Soren Kierkegaard è uno di quei pensatori strani che ogni tanto si incontrano quando si fa filosofia. Strani perché, per certi versi, non sembra neppure un filosofo, perché ha un procedere diverso da tutti gli altri, un lessico diverso da tutti gli altri, perfino degli interessi diversi da quasi tutti gli altri. E però, in realtà, si pone forse quelle domande che più propriamente associamo alla filosofia, perché...
Quando si chiede ai ragazzini che non hanno mai fatto filosofia cosa pensano che sia la filosofia, loro ti dicono sempre è la risposta alla domanda che senso ha la nostra vita. Ecco, questa domanda se la fa Kierkegaard e tenta di dare una risposta, tenta di trovare una chiave per dare un senso, per trovare un senso alla nostra esistenza. Una soluzione che però è molto particolare, perfino paradossale per certi versi e ne parleremo. Oggi infatti tentiamo di parlare di...
della filosofia di Kierkegaard, però tutto in un'ora, tutto il pensiero, una carrellata veloce di questo autore in un'ora. Abbiamo già fatto dei video più estesi, con tutte le spiegazioni, con i tempi dovuti, ma qui facciamo una mega sintesi per chi ha già studiato e vuole semplicemente dare una ripassata veloce. Andiamo a cominciare.
Un sorso di caffè nella tazza con la solita scritta andiamo a cominciare che pronuncio una versione di ogni video quasi fosse da contratto con me da contratto ci sono anche i miei soliti spettatori Topolino Tostoi, Batman De Andrè, il mostro peloso di cuscino, quest'altro mostriciatro qui che si intende Travene, poi ci sono io, io mi chiamo Ermano Ferretti, sono un insegnante di storia e filosofia, insegno nel liceo scientifico di Novigo e da due anni e mezzo, quasi tre ormai, su questo canale realizzo praticamente ogni giorno delle video spiegazioni di storia, di filosofia, di educazione civica, a volte anche di attualità. per ripercorrere un po'il programma che si fa sui superiori di storia e di filosofia ma ogni tanto anche per dare qualche spunto in più per fare cose che magari invece servono di più all'università o per concorsi insomma c'è chi trova tutto quello che vuole anche semplicemente curiosi che vogliono rinvertire certi ricordi o vogliono approfondirli trovano molto materiale in questo canale ce ne sono, siamo vicino al migliaia al milione al millesimo video mi perdo anch'io perché dopo mille video le parole vengono anche a mancare però quindi se siete interessati dateci un'occhiata. Oggi come vi dicevo nella premessa però facciamo un video un po'particolare perché oltre a tutti i video classici di filosofia e storia eccetera ogni tanto faccio dei video riassuntivi cioè tutto che so Marx in un'ora c'è, tutto Nietzsche in un'ora, tutto Platone in un'ora, tutto Aristotele in un'ora, tutto Kierkegaard come facciamo oggi in un'ora in realtà ci sono Vari video dedicati a Kierkegaard, in descrizione vi metto la playlist con i video più ampi dove affrontiamo i vari punti del suo pensiero con i tempi dovuti e spiegandoli per bene. Però appunto, a volte, soprattutto quando si è all'università, quando lo si è già studiato, bisogna anche dare una carrellata veloce magari, oppure dopo che si è studiato anche le superiori...
un ripasso generale serve un video un po'più rassuntivo. Allora oggi facciamo questo video dedicato a Kierkegaard, tutto Kierkegaard in un'ora. Partiamo dalla vita, io ho qua il mio cronometro che sta andando avanti, che mi segna i tempi, dovrei rifiutarsi nei tempi. Partiamo, dicevo, dalla vita e questo Soren Kierkegaard è un filosofo intanto ottocentesco, vissuto tra il 1813 e il 1855, quindi non è neppure troppo lungo perché muore.
una quarantina o poco più d'anni. È danese, nativo di Copenhagen, ed è un filosofo, ripeto, strano, come ho detto un po'nella premessa, perché è un filosofo fuori dal suo tempo, per certi versi, e forse anche in anticipo sui tempi, perché Kircher è considerato, unanimemente, uno dei principali, se non il principale precursore dell'esistenzialismo. L'esistenzialismo è una... corrente filosofica molto importante del novecento che ha avuto i suoi principali esponenti in Sartre, Jaspers e in parte anche Heidegger, magari in descrizione vi metto il link a tutti e tre, però...
nell'Ottocento, appunto un secolo prima che poi diventasse una corrente vera e propria che avesse successo nel mondo filosofico, aveva già avuto delle anticipazioni e Kircher da questo punto di vista è sicuramente un anticipatore. Perché? Perché si pone le stesse domande che poi si porranno anche gli esistenzialisti del Novecento, ad esempio qual è il senso della vita, ad esempio come reagire davanti a una vita che sembra almeno apparentemente non avere senso, eccetera.
E poi soprattutto... Oltre a porsi le domande, Kierkegaard dà anche imposte ai problemi, voglio dire, dà anche una chiave di lettura che poi verrà fatta proprio anche dai pensatori del Novecento, che magari daranno risposte molto diverse da quelle di Kierkegaard, ma accetteranno la sua impostazione. Quindi ad esempio gli stadi della vita di cui parleremo oggi, quindi ad esempio... il peso della noia, quindi ad esempio il peso della scelta, sono tutti temi che Kierkegaard introduce e che vengono fatti proprio poi dagli altri filosofi. Brevemente i fatti biografici, nasce una famiglia molto religiosa, suo fratello ha almeno un fratello che diventa anche vescovo luterano in Danimarca, lui stesso studia teologia all'università, si laurea con una tesi su Socrate e il concetto di ironia in Socrate, ma poco dopo la laurea si sposta in Germania dalla Danimarca vicina.
Per assistere ad alcune lezioni universitarie, in particolare di Schelling, siamo all'inizio dell'Ottocento. La filosofia dominante nell'area tedesca, ma in generale in Europa, è la filosofia idealistica, quindi Fichte, Schelling, Hegel, per farla breve. E lui inizialmente vuole saperne di più di questa filosofia realistica, ma rimane negativamente colpito dalle elezioni di Schelling e in effetti l'idealismo, in particolare anche Hegel, rimarrà un suo bersaglio polemico.
Vedremo che sarà un anti-idealista alla fine Schelling, nonostante appunto vivere un'epoca che è permeata di idealismo. Torna in patria, è fidanzato ma decide, questo è l'unico fatto biografico forse degno di nota, di rompere improvvisamente il fidanzamento. La fidanzata si chiama Regina Olsen, non si è mai capito perché abbia rotto questo fidanzamento, sono varie ipotesi, i biografi hanno scritto fiumi e fiumi di inchiostro su questo strano fidanzamento, questa rottura a un passo del matrimonio.
tra le varie ipotesi c'è anche forse quella più fondata o suggestiva c'è l'idea che il buon Kierkegaard forse è convinto di essere maledetto e in odio a Dio addirittura e quindi abbia evitato di sposarsi per non far figli perché convinto che la maledizione che gravava su di lui e sulla sua famiglia sarebbe forse potuta passare anche ai suoi figli se avesse avuto figli quindi meglio non far figli meglio non sposarsi e rimanere solo e triste. Poi vedremo che in realtà anche il matrimonio ha un certo peso nella filosofia di Kierkegaard ne parleremo comunque decide di non sposarsi pare di trovare questa condanna che questa maledizione derivasse dal comportamento del padre o che si era risposato troppo presto o che dopo la prima morte della prima moglie, oppure che avesse addirittura bestemmiato, cosa che per Kierkegaard era intollerabile, ma insomma la sua vita poi si spegne abbastanza presto, lui è abbastanza malato, fragile, risaluto e in effetti muore, relativamente giovane, scrive varie opere, spesso scritte tra l'altro con pseudonimi, cioè firmate con altri nomi, non col suo vero nome, non tanto perché avesse paura della censura, no, non è questo il problema, il problema era che lo stesso Kierkegaard, vedremo nella sua filosofia, ha un rapporto aperto, una questione aperta col tema dell'identità. Come vedremo, alla fine dei conti, la sua filosofia è una filosofia che cerca la vera identità di ogni uomo, di ogni persona, capire chi si è e cosa si vuole essere, diciamola così.
