Che dire, per me è un piacere veramente immenso avere qui dopo due anni, barra tre, nel 2018, è vero, Sofia Bignamini. Era di nuovo una colazione nel 2018. e si parlava di ragazzi mutanti, i nostri figli quando crescono e all'improvviso da un giorno all'altro non sono più quei bambini carini, vezzosi, docili, ma delle creature mutanti. e quest'autunno giro in libreria e ho scoperto che aveva scritto di nuovo un libro e questa volta sul diventare donne e quindi noi ci siamo sentite quasi un anno fa in occasione dell'uscita del libro e l'abbiamo invitata e adesso scopriremo come si diventa donne Buongiorno a tutti e grazie. Comincerai con il leggere un...
sarà breve, è un piccolissimo brano. Ginevra ha compiuto vent'anni ed è entrata a pieno diritto nel gruppo di chi donna è ormai quasi pronta per esserlo. La conosco da quando ne aveva poco più di... ed era arrivata nel mio studio spaventata come un pulcino, con gli occhi grandi grandi a interrogarmi su che cosa le stesse succedendo, come mai all'improvviso avesse paura di tutto e la bambina coraggiosa e intraprendente che era prima si fosse volatilizzata. chissà dove.
Abbiamo lavorato insieme in fasi diverse per dieci anni e il dialogo è ancora aperto. A ogni tappa Ginevra incontra il dolore del blocco, della perdita di speranza e poi della comparsa di nuove prospettive, esplorando aspetti diversi di sé e lavorando di volta in volta soluzioni creative e conquistandosi un pezzo di saggezza in più. Si rincorrono le stagioni e le agende su cui segnare quando incontrarci, che lei non manca di riconoscere ogni nuovo anno, commentare. colori e varianti. Talvolta il silenzio dura molti mesi, ma in un attimo i fili si rintracciano quando Ginevra torna a raccontarsi, basta ricreare lo spazio della parola e dell'ascolto.
Ora che è arrivata al traguardo dei vent'anni, gli occhi grandi grandi ancora accesi dalla curiosità, la bambina resta un ricordo affettuoso e quel che osserve una giovane donna impegnata finalmente a nascere, autorizzarsi a venire al mondo, individuo che occupa uno spazio, femmina che afferra afferma quel che è, liberandosi dai fantasmi dell'infanzia e dai vincoli di false sicurezze. Essere umano che si riconosce il diritto dell'imperfezione, permettendosi di desiderare e di sognare. Questa è forse la sua sfida più grande. Le parole che scrive in una sorta di dialogo interiore e che mi regala come un tesoro condiviso sono un augurio per tutte le ragazze impegnate nella ricerca di sé. Alla fine avevo paura di diventare la priorità di un'amica.
di qualcuno quando non ero mai stata neanche la mia. In fondo che diritto ho io? Perché dovrei prendermi il mio spazio se mi viene tanto meglio spostarmi per lasciare il posto agli altri? Mi sembra più facile perché vuol dire che a quel punto mi rispecchio in loro. Non ho una mia felicità, non ho un mio volere, seguo semplicemente quello di un altro.
Perché assumersi la responsabilità di dire io sono con la persona più importante, cioè con se stessi. se stessi. Ecco vi ho letto questo piccolo brano che secondo me rende l'idea più di mille descrizioni di qual è un po'il lavoro che io faccio come psicoterapeuta di adolescenti e di giovane donne e che in un certo senso è veramente un po'cercare di accompagnare le ragazze a nascere come donne, a diventare grandi ed è proprio per questa questione che cosa significa oggi diventare grandi, diventare una donna, per cercare di rispondere a questa questione che mi sono ingaggiata nella ricerca che ha dato vita a questo libro.
La faccenda del diventare grande oggi non è una questione da poco, nel senso che in un certo qual modo oggi è un po'come se diventare grandi venisse vissuto dagli adulti, da chi grande almeno. non agraficamente dovrebbe esserlo, non proprio come una bella cosa. È come se nella rincorsa del mito di un'eterna giovinezza il fatto di continuare ad essere un po'incompiuti, un po'acerbi, con mille possibili prospettive ancora davanti fosse un vantaggio e diventare adulti fosse una perdita.
la rinuncia a quelle mille altre possibili alternative di sé che potremmo avere davanti. Ma questo non è certo un aiuto per i nostri ragazzi, nel senso che quando si è davvero nel guado, quando si è... davvero ancora indefiniti, poter avere un'idea di una meta, di un approdo, di un passaggio che aiuti a definirsi è qualcosa di assolutamente necessario. davvero grandi quando si diventa adulti è una questione cruciale nell'accompagnare i nostri ragazzi e perché ho scelto il versante femminile insomma della faccenda ho lasciato da parte quello maschile, intanto perché sono donna anch'io e perché in un certo senso da sempre mi interrogo anch'io su che cosa significa diventare una donna, poi perché nel mio mestiere lavoro soprattutto con ragazze e quindi è un po'come se in quel versante lì avessi...
