Vinta, Ferula comprese che non era possibile continuare a sostenere che la storia della testa fosse un brutto sogno e che la cosa migliore era aiutarla nei suoi piani prima che l'ansia finisse per minarne la stabilità. Aspettarono che Trueba uscisse. Ferula la aiutò a vestirsi e chiamò un'automobile a Nolo. Le istruzioni che Clara diede all'autista furono alquanto imprecise. «Lei vada avanti che io le dirò via via la strada», gli disse.
guidata dal suo istinto di vedere l'invisibile. Uscirono dalla città ed entrarono nello spazio aperto, dove le case si rarefacevano e cominciavano le colline e i dolci avvallamenti e si diressero, su indicazione di Clara, lungo un cammino laterale e proseguirono tra betulle e campi di cipolle finché lei non ordinò all'autista che si fermasse accanto a certi sterpeti. «È qui! » disse.
«Non è impossibile! Siamo lontanissimi dal luogo dell'incidente! » Mise in dubbio Ferula.
«Ti dico che è qui! » insistette Clara scendendo dall'automobile con difficoltà, bilanciando il suo enorme ventre, seguita dalla cognata che masticava preghiere e dall'uomo che non aveva la minima idea dell'obiettivo del viaggio. Cercò di infilarsi tra i cespugli, ma glielo impedì il volume dei gemelli.
«Mi faccia il favore, signore, entri lì e mi passi la testa di donna che troverà! » chiese all'autista. Lui si trascinò.
sotto i rami spinosi e trovò la testa di Nivea che sembrava un melone solitario. La prese per i capelli e uscì con questa camminando a quattro zampe. Mentre l'uomo vomitava, appoggiato a un albero vicino, Ferula e Clara ripulirono Nivea dalla terra e dai sassolini che le si erano infilati nelle orecchie, nel naso e nella bocca e le sistemarono i capelli che le si erano scompigliati un po', ma non riuscirono a chiuderle gli occhi.
L'avvolsero in uno scialle e tornarono all'auto si sbrighi si sbrighi signore perché credo di stare per partorire disse clara all'autista arrivarono appena in tempo per sistemare la madre nel suo letto ferula si affannò nei preparativi mentre un servitore andava a cercare il dottor cuevas e la levatrice clara che con le scosse dell'auto le emozioni degli ultimi giorni e le medicine del medico aveva acquisito Una facilità di mettere al mondo che non aveva avuto con la prima figlia, strinse i denti, si aggrappò all'albero di Mezzana e al trenchetto del veliero azzurro e si dedicò al compito di mettere al mondo, nell'acqua quieta della seta azzurra, Jaime e Nicolas, che nacquero precipitosamente davanti allo sguardo attento della loro nonna, i cui occhi continuavano a stare aperti, osservandoli dalla poltrona. Ferula li afferrò a turno Per la ciocca di capelli umidi che coronava loro la nuca, egli aiutò a uscire a Strattoni, con l'esperienza acquisita vedendo nascere vitelli e puledri alle tre marie. Prima che arrivasse il medico e la levatrice, nascose sotto il letto la testa di Nivea per evitare imbarazzanti spiegazioni. Quando questi arrivarono, ebbero ben poco da fare perché la madre riposava tranquilla e i bambini, minuscoli come settimini ma con tutte le parti integre in buono stato, Dormivano tra le braccia della loro estenuata zia.
La testa di Nivea divenne un problema perché non c'era un posto dove metterla per non continuare a vederla. E infine Ferula la sistemò in una cappelliera di cuoio volta in drappi. Discussero della possibilità di sotterrarla come Dio comanda, ma avrebbe comportato un carteggio interminabile, far sì che aprissero la tomba per includere quanto mancava e del resto. temevano lo scandalo se fosse divenuto di dominio pubblico il modo in cui clara l'aveva trovata dove i segugi avevano fallito e steban trueba timoroso del ridicolo come sempre lo era stato optò per una soluzione che non fornisse argomenti alle male lingue perché sapeva che lo strano comportamento di sua moglie era il cuore dei l'abilità di clara nel muovere oggetti senza toccarli e nell'indovinare l'impossibile era su tutte le bocche Qualcuno aveva rivangato la storia del mutismo di Clara durante la sua infanzia e l'accusa di padre Restrepo, quel santo uomo che la chiesa voleva trasformare nel primo beato del paese. I due anni alle tre Marie erano serviti a far tacere i mormorii e a far dimenticare alla gente, ma Trueba sapeva che sarebbe bastata un'inezia come la faccenda della testa della suocera perché le dicerie riprendessero.
