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Il mistero di Achille nell'Iliade

Buonasera a tutti, grazie di essere venuti. Aprite l'Iliade e nella prima riga trovate il nome di Achille. E in realtà si incomincia a capire l'Iliade veramente quando ci si incomincia a chiedere come mai non si intitola Achilleide, così come l'Odissea è legata al nome di Odissea.

Perché quella storia è quel libro, chiamiamolo libro, e si stringe ossessivamente intorno a lui. Ci sono molti personaggi nell'Iliade, apparentemente è la storia di una guerra, ma in realtà quella storia racconta un personaggio, ed è lui. Achille era, così come ce l'hanno raccontato, un nome e una persona, un personaggio, che era associato immediatamente al terrore. Negli Iliade tutti hanno paura di lui, molta paura.

A un certo punto Patroclo, che era il ragazzo amato d'Achille, scende in battaglia con le armi di Achille, cioè con il suo pennacchio, col suo elmo, semplicemente con le armi, e i troiani che lo vedono da lontano, terrorizzati, scappano. D'altra parte gli stessi Akei lo temevano. Lo temevano per due ragioni.

Una perché era di gran lunga il più forte. Erano dei guerrieri tutti, ma c'era un guerriero invincibile ed era lui. E poi lo temevano perché non lo capivano, perché era un personaggio che non si riusciva a stringere in una definizione. Alcune volte nelle liade proprio lo definiscono come un pazzo e doveva sembrare, in certo modo, ai loro occhi qualcosa del genere.

Questo è dovuto soprattutto alla... Adesso metto lungo la giacca, ma non è che faccio uno spogliarello, è una roba tecnica, perché parlo meglio. alla quantità di energia, di intensità che lui incarnava.

Lui era fortissimo, invincibile, bellissimo, era il più giovane. L'età degli eroi dell'Iliade è una cosa su cui non abbiamo certezza. ma qualche idea ce l'abbiamo e ci spiega anche un po'la geografia. Erano per lo più dei ventenni, gli Agamennone, questi qua, gli Aceron, dei ventenni. Poi c'erano i 30-40 anni tipo Ulisse, c'era qualche vecchio, Priamo il vecchio.

il vecchio re onesto tra gli alchei, e poi c'era sto ragazzino, che era il più giovane di tutti, che ci descrivono come un 15-16 anni. Naturalmente, dovete fare tutto in scala, un ventenne di allora era come un quarantenne di adesso. Per cui era comunque un animale un po'diverso da loro ed era ingovernabile, era selvatico o selvaggio, non riuscivano a domarlo.

I nemici non riuscivano a combatterlo, a vincerlo. Gli amici non riuscivano a governarlo. Lui, d'altra parte, non era come tutti gli altri. Come sapete, Achille era figlio di una dea e di un umano.

Quindi è un semidio. Da qui la sua, naturalmente, bellezza, la sua forza, ma da qui la sua diversità, soprattutto. Non era una figura collocabile tranquillamente nel presepe di quella società lì. Era qualcosa di irregolare, di anomalo.

Per questo anche non lo capivano. In questo senso l'Iliade fonda una figura narrativa che poi noi avremmo usato molte volte nella nostra storia degli umani. Sapete che l'Iliade è una specie di grande manuale di narrazione.

Voi ci trovate dentro tutti i modelli con cui potete raccontare una storia. Prendete un film di gangster americano, hollywoodiano, c'è già tutto nell'Iliade. Prendete un drammone sentimentale, c'è già tutto nell'Iliade. Hanno fondato in quella narrazione dei sistemi, dei marchigieni, delle piccole unità narrative che non hanno mai smesso di funzionare.

E noi abbiamo ricalcato per secoli ciò che loro avevano scoperto. Per questo l'Iliade è fantastica da leggere, perché è come fosse un film di gangster, più un western, più un film di guerra, tutto insieme. E lo fece in maniere molto sofisticate, fino a coniare dei modelli che poi sono obiettivamente molto più sofisticati, finché la figura del gangster che c'è nell'Iliade, o del cowboy solitario che c'è nell'Iliade, finché una questione di duelli come nei western, ok, ma qui è più sottile.

Loro, nella figura di Achille, fondarono un sistema di aggregazione di una storia. Che noi, ad esempio, per rifarci qualche esempio a cui tutti possiamo risalire... abbiamo usato con eccessi risultati in queste tre storie, ve ne dico tre.

Don Giovanni, l'opera Mozart da ponte, ma anche tutte le altre che vengono da quella storia, Dracula e Moby Dick, nella coppia Aqab-Moby Dick. Tutte queste tre storie, che noi conosciamo abbastanza bene, sono organizzate intorno a un personaggio che nessuno riesce a catturare, nessuno riesce a stringere, che non c'entra con tutti gli altri, che è un concentrato di energia. mostruoso che di gran lunga più furbo più potente più più astuto degli altri e il resto dell'umanità vive come magnetizzato da questo unico punto dell'energia mostruosa che intuisce essere rovinosa terrorizzante Pensate a Dracula, se volete l'esempio più...

Tutti i personaggi della storia di Dracula intorno hanno una vita, hanno dei significati, vivono perché c'è lui. E tutti quelli che si imbarcano sul picco per andare a cacciare la balena bianca sono tutti... figli di un sogno di Aqab e di uno spettro di un fantasma, una balena che vanno a cercare una nell'immensità dei mari.

Don Giovanni intorno a lui ha personaggi che di per sé loro, presi uno per uno, hanno una fisionomia abbastanza banale, ma assumono tutti un significato a partire dalla sua anomalia. Per cui bevono il senso della loro vita da lui, ma sanno di bere una specie di fonte avvelenata e quindi vivere per lui, con lui, vicino a lui, nella sua luce e per loro ammazzarsi. È come essere trascinati in un buco nero, come sarà per quelli che accompagnano Hacab nel suo viaggio, che moriranno tutti tranne uno, così come i tanti che vengono colpiti da Dracula.

E questi tre personaggi sono come fosse la declinazione moderna nel tempo di un'intuizione narrativa che noi troviamo nell'Iliade. Organizza tutto un mondo intorno a un punto cieco di intensità mostruosa. da cui tutti vengono magnetizzati e che è, lui, nella sua esistenza, nella sua essenza più intima, un buco nero rovinoso e inspiegabile. Nessuno sa spiegare Acab, nessuno sa spiegare Don Giovanni, nessuno...

può veramente capire Dracula. E sono tre personaggi che hanno, più uno, Achille, sono tutti in certo modo semidei. Dracula è mezzo morto, più che mezzo, diciamo così.

Non è un umano normale, no? Acabe è un essere strano, e l'altra sua metà, che è la balena, è un leviatano, è quasi un'entità biblica, mitologica. Don Giovanni è una commedia, quindi sono umani, c'è il vivere quasi quotidiano, però quando c'è da ammazzare Don Giovanni, cioè strozzare l'anomalia, finire e chiudere col pericolo, deve intervenire un morto.