avessi raccolto tante più storie e testimonianze e poi perché in un certo senso la questione del genere femminile, quindi di quando una donna oggi diventa tale, è la questione che ci interroga di più perché il genere femminile è quello che negli ultimi decenni ha vissuto più cambiamenti. Se noi pensiamo fino a prima della rivoluzione degli anni 60, diventare donna era una faccenda, quindi diventare una donna era una faccenda, quindi diventare una donna adulta era una faccenda piuttosto semplice che si risolveva dentro della soluzione di compiti principalmente biologici. Era un po'quello che faceva fremmere di indignazione Simone de Beauvoir, il fatto che in un certo senso noi fossimo chiamate ad essere delle buone fattrici e che quindi una donna diventasse tale quando veniva scelta e fecondata e quindi quando poteva dentro il dominio della cultura patriarcale.
arcale, passare dalla famiglia del padre alla famiglia del marito di cui poteva contribuire a portare avanti il nome. Ecco oggi direi che per fortuna insomma anni e anni di battaglie ci hanno un po'affrancato da questo passaggio così automatico e così limitante, anzi in un certo senso è un po'come se le donne, noi donne, un po'come delle pioniere del far west ci fossimo conquistate di tutto. Mille ambiti, mille settori dove poterci finalmente affermare. Ma il paradosso di questa cosa è che è un po'come se allora diventare donna fosse un'impresa dal valore altissimo, quasi idealizzata.
Tante persone, tante donne con cui ho chiacchierato poi nel costruire questo libro. Quando dicevo e gli chiedevo quando è che ti sei sentita per la prima volta essere, diventare una donna, che hai pensato sono diventata una donna, molte dicevano, vabbè ma io donna non sono ancora, è troppo difficile, cosa vuol dire diventare una donna? Quasi fosse diventata un'impresa molto ambita e molto impegnativa che ci vede tutte sull'orlo di crisi di nervi, stressate a rincorrere 100.000 ambiti, 100.000 obiettivi senza sentirci mai all'altezza. Per cui la questione di quali sono i fattori cruciali, gli elementi proprio essenziali e i fattori materiali.
che ci permettono di dirci, bene, sono diventata grande, mi sembra appunto che non sia per nulla scontata. E si accompagna ad un'altra faccenda che mi ha messo molto in crisi mentre scrivevo, ero molto preoccupata, ed è quella se si può ancora parlare di universo donna, cioè se ancora il genere può in qualche maniera definirci. Quindi se dire sono una femmina può dire qualcosa.
che ci caratterizza indipendentemente dalla nostra storia dal nostro contesto e soprattutto al riparo da qualsiasi odioso stereotipo se appunto vuol dire ancora qualcosa essere una femmina rispetto all'essere un maschio nel senso che è un po come se oggi una parte insomma della della nostra cultura seguisse un po l'idea che per liberarci da appunto dai pregiudizi dagli stereotipi anche proprio dalle ingiustizie che hanno caratterizzato per tanti anni il femminile, la soluzione fosse eliminare il genere e quindi io lo vedo in tanti nostri ragazzi, tante ragazze, quando gli chiedono ma tu cosa vuol dire per te essere una femmina, è come se volessero, un po'come i cagnolini quando entrano in acqua e si scuotono poi via l'acqua, volessero sbarazzarsi di questa faccenda dicendo ma io sono una persona, cosa significa essere una femmina rispetto a... Non parliamo dei maschi. è quasi come dire sono un maschio, quasi equivale a dire una cosa orrenda, sono un essere prepotente proprio che vivo dei miei estinti primitivi e questo contribuisce non poco a molte forme di depressione maschile anche ad un decadimento proprio a livello ormonale nella produzione del testosterone, forme di infertilità cioè ci sono questioni molto forti intorno al fatto di rifiutare il genere e di viverlo come una sorta di di limitazione alla propria libertà di essere individui e quindi di scegliere quel che si vuole essere. Non è un caso che oggi tanti ragazzini, è quasi, veramente sembra quasi una sorta di forma di epidemia a proposito, di tanti ragazzini oggi preadolescenti, mutanti, che arrivano dicendo, ragazze che dicono io sono un maschio, io non sono una femmina e vogliono essere chiamate con un nome da maschio. E non proprio come se il fatto di partire dalla loro natura, quello che diceva Cacciari ieri, dal proprio corpo, dal proprio base biologica, fosse un limite intollerabile al desiderio di affermare la propria individualità e di scegliere che cosa essere.
E attenzione perché per questi ragazzini o ragazzine, quando arrivano da noi con questa loro urgenza, quello che vivono è tutt'altro che un'immagine. una baldanzosa, orgogliosa affermazione della loro libertà. Quello che vivono è una confusione profondissima e una grande fatica a stare nel proprio corpo. Allora la faccenda del genere, vogliamo che esista ancora, vogliamo accettare ancora di riconoscerci come appartenenti a un genere oppure no, è una questione veramente non da poco.
