Ciao, oggi esamineremo uno degli episodi più belli della Gerusalemme liberata di Tasso, cioè lo scontro finale tra Trancheri e Clorinda. Abbiamo già esaminato il primo incontro, ti rimando alla video lezione che parla del primo incontro-scontro che c'era stato molto singolare fra questi due personaggi della Gerusalemme, adesso arriviamo allo scontro finale. Di notte Clorinda e Argante hanno incendiato, evidentemente rispetto al terzo canto che abbiamo esaminato nell'ultima video lezione, qua siamo andati molto avanti, la trama ha già raggiunto degli sviluppi interessanti, e Clorinda e Argante, appunto Novelli, Eurialo e Niso, il modello è quello virgiliano, evidentemente escono di notte.
per fare una sortita, escono dalle mura di Gerusalemme per fare una sortita nel campo cristiano e distruggono incendiandola la potente torre d'assedio che i crociati avevano costruito e stavano utilizzando purtroppo per i musulmani con profitto. Si apprestano dopo questa sortita a rientrare a Gerusalemme ma vengono raggiunti da soldati, da soldati cristiani che evidentemente ingaggiano uno scontro notturno, per cui con le difficoltà che la... Poca visibilità a porta con sé, ma uno scontro vero e proprio, anche di vendetta. Aperta è l'Aura Porta. Ecco, la Porta Aura è una delle porte di Gerusalemme che il re, il re Solimano, aveva aperto per poter riaccogliere i due grandi condottieri, Cloridano, Clorinda e Argante, che avevano fatto questa sortita notturna.
Argante riesce ad entrare, ma Clorinda è invece bloccata. bloccata fuori perché, come leggiamo, perché è interessante, perché ne resta sola, esclusa, ne fu perché in quell'ora che altre serò le porte e la si mosse, e corse ardente e incredulita fora, a punire Arimont che la percosse. Cioè, è stata punita da un soldato cristiano e vuole vindicarsi, non può lasciare impunita una azione del genere.
Cioè, notiamo ancora una volta in un frangente del genere, che evidentemente è molto concitato, che avrebbe portato chiunque di noi a muoversi più rapidamente possibile verso la salvezza, noi ritroviamo ancora una volta Clorinda caratterizzata in una maniera molto particolare, cioè la vera virago, una vergine guerriera, forte, coraggiosa, ardente, crudele, che non può lasciar così, lasciar passar via un colpo ricevuto dal nemico. Si ferma, anche se questo sa benissimo che la porterà. in un pericolo un po'più grosso, forse la porterà a rischio di morire. Però si ferma e combatte, e infatti uccide.
Uccide questo cavaliere cristiano, questo soldato cristiano, che l'aveva, nella confusione generale, ferita. Però resta fuori. Questo è il problema di Clorinda. Resta fuori dalle mura di Gerusalemme, quindi in balia del nemico.
Ma poi che intepidì la mente irata nel sangue del nemico e in sé rivenne, vide chiuse le porte e intorniata sé dai nemici, e morta all'ossitene. Anche questo è una bellissima, efficace metafora che utilizza Tasso per rendere bene ancora una volta l'indole del personaggio che si era riscaldato, la mente si era surriscaldata, la postura dell'ira si era accesa dentro l'animo di Clorinda. aveva ucciso questo soldato che l'aveva ferita. Ma una volta appunto ritornata in sé, e beh, da questa anche immagine e espressione, in sé rivenne, beh, si rende conto che è rimasta fuori e si ritenne ormai morta. Non c'è possibilità di rientrare da questa porta, quindi sono circondata da nemici, eccoli, la morte ormai incombe su di me.
Ma non per questo entra nel panico. Pur veggendo che alcuno di lei non guarda, Nuova arte di salvarsi le sovenne, cioè si ingegna, è interessante, è forte, ma è anche intelligente questa donna, perché dice, ma forse c'è un altro modo per salvarmi, è vero, sarà difficilissimo, ma io posso, ecco, di l'orgente si infinge, cioè posso in qualche modo camuffarmi da guerriero cristiano, tutto smato, è di notte, ci siamo vestiti di nero, senza... quelle armature sgargianti e quei vessigli facilmente riconoscibili, quindi possiamo, posso, ormai da sola Clorinda, posso salvarmi, posso appunto mescolarmi in mezzo alla folla dei soldati cristiani senza che nessuno possa riconoscere, nessuno l'ha guatata, come vediamo questo verbo che abbiamo trovato varie volte, e si fraglignoticheta in silenzio, si avvolge, quindi si mescola in mezzo ai guerrieri cristiani. Non c'è nessuno che la noti. Poi, come lupo tacito si imbosca dopo il culto misfatto e si desvia dalla confusione, dall'abra fosca favorita e nascosa, ella si ingira.
