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Riflessioni su Auschwitz e la Shoah

Musica Io sono Barbaro Sensei Musica Musica Della liberazione di Auschwitz parliamo oggi con il professor Alessandro Barbero e con i nostri giovani storici Cristian Ruocco, Samuel Boscarello, Arianna Ragone. Professore, mi sono andato a riguardare tutto ciò che riguarda i campi di concentramento nazisti e è sacco da scoperto che per una quindicina, ventina d'anni... Il campo di concentramento per antonomasia non era Auschwitz, era uno dei tanti Auschwitz, ma quelli più noti erano Dachau, Mauthausen. Come mai Auschwitz diventa il campo di concentramento? Oggi sembra che sia esistito quasi solo Auschwitz. Cos'è che lo fa diventare il campo di concentramento più famoso di tutti? Ma secondo me Auschwitz è stato davvero il campo di concentramento più importante, dove i nazisti hanno fatto il massimo investimento per coniugare il lavoro forzato e lo sterminio, è il campo dove è passata più gente e dove è morta più gente. Però... Però all'inizio, nel dopoguerra, erano più conosciuti quelli che erano stati liberati dagli americani nel 45, perché la scoperta dei campi di sterminio è avvenuta con gli americani che appunto liberano Dachau, Buchenwald e Filmano e al processo di Nuremberg si parla di quello soprattutto. Quindi nell'immaginario collettivo rimangono quelli. Poi lentamente la storiografia ha messo a fuoco la centralità invece di Auschwitz nell'universo nazista. E allora entriamoci. Il campo di sterminio di Auschwitz, come vedremo nel primo capitolo, diventa un grande serbatoio di prigionieri, schiavi, che con il loro lavoro sorreggono l'economia del Terzo Reich. Il campo di sterminio di Auschwitz è il simbolo della Shoah e del folle progetto di annientamento nazista. Ma Auschwitz è anche il prodotto della razionalità germanica, un piano per rendere sempre più efficienti la struttura produttiva e la macchina bellica del Reich. Auschwitz, costruito dai tedeschi nella Polonia occupata vicino Cracovia, è un grande complesso composto da tre campi principali e 46 sottocampi. Il primo campo, Auschwitz I, entra in funzione nell'estate del 1940. L'anno dopo viene aperto il secondo campo, Auschwitz-Birkenau, che con i suoi forni crematori diventerà il più grande luogo di sterminio in Europa. Nell'ottobre 1942 sorge Monowitz o Auschwitz III, che è soprattutto un campo di lavoro. Con l'irresistibile avanzata delle armate tedesche, nei campi di concentramento nazisti, arrivano prigionieri di guerra da tutta Europa, a centinaia di migliaia. A questi si aggiungono i milioni di civili, soprattutto ebrei, rastrellati nei paesi occupati. Questa massa di prigionieri diventa presto un immenso serbatoio di forza lavoro. Intorno ad Auschwitz si insediano molte fabbriche e l'intera area diventa un grande polo industriale. Un polmone produttivo per le necessità della Germania in guerra. Le SS che gestiscono i campi di concentramento affittano alle aziende i prigionieri schiavi che vengono occupati dalle 10 alle 14 ore al giorno. I ritmi sono massacranti e le condizioni di lavoro proibitive. I più fortunati vanno nelle fabbriche o in altri luoghi chiusi. Ma per chi è impegnato all'aperto, l'aspettativa di vita non supera i pochi mesi, considerate le difficili condizioni ambientali con il termometro che d'inverno arriva facilmente a 20 gradi sotto zero. Il comandante di Auschwitz, Rudolf Höss, viene da Dachau. Così, come nel campo di concentramento della Baviera, anche sul cancello d'ingresso di Auschwitz verrà forgiata la scritta Arbeit macht frei, il lavoro rende liberi, che diverrà il simbolo dell'Ager. L'utilizzo del lavoro forzato aumenta con il passare degli anni e con le difficoltà dell'esercito tedesco. Tutti gli uomini sono impegnati nei diversi fronti di guerra e le fabbriche vanno avanti grazie allo sforzo dei prigionieri schiavi. Sono tantissimi quelli che muoiono per la fatica e lo sfinimento, anche perché i reclusi vivono nel lager in condizioni