L'ultimo duello di Don Giovanni non è con un uomo vivo, dei duelli con gli uomini vivi Don Giovanni... l'ultimo è con un uomo morto, ed è l'uomo morto che lo vince. Quindi sono sempre sul pericolo. l'essere vivi e morti cioè qua in questo mondo ma non di questo mondo come rachille che era figlio di una dea e di un uomo hanno molti caratteri comuni questo ve lo dico perché è affascinante vedere come noi recuperiamo delle cose che ci sono piaciute dai nostri padri dei padri dei padri e poi le ricuciniamo un po modo nostro ma conserviamo le cose affascinanti no questi tutti questi personaggi hanno un tipo di presenza molto evanescente a cab entra in mobili molto tardi si sente molto parlare di lui all'inizio del romanzo, poi a un certo punto si sente toc toc toc toc, si sente solo la sua gamba, l'osso di balena, ma lui non si vede, entra nel libro molto tardi. Prima è una presenza...

Dracula è una presenza per eccellenza, sparisce, la luce del giorno non può vivere, è sempre... Accappa sta chiuso nella sua cabina, Dracula sta chiuso nella sua bara, Don Giovanni è costantemente nascosto dalle sue maschere. la prima scena del Don Giovanni in cui lui appare per la prima volta non è lui, sta fingendo di essere un altro, è mascherato.

Non ce l'hai mai davanti, no? Come gli umani, che ce l'hai davanti e dici, oh, sei tu, Mariuccia, sei tu, con i tuoi difetti, allora posso incominciare a litigare, a scontri, sono... si lasciano desiderare, non sono mai lì, tu li prendi e sono di là.

Perché non sono veramente carne, no? In diversi modi. E Achille, come sapete, è una storia di guerra, è uno scontro... Due eserciti capeggiati da eroi e Achille è paradossale ma è quello che non combatte. Achille che è il più forte, Achille che è l'incarnazione del guerriero, nell'Iliade sta nella sua tenda a suonare a cetra come una femmina.

Ma per vederlo combattere bisogna aspettare gli ultimi canti dell'Idiade. Si parla molto di lui, tutti parlano di lui, ma lui è quello nascosto. E d'altra parte intorno a lui tutti assumono significato, senso, intensità a partire da lui.

C'è una cosa quasi geografica, fisica dell'Iliade. L'Iliade è la storia di un assedio. C'è una città, Troia, poi c'è una piana e poi c'è la spiaggia.

I greci, gli Achei, arrivano con un numero di navi mostruoso. e si imbarcano sulla spiaggia, fermano le loro navi e quello è il loro accampamento. E quindi la geografia dell'Iliade è questa, la città, l'accampamento dei gregi, come fossero due città, e la piana in cui combattono. Ed è abbastanza... E'fantastico vedere come il baricentro della battaglia sta sempre attaccato a Achille, anche se lui non combatte.

Quando Achille si ritira nella sua tenda, quindi nella città degli Acheri, la guerra si sposta sopra. sotto le navi degli Achei. Quando lui esce in battaglia e attacca la guerra si sposta e lo segue proprio verso le mura dei Troiani. Non esiste quella guerra senza di lui. Lui è l'incarnazione di quella guerra.

che non la combatte per gran parte di questa storia così come don giovanni che che è il centro di tutta quella storia che una storia di desiderio di erotismo di di conquista di seduzione in realtà non riesce mai a stare con nessuno ma in bianco tutte le sere eppure lui che motiva tutto quanto gli altri si ama ma lui che ta dice che racconta che ma non si vede mai veramente è un fallimento dopo l'altro non combatte come achille vieti come certi tratti vengono da lontano in questi personaggi noi abbiamo anche depositato il presentimento che in essi è scritta la rovina dracula è spaventoso è un personaggio terrificante e noi sappiamo che lì dentro c'è qualcosa che noi temiamo non so se voi temete i vampiri, io non molto ma certamente lì però, e ve lo dice anche la moda dei vampiri di questi tempi da un po', da un bel po', noi lì vediamo incarnato un terrore che noi abbiamo un terrore di scomparizione, un terrore di non essere abbastanza vivi un terrore che qualcuno ci tolga l'energia vitale Questa figura, come avevano paura di Aqab, Aqab fa paura per tutto il libro, è terrorizzante, così come hanno paura della balena, che è un mostro. Adesso noi siamo abituati con la balena, salva la balena, lì è un mostro, in Moby Dick la balena è un mostro, è l'orrore, è il terrore. Quella in particolare perché è intelligente, quello là, lo sferato in particolare, perché è intelligente.

E Don Giovanni è in quella storia l'uomo che distrugge lo stare insieme della gente, perché va a prendere, a destra e a sista, a distruggere matrimoni di qua, speranze, illusioni, desideri, infrange tutto. Ma la gente vorrebbe stare insieme con un codice minimo di rispetto reciproco, ma lui è come una biglia impazzita che scardina tutto. Sono punti in cui noi intuiamo che lì va a finire il punto della morte, il punto in cui tutto potrebbe essere rinunciato. risucchiato e sparire d'altra parte siamo tutti sono attirati da giovanni tutti sono attirati da cap e tutti sono attiratissimi che hanno sforato le sue vittime per prima così in achille In Achille è proprio scritta un'ipotesi che evidentemente i greci avevano presente senza riuscire a definirla più di tanto, ma la sentivano sulla pelle. Cioè che c'era un punto in cui l'incarnazione, il valore della guerra, questa loro passione costretta per la guerra, diventava il punto che li avrebbe risucchiati tutti verso una fine.

E loro sono attratti come l'insetto dalla luce, sono attratti verso questo personaggio, ma sanno che lì è... Il buco nero. Da lì anche il fascino mostruoso e l'indefinibilità di questo personaggio che loro ogni tanto definiscono pazzo.

Nel modo più coraggioso e chiaro, il finale dell'Iliade è sconcertante perché, come sapete, Achille torna in battaglia dopo la famosa ira di Achille. Poi vi racconto perché, per chi non lo sa. Ma comunque torna a combattere, torna a combattere con una violenza e con una ferocia inaudita per vendicare la morte di Patroclo soprattutto, ma perché quello era il suo destino.

Quando lui torna in battaglia c'è la scena più violenta di tutte le liede che è un libro, diciamo così, di una violenza pazzesca. perfino di una libidine della violenza però la scena più violente è quando lui torna in battaglia e incomincia a sterminare tutti i troiani che trova che sono atterriti e incominciano a scappare disordinatamente e molti pensano di salvarsi buttandosi nel fiume Scamandro in questa piana c'erano due fiumi uno era Scamandro che è un dio non è solo un fiume ma nel modo di percepire la natura che avevano i greci è anche un dio grazie I troiani si buttano pensando di salvarsi e lui li segue fin nell'acqua e incomincia a fare una carneficina che Omero qui per lui ha raccontato fin nei minimi dettagli. Ed è talmente violenta la sua furia, lui è talmente invincibile naturalmente.