Ecco, mi piace questa similitudine, no? Che è una similitudine vera, che ci fa vedere... ci fa capire quello che è l'atteggiamento di Clorinda in questo momento, come un lupo, un lupo che ha operato una strategia vincente e a un certo momento si muove. Perché metto questa parentesi in cui scrivo che è diverso e lontano dalle similitudini di Ariosto? Perché abbiamo visto varie volte, e ti rimando alle video lezioni sull'Ariosto, in cui abbiamo visto molte volte le similitudini sono...
sgraziate, sono inappropriate, sono delle similitudini, per esempio, ci troviamo quelle che accompagnano la follia di Orlando, che non hanno nulla di epico, ma anzi quasi sviliscono, quasi abbassano la dignità eroica del personaggio. In questo caso invece no. Ecco, Tasso rimane perfettamente coerente a quella che è la scrittura del poema cavalleresco.
Seconda parte dell'ottava, come sempre c'è questo... duplice respiro quasi naturale dell'ottava, che è divisa in due quasi sempre, solo Tancredi avviene che lei conosca. Interviene di nuovo il caso, il caso che possiamo chiamare provvidenza, beh sì, forse possiamo chiamare provvidenza, e proprio solo Tancredi si accorge di questo stratagemma, solo lui. Ovviamente non sa di chi si tratta, non conosce l'identità del guerriero nascosto sotto la corazza, ma...
Ma da vero soldato, da vero cavaliere, quale è? Evidentemente ha individuato la strategia del nemico e decide di andare contro questo pericolo che c'è evidentemente nel campo, che è questa opportunità comunque di uccidere un soldato nemico. Proprio lui, solo lui, solo Tancredi se ne accorge, vediamo come Tassio in maniera veramente spettacolare riesce a presentarci questo scontro come inevitabile. E allora procediamo perché pian piano è come se ci fosse un restringersi della telecamera su questi due. Abbiamo partito dall'alto, abbiamo visto Gerusalemme dall'alto vicino alla porta aurea, adesso pian piano il focus si stringe attorno a questi due.
Vuole l'armi provarla un uomo da stima degno a cui sua virtù si paragone. È chiaro che l'atteggiamento di Tancredi è quello di un cavaliere che vuole sfidare vuole sfidare nelle armi un cavaliere, un uomo, perché evidentemente abbiamo detto che non conosce quella che è l'identità della donna. Qui mi piace sottolineare in questa ottava un'altra tecnica che utilizza Tasso per farci vedere questo avvicinarsi dei due personaggi, perché l'ottava è perfettamente divisa in quattro coppie diverse, che hanno come soggetto prima lui, lo ho indicato in blu, credi, vuole nell'armi provarla, poi lei va girando con lei l'alpestre cima, si tratta del colle di Sion su cui appunto sorge la città di Gerusalemme, l'alpestre cima verso un'altra porta, una porta secondaria, una porta che è lontana dal campo di assedio dei cristiani, onde a sei prima ove d'entrar dispone. Per poi tornare invece a fermarci su di lui, segue egli impedioso, onde a sei prima che giunga, in guisa bianca e d'armi suone.
Chella si volge e grida. Allora, cos'è questa alternanza precisa di coppie diverse? In qualche modo vuole rendere questo progressivo, e ovviamente bellicoso, non è un progressivo pacifico, ma è bellicoso avvicinarsi dei due personaggi che appunto alla fine si ritrovano, appunto il focus della telecamera si focalizza su i due, che non certamente si fermano. Ed è proprio lei, Davia, Virago, qual è, che invece di continuare a scappare sperando di non essere vista, E raggiunta da nessuno, «O tu che porte, che corrisi? » risponde «E guerra e morte».
Quindi evidentemente i due si scontrano. Ovviamente Tancredi non è da meno perché nell'ottava 53 risponde «Guerra e morte avrai, vuoi questo? Io te lo darò». Disse «Io non rifiuto darla se la cerca» e ferma, attende.
Non vuol Tancredi che pedon veduto ha il suo nemico, usa il cavallo e scende. E qua notiamo un'altra caratterizzazione di Tancredi che abbiamo in parte già visto e che continueremo a vedere nel corso del passo, cioè che ha un atteggiamento proprio dei cavalieri. Vuole ingaggiare un duello, l'abbiamo letto all'inizio dell'ottavo 52, e nell'ottavo 53 si accortosi che Clorinda è a piedi, non vuole perché l'etica cavaleresca lo impedisce, non vuole scontrarsi da una posizione di... privilegiano una posizione vantaggiosa per lui nei confronti di un cavaliere che invece ha piedi.
