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Platone: Vita, Opere e Filosofia

Platone nasce fra il 428 e il 490 Cristo ad Atene in una famiglia aristocratica. Durante la gioventù entra nella cerchia degli allievi di Socrate e dopo la morte del suo maestro nel 392 avanti Cristo, inizia una serie di viaggi fra l'Oriente e la Magna Grecia. In Sicilia prova a diffondere le sue idee politiche mentre è in contrasto con il tiranno di Siracusa Dioniso e forse è proprio per questo motivo viene reso schiavo. Riscattato e liberato da un suo amico, Platone torna ad Atene dove nel 387 a.C. fonda l'Accademia, ovvero la sua scuola filosofica, che si configura come una comunità in cui si vive e si pratica filosofia in maniera collettiva. Negli anni successivi torna due volte a Siracusa, dove tenta di convertire alle sue idee politiche il nuovo tiranno della città, Dioniso il Giovane. I suoi tentativi però falliscono e Platone torna in pianta stabile a vivere i suoi ultimi anni ad Atene dove muore nel 348 a.C. Platone scrive la gran parte delle sue opere sotto forma di dialogo. La critica filologica ha suddiviso i suoi dialoghi in tre periodi corrispondenti a tre fasi diverse della vita del filosofo, gioventù, maturità e vecchiaia. I dialoghi del periodo giovanile sono anche detti socratici, in quanto più legati alla difesa della figura storica del maestro di Platone. Fra queste opere vi sono infatti l'Apologia di Socrate, che narra le vicende del processo, il Fritone, che racconta il tentativo di fuga predisposto per liberare Socrate dal carcere, e il Menone, che mette a confronto Socrate con il sofista Menone intorno al tema della virtù e della sua conoscibilità. Nei dialoghi della maturità, Platone definisce invece i punti focali del suo sistema filosofico. Fra le opere principali di questo periodo abbiamo il Fedone, sul tema dell'immortalità dell'anima e sulla dottrina dell'anima. le idee, il Fedro sul tema dell'anima e dell'eros come chiave per la conoscenza delle idee, il Simposio sul tema dell'amore e della sua connessione con la conoscenza e la Repubblica, opera politica in cui viene sviluppata la teoria dello stato ideale. Nei dialoghi della vecchiaia Platone torna a riflettere sui temi già affrontati problematizzandoli e rileggendoli sotto nuove prospettive. Fra le opere principali di questa fase abbiamo il teorema di un'epoca in cui il Teto, dove viene teorizzata la maieutica Socrata, il Timeo, dove viene presentata la creazione del mondo naturale, il Parmenide, dove viene problematizzata la dottrina delle idee attraverso l'introduzione del concetto dei generi sommi, e le leggi, in cui viene ripensata la dottrina politica e introdotto il tema del valore della legge scritta. Nei suoi dialoghi, Platone ricorre spesso alla creazione di miti. Attraverso questi racconti, Platone si propone di spiegare le sue teorie filosofiche in maniera metaforica per facilitarne la comprensione. Tra i miti principali della sua produzione vi sono il mito della caverna nel dialogo La Repubblica, dove viene esposta la teoria della conoscenza delle idee, il mito della biga alata nel Fedro, con cui viene esposta la dottrina della tripartizione dell'anima, Il mito della nascita di Eros nel simposio, con cui viene posto il tema del desiderio alla base della conoscenza e dell'amore, e il mito del demiurgo nel Timeo, con cui viene spiegato come il mondo naturale venga plasmato a partire dalle idee. Il problema da cui parte la riflessione filosofica di Platone si può sintetizzare in una domanda, ovvero come si raggiunge la virtù. Il suo maestro, Socrate, aveva spiegato che la virtù è l'atteggiamento del sapiente. Il sapiente è colui che sa di non sapere e per questo mostra volontà di conoscere. Platone riprende questo tema e spiega che il sapiente è il filosofo, ovvero colui che è mosso dalla sede di conoscenza. Il filosofo è infatti colui che è a metà strada fra gli dèi che sanno già tutto e che quindi non sono interessati alla ricerca della conoscenza e gli ignoranti che pensano di sapere già tutto e quindi non cercano di conoscere. Rimane però aperto un problema, ovvero, se la ricerca della conoscenza è la virtù, qual è