estreme. Le razioni alimentari sono scarsissime, le condizioni igieniche spaventose e le malattie dilagano tra le baracche. senza alcuna possibilità di cura. Ma nei campi di concentramento ci si adattava a tutto? La domanda è curiosa, si è adattato a tutto quello che è sopravvissuto, ma la maggior parte non si adattava a tutto e moriva, per non sapersi adattare, anche a cose che a noi sembrano banali oggi, alle scarpe per esempio. si buttavano addosso un paio di scarpe, anzi neanche un paio, due scarpe scompagnate, una col tacco e una senza, bisognava essere quasi degli atleti per imparare a camminare in questo modo, una era troppo stretta e l'altra troppo larga, bisognava fare dei cambi complicati se si aveva fortuna e trovare… il modo di assortire le due scarpe che andassero bene, ma comunque erano scarpe che ferivano i piedi, chi aveva la pelle dei piedi delicata finiva che aveva delle infezioni ai piedi, le ho avute anch'io ancora i segni, ma miracolosamente le mie sono guarite da sole, benché non aveva mai perso un giorno di lavoro, ma chi era sensibile alle infezioni moriva di scarpe, di ferite infettate ai piedi che non guarivano più, i piedi gonfiavano, più gonfiavano più facevano attriti nelle scarpe, si veniva con andare all'ospedale, ma all'ospedale non era ammesso come malattia i piedi gonfi, era troppo comune, chi aveva i piedi gonfi andava in camera a gas. Cristiana Ruocco, mi ha colpito una cosa detta adesso da Primo Levi, in questo vecchio filmato, non ha mai perso un giorno di lavoro. Che cos'era il lavoro forzato ad Auschwitz? Sì, a metà della guerra è stato statisticamente provato che i lavoratori forzati raggiungevano più del 20% della forza lavoro tedesca. Ovviamente i tedeschi impegnati al fronte. avevano fatto sì che le fabbriche si svuotassero di lavoratori e dove ricercare quindi manodopera in modo particolare sulle ferrovie che dovevano essere utilizzate per trasportare i prigionieri e ovviamente nelle fabbriche belliche bene dai campi di concentramento. Pertanto i nazisti hanno provveduto a costruire anche diverse tipologie di campi di lavoro destinate a diversi tipi di lavoratori, vi erano i cosiddetti lavoratori volontari. provenienti anche da paesi alleati della Germania, quali gli italiani. Vi erano i lavoratori forzati, tra cui gli ebrei, o i lavoratori civili, o i lavoratori orientali, che comprendevano esclusivamente i sovietici. Ovviamente le condizioni erano a dir poco pessime, terribili, e pertanto di lavoro si moriva. Erano condizioni di disumane. Professore, noi... Non ci fermiamo neanche a argomenti che sono stati fatti propri dai negazionisti, da coloro che negano quello che è accaduto nei campi di concentramento e che io ritengo storicamente provato al 100%. Però uno dei loro argomenti, riprendo le tesi di Cristiano Rocco, è questo. Che interesse avevano i nazisti se con quei campi di concentramento costituivano il 20% della loro forza lavoro a sterminarli? In realtà il punto è questo. I tedeschi riescono a combattere per anni la seconda guerra mondiale grazie ai lavoratori stranieri più o meno forzati. Ma questi non sono tutti in lager come Auschwitz. E poi c'è il problema che all'inizio è tutto separato del fatto che i tedeschi vogliono sterminare gli ebrei. I tedeschi vogliono sterminare gli ebrei e questo lo vogliono fare a qualunque costo. Tanto che è stato calcolato che hanno in realtà danneggiato il loro sforzo bellico con l'enorme investimento, per esempio l'enorme quantità di treni che avrebbero potuto portare rifornimenti al... fronte e invece venivano usati per trasportare ebrei da Budapest ad Auschwitz. Una spiegazione che si cerca di trovare dice questo, che il peggio dello stermino che cominciò prima, ma è dopo la conferenza di Wannsee nel gennaio... 