Quindi scende, Tancredi scende da cavallo seguendo quella che è l'etica cavalleresca. E ancora una volta insisto nel farti così scorgere quelle che sono le differenze con Ariosto. Beh, Ariosto, noi abbiamo letto il divertente, sotto alcuni aspetti, episodio di Rinaldo e Ferrauti, ricorderai con Angelica che ormai è fuggita e loro si stanno combattendo, e a un certo punto si fermano e Rinaldo dice, ma aspetta, ma perché stiamo combattendo? Angelica è fuggita, fermiamoci, diventiamo alleati. ritroviamo Angelica, la blocchiamo ad un albero e poi continuiamo a combatterci.
Chi di noi due vincerà avrà la bella donna. La Gran Bontà, detto ironicamente, ci ricordiamo in quella famosa ottava XXII del Primo Canto del Furioso, beh, la Gran Bontà era chiaramente ironica, non era una bontà, nel senso una virtù cavalleresca, è appunto, abbiamo detto, il pragmatismo. la concretezza propria su cui ormai i personaggi di Ariosto insistono. Qui Tassi invece no.
Qui Tassi è come se veramente mettesse tra parentesi l'esperienza e il messaggio profondo di Ariosto per tornare alla chanson de gest. Ecco, rienterpretata, con nuove istanze dietro, ma siamo veramente tornati indietro nel tempo. Tancredi è cavaliere a tutto tondo.
è un cavaliere cortese, è un cavaliere del 1100, infatti questa è l'epoca che si trova a vivere. Degne di un chiaro sol, degne di un pieno teatro, opere sarei anzi memorande, notte che nel profondo oscuro seno chiudesti, e nell'oblio fatto sì grande piaccedi che io ne tragga, e in bel sereno alle future età lo spieghi e mandi. Importante sempre quando noi notiamo in tutte le opere, quando noi vediamo la apparire del pronome personale, soprattutto di prima persona, c'è un attimino di attenzione. Infatti quest'ottava è importante perché appare io e c'è il narratore che interviene in maniera palese, abbiamo detto caratteristica propria del Furioso e della Gerusalemme, il narratore interviene in maniera palese, in questo caso per invocare la notte. Ecco, attenzione, ci troviamo di notte, ecco questo qua.
l'abbiamo detto all'inizio, lo ribadiamo adesso, la notte da sempre nel mondo letterario, artistico occidentale, è sempre stato associato al mistero, all'irrazionalità, a qualcosa di poco gestibile, come è ovvio e naturale che tutto sommato sia, spesso è associato, e questo l'abbiamo visto nella Divina Commedia, con il male, il sistema assiologico occidentale in qualche modo presenta sullo stesso livello appunto il buio. e il male, il basso anche, per quella divina commedia, l'incontro con Satana è proprio al centro della Terra, dove più in basso di così non si può andare, più buio di così non può essere, e più male di così non può esistere. Chiuso la parentesi, qui il narratore invoca la notte perché possa dare a lui un'ispirazione tale da rendere queste gesta, che sono memorabili, perché sono fra due grandi campioni, e...
nel senso medievale del termine, renderle eterne, con la sua poesia renderle eterne. Questo qua è ciò che chiede il narratore, ripeto, interrompendo la diegesi, interrompendo la finzione letteraria per invocare la notte. Non schivar, non parar, non ritirarsi, voglio un costore, ne qui destrezza parte, non danni colpi, or finti, or pieni, o scarsi, toglie l'ombra e il furor. l'uso dell'arte.
Allora interessante questo tema perché? Perché noi appunto sottolineiamo alcuni termini che ci fanno capire che Tasso conosce a fondo la tecnica del duello. In questo caso ci sta dicendo che non seguono proprio perché è notte, proprio perché non c'è possibilità di avere uno scontro chiaro perché appunto la notte rende ovviamente anche l'appoggio per terra molto più complicato, anche lo scorgere. l'atteggiamento, il movimento dell'avversario diventa tutto più complicato, però noi, al contrario, riusciamo a capire che Tasso ha una profondissima competenza nell'arte militare, in particolare nell'arte dei duelli.
Il lessico che utilizza è un lessico assolutamente specifico. Ed è interessante che cosa mette in rilievo che è uno degli esempi classici, poi ti rimando alla video lezione sul bifrontismo, ma è l'esempio classico del bifrontismo. nei confronti della guerra perché è evidente che Tasso sente un'attrazione nei confronti di questa arte che appunto noi vediamo nelle Olimpiadi ci sono appunto discipline legate alla scherma che evidentemente non hanno nulla di guerriero se non alla loro origine antica è ovviamente uno sport molto molto molto bello bello a vedersi molto elegante in cui appunto gioco molto di più oltre la forza la potenza fisica molto di più forse la destrezza, l'astuzia, l'agilità. Per cui Danilo Tassio in questo caso evidentemente è attratto proprio da questa tecnica. E in qualche modo, anche in altri brani, troveremo come la esalta.