Per questo e non per incuria, come si disse anni dopo. La capelliera fu riposta in cantina in attesa di un'occasione adatta per darle una sepoltura cristiana. Clara si riprese dal doppio parto con rapidità.
Affidò la cura dei bambini a sua cognata e alla nana, che dopo la morte dei suoi antichi padroni si era trasferita nella casa dei Trueba per continuare a servire lo stesso sangue, come diceva. Era nata per cullare i figli altrui, per usare gli indumenti di cui gli altri si disfacevano, per mangiare i loro avanzi. per vivere di sentimenti e tristezze prese a prestito, per invecchiare sotto il tetto d'altri e per morire un giorno nella sua stanzetta nell'ultimo cortile, in un letto che non era il suo ed essere sotterrata in una fossa comune del cimitero grande. Aveva quasi 70 anni ma si manteneva immutabile nelle sue premure, instancabile nelle sue faccende, inalterata dal tempo con l'agilità di mascherarsi da babau e di balzare su Clara negli angoli.
quando le veniva la mania del mutismo e della lavagnetta. Sempre abbastanza forte per combattere con i gemelli e abbastanza tenera per dar retta blanca, così come aveva fatto con sua madre e con sua nonna. Aveva preso l'abitudine di mormorare preghiere di continuo perché, quando si era resa conto che nessuno in casa era credente, si era assunta la responsabilità di pregare per i vivi della famiglia e quindi anche per i loro morti come un'aggiunta.
ai servizi che aveva prestato loro in vita. In vecchiaia finì per dimenticare a favore di chi pregava, ma conservò l'abitudine nella certezza che a qualcuno sarebbe servito. La devozione era l'unica cosa che spartiva con Ferula, in tutto il resto furono rivali. La sera di un venerdì bussarono alla porta della grande casa dell'angolo tre dame trasparenti dalle mani affusolate e dagli occhi di bruma. accongiate con capellini ornati di fiori passati di moda e cosparse di un intenso profumo di violette silvestri che penetrò in ogni stanza e lasciò la casa profumata di fiori per vari giorni.
Erano le tre sorelle Mora. Clara era nel giardino e sembrava che le avesse aspettate tutto il pomeriggio. Le ricevette con un bambino a ciascun seno e con Blanca che giocherellava i suoi piedi. Si guardarono, si ricordò però.
Si sorrisero. Fu l'inizio di un appassionato rapporto spirituale che durò tutta la vita e, se si sono averate le loro previsioni, continua nell'aldilà. Le tre sorelle Mora erano studiose di spiritismo e dei fenomeni soprannaturali.
Erano le uniche a possedere la prova irrefutabile secondo cui le anime possono materializzarsi grazie a una fotografia che le mostrava intorno a un tavolo e a un ectoplasma volante sopra le loro teste, rarefatti. e alato che qualche miscredente attribuiva una macchia nello sviluppo del ritratto e altri a un semplice inganno del fotografo. Erano venuti a sapere per vie misteriose note agli iniziati dell'esistenza di Clara. Si erano messe in contatto telepatico con lei e immediatamente avevano compreso che erano sorelle astrali. Mediante discrete indagini avevano individuato il suo indirizzo terreno Si erano presentate con le loro carte impregnate di fluidi benefici, alcuni giochi di figure geometriche e numeri cabalistici di loro invenzione per smascherare i falsi parapsicologi.
