti al pubblico estasiato, aveva snocciolato la stessa risposta. imparare a memoria è l'unico modo a disposizione dell'introverso Mark per superare la timidità timidezza, il timore degli altri e dell'ignoto. Il risultato è sorprendente. Mark si esprime in modo chiaro e disinvolto. Si è persino permesso qualche battuta. Pur non affrontando mai gli argomenti spinosi, il giovane ispira simpatia. E grazie alla sua naturalezza la gente ne è sempre meno infastidita. Sicuro di sé, persino spiritoso, il nuovo Mark ha raccolto una sfida difficile. Far dimenticare gli episodi torbidi del suo passato. E ci è riuscito. Il presidente Barack Obama gli ha perfino chiesto consigli per aiutare l'economia statunitense ad affrontare la crisi. Si è addirittura recato nei suoi uffici per il lancio della campagna presidenziale. Rinnovata stima. Una condizione che forse alimenterà nuove ambizioni nel giovane uomo d'affari, che ha da poco acquistato questa villa valutata a 7 milioni di dollari. E poi il massimo riconoscimento. Nel 2010 la rivista Time ha nominato Mark personaggio dell'anno. A 28 anni Mark Zuckerberg è all'apice della fama. Nel 2012 Facebook è stata quotata in borsa, con una valutazione al collocamento di 100 miliardi di dollari. e conta oggi più di un miliardo di scritti in tutto il mondo.