E'talmente senza pietà, nessuna pietà proprio. Ci sono alcune vittime che gli vanno a stringere le caviglie, che era il segno di sottomissione, si prostano davanti a lui, gli ricordano che il suo padre, il loro padre... e lui proprio li guarda e disprezza ogni cosa e uccide ogni cosa.

E proprio la bestia è scappata al controllo. Tanto che il fiume si ribella. A un certo punto lui, il Dio, dice non è possibile, io guardo le mie acque, c'è solo sangue. Spaventato proprio. e decide di ucciderlo.

Ed è il momento in cui nell'Iliade Achille pensa di morire. E infatti invoca la mamma, che poi diventerà un topos in moltissime narrazioni di questo tipo, e le dice, ma tu che mi avevi promesso, ma io dovevo fare una morte da roe, adesso sono qui a morire affogato in questo fiume. E infatti poi interverrà un dio del fuoco a salvarlo dall'acqua.

Però per dirvi che è tale la violenza che perfino il mondo greco si spaventa. Cioè quando lo lasci libero quello lì, quello porta all'estremo tutte le cose per cui vivi e allora c'è l'immagine rovinosa di te. E quando lui arriva al duello finale, western, da cui abbiamo imparato moltissime cose, se leggete tecnicamente come è scritto il duello finale fra chi lettere, voi vi vedete tutti i western che avete visto. E quando arriva la fine la situazione è strana.

quasi psicoanaliticamente affascinante, perché Achille indossa fantastiche armi, come sapete, ma Ettore indossa le armi che aveva tolto a Patroclo, il ragazzo amato da Achille. che erano le armi di Achille. E quindi se vogliamo stringere la cosa, l'ultimo duello dell'Iliade, Achille lo fa contro se stesso. Proprio si autodivora. Infatti lo fa con una furia, con quella furia lì uno distrugge solo se stesso.

Lo prende, poi li lega, lo trascina. Ma è un combattimento, a vedere le armi è un combattimento tra lui e se stesso. C'è solo lui.

È letterale, non c'è più nient'altro che Achille. in quel momento. Apparentemente ci sono due, la città, i greci, i troiani, l'Oriente, l'Occidente, ma se tu guardi negli occhi l'immagine disegnata da Omero, c'è una sola grande intensità che si autodivua.

C'è la potenza di questo personaggio. Qui si parla di gloria e sapete l'Iliade come l'Odissea erano due grandi... noi li viviamo come poemi, come poesia, a scuola ci fanno un po', ci creano questo piccolo equivoco per cui ci aspettiamo da...

della lettura omerica, il piacere o comunque il tipo di lavoro del cervello che si ha con la poesia. In realtà per i greci quelle erano soprattutto delle grandissime enciclopedie in cui loro versavano l'intero loro sapere. tramandarlo ai figli.

In quei due grandi testi c'è tutto quello che quella particolare civiltà greca aveva imparato del vivere, a tutti i livelli. Vi spiegano come ormeggiare con una barca, come costruire un arco, come lasciare una donna che non amate più, ma grandi sistemi, piccoli dettagli, tutto. E nella figura di Achille loro depositarono, oltre alla fascinazione puramente narrativa per questo personaggio, depositarono alcuni strati di sapere e uno è legato alla gloria, perché riassunsero in lui, assunto come caso estremo, concentrarono e sintetizzarono in lui qualcosa che era alla base della loro città.

civiltà. Come sapete lui aveva un destino tracciato davanti a sé, un destino che ripetutamente durante la sua vita gli avevano detto e da ultimo sua madre gli aveva pronunciato in una maniera più chiara e gli aveva detto tu. O morirai sotto le mura di Troia e allora il tuo nome non sarà mai più dimenticato e per sempre vivrai nella gloria, oppure tornerai vivo da quella guerra e non ci sarà nessuna gloria intorno al tuo nome, ma vivrai serenamente nella tua terra fino a quando la morte, camminando molto lentamente, ti raggiungerà. Davanti a lui c'era proprio questo bivio, che era il bivio di tutti loro, non di tutti. Quando parliamo dei greci ricordate sempre che parliamo di una minoranza, di un'elite assoluta.

che detenevano il potere poi c'era la gente quella non viene nemmeno contata erano un piccolo circoscritto mondo di principi di re e di potenti ma per quelli lì effettivamente l'esistenza era riassumibile in questo Bibbio. Guardate, noi siamo abituati alla civiltà greca come una civiltà molto sofisticata, e lo era, ma è una civiltà molto antica, è una civiltà quindi ancora piuttosto rudimentale. E in alcune cose della vita, di impostazione della vita, della geografia della vita, erano ai limiti del semplicistico. Per questi ricchi, per questi che erano i dominatori di quel mondo, la vita si riassumeva in quella scelta. E non era neanche una scelta, in realtà.

Per loro il destino era la gloria. Non c'era nessun altro modo vero di dare un senso alla tua vita. Non era gente che per una forma di religiosità si aspettasse un granché dal dopo la morte. Non erano di questo tipo. Era nella vita che loro dovevano riuscire a realizzare il senso della loro esistenza e per quelli lì c'era un solo senso.

Essere ricordati dopo la morte. L'unica cosa che potevi fare contro la morte era fare qualcosa per cui ti avrebbero ricordato. Erano dei maestri nella memoria. Tutta la mitologia e l'irrigidirsi a storia. di gente esistita indimenticabile e poi lievitata a mito.

Avevano il culto della memoria, per questo costruirono questo apparato mitologico ricchissimo, perché non dimenticavano e la gloria per loro era essere ricordati. Erano solo maschi, era una civiltà maschia, in cui le donne avevano un ruolo non decorativo, ma di utilità pratica, ed era una civiltà di maschi guerrieri. Sostanzialmente l'unico sistema che tu avevi per diventare eterno, per sconfiggere la morte, per dare un senso alla tua vita, era diventare un eroe.

Non un eroe, un eroe in battaglia. C'era sicuramente un'altra possibilità per diventare memorabili ed eterni, mito, ed era riservata a pochissimi poi alla fine costruire qualcosa, fondare qualcosa. logiche molto care ai greci, che poi da loro sono sgorgate saghe infinite, erano i grandi primi costruttori di città.

Quelli che avevano ordinato il caos, l'avevano radunato intorno a delle leggi, ad esempio. Poche figure, ma carismatiche e per sempre ricordate. Ma era un destino riservato a molto pochi. La maggior parte di loro, quel che dovevano fare era combattere.

e nella guerra loro trovavano splendore, bellezza e gloria. Gloria proprio intesa come ho fregato la morte, l'unico sistema che hai. Nascevano per combattere, quello facevano, nella speranza di una morte eroica. Questo nell'Iliade è chiarissimo, tutte le morti degli eroi sono dei monumenti, non c'è nessuno che muore tra... sono...

si solleva la polvere tra i bagliori sulle loro armature fantastiche. Omero ha una poesia e una cautela, ma anche una precisione nel raccontare esattamente come muoiono. A distanza di 2800 anni noi adesso ancora leggendo l'Iliade vediamo il movimento con cui un eroe cade a terra. la traiettoria delle punte di Bronto che entra e dice dove entra, dove esce dice l'ultimo urlo, c'è il suono intorno e poi c'è sempre questo risuonare delle armi sulla terra e poi la lotta di tutti per le armi, per lo splendore è un monumento continuo a quell'esperienza perché per loro era fondativo del senso della vita per tutti loro Eroe, essere un eroe.