L'idea di firmare alcune sue opere con degli pseudonimi, poi ogni volta diversi, mostra questo tormento un po'interiore, forse anche di Kierkegaard, che deve trovare una propria chiave, una propria identità, una propria scelta di vita. Comunque tra tutte le opere ne citerei tre in particolare che sono famose, scritte tutte e tre tra il 1843 e il 1844. La prima, la più famosa di tutte, si intitola Out Out. Attenzione, non è inglese, è latino. Si scrive A-U-T, Out Out è latino e significa O-O.
Si usa dire anche nel linguaggio comune italiano, se volete essere un po'più forbiti, si usa dire ti do un Out Out, ha ricevuto un Out Out. Cosa vuol dire? Vuol dire... che è stato messo con le spalle al muro e gli hanno detto scegli o questo o quello. Out, out in latino è lo esclusivo, perché c'è anche il velce, sono anche altre forme di o in latino.
Out vuol dire scegli o A o B, quindi una scelta da fare in maniera esclusiva, o questo o quello, senza alternative e senza veri mezzo. Vediamo che il titolo ha un senso perché poi parla di scelte di vita. All'interno di Out Out, che è l'opera più celebre, c'è anche una sezione intitolata Diario del Seduttore che a volte viene pubblicata a parte da sola in un libro autonomo ma in realtà nasce come parte di Out Out e ne parleremo. Altra, quindi 1843, seconda opera importante, Timore e Tremore, sempre 1843 che fa il paio con Out Out e Per e Perliamo, terza opera è il Concetto dell'Angoscia, parleremo molto anche dell'Angoscia, questa è datata 1844. Posto queste premesse iniziamo a parlare della filosofia di Kirchner e la sua filosofia parte proprio da un confronto direi molto serrato con la filosofia idealista che era all'epoca dominante appunto in Germania ma poi anche di rimando inevitabilmente anche in Danimarca. Cosa diceva?
la filosofia idealista, beh, qua ci sarebbe da parlare per ore, però vi ricordo alcune cose, alcuni concetti, in particolare vediamo magari in Hegel che è il principale esponente idealista, ma poi si ritrovano magari con qualche lieve differenza anche negli altri filosofi. Comunque, in descrizione vi metto un video a Hegel, diciamo, intanto tutto è... in un'ora, ma anche Hegel i punti carne. Cosa diceva la filosofia idealista? Intanto la filosofia idealista dava un grandissimo peso al tutto, no?
Il vero è l'intero, diceva Hegel, cioè Il genere umano, l'umanità intera, il mondo intero è sempre superiore alle parti che lo compongono. Quindi il genere umano vale di più dell'uomo singolo. L'io infinito vale di più dell'io finito, diceva Fichte. Cioè, alla fine, tutta la filosofia idealista tenta di abbracciare l'unità perché...
L'unità è sempre superiore alla parte. La parte da sola non significa niente, il singolo da solo non significa niente, significa solo in quanto parte di un popolo, di una storia, di un assoluto, di qualcosa di più grande. Questo come impostazione generale del idealismo.
Kircher rifiuta completamente questa impostazione, perché ritiene che un'impostazione di questo genere spinga a una filosofia estremamente astratta e poco adatta a rispondere ai problemi dell'uomo. L'uomo singolo affronta la vita sempre solo da uomo singolo. Ognuno di noi certo può anche tentare di collegarsi a qualcosa di più grande, di abbracciare un'entità più alta che sia la propria chiesa, che sia il proprio popolo, che sia l'umanità intera eccetera.
Ma in prima istanza è sempre lui, è sempre il singolo a dover fare i conti con tutto. Quindi il generale viene casomai dopo il particolare, non prima. Il gruppo viene dopo il singolo, non prima. L'errore dell'idealismo, secondo Kirchner, è sempre aver ragionato nei termini del tutto, del generale, del gruppo, mai del singolo, come se il singolo non contasse niente rispetto al tutto. Invece è vero il contrario.
Il gruppo si fonda sui singoli, la comunità si fonda sull'individuo, quindi bisogna partire dall'individuo. D'altronde è l'individuo che vive, ma il gruppo. È l'individuo che fa le sue scelte di vita, è l'individuo che si trova a vivere. e questa vita da cosa è contrassegnata la vita del singolo? da una cosa che gli idealisti hanno completamente trascurato perché a guardare le cose dall'alto, a guardare le cose dalle masse, dai gruppi, dalla totalità ci si perde la vita concreta la vita concreta è fatta, secondo Kierkegaard, essenzialmente di scelte e di possibilità ognuno di noi, ogni santo giorno, si trova davanti a uno spettro di possibilità abbastanza ampio io adesso sto parlando davanti a questa telecamera ma non è l'unica cosa che potrei fare potrei anche mettere stop andare a bermi un caffè, un altro potrei guardare la televisione potrei stare con i gatti con i bambini, con altri potrei fare mille cose e questo vale per ogni istante della mia vita io in ogni cosa che faccio ho delle possibilità anche quando mi sembra tutto sommato di essere costretto a fare una cosa in realtà ho delle alternative che so a scuola uno studente dice ah mi costringono ad andare andare a scuola, certo, ma tu puoi anche comportarti male e farti buttare fuori, puoi andare in bagno, puoi far finire di ascoltare e fare altro, eccetera, ne puoi fare di cose.
Noi abbiamo sempre una miriade di possibilità e questo vale per le piccole scelte di ogni giorno, di ogni istante, ma vale anche per le scelte più importanti della vita, in fondo. Di solito parlo a studenti che Kierkegaard si fa in quinta superiore. Bene, in quinta superiore arriva il momento delle grandi scelte.
Cosa vuoi fare dopo il liceo, perché filosofia si fa al liceo? Che tipo di facoltà universitaria? Cosa?
E lì è una scelta che spesso crea angoscia ai ragazzi, crea paura ai ragazzi, perché loro stessi magari hanno delle idee, hanno delle vaghe idee, ma poi si chiedono, ma queste idee quando le concretizzerò, quando farò effettivamente quella scelta? Mi porterà dove voglio arrivare oppure no? Mi realizzerà negli obiettivi che voglio realizzare oppure no?
Mi piacerà davvero anche una volta che andrò all'università oppure no? Preda di dubbi, preda di angoscia, preda di mille perplessità. Perché? Perché la vita è questo, la vita è possibilità, ma la possibilità implica sempre anche la scelta e ogni scelta implica paura.
Una qualche forma di paura, poi definiremo meglio che tipo di paura, però implica paura perché si può sbagliare. Ogni scelta ti responsabilizza, perché quando tu imbocchi una strada, automaticamente annulli le altre. Quando tu finisci il liceo e inizi un'università, dici mi iscrivo a, che ne so, ingegneria, bene, tagli i ponti con medicina, con lettere, con filosofia, con storia, con tante altre facoltà che magari hai anche solo per un momento pensato di poter fare, ma che non farai.
Certo, uno può dirmi, beh, vabbè, inizio ingegneria, poi vedo se non mi piace e torno indietro. Sì. dipende, alcune famiglie possono permettersi di perdere anni a provare, vedere dove si va, altre famiglie non se lo possono permettere, alcuni ragazzi capiscono magari subito di aver sbagliato facoltà e cambiano, quindi perdono anche poco, tutto sommato poco tempo, alcuni altri se ne accorgono dopo la laurea di primo livello e a quel punto ormai forse è tardi, non c'è più il modo di tornare indietro, quante volte facciamo delle scelte che per carità a volte possiamo correggerle se le facciamo subito, ma una volta imboccata la strada le altre porte scendono. ci chiudono. E quindi, certo noi siamo una generazione che è abituata a ritornare sui propri passi e a non scegliere mai, però in realtà la scelta porta con sé una serie di problemi, non è così facile scegliere, e però siamo costretti a scegliere perché la nostra vita è sempre un bivio.
o un incrocio che dobbiamo affrontare dove si riparano varie strade, dobbiamo sceglierne una ben sapendo che potrebbe essere quella sbagliata e che una volta scelta quella strada le altre si chiudono a ogni scelta fai conti con l'annullità, con l'annullamento perché annulla tutte le altre scelte scegliere A vuol dire chiudere B, C, D, E, F, G, H, è quello che è, capite? Quindi, questo è, dice Kierkegaard, il punto a terra dell'esistenza umana. Ciò che davvero contraddistingue l'uomo, ed è sempre singolo, è la scelta, è la possibilità che implica la scelta. Ripeto, è sempre singolo che fa queste cose, perché il popolo non sceglie.