La mia impressione, ovviamente qui parlo di quanto donna, è che rinunciare al genere... vuol dire rinunciare ad una forma molto preziosa di appartenenza, vuol dire rinunciare a una forma di unione che fa la forza e che non deve necessariamente, non deve porsi come contro all'altro, all'altra metà della mela, ma che ci fornisce un senso di appartenenza da cui poter spiccare poi i voli che vogliamo nei confronti della nostra libertà di interpretare il nostro genere come vogliamo noi. Però questa è una questione da cui...
a cui sono partita nei miei interrogativi. Quindi insomma il libro nasce dall'idea di dire quando si diventa donna e se ancora c'è qualcosa che ci accomuna in quanto donna indipendentemente dalla nostra storia, da dove siamo nati, contesto, eccetera, eccetera. E allora cosa ho fatto sostanzialmente in questa ricerca? Ho interpellato le mie pazienti, nel senso che loro sono il primo bacino preziosissimo e quello che mi portano sono...
le loro fatiche a diventare donna, le loro difficoltà nella crescita e quindi ho interpellato prima di tutto loro. Poi ho studiato letteratura un po'scientifica, abbiamo una musica reggae che ci accompagna? Ci dà un po'di brio.
Dicevo quindi le mie pazienti, libri, colleghi, colleghe, maestri, ma tantissimo devo dire. le scrittrici nel senso che noi abbiamo davvero un luogo importantissimo che ci accomuna dove proprio ci riusciamo a rispecchiare che è quello delle parole e le parole scritte quello delle quello delle scrittrici delle narratrici che ci descrivono l'epica insomma del loro diventare donne sono un luogo preziosissimo a cui mi sono riferita per esempio simon de bourgois arma appunto mille altre e poi le chiacchierate nel senso che Ci siamo un po'inventati io e la mia editor questa formula di uscire dal luogo dello studio dove io sono la psicoterapeuta e la ragazza è lì per essere aiutata e invece di incontrare donne di età, contesti, luoghi diversi davanti a un caffè e dove proprio essere due persone animate dalla stessa ricerca dentro l'intimità che appunto noi conosciamo molto bene, quella della parola. E con queste donne si... partiva sempre da questa domanda, quella che citavo prima, cioè quando è stata la prima volta che hai pensato sono davvero diventata una donna.
E la cosa che mi ha colpito, insomma, da questi momenti così veramente caldi di intimità e di chiacchiera è che... Ciao Rosangela, buona corsa tra mille! ...è che quasi mai, cioè sempre, c'era un momento di silenzio.
dove la persona si immergevano nella sua vita, nella sua storia e sempre poi emergevano dei ricordi di un momento forte, emozionante, intenso Questi ricordi, tutti questi eventi insieme, mi sembra che costruiscano davvero una sorta di epica al femminile, di imprese, passaggi molto emozionanti. E davvero è come se un po'ci aiutassero a definire quali sono queste tappe del viaggio verso il diventare una donna. E se provo a vedere appunto i tratti, le pennellate che hanno in comune queste epiche al femminile, devo dire che quasi, praticamente mai, nessuna mi ha parlato del diventare, dell'essere scelta e fecondata come momento del suo essere diventata una donna.
Più... piuttosto mi parlavano esattamente del contrario, cioè non tanto del costruire una coppia ma del poterne fare a meno. Quindi l'esperienza traumatica e dolorosa della fine di una relazione, spesso anche di un abbandono, è come se venisse proprio raccontata veramente come un'odissea affettiva che permetteva di dire ce l'ho fatta e permetteva di accedere.
a quello che una delle donne con cui ho parlato chiamava il nucleo pulsante di quello che sei, l'essenza, quella che riesce a sopravvivere, un po'veramente come nei riti iniziatici dei guerrieri, delle tribù, delle popolazioni selvagge, questa cosa del ho trovato affrontando quel dolore le radici di me e ho sentito che ce la potevo fare. E allo stesso modo non è la prodare alla casa da sposa ma è molto spesso la prodare alla casa da sposa. a quella piccola stanza magari lontano da casa o a quel monolocale un po'così abbarbicato e messo insieme sul momento che però costituisce il tuo nido e in cui in qualche maniera tu sei in grado di riconoscerti e di caratterizzarti o ancora più in generale l'esperienza del lutto, di una perdita e la possibilità di sentire che resti in piedi. Ecco nel raccontare questi eventi c'è sempre un vibrare, perché tutti li abbiamo attraversati in qualche modo, tutti li conosciamo e ho l'impressione che davvero questo costituisca in qualche modo un primo elemento fondante oggi di questa epica al femminile, che ci permette in qualsiasi luogo dove siamo, quando lasciamo parlare le parole, di sentirci e di riconoscerci. Ci sono poi delle...
adesso c'è qui il mare per cui mi viene da dire delle boe, dei macrotemi, delle grosse faccende che è come se in questo punto attraversare la propria crescita femminile le donne incontrano e si trovano comunque a maneggiare, a me verrebbe da dire come se fossero delle questioni con cui devono fare i conti e fare un po'pace e per me quelle che ho trovato sono principalmente quindi fare pace, mettersi d'accordo con il corpo da cui appunto niente ci potrà mai separare fino alla fine dei nostri giorni, è una questione cruciale del diventare donna ed è un corpo che nel caso del corpo femminile ha delle caratteristiche comuni, che poi di nuovo ognuno può decidere anche di interpretare in modi diversi, ma ha delle questioni di fondo, la prima è che è potenzialmente generativo e si organizza per ricordarci questo suo poter essere generativo ogni mese. Nessuna delle donne con cui ho parlato ha dimenticato di citare il ciclo mestruale come una questione che ha caratterizzato e ha segnato il suo riconoscersi come femmina, come se fosse proprio il primo momento. in cui si...