Ma è sempre consapevole, rimane sempre consapevole, che la guerra è fonte di dolore e di morte, come vedremo in questo drammatico incontro. Per cui bifrontismo significa proprio questo, una ambiguità di fondo che l'autore mantiene nei confronti di alcuni aspetti del reale. Qua abbiamo messo in rilievo.
nei confronti della guerra. Ne vedremo in questo stesso brano altre sfaccettature. L'onta irida lo sdegno e la vendetta, e la vendetta poi l'onta rinnova.
Ecco, interessante perché è un meccanismo psicologico, per cui la vergogna di essere stati colpiti, ho messo la parafasi sul lato perché possa essere ancora più chiaro il significato, no? La vergogna di essere colpiti irida lo sdegno per vendicarsi. e la vendetta rinnova poi la vergogna, quindi è un circolo vizioso, ancora una volta originato dall'etica cavalleresca, secondo la quale uno scontro iniziato deve essere portato a termine. E ancora una volta, scusami la ripetitività, ma insomma torniamo a quello scontro famoso di Rinaldo e Ferraù, che non si conclude, ma a un certo momento Rinaldo dice a Terna, ma fermiamoci, a che serve questo scontro? Immaginiamo noi in questo momento, in questo frangente così drammatico, Tancredi che dice, beh, tutto sommato, ma che ci stiamo a combattere qua di notte?
Nessuno ci vede, non so manco chi sei, fermiamoci! Invece no, siamo all'interno di un'etica cavalleresca che obbliga, no, obbliga i protagonisti a combattersi fino alla fine. E anzi, coi pomi, quindi con l'elsa della spada, ormai tutte le regole dell'arte.
delle parti belliche sono messe da parte, si colpiscono come possono, cozzano coglielmi, addirittura proprio con capocciate, in maniera forse un po'impropria, e con gli scudi. Tre volte il cavaliere la donna stringe con le robuste braccia, ed altrettante da quei nodi tenaci, ella si scinge, nodi di fer nemico e non d'amante. Molto importante questa ottava, perché noi notiamo delle espressioni ambigue, ambivalenti. Su cui il narratore veramente gioca, perché ovviamente il narratore e il lettore con lui sa tutto, sa che Tancredi sta combattendo contro Clorinda che è la donna da lui amata, ma i protagonisti non lo sanno.
È un'onniscienza di cui gode il narratore e il lettore e che lo pongono su un livello superiore rispetto ai propri personaggi. Ma con le espressioni di questo genere il lettore è come se... ricevesse un occhiolino da parte del narratore ma lo vedi che sì è vero che all'interno di uno sconto ci si può a volte abbracciare, lo vediamo a volte sui ring degli scontri di box, come a volte sembrano abbracciarsi quando sono all'estremo delle forze, i due pugili, in questo caso appunto i due guerrieri si abbracciano per bloccarsi evidentemente, non per pulirsi bene, per manifestarsi amore, ma... Ecco, questo discorso, si abbracciano, lei si fa un po'la ritrosa, lei si allontana, sembra, potrebbe sembrare, soprattutto al lettore che sa tutta la storia, conosce l'identità dei due, potrebbe sembrare un incontro d'amore, e invece un incontro di morte.
Attenzione, è un'immagine molto bella questa che Tasso utilizza. Come tutti gli interventi... parte anche i commenti, questo non è un commento palese, ma insomma certamente ci vuole indirizzare verso un tipo di interpretazione del gesto, beh come tutti gli interventi, anche in questo caso Tasso punta alla immedesimazione del lettore nel narrato, che sta lì quasi a volerli fermare, il lettore, noi che leggiamo, vorremmo quasi fermarli questi due, che si stanno uccidendo mentre dovrebbero invece amarsi, l'immedesimazione nel narrato, ancora una volta. segnaliamo la differenza con Ariosto, lì dove Ariosto invece utilizza questi interventi per straniare, per allontanare il lettore dal narrato e fargli assumere un atteggiamento critico nei confronti di ciò che sta accadendo. L'un l'altro guarda e del suo corpo e sangue sul pomo della spada appoggia il peso già dell'ultima stella e raggiolangua il primo alborchino retto.
molto interessante questo accenno all'ultima stella perché evidentemente la notte sta finendo Ed è interessante, noi l'abbiamo visto leggendo il primo canto del Purgatorio, ti rimando all'analisi di questo primo canto, ma insomma, luce, così come diciamo prima, nel sistema asiologico letterario occidentale, luce coincide con bene, luce coincide con alto, e per cui ecco qui la notte sta finendo, sta finendo questo momento di male. Noi vedremo che cosa significherà il bene per questa donna. Venere, l'ultima stella, idea dell'amore, sta portando la luce, ma questa luce coincide con la grazia, la grazia che concluderà il brano. Grazia che raggiunge ovviamente Clorinda, ma che lascerà nello sconcerto Tancredi.