La comunità non sceglie, i singoli scelgono. Poi è vero che anche una comunità può scegliere uno stato, ad esempio, sceglie quale governo, ma come fa a scegliere uno stato quale governo darsi? Lo fa vedendo i voti dei singoli, quindi alla fine è sempre il singolo che sceglie. ma delle varie volontarie singoli della maggioranza, in questo caso fa il governo.
Ebbene, è inutile ragionare sempre in termini astratti, sempre in termini distanti come fa Hegel e come fanno gli idealisti. Bisogna andare al concreto, bisogna andare alle scelte che ognuno di noi fa e che implicano poi delle responsabilità. Chiaramente queste scelte sono anche per certi versi, vi ho detto, angoscianti, ma anche paralizzanti, dice Kierkegaard, cioè tante volte davanti al bivio non sappiamo cosa fare e rimaniamo inerti, paralizzati, sapendo che imboccare una strada significa chiudere le altre e non scegliamo e rimaniamo così, bloccati.
Segno che la scelta non è mai certa, segno che la scelta ci lascia sempre perplessi sull'esito e che una volta che prendiamo comunque una strada, poi ne dobbiamo fare altre e poi altre ancora e altre ancora, tutta la vita è una serie di scelte che non sappiamo se andranno a buon fine. Questo crea uno stato... umano di angoscia perenne, potremmo dire, no?
Perché se la scelta è ciò che caratterizza la vita, anche la paura di sbagliare è ciò che caratterizza la vita, anche l'incertezza sulle nostre scelte, sul significato della vita che ci siamo creati, può paralizzarci in fondo. guardate che scegliere vuol dire scegliere come vivere alla fine scegliere cosa fare all'università, che lavoro fare con chi stare, con chi non stare con chi creare una famiglia e con chi no eccetera vuol dire vivere un certo tipo di vita e non un altro e se avessimo sbagliato ecco tutto questo è angosciante e paralizzante e vedremo che per Kierkegaard l'uomo davanti alla scelta può rispondere in vari modi ne individua tre particolari modi che sono, li vedremo tra poco vita estetica, vita etica, vita religiosa il problema è che in di questi tre tipi di vita i primi due non sono soddisfacenti nel senso che non riescono ad eliminare veramente l'angoscia o la disperazione ci lasciano comunque in impasse solo la vita religiosa sarà in grado di fare il salto, quindi alla fine Kircher ci mostra i problemi dell'uomo dell'esistenza umana, l'angoscia dell'uomo dell'esistenza umana dicendosi, guardate, secondo me, l'unica via di fuga è la fede. Vi dicevo, chi è che avrà anticipato l'esistenzialismo nel Novecento? Ebbene, sì, anche nel modo di porre i problemi, perché anche l'esistenzialismo nel Novecento dirà forse la nostra vita è segnata dall'angoscia, dall'angoscia della scelta, e forse questa angoscia ci paralizza, forse non ci fa essere felici, ci impedisce di sentirci realizzati, eccetera. Ma il problema dell'esistenzialismo nel Novecento è che sarà tendenzialmente ateo, non tutto, ma insomma una parte sì ateo.
E se non c'è più quella via di fuga che è la fede che Kircher ci ha proposto nel Novecento, se nel Novecento non ci si crede più, forse l'esistenza diventa molto più tragica di quanto già non fosse in Kircher. Ma di questo parleremo. Intanto, vediamo come sono questi stili di vita, questi stadi, come li chiama Kircher, dell'esistenza.
Il problema di questi stadi dell'esistenza viene affrontato da Kierkegaard in quell'opera che abbiamo citato all'inizio, Out Out 1843. Out Out, ve l'ho già detto, significa O-O, perché all'interno di questo libro Kierkegaard presenta i primi due stadi dell'esistenza. Scegli o questo o quello, o A o B. Ci sono due modi di vivere, due stari. Attenzione, alla fine ci saranno tre gli stari, ve l'ho già detto, però... bisogna fare una premessa, noi questo numero 3 lo vediamo ritornare spessissimo in filosofia, tutti quelli che parlano di divisioni spesso parlano di tre stadi, di tre livelli eccetera, pensate a Hegel, tesi, antitesi, sintesi o fichte eccetera, l'etica alla fine degli idealisti era sempre, almeno quella classica tedesca, una dialettica teriadica, allora qui non dobbiamo però far confusione, Kierkegaard è vero che presenta tre stadi...
l'esistenza, ma la sua non è una triade dialettica idealista tutt'altro. E lo dice anche lui in maniera piuttosto chiara e netta. Guardate, non è che vi sto proponendo un percorso dove, che so, la vita estetica è la tesi, la vita religiosa è l'antitesi, cioè, scusate, la vita etica è l'antitesi, la vita religiosa è la sintesi. No, tutt'altro, non sono tesi, antitesi, sintesi, proprio per nulla.
Tra uno stadio e l'altro c'è un vero e proprio salto, dice Kierkegaard, non c'è un percorso. Per Hegel... La teoria dielettica poteva essere percorsa perché era il percorso dello spirito, dell'assoluto, eccetera, che nella storia si riparava in quel modo.
Quindi si passava da una tesi a un'antitesi e poi a una sintesi. Nel caso dell'uomo invece no, non è che bisogna fare il passaggio, che bisogna fare il percorso, non è un percorso. Tra uno stadio e l'altro c'è proprio un abissurice, un salto mortale, sono agli antipodi questi stadi, quindi non è un percorso di tesi, antitesi e sintesi, insomma.
È proprio... un'opposizione netta, out, out, non a caso. Allora questo libro è scritto poi in maniera piuttosto strana perché intanto è firmato con uno pseudonimo che in questo caso è Victor Eremita, nome strano, ma poi soprattutto in questo libro Kierkegaard immagina, fa finta, deve aver trovato due plichi di carte, le carte di A e le carte di B, proprio a simboleggiare la scelta tra A e B. Le carte di A sono legate a uno stile di vita che è la vita estetica. Le carte di B sono legate invece a un altro stile di vita che è la vita etica.
Partiamo dalla vita estetica. La vita estetica è rappresentata in vari modi. C'è il diario del sedutore, c'è un'analisi del Don Giovanni di Mozart, sono vari riferimenti, sono anche appunti un po'sparpagliati per certi versi.
Ma che tipo di vita è? È la vita, dice Kierkegaard, dell'uomo che davanti alla scelta sceglie di non scegliere. Vi ho detto prima che tutti noi, durante tutta la nostra vita, non facciamo altro che scegliere, no?
Operare scelte davanti alla possibilità. E però queste scelte molto spesso hanno un effetto destabilizzante, anche paralizzante, perché non siamo sicuri e a volte rimaniamo bloccati. Ecco, immaginiamo un uomo che dice, no, la scelta per me è troppo gravosa, la scelta io non voglio farla perché scegliere vuol dire chiudere tutte le altre porte, invece voglio tenermi aperte tutte le altre porte. tutte le porte e allora non lo scelgo. L'esteta fa questo, sceglie di non scegliere e da questo punto di vista l'esempio migliore che Kierkegaard propone è quello del Don Giovanni.
Don Giovanni è un personaggio della letteratura, del mito anche e della lirica. Kierkegaard cita proprio il Don Giovanni di Mozart che era stato realizzato pochi decenni prima, a fine del Settecento. Quindi un'opera lirica incertata sempre su questa figura mitica di Don Giovanni, ma c'è anche l'opera teatrale di Don Giovanni di Molière.