differenziano proprio in maniera profonda e innegabile le esperienze corporee ma anche emotive e affettive dei maschi e delle femmine. Allora sulla questione di come viene vissuto oggi il ciclo, si è liberato per fortuna di tanti odiosi pregiudizi, che c'erano un tempo e non si potevano toccare delle piante, non si poteva cucinare, insomma tutte quelle robe lì sono state eliminate, ma c'è un aspetto con cui tante ragazze oggi fanno... fanno fatica a fare i conti rispetto al ciclo ed è il fatto che in un certo senso è un'esperienza dolorosa, è un'esperienza che ricorda che siamo fragili, ricorda che abbiamo dei limiti, ricorda che non possiamo avere il pieno e totale controllo su quello che appunto è il nostro corpo. quello che purtroppo è un mito con cui abbiamo davvero molto a che fare oggi, cioè che per affrancarci definitivamente dai vecchi pregiudizi del sesso femminile come sesso debole, passivo, dipendente, bisogna essere delle super eroine, bisogna non avere mai paura, bisogna essere sempre prestative, vincenti, efficaci in ogni ambito, fare i conti con la fragilità.
che ti segnala quel momento lì è qualcosa di difficile e spesso è all'origine di tante forme di sofferenza che diventano proprio sintomi che poi portano le ragazzine da noi, insomma, nello studio degli psicoterapeuti. Allora la questione di fare conti con la propria fragilità che si dichiara, per esempio, nel momento del ciclo, ma che si dichiara, per esempio, nel fatto che i nostri corpi sono imperfetti, è una questione con cui le nostre ragazzine fanno proprio... proprio un po'fatica e forse un po'tutte noi oggi facciamo fatica a misurarci.
L'imperfezione vuol dire anche le mille variazioni che ci discostano dai modelli estetici predominanti e questa faccenda di come il corpo femminile si confronti da sempre con la forza della seduzione e col tema della bellezza è un'altra questione forte con cui tutte noi donne ci misuriamo. Anche... anche tollerare di dover piacere, non viverlo come un appunto qualcosa di schiacciante, farci conti, potersi anche divertire, poter costruire il proprio senso di bellezza, che non è la bellezza dei corpi tutti uguali e di plastica, è una questione non da poco ed è un tema su cui le ragazzine di oggi sono veramente molto molto esposte, anche perché la cultura dell'immagine, la tecnologia, il modo in cui si fa, è un tema che è molto in cui la nostra immagine riprodotta su mille superfici è qualcosa che mette tantissimo alla prova questa questione della propria imperfezione. Ecco, allora credo che questo tema del fare i conti col proprio corpo e farci un po'la pace sia qualcosa che come donne ci impegna e dove forse possiamo anche proprio pensare di darci tanto tempo e possiamo pensare che il fatto che le nostre ragazze ci impiegano un bel po e facciano tanta fatica sia qualcosa con cui appunto anche in questo caso fare ingaggiare trattati di pace e darsi darsi molto tempo e molto perdono rispetto a quanto possiamo soffrire perché non siamo quello quello che vorremmo essere e questa è la prima boa a cui facevo riferimento una seconda boa che in un certo senso è molto correlata alla questione dell'accettare la nostra natura imperfetta e i nostri limiti ha a che vedere con il confronto con l'altro e con il fatto di imparare di riuscire a fare i conti a fare pace col bisogno che abbiamo di essere amate e di amare questa è una questione delicata di nuovo per il genere femminile di oggi perché appunto un tempo era abbastanza scontato faceva parte del compito dovevi essere scelta e dovevi essere scelta essere fecondata per cui era proprio naturale che tu avessi bisogno di un partner.
Oggi invece per le ragazze di oggi di nuovo dentro quell'epica che vede il diventare donna il fatto di saper essere autonoma costruire una buona mediazione tra autonomia e bisogno dell'altro è di nuovo un compito, un compito che vede impegnate e quello che a me capita di incontrare molto spesso è da una parte la riduzione dell'altro a specchio di sé, come se i like sui social, le conquiste su Tinder, il fatto di poter appunto essere cercate, desiderate. collezionare esperienze, fosse qualche cosa che non ha niente a che vedere con la relazione e con lo scambio, ma che è proprio come una sorta di accumulo seriale. e consumistico di approvazioni che solo falsamente alimenta una fantasia di autonomia perché invece ci rende assolutamente schiave di questi like e di queste approvazioni. Per cui nel libro racconto per esempio una ragazza in particolare che mi raccontava questi suoi happy hour per niente happy in realtà per niente felici, questi suoi aperitivi con questi ragazzi che poi dopo non la richiamavano. e questa sua profonda umiliazione del mamma allora non gli piaccio, come se davvero quei ragazzi contassero qualcosa per lei, quando se ci fosse stata insieme tre ore non li avrebbe più sopportati.
