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L'arte e la vita di Picasso

Se dovessi scegliere tu stesso l'epoca, la pittura, la toile che dovrebbe sopravvivere, quale sarebbe questa toile, quale sarebbe questa periodo? Non lo so, è difficile. È fatto con delle intenzioni, tanto del momento, dell'epoca, dell'età in cui tutto il mondo e io ci troviamo, che è molto difficile.

Nel momento di Guernica, ho fatto Guernica, è stata una grande catastrofe, anche il cominciamento di molti altri che abbiamo seguito, ma, in finità... Per tutta la vita, Pablo Picasso ha cercato di confondere le acque, tentando di sottrarsi al nostro sguardo. L'artista più celebre del XX secolo e anche il più misterioso. Come se un nome, una firma, avessero finito per nascondere sia l'opera che l'uomo. Nell'unica intervista televisiva che ha concesso in tutta la sua vita, Picasso ci ha però fornito una chiave di lettura per comprendere la sua opera.

come nessuno l'ha mai vista. Il primo obiettivo dell'inventario di Maurice Reims è stimare un'eredità che, mese dopo mese, scoperta dopo scoperta, appare in realtà inestimabile. Tuttavia, è necessario dare un valore ai 120.000 pezzi, tra opere e oggetti, che sono stati catalogati. Come avrei dovuto fare? Alla fine ho deciso di procedere facendo dei raffronti, cioè collegando ciascun oggetto a quelli a esso somiglianti che in passato...

Potevano essere stati venduti o scambiati. Ho chiesto ai miei collaboratori di mostrarmi i disegni uno a uno e a un altro di annotare le cifre che dettavo. Ogni disegno ora ha un numero, perché abbiamo numerato tutto, da 1 a 120.000. Uno dei miei collaboratori mi presentava un disegno e io dicevo 3 franchi, un altro faceva la stessa cosa e io 12 franchi, un altro... 120 franchi, un altro ancora 350 franchi.

In pratica sono riuscito a stimare qualcosa come 20-30 disegni al minuto. Uno dei rischi era che tutte le numerose opere di Picasso, una volta arrivate sul mercato, si sarebbero svalutate. Ma non è accaduto. Una volta parlando con Maurice Reims gli chiesi se la pittura moderna si sarebbe svalutata già a quell'epoca e lui mi rispose di sì.

Quindi gli chiesi se la stessa sorte sarebbe toccata anche a Picasso e lui mi rispose di no, che i musei di tutto il mondo avrebbero voluto le sue opere e che quindi Picasso non avrebbe mai perso valore. Malgrado tensioni sempre più frequenti tra Olga e Pablo, la coppia cerca ripetutamente di ritrovare l'intimità familiare. In queste rare immagini che lo ritraggono in famiglia, L'artista ha posizionato la cinepresa nel giardino di Boisgelou, dove riprende Olga e Paolo. Parentesi felice per una coppia che finirà per separarsi.

Olga. sta per perdere l'uomo che ama. Picasso accelera le pratiche di divorzio appena viene a sapere che maritarese è incinta.

Ha pianto per la gioia. Mi disse che era la felicità più grande della sua vita e io ne ero contenta. Fu gentile ad avermi detto tutto ciò e tutto il tempo non faceva che ripetermi divorzio, divorzio, divorzio. Per Olga è impensabile smettere di essere la signora Picasso, ma malgrado le sue contestazioni il pittore ottiene la separazione. Olga, dal canto suo, ottiene il castello di Boisgelou.

E visto che il divorzio diventerà presto impossibile per uno spagnolo, Olga rimarrà fino alla morte, la signora Picasso. Il pittore non potrà quindi riconoscere i suoi futuri figli, di cui la prima sarà Maria della Concepción, detta Maya, nata il 5 settembre del 1935. Alla nascita sembravo morta perché avevano anestetizzato così tanto mia madre che sembravo un po' rammollita. Che nome dare a questa palletta, a questa femminuccia?

Naturalmente mio padre e mia madre non potevano che pensare a Maria della Concepción, la sorella minore di mio padre, morta quando lui aveva 11-12 anni, cosa che lo rendeva ancora molto triste. Questo padre di 54 anni fa stabilire Marie-Thérèse e Maya nella casa messa a disposizione dal gallerista Ambroise Vollard a Tremblay-sur-Moldro. L'artista ha creato una gabbia dorata nella quale rinchiude Marie-Thérèse, che accetta come un'amante sottomessa, sempre a disposizione di quest'uomo che l'ha fatta passare dall'innocenza alla maternità. Picasso le scrive lettere appassionate.

Questa sera ti amo ancor più di ieri e meno di quanto ti amerò domani. Ti amo, ti amo, ti amo Marie-Thérèse. Ma il minotauro è insaziabile. È già pronto per divorare un'altra donna. La sua nuova vittima si chiama Dora Maar.

Ha 30 anni. Dora è una giovane fotografa, padre croato e madre francese, cresciuta in Argentina, che parla spagnolo e si interessa al surrealismo. Dora Maar fa colpo su Picasso con il suo furore politico, la sua conoscenza e passione per l'arte.

È il poeta Paul Éluard a presentare Dora al pittore. Apollinaire è morto nel 1918. Max Jacob si è rifugiato in un monastero per sfuggire ai nazisti. Éluard è il poeta che mancava a Picasso. Una nuova cerchia di amici e artisti accomunati dal surrealismo.

Picasso, con Éloard, con il giovane fotografo Man Ray e con Dora Maar, si getta a capofitto nell'impegno politico. Come sopportare che la democrazia sia a rischio, con l'Italia che cade nelle mani di Mussolini e la Germania cecata dalla follia di Hitler? In soccorso arriva la poesia per trascendere il mondo e la vita. La poesia che Picasso sperimenta in questi anni difficili.