C'è un uomo che passa la sua vita a sedurre donne e abbandonarle. Sia nel Don Giovanni di Molière che in quello di Mozart è un personaggio che con un servitore va in giro, seduce donne a destra e a manca, addirittura seduce le suore, le seduce, le conquista perché è uno superfemmine, le bacia, le fa scappare le sue orecchie. Corre dal convento, fa anche qualcosa di peggio, dopodiché il giorno dopo cambia donna, abbandona la donna che ha appena conquistato e passa un'altra.
E poi un'altra ancora, un'altra ancora, ovviamente per fare tutto questo è costretto spesso a cambiare città perché se no a un certo punto lo menano, ci sono quelli che gliela vogliono far pagare, i fratelli, i mariti eccetera, gelosi, vogliono fargliela pagare, ma insomma un personaggio di questo tipo. Ora, Kierkegaard sceglie questo Don Giovanni perché è l'emblema perfetto, l'esempio perfetto. di quello che fa in fondo l'esteta.
L'esteta cosa fa? Vuole vivere la sua vita come se fosse un'opera d'arte, per questo usa la parola esteta, cioè vuole far sì che ogni istante sia pieno di significato, sia irripetibile, sia bellissimo. E quindi non vuole scegliere, perché scegliere vuol dire anche la noia, scegliere vuol dire anche rinunciare a tutte le possibilità e accontentarsi.
Pensate al matrimonio, vi sono parlato di donne, uomini e donne potete anche girarla, chiaramente Kircher la fa al maschile, ma potete girarla. Quando uno si sposa, dice scegli una persona sola. e lascio perdere le altre però questo in realtà può essere anche bello se non voglio parlare male del matrimonio però si porta con sé anche una certa dose di normalità, di noia, di ripetizione insomma un matrimonio non è sempre la fiamma che brucia in ogni istante, è anche andiamo a fare la spesa, puliamo in casa insomma anche cose noiose non c'è sempre la passione intensa come invece c'è quando conquisti una persona... Nel primo istante, nel primo giorno, quando ti innamori di una persona e questa persona la conquisti, il primo giorno è magico, no?
Il secondo un po'meno, il terzo è noioso. Ecco. Il Don Giovanni, l'esteta, sceglie di vivere sempre solo il primo giorno, perché non vuole arrivare al terzo o al quarto giorno che diventano noiosi, vuole solo il piacere forte, la novità, perché la ripetizione è noia, allora lui vuole sempre solo novità.
Per avere sempre solo novità deve scegliere di non scegliere, non può operare scelta, perché scegliere vuole dire smettere di scegliere di nuovo. Ora, il Don Giovanni è il seduttore, il diario del seduttore è un altro racconto all'interno del... di Out Out dove racconta di uno che seduce una donna per il gusto di farlo e l'esteta fa questo poi nel caso del seduttore lo fa nell'amore con le donne eccetera ma ci può fare in mille modi no?
Ad esempio, diciamo prima, scegliere un'università. Per carità, uno può anche dire io non scelgo, vado a lezione una volta da una parte, il mese dopo cambio, vado dall'altra parte, il mese dopo cambio ancora, eccetera. Anche con l'amicizia si può far così.
No, io, vabbè, stasera esco con te, domani esco con un altro e hai 40 amici con cui uscire ogni sera diversi, eccetera, no? Anche tu, chi sei alla fine? Beh, oggi voglio essere estroverso, domani voglio essere così. Domani voglio essere cos'è?
Voglio essere sempre diverso. Ecco, l'estetica fa questo, fa della sua vita un'opera d'arte perché rifugia la noia, perché rifugia la ripetitività, vuole essere poeta, vuole vivere tutto fino in fondo e non vuole privarsi di nessuna possibilità, vuole provarle tutte. Quello è il problema, che la vita estetica, dice Kircher, ti condanna alla disperazione, perché a un certo punto l'estetica si chiede, ma alla fine...
Mi sono divertito, ho seduto le donne, sono uscito con tante persone diverse, ho provato tutto quello che c'era da provare, ma io chi sono? E davanti a questa domanda, secondo Kierkegaard, l'estate accrolla, l'estate cade nella disperazione. Perché? Perché noi siamo le scelte che facciamo, verrebbe da dire, con un'espressione che poi verrà fatta proprio dall'esistenzialismo nel Novecento.
Se uno non sceglie mai, se uno non sceglie chi essere, cosa essere, che persona vuole essere, non sa chi è, non decide chi è, non è nessuno alla fine. L'esteta quando si guarda allo specchio non sa chi è. Chi è questo esteta?
È uno a cui piacciono le biondo, le more, ma tutte. È uno a cui piace essere estroverso o introverso, ma tutto a seconda dei casi. È uno amico di X o di Y, ma di X, di Y, di Z, di K, eccetera. Ecco, il problema è questo, l'esteta non sa chi è. E quindi la vita estetica è un fallimento.
Pertanto passiamo alle carte di B, l'altro stile di vita che vi dicevo presentato in Out Out. L'altra vita è la vita invece del marito, della vita etica, così la chiama. Chi fa questa vita etica?
Nella finzione del libro questa vita viene presentata da un personaggio che è un giudice, un giudice in pensione, il giudice Wilhelm che scrive e racconta di questa vita ma in generale possiamo usare come punto di riferimento il marito che è la perfetta contraposizione rispetto al Don Giovanni Il Don Giovanni seduce ogni sera una donna diversa, il marito no, ne sceglie una Sceglie una donna, si impegna, sceglie un lavoro, si impegna e si assume le sue responsabilità. Per questo la figura è poi un giudice, no? Un giudice è uno che giudica, che ha responsabilità gravose, ma non scappa dalle sue responsabilità. Mentre l'esteta scappa dalle responsabilità, ogni sera cambia per non dover affrontare il giorno dopo, il marito, l'uomo etico, invece sceglie e scegliendo si assume tutte le sue responsabilità. Quindi sembrerebbe una vita migliore, no?
In fondo dà un fondamento alla sua vita, l'uomo etico, il marito, se si guarda allo specchio sa benissimo chi è, è un giudice, è un professionista, un marito, un padre, quello che è. Ha una sua identità chiara, non cade nella risperazione come invece era accaduto al Don Giovanni. Però, dice Kierkegaard, Anche il marito, magari non subito, ma a un certo punto arriva a uno scacco esistenziale, cioè arriva un momento in cui anche lui non è veramente soddisfatto, anche lui non è veramente realizzato. Si voleva realizzare ma questa vita etica non realizza completamente.
Perché? Per due motivi. Primo motivo, dice Kierkegaard, il marito si dà dei grandi obiettivi, vuole essere fedele, vuole essere...
Morigerato vuole fare le cose giuste, vita etica vuol dire fare la cosa giusta, seguire le regole, no? Si dice che bisogna sposarci e rimanere fedeli, bene, io mi sposo e rimarrò fedele. Si dice che bisogna impegnarsi nel lavoro, bene, io mi impegno nel lavoro e cerco di farlo al meglio delle mie possibilità, eccetera, eccetera, eccetera.
L'uomo etico cerca di fare la cosa giusta e però non sempre riesce a fare la cosa giusta. L'uomo etico in quanto uomo è fallibile e in quanto fallibile pecca, cade nel peccato, ogni tanto sbaglia. pertanto il giudice può sbagliare può essere stanco e dare una sentenza sbagliata il lavoratore sbaglia il marito sbaglia il padre sbaglia tutti sbagliamo prima o poi per quanto ci vogliamo impegnare per quanto vogliamo essere persone giuste sbagliamo e questo è un primo problema il peccato lui lo chiama in termini religiosi ma è l'errore, il peccato, la mancanza con cui l'uomo deve fare i conti E quindi non può essere veramente realizzato perché dice vorrei tanto ma mi sfugge questo obiettivo.
Secondo problema, questa vita è noiosa, c'è poco da dire. L'estet la rifuggeva, scappava da essa perché era una noia mortale, perché è ripetitività. Il marito accetta la ripetitività, certo, ma questa ripetitività non può soddisfarlo.