Allora questa questione della confusione che possiamo fare tra la ricerca dell'altro come specchio, come conferma, e però in realtà il fatto che lo stiamo proprio riducendo, non lo stiamo vivendo come una relazione, è una questione... su cui tante oggi si trovano ad inciampare con dall'altra parte il terrore di essere delle sottone, il terrore di aver bisogno, di soffrire del fatto che l'altro potrebbe lasciarti e potrebbe ridurti in pezzettini. Questa questione del tollerare il legame con l'altro, del non viverlo come qualcosa di umiliante di cui vergognarsi, dell'essere sottone, amiche nel fatto che l'altro per un attimo anche solo per un momento diventi così potente è una questione su cui il nuovo femminile insomma le nuove ragazze di oggi si cimentano moltissimo e dove io credo che la sorellanza il gruppo femminile torna ad essere no di nuovo il valore del genere che accomuna una risorsa preziosa l'ultima boa di cui vorrei parlarvi ultima ma in realtà prima da un certo punto di vista quantomeno cronologico è la madre. Per tutte noi, per tutte le donne con cui ho parlato, per tutte le storie che ho conosciuto, il confronto con la propria madre costituisce un elemento determinante del proprio processo di crescita. La madre, è chiaro, lo è per tutti, anche per i maschi, assolutamente, ma c'è un aspetto in più che ci riguardano i femmine intorno al tema.
del legame con la madre ed è il fatto che oltre ad essere il luogo da cui proveniamo è anche il primo alter ego con cui ci confrontiamo, è la prima altra donna con cui ci misuriamo in termini di somiglianza, confronto, differenze e così via. Allora la questione di come poter accedere ad una forma di relazione con la propria madre che non ne neghi l'importanza e il valore ma che ha un valore. che allo stesso tempo ci autorizzi davvero un pochino ad essere quello che siamo, a per esempio elaborare la colpa di lasciarla un po'sola quando siamo ragazze, a elaborare il dolore di lasciarla andare, a elaborare anche il dolore del fatto che però noi continuiamo ad andare avanti, è una questione che in quanto donne ci riguarda e che per certi versi...
in una parte di sé è come se rimanesse intoccabile e immutabile, non importa che abbiamo 10 anni o che ne abbiamo 80, ma rimane sempre fondante la relazione con la propria madre e qui veramente si aprono mille capitoli e mille storie che adesso non vi sto a narrare ma che spero possiate magari aver voglia a un certo punto di leggere e di condividere. Eccoci. Ci sarebbero mille altre cose che potrei raccontarvi rispetto a questo libro, però insomma mi sembra di avere già parlato tanto. Quindi mi hanno detto di dire che se qualcuno vuole fare una domanda non si può usare il microfono per via delle pandemie, però secondo me ci sentiamo in qualche modo.
Se qualcuno vuole fare una domanda, ma non vi interrogo. Guarda ma non so come... Prego Come ha parlato di diventare una donna e...
La differenza tra i generi, parliamo di genere che si chiude in un modo diverso, ora c'è molto invece la scelta della parità di sette, di non vederci come diversi, uguali caratteristiche. Mi chiedevo un po'come la domanda di diventare una donna potrebbe voler caratterizzare una persona, addirittura in un certo senso, pensate ai misteri, diminuirla, potrebbe far diventare diversa da uno che se non si fa qualcosa è stato caratterizzato come di sempre. Quindi sto chiedendo la positività di caratterizzare, di diventare una donna come diversa rispetto ad un uomo.
Sì. Questa è la mia, diciamo, divisione che in realtà si cerca di un... perché la sua donna è carina, la sua donna è sempre più simile a quello che si deve stare sui miei occhi, quindi più pareggiato. Sì.
Non so se lo puoi dire a te. No, no, no, no. Allora la ridico così la sentono tutti e mi dice se ho capito. Mi sembra che stia chiedendo come si può conciliare quest'idea del diventare una donna con appunto tutto un movimento fondamentale di parità tra i sessi. che in un certo senso sta proprio invece come a voler ridurre le differenze tra uomini e donne nella misura appunto di un'equità, di una parità tra maschi e femmine.
La donna appunto si libera da certi ruoli e va ovunque. perché in realtà si cerca sempre di dire che diventare una donna non è diverso affatto, diventare un uomo è un livello sociale, non biologico, non è un livello di... sentirsi nel mondo come valore di vita nel mondo sì ma mi sembra che sia proprio la questione che ho cercato un pochino di affrontare questa qua cioè la questione di come poter recuperare un aspetto di valore dentro le diversità che non debba tradursi in termini di più o meno quindi se appunto essere uomo è più di essere donna o viceversa grazie e che non debba implicare necessariamente un aspetto di maschera, di gabbia, di limite, per cui diventare una donna è una sorta di rinuncia, perché vuol dire necessariamente privarsi di certe possibilità di affermazione e di realizzazione che invece fanno parte tradizionalmente del maschile. Allora mi sembra che oggi una sfida importante per noi...
ma questo lo penso anche per gli uomini, anzi per certi versi li sento ancora più in difficoltà gli uomini nel poter continuare a rivendicare una loro specificità senza che questa venga letta come prevaricazione, come affermazione bieca, brutale della propria forza fisica o del proprio desiderio di potere. Credo che ci sia davvero... davvero una questione che non è una questione da poco perché ne va anche della nostra possibilità di riprodurci, di incontrarci, di amarci, di aver voglia, di scambiarci, il fatto proprio del continuare a riconoscere che ci sono delle differenze, delle peculiarità ma che queste non hanno a che vedere né con la supremazia di una parte dell'altra né con la rinuncia a delle possibilità comunque di esplorazione, di affermazione che magari non appartengono tradizionalmente al proprio ruolo, cioè diventare una donna e appropriarsi del proprio genere non significa rinunciare a vivere esperienze che tradizionalmente appartengono al maschile, ma vuol dire viverle dentro una propria specificità e viverlo questo come un un valore, non come una perdita.