Vede Tancredi in maggior copia, in maggiore abbondanza, il sangue del suo nemico e se non tanto offeso. Sta vincendo Tancredi nello scontro, ne gode e inserverbisce. Ecco qui un intervento bellissimo del narratore, che comprende anche la parte dell'ottava successiva. O un'ostra folle mente che ogni aura di fortuna estolle, un evento di fortuna porta in alto.
Misero è il narratore che parla a Tancredi, con un termine poi tra parentesi che è miser, ti ricorderai che è il termine per eccellenza della lirica all'amore, quella latina, ma anche quella medievale, no? Miser. Catulle, desinas, ineptire, ti rimando all'elezione sul Catullo, per cogliere tutte le sfumature di questo misero, cioè misero significa sofferente d'amore, amore, in questo momento sta combattendo contro la donna amata, di che godi, ma cosa ti rallegri, no?
Quanto sarà triste invece il tuo trionfo e quanto infelice il tuo vanto di aver vinto, gli occhi tuoi pagheransi. in vita resti, di quel sangue ogni stilla un mar di pianto. Questa è un'immagine del mare di pianto che effettivamente dopo verserà Tancredi.
L'orniscenza ovviamente è sempre operativa, quindi c'è un giudizio amaro, io quello lo commento tra parte virgolette, un giudizio amaro nei confronti di quello che sta pensando Tancredi. Il narratore giudica perché sa, sa quello che succederà. e sa quello che sta succedendo. Interessante questa parentesi, se in vita resti, ci viene quasi il dubbio che, beh, se in vita resti, evidentemente se sei onnisciente sai che Tancredi resterà in vita, perché metti questa ipotetica all'interno della parentesi.
Abbiamo parlato a volte in Ariosto, però non in Tasso, della limitazione dell'onniscienza. Ne troviamo una piccolissima traccia anche in questo brano. Così, tacendo e rimirando, questi sanguinosi guerrieri cessarono alquanto. Si fermano un attimo.
Appunto, diciamo, dello straneamento di Ariosto. Che cosa succede nelle ottave successive? Velocizzo un attimino, perché saltiamo almeno dall'ottava 60 all'ottava 63. Tancredi chiede il nome al suo avversario, perché per adesso ancora non l'ha visto. Ovviamente la celata dell'elmo è ancora rimasta in basso. Non ha accolto nessun...
elemento identificativo dell'avversario e quindi vuole sapere il nome. Questo fa parte del topos epico per cui ci si ferma da un'era in poi, i due guerrieri proprio nel bel mezzo dello scontro si fermano e parlano, come se stessero in salotto. Infatti chiede il nome, ma lei rimane ancorata a questa caratterizzazione fortemente crudele, sprezzante, per cui dice io non te lo dico il nome.
E effettivamente anche lì gioca molto Tasso su questo, no? Perché dice, ma noi siamo lì tutti a fare il tifo, ma diglielo il nome, no? Diglielo così si ferma, diglielo così vi potete magari rivelare l'amore di Tancredi nei confronti di Clorinda e magari, forse, anche corrispondere. E invece, per un motivo anche un po'misterioso, effettivamente, Clorinda non rivela il suo nome, ma anzi rivela che cosa?
Rivela che sta da lei... che è stata lei a distruggere la coppia d'assalto. E questo ovviamente non può far altro che far arrabbiare, adirare ancora di più Tancredi che quindi, vabbè, tagliamo corto, già sto vincendo, adesso ti riduco veramente a niente, ti uccido, no?
E infatti colpisce a morte Glorina, quindi adirato ancora di più da questo e ovviamente sfruttando la sua posizione di vantaggio che ha raggiunto, la porta alla morte. non la uccide di colpo, non la decapita, ma la colpisce a morte, quindi crea un dissanguamento che ovviamente la porta gradualmente verso la morte. Ottava 64. Ma ecco ormai l'ora fatale è giunta, che il viver di Clorinda al suo fin deve. Ecco, spinge egli il ferro nel bel sen di punta che vi si immerge il sangue a vi dobbere. E'il colpo mortale.
Nel petto di lei infissa la spada. No, non crede. Immerge la spada nel petto. di Clorinda. E la veste che d'Orvago trapunta le mammelle stringere a tenere leva le empie di un caldo fiume.
Questa veste che era muliebre, femminile, bella, perché ovviamente l'oro in battaglia non serviva, è un vezzo, è un vezzo che si rivela in punto di morte. E questo mi sembra il dato più interessante, cioè proprio adesso che è ferita a morte avviene la metamorfosi della Virago. che appunto da donna guerriera torna a essere una gentil donzella, gentil donzella con le caratteristiche proprio sulle quali appunto Tasso si ferma.