Lo dice chiaramente Kircher, l'uomo etico ha sete di qualcosa di più, ha sete di infinito, vuole, brama qualcosa di più, desidera qualcosa che vada oltre la ripetitività di ogni giorno, però nella vita etica questa cosa non può raggiungerla. Dunque, anche la vita etica cade nella sua finitudine, anche la vita etica arriva a uno scacco, bisogna cercare un terzo tipo di vita. E non tanti note out che si concludono qui, ma nell'altro libro che abbiamo citato, Timore e Tremore.
Kierkegaard propone il terzo stadio dell'esistenza che è appunto la vita religiosa. E allora parliamo di timore e tremore di questo terzo stadio dell'esistenza che è lo stadio religioso. Per presentarlo, mentre avevo usato il Don Giovanni per lo stadio estetico, mentre avevo usato il marito, il giudice Viller, per lo stadio etico, qui Kierkegaard fa ricorso a un personaggio biblico, sceglie Abramo.
Allora Abramo... Breve riassunto per chi non sa molto di Bibbia e di personaggi dell'Antico Testamento. Abramo è un personaggio centrale della Genesi, libro centrale a sua volta, dell'Antico Testamento. Abramo ha una vita molto particolare, è sposato con Sara, per molto tempo i due tentano di avere un figlio, ma non ce l'hanno, tant'è vero che a un certo punto Sara induce il marito Abramo a fare un figlio con la serva e quindi da questa unione con la serva nasce Ismaele, che poi verrà cacciato successivamente.
Ma... Più avanti nel tempo, quando era avuto questo figlio con la serva, da cui breve collegamento al racconto dell'Ancella, che è un romanzo di fantapolitica, che si riferisce anche a questo episodio, beh, dopo qualche anno, quando secondo la Bibbia Abramo ha 100 anni e Sara ne ha addirittura 90, i due finalmente riescono ad avere un figlio. Quindi grande miracolo operato da Dio. Questo figlio che nasce dall'unione di Abramo e Sara si chiama Isacco ed è il figlio tanto amato, tanto desiderato. Solo che, da conto alla Genesi, dopo che Esacco è un po'cresciuto, a un certo punto Dio si rivolge direttamente ad Abramo e gli fa una richiesta particolarissima, gli dice prendi tuo figlio e sacrificalo per me, cioè sacrificio umano.
Abramo che aveva tanto aspettato questo figlio per anni, decenni eccetera finalmente ce l'aveva, si sente morire ovviamente, però obbedisce al richiamo di Dio, alla richiesta di Dio, prende il figlio e dice accompagnami in montagna che andiamo a fare un sacrificio, non gli dice che è il suo, pensa il buon Isacco di sacrificare un animale, ma quando arrivano su Abramo decide di sacrificare Isacco, di obbedire alla richiesta di Dio, lo straia, sta per ucciderlo, c'è un famoso quadro, ve lo mostro, in cui sta per... Può pugnalarlo, ma viene bloccato dall'angelo, perché Dio manda un angelo a bloccare Abramo e gli spiega che era solo una messa alla prova in un certo senso. Cioè Abramo è stato chiesto di fare una cosa e lui si è fidato di Dio, ha obbedito e ha fatto. Questo è il racconto biblico della Genesi.
Kircher lo riprende e lo rende l'esempio cardine per capire la vita religiosa. Perché? Perché Abramo, dice Kierkegaard, aveva vissuto tutta la sua vita da uomo etico, da marito, come il giudice Willem, si era preso le sue responsabilità, aveva fatto le cose come andavano fatte, era stato fedele, perché aveva fatto il figlio con la serva, ma lì era stato richiesto addirittura da Sara, insomma, si era comportato nel modo giusto e corretto, aveva seguito le regole, si era adeguato all'universale, dice Kierkegaard, cioè aveva fatto come fanno tutti quelli che sono buoni uomini, seguendo i principi della religione. della cultura eccetera e però la sua vita non aveva ancora trovato il suo vero significato la svolta della sua vita è arrivata quando Dio gli ha chiesto di sacrificare il suo figlio quando Dio gli ha chiesto una cosa che era completamente assurda e completamente contraria a quello che aveva fatto fino a quel momento, lui fino a quel momento aveva seguito i comandamenti, aveva seguito i comandamenti, gli insegnamenti di Dio, le regole, ha fatto tutto quello che si deve fare, poi Dio gli chiede la cosa più orribile che si possa chiedere cioè lui è sempre stato fedele, rispettoso non ha fatto male a nessuno eccetera, Dio gli ha gli chiede non solo di far male, quindi di contravvenire alle regole che aveva sempre rispettato, ma addirittura di fare il più orrendo dei crimini, uccidere il proprio figlio. Pensate, è proprio l'esempio esattamente opposto.
È la cosa più orribile che si possa chiedere. Non è che gli ha chiesto di uccidere un passante, non è che gli ha chiesto di suicidarsi, gli ha chiesto di uccidere il proprio figlio, quello più amato, più desiderato. Quindi la richiesta di Dio non è solo una richiesta che va un po'oltre la morale, è una richiesta che contraddice con...
completamente la morale. Cioè proprio è l'esatto opposto della morale. E Abravo però ha detto sì.
Ecco, questo è il tipo di vita religiosa. Nella vita religiosa lo scacco delle vite precedenti viene superato perché? Non perché io faccio una scelta o rifiuto di fare una scelta eccetera come era successo prima, quanto piuttosto perché Dio sceglie per me.
Io mi affido a Dio, lascio che sia Dio a scegliere per me e faccio quello che Dio mi dice. Dio ha detto sacrifica tuo figlio e io lo faccio, senza dover scegliere io se farlo o no, se ne vale la pena, se è giusto o sbagliato. Scegli Dio per me, io non mi pongo più romana. Solo così riesco a superare l'angoscia della scelta, solo così riesco a non cadere in quell'inghippo della risperazione, della mancanza di senso dell'esperienza di vita. Quindi, in questo caso...
Lo scacco viene superato e attenzione, Dio parla ad Abramo, parla a lui singolarmente, mentre Abramo da uomo etico, da marito, aveva sempre seguito le regole del popolo, della religione, le regole universali, quindi si era adeguato all'universale, aveva fatto come dicevano di fare gli idealisti, rendersi parte del tutto, nella vita religiosa Dio parla al singolo, Dio si rivolge a lui direttamente, non è che arriva un comandamento valido per tutti gli uomini, no, a ogni persona Dio chiede qualcosa. cose diverse e è proprio questo contatto diretto con Dio che fa la differenza. Attenzione, soffermiamoci un attimo su questi ultimi rilevi sulla vita religiosa che abbiamo detto.
Vi ho detto, Dio chiede ad Abramo una cosa che è paradossale, una cosa che è fuori da ogni schema. Lui aveva sempre seguito gli schemi, si era sempre adeguato alle regole e adesso Dio gli chiede di trascrivere tutte le regole che conosce. Ebbene, questo non deve sorprendere perché per Kierkegaard... La fede è proprio questo, la fede non è il rispetto delle regole, quella è la morale, è un'altra cosa. La fede è la violazione delle regole, o meglio, è la visione a Dio indipendentemente da ogni regola.
Dio ti può chiedere qualsiasi cosa, ti può chiedere di essere fedele alle regole, ti può chiedere di trasgredirle, ma molto spesso ti chiede cose che tu non ti potresti aspettare. La fede per Kierkegaard è sempre paradosso e scandalo, cioè sono cose fuori dalle opinioni comuni, fuori dagli schemi. che ti angosciano, che ti scandalizzano, ma è solo dicendo sì a quelle scelte che tu puoi dare senso alla tua esistenza, dare senso alla tua vita, altrimenti sei condannato a una vita di disperazione o di angoscia.
Detto questo, cos'è questa angoscia? Perché alla fine dire sì a Dio vuol dire passare anche attraverso l'angoscia della scelta, perché Abramo, vi ho detto, quando riceve da Dio l'invito, la richiesta di uccidere e sacrificare il proprio figlio, passa... Una brutta notte, ovviamente. Passa un momento di grande crisi interiore. Lui vuole essere fedele a Dio, vuole essere però anche fedele alle regole.