E un vassoio di dolcetti comuni e semplici in regalo per Clara. Divennero intimi amiche a partire da quel giorno. Fecero in modo da riunirsi tutti i venerdì per evocare gli spiriti e scambiarsi cabale e ricette di cucina. scoprirono il modo di inviarsi energia mentale dalla grande casa dell'angolo sino all'altro estremo della città dove abitavano le mora in un vecchio mulino che avevano trasformato nella loro straordinaria dimora e anche in senso contrario sicché potevano darsi un sostegno nelle circostanze difficili della vita quotidiana le mora conoscevano molta gente quasi tutti interessati a queste faccende che cominciarono ad arrivare alle riunioni del venerdì e apportarono le loro cognizioni e i loro fluidi magnetici esteban trueba li vedeva sfilare in casa sua e impose come uniche condizioni che rispettassero la sua biblioteca che non usassero i bambini per esperimenti psichici e che fossero discreti perché non desiderava un pubblico scandalo ferula disapprovava quest'attività di clara perché le sembravano contrarie alla religione e alle buone creanze osservava le sedute a prudente distanza senza partecipare ma sorvegliando con la coda dell'occhio mentre lavorava a maglia pronta a intervenire non appena clara esagerava in qualche trance aveva constatato che sua cognata usciva da certe sedute in cui fungeva da medium e cominciava a parlare in un linguaggio pagano con voce che non era la sua.
Anche la nana sorvegliava, col pretesto di servire tazzine di caffè, spazzando via gli spiriti con le sue sottovesti inamidate e il suo chiocciare di orazioni mormorate a denti stretti, ma non lo faceva per curarsi di Clara, bensì per controllare che nessuno rubasse i portacenere. Era inutile che Clara le spiegasse che i suoi visitatori non vi nutrivano il minimo interesse Innanzitutto perché nessuno fumava, perché la nana aveva accusato tutti, tranne le tre incantevoli mora, di essere una banda di ruffiani evangelici. La nana e Ferula si detestavano, si contendevano l'affetto dei bambini e litigavano per proteggere Clara nelle sue stravaganze e svanitezze nei cortili, nei corridoi, ma mai in presenza di Clara, perché erano entrambe d'accordo nell'evitarle quel fastidio. Ferula... Era giunta ad amare Clara con una passione gelosa che assomigliava più a quella di un marito esigente che a quella di una cognata.
Col tempo perse la prudenza e cominciò a lasciar trasparire la sua adorazione in molti dettagli che non sfuggivano a Esteban. Quando lui tornava dalla campagna, Ferula faceva in modo da convincerlo che Clara stava passando, quanto lei chiamava, uno dei suoi brutti momenti, affinché lui non dormisse nel suo letto e stesse in sua compagnia solo in poche occasioni. e per un tempo limitato inventava raccomandazioni del dottor cuevas che poi discusse con il medico si rivelavano false si interponeva in mille modi fra gli sposi e se non ci riusciva istigava i tre bambini a chiedere di andare a passeggio col padre di leggere con la madre che fossero vegliati perché avevano la febbre e che giocassero con loro poverini hanno bisogno del loro papà e della loro mamma passano tutto il giorno in compagnia di quella vecchia ignorante che mette loro in testa idee astrate e li fa diventare imbecilli con le sue superstizioni quello che bisogna fare con la nana è ricoverarla dicono che le serve di dio abbiano un asilo per lavoratrici vecchie che è una meraviglia le trattano come signore non devono lavorare il mangiare buono sarebbe la cosa più umana povera nana ormai non è più buona nulla diceva senza riuscire a individuare la causa esteban cominciò a sentirsi a disagio in casa propria Sentiva sua moglie sempre più lontana, più strana, inaccessibile. Non poteva raggiungerla né con regali, né con le sue timide manifestazioni di tenerezza, né con la passione sfrenata che lo attanagliava sempre in sua presenza. In tutto quel tempo il suo amore era aumentato, fino a diventare un'ossessione.