Questa veste è una veste muliebre, ripeto, non aveva nessuna valenza difensiva loro, per cui è un vezzo che la donna ha messo nella parte più vicina al suo corpo, sotto la... corazza. Tasso, notiamo che indugia, indugia su alcuni particolari della donna, in questa descrizione noi troviamo dei termini che sono forse, noi vediamo un po'fuori luogo, senza dover fare interpretazioni maliziose o troppo dietrologiche, però certamente quando vediamo che la spada affonda nel bel seno, come anche troviamo che questa veste di cui prima parlavamo e stringe le mammelle ecco sono termini che si trovano utilizzati nella lirica ma in questo contesto che abbiamo visto essere anche amoroso e forse sensualmente connotato assumono una valenza particolare.
Nell'ottava successiva segue egli la vittoria e la trafitta vergine mi arciando in calze preme anche trafitta vergine è un termine che insomma è abbastanza ambiguo, insomma, è suscettibile di diverse letture, tra cui appunto quella sensuale. E là ci dicono i critici che sembrerebbe in qualche caso così tasso, attratto dal proibito. Questa dublice visione di noto al bifrontismo nei confronti dell'amore, che certamente abbiamo già visto essere, e lo confermeremo nell'ultima slide, essere forza centrifuga, quindi forza che è lontana i Cavalieri dalla retta via, però ugualmente è una forza che muove il mondo, è la forza che attrae gli esseri fra di loro, per cui attrae anche Tasso. In questo caso appunto è l'aspetto di un amore molto sensuale che evidentemente all'interno di un'opera che vuole celebrare il Concilio di Trento e la Riforma Cattolica, stona un pochino, per cui ecco c'è questa ambivalenza nei confronti dell'amore sensuale che viene da una parte condannato, però dall'altro in qualche modo costituisce un polo di attrazione per l'autore.
Amico, io ti perdono, perdona tu ancora al corpo no, che nulla teme. L'alma si de per lei prega e dona battesimo a me che ogni mia colpa lave. Qua ci troviamo davanti a un momento molto molto importante. La donna in punto di morte, la donna musulmana in punto di morte, chiede di essere battezzata.
Per ispirazione divina, per grazia, diciamo prima, Venere in qualche modo è segno di questa luce, di questa grazia divina, chiede il battesimo. Un dato importante perché il battesimo ovviamente è un'esigenza Insomma, è un cambiamento che a noi risulta un po'strano, nel senso che per chi è una donna musulmana dovrebbe chiedere il battissimo cristiano in punto di morte. Beh, qui c'è da fare un riferimento a dei testi che non fanno parte di questo benoletto, perché poco prima della sortita notturna, l'Eunuco Arsete, che è colui che ha cresciuto questa virago, rivela a Clorinda un dato sconosciuto.
alla donna stessa sulla sua infanzia, sulla sua di Clorinda infanzia, perché dice, cara Clorinda, tua mamma ti affidò a me e si raccomandò con me di crescerti nella fede cristiana, ma io mi sono rifiutato. ti ho educato nella fede musulmana e soprattutto ti ho educato al lagone bellico, nelle arti militari. Però sappi, questa notte ho avuto un sogno in cui ho sognato la tua morte e quindi ho in qualche modo il dovere di dirtelo. Questo è il discorso che precede la sortita notturna, per cui Clorinda rimane un po'spiazzata, come Cristiana, voleva mia mamma, voleva...
Educarmi la cristiana non sembra poi, tutto sommato, grandemente colpita da questa rivelazione di Ersete e va in battaglia in una sortita notturna che sicuramente portava forti rischi con sé. Però adesso riemerge invece questo racconto di Ersete, riemerge perché gli aspetta in punto di morte, io posso cambiare. radicalmente la mia esistenza.
Chiedo il battesimo, chiedo a te, tu che mi hai ucciso, ti perdono, e ti chiedo perdono, perdonami e donami la salvezza eterna. Il corpo ormai è morto, ma per l'anima, l'anima puoi fare qualche cosa, t'ancreti. I due ancora non si sono riconosciuti, stiamo attenti, siamo ancora... stiamo preparando quello che è il momento di massima tensione narrativa.
In queste voci languide risuona un non so che di flebile e suave che al cuor gli scende ed ogni sdegno ammorsa e gli occhi alle grimari chi invoglia e sforza. In queste parole languide c'è un je ne sais quoi, diranno poi i poeti decadenti francesi, un non so che, un qualcosa di razionale che arriva al dritto al cuore. di Tancredi, per cui c'era una trasformazione in qualche modo dell'uno e dell'altro, perché anche Tancredi in quel momento poteva ucciderla, definirla del tutto, e invece si ferma davanti a queste parole.
Poco quindi lontano del senno e il monte scaturì a marmorando un picciolo rio. C'era dell'acqua vicino, perché l'acqua serve, è l'unica cosa che serve. Questo qua il Concilio di Trento ce l'aveva ribadito.
l'unica cosa che serve è un po'di acqua e le intenzioni del battesimo, secondo una formula banalissima, semplice, non c'è bisogno appunto del sacerdote, questa è una cosa che forse neanche i cristiani oggi sanno tanto bene, e lì va a corse e l'elmo è in piedi nel fonte e torna in mesto al grande ufficio e pio. Quindi si muove Tancredi per riempire l'Elmo. Perché ci prendiamo sull'Elmo? Perché l'Elmo fino adesso è stato uno strumento di guerra, uno strumento di morte, strumento di distruzione, ma adesso diventa invece strumento di vita.
