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Storia dell'arte veneziana: Bellini e Messina

Nelle nostre ultime lezioni ci siamo occupati di Antonello da Messina e abbiamo detto che Antonello da Messina costituisce uno snodo fondamentale verso la formazione di quella cultura luministica, cromatica, tonale, tipicamente veneta, appunto, che si svilupperà a partire dalla fine del Quattrocento e si svilupperà soprattutto nel Cinque, nel Sene, nel Settecento. È anche vero però che è Antonello da Messina che ha un portato fondamentale per Venezia, perché diciamo introdurrà a Venezia la tecnica d'olio con tutto ciò che questa tecnica comporta, introdurrà il suo bagaglio sia iconografico che stilistico con i fortissimi accenti fiamminghi, con questa tradizione mediterranea spagnola in qualche modo appunto mediata dalle corti di Napoli e dalle esperienze siciliane, tutti elementi che saranno fondamentali per approdare questa cultura diciamo fusiva della luce che caratterizzerà Venezia. Però dicevamo Antonello da Messina esattamente come Mantegna non è altro che uno step, un gradino in questa scala che porterà a questa nuova visione della cultura figurativa veneziana e che troverà in Giovanni Bellini il suo primo vero diciamo iniziatore, colui che in qualche modo traghetta la pittura veneziana dal prima al dopo, cioè dà un atteggiamento di grande attenzione al colore e alla luce ad una luce assolutamente fusiva e atmosferica. Per questo motivo io in questa slide metto appunto Giovanni Bellini che è il personaggio del quale ci occuperemo oggi e ai due lati mantegna da una parte Antonello da Messina dall'altra artisti che abbiamo visto si influenzano fra loro e a loro volta influenzeranno tutta la pittura veneta. Bisogna considerare che a Venezia c'era un'attenzione alla luce, al colore, assolutamente potremmo dire quasi innata, d'altra parte noi abbiamo parlato di Domenico Veneziano e abbiamo visto come proprio Domenico Veneziano sarà l'artefice dell'introduzione di questa luce avvolgente, diciamo, anche nel Rinascimento Fiorentino e che attraverso Domenico Veneziano poi si passerà a quella luce di Afana, ma anche quella avvolgente, una luce fuori orario potremmo dire che sarà tipica di Piero della Francesca. È anche vero però che questa attenzione al colore e soprattutto alla ricchezza è un'attenzione appunto storica per Venezia che però non era stata meditata diciamo in chiave appunto atmosferica, fusiva. Venezia era una città ricchissima, una città che si è sempre rivolta verso l'Oriente quindi la sua tradizione di appartenenza è quella ovviamente tardogotica, la ricchezza tardogotica ma soprattutto bizantina, quindi diciamo i mosaici, gli ori, i tessuti operati, le gemme, la ricchezza del colore, il tutto scusate condizionato anche dalla rilevanza geografica di questa città che sorge sulle acque, che ha questa caratteristica unica nel suo genere, per cui una città che si caratterizza proprio per i barbagli di luce, per i riflessi. sulle acque per questo orizzonte aperto che è l'orizzonte marino, che è un orizzonte anche mentale per quello che riguarda Venezia, una città modernissima, avanzatissima, spregiudicata da tutti i punti di vista. Quindi diciamo Venezia continua a rivolgersi all'Oriente anche quando passano da Venezia artisti rinascimentali, lasciano esempi della loro opera, è come se Venezia non ci facesse... eccessivamente caso. Comincerà a farci caso dopo il 1453, quando uno degli orizzonti fondamentali di Venezia, direi l'orizzonte fondamentale di Venezia, e cioè l'Oriente e Costantinopoli in particolare, si chiude, perché il 1453 è la data della caduta di Costantinopoli e quindi da quel momento in poi Venezia dovrà fare conti con un mondo... abbastanza nuovo, cioè dovrà rivolgersi verso la terraferma. Per capirci siamo nella fase delle guerre d'Italia, nel momento in cui Venezia attraverso la sua spregiudicatezza politica appunto si apre orizzonti diversi e quindi arriverà fino a Bergamo, per capirci, cioè cercherà di espandersi sulla terraferma. In questo momento ovviamente verrà a contatto con le novità che nel corso degli anni erano state portate in Veneto e nel nord Italia, quindi con il rinascimento fiorentino, ma anche con l'atteggiamento fiammingo di Antonello la Messina e in generale con appunto le novità fiamminghe importate in Italia da tutta una serie di artisti senza mai dimenticare però una grande attenzione verso l'oriente se noi guardiamo per esempio questo celeberrimo ritratto di Maumetto II di Gentile Bellini questo ci dice appunto della grande attenzione che la Serenissima