Quando pubblica i versi del pittore, André Breton, l'amico surrealista, dice «Ho l'impressione di trovarmi di fronte a un diario intimo, sensoriale e mentale». Che i ratti siano liberi di fare ovunque i loro festini. Ma non osino mangiare i piccioni nel nido, non mettano tende e non piantino lampioni sulla spiaggia e che poi al mattino siano solo lacri. Dare, arraffare, torturare e uccidere. Attraverso, accendo e brucio.

Accarezzo e lecco, abbraccio e guardo. Suono le campane fino a che non sanguinano. Con Paul Éloard, Picasso festeggia la vittoria in Spagna del fronte popolare.

Poi la vittoria in Francia di Léon Blum. e del suo fronte popolare nel maggio del 1936. Ma quando con un colpo di stato il generale Francisco Franco innesca la guerra civile in Spagna, Picasso esprime il suo sgomento in una poesia illustrata. Le speranze di Dora Maar, Éloard e Picasso, questa folle idea di resistenza artistica e democratica di fronte al pericolo fascista, stanno svanendo. Questa acqua forte è intitolata «Suegno in mentira de Franco, sogno e menzogna di Franco». La Repubblica Spagnola chiede allora al suo pittore più illustre di realizzare un grande dipinto che ornerà il padiglione spagnolo nella prossima esposizione universale.

Nella soffitta di un palazzo a Rue de Garanzo-Gustin, Dora Maar trova l'atelier che serve a Picasso. Il 28 aprile del 1937, aerei italiani e tedeschi che sostengono i nazionalisti di Franco bombardano e distruggono la cittadina basca di Guernica. Quando il 30 aprile il pittore vede le fotografie del primo massacro aereo della storia europea, sa già quello che dipingerà. Il dipinto deve essere enorme.

Misurerà 8 metri di lunghezza e 3 di altezza. Picasso è obbligato a posizionare l'immenso telaio in posizione obliqua. Una madre tiene in braccio il figlio morto, la sua testa guarda in alto, lei grida al cielo. Al posto degli occhi solo lacrime.

Il cavallo colpito dalla morte che arriva dal cielo si rialza dalla sua agonia per urlare contro l'ingiustizia. È un manifesto politico e le parole di Picasso sono ferme e dure. La guerra di Spagna è la battaglia della reazione contro il popolo, contro la libertà. Nel quadro che intitolerò Guernica esprimo chiaramente il mio disprezzo per la casta militare che fa sprofondare la Spagna in un oceano di dolore e di morte. Edmond Labbé, commissario generale, arrivo moderno.

All'epoca avevo 15 anni. C'era l'esposizione internazionale del 1937 ed è lì che ho visto Guernica nel padiglione spagnolo. Non sapevo cosa pensare. La prima volta sono rimasto confuso e così ci sono tornato.

La terza volta finalmente ho iniziato a capire. E mi sono lasciato coinvolgere, distinto, senza pensarci due volte, da questa enorme opera di Picasso. È così che tutto è iniziato.

Guernica sconvolge anche i leader repubblicani, indignati da un'opera che considerano antisociale, ridicola e del tutto inadeguata per la sanità mentale del proletariato. Malgrado tutto, Guernica parte per una tournée europea per raccogliere fondi per i repubblicani spagnoli. Una tournée che si concluderà a New York, al MoMA. Guernica rimarrà in America per oltre 40 anni. La storia di Guernica è incredibile.

Il MoMA ha preso molto sul serio la responsabilità di salvaguardare questo capolavoro e di promuovere ciò che vuole rappresentare, l'orrore della guerra, il rifiuto del fascismo. Ricordo quando da bambino vidi per la prima volta Guernica al museo. Rimasi scioccato dalle dimensioni del dipinto e naturalmente mi colpì il fatto che fosse realizzato sulle tonalità del grigio, del nero e del bianco. Avevo l'impressione che il quadro fosse stato svuotato dei colori così come un corpo svuotato del sangue. Su richiesta di Picasso il quadro rimane in deposito al MoMA di New York ma alla fine della sua vita il pittore si interroga su quello che sarà il destino di Guernica dopo la sua morte.

Picasso... mi ha raccontato tutta la sua storia. Mi ha detto, Duma, non voglio che il dipinto torni in Spagna finché ci sarà Franco al potere, quindi fatene quel che volete.

Quindi l'ho rassicurato e gli ho detto, è semplice, finché sei in vita, Pablo, nessuno oserà andare contro la tua volontà. L'unico problema è che quando non ci sarei più, non si può sapere cosa accadrà. Ci sono gli eredi.

Allora mi ha detto, rifletti. Io gli ho detto la cosa migliore, fare un testamento. E lui...

Un testamento! Succederà quel che è successo a Balzac. Faccio testamento e muoio il giorno dopo. Allora gli ho detto, possiamo fare una dichiarazione scritta in cui dai a qualcuno l'incarico di decidere al tuo posto.

Abbiamo fatto le varie ipotesi. Le mogli? No, le mogli no. Il barbiere?

No, neanche lui. E poi all'improvviso mi ha detto, sarai tu. Così, sarai tu. Così abbiamo preparato una dichiarazione che recitava.

Alla mia morte affido a Roland Dumas l'incarico di decidere, quando in Spagna saranno ristabilite le libertà politiche, di riportare il quadro nella mia patria. Come sognava Picasso, il quadro viene esposto al Museo del Prado nel settembre del 1981, là dove ancora bambino, l'artista aveva scoperto i suoi illustri predecessori. Nel 1937 Picasso, come fosse incapace di vivere diversamente, divide il suo tempo tra Marie-Thérèse e Dora. Un equilibrio distruttivo per le due donne, ma un equilibrio vitale per il pittore, tanto che alterna anche nello stesso giorno ritratti dell'una e dell'altra.

Marie-Thérèse e Dora, la bionda e la bruna, la rotondità e la durezza. La felicità e il tormento. Ma la situazione politica invade ben presto la pittura di Picasso.