Vita non fisica, ma vita spirituale, vita soprannaturale. L'Elmo è il contenitore per l'acqua che serve per il battesimo di Clorenda. Tremar sentì la mano mentre la fronte non conosciuta ancora sciolse e scopriò. la vide, la conobbe e restò senza e voce e modo, hai vista hai conoscenza è pazzesco questo è proprio il momento di de-gourmand dell'identità lo svelamento dell'identità che corrisponde proprio con la Spannung scusate, non è sfoggio di chissà quale cultura linguistica ma insomma è il momento di massima tensione narrativa che coincide appunto con lo svelamento dell'identità...
dell'avversario. Non è un avversario, è la donna che amava. Ci possiamo, possiamo un attimo immedesimare, ancora una volta, questo era l'intento di Tass, so dentro, ci possiamo immedesimare nel cuore di Tancredi e rimanere anche noi senza voce, senza moto. Qua si sembrerebbe suggerire, qua hai vista, hai conoscenza, quasi appunto sarebbe stato meglio non sapere, se fosse morto così era un cavaliere nemico che era morto sul campo di battaglia. E invece la vide, la conumpe, no, è bello questo, incalzare dei gesti, toglie l'elmo e resta senza voce, senza moto.
Non morì già che sue virtù di accolse tutte in quel punto, e tant'è del soggetto, e in guardia al cor le mise, premendo il suo affanno, a darsi volse vita con l'acqua che col ferro uccise. E qua arriviamo a dei concettismi, ne troveremo anche dopo, cioè dei giochi di parole che saranno proprio tipici della poesia del Seicento. La reazione di Tanchetti è una reazione molto particolare, cioè nonostante il tremendo trauma affettivo che vive, per essere raccogliere quelle poche forze che gli sono rimaste, forze fisiche e soprattutto forze interiori, per riuscire a battezzare la donna, a fare del bene a questa donna che lui amava e ama ancora. Mentre il suono dei sacri detti sciolse, io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, questa è la formula base che bisogna pronunciare perché il battesimo sia valido, colei di gioia trasmutossi e rise.
E in atto di morire lieto e vivace, dir parea, apri il cielo, io vado in pace. Ecco, è interessante questo anche nell'ottava successiva, perché noi troviamo dei termini che ci designano una morte bella, una morte tranquilla, una morte gioiosa addirittura, no? Appunto qua parla di un bel pallore al bianco volto. asperso, gli occhi al cielo rivolti, e sembra appunto converso in lei per la pietà dell'editore del cielo e il sole, da pegno di pace a cancredi con la mano, e non sembra morta, ma sembra semplicemente dormiente. Perché insiste sulla bellezza, sulla caratterizzazione come positiva della morte in grazia di Dio, evidentemente?
Perché il battesimo c'è un motivo teologico al fondo, perché il battesimo purifica l'anima, il battesimo purifica l'anima dal peccato originale con i bambini, ma nel caso degli adulti purifica anche dai peccati commessi durante tutta la vita, per cui è, in ottica ovviamente religiosa, è il modo migliore di morire, perché vai dritto in cielo, dritto in paradiso. Però a noi ci interessa perché? Perché abbiamo detto nelle lezioni di... iniziali sulla poetica generale che in qualche modo costituisce il fondamento della Gerusalemme che vuole unire Tasso il protesse col delettare. Quindi un'immagine, una scena così concitata, così coinvolgente dal punto di vista emotivo, beh, dà però l'occasione a Tasso di fornire al lettore quelle indicazioni catechetiche, religiose, teologiche, che ovviamente sono state.
ridefinite di recente dal concilio di Trento l'importanza del sacramento del battesimo chiunque può battezzare se lo fa con l'acqua e con la formula prestabilita e con l'intenzione buona evidentemente di battezzare per cui chiunque può farlo e queste sono indicazioni che arrivano direttamente dal concilio di Trento e passano attraverso evidentemente in maniera artistica, elaborata, bellissima, attraverso questo brano che abbiamo appena finito di leggere. Continua a dire due ottave per chiudere, e soprattutto per fermarci sull'atteggiamento di Tancredi, perché Clorinda ormai è morta, come l'alma gentile uscì a Eivede, rallenta quel vico per capire la raccolta, con questa tensione che era riuscito a tenere per battezzarla, nel momento in cui Clorinda muore, viene meno. E l'imperde sé libero cede al duolo già fatto, impetuoso e stolto, è interessante, cioè il dolore che ormai è diventato fofolia, che al cuore si stringe e chiusa in breve sede la vita, empie di morte i sensi e il volto. Si stringe intorno al cuore e chiusa la vita in un breve spazio, riempie di morte i sensi e il volto. Mi piace questo stolto però, perché noi notiamo che la reazione di Tancredi alla perdita di Clorinda è ben diversa da quella di Orlando, che ha perso Angelica.