Fa abbastanza specie naturalmente pensare che noi veniamo da lì, perché poi i greci ci hanno consegnato tanta saggezza, tanto sapere, tanta incredibile raffinatezza di pensiero, tanta bellezza, questa incredibile vocazione al gusto che ci ha segnati per sempre. È molto difficile avvitare tutto questo con la verità che l'Iliade ti spalanca in ogni verso, che erano dei razziatori, erano dei pirati e l'unica cosa per cui vivevano era la guerra. O quantomeno, questo era quello che si dicevano di padre in figlio.

Questi eroi dell'Iliade sono eroi narrati nell'VIII secolo, che si rifanno a una guerra o più guerre che risalgono a 500 anni prima. La Grecia con cui noi ci confrontiamo soprattutto è quella del V e IV secolo, quindi capite che c'è proprio tutta una storia. però insomma ancora nel quinto secolo loro a scuola per così dire studiavano mero cioè questi erano i modelli comunque che gli tramandavano i punti su cui quella civiltà si appoggiava per capirsi per convivere i valori cioè i ragazzini ai bambini veniva dato il valore quello Se pensate all'Atene, quella di Pericle, quella che noi più naturalmente ammiriamo, studiamo, e che sembra veramente questo mondo di una grandezza, di una dignità.

fantastica, mai più raggiunta questi qua proprio l'Atene di Pericle si mette insieme, sta insieme esercitando la guerra come regola Pericle volle la guerra del Peloponneso perché teneva su la città di Atene loro inventarono questo trucco di esportare la democrazia con la violenza, ma con modi rispetto ai quali il nostro modo di esportare la democrazia è in fondo ancora bonario, molto più crudele di noi. Ma facevano quello, conquistavano e imponevano la democrazia. Erano pirati.

poi capaci di sintesi di pensiero e estetiche pazzesche. Però noi veniamo da lì, vorrei ricordare a tutti che veniamo da lì. Cioè il nonno del nonno del nonno del nonno è stato in grado di fare la colonna ionico-corinzia, però quando prendeva un'isola, prendeva tutti i maschi e li deportava quando non li uccideva. E questo era normale.

Naturalmente le donne contavano poco, quindi venivano contagiati insieme ai bovini, agli otri d'oro, e si faceva questo, questo e così. Noi veniamo da lì. E l'Iliade, che è una storia interamente dedicata alla guerra, è il lungo momento in cui i papà dei nostri papà dei nostri papà ci hanno tramandato e consegnato da dove veniamo.

E noi veniamo dall'essere dei guerrieri. Tanto più mirabile, commovente e sublime è il nostro essere gente di pace, in modo molto imperfetto, come vedete. Ma certamente, da poco tempo rispetto alla storia dell'umanità, noi non viviamo più esattamente di quei principi, ma li abbiamo dentro. Guardate, ci vuole 20 minuti per fare di tutti noi...

di nuovo dei guerrieri, ma pochissimo, perché ci sono secoli e secoli vissuti sulla base di quei principi. E gli eroi dell'Ide lo incarnano e più di ogni altro Achille, nel modo più, diciamo, diretto, molto... aperto, leggibile, nel suo mistero di personaggio imprendibile, però ci racconta esattamente questo.

Lui si divora l'intera storia, dall'inizio alla fine c'è un solo canto di Rileda in cui lui non è... citato non è presente non dice una cosa solo uno dalla prima riga in poi poi c'è sempre lui una cosa che avrete notato che è sempre strana no uno se lo chiede a scuola e poi non finisce col cavallo di troia sapete il cavallo di troia non è nell'iliade cioè la fine di quella guerra tanto raccontata non c'è nell'iliade E questa sembra un'osservazione di grande buonsenso, ma in realtà per i greci sarebbe stata un'osservazione di una cretineria smisurata, perché il finale dell'Iliade c'è come? E naturalmente è un finale nella luce di Achille.

L'ultima scena dell'Iliade è, come sapete, quella del vecchio primo, il padre, il padre di tutti i figli sterminati da Achille. che dopo che Achille ha ammazzato Ettore e ha tenuto per sé il corpo di Ettore, con cui tutti i giorni lo avvitava di nuovo e continuava a girare, è ferocia. E questo grande re, il più vecchio di tutta la storia, anche il più degno, è una figura bellissima, come un servo, come un pellegrino, come uno smarrito, nella notte. attraversa questa campagna e va verso l'accampamento dei greci accompagnato da un dio che riesce a farlo entrare e va alla tenda di Achille per chiedere il corpo di suo figlio.

E per chiedere il corpo di suo figlio lui si inginocchia, abbraccia le caviglie di Achille e lo supplica di restituirgli il corpo. Achille era l'uomo che gli aveva ammazzato praticamente tutti i figli e qui non si parla di due o tre figli, gli ne facevano 50 o comunque simbolicamente moltissimi. E il figlio era la ricchezza, tu puoi essere ricco quanto vuoi se non hai figli la tua ricchezza non vale più nulla, quindi tanti più figli, tanta più ricchezza.

Civiltà elementari. In quel gesto la storia è finita. Solo un imbecille potrebbe dire a quel punto «Sì, ma il cavallo di Troia, ma cosa c'è di più?

Quale sconfitta più grande ci può essere di un vecchio che rischia la vita? » Perché nessuno poteva prevedere cosa avrebbe fatto Achille. La cosa più probabile è che lo vedesse e dice «Mastardo!

Zà! » Lui si comportava così. Quindi questo vecchio rischia la vita e poi...

In questo gesto che simbolicamente per i greci era l'inginocchiarsi dell'Oriente davanti a loro, che era il sogno per loro. L'Oriente ricco, raffinato, l'oro di gente che viveva in una terra avarissima, che se la cavava con poco, che riuscivano a piegare in ginocchio il più potente dei re dell'Oriente. Non lo era, ma simbolicamente prima è quello.