Voleva che Clara pensasse solo a lui, che non avesse altra vita, se non quella che poteva spartire con lui, che non possedesse nulla che non provenisse dalle sue mani, e che gli fosse. completamente dipendente. Ma la realtà era diversa.
Sembrava che Clara volasse in aeroplano come suo zio Marcos, distaccata dalla terraferma, cercando Dio in discipline tibetane, consultando spiriti con tavolini a tre gambe che davano colpetti due per il sì, tre per il no, decifrando messaggi dell'altro mondo che potevano indicarle persino lo stato delle piogge. Una volta annunciarono che c'era un tesoro nascosto sotto il caminetto e lei dapprima fece abbattere il muro ma non lo si trovò. Poi la scala e neppure. Subito dopo metà del salone principale e niente.
Infine venne fuori che lo spirito, confuso dalle modifiche architettoniche che aveva fatto in casa, aveva scordato che il nascondiglio dei dobloni d'oro non era nella dimora dei Trueba, bensì dall'altra parte della strada, nella casa degli Ugarte. i quali rifiutarono di demolire la sala da pranzo perché non avevano creduto al racconto del fantasma spagnolo. Clara non era capace di fare le trecce a blanca per andare a scuola, cosa di cui si occupavano Ferula o la Nana, ma aveva con la bambina uno stupendo rapporto basato sugli stessi principi che lei aveva avuto con Ivea. Si raccontavano storie, leggevano i libri magici dei bauli incantati, sfogliavano i ritratti di famiglia, si passavano gli aneddoti degli zia ai quali... scappano ventosità e dei ciechi che cadono come baccelli dai pioppi e andavano a guardare la cordigliera e a contare le nuvole.
Parlavano tra di loro in un linguaggio inventato che sopprimeva la t spagnola e la sostituiva con la n e la r con la l sicché finivano per parlare come il cinese della tintoria. Frattanto Jaime e Nicolas crescevano separati dal binomio femminile secondo il principio di quei tempi che bisogna farsi uomini. Le donne, al contrario, nascevano con la loro condizione geneticamente incorporata e non avevano bisogno di acquisirla con le metamorfosi della vita. I gemelli Si facevano forti e brutali nei giochi tipici della loro età, dapprima cacciando lucertole per mozzar loro la coda, topi per costringerli a far gare di corsa e farfalle per togliere la polvere dalle loro ali, e più tardi dandosi pugni e calci secondo le istruzioni proprie del cinese della tintoria, che era un anticipatore per la sua epoca e che era stato il primo a introdurre nel paese la conoscenza millenaria delle arti marziali.
Nessuno gli aveva dato retta quando aveva dimostrato che poteva spaccare mattoni con la mano e aveva voluto fondare una sua palestra, sicché si era messo a lavare la biancheria degli altri. Qualche anno dopo i gemelli avevano finito di farsi uomini, scappando dal collegio per rifugiarsi nel terreno dell'immondezzaio, dove scambiavano le posate d'argento della madre per qualche minuto d'amore proibito con un donnone immenso che poteva acullare entrambi sui suoi seni da vacca olandese. affogare entrambi nella polposa umidità delle sue ascelle, schiacciarli entrambi con le sue cosce da elefante e inalzarli entrambi alla gloria con la cavità buia, succosa e calda del suo sesso.
Ma questo accadde molto più tardi e Clara non lo venne mai a sapere, sicché non poteva notarlo sui suoi quaderni affinché io lo leggessi un giorno. Ne sono venuto a conoscenza per altre vie. A Clara non interessavano le faccende domestiche. Vagava.
per le stanze, senza stupirsi che tutto fosse in perfetto stato di ordine e di pulizia. Si seteva a tavola senza chiedersi chi preparava da mangiare o dove si comprava il cibo, non badava a chi la serviva, dimenticava i nomi dei domestici e talvolta perfino dei suoi stessi figli. Tuttavia, sembrava essere sempre presente come uno spirito benefico e allegro al cui passaggio si mettevano in moto gli orologi.
