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Riflessioni sulla Rivoluzione Francese

Oggi ACDC vi propone la prima puntata di una miniserie in due episodi in cui faremo la cronaca di uno degli avvenimenti cruciali della storia moderna la rivoluzione francese come sempre per introdurre il documentario proviamo a rispondere a qualcuna delle tante domande che ci avete mandato. Scrive Ippolita. Ho visto che racconterete la rivoluzione francese e spero che farete chiarimento sui motivi che la scatenarono. grandissima questione storiografica, sia chiaro. Io infatti, prosegui Polita, non ho mai ben capito cosa spinse il re a chiamare gli stati generali. Insomma mi è sempre parso un inspiegabile darsi la zappa sui piedi. In un certo senso sì, ben inteso, le cause della rivoluzione francese sono estremamente complesse. C'è il fastidio, l'insofferenza per i privilegi dei nobili, c'è il malumore della borghesia che... politicamente non conta niente e invece vuole contare. C'è anche la fame nelle campagne, il malessere del mondo contadino, il malessere dell'enorme capitale Parigi piena di poveri che in quegli anni di cattivi raccolti fanno un po'fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Però la causa scatenante è un'altra ed è il buco di bilancio, è la spaventosa crisi finanziaria di una monarchia che da un secolo e mezzo è una monarchia assoluta. che vuol dire una cosa molto specifica, vuol dire che il re può mettere le tasse senza dover chiedere consiglio o autorizzazione a nessuno. Il re aumenta le tasse quando vuole e spende tutto quello che vuole, senza il controllo per esempio di un Parlamento, come esisteva invece già all'epoca in Inghilterra. Il risultato alla lunga è catastrofico. Già all'inizio del Settecento la situazione è drammatica. Luigi XIV, il re sole, negli ultimi anni del suo regno, è coinvolto in una guerra tremenda. la Francia è ridotta alla miseria e il re non ha un soldo. È costretto ad aumentare ancora le tasse. E perfino il re sole si sente uno scrupolo di coscienza, pensando alla miseria del popolo. Il suo confessore... un padre gesuita, gli porta un parere dell'Università di Parigi, la Sorbona, in cui si dichiara che il re è il padrone del suo regno. Tutto quello che c'è è già suo. Perciò quando chiede ai sudditi di pagare le tasse, si sta semplicemente facendo restituire denaro che è suo. A quel punto il re sole non si fa più scrupoli. Le tasse continuano ad aumentare e per tutto il secolo, per tutto il Settecento, il debito pubblico aumenta anche lui. Quando sale al trono Luigi XVI, che poi lascerà tanti anni dopo la testa sulla ghigliottina, ma all'inizio è un sovrano molto popolare, è deciso a fare le riforme e si rende conto con spavento che il buco di bilancio è abissale. E allora comincia a chiamare al potere gli economisti, comincia a chiamare al Ministero delle Finanze i grandi economisti che hanno pronta la soluzione. E lì si scopre una cosa che abbiamo scoperto anche noi, cioè che gli economisti non hanno tutti la stessa soluzione. Anche allora c'erano quelli che dicevano la soluzione è tagliare, tagliare le spese, ridurre il debito pubblico. C'erano quelli che invece dicevano no, bisogna dare fiducia, iniettare fiducia nell'economia, spendere, spendere, spendere. Tutte le soluzioni alla lunga falliscono. Luigi XVI si trova senza un soldo, con una voragine di debiti e non se la sente di portare da solo tutta quella responsabilità. Convocare gli stati generali vuol dire solo quello. È un'istituzione che una volta esisteva, per secoli il re ha convocato i nobili, il clero. la borghesia delle città, per condividere con loro i problemi del regno. Poi non l'ha più fatto, è per quello che la monarchia si è chiamata assoluta. Ma visti i risultati, a Luigi XVI viene in mente che forse è meglio appunto condividere questa responsabilità con il paese e con i suoi rappresentanti, gli stati generali. Noi sappiamo che è andata a finire molto male, ma in quel momento erano tutti entusiasti di questa soluzione. che porterà poi però rapidamente per esempio alla presa della Bastiglia. Lo dico perché la seconda domanda a cui vorrei rispondere è la domanda di Gregorio, il quale fa una domanda molto acuta devo dire. La presa della Bastiglia fu veramente un punto di svolta negli avvenimenti di quei mesi o fu ammantata di valore solo più tardi? È giusto chiederselo perché certe volte i grandi avvenimenti che noi consideriamo svolte della storia, che ne so. la deposizione di Romolo Augustolo 476 d.C., fine dell'impero romano d'Occidente, e poi si scopre che i contemporanei quasi non se ne erano accorti. Ma nel caso della presa della Bastiglia non è così. La presa della Bastiglia è stata davvero una svolta decisiva. Certo, dopo la convocazione degli stati generali la situazione era già precipitata. Il terzo stato, cioè la