1942, quando capiscono che la guerra si mette male, che quindi non avranno uno sfogo a Oriente immediato come immaginavano di avere e tutti quegli ebrei che hanno messo dentro i campi di concettazione, decino di sterminarli, di smaltirli, come dicevano con una parola che mi fa venire la pelle accaponata. Il problema di quando esattamente i nazisti hanno deciso di sterminare tutti gli ebrei è un grossissimo problema, perché non c'è dubbio che Hitler già nel Mein Kampf, quindi già molti anni prima, aveva chiarito che gli ebrei erano un nemico da eliminare in un modo o nell'altro. Ma in un modo o nell'altro, nei suoi deliri, poteva anche voler dire li mandiamo tutti in Africa, per esempio. E con l'inaspirsi della guerra, che visto che si ammazza così tanta gente, ci sono così tanti morti dappertutto, e allora perché non cominciare a sterminare fisicamente anche il nemico peggiore, cioè gli ebrei? Quindi è dall'invasione dell'Unione Sovietica, nell'estate del 1941, che è deliberata l'idea che man mano che incontriamo degli ebrei li ammazziamo. Dopodiché questi vengono sterminati dietro la linea del fronte da reparti speciali che li fucilano in massa e li seppelliscono in fosse comuni. A Vanzè invece si decide, beh, però tutti quelli che non incontreremo in campagna e non potremo fucilare sul posto e anche quelli dei paesi alleati, quelli ungheresi, quelli italiani, quelli tedeschi, che non erano stati ancora sterminati a quel punto, per quelli si decide che anche loro dovranno essere sterminati. e che un campo come Auschwitz e anche altri campi di sterminio sono la soluzione. Arianna Ragone, che categorie c'erano di prigionieri nel campo di Auschwitz? Sì, ad essere deportati ad Auschwitz non furono soltanto gli ebrei, benché si trattasse della maggioranza dei deportati. C'erano anche oppositori politici o criminali comuni, anche persone le quali non corrispondevano a... quello che era l'ideale della razza pura propagandata dal Partito Nazionalsocialista, quindi ad esempio persone di etnia rom e sinti ma anche omosessuali, tutti coloro venivano contrassegnati da un triangolo di colore diverso per riconoscerli, a parte gli ebrei che venivano tatuati sul braccio sinistro con un numero. Le percentuali sono di molti, molti, moltissimi più ebrei. Tutto il resto però è giusto sottolineare che non furono solo gli ebrei a essere sterminati ad Auschwitz. Sì, in realtà io direi che si può distinguere probabilmente Auschwitz all'inizio. Abbiamo sentito che sono tre grandi campi più molte dipendenze. Il primo campo, Auschwitz I, è un campo abbastanza simile a quelli che menzionavamo all'inizio da Hau, Buchenwald, perché il sistema nazista prevede fin dall'inizio di avere dei campi di concentramento in cui segregare tutti quelli che danno fastidio. I primi campi nascono in Germania già nel 33, appena Hitler va al potere apre i primi campi per i militanti di opposizione, per i comunisti, per i socialisti e a quel punto anche per i prigionieri comuni, per i delinquenti, per le prostitute e poi via via, man mano che si individua una categoria come nociva per la pura società ariana, vengono mandati in questi campi, che non sono campi di sterminio. Questa gente ci muore in massa di malattia, di fame, ma... non c'è l'idea, li mettiamo lì per sterminarli. E anche Auschwitz 1 è una cosa del genere. E quindi ci finiscono partigiani provenienti da tutti i paesi dell'Europa occupata, ci finiscono prigionieri di guerra sovietici. Però la grande massa di quelli che vanno ad Auschwitz sono quelli che vengono mandati direttamente a Birkenau, al campo di sterminio. E quelli sono ebrei. Questo è il punto. E noi lo vedremo nel secondo capitolo. Quando Auschwitz diventa la più efficiente macchina di sterminio del nazismo, il luogo dove vengono uccisi un milione di ebrei, forse anche di più. La soluzione finale che prevede lo sterminio di tutti gli ebrei d'Europa viene progettata e organizzata a Vance nel gennaio 1942. Ma i nezisti hanno cominciato a uccidere gli ebrei in modo sistematico già da prima. Le truppe tedesche, che dal giugno 1941 invadono le sterminate pianure russe, compiono spaventosi eccidi di civili, soprattutto ebrei. Squadre speciali li catturano in massa. Li portano