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20 - La casa degli spiriti - Conflitto familiare e violenza in Esteban Trueba

Esteban Trueba corse alla stalla e montò sul suo cavallo senza sellarlo. Soffiava di sdegno con le ossa saldate che protestavano per lo sforzo e il cuore che gli galoppava in petto. «Li ammazzerò, tutte e due! » brontolava come una litania. Uscì di corsa nella direzione che gli aveva segnalato il francese, ma non ebbe bisogno di arrivare sino al fiume, perché a metà strada incontrò Blanca che rincasava canticchiando.

con i capelli in disordine i vestiti sporchi e quell'aria felice di chi non ha niente da chiedere di più alla vita alla vista della figlia esteban trueba non poté mitigare il suo caratteraccio e le andò addosso col cavallo e con la frusta in aria la picchiò senza pietà dandola una frustata dopo l'altra finché la ragazza non cadde e rimase stesa immobile nel fango suo padre saltò giù da cavallo la scosse per farla tornare in sé le gridò tutti gli insulti conosciuti e altri inventati nell'impeto del momento. Chi è? Mi dica il suo nome o l'ammazzo! Insistette.

Non glielo dirò mai! Si inghiuzzò lei. Esteban Troiba capì che non era quello il sistema per ottenere qualcosa da sua figlia, che aveva ereditato la sua stessa cociutaggine. Vide che aveva esagerato nel castigo, come sempre. L'assò sul cavallo e tornarono verso casa.

L'istinto e il fracasso dei cani Avevano svegliato Clara e la servitù che aspettavano sulla soglia con tutte le luci accese. L'unico che non si faceva vedere da nessuna parte era il conte, che nella confusione aveva approfittato per fare le valigie, attaccare i cavalli alla carrozza e andarsene con discrezione all'albergo del paese. Che hai fatto, Esteban?

In nome di Dio! gridò Clara vedendo sua figlia coperta di sangue e di fango. Clara e Pedro II Garzia portarono Blanca in braccio nel suo letto.

L'amministratore era impalidito mortalmente, ma non disse una sola parola. Clara lavò sua figlia, le applicò compresse fredde sui lividi e la coccolò finché non fu riuscita a tranquillizzarla. Dopo averla lasciata che dormiva, andò ad affrontare il marito che si era chiuso nel suo studio e camminava furioso menando colpi di frusta alle pareti, bestemmiando e dando calci ai mobili.

Nel vederla Esteban rivolse tutta la sua furia su di lei, l'incolpò di aver educato Blanca senza morale, senza religione, senza principi, come un'atea libertina, e ancora peggio, senza coscienza di classe, perché si poteva anche capire che l'avesse fatto con una persona da bene, ma non con un cafone, un ignorante, una testa calda, un fannullone, un buono a nulla. Avrei dovuto ammazzarlo quando gliel'avevo promesso. Andare a letto... proprio con mia figlia giuro che lo cercherò e quando l'avrò preso lo castro gli taglio le palle fosse l'ultima cosa che faccio nella vita giuro giuro su mio padre che lo faccio pentire di essere nato pedro terzo non ha fatto nulla che tu non abbia fatto disse clara quando riuscì a interromperlo anche tu sei andato a letto con donne non sposate che non erano della tua classe la differenza sta nel fatto che lui lo ha fatto per amore e anche blanca Trueba la guardò, paralizzato dalla sorpresa. Per un attimo la sua ira sembrò sgonfiarsi e si sentì beffato, ma subito un'ondata di sangue gli montò alla testa, perse il controllo e scaricò un pugno sulla faccia di sua moglie, facendola cozzare contro la parete.