borghesia, si era già riunito per conto suo, dichiarando che solo loro erano i veri rappresentanti. del paese, si erano chiamati assemblea nazionale, il re aveva cercato in tutti i modi di intralciarli, a un certo punto arrivano i deputati e trovano chiusa la sala dove si riunivano perché il re dice ci sono dei lavori urgenti da fare, ho dovuto chiuderla, si riuniscono da un'altra parte, si proclamano assemblea costituente con l'intenzione di stravolgere la struttura del regno e il re ha intorno a sé dei consiglieri che gli dicono ma fai intervenire le truppe. fai sparare liberati da questa marmaglia e il re è incerto se farlo e la gente ha molta paura perché lo vedono che ci sono i soldati e pieno di soldati intorno a parigi intorno a versailles e in questo clima per di più non c'è pane il 13 luglio il popolo di parigi insorge e comincia a dare la salve ai forni, ai magazzini, per mangiare e la borghesia parigina, che è l'anima della rivoluzione, si spaventa, decide di armarsi, di creare la guardia nazionale perché vogliamo sì fare la rivoluzione ma anche mantenere l'ordine. Però ci vogliono le armi, i moschetti, la polvere da sparo. Per questo danno l'assalto alla Bastiglia all'inizio, perché lì c'è anche un arsenale, un deposito di armi per armare la nuova guardia nazionale rivoluzionaria. Poi siccome il governatore della Bastiglia rifiuta di arrendersi, a quel punto diventa un punto d'onore. La Bastiglia diventa il simbolo del regime monarchico e in poche ore viene presa e rasa al suolo e il governatore decapitato. E a quel punto il re si spaventa, ecco le conseguenze della presa della Bastiglia. Il re si spaventa, va all'Assemblea Nazionale, garantisce che lui è d'accordo, licenzia le truppe e si mette sul cappello la nuova coccarda rossa, blu e bianca della rivoluzione. E nelle campagne... la notizia dei tumulti di Parigi, i contadini anche loro insorgono, danno l'assalto ai castelli, il periodo chiamato poi della grande paura. E di fronte a questo l'Assemblea Nazionale ai primi di agosto decide di abolire il regime feudale, abolisce l'antico regime in pratica. Quindi ecco sì, la presa della Bastiglia in quel caso è stata davvero un momento di svolto, un'accelerazione decisiva di una tendenza che era già in corso. quelli a cui non è permesso votare. Dal 1789 al 1795 il popolo francese si batterà per diritti che apparivano allora impensabili. Gli uomini nascono liberi e con uguali diritti. Sì! Uomini e donne rischieranno tutto per portare la democrazia nel loro paese. Oggi molti ci chiamano eroi, ma all'epoca era molto diverso. Testimonianze eccezionali ci permettono di comprendere come questa rivoluzione abbia spazzato via il vecchio regime politico nel 1789 e abbia poi provocato la caduta della monarchia nel 1792. Le rivolte sono la ragione della rivoluzione, della distruzione dei nostri tiranni. Giornalisti e avvocati come Jean-Paul Marat e Camille de Moulin. Leader politici come Georges Jacques Danton e Maximilien Robespierre raccontano cosa ha vissuto il paese. In molti si indignano per i processi e le sentenze del tribunale rivoluzionario, ma io ho un'unica convinzione. Il destino di pochi uomini non vale quello della patria. Ma la rivoluzione è una lotta spietata. Molti uomini e donne francesi perderanno la vita con la rivoluzione, spazzati via dalla guerra o dall'ondata di terrore che attanaglia il paese nel 1794. Questa è la storia di una rivoluzione che forgerà il destino dei francesi e scuoterà la storia del mondo. Arrivano i soldati! Via, via! Andatevele! O ci uccideranno! Avanti! Scappate! Arrivano! Via, via! Presto, scappate! Via! Via, via, scappiamo! Che facciamo adesso? Il 28 aprile 1789, le guardie svizzere e le guardie francesi del re ricevono l'ordine di reprimere la rivolta, scoppiata nel Fogu Saint-Antoine a Parigi. In ginocchio! No! No! Forza, sparagli! Ti prego! Una feroce repressione che mieterà oltre 300 vittime. Via da qui! Alcuni giorni prima, il quartiere di Sant'Antoine era insorto quando il direttore di una fabbrica di carta da parati, Réveillon, aveva tentato di abbassare i salari dei lavoratori. In una Parigi che muore di fame e con la disoccupazione che colpisce duramente i sobborghi, questa provocazione dei padroni ha scatenato la furia degli operai. No, lasciatemi qui! Mi prego, non fatemi da noi! Quel giorno, nelle strade di Saint-Antoine, sconvolte dalla violenza della Guardia Reale, incontriamo per la prima volta quei parigini che esprimono una rabbia da troppo tempo repressa. Jonas Le Bigon, un operaio della fabbrica dei Gobelins, che è venuto a denunciare le condizioni degli operai parigini. Andiamo! Jean-Jean! Jean-Jean! Dove sei? Mamma! Mamma! E Gabrielle Pesloch, un'umile lavandaia che deve lottare per farcela e che vive con suo figlio nel Fobus a Marseille, a sud di Parigi, come Jonas Le Bigon. Di