Ti rimando alle video lezioni sulla morte di Angelica, che ovviamente non l'ha uccisa, per cui le circostanze sono diverse, ma la reazione alla perdita è diversa. Orlando impazzisce, l'Orlando furioso appunto, impazzisce e comincia a distruggere gli alberi, la grotta, le greggie. e poi i contadini, un vero pazzo degradato completamente della sua dignità eroica.
Qui c'è un uomo che è distrutto dal fato, distrutto dalle circostanze che ha appena vissuto, ha ucciso con le proprie mani la donna che amava. La reazione però è molto più dignitosa, sta soffrendo l'indicibile, ma non diventa pazzo. Già simile all'estinto è il vivo Langue, è già lui simile all'estinto, quindi sta quasi per mezzo morto, per quanto riguarda il colore del volto, il silenzio, negli atti e anche per il sangue che aveva perduto durante lo scontro. E ben la vita sua sdegnosa e schiva spezzando a forza il suo ritegno frale, la bella anima sciolta alfin seguiva che poco in anzia lei spiegava l'ale. Cioè c'è un desiderio, una speranza di morte, se non di suicidio addirittura, cioè a che serve adesso la mia esistenza.
Ma, ecco ancora una volta si spezza in due l'ottava. Ma quivi stuol de franchi a casa arriva, cui trae bisogno d'acqua o d'altro tale, con la donna il cavalier ne porta. In sé malvivo e morto in lei che è morta.
Interviene la provvidenza, cioè ridotto in fin di vita e quasi indente, possiamo dire, al suicidio, interviene la provvidenza. Il caso, la provvidenza, per evitare gesti inconsulti, c'è una massa di crociati che... torna, che lo circonda e lo riavvolge in qualche modo nella concitazione della battaglia, della guerra che ovviamente, essendo ormai mattina, sta per ricominciare.
Bello quest'ultimo verso, no? In sé malvivo e morto, in lei che è morta, cioè il cavaliere che è appena appena vivo in sé, cioè una flebile forza esistenziale in sé, ma è morto dentro, in lei, Clorinda, che è morta. Si va bene questo ancora una volta concettismo che noi chiamiamo genericamente e propriamente gioco di parole, ma in realtà ci fa capire molte più cose rispetto a semplicemente dire che era molto triste perché lei era morta.
È di più, è un modo di esprimere concetti, appunto concetti attraverso poesia, poesia vera, poesia profonda. Come prosegue poi il racconto perché la morte di Lorinda è avvenuta, qua metto il famoso dipinto del Tintoretto. di pochi, pochissimi anni successivo alla Gerusalemme, come continua, Tancredi conserverà per sempre un atroce rimorso di aver ucciso la donna, come poterlo superare effettivamente.
Questo gli impedirà di vincere gli incanti della selva di Saron, cioè nel canto successivo del XIII Tancredi infatti si addentra nella selva per far legna con cui ricostruire la torre di assedio che era stata bruciata proprio da Lorenda. Inizia ad abbattere un cipresso e in maniera incredibile, e qua c'è tutta una reminiscenza dantesca evidentemente, esce sangue da questo cipresso e una voce, pierde le vigne, non può non venirci in mente, esce sangue una voce che richiama quella di Glorinda e gli dice di aver pietà di lei, di non ucciderla un'altra volta o che in questo modo sta uccidendo la sua anima. E'vero.
Tancredi sa che Clorinda è morta, sa però anche che ormai è salva in Paradiso, Tintoretto interpreta molto bene questo concetto facendo vedere la colomba dello Spirito Santo e i due angioletti che soprassiedono in qualche modo a questo gesto di pietà nei confronti di Clorinda, sa che quindi è un inganno diabolico quello a cui sta assistendo, questo cipresso che parla è un qualcosa di demoniaco che lui non può. accettare, ma ma comunque non riesce non riesce a muoversi più queste parole, questo sangue che esce dal cipresso e lo bloccano non riesce a vincere quelle che sono le paure interiori, il rimorso appunto, il senso di colpa che ha lasciato questo gesto e uscirà sconfitto dalla foresta ancora una volta, e questo appunto chiudiamo, l'amore è presentato come una forza centrifugale una forza che allontana i cavalieri, in questo caso Tancredi dalla retta via, da quello che era lo scopo, questo era prefisso, quello di fare degna, come anche quello di combattere, eccetera, eccetera, eccetera. E il solito bifrontismo che accompagna la riflessione di Tasso sull'amore, che è ovviamente molto importante. Alla prossima!