Si vestiva di bianco perché aveva deciso che era l'unico, Colore che non alterava la sua aura, con i vestiti semplici che le faceva ferula alla macchina per cucire, e che preferiva quelli pomposi con falpalai e pietre preziose che le regalava il marito, nell'intento di ostentarla e vederla alla moda. Esteban pativa crisi di disperazione perché lei lo trattava con la stessa simpatia con cui trattava tutti. Gli parlava con lo stesso tono fettuoso con cui accarezzava i gatti. Era incapace di rendersi conto se era stanco, triste, euforico o... o con voglia di fare l'amore.
In cambio gli indovinava, dal colore delle sue radiazioni, se stava tramando qualche bricconata e sapeva smontare un'arrabbiatura con un paio di frasi scherzose. Lo esasperava il fatto che Clara non sembrasse mai realmente contenta di niente, che non avesse mai bisogno di qualcosa che lui potesse darle. A letto era distratta e allegra come altrove, rilassata e semplice, ma assente. Sapeva di possedere un corpo per fare ogni sorta di ginnastica imparata sui libri che nascondeva in una sezione della biblioteca, ma anche i peccati più abominevoli di Clara sembravano ruzzi da neonato perché era impossibile spruzzarli col sale di un cattivo pensiero o col pepe della sottomissione. Furente qualche volta a Trueba era tornato ai suoi antichi peccati e aggrediva una robusta contadinotta tra l'erba.
durante le forzate separazioni quando Clara rimaneva con i bambini nella capitale e lui si doveva occupare della campagna, ma il fatto, lungi dal sollevarlo, gli lasciava un cattivo sapore in bocca e non gli procurava alcun piacere durevole, specialmente perché, se l'avesse raccontato a sua moglie, sapeva che si sarebbe scandalizzata per il maltrattamento fatto all'altra, ma assolutamente non per la sua infedeltà. La gelosia, come altri sentimenti esclusivamente umani, non incombeva su clara andò anche al lampioncino rosso due o tre volte ma smise di andarci perché non funzionava più bene con le prostitute e doveva ingoiare l'umiliazione con pretesti borbottati che aveva bevuto troppo vino che non aveva digerito il pranzo che da molti giorni era raffreddato non ritornò tuttavia a trovare transito sotto perché aveva il presentimento che lei custodisse dentro di sé il pericolo di un patto Sentiva un desiderio insoddisfatto che gli ribolliva nelle viscere, un fuoco impossibile da spegnere, una sete di clara che mai, nemmeno nelle notti più focose e protratte, riusciva a saziare. Si addormentava esausto, col cuore sul punto di scoppiargli in petto, ma anche nei sogni.
Era consapevole del fatto che sua moglie, addormentata a suo fianco, non era lì, ma in una dimensione sconosciuta che lui non avrebbe mai potuto raggiungere. Talvolta perdeva la pazienza e scuoteva. furioso clara le gridava le peggiori ingiurie e finiva per piangere nel suo grembo e per chiederle perdono della sua brutalità clara capiva ma non poteva porvi rimedio l'amore smisurato di esteban trueba per clara Fu senza dubbio il sentimento più potente della sua vita, ma anche più forte della rabbia e dell'orgoglio, e mezzo secolo dopo continuava a invocarla con lo stesso turbamento e la stessa urgenza. Nel suo letto di vecchio l'avrebbe chiamata, sino alla fine dei suoi giorni. Gli interventi di Ferula aggravarono lo stato di ansietà in cui si dibatteva Esteban.