in ampie radure e li falciano a colpi di mitra. A volte ne uccidono decine di migliaia in un'unica soluzione. Poi li seppelliscono in grandi fosse comuni. Ma il sistema ha delle controindicazioni. I soldati tedeschi non sempre reggono alla brutalità di queste uccisioni, per quanto indottrinati e spesso anche drogati. E poi la soluzione finale. Richiede un sistema più efficiente, in grado di eliminare milioni di persone. Per questo entrano in funzione le camere a gas e i forni crematori. Ad Auschwitz-Birkenau, quattro forni di grandi dimensioni lavorano giorno e notte. A volte i treni scaricano nella Judenramp, la rampa degli ebrei, 15-20.000 deportati in un giorno. Ad attenderli dopo un allucinante viaggio in treno. Ci sono gli uomini dell'SS che urlano ordini incomprensibili per i più. Ci sono anche i medici che procedono alla selezione. Da una parte gli abili al lavoro, dall'altra gli inabili, persone inutili che vengono condotte direttamente nelle camere a gas e poi nei forni. E quando i crematori non bastano, i cadaveri usciti dalle camere a gas vengono bruciati in grandi roghe all'aperto. Divisero implacabilmente l'uomo. uomini dalle donne, ecco che io lasciai per sempre la mano di mio papà e non sapevo che fosse per sempre e così ci salutammo e io fui insieme a delle donne in fila e lui a 50 100 metri lontano da me anche lui si mise in fila con gli uomini ci guardavamo ci guardavamo da lontano mi ricordo e io con l'ultimo fiato cercando di non piangere gli facevo dei piccoli sorrisi, gli facevo dei ciao da lontano perché io ero sempre molto preoccupata per lui che così sofferente, così disperato di avermi messo al mondo, così preoccupato logicamente per me come era e allora gli facevo ancora questi piccoli sorrisi. di salutini da lontano, poi invece a un certo punto non l'ho visto più e non l'ho visto mai più, infatti. Nel lager si muore di fatica e di sfinimento per il lavoro forzato, di fame o di malattie. Si può essere uccisi anche per punizione, a volte per il più futile dei motivi, magari un ordine non compreso. Nel campo si muore anche nell'ambulatorio del dottor Josef Mengele. L'angelo della morte, così viene chiamato, seleziona tra i prigionieri cavie per i suoi esperimenti pseudoscientifici. Ne tortura e ne uccide a centinaia, tra loro tanti bambini, soprattutto gemelli, che sono la sua vera ossessione. In un crescendo di orrore, Auschwitz si trasforma in una fabbrica della morte attraverso la quale i nazisti riescono a uccidere quasi un milione e mezzo di persone, un milione delle quali sono ebree. Riassumendo, all'inizio, 1940, il campo di Auschwitz nasce come campo di concentramento che contemplava la morte di molti detenuti ma non era nettamente un campo di sterminio. Poi... Col passare del tempo diventa una macchina di morte, un campo di sterminio vero e proprio, cioè servivano camera gas e forni crematori a sveltire queste orribili procedure di morte, che però contemplavano l'attività, lo diceva il filmato e vorrei interrogare lei, Samuel Boscarello, l'attività di questo Josef Mengele che faceva diritto a un'attività di e sadici esperimenti sui suoi prigionieri. Sì, era uno pseudoscienziato appunto. Inizialmente Mengele studiava antropologia, poi in un secondo periodo si specializzò in medicina. E dello sessonato dei gemelli pare, da alcune testimonianze, perché voleva capire se ci fosse un modo per incrementare i parti gemellari tra le coppie tedesche per far sì che facessero più figli. Però venivano condotti anche esperimenti di altro genere, per esempio case farmaceutiche, industrie chimiche, affittavano stock di prigionieri per compiere sperimentazioni di farmaci, prodotti di vario genere su di loro, esattamente come se fossero cavi animali. Quindi non c'era solo Mengele, era tutto un mondo abbastanza variegato. Ed era un fatto comune ai campi di concentramento di avere questo tipo di sperimentazione. scientifiche, lo dico tra virgolette perché scientifiche non erano. Dunque, io so che lo facevano