Come fare alla fine a far convivere queste cose? Non si può e quindi sceglie di dire sì a Dio. Fa un salto. Dicevamo prima che tra i vari stati dell'esistenza c'è un salto, un abisso. Ebbene, l'abisso è molto più grande qui.
La vita religiosa è proprio tutt'altra cosa rispetto a tutto il resto. Per questo ne parla in un libro apposito, non ne parla in Out Out, ma ne parla a parte. E però l'angoscia è ciò attraverso cui bisogna passare necessariamente per fare questa scelta. Allora soffermiamoci su questa parola angoscia, che abbiamo già citato più volte, e sulla quale lo stesso Kierkegaard spende diverse parole. Cos'è l'angoscia?
Come possiamo definirla per essere precisi? Allora l'angoscia è una forma di paura, dicevamo prima, no? Quando io devo scegliere, non so quale stare a prendere, provo paura di sbagliare, eccetera, certo.
Ma l'angoscia è una forma di paura molto specifica, perché il timore... E'paura di qualcosa, no? Io posso avere timore dei cani, che ne so, quindi ho paura dei cani.
Posso avere timore di quell'esame, ho paura di affrontare quell'esame all'università. Ma l'angoscia invece è una paura diversa, è paura di qualcosa di indeterminato. Io non ho paura del...
cioè non ho angoscia dell'esame in realtà, a volte noi nel linguaggio comune diciamo di avere l'angoscia, ma in realtà abbiamo paura dell'esame. Ciò che ci angoscia è la scelta, perché il problema delle scelte... Il problema di queste strade che imbocchiamo, se usiamo questa metafora, è che io imbocco la strada, ma non vedo fino in fondo dove va a finire quella strada, non so dove mi porterà quella strada, mi scrivo ingegneria, dico forse mi laureerò, forse troverò lavoro in quel settore, ma è un forse, non vedo bene, no? E quindi per me è ignoto il destino, in realtà, che mi attenda di là di quella porta.
Così è l'angoscia. L'angoscia è la paura di qualcosa che non sappiamo bene cosa sarà. che non sappiamo bene che cos'è, come quando scendiamo al buio in cantina e proviamo paura, ma lì non è vera paura, lì è angoscia, perché non sappiamo cosa ci potrebbe essere, invece ho paura di qualcosa che so cos'è, capite la differenza? Bene, allora, il problema dell'uomo è che l'uomo è angoscia alla fine, perché se l'uomo è scelta, come dicevamo prima, tutta la nostra esistenza è scegliere, tutta la nostra esistenza è possibilità, ebbene il sentimento connesso alla possibilità è necessariamente l'angoscia. Ogni possibilità implica l'angoscia.
Perché ogni possibilità vuol dire non so a cosa va l'incontro. E però solo affrontando questa angoscia, solo facendo proprio questa angoscia, si diventa uomini e si può poi fare anche la scelta di Dio. Non a caso, Kierkegaard tenta di dare sostanza a questo suo rilievo dicendo guardate, se noi guardiamo ad esempio la Bibbia di nuovo, troviamo che anche lì l'angoscia viene mostrato come la chiave per capire l'uomo, non solo come l'elemento costitutivo dell'uomo. Angoscia e peccato, in realtà sono le due facce della medaglia, sono spesso associate all'uomo nella Bibbia e fa, direi, due esempi.
Il primo esempio è quello di Adamo ed Eva. Allora Adamo ed Eva, sapete anche qui la storia nella Genesi, primo uomo, prima donna, viene dato loro il paradiso terrestre, l'Eden, però gli viene detto potete fare quello che volete tranne mangiare il frutto dell'albero proibito. Ecco, in quel momento, quando Dio dice potete fare tutto tranne mangiare frutto dell'albero proibito, Adamo e Eva scoprono di essere uomini, di essere esseri umani intendo, perché provano per la prima volta l'angoscia della scelta. Quando io ti dico puoi fare tutto quello che ti pare, tu non hai scelte in fondo, perché non c'è nessuna scelta che esclude tutte le altre strade, ma quando io ti dico vuoi fare tutto tranne quello, allora ti si prospetta la prima scelta vera della tua vita.
Mangio o non mangio da quell'albero? Se mangio succedono le cose, se non mangio ne succedono altre, ma dopo non si torna indietro. Inbocco una strada da cui non torno più indietro.
E proprio quella proposta di Dio, quel divieto di Dio, genera l'angoscia. Infatti mangiano e cosa succede? Nella Bibbia si scoprono uomini, si scoprono nudi, vi ricordate?
Forse sì, se avete letto. Però succede proprio questo nell'Antico Testamento. Prima sono nudi sempre Adam e Eva, ma prima di mangiare non si rendono conto di essere nudi, non provano idea del peccato, della vergogna di essere nudi.
È solo dopo che hanno mangiato il frutto che si sentono, si vergognano, si sentono nudi. Allora dice Kierkegaard è perché mangiare del frutto, affrontare l'angoscia, gli ha fatti diventare esseri umani a pieno titolo. Prima erano angeli.
in un certo senso, senza scelte, senza angosce. Dopo sono diventati esseri umani con l'angoscia e quindi anche col peccato e quindi anche con la vergogna. Il secondo esempio che fa è preso da Gesù.
Allora dice lui molto spesso quando pensiamo a Gesù, quando citiamo l'umanità di Gesù, Gesù è uomo e Dio contemporaneamente, se lo sapete, nel Vangelo è Dio che si incarna, allora quando si fanno le analisi della Bibbia e del Vangelo si dice che l'umanità di Cristo si vede in vari episodi, per esempio si vede quando soffre, si vede... Quando chiede di levare la marocalice, si vede quando dice Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato, eccetera. Però dice che in realtà la vera umanità di Cristo si vede in un altro episodio che non viene quasi mai citato. Cioè quando Gesù viene tradito da Giura.
Quando Gesù viene tradito da Giuda, Giuda gli va incontro, vedete presente la famosa scena dopo aver pregato nell'orto, Giuda che è già d'accordo con i romani gli va incontro e gli dà il bacio, il famoso bacio di Giuda. In cambio riceve i soldi e il bacio è l'indicazione per i romani di capire che Gesù è arrestato. Quel bacio, o meglio, quel momento, nel Vangelo viene presentato con una leggera eccitazione da parte di Giuda.
A un certo punto Giuda arriva di fronte a Gesù e sembra quasi esitare. E Gesù gli dice una frase di questo tipo, gli dice, Giuda, quello che stai per fare, affrettalo, fallo più in fretta. Lì, secondo Kierkegaard, si vede l'umanità di Cristo, perché Cristo lì scopre l'angoscia.
Cioè, è lì che sa che Giuda sta per baciarlo, ma non sa ancora bene cosa lo attenderà. E ha paura di quello che lo attenderà e non sa bene cos'è questo qualcosa che lo attenderà. E lì prova l'angoscia. Lì, in queste parole angosciate di Gesù, per favore fai in fretta che non posso più vivere in questa ansia della possibilità, ecco, lì si vede davvero l'umanità di Cristo. Quindi, Come vedete anche Gesù Cristo ha provato l'angoscia quando è stato uomo, anche nella Bibbia l'uomo prova angoscia perché l'angoscia alla fine è la sua dimensione esistenziale più importante.
Siamo quasi alle battute finali, ora questa angoscia di cui vi parlavo chiaramente si può provare solo nei confronti del futuro, cioè se è angoscia è per qualcosa che deve ancora arrivare, non si ha angoscia per qualcosa che è presente davanti a noi, perché se fosse qualcosa di presente davanti a noi sapremmo cosa è, sarebbe timore, paura, non angoscia. L'angoscia è sempre il sentimento del futuro e qui iniziamo a introdurre un problema temporale anche, vuol dire che la dimensione dell'uomo, che è la dimensione di possibilità, di angoscia, di scelta, è una dimensione sempre proiettata in avanti, mai presente, sempre nel futuro. Questo è il primo elemento da sottolineare.