Clara stramazzò senza un grido. Esteban sembrò svegliarsi da una trance, si chinò al suo fianco piangendo, balbettando perdono e spiegazioni. chiamandola con i nomi teneri che usava solo nell'intimità senza capire come avesse potuto alzare le mani su di lei che era l'unico essere di cui realmente gli importasse, che mai nemmeno nei momenti peggiori della loro vita in comune aveva cessato di rispettare, la prese in braccio, la mise a sedere amorosamente su una poltrona, bagnò un fazzoletto per metterglielo sulla fronte e cercò di farle bere un po'd'acqua e infine Clara aprì gli occhi.

le scorreva sangue dal naso quando aprì la bocca sputò diversi denti che caddero in terra e un filo di saliva sanguinolenta le scivolò a lungo il mento e sul collo non appena poté reggersi in piedi clara allontanò esteban con una spinta si alzò a stento e uscì dallo studio cercando di camminare dritta Dall'altra parte della porta c'era Pedro II Garcia che riuscì a sostenerla nel momento in cui vacillava. Sentendoselo accanto, Clara si abbandonò, appoggiò la faccia tumefatta sul petto di quell'uomo che era stato al suo fianco nei momenti più difficili della sua vita e si mise a piangere. La camicia di Pedro II Garcia si tinse di sangue.

Clara non parlò mai più per tutta la vita. a suo marito smise di portare il suo cognome da sposata e si tolse dal dito la sottile fede d'oro che lui le aveva infilato più di vent'anni prima durante quella serata memorabile in cui barrabas era morto ammazzato da un coltello da macellaio due giorni dopo clara e blanca abbandonarono le tre marie e tornarono alla capitale e steban se ne rimase umiliato e furioso con la sensazione che qualcosa si fosse spezzato per sempre nella sua vita pedro ii andò ad accompagnare alla stazione la padrona e sua figlia e da quella notte non le aveva più riviste ed era silenzioso e serio le sistemò sul treno e poi se ne rimase col capello in mano gli occhi bassi senza sapere come accomiatarsi clara lo abbracciò lì per lì rimase rigido e imbarazzato Ma subito dopo lo vinsero i suoi stessi sentimenti e osò cingerla timidamente con le braccia e posarle un bacio impercettibile sui capelli. Si guardarono dal finestrino per l'ultima volta ed entrambi avevano gli occhi pieni di lacrime.

Il fedele amministratore tornò alla sua casa di mattoni, fece un fagotto delle sue poche cose, avvolse in un fazzoletto il poco denaro che era riuscito a risparmiare in tutti quegli anni di servizio e partì. Trueba lo vide salutare i contadini e salire a cavallo, cercò di trattenerlo spiegandogli che quanto era successo non aveva nulla a che vedere con lui, che non era giusto che per colpa di suo figlio perdesse il lavoro, gli amici, la casa e la sicurezza. Non voglio trovarmi qui quando metterà le mani su mio figlio, patron, furono le ultime parole di Pedro II Garzia, prima di allontanarsi al trotto verso la strada. come mi sentii solo allora non sapevo che la solitudine non mi avrebbe abbandonato mai più e che l'unica persona che avrei di nuovo avuto vicino nel resto della mia vita sarebbe stata una nipote scapestrata e stramba con i capelli verdi come rosa ma questo sarebbe accaduto molti anni dopo dopo la partenza di clara mi guardai intorno e vidi molte facce nuove alle tre marie gli antichi compagni di strada erano morti o si erano allontanati Ormai non avevo più mia moglie né mia figlia.

I contatti con i miei figli erano minimi. Erano morti mia madre, mia sorella, la buona nana, Pedro Garcia il vecchio, e anche Rosa mi tornò alla memoria come un indimenticabile dolore. Ormai non potevo più contare su Pedro II Garcia, che mi era stato vicino per trentacinque anni. Mi venne da piangere. Le lacrime mi venivano da sole, e me le toglievo ammanate, ma ne venivano altre.

andate tutti al diavolo ruggivo in ogni angolo della casa camminavo per le stanze vuote entravo nella camera di clara e cercavo nel suo armadio e nel suo cassettone qualcosa che lei avesse indossato per portarmelo al naso e risentire non foss'altro che per un momento fugace il suo tenue odore di pulito mi gettavo sul suo letto affondavo la faccia nel suo guanciale accarezzavo gli oggetti che aveva lasciato sulla toaletta e mi sentivo profondamente profondamente desolato pedro terzo garzia aveva tutta la colpa di quanto era successo a causa sua blanca si era allontanata da me a causa sua avevo litigato con clara a causa sua pedro ii se n'era andato dalla tenuta a causa sua i mezzadri mi guardavano con sospetto e mormoravano alle mie spalle era stato sempre un ribelle e quello che io avrei dovuto fare sin dal principio era cacciarlo via a pedate Avevo lasciato passare il tempo per rispetto a suo padre e a suo nonno e il risultato era stato che quel moccioso di merda mi aveva tolto quello che amavo di più al mondo. Andai al posto di polizia del villaggio e diedi soldi alle guardie affinché mi aiutassero a cercarlo. Diedi loro l'ordine di non arrestarlo ma di consegnarmelo senza far chiasso.