Credo che questo sia davvero un po'una sfida. oggi nel nostro esplorare i generi e veramente credo che per certi versi sia ancora più complicata per i maschi che per le femmine, perché è un po'come se per le donne ci fosse ancora questo senso pionieristico, no? Di andiamo! Per i maschi sembra che debbano partire chiedendo scusa, sì forse è vero, in passato ce ne sono stati di ingiustizie perpetrate nel nome del genere, però...
E forse mi viene facile dirlo pensando a mio figlio, che colpa può avere per il fatto di essere maschio, di che cosa dovrebbe scusarsi? Forse sì, certo deve imparare a costruire una cultura di estremo rispetto per l'altro genere, però forse senza rinunciare a qualcosa che può essere una peculiarità del suo essere maschio e che un po'anche noi femmine non vorremmo vedere perso nei maschi con cui abbiamo a che fare. stavo pensando qualcosa che si riallaccia a quello che poi lei ha detto un attimo fa il ruolo delle mamme dei maschi allora io ho due maschi e ho parlato spesso con donne molto contraddittorie perché si lamentavano degli uomini della loro vita e poi educavano i suoi figli esattamente a diventare uguali quindi io ho cercato ho avuto i figli giovanissimi degli anziani signori Ho cercato proprio di fare, di aiutare i miei figli ad essere diversi da uomini che non erano quello che noi volevamo. Spero di esserci riuscita, lo so.
Volevo fare un parere su questo, le mamme dei maschi. Sì, le mamme dei maschi. È vero, questa è una questione grande. Cioè quanto siamo responsabili noi mamme per... prime di trasmettere ai nostri figli maschi una rappresentazione del mondo, delle relazioni tra i sessi che sia rispettosa e che ci aiuti a vederli crescere e a sentirci un po'orgogliosi di quello che sono.
Io credo che in questo aspetto torni ad essere fondamentale la collaborazione tra mamme e papà. Credo che torni ad essere cruciale in questo. Se il papà era un rappresentante...
Il papà è un rappresentante che noi non volevamo. Sì, però allora forse in questo possiamo pensare innanzitutto al fatto che per ogni maschio, così come per noi, il confronto con la nostra madre è fondante la nostra poi identità, ogni maschio ha dalla sua il dover... confrontare con la sua storia e col padre da cui proviene e diventa importante esplorare, trovare figure paterne alternative che possano, non necessariamente padri, ma figure maschili, che possano proprio mostrare, indicare che c'è una strada anche diversa, perché è vero che ci sono vissuti esperienze profondamente maschili.
su cui noi mamme possiamo essere delle ascoltatrici, delle interlocutrici, ma non possiamo capirli al 100%. Allora di nuovo qua torna la fatica del riconoscere che siamo parziali e interdipendenti, abbiamo sempre bisogno di altri interlocutori. Mi sono domandata mentre stava parlando quando io ho avuto la consapevolezza di essere una donna. Si è chiesta quando lei ha avuto la consapevolezza di essere una donna.
Diciamo che ci saranno stati dei momenti sicuramente topic. che adesso io non mi sono domandata però so che sicuramente quando io sono entrata nel mondo del lavoro dopo l'università io ho avvertito per la prima volta le differenze il lavoro mi è sembrato di entrare in un mondo che non era fatto per me e in cui le mie differenze che io avevo coltivato fino a quel momento che avevo trovato un certo equilibrio non andava più bene questo equilibrio perché non mi permetteva di essere alla pari con le mie differenze. Ora io parlo della preistoria non so come sia adesso però in certi ambienti io sono sicura che sia ancora adesso così perché ne ho le prove documentate per cui questo modello in cui si entra diciamo da estremamente in cui si entrava dai strani e che uno si doveva conquistare. spingeva un disequilibrio rispetto alla propria consapevolezza delle proprie differenze, cioè io sapevo che le mie differenze mi davano dei vantaggi in certe situazioni e quindi non dei vantaggi di genere, ma dei vantaggi di genere.
Sì, dei valori. Dei valori. Sì. E quindi questi valori a questo punto non erano più dei valori, erano dei disvalori. Disvalori.
Sì. Quindi diciamo non sapersi imporre più di tanto o trovare dei muri o trovare... dei gruppi già formati, in cui si guardavano un po'come un alieno, diciamo, don aiuta a quell'equilibrio di cui lei parlava.