La donna che piange ha lasciato Guernica per gridare la sua disperazione per un'Austria caduta nelle mani di Hitler e per la Repubblica Spagnola annientata da Franco. Nell'estate del 1939, quando la guerra è alle porte della Francia, Picasso porta Marie-Thérèse Maia al sicuro a Royanne, nella costa atlantica. E quando scoppia la guerra, il pittore le raggiunge, portando con sé la sua amante, Dora Maar, che non vuole assolutamente lasciare a Parigi.

Questo doppio ménage verrà praticamente ufficializzato in questa stazione balneare, che al momento sembra risparmiata dalla strana guerra dell'autunno del 1939. Mio padre tutti i giorni aveva l'abitudine, passando davanti a Dora Maar, che lo vedeva che veniva a prendermi alle 4 del pomeriggio a Royan. di prendermi per mano e di portarmi al caffè del paese, dove mi faceva sempre mangiare qualcosa, cioccolato e un po' di pane. Era l'inizio della guerra. Ricordo che ballavo con lui. Mi teneva in braccio o sui suoi piedi.

Lo facevamo ogni giorno, era una sorta di tradizione. Dovevo ballare con mio padre. E questo faceva impazzire la povera Dora Maar e faceva impazzire anche mia madre. Entrambe pensavano che fosse uno strano modo di fare il papà, ma lui era un padre al 350%. Quando l'offensiva tedesca arriva in Francia nel maggio del 1940, Picasso nei suoi quaderni abbozza i temi che l'accompagneranno e lo ossessioneranno durante tutta l'occupazione nazista.

Prima di lasciare Royan, esegue due autoritratti che regala a Marie-Thérèse Adore, come per guardare in faccia la guerra. Questi panni di scultori francesi sono stati accogliti nelle principali città d'arte del Reich. Prima di regagnare la Francia, visitano questo atelier dove si finisce la costruzione di un monumento che sarà dirigito su una grande piazza della capitale alemana. L'occupazione tedesca, la collaborazione con il regime nazista. Ben presto verrà data precedenza a un'arte ufficiale.

Deren, Von Dongen, Ovlamenk si recano a Berlino facendosi ammaliare dalle sirene ingannevoli degli occupanti. L'opera di Picasso, considerata degenerata dal regime nazista, è ormai bandita dalle gallerie e dalle esposizioni. I suoi dipinti vengono sequestrati.

Picasso però decide di rimanere vicino alle sue opere, che nasconde nel cavò della sua banca, e alle sue donne. Marie-Thérèse. che abita su boulevard Enrico IV con Maia, e Dora Mar che con Picasso sceglie di isolarsi nell'atelier di Rue de Grands Augustins, affrontare la guerra usando l'art come unica arma. Per realizzare l'opera maestra di questi anni di guerra, il pittore esegue molteplici studi preparatori nell'arco di un anno. Dora è la sua modella, prima distesa, poi torturata, dalla doppia sagoma.

Poi tutto si trasforma nel tema, così familiare a Picasso, di due donne in un interno. Con La Serenata, il cui tema è ispirato a un dipinto di Tiziano, Picasso rivisita il salotto musicale, divenuto al tempo dell'occupazione nazista una prigione. La musicista è una guardiana, dalle forme affilate, indifferente alla sofferenza della sua prigioniera.

La tortura e la minaccia della morte, reinventate da Picasso. Anche la scultura è di ispirazione classica, come un inno alla pace, mediterraneo e bucolico. L'uomo e il montone troneggiano il suo candido biancore all'interno del suo atelier, accanto alla testa scolpita di Dora Maar. Picasso condivide con Dora Maar un'ultima complicità politica. Nel marzo del 1944 partecipano alla messa in memoria dell'amico ebreo Max Jacob, morto per una broncopolmonite nel campo di Drancy, dove era in attesa di essere trasferito in un campo di concentramento tedesco.

Il pittore affida a Dora, che presto abbandonerà, il ritratto di Jacob realizzato nel 1915. Una sorta di regalo da Dio. Dora Maar lo conserverà fino alla sua morte. È con Marie-Thérèse Maillé che Picasso festeggia la liberazione di Parigi. A Marie-Thérèse scrive una lettera d'amore, una sorta di addio.

Sei sempre stata la migliore delle mie donne. Ti amo e ti abbraccio con tutto il cuore. Ha sempre detto a mia madre, sai bene che tu sei la mia preferita. E in questo modo...

La teneva buona e ovviamente finisci per sentire quello che vuoi sentirti dire. Mia madre rispondeva, ah sì, è la verità? È la verità mia cara, lo sai bene che sei sempre tu la mia preferita.

Questo vuol dire che potrei avere altre 50 donne dopo di te, ma tu sarai sempre la prima, la mia preferita. La liberazione della città nell'agosto del 1944 significa la liberazione dell'arte e degli artisti. Picasso è felice di presentare le sue opere ispirate alla guerra in occasione del primo Salon d'Automne della Parigi Libera. Mostrare che, malgrado le avversità, ha continuato a dipingere.

La Serenata, Nature Morte, Ritratti di Marie-Thérèse e Dora. Lo scandalo è enorme, il pubblico è scioccato. Si parla di bellezza degradata, di mancanza di rispetto per l'essere umano. Le proteste sono violente.

Quando sono tornato dal campo di concentramento, nell'aprile del 45, ho voluto conoscere i poeti della Resistenza. Ed è così che ho incontrato Elouard. Alla fine di novembre, quando sono diventato segretario di un ministro, ho ricevuto una telefonata da Elouard.

che con tono molto imperioso mi ha detto liberati domani pomeriggio, ti porto da Picasso. Picasso ci stava aspettando e ci ha fatto subito entrare nel suo atelier. Io ero appena uscito da Mauthausen ed ero piuttosto preparato riguardo alla pittura della Resistenza.