l'oggetto effettivo del conoscere? A cosa porta questa ricerca della conoscenza? In Socrate questo problema rimane aperto perché non si arriva mai a dare delle definizioni ultime e definitive. Per Platone si può invece arrivare ad una conoscenza ultima, che sia in grado di produrre una morale valida universalmente. Intorno a questo tema, Platone sviluppa il suo sistema filosofico che poggia su tre temi fondamentali strettamente connessi fra di loro. Il mondo delle idee, la connessione fra anima e conoscenza e la teoria politica. Andiamo a vederli uno alla volta. La teoria delle idee è il perno centrale del pensiero di Platone. Questa dottrina ruota intorno a una distinzione fra il mondo sensibile, ovvero il mondo naturale, in cui noi conosciamo le cose attraverso una percezione che nasce dai sensi, e il mondo delle idee, che invece è un mondo intellegibile, ovvero in cui la conoscenza non avviene tramite sensi, ma tramite intelletto. Per capire la differenza basta un esempio molto semplice. Pensiamo ad una serie di alberi che possiamo vedere per strada e che quindi conosciamo con i sensi. Questi alberi sono diversi fra di loro, ovvero sono singoli oggetti uno differente dall'altro, per quanto magari simili possano sembrare. Eppure li identifichiamo sempre con un termine generico, albero. Questo accade perché noi possediamo un'idea astratta, ovvero il concetto di albero. Da un lato abbiamo quindi il mondo sensibile in cui ci appaiono tanti enti che vengono percepiti. Questi enti sono molteplici, mutevoli in quanto cambiano nel tempo e imperfetti in quanto ognuno di essi è solo una rappresentazione particolare di un concetto universale che è l'idea. Dall'altro lato abbiamo invece il mondo intellegibile delle idee. Queste sono definibili come enti. immateriali, perché appunto sono astratte, ed eterni, perché non cambiano mai e la loro esistenza è valida a prescindere dalle diverse circostanze del mondo naturale. Queste idee vengono collocate da Platone in un luogo che chiama iperuragno, ovvero ciò che è oltre il cielo. Platone vuole dunque dirci che queste idee sono al di là del mondo fisico, la loro validità è universale e non è soggetta. al mutamento delle cose. Queste idee sono ovviamente molte, basti pensare a tutte le idee universali estratte che possediamo e secondo Platone sono classificabili in tre grandi categorie. Le idee delle cose del mondo, come gli animali, le piante, gli oggetti e via dicendo. Le idee matematiche, ovvero le figure geometriche, i concetti matematici eccetera. E le idee valore, concetti come l'amore, la giustizia, l'amicizia e così via. Queste idee sono le più importanti nel sistema di classificazione platonico, in quanto vuol dire che valori morali che solitamente vengono ritenuti soggettivi, secondo Platone, possono invece essere definiti in maniera universale. Al vertice delle idee di valore vi è l'idea principale, ovvero l'idea di bene. Per bene, Platone intende la perfezione dell'ordine delle cose, quindi la verità nel suo senso più assoluto. In quanto tale, l'idea di bene è ciò che dunque rende conoscibili tutte le idee. In questo senso, l'idea di bene dà unità alla molteplicità delle idee, nel senso che tutte le idee tendono al bene. Per mettere un primo punto alla questione del mondo delle idee, dobbiamo porci un altro problema, ovvero che il rapporto esiste fra le idee e le cose del mondo sensibile. Platone risponde che esiste un rapporto fondato su tre concetti imitazione, partecipazione e presenza. Imitazione vuol dire che le cose del mondo cercano di imitare il modello perfetto delle idee così come un pittore che dipinge un ritratto cerca di imitare una figura umana. Partecipazione vuol dire che le cose sensibili prendono parte all'esistenza di una certa idea. Ad esempio, un cerchio prende parte all'idea di circonferenza ovvero è una sua espressione. Presenza infine vuol dire che la realtà delle cose del mondo sensibile rende manifesta nella natura la presenza delle idee cioè la concretizza. Posta la teoria delle idee a fondamento del suo sistema filosofico, Platone si pone un problema centrale a questo punto, ovvero come si giunge alla conoscenza delle idee. Per