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Il Relativismo di Protagora

Chiuso questa premessa di cui mi scuso e che evidentemente è dipendente e tutte le cose sono relative al fatto che io sono un vecchio professore. Allora, la domanda, dove ci informiamo? Come facciamo per capire che significa... relativismo? Beh, un professore di filosofia dovrebbe saperlo in maniera molto semplice. Le cose autentiche sono quelle prime, che vengono prime nell'ordine, possono essere antiche o ben antiche, non è questo il punto, ma certo quelle da cui tutto si è... mosso, e allora è molto semplice il relativismo, noi lo comprendiamo se comprendiamo Protagora. Molto semplice, cosa deve dire un professore? Ragazzi, studiamo Protagora. Ma studiare Protagora naturalmente non vuol dire studiare le due paginette del manuale, vuol dire andare un po'più a fondo. E io stamattina con voi cerco di andare un po'più a fondo per come posso, perché sicuramente non ci sarebbe nella nostra cultura la 2500. cento anni la questione del relativismo se non ci fosse stato protagore che vuol dire tutta una cultura, i sofisti, tutto quello che volete, ma stiamo a protagore. Come lavoriamo su protagore? Ecco, anzitutto qui di nuovo diffidando dei nostri manuali, utilizzandoli naturalmente sono preziosi ma anche sapendo che ogni manuale legge con una sua ottica e le ottiche vanno conosciute. Ci dobbiamo liberare dall'idea che ci sia un'unica ottica evidentemente, no? Come accade nella cultura vera, non si può schiacciare un bottone e sapere cosa ha detto Protagora. Perché cosa ha detto Protagora se lo chiederanno ancora fra mille anni. E sarà diverso quello che diranno fra mille anni rispetto a quello che diremo noi oggi. E questo è interessante, no? Cioè quello che è accaduto deve ancora accadere, quello che è accaduto ci ha così formato. trasformati, modificati, che ogni volta abbiamo dovuto ricominciare da capo e dire allora forse voleva dire questo, o poteva dire questo, o avremmo dovuto leggerlo così. E questa è la grandezza dello studio, che non è la passiva ricezione del già detto, del già scontato, è la continua rimessa in questione in una libertà di ricerca. Questo è un luogo di ricerca, anche se è un luogo pedagogicamente innanzitutto didattico. ma nella didattica non si può non fare ricerca, il professore non può non sentirsi responsabile, profondamente responsabile del proporvi una certa lettura degli autori che fa, perché non è affatto scontata, perché è sicuramente piena di problemi, come è giusto che sia, e questo dovrebbe trasmettere, dire ma io leggo così, però ragazzi c'è anche chi legge cos'ha e chissà come si leggerà dopo di noi, perché intanto si fa un cammino, si fa un cammino. Forse si può augurarsi che la questione del relativismo finalmente esca dalle secche di una contrapposizione secca tra due posizioni che io prima definivo insostenibili, sostanzialmente. Ma allora cosa sosteneva questo benedetto pro-dama? Tutti ricordano il motto di partenza, l'uomo in misura di tutte le cose. Molti si fermano lì, no? L'uomo in misura di tutte le cose. Vedete, c'è in questa frasetta che traduce... traduce il greco e già tradurre il greco vuol dire assumersi delle responsabilità, cioè dare già un'interpretazione perché il greco antico non è una lingua che si traduce così, come se noi traducessimo il francese di Sartre, più o meno. insomma è una lingua che capiamo tutti no, qui ogni traduzione è un'interpretazione l'uomo è misura di tutte le cose ha già due problemi questa semplice tre parole l'uomo Tutti gli uomini o ogni singolo uomo? Questa è una delle questioni che è stata dibattuta nei secoli. Cosa voleva dire Protagoras? Vede, i greci avevano poca carta, anzi non ce l'avevano proprio, e quindi scrivevano molto sinteticamente. sto ovviamente scherzando, quindi noi abbiamo di loro delle proposizioni, di Protagora noi abbiamo due proposizioni, punto e accatto, uno ci può stare una vita sopra quelle due proposizioni, più che le studia più che gli esplodono nelle mani, i greci sapevano scrivere evidentemente, e allora tutti gli uomini, ogni uomo è con problema, ma poi c'è il problema più grosso, misura. e misura, il termine greco è metron però noi leggiamo metron, ecco una cosa che va detta, no? perché non so quanti manuali dicano ma che in generale un professore dovrebbe sapere è questa lettura di metron inteso come criterion e la lettura che ne ha dato Sesto Empirico, prezioso perché ovviamente come sappiamo di questi autori noi abbiamo soltanto dei frammenti che sono citazioni che nel tempo si sono conservate se no noi non sapremo cosa dicono, non abbiamo i libri, diciamo così, per dire una cosa enorme perché i libri non ce ne erano allora, quindi non abbiamo i papiri, se vogliamo dire così abbiamo le citazioni