All'improvviso mi sono ritrovato faccia a faccia con il grande quadro intitolato L'Ossario. Il massacro di una famiglia, l'uomo torturato, tutti argomenti che mi toccavano direttamente. E gliel'ho detto.

con le mie parole. Insomma, sembrava un quadro fatto apposta per me. Mi ha preso per il braccio, mi ha spiegato, mi ha detto, sai, un dipinto del genere può urlare, tutto può urlare.

Ero troppo sconvolto per seguire attentamente tutto quello che mi diceva, e solo in seguito. Ho saputo che aveva voluto conoscermi perché, come Loire... Io e lui eravamo comunisti e al partito l'ossario non era piaciuto per niente. Il partito voleva piuttosto qualcosa che esprimesse fiducia nel futuro, ottimismo, ma Picasso andava completamente controcorrente e quindi io, senza saperlo, ho superato una prova.

Picasso decide di aderire al partito comunista francese nell'ottobre del 1944, seguendo il suo amico Paul Éluard. Una scelta audace nella Francia politicizzata del dopoguerra. Ma il Picasso di Guernica e di Lossario non verrà mai totalmente compreso dall'apparato del partito.

Così, lontano dalle discussioni sull'arte e sul realismo che agitano il suo partito, Pablo si entusiasma per una tecnica che riscopre dal tipografo Mourlot. La litografia, il disegno o la pittura su pietra. L'artista sceglie inizialmente di ritrarre un toro.

Dopo aver eseguito la prima stampa, Murlot dice a Picasso che il suo toro è magnifico, pieno di realismo, che la litografia è bella e che è inutile continuare a lavorarci. Ma Picasso ricomincia. E ricomincia ancora. Dopo undici passaggi, il toro è esattamente come lo voleva l'artista. La semplicità non è mai immediata, ma si raggiunge per gradi.

È qui, lontano dagli sguardi, che sulla pietra per litografia prende vita un nuovo volto. La testa di una ragazza che fa girare quella del pittore 64enne. Pablo l'ha incontrata una sera in un ristorante. Picasso passava il tempo a guardare verso il nostro tavolo, perché l'amica con la quale mi trovavo era molto bella. Ma anch'io non ero poi così male.

A un certo punto ha preso una fruttiera con delle ciliegie e si è avvicinato a noi per offrircele. Poi ha detto molto amabilmente, molto più di quanto non facesse di solito, mi piacerebbe che venista a vedere il mio atelier quando volete, qualsiasi giorno. Françoise Gillot ha 22 anni, indipendente e appassionata, abbandona gli studi di diritto per dedicarsi alla pittura. Françoise è la complice nell'arte che Picasso non aveva mai incontrato prima.

È lei la causa del suo allontanamento da Dora e Marie-Thérèse. Picasso riesce a portarla in Costa Azzurra, dove ha scelto di vivere e lavorare. Da sempre provavo grande ammirazione per Henri Matisse. Buongiorno, mi dice, voglio farti un regalo. Andiamo a trovare Matisse.

Picasso mi presenta Matisse dicendo, una giovane pittrice. Allora Matisse dice, ah, molto bene, voglio farle un ritratto. E lui risponde, sì, ho capito bene quello che vuoi fare.

La pelle sarà pallida, i capelli saranno verde foglia. Tutto a un tratto Picasso ha una sola cosa in mente, ovvero andare via. E così facciamo. Una volta in macchina mi dice, è davvero fuori di testa questo Matisse, pensa di voler fare il tuo ritratto.

Io gli rispondo, ascolta l'ha detto per educazione, è stato molto gentile. Beh, ma sarò io a dipingere la tua pelle blu pallido e i capelli color verde bottiglia? Ed è così che è iniziato il dipinto che verrà poi intitolato La Donna Fiore.

In ogni periodo, e con ogni donna, c'era come una specie di leitmotiv, come in Wagner. Il leitmotiv associato a un sentimento o a una persona è evidente in Wagner. E in Picasso è la stessa cosa e allora il mio leitmotiv è rimasto per sempre quello che mi aveva dato Matisse, e cioè il blu e il verde.

In Costa Azzurra, Picasso è alla ricerca di un atelier. Nell'agosto del 1946, un giovane fotografo, Michel Sima, gli propone di andare a vivere e lavorare nel Castello Grimaldi ad Antibes. Lì, in quello spazio nudo, con Françoise come sua unica complice e l'obiettivo amichevole di Michel Simat come solo testimone, inizia un periodo radioso dell'arte di Picasso, che durerà il tempo di un autunno.

Non c'erano più tele in quel periodo. Michel Simat trovò enormi lastre di Eternit sulle quali Picasso poteva lavorare. Trovò anche la vernice per barche, che è come la pittura a olio, molto densa perché è a contatto con l'acqua di mare. E Picasso disse...

Bene, dipingerò con queste cose. Realizzerà un grande dipinto, indubbiamente l'unica opera di Picasso che emana ottimismo, La gioia di vivere. Françoise danza nuda in mezzo alla natura mediterranea.

Il titolo, riferimento amichevole all'omonimo quadro di Matisse, testimonia la libertà ritrovata. Nel settembre del 1946, Picasso e Françoise ricevono ad Antibes la visita di Paul et Nouché Loire. Paul et Loire è venuto a riconciliarsi con Picasso dopo averlo duramente rimproverato per aver fatto soffrire l'amica Dora Maar. Dora è caduta in una profonda depressione da quando Picasso vive con Françoise. Loire e Picasso sanno bene entrambi ciò che un grafologo aveva detto un giorno a proposito della scrittura dell'artista.

La gioia. La felicità gli fanno male, la tristezza lo aiuta, ama insistentemente e ferisce tutto ciò che ama. Picasso si rivolge allora allo psicanalista Jacques Lacan per chiedergli di curare Dora Maar, alla quale regala una casa a Menherbe in Provenza.