risolvere la questione, Platone introduce il tema dell'anima. Per capire il suo ragionamento dobbiamo partire da un presupposto. La conoscenza delle idee, secondo Platone, è innata, ovvero ci appartiene sin dalla nascita. Platone arriva a questa teoria sostenendo che 1. Non è possibile cercare di conoscere ciò che già sappiamo, perché appunto già possediamo la sua conoscenza. Due, non è possibile cercare di conoscere qualcosa di completamente nuovo, perché in quel caso non ci porremmo il tema della sua esistenza e dunque della sua conoscibilità. La conclusione di questo ragionamento è che quando conosciamo non partiamo completamente da zero, già possediamo una forma di conoscenza. La conseguenza di questa conclusione è che conoscere in realtà è ricordare, ovvero svelare qualcosa che già possediamo ma non ricordiamo. Platone chiama questo processo reminescenza. Ovviamente a questo punto si pone un problema fondamentale, ovvero come facciamo a conoscere le idee sin dalla nascita e poterle poi ricordare in vita? La soluzione per Platone è che l'anima e il corpo sono separati. L'anima è precedente al corpo e conosce le idee. Quando si incarna in un corpo, secondo Platone, è come se dimenticasse la sua conoscenza ma può poi ricordare ovvero attivare il processo della reminescenza. Posso dunque che 1. la conoscenza è nata, 2. la conoscenza appartiene all'anima e 3. conoscere vuol dire ricordare, si apre un altro tema ovvero come è possibile attivare effettivamente il ricordo. e quindi elevarsi dal mondo sensibile al mondo intellegibile delle idee. Qui occorre distinguere due fasi di sviluppo del pensiero platonico. In una prima fase, Platone riprende l'impostazione pedagorica della purificazione dell'anima. Il corpo, infatti, tende ad ancorarci al mondo sensibile attraverso bisogni e desideri, mentre l'anima deve sapere controllare questi istinti e queste passioni per elevarsi e dedicarsi alla conoscenza. e per farlo occorre purificare l'anima dai bisogni materiali del corpo. In una seconda fase Platone introduce due temi fra di loro connessi, la tripartizione dell'anima e l'amore per le dee. Questi temi sono presentati nel dialogo Il Fedro a partire dal mito della biga alata. In questo mito l'anima è rappresentata metaforicamente da una biga alata. Questa si muove nell'iperuragno e quindi conosce le dee. La biga è guidata da una riga che deve tenere in equilibrio due cavalli che vanno in direzioni opposte, un cavallo nero che spinge la biga in basso e un cavallo bianco che la spinge in alto. Quando l'auriga non riesce a tenere i cavalli in equilibrio, la biga precipita a terra. Quello che Platone ci vuole dire attraverso questo mito è che 1. l'anima è composta da tre parti rappresentate dall'auriga e dai due cavalli. 2. il cavallo bianco è la parte passionale della nostra anima, la parte che ci spinge. spinge a combattere per valori come la giustizia. Il cavallo nero invece è la parte concupiscibile, ovvero la parte che desidera le cose terrene, spinta dunque dai bisogni più materiali. L'auriga infine è la parte razionale dell'anima che deve controllare istinti, passioni e desideri. 3. La graduta terra della biga rappresenta l'incarnazione in un corpo. 4. Tanto è più potente in noi la parte razionale dell'anima, tanto più la nostra anima. conosciuto il mondo delle idee e quindi tanto più è spinta a ricordare. Sempre nel Fedro Platone connette la conoscenza delle idee all'amore perché la prima spinta a ricercare di ricordare le idee è il bello che ci mette in contatto diretto con l'idea di bellezza e attraverso di essa col mondo delle idee. Questo legame fra amore, bellezza e verità è approfondito ulteriormente nel dialogo il simposio in cui viene presentato il mito della nascita del dio Eros. Secondo questo mito platonico, Eros è figlio di Penia e Poros. Penia rappresenta la povertà, questo vuol dire che trasmette al figlio il bisogno che nasce dalla mancanza. Poros rappresenta invece l'espediente, quindi la capacità di procurarsi ciò di cui abbiamo bisogno. Mettendo insieme le due cose, Platone ci vuole dire che l'amore è il desiderio di ciò che ci manca, è il tentativo di appropriarcene. La forma più