Al bar, dal barbiere, al club, all'ampioncino rosso feci correre la voce che ci sarebbe stata una ricompensa per chi mi avesse consegnato il ragazzo. attento patron non si metta a farsi giustizia con le sue mani guardi che le cose sono molto cambiate dai tempi dei fratelli sanchez mi avvertirono ma io non voglio ascoltarli che cosa avrebbe fatto la giustizia in questo caso niente passarono qualcosa come quindici giorni senza alcuna novità andavo in giro per la tenuta entravo nelle proprietà vicine spiavo i mezzadri Ero convinto che mi nascondessero il ragazzo. Aumentai la ricompensa e minacciai le guardie di farle destituire per incapacità, ma fu tutto inutile.

Ogni ora che trascorreva la rabbia mi aumentava, cominciai a bere come non avevo mai fatto neppure negli anni in cui ero scapolo. Dormivo male e ripresi a sognare Rosa. Una notte sognai che la picchiavo come Clara e anche i suoi denti cadevano in terra.

Mi svegliai gridando. Ero solo e nessuno poteva udirmi. Ero così depresso che smisi di farmi la barba. Non mi cambiavo d'abito, credo che non mi facessi nemmeno il bagno. Il cibo mi sembrava acido, avevo in bocca un sapore di bile.

Mi ruppi le nocche picchiandole contro le pareti e sfiancai un cavallo al galoppo per scacciare la furia che mi stava consumando le viscere. In quei giorni nessuno mi si avvicinava. Le domestiche mi servivano a a tavola tremando, cosa che mi dava ancora più fastidio. un giorno mi trovavo nell'atrio a fumare un sigaro prima della siesta quando mi si avvicinò un bambino bruno e mi si piantò davanti in silenzio si chiamava esteban garfia era mio nipote ma io non lo sapevo e solo adesso per via delle terribili cose che sono successe a opera sua sono venuto a conoscenza del grado di parentela che ci unisce inoltre era nipote di pancia garfia una sorella di pedro ii della quale proprio non mi ricordo.

Cosa vuoi, moccioso? chiesi al bambino. Io so dove si trova Pedro III Garcia, mi rispose. Feci un salto così brusco che si rovesciò la poltrona di vimini su cui ero seduto. Afferrai il ragazzo per le spalle e lo scossi violentemente.

Dove? Dov'è quel maledetto? gli gridai. Mi darà la ricompensa, patron, balbettò il bambino terrorizzato.

l'avrai ma per prima cosa voglio essere sicuro che non menti andiamo portami dove si trova quel disgraziato andai a prendere il mio fucile e uscimmo il bambino mi suggerì che dovevamo andarci a cavallo perché pedro iii stava nella segheria dei lebus a parecchie miglia dalle tre marie non mi era venuto in mente che dovesse essere lì era un nascondiglio perfetto in quell'epoca dell'anno la segheria dei tedeschi era chiusa e si trovava lontana da tutte le strade come l'hai saputo che pedro terzo garzia stava là eh tutti lo sanno patron meno lei mi rispose partimo al trotto perché su quel terreno non si poteva correre la segheria era incastrata su un versante della montagna e lì non si potevano spingere troppo le bestie per lo sforzo di arrampicarsi i cavalli facevano sprezzare scintille dalle pietre con gli zoccoli credo che i loro passi fossero l'unico rumore nel pomeriggio soffocante e quieto entrando nella zona boschosa il paesaggio mutò e divenne più fresco perché gli alberi si levavano in file serrate sbarrando il passaggio alla luce del sole il terreno era un tappeto rossiccio e morbido in cui le zampe dei cavalli affondavano dolcemente allora il silenzio ci avvolse il bambino andava avanti sulla sua bestia senza sella appiccicato all'animale come se fossero stati un unico corpo e io andavo dietro taciturno ruminando la mia rabbia a tratti mi invadeva la tristezza era più forte della rabbia che avevo incubato per tanto tempo più forte dell'odio che sentivo per pedro iii garzia dovetero trascorrere un paio d'ore prima che avvistassimo i piatti capannoni della segheria disposti a semicerchi in una radura del bosco in quel luogo l'odore del legno e dei pini era così intenso che per un attimo mi distrassi dall'intento del viaggio mi sopraffecero il paesaggio il bosco la quiete ma questa debolezza non mi durò più di un secondo aspetta qui e bada alle bestie non muoverti smontai da cavallo il bambino prese le redini dell'animale e io mi allontanai curvo col fucile pronto nelle mani. Non sentivo i miei sessant'anni né i dolori nelle mie vecchie ossa maciullate. Mi sosteneva l'idea di vendicarmi. Da un capannone usciva un'esile colonna di fumo e vidi un cavallo legato alla porta.