Eloar perdona l'amico pittore e accetta la sua nuova vita con Françoise Gillot. Nel maggio del 1947, a 26 anni, Françoise partorisce il terzo figlio dell'artista, un maschio che chiameranno Claude. I due genitori si stabiliscono nel piccolo villaggio di Valoris. Eravamo una piccola famiglia, molto carina.

Avevamo una casa molto semplice. Tutti erano molto presi da me e io ero molto impegnato a occuparmi di ciò che facevano gli altri, di ciò che mi accadeva intorno. Mio padre aveva trovato questo posto che si chiamava Le Fournasse, dove poteva andare a piedi perché non era molto lontano. Quindi l'atelier di scultura e poi di pittura si trovava a Le Fournasse.

E nella fabbrica Madurat c'era l'atelier di ceramica. Passava il tempo tra l'uno e l'altro. Ed ecco l'apprendista Picasso che lavora per fabbricare ogni giorno decine di ceramiche. Le persone della fabbrica Madurà pensavano che lui avesse molta fortuna perché faceva sempre cose pericolose che non erano permesse e che normalmente non si facevano. Il maestro portava a termine delle vere prodezze.

Da un vaso e con due dita plasmava un corpo di donna che si trasformava in bottiglie. Le fornaci, potete immaginare, lavoravano a pieno ritmo. Ma avreste dovuto vedere come era fatta una fornace, c'erano quelle a legna e io guardavo quello che succedeva all'interno usando una piccola candela. Mi sollevavano in modo che potessi vedere attraverso quel piccolo foro velocemente, perché il calore era fortissimo e non si poteva restare troppo a lungo lì davanti. Per un bambino crescere in un posto del genere è incredibile.

In un anno Picasso realizza circa 2000 pezzi. Sono arrivato in Inglaterra per il congresso della pace. Spero che sia così.

E Picasso gli risponde, guarda, ci sono un mucchio di incisioni, vedi se trovi quello che cerchi. E davanti alla colomba, Aragon fa un salto fino al soffitto e dice, ecco quello che fa al caso mio. E Picasso gli risponde, lo sai, è un uccello estremamente crudele. Io ne ho due in gabbia e non posso metterli insieme. E che cosa ci vuoi fare?

Aragon gli dice, è per la pace. In seguito, il Movimento per la Pace chiese a Picasso un'altra colomba e allora lui realizzò un magnifico disegno di una colomba in volo. Nell'aprile del 1949, mentre Picasso assiste alla Conferenza Mondiale della Pace che si tiene a Parigi con la sua colomba come emblema, Françoise mette al mondo il loro secondo figlio.

È una bambina. In preda all'entusiasmo, il pittore decide che la piccola si chiamerà Paloma, la piccola colomba di Picasso. E la presenta subito al figlio maggiore, Paolo.

Picasso vuole portare avanti la lotta per la pace realizzando un'opera grandiosa che ornerà la piccola cappella abbandonata di Valoris. Nasce così, la guerra e la pace. Nei due pannelli, sia in quello che rappresenta la guerra che in quello che rappresenta la pace, ci sono due bambini. A volte ero convinto di essere uno dei due bambini del dipinto della pace.

Altri giorni, invece, quando entravo nell'atelier, avevo l'impressione di essere uno dei bambini del dipinto della guerra. Rimanevo lì a cercare di capire che cosa potesse accadere. Inventavo una storia immaginandomi quello che potesse accadere a me completamente solo.

Si sa, i bambini hanno molta immaginazione. Mi divertivo così. Nel 1951 l'ideale politico di Picasso si scontra definitivamente con l'apparato comunista. Il pittore realizza infatti un'opera che riguarda la guerra di Corea. Con Massacro in Corea, Picasso dipinge un manifesto contro l'intervento americano e sono i comunisti a trovare il quadro scandaloso.

Quella opera aveva il senso di una denuncia. Ci eravamo appena lasciati alle spalle. La Seconda Guerra Mondiale.

Ecco cos'è Massacro in Corea. Picasso era disgustato da ciò che stava accadendo. Si tratta di un dipinto di cui all'epoca nessuno ha compreso il significato. Nessuno.

E infatti è stato accolto malissimo. Una volta nel suo atelier, quando ho rivisto l'opera, Picasso mi ha detto, eppure è qualcosa, no? Ma Pablo Picasso non dipingeva per ricevere applausi. Io ho sempre pensato Che Picasso fosse un vero anarchico.

e che il partito comunista fosse qualcosa che non gli corrispondesse pienamente. Ferito dal fallimento di Massacro in Corea, Picasso si rinchiude nel suo rifugio di Le Fournasse e dà sfogo alla sua creatività. Divenuto suo malgrado il protagonista dell'arte contemporanea del dopoguerra, l'artista riceve fotografi e registi di tutto il mondo.

Picasso, divertito, offre dimostrazioni della sua arte. È il periodo in cui assembla oggetti di recupero che vengono trasformati in scultura. Scimmia col suo piccolo, donna incinta, la capra, sono inni alla fecondità e alla maternità di Françoise. Per la capra utilizza un cesto di vimini, vasi di ceramica, metallo, legno, una foglia di palma, il tutto ricoperto di gesso.

Con Bambina che salta la corda, Picasso è fiero ad aver realizzato, come dice lui stesso, il primo personaggio scolpito che non tocca terra. La scultura sarà una delle più incredibili scoperte dell'inventario di Maurice Renz. 1200 opere che Picasso ha conservato per tutta la vita, raccolte in quella che è stata la sua ultima casa, a Moujian. Ho scoperto il seminterrato solo dopo la sua morte. Tutte le sculture erano lì dentro, un vero e proprio tesoro.

Erano il tesoro che cercavamo e di cui si favoleggiava. Quello che mi ha letteralmente scioccato sono state le sue sculture, perché Picasso era davvero poco conosciuto come scultore. E invece in quelle sale c'era una produzione incredibile, assolutamente spettacolare, impressionante. Quando mio padre aveva un blocco creativo, si rivolgeva alla scultura per uscire dall'impasso. E c'è una scultura molto importante che ha cambiato profondamente le cose.