Un secondo elemento è che, per far capire un po'il sentimento dell'angoscia, cos'è, Kierkegaard lo paragona a uno sguardo nell'abisso. È come guardare dall'alto di una montagna all'abisso e sentire quella vertigine che si prova. Per una possibile caduta non sai bene cosa ti possa succedere, che muori lo sai, ma non vedi il fondo dell'abisso.
Ecco, questo è il senso dell'angoscia. Ma attenzione, l'angoscia non è l'unica condizione esistenziale dell'uomo, perché oltre all'angoscia c'è anche la disperazione. Che noi abbiamo anche citato un paio di volte. Allora, che cos'è la disperazione?
Beh, è un tipo particolare l'angoscia, perché dice Kircher, l'angoscia è paura di qualcosa di indeterminato, ma per quanto riguarda le possibilità esterne dell'io. La rispirazione invece è paura di qualcosa di indeterminato per quanto riguarda le possibilità interne dell'io. Mi spiego meglio.
Prima ho fatto esempi di angoscia, devo fare delle scelte, non so dove vado. Sono scelte che io faccio fuori di me. Decido se fare una certa facoltà, decido se stare con una certa persona, decido se fare una certa cosa. Quindi io che agisco.
Però le decisioni non le si prende solo nei confronti delle azioni, delle cose da fare, delle scelte di vita, ma anche internamente. Non scegliamo anche chi vogliamo essere, ma voglio dire come identità, no? Allora, quando dobbiamo affrontare la scelta di chi vogliamo essere dentro, lì possiamo cadere nella disperazione e non tanto nell'angoscia. Perché?
Perché la disperazione nasce quando noi non sappiamo chi siamo. Infatti, riguardo alle possibilità interne dell'io, Kierkegaard dice che ci sono tre possibilità. Io posso, da un lato, scegliere di non darmi una faccia, di non essere...
nessuno, di non avere un'identità oppure posso scegliere di darmi una faccia, di essere me stesso, dice lui, oppure posso scegliere di non essere me stesso cioè di essere qualcun altro, vediamole queste tre possibilità, prima possibilità scelgo di non darmi una faccia, beh questo è quello che abbiamo detto fa l'estetta, l'estetta lo fa nella vita esterna, no? l'estetta cambia ogni volta donna, cambia ogni volta vita, eccetera ma può anche essere estetta all'interno tra virgolette, perché un uomo che dice io non voglio essere nessuno, non voglio essere un tizio, né caio, né sempronio, allora non si dà mai un volto, non ha un io internamente. E chiaramente già un prima si cade nella disperazione perché non si sa chi si è. In secondo caso invece uno sceglie chi vuole essere.
Allora io dico, beh, voglio essere me stesso, voglio avere dentro di me una certa identità chiara, voglio assecondare la mia natura, cerco di capire qual è il mio io, cos'è il mio io e cerco di assecondarlo. Ok, voglio essere me stesso. Però anche in questo caso il tentativo di essere se stessi fa scontrare con la finitudine umana, diciamo prima. Questo corrisponde alla vita etica, no?
Io scelgo di essere fedele a me stesso e però essendo fedele a me stesso mi devo scontrare con i miei peccati, con le mie mancanze, con le mie manchevolezze, con la mia finitudine. E quindi non posso avere grande soddisfazione, neppure in questo caso anche qui cado nella disperazione. Terza possibilità, posso negare me stesso e dire voglio essere qualcun altro. Esempio, mettiamo che io sia di natura, che ne so, timido e rispettoso e mi dica però no, voglio cambiare, voglio essere arrogante e irrispettoso e d'ora in poi voglio essere così internamente.
Uno può anche fare un ragionamento del genere, succede a volte di uno che vuole cambiarsi radicalmente, ma in quei casi si trova una soluzione ai propri problemi esistenziali e la risposta è no. Perché in quel caso proprio io si frantuma, dice Kierkegaard, alla fine se contraddici te stesso, se rinneghi te stesso non sei più chi sei neppure in questo caso e quindi alla fine anche negli stadi interni, anche quando dobbiamo fare i conti con noi stessi, la disperazione, e cioè una forma particolare d'angoscia, è la nostra dimensione più normale. L'unico modo per guarire, in un certo senso, dall'angoscia e dalla disperazione che sono le nostre situazioni standard di vita, è affidarsi a Dio.
Perché solo Dio, dice così Kierkegaard, sostituisce alla disperazione la speranza. Cioè Dio, in un certo senso, supera le nostre deficienze, le nostre mancanze, i nostri rapporti difficili tra libertà e necessità, ed ha un senso alla nostra vita. E ci dice lui che...
Ci dice lui cosa facciamo, ci sceglie lui la strada, capite? Il problema è questo, che l'uomo quando sceglie da solo non è mai e non può essere soddisfatto, perché anche la scelta, tra virgolette, giusta ha sempre una mancanza, uno scacco a cui va incontro. Solo Dio supera di slancio le nostre paure, le nostre angosce, le nostre disperazioni e le sostituisce con la speranza, con la possibilità, con la piena realizzazione di noi. Ultima cosa da dire, soffermiamoci un secondo su questa fede, fede che per Kierkegaard è sempre e solo la fede cristiana ovviamente. Vi ho detto, Dio risolve le nostre angosce, Dio supera i nostri problemi, i nostri scacchi esistenziali perché Dio di slanzo ci porta altrove.
È il Dio cristiano quello di cui parla Kierkegaard e lui ritiene che il cristianesimo possa essere l'unica soluzione valida per la nostra vita, non solo. Anche la risposta più adeguata davanti all'idealismo. Ritorniamo un attimo a quella polemica da cui siamo partiti.
Kircher rimprovera a Hegel e Soci quello di aver esautorato il singolo e aver fatto diventare il singolo solo una parte del tutto e dando grandissimo peso al tutto. Infatti alla fine il dio, chiamiamolo dio degli idealisti, è un dio panteista, è un assoluto che si confonde con la sua creatura. Secondo Kircher invece molto più utile è il cristianesimo, in cui dio non è... confuso con la sua creatura, ma Dio è tutt'altro, Dio è distante, Dio è separato e questo è un bene secondo Kierkegaard, perché solo un Dio separato ci può far uscire dalla nostra angoscia e disperazione, se Dio fosse parte del mondo come vogliono gli idealisti, allora lui sarebbe parte di questa angoscia e di questa disperazione, a noi serve qualcuno che stia fuori da questo mondo e ci possa sollevare in un certo senso da esso, quindi Dio deve essere distante, deve essere contrario a questo mondo, deve essere paradossale e scandaloso come dicevamo all'inizio.
Kierkegaard ci tiene a ribadirci che Dio è paradosso scandalo. Hanno sbagliato i cattolici a pensare per molto tempo che Dio fosse razionale, perché Dio non è affatto razionale. Dio è irrazionale, cioè nel senso che non risponde alle nostre regole, non si adegua ai nostri criteri, non segue le nostre morali.
Le nostre morali razionali sono una cosa, Dio trascende tutto, è oltre. E questo lo si vede in fondo in tanti paradossi che costellano tutta la Bibbia, no? Dio è paradossale sotto diversi punti di vista. Esempio, sono esempi di Kierkegaard. Dio è lontanissimo perché è obiettivamente l'esatto opposto.
Noi siamo finiti, lui è infinito. Noi siamo mortali, lui è immortale. Noi siamo poco potenti o sostanzialmente impotenti, lui è onnipotente.
Quindi è distantissimo da noi. Eppure noi, se vogliamo dare un senso alla nostra vita, dobbiamo fare il salto verso di lui. E questo è il paradosso, che lui è distantissimo e paradossalmente raggiungibile tramite un salto abissale. è però raggiungibile, o meglio è lui che ci raggiunge, quindi questa distanza enorme viene improvvisamente colmata da Dio, e questo è paradossale perché è controintuitivo, non solo.