Ogni ostacolo che sua sorella frapponeva tra lui e Clara lo faceva andare in bestia. Arrivò al punto da detestare i suoi stessi figli, perché assorbivano l'attenzione della madre. Si portò Clara in una seconda luna di miele negli stessi posti della prima, fuggivano in alberghi per il fine settimana, ma tutto era inutile. Si convinse che la colpa di tutto l'aveva Ferula, che aveva seminato in sua moglie il germe malefico che le impediva di amarlo e che in cambio rubava con carezze proibite quello che gli apparteneva come marito. Diventava livido quando sorprendeva Ferula.
fare il bagno a Clara, le toglieva la spugna dalle mani, la cacciava via con violenza e tirava fuori Clara dall'acqua praticamente raggomitolata, la scrollava, le proibiva di farsi fare il bagno di nuovo perché alla sua età quello era un vizio, e finiva per asciugarla lui, avvolgendola nel suo cappatoio, portandola nella sua camera con la sensazione di essere ridicolo. Se Ferula serviva a sua moglie una tazza di cioccolata, gliela strappava dalle mani col pretesto che la trattava come un'invalida, Se le dava un bacio della buonanotte, la spingeva da parte con una manata dicendo che non era bello sbaciucchiarsi. Se le sceglieva i pezzi migliori dal vassoio, si allontanava da tavola furibondo.
I due fratelli arrivarono ad essere rivali dichiarati, si squadravano con occhiate di odio, inventavano stratagemmi per svilirsi reciprocamente agli occhi di Clara. Si sviavano e si guardavano. Esteban non andò più in campagna e mise Pedro Garcia a capo di tutto.
comprese le vacche importate e smise di uscire con i suoi amici, di andare a giocare a golf, di lavorare per solvegliare giorno e notte i passi di sua sorella e piazzarlesi di fronte ogni volta che si avvicinava a Clara. L'atmosfera della casa divenne irrespirabile, densa e cupa e persino la nana girava come una spiritata. L'unica che rimaneva estranea a tutto quello che stava succedendo era Clara, che nella sua distrazione E'innocenza, non si rendeva conto di niente.
L'odio di Esteban e di Ferula impiegò molto tempo a esplodere. Cominciò come un malessere dissimulato e un desiderio di offendersi nei piccoli dettagli, ma andò crescendo finché non occupò tutta la casa. Quell'estate Esteban dovette andare alle Tre Marie perché proprio nel momento della raccolta Pedro García era caduto da cavallo e si era ritrovato con la testa rotta all'ospedale delle Monache.
Non appena il suo amministratore si fu rimesso, Esteban tornò alla capitale senza avvisare. Sul treno aveva un presentimento atroce, con un desiderio inconfessato che accadesse qualche dramma, senza sapere che il dramma era cominciato quando lui l'aveva desiderato. Arrivò in città verso sera, ma se ne andò direttamente al club dove giocò qualche partita briscola e cenò, senza riuscire a calmare la sua inquietudine e la sua impazienza. sebbene non sapesse cosa stesse aspettandosi durante la cena ci fu un leggero terremoto i lampadari a gocce dondolarono col solito suono di campanellini di cristallo ma nessuno levò il capo tutti continuarono a mangiare e i musicanti a suonare senza perdere una nota tranne e stevan trueba che sobbalzò come se quello fosse stato un avvertimento e finì di mangiare in fretta chiese il conto e uscì ferula che in genere teneva i nervi sotto controllo Non era mai riuscita ad abituarsi ai terremoti.
Era riuscita a perdere la paura dei fantasmi che Clara evocava, dei topi in campagna, ma i terremoti la scotevano fin dentro le ossa e molto tempo dopo che erano passati continuava a esserne stravolta. Quella sera non era ancora andata a dormire ed era corsa nella stanza di Clara che aveva bevuto il suo infuso di tilio e stava dormendo placidamente. cercando un po di compagnia di calore si sdraiò accanto a lei facendo in modo da non svegliarle mormorando preghiere silenziose affinché la cosa non degenerasse in un vero terremoto lì la trovò e steban trueva entrò in casa cauto come un bandito s'è lì in camera di clara senza accendere le luci e comparve come una tromba d'aria davanti alle due donne assopite che lo credevano alle tre marie si avventò sulla sorella con la stessa rabbia con cui l'avrebbe fatto Se fosse stato il seduttore di sua moglie e la tirò fuori del letto a strattoni, la trascinò per il corridoio, la fece scendere a spintoni dalla scala e la spinse a viva forza nella biblioteca, mentre Clara dalla porta della sua stanza gridava. senza capire cos'era successo. Da solo con Ferola e Steban scaricò la sua furia di marito insoddisfatto e urlò a sua sorella quello che mai avrebbe dovuto dirle.