elevata d'amore è quella per la conoscenza delle idee. il che è il bene che più ci manca. La conclusione di Platone è che il sapiente è dunque il filosofo, ovvero colui la cui anima è dominata dalla parte razionale e che dunque più ama la conoscenza. Teoria delle idee e teorie dell'anima si connettono in Platone con una riflessione politica. Cerchiamo di capire perché. Siamo partiti dal problema della virtù, ovvero la possibilità di realizzare il bene. Secondo Platone, la virtù non si realizza individualmente, in quanto nessun uomo è autosufficiente, ma solo in una dimensione collettiva. In questo senso, la virtù si realizza solo in uno stato o in una polis, nell'ottica platonica, che opera in maniera giusta. Per giustizia si intende la realizzazione del bene. Così come il bene è unificare il molteplice, la città ha il compito di rendere la molteplicità delle persone un unico stato. Per farlo è necessario agire secondo giustizia, ovvero trovare la giusta armonia fra le singole parti. In maniera più concreta, quello che ci vuol dire Platone è che una città è giusta quando i compiti che servono a far funzionare la comunità vengono svolti. da chi è più adeguato. Platone individua tre funzioni principali in una città, la produzione di beni, la difesa e il governo. Questo vuol dire che dentro una città ci devono essere tre figure, i produttori, i guerrieri e i governanti. Qui l'idea politica si connette ai temi dell'anima e delle idee. Le tre funzioni individuate da Platone devono essere infatti svolte da chi ha la migliore predisposizione naturale. Seguendo la teoria della tripartizione dell'anima, Platone sostiene che i produttori sono coloro in cui domina la parte concupiscibile dell'anima in quanto sono guidati dai bisogni materiali e dall'egoismo. I guerrieri sono coloro in cui domina la parte passionale dell'anima perché devono mettere il proprio coraggio a disposizione della città. I governanti sono coloro in cui domina la parte razionale in quanto sono coloro che conoscono le idee e quindi possono realizzare la giustizia governando con sapienza. In pratica, Platone disegna uno stato ideale in cui la città è governata dai filosofi, i quali devono controllare gli egoismi dei produttori e il coraggio dei guerrieri, così come l'anima razionale deve controllare le altre due parti dell'anima. In questo stato, solo i produttori possiedono delle proprietà private, in quanto sono necessari a realizzare i beni di cui tutti hanno bisogno, mentre guerrieri e filosofi non possiedono né proprietà. né famiglie, altrimenti verrebbero distolti dal loro compito per gli egoismi privati. Le virtù che queste tre classi devono coltivare sono la temperanza per i produttori, ovvero sviluppare la forza d'animo di non avere un ruolo politico o un potere decisionale, il coraggio per i guerrieri, ovvero mettere la propria aggressività a difesa della città e non dell'egoismo privato. e la saggezza per i filosofi, che devono coltivare la conoscenza. In questa città ideale, secondo Platone, si realizza la felicità individuale. Ognuno rinuncia a qualcosa in vista di un bene superiore, di una comunità che opera in maniera giusta. La felicità individuale è dunque strettamente connessa alla felicità collettiva. Per realizzare questa città, secondo Platone, è essenziale la funzione dell'educazione. Sì, dall'infanzia... Occorre individuare le attitudini innate dei singoli ed educarli per sviluppare le qualità necessarie per svolgere il proprio compito nella città. Una parte della Repubblica, l'opera che tratta questa teoria politica, è infatti dedicata all'educazione in particolare di filosofi e guerrieri, riprendendo di nuovo il tema della predisposizione naturale che segue la tripartizione dell'anima. Questo modello di Stato viene presentato da Platone come l'unico in grado di produrre la piena giustizia. Rispetto a questo il filosofo presenta le possibili degenerazioni, comparando la città ideale ad altri modelli di Stato. Questi sono la timocrazia, ovvero quella forma di governo fondata sul senso dell'onore, in cui quindi i governanti sono i più coraggiosi, ovvero i guerrieri, e non i sapienti. L'oligarchia, una forma di governo