Ma Priamos si inginocchia e non abbraccia le caviglie di Odisseo, di Ajace, soprattutto non abbraccia quelle di Agamennone che era il capo, da chi va a pietire, davanti a chi si mette in ginocchio e si umilia, Achille. Perché quella è l'Achilleide e quello è il grande finale. Perché lui muoia, non muoia, le cose come fanno... E c'è tutto un mondo che non c'entra neanche più tanto con Achille.

voi pensate che Achilles avrebbe mai conquistato Troia con quel trucco del cavallo? ma piuttosto, tornava a casa proprio non entrava nella sua mente in quel tipo di civiltà vincere una guerra per un'astuzia per una cosa sordida per una roba per cui fai finta di ritirarti a un certo punto dell'Iliade i vecchi e poi Che vedono i troiani che usciti dalla loro città, non solo non stanno dentro, ma proprio sono usciti, hanno conquistato la piana e premono contro le navi. E allora capiscono, se questi qui ci pigliano le navi noi siamo finiti, non torniamo a casa. E allora i vecchi fanno una riunione e i vecchi dicono tiriamo su un muro, come si fa nel mondo spesso, tiriamo su un muro e ci difendiamo, capite che l'aggressore diventa l'aggredito. E c'è questo dibattito fra di loro, i vecchi sensati, perché se no non riusciamo a difenderci, questi danno fuoco alle nostre navi, noi non torniamo a casa.

E quindi fanno questa proposta che è più che ragionevole e i giovani, i ventenni, dicono ma noi, noi costruire un muro? Ma noi piuttosto moriamo tutti davanti alle nostre navi, ma noi questa umiliazione di erigere un muro? E quello è Achille, quella è la cultura di Achille, combattimento a viso aperto, Achille sarà fregato da una freccia avvelenata. L'arco è l'arma dei vili, perché da lontano, stai bello preparato, esci un attimo, e lui fu ucciso da una freccia, cioè dalla vilità, perché non poteva sconfiggerlo il coraggio o il valore di un altro più forte.

di lui dunque gli vede apparentemente senza finale in realtà al finale l'unico finale che poteva avere c'è un finale in cui c'è achille in piedi pazzo incomprensibile e tutta la vecchiaia la ricchezza anche la dignità di un mondo che cade ai suoi piedi la gloria i greci erano C'hanno questa ricchezza che non finiremo mai di sondare e ce l'hanno anche perché avevano una capacità straordinaria che noi ad esempio abbiamo molto meno di tramandare ciò che erano, ciò che pensavano e tra le righe, come fosse nella trama del tappeto ciò che temevano e ciò in cui non si piacevano il loro orrore di se stessi, diciamo così L'ultimo tratto affascinante di Achille è il fatto che nell'Iliade sono contenuti due discorsi, diciamo così, brevi ma bellissimi, contro la guerra. L'Iliade che è sostanzialmente un immane monumento. alla guerra, privo di dubbi, completamente privo di dubbi, dentro la sua carne custodisce due cose, una è la paura che hanno gli eroi di combattere, non so se vi ricordate quando avete letto l'Iliad. questi combattono, è un film di guerra, ma passano un sacco di tempo prima di combattere a dire allora domani combatteremo, ritardano un po'come Milano a notte, ritardano il momento perché lo vogliono ritardare, perché hanno paura, parlando, proprio la parola, il racconto, discutono, gli piace discutere.

Poi quando vanno in battaglia non c'è più nessun dubbio, quel militare, però sono molte le zone dell'Iliade in cui c'è questa specie di tempo si ferma e allunga. a lungo loro stanno seduti, mangiano, discutono, attardano, spingono. Lì c'è la paura, paura che hanno, che ripetutamente è legata a loro, è proprio raccontata da Omero. E accanto a questo ci sono due punti delle lede in cui, in maniera bellissima, qualcuno prende la parola e dice sostanzialmente la guerra è un disastro, o come sarebbe fantastico. vivere in pace, proprio infilati dentro.

I momenti sono due, uno è legato a un personaggio femminile, anche qui greci, sintesi perfetta, perché il mondo femminile era il mondo della pace, il mondo dei maschi era il mondo che voleva la guerra, e quindi è una donna andromaca. che quando incontra a un certo punto Ettore ritorna nel bel pieno della battaglia, rientra dentro la città per chiedere a sua madre di offrire ad Atena, perché erano quasi spacciati, di offrire ad Atena. il migliore dei veri, dei tessuti che avevano.

Allora entra e incontra tre donne, incontra la madre, incontra Elena, la donna per cui era esposa alla guerra, e da ultimo incontra la moglie, Andromaca. E Andromaca fa veramente la donna. Cioè arriva questo qui, tutto militare, e proprio gli dice, con delle parole molto belle, gli dice, ma te sei proprio scemo, non dice scemo, ma voi proprio avete perso qualsiasi... E gli dice la cosa più naturale, dice, ma non pensi a me, ma vediamo che non pensi a me, non pensi a tuo figlio, che sarà buttato giù dalle mura e io sarò venduta come schiavo.

E nelle sue parole c'è l'altra possibilità, vivere in pace, vivere delle cose della vita, tuo figlio che cresce, la tua terra, la famiglia, i colori dell'aria dove vivi, la bellezza di quello che fai, la ricchezza che puoi costruire con le tue mani, non rapinare ad altri. C'è l'altra possibilità, che infatti è pronunciata dall'altra fetta di mondo, quello delle femmine, delle donne. La risposta di Ettore è fantastica. Tutto questo bellissimo discorso, la sposta di Ettore più o meno suona così Donna occupati delle tue cose in cucina ma veramente, è proprio molto sintetico, molto stretto Andromaca e l'altro? Chi è che dice, santo Dio, com'è bella la pace, che follia è la guerra?

Achille Inspiegabilmente, lui che era la guerra E'l'uomo, l'unico uomo maschio che pronuncia delle parole, tra l'altro definitive, cioè tu le ascolti e dici che ha ragione, fermi tutti, via le armi, andiamo, andiamo. Molto breve ma molto secco perché lui era... E lui.

Ed sono le pagine, le righe che adesso vi leggerò, perché volevo... mi fa godere portare un pezzo di Eliade qua in mezzo, nelle piazze. Quella era una storia da comunità, eh.

Non è una storia che leggi da... Sì, è bello, ma soprattutto solo a letto, così... Per loro era...

Quindi è sempre bello sentire queste parole che rotolano fino là in fondo alla piazza, a quelli là, fantastiche. Vabbè, quindi leggiamo alcune cose e leggiamo proprio queste. Per leggerle vi dico due cose per collocarle nella storia, perché capiate dove siamo sostanzialmente.

Sapete che l'ira di Achille... Allora, riassumo brevemente. Gli Achei arrivano a sedia una troia, perché è l'Oriente, vogliono quelle ricchezze.

Non conoscevano altro modo di cambiare la loro vita, il loro destino e il loro conto in banca, se non andare e conquistare. Ok? Boh.

Fanno un sacco di casini, ma a un certo punto arrivano alla... Erano un esercito immane e come cavolo vivevano? Con un sistema molto semplice.