Dedussi che Pedro III doveva essere lì e mi diressi verso la baracca girando intorno. Mi battevano i denti dall'impazienza. Avanzavo pensando che non volevo ammazzarlo al primo colpo perché...

sarebbe stato troppo breve e il piacere sarebbe svanito in un minuto avevo aspettato tanto e volevo gustarmi il momento di farlo a pezzi ma non potevo neppure dargli una possibilità di scappare era molto più giovane di me e se non riuscivo a sorprenderlo ero fottuto avevo la camicia zuppa di sudore appiccicata al corpo e un velo mi copriva gli occhi ma mi sentivo un ventenne e con la forza di un toro entrai nella baracca strisciando silenziosamente Il cuore mi batteva come un tamburo. Mi trovai dentro un ampio magazzino dal pavimento coperto di segatura. C'erano grandi cataste di legname e alcuni macchinari coperti da teloni verdi per preservarli dalla polvere. Avanzai, nascondendomi fra le cataste di legna, finché improvvisamente lo vidi. Pedro III Garzia era sdraiato per terra, con la testa su una coperta ripiegata, e dormiva.

Accanto c'era un focherello di braci su una pietra e un recipiente per far bollire l'acqua. Mi fermai spaventato e mi fu possibile osservarlo a mio agio con tutto l'odio del mondo, cercando di fissarmi per sempre nella mente quel volto bruno dalle fattezze quasi infantili su cui la barba sembrava un travestimento, senza capire che cosa diavolo avesse trovato mia figlia in quello zotico peloso. Poteva avere venticinque anni. ma vedendolo addormentato mi sembrò un bambino dovetti fare un grande sforzo per controllare il tremito delle mani e dei denti alzai il fucile e mi avvicinai di un paio di passi ero così vicino che avrei potuto fargli scoppiare la testa senza prendere la mira ma decisi di aspettare qualche secondo per calmare il battito del cuore quel momento d'indugio fu la mia rovina credo che l'abitudine di nascondersi avesse affinato l'udito di pedro terzo garzia e l'istinto lo avvertì del pericolo in una frazione di secondo dovette riprendere coscienza ma rimase con gli occhi chiusi tenne i muscoli allerta tese i tendini e impiegò tutta la sua energia in un salto formidabile che in un solo scatto lo lasciò in piedi a un metro dal punto dove si era conficcata la mia pallottola non riuscì a prenderlo di mira di nuovo perché si accovacciò raccolse un pezzo di legno e lo lanciò colpendo in pieno il mio fucile che volò lontano ricordo che sentii un'ondata di panico nel vedermi disarmato ma mi resi conto che lui era più spaventato di me ci guardammo in silenzio ansimando ciascuno aspettava il primo movimento dell'altro per scattare allora vidi la scure era così vicina che potevo raggiungerla allungando appena il braccio ed è quanto feci senza pensarci due volte Presi la scure e con un grido selvaggio che mi scaturì dal fondo delle viscere mi scagliai, contro di lui deciso a spaccarlo in due da capo a piedi in un sol colpo. La scure brillò nell'aria e cadde su Pedro III Garcia, un getto di sangue mi schizzò in faccia.