i giapponesi, per esempio, regolarmente. E allora, secondo me, qui c'è qualcosa su cui dobbiamo interrogarci, nel senso che... è un po'un punto d'arrivo spaventoso ma logico del progresso scientifico dell'Ottocento. Qui siamo al punto d'arrivo di un'epoca in cui l'Europa e anche il Giappone in realtà è imbevuto della stessa cultura del progresso tecnologico e scientifico europeo e quella cultura immagina che appunto noi dobbiamo e possiamo conoscere tutto e che non ci sono limiti al nostro bisogno di sperimentare e di conoscere. neanche limiti morali. Però io penso che allora stesso si sarebbe pensato con orrore se non che tutti si difesero dicendo ma noi non sapevamo, ma di Auschwitz, i tedeschi, ma anche gli americani, perché le domande nel dopoguerra, ma perché non avete bombardato, bombardato le ferrovie, ma si sapeva poco. E allora Arianna Ragone, do a lei la questione più complicata. Ci furono tentativi di fuga, alcuni quali riusciti. Possibile che nessuno abbia portato all'esterno le prove, ma risulta che le prove furono portate all'esterno. Sì, infatti di questi tentativi di fuga 144 circa riuscirono. Nella primavera in particolare del 1944 due brei slovacchi, Wetzler e Rosenberg, riescono a fuggire da Auschwitz a raggiungere la Slovacchia. e scrivono un documento in cui raccolgono le loro testimonianze di Auschwitz. Questo documento viene tradotto in più lingue, si tratta del primo documento ufficiale di testimonianza della Shoah, mentre questo era ancora in atto. Questo documento tradotto in più lingue raggiunge anche i Paesi Liberi, Londra, ma anche gli Stati Uniti, viene trasmesso dalla BBC, pubblicato sul New York Times. Quindi il mondo viene a conoscenza dei crimini nazisti, diciamo ufficialmente, grazie a questo documento. E tuttavia nell'estate del 1944, quindi poco dopo, continuano le deportazioni degli ebrei e le uccisioni di massa, in particolar modo è emblematico il caso degli ebrei ungheresi, più di 400.000 ebrei ungheresi vengono uccisi ad Abid. Certo, quello fu un caso enorme. Allora, professore, l'Occidente, Walter Alcari ha scritto un libro, Il Terribile Segreto, non volle sapere. Perché non vogliono sapere? Io credo che ci siano molti motivi. Uno è che nella prima guerra mondiale si erano diffuse subito... notizie spaventose sulle atrocità commesse dalle truppe tedesche. Parlo della prima guerra mondiale, nel 1914. Tutta la stampa dei paesi alleati parlava dei tedeschi che tagliavano le mani ai bambini, cavavano gli occhi ai prigionieri, sventravano le infermiere nemiche. E tutti ci credevano. E poi si scoprì che non era vero niente. Che un intero mondo era caduto vittima della propaganda che propalava queste atrocità immaginarie. Io credo che in parte... i responsabili della comunicazione, della stampa nella seconda guerra mondiale, abbiano avuto anche paura di cadere di nuovo in una trappola. Questo è probabile. Adesso le faccio vedere un filmato, ancora una testimonianza di Primo Levi, che spiega come la personalità dei prigionieri viene violentata e annullata nei campi di sterminio. L'attristica del Lager nazista, e gli altri non lo so perché non li conosco, forse in quelli russi avviene altrettanto, è di annullare la personalità nell'uomo all'interno e all'esterno, non soltanto del prigioniero, ma anche il custode del Lager perde la sua umanità. due itinerari divergenti ma che portano allo stesso risultato. Direi che è toccato a pochi la fortuna di riuscire a conservarsi consapevoli durante la prigionia. hanno riacquistato la consapevolezza di cosa era stata questa esperienza dopo, ma durante l'avevano persa, molti hanno dimenticato tutto, non hanno registrato le loro esperienze mentalmente, non hanno inciso nel nastro della memoria per così dire. Quindi avveniva sì sostanzialmente in tutti una profonda modificazione della personalità con un'attenuazione della sensibilità soprattutto, per cui i ricordi della casa... passavano in secondo piano, le memorie della famiglia passavano in secondo piano