continua a porre verso oriente però in compenso vediamo sempre di gentile da Bellini anche il ritratto del doge Giovanni Mucenigo al centro dove troviamo la ricchezza lo sfarzo e ancora questa impostazione perfettamente di profilo quindi tipicamente italiana e un autoritratto alla vostra destra di appunto gentile dove si vede invece un'attenzione diversa qualcosa che ci riporta per la volumetria per la saldezza della costruzione alla tradizione italiana ma per l'impostazione invece alla ritrattistica fiamminga. Gentile Bellini è uno... dei personaggi più importanti della bottega dei Bellini. Venezia aveva due botteghe fondamentali, quella dei Vivarini e quella dei Bellini appunto. Gentile è il fratello di Giovanni, figlio di Jacopo Bellini, personaggio mondano, dedito appunto a una pittura ricchissima, una pittura sfarzosa, cosa che invece vedremo sarà meno vera per Giovanni, che fa una pittura di un'intensità psicologica, di una moderazione diciamo così quotidiana assolutamente assolutamente diversa più caratterizzante però è interessante il fatto come vedete che c'è una progressione no anche Gentile Bellini appunto viene a contatto con situazioni diverse e medita su situazioni diverse la stessa cosa la possiamo vedere per quello che riguarda i Vivarini quest'opera abbastanza attardata di Antonio Vivarini e Giovanni d'Alemagna il politico della carità siamo appunto alla metà del quattrocento dimostra e che questa bottega lavorava evidentemente ancora su schemi tardogotici, gotico-internazionali. È anche vero però, ricorderete sicuramente, che Antonio Vivarini e Giovanni D'Aremagna sono i due artisti che vennero chiamati insieme a Mantegna e a Niccolò Pinzolo a lavorare alla decorazione della Cappella degli Ovetari. poi per vari motivi la cappella fu terminata da Mantegna, ma il contatto di Antonio Vivarini e Giovanni d'Alemagna con il giovanissimo Mantegna deve aver dato i suoi frutti perché Antonio già rimedita la sua pittura successivamente a quell'esperienza e il figlio di Antonio, soprattutto Alvise Vivarini, mostra di aver compreso le novità del Rinascimento Toscano. Questa figura, questa sacra conversazione... mostrano una Madonna attorniata da Santi con modi che hanno evidentemente a che fare con la tradizione fiorentina. Quindi vedete anche in questo caso, nell'andare avanti, nel trascorrere degli anni, Venezia non è impermeabile, comincia ad assimilare una serie di elementi che vengono anche dalla tradizione rinascimentale. Lo stesso lo possiamo vedere in quello che possiamo considerare davvero il primo, l'iniziatore di questa grande storia della pittura. veneziana e che è Jacopo Bellini, cioè il padre di Giovanni Bellini e di Genchietto Bellini, il caposcuola della omonima bottega veneziana. Vedete nell'immagine alla vostra sinistra una Madonna dell'umiltà che mostra tutti i caratteri tipici dell'arte gotico internazionale tardogotica con queste minuzie di piccoli fiorellini con una luce assolutamente irrealistica nonostante la grande ricchezza con questi Paesaggi, questi paesi rappresentati sullo sfondo che sembrano ancora, diciamo, un'impostazione ancora assolutamente trecentesca, se vogliamo, queste piccole montagne sullo sfondo, non so, a me ricordano Giovanni di Paolo, comunque, insomma, artisti evidentemente abbastanza attardati. Però vediamo anche nel disegno alla vostra destra un interesse. per qualcosa di completamente nuovo che è la prospettiva, prospettiva che lui può avere assimilato ovviamente da Andrea Mantegna, al quale darà esposa la figlia Nicolosa Bellini e che cercherà in tutti i modi di convincere ad entrare nella sua bottega a Venezia senza riuscirci, abbiamo visto che Mantegna si recherà invece a Mantua, ma questo contatto con Mantegna lo porta ad una rilettura, revisione, attenzione e ricerca nei confronti di questa prospettiva. Qui vedete che il cannocchiale ottico è veramente troppo spinto, quindi la prospettiva non funziona perché è spinta alle sue estreme conseguenze. Però c'è una meditazione su questa idea. Vi faccio vedere altri disegni dove si nota chiaramente che la prospettiva che comincia ad essere intuita però non è completamente compresa e quindi diventa addirittura deformante. Ma quello che interessa a noi non è la resa della prospettiva nell'opera di Jacopo Bellini ma la meditazione sulla prospettiva meditazione che creerà in qualche modo un ambiente, l'ambiente nel quale appunto si forma Giovanni Bellini e Giovanni Bellini avrà come caratteristica, il figlio appunto di Ago Bellini, avrà come sua caratteristica fondamentale quella di essere una spugna, cioè di