Aveva già avuto l'idea di realizzare sculture monumentali, ci aveva già pensato, ma non aveva potuto realizzarle perché all'epoca era considerata una cosa da folli. Ma poi, in seguito, negli anni Sessanta, ha finalmente realizzato queste sculture monumentali di enormi dimensioni. Per lui il problema è sempre stato quello di passare attraverso il quadro, di uscire fuori, di bucare la tela. A Valoris, Françoise, Claude e Paloma entrano nel grande libro illustrato della vita di Picasso.

Un nido familiare che sarà difficile preservare. Il rapporto coniugale si incrina per via dei continui viaggi dell'artista. Françoise accetta la sfida della famiglia allargata, accogliendo Paolo e Maia a Valoris, ma sopporta a fatica l'intrusione delle ex compagne di Picasso, Dora a Parigi, Marie-Therese e Olga nel sud della Francia. Olga Picasso, verso la fine della sua vita, soffre di una fragilità psicologica che la annienta. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1955, avrà un'unica ossessione.

Restare agli occhi di tutti, la signora Picasso. Tutte le sue precedenti compagne non erano rinchiuse in un armadio, esistevano davvero ed erano sempre presenti. Quindi dovevo fare conti con una situazione del genere.

Poi a 51 anni si è trovata una giovane amica e per me la situazione era davvero dura da sopportare e come se questo non bastasse ne sarebbero seguite altre. A un certo punto ho sentito il bisogno di ritrovare me stessa, di seguire la mia strada insieme ai miei figli. Lui mi disse una cosa alquanto inappropriata.

Mi disse, non si può lasciare un uomo come me. E io gli risposi, davvero? L'ora sta a vedere.

Alla fine dell'estate del 1953, Françoise Gillot lascia Pablo Picasso e porta i figli Claude e Paloma a Parigi. Il pittore ha lasciato fuggire la sua modella. Il Minotauro è a terra, ma si rialzerà come sempre, pronto a sedurre una nuova compagna.

La prima volta che incontrai Picasso rimasi colpito dalla grande energia che emanava questo piccolo uomo. Quello che mi impressionò maggiormente fu lo sguardo forte, la potenza dello sguardo, una cosa che appartiene alla cultura spagnola tipica della Spagna del Sud. In Andalusia... gli uomini pensano di poter sedurre una donna con lo sguardo. È come un potere soprannaturale.

E Picasso aveva questo potere. La potenza del suo sguardo era innegabile. Pablo ha messo gli occhi su una bella ragazza che lavora alla fabbrica di ceramica Madurà, Jacqueline Roque.

La fa soffrire flirtando con le sue numerose spasimanti. Jacqueline resiste, rimane e conquista il cuore di Picasso. Madame Z, come la chiama all'inizio. diventa subito protagonista della sua pittura.

Picasso celebra il suo incontro con Jacqueline lanciandosi in una nuova sfida artistica, confrontarsi con i suoi maestri, iniziando da Delacroix e le sue Donne di Algeri, un dipinto che si trova a Louvre. Con Donne di Algeri, Pablo esorcizza anche la morte di Henri Matisse nel novembre del 1954, la morte di un amico, di un maestro. Perché non si dovrebbero ereditare le cose degli amici?

Si chiede Picasso. Mattis mi ha lasciato in eredità le sue eudalische e i suoi archimoreschi. Quando si mette in cerca di una nuova casa in cui andare a vivere con Jacqueline, Picasso scopre la villa chiamata La California e resta affascinato dagli archimoreschi che sembrano tendergli le braccia.

Ho così intensamente pensato alle donne di Algeri che ho trovato la California, afferma Picasso. Entrava una nuova donna nella vita di Picasso, tutto cambiava. Cambiava la sua arte, cambiava la sua cerchia di amici, la casa.

Tutto cambiava con una nuova amante. Io assistevo a tutto questo ed era affascinante. Capì subito quello che Picasso voleva da quella che probabilmente sarebbe stata l'ultima donna della sua vita. Voleva una donna pronta a sacrificarsi sull'altare della sua arte. Jacqueline fece capire chiaramente a Picasso che lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui.

Françoise mi voleva bene, come mi voleva bene mio padre, ma papà cominciava ad amare Jacqueline. E occuparsi di due figli che hanno due madri diverse è più difficile di quanto si pensi. Ma c'ero io lì. Io ero assolutamente in grado di occuparmi di Claude e di Paloma. E loro mi volevano bene, ed eravamo tutti felici.

La dolcezza dell'estate di Cannes riunisce i figli di Picasso intorno al loro padre, intermezzi felici. delle famiglie allargate. La California era una casa un po' barocca, piuttosto bizzarra.

Di per sé il luogo era piuttosto strano, ma comunque noi figli lì potevamo sentirci liberi. Passavamo in pomeriggio a fare disegni e dipinti, avevamo una galleria in cui esporli, ma poi serviva qualcuno che li comprasse. Sì, servivano gli acquirenti. Allora dei collezionisti venivano a farci visita a fine giornata. Ovviamente era tutta una farsa, ma era molto divertente.

Ogni estate, Picasso ritrova il profumo della Spagna assistendo alle corride di Nîmes o di Arles, insieme a Jacqueline, ai suoi bambini e soprattutto a Paolo, che si è messo al servizio di questo padre che ammira e protegge più che può. A Robert Picot, amico ceramista che si diverte a filmare le corride, Picasso dice te la costruisco io una corrida. E l'artista disegna, modella e mette in scena i personaggi di carta davanti all'obiettivo dell'amico.