Una parte di loro, una volta nei tre giorni, partiva, guardava dove c'era la città più vicina, il paesello, l'agglomerato, arrivavano lì, li schiacciavano, li devastavano, prendevano tutto quello che c'era, portavano via, ammazzavano tutti e quello era il loro modo di avere di che vivere. Normale, i padri dei nostri padri facevano così, ok? Cioè non gli spedivano gli aerei da casa, niente, erano isolati, erano su una spiaggia, non è che diceva beh, seminiamo, niente, avevano fame e quindi spedivano. chi era a capo di queste spedizioni sempre? Achille, perché lui non poteva perdere, quindi mandavano lui.

E lo faceva con una ferocia inaudita. Tornava e dato che erano molto ben organizzati ed era una civiltà astuta che si reggeva su dei principi razionali, nazionali, tutto quello che aveva preso lo metteva lì e il re, il più potente, Agamennone, diceva bene, allora voi vi tocca questo, voi vi tocca questo, voi vi tocca questo, tu questo, tu questo. Al termine della distribuzione c'era questa cosa che loro chiamavano il dono d'onore, che era un gesto particolare che il sovrano si degnava di fare per omaggiare chi in quell'impresa si era guadagnato l'onore e la gloria.

Una volta vanno in un paese, lo sterminano, nel catalogo delle cose c'erano mucche, capre, baci di d'oro, qualche arna, donne. macchine da scrivere, era tutto un'arco, non c'era sostanziale differenza. E dopo una di queste rapinose avventure d'Achille si dividono il bottino e si dividono le donne. Solo che sfiga vuole che la donna che si prende a gamennone, il re, sia la figlia di un sacerdote di Apollo, Apollo si irrita per tutto questo, incomincia a seminare disgrazia, mi scuso quei professori del liceo ma devo far fretta, semina disgrazia sull'esercito.

degli H.A. che incominciano ad avere epidemia, ad essere vinti in battaglia, non funziona più niente, il solito diciamo sacerdote indovino dice certo abbiamo rapito quella, nella tenda di Agamemnon è restituitiamola, va bene restituitiamola, si piegano a questa cosa e restituiscono questa. Criseide, la restituiscono al padre, mandano chi? Quello che mandavano sempre a fare i lavori sporchi, cioè Odissea, e lui la riporta indietro. Salvo che questa qui era esattamente la donna più bella che si era presa a Gamennone, quindi quando ve la vede partire a Gamennone dice, vabbè, adesso però sono solo, vediamo quale mi piace, si guarda intorno e dice, quella là, quella là chi era?

Briseide, quella che lui aveva dato ad Achille. gliela prende Achille è sdegnato è pazzo, è furibondo, fa paura e allora dice sapete che c'è? Io non combatto più. Quello che a scuola vi ricordate? L'ira di Achille.

Si chiude la tenda e d'lindelung, d'lindelung. Fine. Con patro con l'ora.

Anche se raccontato dalla vostra professoressa al liceo, tutto questo è abbastanza strano. Se voi pensate che una delle più grandi narrazioni che noi ci continuiamo a tramandare da secoli parte da un litigio... asilo proprio no ma ma quello era mio allora non gioco più cioè l'ira di achille in realtà è allora non gioco più e si porta via il pallone di cuoio per cui nessuno gioca più è strano no e dici ma è possibile che su un punto così friabile, infantile, come mai hanno deciso di edificare, l'intro di Lieda è questo, perché hanno deciso di edificare, erano tonti, cioè perché? E lì c'è sempre il fatto di mettersi nella prospettiva giusta per capire civiltà molto lontane. In realtà per loro lì era raccontato uno dei principali tre problemi della loro esistenza, diciamo della salvaguardia della loro forza.

C'è un'elite dominante che sa, che rischia su due o tre cose. Una era esattamente quella. Noi siamo molto lontani da avere questa sensibilità, ma per loro era il problema del giorno. Difficilissimo da risolvere. E il problema era questo.

Quando si rischia la vita per andare a combattere e ti va bene e vinci e prendi tutto e lo porti a casa la ricchezza più bella, quella più alta, quella che vale di più a chi deve andare? Al vecchio re col Parkinson che è stato a casa? o al giovane che ha combattuto, meraviglioso, forte, che ha rischiato la vita e che ha vinto.

Era un problema che loro avevano visto inciso a fuoco nelle loro famiglie, perché quel che succedeva è che il vecchio padre, il re, rimaneva a casa, mandava i figli, i giovani, che vincevano, tornavano e poi c'era da dividere la ricchezza. E più volte padri e figli si sono ammazzati per questo. Se loro non trovavano una soluzione ufficiale da tramandare a tutti i figli di questo problema, loro tutte le volte rischiavano. E pensate che beffa atroce è giocarti tutto a un certo punto della vita, tu contro l'altro, contro il vicino, vincere, è tutto tuo, la scommessa l'hai vinta, e rovini la tua famiglia dopo.

Perché? Perché non sei capace a dividere il bottino. problema il piede dove parte come cavolo dividiamo dato che un western hollywoodiano il re agamemnon sono vent'anni 15 anni ma simbolizzano agamemnon e non combatteva non andava a prendere la roba in giro combatteva la guerra di troia certamente non si sporcava le mani andare a prendere Ma il momento buono è lui che prende.

E quindi la sfida non è la sfida fra questi due d'asilo, è una sfida che loro conoscevano, venivano da molto lontano, suo padre e lo zio si erano ammazzati per quella roba lì. Come risolverla? E Liliade ha una risposta incisa, pronunciata una volta per tutte, chiarissima.

La cosa più bella va al re, il quale però, se fa questo con arroganza e senza intelligenza, è destinato alla disfatta agamemnon è si tiene per sé il bottino migliore ma lo fa con arroganza lo fa colpo con gesto del potente no il giovane achille non digerisce se ne va e questo è la rovina di agamemnon e di lì e poi agamemnon e tornerà proprio sui gomiti a supplicare, non lui perché non si sporca le mani, manderà Ulisse che faccia i lavori sporchi, ed è la scena che leggeremo adesso, ma dopodiché offrirà il mondo ad Achille perché lui torna in battaglia. E così di padre in figlio era chiaro una volta per tutte. Agamemnon è comunque bello, è un ventenne, è un eroe, Achille è un pazzo, una figura quasi imprendibile. Nella vita quotidiana erano re vecchi che non combattevano e giovani che magari non erano Achille ma erano quelli che avevano rischiato la vita. Anche perché evidentemente il giovane va dal vecchio e fa così, c'era un no.

Chiaramente la forza in quella civiltà lì contava ed era dalla parte dei giovani. Quindi se tu non davi un'autorità al vecchio per difendere... e lì dice sì perché Nell'assemblea tutti sono d'accordo sul fatto che questa Briseide vada a lui e a chi le si alza e se ne vada all'assemblea. rovina di Agamemnon quindi non è così assurdo quello che adesso noi leggiamo è il momento in cui a furia di perdere e con i troiani sotto le navi ormai gli Achei capiscono che non ce la possono fare se Achille non torna in battaglia e quindi mandano ad Achille un'ambasciata mandano tre personaggi Ulisse perché faceva i lavori sporchi e perché era quello che parlava meglio mandano Iace che era il combattente migliore dopo Achille perché tra di loro si intendevano e poi mandano Fenice che era il vecchio molto fra virgolette che il padre di Achille aveva messo accanto ad Achille quando Achille partì per la guerra perché sapeva che era un ragazzino e allora lo mandò in guerra insieme a questo che invece era uno che sapeva del mondo dicendogli Fenice ti aiuterà e ti insegnerà.