Allora, riassumo per chi magari non ha sentito bene, però effettivamente la signora mette l'accento su una questione che è molto forte, cioè quanto nel momento in cui si entra nel mondo del lavoro tornano a emergere degli aspetti di disparità. di esclusione, proprio una fatica maggiore, non aver per scontato che ci sia lì il posto per te, che invece prima, magari durante il percorso di studi, non ci sono. E questo, anzi per certi versi oggi, la differenza è quasi estremizzata, perché c'è una scuola che valorizza molto il femminile, l'apprendimento al femminile, pensiamo ancora a una classe di bambini. di scuola elementare dove la naturale impulsività, la corporeità maschile tende ad essere molto svantaggiosa dentro una classe e invece un femminile che tradizionalmente con mille differenze di genere però è meno carico di impulsività si trova facilitato.
E infatti tanti maschi, le femmine sono le preferite. una delle cose che i ragazzini poi mi portano con molta veemenza. Quindi c'è un percorso di studi che vede le femmine molto avanti, molto promettenti, molto vincenti, e poi arrivano al mondo del lavoro e si trovano ad affrontare delle differenze e delle esclusioni e delle mortificazioni e delle ingiustizie che ancora esistono.
E questo è un tema estremamente attuale. Per fortuna ci sono. Ci sono anche delle forme illuminate di gestione aziendale che riconoscono che ci sono delle forme di leadership al femminile che hanno una serie di caratteristiche, di valori aggiunti, per esempio la ricerca della cooperazione, della condivisione, piuttosto che una forma più verticale di potere, però è vero che su questo c'è ancora tanto da fare.
Sa che non lo sentita? Un ric... Si? Si? Sì, dai.
Da? Sì. Sì, ah!
La signora sta dicendo che oggi la sua impressione è che ci sia una sorta di ondata e di ritorno al passato, come se ci fossero delle recrudescenze, soprattutto in certi ambiti lavorativi oppure certi contesti legislativi, che riportano forme di esclusione, pregiudizio, prevaricazione nei confronti del femminile. È un'impressione che anche... Che altre hanno? Non solo delle stranieri, ma anche delle persone.
Esatto, forse il punto è che in tutti i momenti, ai medi crisi, si creano delle forme di terribile ingiustizia nei confronti delle categorie che si possono identificare. Forse è questo, se penso alla crisi lavorativa attuale, per molte donne è tornato ad essere così, cioè che lo spazio non ti viene garantito, che te lo devi proprio conquistare, fino a tollerare dei compromessi davvero odiosi, davvero sgradevoli. Allora, io faccio parte di quegli anni 60 che hanno visto una rivoluzione eccezionale.
del contraccettivo, la contraccezione e per noi, insomma, nel 62 per noi era stata una liberazione e un'affermazione del sé, cioè io posso scegliere e posso decidere. Adesso le ragazze mi sembrano tornate un pochino indietro, cioè meno attenti a questo punto. e mi fa specie perché io ho un figlio maschio, ho 20 menne e con lui parlo di queste cose perché gli dico sempre c'è un altro mondo anche, attenzione, ma non soltanto per non ritrovarsi ad avere un figlio a 20 anni, ma perché sia una scelta importante.
E vedo che però lui mi racconta anche delle sue amiche. Una sorta di sfilacciamento, di consapevolezza su questo, è vero oppure è soltanto, come dire, sono degli episodi che mi raccontano? No, io mi trovo, mi sento... po'a condividere questa impressione che però leggerei con una chiave di lettura più del presente che è un po'a che vedere con la perdita di consapevolezza del proprio corpo.
se intorno appunto alla diffusione del virtuale, il narcisismo imperante, questa fantasia di poterci liberare di qualsiasi vincolo, di poter fare di noi quello che vogliamo, dimenticandoci della nostra natura corporea, ci dimentichiamo dei limiti, ci dimentichiamo del fatto che il nostro corpo è un luogo delicato, è un luogo delicato, è un luogo delicato, è un luogo delicato, luogo che ha delle sue regole, è un luogo che va protetto, come se invece il corpo fosse un biglietto da visita, uno strumento di affermazione di sé e venisse in quanto tale utilizzato, dimenticandosi e questo scollamento per esempio tra il corpo come luogo della sessualità in quanto esperienza profonda, intensa, che come minimo che... può avere delle conseguenze, quindi il corpo come sessualità venisse scollato da una sorta di erotismo, di erotismo dell'immagine che viene utilizzata per avere attenzione, per avere ammirazione, dove la seduzione è una sorta di affermazione di sé in cui più ne conquisto più ho un senso di mia efficacia e mi dimentico invece di... che cosa vuol dire invece la sessualità reale, questa è una cosa che molte nostre ragazzine purtroppo vivono, esibire un corpo erotico attraverso lo schermo come se lo schermo diventasse appunto lo specchio di Biancaneve che ti dice sei proprio la più bella del reame, dimenticandoti che di là c'è magari appunto un maschio che potrebbe invece volere poi portarti a delle esperienze che tu non hai neanche idea di che cosa siano.
e di cui non conosci neanche bene le conseguenze. Allora credo che qui sia proprio complicato perché se noi leggiamo questa cosa che fanno le ragazze nella nostra ottica più battaglia anni 60, non le capiamo e loro non ci capiscono. E invece dobbiamo proprio leggerle dentro questa necessità di rieducarsi all'integrazione tra la mente e il corpo.