in cui Il potere è attribuito ad una élite aristocratica sulla base dell'arreddito, non della virtù. La democrazia, ovvero il governo di tutti i cittadini, quindi quello in cui le decisioni vengono assunte dalle masse che sono guidate dagli istinti e non dalla ragione. E infine la tirannide, il governo di uno solo che prende le decisioni in base al suo interesse privato. Questo governo è in assoluto il peggiore, perché è quello che meno persegue la felicità collettiva. Per concludere il discorso politico di Platone, dobbiamo segnalare che anche in quest'ambito del suo pensiero vi è una evoluzione. In un'opera della vecchiaia, Le Leggi, Platone presenta un modello di città più realizzabile del governo dei filosofi, considerato troppo utopico. In quest'opera, Platone presenta una città dal nome Magnesia, in cui, rispetto a quanto descritto nella Repubblica, i filosofi hanno il compito di scrivere leggi fondamentali della città, non di governarla. Non esiste più una rigida ripartizione fra classi, tutti partecipano a tutte le attività produttive e politiche, viene quindi reintrodotta la proprietà privata per tutti. L'educazione politica non è più riservata solo ai filosofi, tutti devono possedere un'educazione pratica, fisica e teorica. Il cuore di quest'ultimo scritto platonico è che se nella realtà nessuno accetterebbe di vivere in una città in cui tutto il potere è nelle mani dei filosofi, questi hanno però il compito di scrivere quelle leggi. che assicurino la convivenza civile dentro uno Stato. In conclusione, da quanto visto finora, possiamo sostenere che quello platonico è un sistema filosofico dualistico, verticale e metafisico. Vediamo cosa significa. Dualistico significa che esistono due gradi della conoscenza. Da un lato le verità relative, che nascono dall'esperienza, dall'altro le verità assolute, che nascono dalla conoscenza delle idee. La conoscenza, che deriva dall'esperienza, è in sé imperfetta, ma è tanto più adeguata. quanto più quell'esperienza particolare ci avvicina all'idea assoluta. Verticale significa che idee e cose sensibili hanno gradi di validità diversi. In cima a questo sistema vi sono le idee che rappresentano l'essere. Platone definisce la conoscenza delle idee episteme, ovvero una conoscenza che trova su di sé il pieno fondamento. Alla conoscenza delle idee, che a questo punto possiamo definire conoscenza epistemologica dell'essere, si giunge tramite il logos, cioè la ragione. A un livello più basso vi è la natura, che rappresenta il mutevole, la cui conoscenza è imperfetta in quanto deriva dalla doxa, ovvero dall'opinione. Metafisico significa infine che questo sistema presuppone l'esistenza di qualcosa al di là dell'esperienza della natura. Le idee, infatti, sono le stesse che ci sono in un'altra natura. sono enti metafisici, cioè esistono al di là della natura, ovvero al di là del mondo fisico. Tutti questi aspetti sono riassunti nel più celebre mito platonico, quello della caverna, narrato nella Repubblica. La caverna, con il suo buio, rappresenta il mondo che conosciamo attraverso i sensi, che produce dunque una conoscenza limitata. L'uscita dalla caverna porta al mondo esterno, il mondo illuminato, che rappresenta la vera conoscenza delle idee. A illuminare il mondo è il sole, che nella metafora del mito rappresenta il bene, ovvero l'idea che rende possibile conoscere tutte le idee. Uscire dalla caverna è presentato da Platone come un percorso faticoso, in quanto vuol dire lasciare la strada della conoscenza, che nasce dai sensi, e abituarsi a ragionare su un piano più elevato. A compiere questo percorso è il filosofo, colui che si libera dalle catene che lo tengono inchiodato dentro la caverna. Il problema per il filosofo è che il suo compito è quello di tornare dentro la caverna ed educare gli altri alla conoscenza delle idee, svolgere così la sua funzione politica. Ma il ritorno è pericoloso, in quanto chi non è spinto alla ricerca della conoscenza si rifiuterebbe di seguire lo stesso percorso di ascesa verso le idee. Il rischio è quello corso da Socrate, che per portare la conoscenza produce l'ostilità dei suoi concittadini e viene condannato a morte. SIGLA