Ormai la parola globalizzazione è diventata una specie di passepartout, un deus ex machina che serve a spiegare tutto e il contrario di tutto. A questa parola, a questo concetto sono stati aggiunti anche caricati significati di natura più o meno direttamente ideologica, ragion per cui si parla di globalizzazione ora come della fonte di tutti i mali, ora come dell'origine di tutto ciò che di buono c'è nel mondo. A prescindere da questo il fatto è che di significati questa parola ne ha molti. anche in quella che noi consideriamo la sua accezione corrente.
Con questi significati la parola si diffuse soprattutto nel corso degli anni Ottanta, tant'è che alla fine del decennio cominciò a comparire in alcuni dizionari con significati diversi da quelli originari che riguardavano la psicologia dell'età evolutiva. Questi significati rinviavano fondamentalmente, almeno agli inizi, a due punti di riferimento. Ora allo sviluppo dei mass media, che consente una comunicazione in tempo reale tra gli esseri umani, ora invece alla creazione di un mercato mondiale dovuto all'intensificarsi e all'estendersi di scambi commerciali e finanziari e così via.
Vorrei fare riferimento a uno schema concettuale, a mio parere di grande interesse, utile a leggere la storia dei processi di globalizzazione sul lungo periodo. Questo schema concettuale è stato elaborato in un seminario svoltosi nel 2000 con la partecipazione di un gruppo di studiosi inglesi e americani. Uno di essi, Christopher Bailey, Ha proposto una definizione molto calzante del termine globalizzazione parlando di una progressiva estensione nella scala dei processi sociali da un ambito locale o regionale a un ambito mondiale.
Come si differenzia la globalizzazione contemporanea dalle precedenti a cui abbiamo fatto riferimento? Richiamandomi alla definizione di Bailey, io direi che si differenzia soprattutto per l'ampiezza acquisita dalla dimensione globale dei processi e delle relazioni sociali rispetto alla dimensione locale e regionale. L'altro suo tratto peculiare è costituito da una eccezionale velocità di...
dei fenomeni, di velocità del mutamento. Per meglio dire è costituito da una costante accelerazione di tutti questi processi. Una costante accelerazione di tutti questi processi non è una novità. Tuttavia per effetto della crescita accumulativa della velocità alla quale si sviluppano i fenomeni sociali siamo arrivati. a sviluppi di una rapidità senza precedenti.
In tutti questi fenomeni ha svolto senza dubbio un ruolo difficilmente sottovalutabile lo sviluppo dei mezzi di comunicazione. Almeno fino a un certo punto metto i mezzi di comunicazione insieme ai mezzi di trasporto perché è indispensabile considerarli insieme. Nel 1865 venne posato il primo cavo telegrafico sottomarino attraverso l'oceano Atlantico e questo fenomeno fu di straordinario rilievo perché abbatté il tempo delle comunicazioni intercontinentali dalle settimane, settimane ci volevano le navi per attraversare quell'oceano, ai minuti.
Non solo, ma anche sul piano del metodo si tratta di una svolta molto importante. perché grazie al telegrafo elettrico per la prima volta le informazioni non viaggiano più al seguito degli uomini, per nave, per diligenza, a cavallo o a piedi, ma si muovono. ...indipendentemente da un vettore. I messaggi viaggiano lungo le linee telegrafiche grazie all'elettricità.
Poi nel corso del Novecento le distanze vennero ulteriormente abbattute da una ancora accresciuta velocità del sistema delle comunicazioni. Faccio riferimento alla radio, alla televisione. Un momento di svolta di rilievo assolutamente fondamentale si ebbe con l'avvento di internet, con l'interconnessione delle reti digitali preesistenti in una sola rete delle reti, questo significa internet, il che accadde negli anni 90 del Novecento.
Oltre a incrementare la velocità delle comunicazioni, Internet ne ha cambiato per molti aspetti la natura. Si tratta di una rete distribuita, non gerarchica, interattiva e a costi molto ridotti. Su Internet tutte le macchine e tutti coloro che le usano inviano e ricevono e danno teoricamente almeno le stesse possibilità.