Quindi era una specie di suo padre supplettivo. E questi sono gli uomini che mandano ad Achille nella sua tenda per cercare di spezzare la sua ira. È un diavolo. La goli di Liliade è una storia di guerra e di azione e questa invece è una fantastica scena nel chiuso di una tenda ed è quasi solo di parole ed è qui che ci sono le parole.

in cui Achille nel ricordare il suo destino stacca alcune delle parole che da più lontano e con più bellezza ci portano ancora oggi l'affascinazione della pace e non della guerra siete pronti? proviamo? non è lungo, 10 minuti così però si legge Ah, devo dire questo, mi scuso, ma leggerò non il testo vero di Omero, ma questa versione che ho scritto io qualche anno fa, che è un adattamento per situazioni come queste.

Io l'ho scritto esattamente perché sarebbe stato poi fatto in teatro, un enorme teatro con più di duemila persone. Quindi c'era l'esigenza comunque di salvando tutto quello che si riusciva a salvare del testo americo però fare qualcosa perché la lettura dell'Iliade integrale che era quello che io volevo fare dura 42 ore e noi lì lo facevamo. in tre serate e però in tutte le tre serate si leggeva per due ore e mezza e quindi ho pensato che si poteva provare a non riscrivere ma adattare il testo perché potesse reggere questo tipo di situazione molto analoga quella di stasera per questo ci servono in un piccolo teatro leggevo mero perché mi piace ma qui devo arrivare fino a quelli laggiù al bar e quindi ci si aiuta con tutto anche con questo però voglio dirvi credetemi sono le frasi di omero Ci sono dei tagli interni, ci sono dei raddoppi tolti, perché per noi il ritmo americo è lento, questo per tenervi un pochino di più nell'ascolto. Un'altra cosa che io ho fatto, che è stata anticipata prima, è che l'Iliade è raccontata da un narratore esterno e invece io lì, avendo molti attori che leggevano delle sezioni, l'ho riscritta in soggettiva, cioè ognuno di loro racconta, vista da lui, la scena. Ma non è così.

Non è che gli do delle inflessioni sentimentali particolari, semplicemente che invece che Ulisse, videro Ulisse uscire dalla tenda, questo qui dice, vidi Ulisse uscire dalla tenda. Sembra strano, ma per un attore che legge, questo gli facilita molto il mestiere. Per cui sono virati tutti, tutta la storia raccontata di volta in volta da un personaggio. Questa scena è raccontata da Achille, della scena in cui in quello spettacolo appariva Achille, che è talmente imprendibile, evanescente, misterioso e indefinibile che in quello spettacolo era fatto da una ragazzina molto maschile, molto strana.

che non era un'attrice, che aveva un modo di parlare stranissimo, appunto per staccarla da tutti gli altri. Qui invece ve la leggo io, meglio che posso, e vi chiedo di stare con me per dieci minuti nella tenda di Achille. Andiamo? Arrivarono in cinque. Ulisse davanti a tutti, poi Agiace grande guerriero e Fenice amato da Zeus e due Araldi Odio ed Euribate.

Io ero nella mia tenda e stavo suonando, c'era quella cetra preziosa che avevo scelto in mezzo al bottino, bellissima, col ponte d'argento e io stavo suonando perché questo consolava il mio cuore, suonare e cantare. avventure di eroi. Accanto a me Patroclo ascoltava in silenzio. Poi arrivarono loro. Li avevano scelti bene.

Tra tutti gli aquei erano quelli che mi erano più cari. Amici, disse, e li feci sedere intorno a me su scranni coperti da tappeti color porpora. Dissi a Patroclo di andare a prendere altro vino e lui andò e portò vino e carne e pane. Così banchettammo nella mia tenda insieme.

E solo alla fine Ulisse, che era seduto proprio di fronte a me, alzò una coppa piena di vino e disse Salute a te Achille, divino principe. Sontuoso è il tuo banchetto, ma purtroppo non siamo venuti qui per il tuo cibo e il tuo vino. Un immenso disastro sta davanti a noi e noi abbiamo paura. Se tu non riprendi le armi sarà difficile riuscire a salvare le navi.

I troiani superbi e i loro alleati si sono accampati proprio sotto il muro che avevamo costruito per difenderci. Accendono fuochi a migliaia e dicono che non si fermeranno finché non piomberanno sulle nostre navi nere. Ettore in furia, terribile, non teme né uomini né dei, è posseduto da una rabbia brutale. Dice che aspetta solo l'aurora per gettarsi in avanti e bruciare le nostre navi col fuoco e massacrare nel fumo gli Achei. Lo farà Achille.

Io so nel profondo del mio cuore che lo farà. E noi moriremo tutti qui a Troia, lontano dalle nostre case. Ma se tu vuoi... C'è ancora tempo per salvare gli Achei, prima che il male sia senza rimedio, per tutti e anche per te.

Amico mio, ti ricordi il giorno in cui tuo padre, Peleo, ti vide partire al fianco di Agamennone? Gli dèi ti daranno la forza, ti diceva, ma tu frena nel petto il cuore orgoglioso. Essere miti, questo è essere forti. Tieniti lontano dalle risse, dai litigi e gli aquei, i giovani, i vecchi ti onoreranno così diceva ma tu l'hai dimenticato e adesso ascoltami Lascia che ti dica uno ad uno i doni che Agamemnon ha promesso di darti se abbandonerai la tua ira, doni preziosi, se solo rinuncerai alla tua ira, doni ricchissimi se solo dimenticherai la tua ira. Sette tripodi mai messi al fuoco, dieci talenti d'oro, venti bacili scintillanti, dodici vigorosi cavalli, velocissimi e vincitori di mille gare.

Ti darà a Gammendone sette donne di Lesbo, esperte in lavori perfetti, le stesse sette donne che lui scelse per sé il giorno che tu distruggesti per lui Lesbo, la città ben costruita. Erano le più belle, le darà a te. E insieme a loro ti darà Priseide, che un giorno ti tolse. E giurerà solennemente di non aver diviso il letto con lei e di non averla amata come uomini e donne si amano.

Tutto questo lo avrai, è subito, è qui. E se poi ci concederà il destino di distruggere la grande città di Priamo, potrai farti avanti quando si dividerà il bottino e caricare sulla tua nave oro e bronzo quanto ne vorrai e venti donne troiane, le più belle che troverai, fatta eccezione per Elena d'Argo. E se infine ritorneremo ad Argo, nella fertile terra d'Acaia, Agamennone vuole che tu diventi sposo di una delle sue tre figlie, che nella splendida regge ora lo stanno aspettando.