Il fatto che avere un corpo vuol dire avere delle fragilità e questo ci deve rendere anche orgogliosi, le dobbiamo difendere le nostre fragilità, non le dobbiamo negare. Quindi è complessa la questione, ci richiede di nuovo di fare un grande lavoro. esplorazione di ascolto per comprendere davvero con chi abbiamo a che fare e come educarle?
e come educarle? Sicuramente alimentando il dialogo, alimentando il confronto e stimolando continuamente il discorso, veramente un po'quello che diceva Cacciari ieri che ci ricorda continuamente che ci sono tutte e due, che siamo anche corpo e di educarle per farle capire che ci sono due cose Adesso faccio un esempio molto concreto, un po'di mesi fa mi hanno intervistato, forse per io donna, non mi ricordo, ma arriva sta telefonata chiedendomi un parere sulla pubblicità degli assorbenti, quelli lì che fanno vedere l'assorbente con la macchia di sangue. Per dire se secondo me educava davvero o meno a liberarsi dalla vergogna delle mestruazioni e del ciclo. Ecco, questo per esempio è un tema, siamo sicuri che il punto sia dare delle bombe molto concrete dove lasciamo parlare il sangue così com'è e invece la questione non sia proprio costruire la possibilità di dar parola alla fragilità, alle sensazioni del corpo e riportare un discorso sulla dignità del nostro corpo Ok sia libero da aspetti più ideologici, che non venga confuso con qualcosa di moralistico, ma che parli di rispetto profondamente.
Secondo me in questo senso la sorellanza torna ad essere un luogo utile, il gruppo al femminile tra donne di generazione diverse torna ad essere qualcosa di molto prezioso. Volevo dire che rispetto a questa domanda che ha fatto l'inizio, anche io mi sono sentita donna. Quando mi sono sentita donna.
A parte il ciclo mestruale da ragazzina, uno dice, boh, non sono una donna. Però il mio percorso vero è iniziato quando verso 23-24 anni ho iniziato a far parte di un centro di... ...per la violenza di genere, no? Sì.
E quindi la sovellanza di queste donne di diverse età, di diversa estrazione culturale, lavorativa, generazionale, mi ha insegnato la bellezza dell'essere... essere donna in diversi modi e a ricercare la mia rispetto a quella maschile e andando un po'su quello che stavamo dicendo adesso, lì ovviamente si parlava di donne offese fisicamente o psicologicamente. e quindi capire quelle ferite che comunque uno porta in tanti modi della sua vita e nell'aggiustare, nel cucire, nel curare quelle ferite costruire il femminile. Io veramente anche con grande emozione devo tantissimo a quel percorso perché è quello che mi ha permesso di diventare e di dire sono una donna, sono contenta e di non perseguire per dire... quel modo di fare tra virgolette di fare di forma stile come negando sì, beh, credo che sia davvero una bella immagine questa del poter acquisire il senso anche della propria forza attraverso il prendersi cura della fragilità e del dolore che in fondo è un compito che ci riguarda da millenni quello della cura allora poterlo vivere non come un'altra un limite un fardello odioso ma come parte di cui andar fiere insomma mi sembra che sia un bel esempio prego Ma sa che lei sta proprio facendo una domanda su cui proprio ci stiamo interrogando?
Cosa deve fare l'adulto di fronte alla ragazzina che dice io mi sento un maschio e voglio essere un maschio? Perché attenzione... distinguere quelle situazioni dove davvero c'è quella che tecnicamente chiamiamo una disforia di genere cioè un disturbo legato proprio alla relazione con il proprio genere che però sono situazioni specifiche particolari da questa forma più endemica di disorientamento confusione negazione del proprio corpo quello che il corpo annuncia.
Allora su questa faccenda qua siamo in pieno studio, nel senso che da una parte c'è la voce, quindi purtroppo non ho una... però vorrei condividere... con voi quello su cui ci stiamo interrogando perché da una parte c'è un aspetto di accoglienza e quindi viene da dire non ha senso mettersi in una battaglia testa a testa che non fa che per certi versi rafforzare in quella esigenza tipicamente preadolescenziale adolescenziale del vado contro per dire cosa sono se io te la condanno e te l'ostacolo questa tua voglia di dire sono un maschio vado proprio a esasperarla però dall'altra parte c'è anche bisogno di ricordare un piano di realtà no di ricordare che esiste un corpo che quel corpo lì tu puoi anche rifiutarlo ma in questo momento c'è quel corpo lì allora fammi capire che cos'è che davvero non ti va bene di quel corpo lì per cui vuoi proprio rigettare amare tutto il tuo essere femminile proprio in toto fammi capire che cos'è cosa vuol dire per te essere un maschio no io che in questo momento qui siamo a questo punto cioè stiamo studiando questa cosa quindi più che la famiglia noi facciamo questo, fammi capire cosa vuol dire essere un maschio, per riuscire a cogliere che tipo di linguaggio ci sta sotto. Credo che da parte della famiglia ci debba essere in questo momento qui una ricerca di buonsenso, di equilibrio tra rispetto, rispetto questa tua affermazione, riconosco che sotto c'è un dolore, non la tratto come un capriccio, ma non posso neanche seguire.
di costruirti ciecamente nel negare quello che sei. Grazie. Prego.
Va bene, io vi ringrazio tantissimo, è stato molto bello essere con voi. Grazie a lei. Grazie.