di fronte al bisogno urgente, alla fame, al bisogno di difendersi dal freddo, al difendersi dalle percosse, al resistere alla fatica, tutto questo portava a delle condizioni che in sostanza si potevano chiamare animalesche, come quelle di animali da lavoro, chi nega Auschwitz è quello stesso che sarebbe pronto a rifarlo. Chi nega Auschwitz si sofferma su questo Primo Levi. Che cos'è stato questo fenomeno che dura ormai da 30 anni del negazionismo, professore? Fa parte del nostro lavoro di storico, la tentazione di dire tutti credete questa cosa e invece forse non è così e io sarò il primo a dimostrarlo. Questo in realtà può essere anche una pulsione positiva che spinge a rivedere le certezze. Come dire, il revisionismo, il negazionismo hanno trovato poi terreno fertile nell'esistenza di movimenti neonazisti che acclamano queste tesi. Ma il punto di partenza sono quei pochi studiosi che sono diventati famosi purtroppo. poi in un mondo anche troppo credulone, perché si sono intestarditi a voler dire no, io dimostrerò che non è successo, che non era possibile. Comunque adesso la porto nel terzo capitolo. Il 27 gennaio 1945 le truppe dell'Armata Rossa entrano a Auschwitz e liberano il campo. Beh, l'impressione è spaventosa. Alla fine del 1944 le truppe tedesche sono in rotta su tutti i fronti. L'Armata Rossa avanza da est e dopo aver riconquistato il territorio sovietico entra nella Polonia occupata dai nazisti. A novembre le SS cominciano a... le operazioni per sgomberare Auschwitz. Bisogna bruciare documenti, distruggere prove, non deve rimanere traccia delle camere a gas e dei forni crematori. Questi luoghi presto saranno in mano al nemico e bisogna nascondere le tracce degli orrori. che, qui come negli altri lager, sono stati conflitti. A metà gennaio 1945, i tedeschi abbandonano Auschwitz. Migliaia di prigionieri sono costretti a lasciare il campo insieme ai loro aguzzini. Ridotti come larve umane, a piedi, nella neve, vestiti di stracci, i deportati affrontano le cosiddette marce della morte per essere trasferiti in altri campi più a ovest. Una gran parte di loro non arriverà mai a casa. mai a destinazione. Il 27 gennaio 1945, un'avanguardia dell'Armata Rossa giunge ad Auschwitz. Lo spettacolo che si presenta ai loro occhi è agghiacciante. Nel campo sono rimasti circa 7000 prigionieri, tra cui 700 bambini. Molti nemmeno si accorgono del loro arrivo. Sono ridotti allo stremo delle forze e girano come fantasmi in cerca di cibo per sopravvivere, in mezzo a 500 cadaveri sparsi sul terreno. Non c'è gioia in questa liberazione, solo apatia, silenzio, vuoto. I russi si armano di cineprese e iniziano a filmare quello che vedono. Entrano nelle baracche, dove le donne sono ammassate in luride cucette. Nei magazzini, dove i tedeschi hanno stipato gli effetti personali dei prigionieri, trovano ammassate migliaia di scarpe, di occhiali, oggetti di ogni tipo. In una stanza ci sono sette tonnellate di capelli, già confezionati in sacchi per essere venduti ad aziende produttrici di parrucche o materassi. Le immagini riprese nei giorni successivi alla liberazione saranno presentate dopo la fine della guerra come importanti prove al processo di Norimberga contro i crimini nazisti. Nei giorni e nelle settimane successive alla liberazione molti continuano a morire per sfinimento o a causa delle malattie già contratte. Finita la guerra, per i sopravvissuti inizia la lunga odissea del ritorno, quella raccontata da Primo Levi nel libro La Tregua. da un campo profughi all'altro, spostamenti in un'Europa devastata con i trasporti e le vie di comunicazione distrutti. Ci vogliono mesi, in alcuni casi anni, per tornare al proprio paese e ricostruirsi una vita. Una volta arrivati alle immutilazioni fisiche e psichiche, si aggiungerà l'emarginazione sociale. La consapevolezza di quel che è accaduto ad Auschwitz, come negli altri campi, arriverà solo molto tempo dopo e per anni. E per tanti sopravvissuti, quel vissuto rimarrà un trauma indicibile. E