riuscire ad assimilare da tutti i capitoli diciamo fondamentali, tutti i personaggi importanti con i quali verrà a contatto in campo artistico, le caratteristiche principali e fondere diciamo queste caratteristiche in qualcosa di completamente nuovo. L'arte di Giovanni Bellini segue effettivamente una linea ascendente, non si può dire per Giovanni Bellini quello che abbiamo detto per Mantegna o per Masaccio che nasce diciamo e ha uno sviluppo che lo mantiene più o meno sullo stesso livello per tutta la vita, no, si vede benissimo quali sono i passaggi e quali sono i contatti che hanno caratterizzato la sua formazione. Quindi un'opera di questo tipo, che è un'opera giovanile, nella trasfigurazione di Cristo, evidentemente, oltre a questa sensibilità coloristica che è tipica dell'arte veneta, si vede il rapporto che evidentemente c'è stato con Mantegna, nelle durezze, diciamo così, lineare e compositive, ma anche nell'atteggiamento, nell'attenzione alla collocazione delle figure nello spazio. e ha una corretta volumetria. Si vedono evidentemente anche elementi di tipo fiammingo, il cartiglio, l'attenzione, la descrittività dei particolari e dei dettagli, quindi tutta una serie di elementi che appunto ne caratterizzano la crescita. D'altra parte Carlo Bertelli forse è colui che in poco più di una frase ci ha dato appunto in un periodo ci dà il senso di quello che accade a Giovanni Bellini, no? Nato intorno al 1430 è formatosi la bottega del padre Jacopo, andò oltre il frammentario descrittivismo gotico, quindi cartardo gotico ovviamente. tipico del padre grazie all'esempio di Andrea Mantegna, primo incontro quindi, incontra Andrea Mantegna e supera questa sorta di descrittivismo gotico. Supererà però poi anche Andrea Mantegna, quindi vedete Bertelli dice di cui supererà le forzature lineari in seguito a una profonda assimilazione di Piero della Francesca, successivamente vedremo anche di Antonello e poi dei Fiamminghi, fino a raggiungere una fusione coloristica. Cosa ci sta dicendo? Bertelli. I vari step della formazione, che è una formazione continua di Giovanni Bellini, Giovanni Bellini si caratterizzerà per questo, cioè un Giovanni Bellini già molto anziano, già molto avanti con gli anni, non si priverà del piacere di confrontarsi con Giorgione, che è un artista della generazione successiva e che in quel momento era già diventato artista diciamo della serenissima artista ufficiale dello Stato della Repubblica e per cercare di capire questo atteggiamento fusivo del colore che lo porterà appunto alla pittura tonale. Ecco se noi guardiamo La Pietà di Brera, un'opera del 1460, già vediamo che Mantegna è stato evidentemente compreso, capito, meditato e però anche superato, in qualche modo digerito, rielaborato. E quindi se ci sono ancora delle caratteristiche, diciamo, ancora dure, ancora forti, di linee di disegno abbastanza duro, abbastanza spezzato, che è tipico di Mantegna, oppure questo atteggiamento per esempio della decorazione ricciolo per ricciolo, nei capelli del San Giovanni evangelista, però noi vediamo una qualità del colore assolutamente nuova, quindi questo atteggiamento, questa dolcezza del colore assolutamente nuova, che vedete è caratteristica insita dell'arte veneziana, qui ancora non c'è stato il contatto con Antonello da Messina che arriva a Venezia nel 74, per cui evidentemente ancora è troppo presto, e poi vediamo una serie di elementi che ci riportano invece con più forza agli esercizi. gli echi della pittura fiamminga, per esempio vi faccio notare, a parte l'iconografia stessa, questo Cristo. così esangue, così sofferente pur nella morte, che mostra la sua precedente sofferenza, e questi personaggi che mostrano anche loro le loro emozioni, il loro sentimento, questo intervento di questa sorta di soglia che introduce la figura e che la mette più a contatto con lo spettatore, poi per esempio dettagli come le ferite delle mani indagate in maniera assolutamente naturalistica, la cosa che abbiamo visto è diventata... diventerà addirittura un realismo quasi fotografico una ventina di anni dopo, intorno al 1480-1481, nel Cristo morto di Mantegna. Quindi vedete una serie di elementi che già cominciano a fondersi e che troveranno il loro sviluppo dal contatto successivo con Piero della Francesca prima, con Antonello da Messina poi e appunto, come dicevamo, infine addirittura con il suo padre. con Giorgione da Castelfranco. Questa è la caratteristica che vedremo nella prossima lezione, la crescita, la continua sperimentazione, la volontà di innovazione e di comprensione di questo grande artista.