Scegli tu quella che vuoi e portala nella dimora di Peleo, senza offrire nessun dono nunziale, Agamennone piuttosto, le faradoni graditi e tanti quanti nessun padre ha mai fatto alla figlia. Le darà sette delle società più ricche, Cardamile, Enope, Ire, la Divina Fere, Antea dai Verdi Prati, la Bella Epea e Pedaso, ricca di vigne. Tutte città vicine al mare, tutte abitate da uomini ricchi, di buoi e di agnelli che ti onoreranno al pari di un Dio e a te, loro re, pagheranno enormi tributi.

Tutto questo ti darà se tu. Rinuncia alla tua ira e se non puoi farlo perché troppo ti odioso Gamennone e insopportabili i suoi doni allora abbia almeno pietà di noi che oggi stiamo soffrendo e domani potremmo onorarti come un dio. E'il momento giusto per sfidare Ettore e ucciderlo. Lui è posseduto da una furia tremenda e convinto di essere il più forte. Oggi non fuggirebbe davanti a te.

Non sarebbe una gloria immensa. Achille, figlio di Laerte, divino Ulisse dalla mente accorta. E'meglio che io parli chiaro e dica quello che penso e quello che accadrà, così evitiamo di starcene a chiacchierare inutilmente.

Non c'è sulla terra un solo Acheo che potrà convincermi a lasciare la mia ira. Non potrà farlo Agamemnon, né potrete farlo voi. Che vantaggio c'è mai per chi combatte sempre senza tregua contro qualsiasi nemico? Il destino è uguale per il prodo e per il vigliacco, uguale è l'onore per il valoroso e per il vile e muore ugualmente chi non fa nulla e chi si dà molto da fare.

Niente mi resta dopo aver tanto sofferto, rischiando in ogni momento la vita nel cuore della battaglia. Come un uccello porta ai suoi piccoli il cibo che si è procurato con grande fatica così, io molte notti insonni ho trascorso e molti giorni ho consumato a combattere il nemico sul campo insanguinato. 12 città ho raggiunto con le mie navi e ho discusso.

E altre undici le ho raggiunte attraversando la fertile terra troiana e le ho distrutte. Ho portato tesori immensi e tutto donavo ad Agamennone, figlio di Atreo. E lui, che se ne stava al sicuro, vicino alle navi, nella sua tenda, tutto accettava. Molto teneva per sé, qualcosa distribuiva agli altri. Ai re e agli eroi sempre ha concesso un premio d'onore e tutti adesso l'hanno ancora con sé, ma non io.

A me l'ha tolto Agamennone, mi ha tolto la donna che amavo e che adesso dorme con lui. Se la tenga e si diverta, ma perché mai dovremmo combattere per lui? Perché ha messo insieme un esercito e l'ha condotto fin qui? Non è forse per Elena, dai bei capelli?

E allora? Solo i figli di Atreo amano le loro donne? No.

Ogni uomo nobile e saggio ama la sua. E ne ha cura. Come io con tutto il cuore amavo la mia. E non importava se era una schiava di guerra. Lui me l'ha tolta.

Mi ha rubato il mio premio d'onore. E adesso io so che razza di uomo è. E non mi ingannerà un'altra volta.

Non cercare di convincermi, Ulisse. Pensa piuttosto a come salvare le navi dal fuoco. Avete già fatto tante cose senza di me. Avete costruito il muro. E lungo il muro avete scavato il fossato, largo, profondo, pieno di insidie.

Ma non lo fermerete in quel modo, Ettore. Quando io combattevo con voi... Non si azzardava ad allontanarsi dalle sue mura, rimaneva a combattere alle porte scee. E proprio quando lo prendeva il coraggio si spingeva fino alla quercia. E'lì che mi ha sfidato, quel giorno, ti ricordi Ulisse?

Io e lui, uno contro l'altro. Ne usci vivo per miracolo. Ma adesso, adesso io non ho più voglia di battermi con lui. Domani, se vorrai. Se ti importerà qualcosa, guarda verso il mare, vedrai le mie navi all'alba, sul cara dell'esponto, gli uomini curvi sui remi.

E se il Dio glorioso che scuote la terra ci concederà un viaggio felice, dopo tre giorni giungerò nella fertile terra di Ftia. Tutto quello che posseggo l'ho lasciato laggiù per venire a combattere qui, sotto le mura di Troia. Tornerò là.

E porterò con me oro e bronzo, purpuro e ferro splendente e belle donne, tutto ciò che mi sono guadagnato qui, tutto tranne Briseide, perché chi me la diede me l'ha tolta. Andate da Gamenone e riferitevi cosa vi ho detto e fatelo ad alta voce davanti a tutti, così che gli altri Achei capiscano che uomo è. e stiano attenti a non farsi ingannare anch'essi.

Io vi dico che per quanto spudorato non avrà mai più il coraggio di guardarmi negli occhi e io non verrò in suo aiuto, né combattendo né consigliandolo, ne ho abbastanza, vada al diavolo, io non ci posso fare nulla, sei impazzito. Non mi importa niente di lui e odio i suoi doni. Anche se mi desse dieci, venti volte quello che possiede, anche se mi offrisse tanti doni quanti sono i granelli di sabbia, anche allora non riuscirebbe a piegare il mio cuore. Prima deve pagare. Fino in fondo, l'offesa orrenda con cui mi ha ferito.

E non sposerò una sua figlia, non la sposerei nemmeno se fosse bella come Afrodite o ricca di ingegno come Athena. La dia in sposa a qualcun altro, magari a qualcuno più potente di me, qualcuno alla sua altezza. Se gli dei mi salvano, se ritornerò a casa, sarà mio padre a scegliere una sposa per me. E'a casa che voglio andare, è lì che voglio tornare e godere in pace di ciò che è mio, con una donna al fianco, una sposa.

Per quanto immense tutte le ricchezze che Troia nasconde dietro le sue mura, non valgono quel che vale la vita. Si possono rubare buoi e grasse pecore, si può riempire di cavalli e tripodi preziosi comprandoli con loro ma la vita non puoi rapirla, non puoi comprarla, ti esce dalla gola e non torna più indietro. Mia madre un giorno mi ha detto quale sarà il mio destino se rimarrò qui a battermi sotto le mura di Troia non farò più ritorno ma eterna sarà la mia gloria e se invece tornerò a casa nella mia terra per me non ci sarà gloria ma avrò lunga vita prima che la morte camminando lentamente mi raggiunga Lo dico anche a voi, tornate a casa, noi non vedremo mai la fine di Troia. Ritornate alle vostre tende e portate ai principi a che è il mio messaggio. Dite loro che pensino a qualcos'altro per salvare le navi e l'esercito.

Io non li posso aiutare. Dite loro che io rimango fermo nell'ira. Così parlai. E tutti rimasero in silenzio, turbati e sorpresi per il mio rifiuto.