Da lesbica fino a meretrice, accusandola di pervertire sua moglie, di deviarla con carezze da zitella, di farla tornare lunatica, distratta, muta e spiritista con arti da virago, di farsela con lei durante le sue assenze, di macchiare persino il nome dei figli, l'onore della casa e la memoria della loro santa madre. che ormai era stufo di tanta malvagità e che la cacciava di casa, che se ne andasse immediatamente, che non voleva rivederla mai più e le proibiva di avvicinarsi a sua moglie e ai suoi figli, che non le sarebbe mancato il denaro per sopravvivere decentemente finché lui fosse stato vivo, così come aveva promesso una volta, ma che se la rivedeva ronzare intorno alla sua famiglia l'avrebbe ammazzata, che se lo mettesse bene in testa, ti giuro sulla testa di nostra madre che ti ammazzo! Ti maledico Esteban! Gli gridò Ferula. Sarai sempre solo!
Ti si rattrappirà l'anima e il corpo e morirai come un cane! E uscì per sempre dalla grande casa dell'angolo, in camicia da notte, senza portarsi niente appresso. Il giorno dopo Esteban Trueba andò da padre Antonio e gli raccontò quanto era successo senza entrare nei particolari.
Il sacerdote lo ascoltò tranquillamente, con lo sguardo impassibile di chi aveva già udito il racconto. «Che vuoi da me, figliolo? » chiese quando Esteban ebbe finito di parlare.
«Che faccia per venire tutti i mesi a mia sorella una busta che io le darò. Non voglio che si ritrovi in ristrettezze economiche e sia chiaro che non lo faccio per affetto, ma per mantenere una promessa». Padre Antonio prese la prima busta con un sospiro e abbozzò il gesto di dare una benedizione, ma Esteban si era già girato a metà e stava uscendo.
Non diede alcuna spiegazione a Clara di quello che era successo tra lui e sua sorella. Le annunciò che l'aveva cacciata di casa, che le proibiva di nominarla in sua presenza e le suggerì che se aveva un po'di decenza non avrebbe dovuto nominarla neppure alle sue spalle. Fece portare via i suoi indumenti e tutti gli oggetti che avrebbero potuto ricordarla e si convinse che era morta. Clara capì che era inutile fargli domande.
Se ne andò nella stanza da cucito a cercare il suo pendolo che le serviva. per mettersi in comunicazione con i fantasmi e che usava come strumento di concentrazione stese a terra una mappa della città e tenne sospeso il pendolo a mezzo metro e sperò che le oscillazioni le indicassero l'indirizzo di sua cognata ma dopo aver fatto molte prove per tutto il pomeriggio si rese conto che il sistema non avrebbe funzionato se ferula non aveva un domicilio fisso di fronte all'inefficacia del pendolo per localizzarla andò in giro con un'auto Sperando che il suo istinto la guidasse, ma nemmeno questo diede un risultato, consultò il tavolino a tre gambe, senza che alcuno spirito guida apparisse per condurla da ferula attraverso i meandri della città. La chiamò col pensiero e non ottenne risposta, e neppure i tarocchi la illuminarono.
Allora decise di ricorrere ai metodi tradizionali e cominciò a cercarla tra le amiche, interrogò i bottegai e tutti quelli che avevano qualcosa a che fare con lei, ma nessuno. L'aveva più vista. Le sue ricerche la portarono infine da padre Antonio. «Non la cerchi più, signora», disse il sacerdote.
«Non vuole vederla». Clara comprese che era quella la causa per cui non aveva funzionato alcuno dei suoi infallibili sistemi di divinazione. Le sorelle Mor avevano ragione, si disse.
«Non si può trovare chi non vuole essere trovato».