Immagini eccezionali della corrida di Picasso. Dopo la morte di Olga Picasso nel 1955, l'artista è libero di risposarsi. E lo fa nel 1961, a quasi 80 anni, sposando segretamente Jacqueline Roque. Picasso, come un bambino che non riesce a tenere per sé un segreto, è felice di dare la notizia ai suoi figli per telefono. Mi sono sempre sentita figlia di mio padre, anche se c'erano degli imbecilli che non facevano che ripetermi «Beh, ma per la legge non sei la figlia di...» Non mi sono mai sentita, ad esempio, la figlia illegittima.

Non parlavamo mai di questo. Parlavamo di tante cose, ma non di questo. Tutti sapevano chi eravamo, non era questo il problema. Il problema è che sul passaporto, diciamo così, non portiamo il suo nome, perché all'epoca non era possibile. Era una situazione piuttosto bizzarra.

Le leggi vigenti sull'argomento vietavano il minimo gesto nei confronti dei figli illegittimi. La legge all'epoca si interessava in particolare di salvaguardare la famiglia legittima. È per questo che i figli illegittimi, detesto questa parola ma è quella che veniva usata, erano categoricamente esclusi dalla successione. Pablo Picasso, contrariamente a quello che si è sempre creduto, prima di morire non ha avuto la possibilità né di riconoscere né di fare un testamento a favore di Maya, Claude e Paloma.

È stato necessario attendere l'elezione di Georges Pompidou che ha fatto promulgare una legge che permette, in situazioni analoge, di riconoscere taluni diritti, la metà di una parte dell'eredità dei figli legittimi, ai figli illegittimi. È così che la situazione è stata risolta. La legge cambia finalmente poco prima della morte dell'artista. Nel marzo del 1974, un anno dopo la scomparsa del padre, Claude e Paloma vengono riconosciuti figli di Picasso attraverso la procedura giudiziaria prevista dalla nuova legge. Maya, troppo grande per beneficiare della stessa legge, ottiene il riconoscimento dalla Corte d'Appello di Aix-en-Provence qualche settimana dopo, nel giugno del 1974. Tutta la famiglia.

ha dato un bel esempio di solidarietà e tutta la famiglia si è stretta intorno a Maya. Abbiamo assistito a un fatto incredibile, e cioè che l'avvocato di Maya, ovvero io, portava avanti la causa con il sostegno dei legali degli altri membri della famiglia. Claude, Paloma e Maya diventano così eredi di Picasso al fianco di Jacqueline e Paolo.

La legge ha finito per riconoscere la famiglia di Picasso per come lui l'aveva creata, ma la successione verrà stravolta dalla morte prematura nel giugno del 1975 di Paolo, figlio maggiore del pittore. Paolo, che aveva sostenuto il fratello e le sorelle nella loro lotta per il riconoscimento, muore a 54 anni, appena due anni dopo la scomparsa del padre. La successione di Picasso include ora Marina, la figlia di Paolo, nata dal suo primo matrimonio.

e il fratellastro Bernard, nato dal matrimonio di Paolo con la seconda moglie, Christina. Mio padre era morto e io mi sono ritrovato nel bel mezzo delle procedure per la successione e prima ancora per l'inventario. Mi sono ritrovato in un ambiente di adulti, mentre io all'epoca ero ancora un adolescente. Non ero affatto consapevole di quanto stesse accadendo. Poi, parecchio tempo dopo...

Ho preso la decisione di informarmi meglio e quindi di capire esattamente in cosa consistesse il patrimonio che bisognava gestire. E non mi riferisco a quanto avrei potuto ereditare, ma a quello che significava l'opera di Picasso. E' a Notre-Dame-de-Vie, sulle colline di Moujane, che vivono ormai Pablo e Jacqueline. Quanto tempo resta ancora a Pablo per realizzare tutto quello che deve ancora creare?

L'artista diventa quasi frenetico davanti al suo cavalletto. Su un blocchetto degli schizzi appunta una frase chiave. La pittura è più forte di me, mi fa fare ciò che vuole. Il confronto con i maestri del passato continua ancora. Velázquez e Las Meninas, Manet e il suo Colazione sull'erba.

Pablo ritorna alle ossessioni che hanno accompagnato tutta la sua pittura. Il bacio, la serenata. La famiglia è sempre stato preso dal suo lavoro, era l'unica cosa che contava nella sua vita.

Tutto il resto era un divertimento, anche i figli erano un divertimento. Era così, possiamo dire che tutto il resto fosse un disturbo. Se ricevessi ogni persona che vuole vedermi anche solo dieci minuti, andrei avanti così ogni giorno fino a mezzanotte, confida Picasso a Miguel, il suo segretario. Allora Miguel risponde che il maestro non c'è, oppure che dorme o lavora. Con l'avanzare dell'età, l'artista, che ormai ha 85 anni, si rinchiude nel suo mondo.

Jacqueline allontana da casa tutti i visitatori, compresi i figli del pittore. Nulla deve distoglierlo dal suo lavoro, dal suo ultimo sforzo creativo, che sarà molto fruttuoso. Centinaia di disegni, 600 incisioni, circa 400 dipinti. Mio padre correva dietro al tempo, anche se in vecchi...

Quando hai una passione per qualcosa, continui a correre dietro al tempo. E poi soprattutto cercate di immaginare quello che vuol dire creare qualcosa tutti i giorni, ogni giorno, uno dopo l'altro. Pensiamo all'abilità con la quale lavora alle Acqueforti.

Alla fine dei suoi giorni realizza opere davvero straordinarie. In quattro anni, dal 1968 al 1972, Picasso realizza il più bello dei testamenti. Cosa desiderare di meglio che morire con i pennelli in mano, sussurra l'artista in mezzo alle centinaia di dipinti che invadono ogni angolo di Notre-Dame-de-Vie.