ricorda il ritorno. Molto deludente, molto triste. Anche i parenti che ho trovato non avevano la capacità di rendersi conto di cosa era stato questo mondo dell'orrore. Ed io nei primissimi... giorni ho capito che nessuno avrebbe capito infatti poi io ho taciuto per 45 anni e solo quando sono diventata nonna ho compiuto 60 anni Sono riuscita in un certo senso a sbloccare tutte queste cose che erano dentro di me da decenni e con grande umiltà mi sono messa a raccontare in pubblico quello che mi era successo per la colpa di essere nata. Samuel Boscarello, sai una cosa che mi ha colpito? Che quando arrivarono i sovietici, che avevano con loro anche dei medici, ad Auschwitz i sopravvissuti rifiutavano le cure, avevano paura di questi medici. Quando li vedevano avvicinare con i camici prendevano le distanze. Perché? Assolutamente, infatti fu un'impresa difficilissima, non solo perché erano debilitati, ma anche perché avevano contratto, avevano subito dei traumi psichici fortissimi. Molti di loro non potevano nemmeno sostenere la vista di una siringa perché le iniezioni, le taglie erano praticate dai nazisti e quindi il loro pensiero tornava subito lì. Oppure erano terrorizzati dai bagni. I bagni erano i posti in cui venivano effettuate le selezioni per la camera a gas. Quindi insomma era un'impresa davvero difficilissima. Le infermiere e i medici si davano dei turni massacranti, soprattutto nei primi mesi. E il contributo, il grande contributo per la cura dei sopravvissuti fu profuso soprattutto da sovietici, dalla chiesa polacca e dalla Croce Rossa internazionale, che si occupò anche di mettere di nuovo in contatto i sopravvissuti con le famiglie. Professore, si può sopravvivere a un'esperienza simile? Lei sa che molti, fra cui anche Primo Levi, si sono suicidati, molti anni dopo. Riacquistare la libertà non era tornare alla vita precedente, ma fare i conti con un dramma interiore, tra l'altro aver visto morire padre, madre, fratelli. Si può sopravvivere a qualcosa come la Shoah? Certamente noi conosciamo appunto... i casi soprattutto di quelle persone che hanno avuto poi anche modo di rielaborare la propria esperienza, che hanno scritto. E questo dovrebbe sembrare anche un modo per liberarsi in parte da questa eredità. Quando Primo Levi è morto e si è suicidato, tutti quanti abbiamo pensato, vedi, non è mai uscito da Auschwitz. Visto che mi sta parlando di Primo Levi, come spiega che i primi libri di Primo Levi... Furono trattati con diffidenza, respinti dalle cade editrici. Poi sarebbe diventato uno dei più grandi scrittori italiani, celebrato. Ma perché per tanti anni quei libri non li si voleva leggere? A me ci sono due cose. Uno è che in generale nei primi anni nessuno più voleva sentir parlare di queste cose. E questo è l'altro motivo per cui i rei Ducci erano traumatizzati. Avevano vissuto qualcosa di spaventoso, ma si rendevano anche conto che era qualcosa di enorme nella storia umana. Avebbero potuto raccontarlo e nessuno voleva starli a sentire. D'altra parte Primo Levi scriveva con uno stile di una semplicità che oggi noi consideriamo cristallino, classico, e lo consideriamo anche quindi un grande scrittore. Tutto il mondo lo considera. Ma allora pariva troppo poco retorico. Non sembrava letteratura, sembravano sì, libri di memorie, ma non letteratura. Rea Nargone, i nazisti che stavano nel campo che fino a fece dove andarono? I nazisti cercarono di confondersi con le cosiddette marce della morte che obbligarono a far compiere ai prigionieri del campo di Auschwitz. Infatti dieci giorni prima della liberazione del campo da parte dei sovietici furono sfollati tutti coloro, tutti i prigionieri in grado di camminare, tra cui Shlomo Venezia che è un importantissimo testimone. Faceva parte del Sonderkommando, era costretto a lavorare. Negli impianti di messa a morte nazisti, a testimone quindi dei crimini nazisti, vide forni crematori, vide le camere a gas, riuscì a mettersi in salvo e venne però deportato in queste marce