Tra i molti aspetti che potrei citare a questo proposito, uno in particolare ha differenziato in modo sostanziale quest'ultima fase della globalizzazione contemporanea dalle fasi precedenti e cioè la sua natura individualistica. Tutti i precedenti mezzi di comunicazione erano mezzi di comunicazione che non erano a diretta portata di singoli individui. Nel telefono, nei giornali, nella radio, nella televisione, internet lo è. Gli individui sono entrati al centro della scena.
Nel loro insieme ne sono scaturite forme di relazione sociale relativamente nuove, proprio perché basate su meccanismi organizzativi che ripetono, riflettono il carattere. e distribuito non gerarchico della rete, reti di reti, prive di gerarchia e così via, che pongono al centro la funzione, l'obiettivo di ogni gruppo piuttosto che non le sue caratteristiche preesistenti. Le dinamiche sociali e culturali degli ultimi decenni, peraltro, non sono uniformi. Lo sviluppo delle comunicazioni e del mercato mondiale ha prodotto senza dubbio una tendenza alla uniformità, ma questa tendenza non è stata la sola che è possibile registrare.
La tendenza all'uniformità ha riguardato in primo luogo il mercato mondiale, beni di consumo che sono uguali dappertutto, non solo beni di consumo. ma anche i modelli culturali ad essi collegati è quella che è stata felicemente definita come una tendenza alla coca colonization della umanità. Al tempo stesso però si è assistito a tendenze opposte alla frammentazione, alla differenziazione, alla localizzazione. Sottolineando fenomeni come questi, un altro studioso, Ronald Robertson, Ha coniato un neologismo non molto bello ma molto efficace, globalizzazione.
La globalizzazione va di pari passo con fenomeni di localizzazione, di valorizzazione di identità, ambiti e circuiti locali. In altre parole, la globalizzazione trasforma, ma non sopprime le specificità delle comunità, delle identità locali. La fase della globalizzazione contemporanea e in particolare quella dagli anni 70 fino ad oggi è stata teatro di un fenomeno molto significativo costituito dalla crescita economica impetuosa di quelli che vengono correntemente chiamati paesi in via di sviluppo.
Negli anni 70 effettivamente un numero crescente di paesi di quello che un tempo si chiamava terzo mondo è venuto industrializzandosi mentre i paesi già sviluppati sono andati incontro ad un processo diametralmente opposto di deindustrializzazione e di terziarizzazione, di sviluppo del terziario, a cui ha contribuito anche la politica di delocalizzazione della produzione a cui abbiamo fatto riferimento da parte delle grandi Corporations transnazionali Questo fenomeno è parte integrante del processo di globalizzazione ed ha prodotto una vera e propria trasformazione epocale Il processo di industrializzazione avviatosi con la rivoluzione industriale inglese negli ultimi decenni del Settecento aveva, se posso dire così, piantato il baricentro dello sviluppo mondiale prima in Europa e poi in senso più lato in Occidente. Ormai questo baricentro si è spostato dall'Oceano Atlantico all'Oceano Pacifico verso l'Asia. segnatamente verso la Cina e l'India, i due grandi colossi economici e anche demografici, ma non solo, anche alcuni paesi dell'America Latina come il Brasile, del Continente Nero come in Sudafrica e così via. Una delle prime definizioni registrate dai dizionari da cui ho preso le mosse rinviava al lessico ambientalista e parlava della globalizzazione come di un fenomeno culturale, di atteggiamento, di interesse sempre più diffuso, non solo per i problemi sociali ed economici, ma anche per quelli ecologici del pianeta.
Uno sviluppo delle dimensioni e della velocità di quello a cui ho accennato non poteva in effetti... non avere effetti in proporzione sull'ecosistema. La globalizzazione ha reso sempre più interdipendente tutte le società, tutti gli stati, tutti i paesi del mondo e sa, insomma, sottolineato anche il carattere ubiquitario di tutti i problemi che sono derivati dagli sviluppi del 1910. Non è un caso che gli autori di una recente, agile storia della globalizzazione, uscita nel 2003, Jürgen Osterhammel e Nils Peterson abbiano definito la fase dopo il 1945 come quella in cui è comparso, dicono loro, un nuovo tipo di globalizzazione.
Lo hanno definito così, il mondo come comunità di destino di fronte al rischio da un lato di un ambientamento nucleare. dall'altro all'emergere del problema ambientale da cui sicuramente dipende il futuro della vita sul nostro pianeta.