All'ultimo momento aveva alzato le braccia per parare il colpo della scure e il filo della lama gli mozzò di netto tre dita della mano destra. Per lo sforzo mi ero spinto avanti e caddi in ginocchio. Si strinse la mano contro il petto e uscì di corsa.

Saltò sulle cataste di legna e sui tronchi gettati in terra. Raggiunse il suo cavallo e si perse con un grido orribile tra le ombre dei pini e si lasciò dietro un rivolo di sangue. Io rimase in terra a Carponi, ansante.

Impiegai qualche minuto a chiarirmi le idee e a capire che non l'avevo ammazzato. La mia prima reazione fu di sollievo perché, sentendo il sangue caldo che mi colpiva la faccia, l'odio mi si era immediatamente sgonfiato e avevo dovuto fare uno sforzo per ricordarmi perché volessi ammazzarlo, per giustificare la violenza che mi stava soffocando, che mi faceva esplodere il petto, ronzare le orecchie, annebbiare la vista. Apri la bocca disperato, cercando di mettere aria nei polmoni e riuscii a raddrizzarmi, ma cominciai a tremare.

feci un paio di passi e caddi a sedere su un mucchio di assi senza poter recuperare il ritmo del respiro mi credetti sul punto di svenire il cuore mi saltava in petto come una macchina impazzita dovete trascorrere molto tempo non lo so sollevai lo sguardo mi alzai e cercai il fucile il piccolo esteban garzia mi stava vicino guardandomi in silenzio aveva raccolto le dita tagliate e le teneva in mano come punte di sparagi sanguinanti. Non riuscii a trattenere i conati di vomito. Avevo la bocca piena di saliva. Rigettai, sporcando gli stivali, mentre il ragazzino sorrideva impassibile. Butta via, moccioso di merda!

gridai colpendogli la mano. Le dita caddero sulla segatura, tingendola di rosso. Raccattai il fucile e avanzai a tentoni verso l'uscita. L'aria fresca della sera e il profumo intenso dei pini mi colpirono sul viso restituendomi il senso della realtà.

Respirai avidamente, a grandi boccate, camminai verso il mio cavallo con un grande sforzo. Mi doleva tutto il corpo e avevo le mani irrigidite. Il bambino mi seguì.

Tornamo alle tre marie cercando la strada nell'oscurità che era calata rapidamente dopo il tramonto. Gli alberi rendevano difficile la marcia, i cavalli inciampavano nelle pietre e nei cespugli, i rami ci urtavano al passare. Io ero come in un altro mondo, confuso e atterrito dalla mia stessa violenza, contento del fatto che Pedro III fosse scappato perché ero sicuro che se fosse caduto a terra io avrei continuato a colpirlo con la scure sino ad ammazzarlo, distruggerlo, ridurlo in pezzettini, con la stessa decisione con cui avevo tentato di cacciargli una pallottola in testa.

Oh, so quello che dicono di me. Dicono tra le altre cose che ho ucciso uno o più uomini nella mia vita. Mi hanno accollato la morte di qualche contadino, ma non è vero. Se lo fosse non mi importerebbe di ammetterlo, perché alla mia età queste cose si possono dire impunemente.

Mi manca poco per essere sepolto. Non ho mai ammazzato un uomo, e il momento in cui più sono stato vicino a farlo è stato il giorno in cui presi la scure e mi scagliai su Pedro III Garcia. Arrivamo a casa di notte.

Scegli a fatica da cavallo e mi avviai verso la veranda. Mi ero completamente dimenticato del bambino che mi stava dietro, perché lungo tutto il percorso non aveva aperto bocca, perciò mi meravigliai sentendo che mi tirava la manica. «Mi darà la ricompensa, patron?

» disse. Lo cacciai via con una sberla. «Non c'è ricompensa per i traditori! Ah! » «E ti proibisco di raccontare quello che è successo.

Mi hai sentito? » Grugni. Entrai in casa e me ne andai dritto a bere un sorso dalla bottiglia.

Il cognac mi arse la gola e mi fece tornare un po'di calore. Poi mi stesi sul divano ansimando. Il cuore mi batteva ancora all'impazzata e avevo la nausea.

Col dorso della mano scacciai le lacrime che mi colavano sulle guance. Fuori. Rimase Steban Garcia davanti alla porta chiusa, come me, stava piangendo di rabbia.