della morte a Mauthausen, dove continuò comunque a lavorare come schiavo per essere liberato poi solamente a maggio del 1945. Insomma è una vicenda di una complessità mostruosa. Sì, un aspetto particolarmente... interessante è il fatto che il regime nazista ha messo in piedi questa macchina di morte, convinto che fosse una cosa sacrosanta e necessaria a sterminare gli ebrei, e al tempo stesso però sapendo che stava facendo qualcosa di inconfessabile. Cristiana Ruocco, sacco da me, ha colpito della testimonianza di Liliana Segre, quando lei si sofferma, lo fa spesso su 60 anni in cui non ne ha voluto parlare. Perché? Beh, in realtà quello che lei mette fondamentalmente in evidenza è il fatto che leggendo un libro, il libro della memoria, in cui sono elencati tutti i sopravvissuti ad Auschwitz e tutte le persone che sono state uccise ad Auschwitz, nel momento in cui lei lesse il suo nome fu in quel momento che lei si rese conto che doveva raccontare la sua storia. Perché se era presente anche il suo nome, accanto al suo nome non c'era scritto data. e il luogo di morte che poteva essere Auschwitz, altri campi di concentramento, lei aveva il dovere di parlare e di rendere nota la storia di Auschwitz. C'è ancora molto da raccontare su Auschwitz. Gli stati moderni producono una quantità di scartoffie infinita. Io non credo quindi che sia stato studiato tutto ciò che c'è ancora oggi negli archivi dello Stato tedesco, o delle grandi imprese, delle grandi aziende per esempio. Molto è stato fatto. ma sicuramente su argomenti del genere potrebbero ancora saltare fuori molte cose interessanti. Vogliete questa allusione del professor Barbera? Perché vuol dire che fosse in quegli archivi... C'è qualcuno che si è avvantaggiato di questa fabbrica di morte e quindi studiare, studiare, studiare ancora Auschwitz. Intanto, professore, ha tre libri per approfondire quello che già si è saputo fin qui? Io direi che consigliamo un libro che rimane forse tuttora il più vasto tentativo di dare un quadro complessivo dello sterminio e cioè il libro di Raoul Hilberg, La distruzione degli ebrei d'Europa. Poi invece stringendo lo zoom su Auschwitz si può partire dall'autobiografia del comandante di Auschwitz, Rudolf Huss, comandante ad Auschwitz, che ha fatto il tempo a scrivere... E all'Igola, la sua famigliola che... Certo, certo, certo. E poi vabbè, secondo me vale la pena di dire leggete La tregua di Primo Levi, che racconta la liberazione e il ritorno a casa, con tutte le sue difficoltà, ma in quel libro anche con tutte le speranze. Un grazie. particolare al professore Alessandro Barbero e un grazie altrettanto particolare a Cristiana Ruocco, a Samuel Boscarello, a Rianna Ragone, mentre vi invito a prendere nota dei libri suggeriti dal professor Barbero passo alle conclusioni. Rudolf Huss e in Audi 2005, La Tregua, Primo Levi e in Audi 1963. Alessandro Barbero ci ha spiegato della fatica che si fece in Germania e anche nel resto d'Europa a mettere a fuoco la centralità. e della mostruosità di Auschwitz. Beh, se ci siamo riusciti, il merito va in gran parte a Fritz Bauer. Chi era Fritz Bauer? Era un tedesco che era stato a Esule negli anni del nazismo, della guerra, in Danimarca e Svezia, poi era tornato a Svezia, poi era tornato a Svezia, nato nel suo paese ed era stato nominato procuratore dell'Asia. Lì aveva cominciato a indagare sugli ex nazisti, ma i suoi connazionali non gli avevano reso la vita facile e allora Bauer aveva aiutato il Mossad e i servizi segreti israeliani a ritracciare e catturare il criminale Adolf Eichmann. Dopo questo processo di uccisione di Eichmann, a Bauer fu concesso di fare di più. Non con grande facilità e fu Bauer che istruì il processo di Francoforte, un celeberrimo processo, celeberrimo in Germania, fuori molto meno, che si svolse fra il dicembre del 1963 e l'estate del 1965 che portò non solo alla condanna di alcuni criminali di Auschwitz, ma a mettere a fuoco molti degli aspetti della vita nel campo di concentramento.