Dio è eterno, è immortale, eppure cosa ha fatto? Si è incarnato ed è morto per noi. Anche questo è paradossale, no? Il fatto che l'ente immortale per eccellenza muoia, non solo scende sulla terra, ma muore proprio addirittura in croce, in Gesù Cristo ovviamente. Segno di nuovo di una paradossalità, di uno scandalo, no?
È scandaloso che Dio, l'essere che ha creato tutto e che è immortale, sia morto per noi. Ultima cosa. Noi abbiamo l'angoscia della scelta, no?
Abbiamo l'angoscia della possibilità e aver troppe possibilità ci manda completamente in panico, ci lascia l'angoscia e ci porta a uno scacco. E come facciamo a risolvere una infinita possibilità davanti a noi? Ci affidiamo a colui per il quale tutto è possibile. È un paradosso, no?
Cioè io ho il problema di avere troppe possibilità e mi affido a quello per cui tutto è possibile, in cui la possibilità è al massimo grado. Segno di nuovo del paradosso della fede. Ora. Questo è però la realtà della fede e la fede, come vi anticipavo prima, si concretizza, la fede cristiana in particolare, tramite il tempo.
Vi ho detto, l'angoscia è un sentimento del tempo anche perché è un sentimento del futuro. Dio si presenta all'uomo nel momento. Ecco, questo è importante.
Vi ho detto prima che gli idealisti hanno detto c'è un percorso da fare per l'uomo che poi deve farlo come globalità, come unità, come intero eccetera, ma c'è un percorso, tesi, antitesi, sintesi, no? Quindi in un certo senso l'uomo fa un cammino per gli idealisti. Per Kierkegaard l'uomo non fa nessun cammino.
Abramo aveva fatto un cammino sì, ma l'aveva fatto da marito e quel cammino gli aveva consentito di diventare un buon marito. Fine. Quando ha fatto il salto alla vita religiosa ha fatto un salto che non è stato un cammino, non è come una montagna, tu devi scendere, risalire lentamente, lentamente, rimettere la montagna, è come saltare da un picco all'altro piuttosto. Cioè, quando Abramo ha fatto il salto, la vita è rimasta. religiosa, non ha fatto nessun cammino, Dio gli ha parlato e gli ha detto sì, fine, ci ha messo cinque minuti, perché ha avuto l'angoscia, ha avuto paura, sì, ma non è una cosa che poteva fare in 30 secondi, Dio ti parla, se te la senti dici sì, Maria quando l'angelo gli ha detto rimarrai incinta ha detto sì, subito, no?
Ecco questo è il modo in cui Dio si pone, Dio non ti chiede un cammino, dice Kircher, Dio non ti chiede fai questo percorso e magari tra qualche anno quando sarai maturato ti darò l'illuminazione, col cavolo. Dio ti parla nell'istante, dice Kircher, cioè ti illumina come, no? Subito, immediatamente, istintivamente, boom, per Abramo è stata un fulmine al sen sereno, no? Una botta incredibile, una domanda del genere, senza preparativi, senza accomodamenti, diretta e tragica.
Ecco, Dio arriva così, Dio arriva nell'istante. e arriva al singolo nell'istante, ricordate quello che abbiamo detto prima, no alla spiegazione onnicoprensiva, Dio non parla alle masse, Dio parla ai singoli e gli parla non con un percorso nell'istante. E'chiaro che tutto questo ci consegna un cristianesimo che è molto distante dalla dottrina cattolica, guardate che Kircher è un luterano, non è un cattolico.
Perché? Perché per il cattolicesimo in realtà Dio parla alla folla, alla comunità, alla chiesa, non al singolo, e gli parla tramite un percorso che ha fatto dei sacramenti, che ha fatto del cammino, eccetera. Qui invece Kierkegaard è molto anticattolico, propone una via completamente diversa.
Dio è diretto, parla solo a te ed esclusivamente a te e ti parla all'improvviso, nell'istante. Il che vuol dire che tu devi aspettare quell'istante. non puoi far niente, mentre il marito può impegnarsi può lavorare, pensa che deve essere bravo giusto eccetera l'uomo che vuole vivere la vita religiosa non può fare nessun cammino, deve solo attendere che Dio gli parli quindi alla fine la soluzione di vita si esce dall'impasso, si esce dall'angoscia, si esce dalla disperazione ma ci si può far uscire Dio ed è lui che decide quando fartici uscire perché tu non puoi fare niente per anticipare quel momento, è lui che decide quando, dove e perché Tu puoi solo intanto cercare di vivere una vita giusta e aspettare come ha fatto Abramo. Abramo ha cercato di vivere una vita giusta, poi quando è arrivato il momento ha detto sì.
Allora io ho fatto un po'di conti, dovremmo praticamente esserci, essere vicini ormai al minuto 60 che è quello di chiusura. E abbiamo detto più o meno, mi pare, tutto quello che di importante c'era da dire su Kircher per ripercorrere il suo pensiero. e come è maturato faccio notare questo la cosa veramente importante del suo pensiero è questo confronto con l'esistenza confronto con la scelta e la possibilità che caratterizzano l'esistenza umana e le possibili risposte che l'uomo può dare a questa scelta, a questa possibilità c'è la risposta, possiamo dire, della fuga davanti alla scelta che è quella del Don Giovanni che è quella dell'uomo estetico c'è l'assunzione di responsabilità dell'uomo etico che accetta di fare una scelta che sceglie di scegliere e però questo lo porta anche a non realizzarsi veramente e poi c'è il salto mortale, l'abisso, al di là di questo salto in cui si incontra Dio, ma è un abisso verso cui solo Dio ti può trascinare e questo poi permette a Kierkegaard di affrontare vari problemi, lui lo fa da un'ottica cristiana, ovviamente avete visto il peso anche delle citazioni bibliche, dei riferimenti a Dio eccetera, però...
Passato l'Ottocento alcuni temi ritorneranno in chiave laica magari o in chiave atea in certi casi o comunque magari metafisica ma senza fare più di tanto ricorso a Dio o non direttamente almeno. Per intanto questo è sostanzialmente il pensiero di Søren Kircher filogio fornese vissuto nella prima età dell'Ottocento. In descrizione come sempre poi trovate i capitoletti che ho usato per dividere questo video così da se serve di ascoltarvi un pezzo di ascoltarvene un altro e poi trovate anche Il link a tutti gli altri video che ho citato, ho citato Hegel, trovate, ho citato anche gli esistenzialisti, vi li ho messi, insomma se volete approfondire, allargare e poi vi ricordo come abbiamo detto all'inizio, la playlist completa su Kierkegaard, se qualche passaggio l'ho detto troppo in fretta, vi risulta un po'difficile, trovate il video più lungo, più espanso, più spiegato, con calma, con più esempi e lì potete capire forse meglio. In più, sempre in descrizione, potete trovare come sempre le... playlist principali i social network se volete rimanere in contatto e la newsletter settimanale e gratuita dove faccio poi il punto ogni settimana dei video che ho fatto, i podcast che ho fatto libri che sto leggendo e altre cose ancora poi ci sono anche i consigli di lettura in descrizione, insomma c'è tanta roba infine, per finire, se quello che vi faccio vi piace, vi interessa, vi sembra utile e volete aiutarmi a farlo sempre meglio, sempre di più, potete anche darmi una mano tramite donazioni tramite libri tramite video corsi trovate tutto in iscrizione poi anche c'è questa nuova modalità che è l'abbonamento al canale praticamente c'è proprio il tasto abbonati sotto al video su youtube se vi abbonate al costo di pochi euro al mese decidete voi la taglia di quanti euro al mese avete in cambio anche alcuni vantaggi a seconda del tipo di abbonamento ci sono video in anteprima ci sono dirette esclusive c'è una chat dove possono fare domande tento di rispondere filosofia storia varie cose riservate solo agli abbonati, ci sono dispense di filosofia solo per gli abbonati, insomma varie cose, vario materiale che potrebbe essere interessante e poi vi permetterebbe anche di sostenere tutto il progetto.
Ho finito, ci vediamo presto per altri video, anche di questa serie, tutti i grandi filosofi in un'ora, ma poi in generale, storia, filosofia, educazione civica, dovremmo più o meno esserci, ciao, alla prossima.