in altri papiri che si sono conservati o in altri libri dell'antica antichità, se sta in filico dice Metron, cioè Criterion. Sì, ma lui scrive molti secoli dopo che è vissuto Protagora, oltretutto non ha una mentalità storica come la nostra, e ragiona a modo suo, da scettico. Il suo problema è il soggetto e l'oggetto e la conoscenza. Ma non era questo il problema di Protagora, non era assolutamente questo, come vedremo. E allora chi legge Metron come Criterion, allora è correlativismo. L'uomo misura di tutte le cose, quindi le misura lui e quindi sono relative all'uomo e con il relativismo di qualunque cosa l'uomo dica. Ma lui non intendeva questo. Letron bisogna leggerlo per quello che effettivamente è nel suo lessico, nel lessico del suo tempo e addirittura a partire da Romero. Letron significa, è difficile esprimere queste cose, è un punto di realizzazione. Grazie. luogo nel quale si compie una cosa, questo è il metro, là dove le cose vengono all'essere. Allora voi capite, uno si è assolutamente intuito, capite che spostamento, il protagonista non sta dicendo che quando noi conosciamo la torre, come dicevano gli scettici, è tutto relativo perché tu la vedete qua, io la vedo di là, uno la vede da lontano, l'altro la vede da vicino, ma allora com'è la torre? È quadrata o rotonda? Perché da lontano sembra rotonda, poi si sta vicino e percorre. che no, non è rotonda e quadrata ma non c'è una visione della torre senza la visione la visione è inevitabilmente relativa è un punto di vista questi sono tutti problemi di sesto empirico non sono problemi di protagola protagola sta dicendo le cose appaiono lasciatemi usare un'espressione un po'arcaica ma che è buona in italiano a fior dell'umano questo vuol dire le cose appaiono grazie nella loro realizzazione piena nel luogo dell'umano l'uomo, l'essere umano è il luogo di manifestazione delle cose non il luogo di misura non quello che dice se è vera o non è vera No, quando parliamo delle cose, esse si manifestano nell'orizzonte dell'umano e non altrove che lì, nell'orizzonte, è una proposizione tutt'altra che relativa. Dice con forza, qualunque cosa che si possa fare, tu dica, è nell'orizzonte della vita guana che si manifesta, nell'orizzonte della sua attività e della sua passività. E dove la leggo l'attività e la passività? In un'altra parola che è stata spesso fai intesa, io nella traduzione corrente dico l'uomo è misura di tutte le cose, cose che lo pensa appunto la torre degli scettici, no no, andate a vedere il greco, il greco dice cremata. Cremata non sono le cose, cremata sono i beni, i valori, le cose che noi possediamo, ciò che facciamo e ciò che subiamo, cioè l'ambito della vita, della vita comune, della vita che... noi tutti i giorni siamo necessitati a vivere, cremata è la mia casa, cremata è anche il prendermi cura della mia casa, guarda bisogna rifare il tetto, cremata sono le azioni che io posso fare, ma anche le passioni che io posso fare, ma anche le passioni che io posso passioni, cioè ciò che posso subire. Cremata è l'ambito, il dominio delle cose umane tutte intere. Allora l'uomo è il luogo di manifestazione delle cose umane tutte intere, questo sta dicendo Protagora. Niente di relativo, anzi di assolutissimo. Tutto quello che ci concerne nell'agire, nel patire, nel possedere, nel perdere, cremata. Cremata sono gli averi, appunto, no? La traduzione più diretta sarebbe gli averi, quello che abbiamo, ma abbiamo anche le nostre perdite, no? Ecco, l'uomo è il luogo in cui si manifesta questo, l'agire e il patire di tutti gli esseri umani. E poi c'è la seconda parte della frase. misure di tutte le cose, traduciamo noi secondo una tradizione molto formalizzante di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono, che a molti giovani giustamente sembra qualche cosa di la parisiano e chissà perché ci ha aggiunto questa roba qui, visto che c'aveva poca carta. Ma perché traduciamo male? Perché traduciamo male? Perché se traduciamo correttamente, come il greco dice, e non come hanno detto i giovani, tradotto dal sesto empatico in poi quello che lui sta dicendo è l'uomo è il luogo di manifestazione del suo vivere cioè del suo agire patire perdere avere delle cose che si manifestano perché si manifestano e delle cose che non gli si manifestano perché non gli si manifestano Questa lettura trova conforto nella seconda proposizione di Protagora che noi possediamo, come ho detto, possediamo solo queste due. Allora vi rileggo come l'ho tradotta io. L'uomo è il termine di manifestazione... il termine appunto metron è il luogo, il termine è la pienezza, la maturità, il luogo di manifestazione di tutti gli eventi, gli eventi dell'avere e del patire, del loro essere in quanto si manifestano e del loro non essere in quanto non si manifestano.