Picasso trascorre il suo novantesimo compleanno rinchiuso a Moujane, lontano dai rumori del mondo moderno, da cui non fa che allontanarsi. A Louvre, il presidente francese, Pompidou, inaugura una mostra in onore del maestro di Notre-Dame-de-Vie. Lo Stato ha deciso di esporre nella Galleria d'Onore del Museo i soli otto dipinti di Picasso presenti nelle collezioni nazionali.

È la prima volta che un pittore ancora in vita viene esposto al Museo del Louvre. A un giornalista che chiede al Presidente se la Francia potrà mai avere un museo Picasso, Pompidou risponde, «Sì, certo, ma con cosa lo riempiamo? » La Francia dovrà aspettare ancora dieci anni prima che questo sogno diventi finalmente realtà, al termine dell'inventario delle opere di Picasso. Ci siamo occupati di Notre-Dame-de-Vie solo alla fine, ed è stata una vera prova per Jacqueline. Diceva, ma è la casa di Pablo, io ci vivo, perché dovete infastidirmi così?

È stata dura per lei il fatto che degli avvocati siano andati lì, abbiano guardato ogni cosa, assegnato un valore a ogni oggetto. Ho visto con i miei occhi che questa cosa la rendeva molto triste, non capiva che quando qualcuno muore... C'è tutto un meccanismo che si mette in moto, soprattutto quando si parla di un personaggio come Picasso, quando si parla della sua successione.

Dunque era necessario fare un inventario e dare un valore a ogni oggetto, a ogni opera, dividere gli immobili, considerare i diritti di ciascuno degli eredi. L'inventario Picasso realizzato da Maurice Reims non ha precedenti nella storia dell'arte. 1885 dipinti, 11.748 disegni, 1228 sculture, 2800 ceramiche, 18.000 incisioni, 6.000 litografie. La cosa curiosa è che lo Stato è stato il principale erede della famiglia.

Quando i beni sono stati divisi, lo Stato... ha rappresentato il figlio maggiore. Dopodiché sono venuti gli altri figli. Ogni membro della famiglia ha avuto la possibilità di scegliere un certo numero di opere che gli spettavano per successione, alle quali era particolarmente legato o che gli piacevano di più. E quindi anch'io ho scelto delle cose.

La testa di toro fatta con la sella della bicicletta. La scimmia è il suo piccolo perché la testa è fatta con le macchinine che mio padre mi aveva rubato. Questo genere di cose.

A parte questo ho preso diverse ceramiche perché mi interessavano. Lo Stato preleva il 20% di un'eredità, stimata a 1 miliardo e 300 mila franchi. Poi si procede alla divisione.

Jacqueline Picasso ultima moglie del pittore, Bernard e Marina, i figli di Paolo, ricevono una piccola parte della gigantesca eredità. Maya, Claude e Paloma si dividono la metà della parte che sarebbe aspettata al loro fratello maggiore, Paolo, poiché si sarebbe dovuto aspettare il 2001 affinché i figli naturali avessero in Francia gli stessi diritti dei cosiddetti figli legittimi. Nel giugno del 1972, dal pennello di Picasso, nasce un giovane pittore con lo sguardo da bambino.

Giovinezza e illusioni prendono il volo per sempre. Pablo si prepara a guardare la morte in faccia. L'ultima volta che abbiamo avuto un incontro di lavoro era all'inizio di luglio del 72. È durato tre ore.

Mi sentivo a disagio, perché sapevo che questo lo avrebbe affaticato molto, ma c'erano riproduzioni delle opere che aveva fatto nel 1912-1913. Era davvero felicissimo di rivederle. Insomma, alla fine è stato un incontro molto bello. Quando abbiamo finito, mi ha preso per un braccio e mi ha portato in un piccolo atelier, dove aveva messo su una chaise longue, come fosse un essere umano, il suo ritratto con gli occhi fuori dalle orbite.

E lì ho capito che gli era accaduto qualcosa, che forse aveva avuto un malore e che per questo aveva fatto il suo autoritratto davanti alla morte. È stato il nostro addio, mi ha portato là davanti e mi ha lasciato lì. Ultimi disegni a Kina, ultime scene erotiche, solitudine estrema di un artista che non vuole più vedere nessuno.

Jacqueline esausta, scoppia in singhiozzi, allo stremo delle forze, in un'atmosfera dolorosa da fine regno. Domenica 8 aprile 1973, Jacqueline è preoccupata. L'artista ha trascorso una notte agitata.

Jacqueline chiama il medico. Picasso respira a fatica. Parla di Apollinaire, di vecchi amici. Dove sei Jacqueline?

Domanda con un filo di voce. Deve salvarlo, dottore. Non ha il diritto di lasciarmi. Picasso le tende la mano e muore alle 11.45. Ha 91 anni.

Mia sorella Geneviève mi ha telefonato a Parigi verso le 12. Mi ha detto di sedermi e poi mi ha detto... No, non volevo crederci. Allora mi ha detto che Picasso...

Sì, me l'ha detto e anche la radio ha annunciato la sua morte. Marie-Thérèse Walter mette fine ai suoi giorni nell'ottobre del 1977, quattro anni dopo la morte di Picasso, non sopportando più di vivere senza l'uomo che fino alla fine è rimasto l'uomo della sua vita. Nel 1986 Jacqueline organizza una grande mostra di Picasso a Madrid.

Nessuno sa che per lei si tratta di un ultimo omaggio all'artista. La sera stessa dell'inaugurazione, Jacqueline si stende sul suo letto a Notre-Dame-de-Vie e si toglie la vita sparandosi un colpo di pistola. Paul Éluard ha scritto Picasso, nella maniera più audace e sublime, ci ha fornito le prove dell'esistenza dell'uomo e del mondo.

Al Museo Picasso, inaugurato nel 1985 a Parigi, possiamo ammirare alcune di queste prove tra le numerose opere scoperte dopo la sua morte. Centinaia di disegni e oltre 250 dipinti. che ci raccontano meglio di chiunque altro la vera storia di Pablo Picasso.