qua! Da questa parte! Venite! Jonas sta portando una vittima! Mamma! È una vera tragedia! Intanto, nel quartiere di Saint-Marcel, i manifestanti sono sotto shock. Mortis nostre. Amen. Cosa avete da piangere? Quelli se ne fregano di voi, non hanno pietà e capiscono una sola lingua. Non resteremo a guardare, gliela faremo vedere. Marcel! No! Marcel! Resta qua! Marcel! Fermati! Pietà! È morto! Portatelo via! In questa piccola locanda si percepisce che la Francia è sul punto di esplodere. Il Fobo Saint Antoine fa eco alle rivolte per la carenza di cibo, che da mesi si moltiplicano in tutto il regno, da nord a sud. Non guardare, tesoro. Ma mentre la Francia è devastata dagli effetti della fame e della povertà, il re sembra molto più preoccupato della convocazione degli stati generali. Luigi XVI intende imporre la sua autorità sulla nobiltà del paese, che contesta il suo potere. Da ogni provincia del regno, il re ha invitato i tre ordini che formano la società ad eleggere i loro delegati agli stati generali. I tre ordini sono la nobiltà, L'ordine privilegiato, che ha il monopolio delle funzioni più prestigiose. Il clero, che come la nobiltà è esente da tutte le tasse. E il terzo stato, che include la borghesia, tutti i giuristi e i commercianti, che pagano il grosso delle tasse e che ora chiedono di avere la loro parte di potere. Quanto al popolo, non sarà rappresentato da delegati, ma è comunque invitato a presentare i suoi cahiers d'oléance, i registri dei problemi e delle lagnanze. All'improvviso, contadini, operai e borghesi del Terzo Stato si uniscono per denunciare le disuguaglianze nel paese. Non possono più tollerare di essere schiacciati dai privilegi della nobiltà e del clero. Il re inizia un processo senza immaginare le conseguenze. Jean-Paul Rabot Saint-Étienne è il delegato del Terzo Stato per la città di Nîmes. Convoca gli stati generali nel gennaio dell'89 e decreta che i cahiers d'edoleance avrebbero permesso a ogni cittadino di partecipare a questo procedimento. E cosa fa la gente? Coglie questa opportunità per esprimere il proprio sentire. E che cosa sente? Sono ormai secoli che la nazione viene schiacciata da leggi arbitrarie che pesano sulla vita quotidiana e sul benessere dei cittadini. Cittadini che, come voi e me, stanno annegando nelle tasse. Tasse che non vengono pagate da chi ha il controllo, la potente nobiltà e il clero. La gente non ne può più. In realtà Luigi XVI ha convocato gli stati generali per costringere la nobiltà ad accettare una nuova tassa che vuole imporre. Per vincere questo scontro con quella nobiltà che ha osato sfidarlo, il re ha bisogno della borghesia del terzo stato, al quale ha raddoppiato il numero dei delegati. Ma il 5 maggio, quando Luigi XVI apre solennemente gli stati generali, la sua strategia gli si ritorce contro. Per la prima volta i delegati della borghesia sono in maggioranza e intendono cogliere questa opportunità per imporre le loro richieste. Prima fra queste è il rifiuto della regola che stabilisce che i voti debbano essere contati per ordine, ossia un voto per la nobiltà, uno per il clero e uno per il terzo stato. I rappresentanti della borghesia pretendono la regola di un voto per delegato, con la quale avrebbero la maggioranza. E finché non otterranno soddisfazione dal re, si rifiuteranno di lavorare per diverse settimane. Lascia quella corda! Fatti gli affari tuoi! Quella corda appartiene a me! Ma chi lo dice? È mia! Ciao! Jonas Le Bigon, come molti lavoratori, non crede che gli eventi di Versailles potranno cambiare qualcosa per lui, un operaio della fabbrica dei Gobelins. non si sente rappresentato dalla borghesia del terzo stato che considera troppo lontana dalle sue difficoltà quotidiane Comprate la birra più buona del mondo! Certo che devono vincere Il terzo stato è dalla nostra parte, con il popolo Sì, è vero, è con noi Smettila, Cupigni, dico sul serio Il re non li lascerà mai fare Io dico che ci riusciranno perché hanno ragione Non possiamo pagare altre tasse Juste Coupigny è un birraio di Saint-Marcel molto conosciuto che, come notabile locale, ha preso parte alla nomina dei delegati del Terzo Stato. Per me è semplice, con le tasse sul vino, sul legno e persino sull'insegna, non mi resta abbastanza. Non lo so, c'è... Sinceramente, nessuno ci ha mai ascoltati prima. E ora basta avere dei cahiers, dei deputati per farci ascoltare. Non ci ascolteranno mai. Io so solo che da Réveillon ci hanno sparato come se fossimo animali. Non mi fido di loro. È questo il tuo problema, non ti fidi di nessuno. Non si fida mai di nessuno. Comunque non andranno lontano senza i preti. Ho ragione, abate. Cosa farà il clero in tutto questo? Grazie. Paradossalmente è il clero a ribaltare gli equilibri di potere a Versailles. Dopo settimane di impasse, diversi delegati del clero scelgono di unirsi alla borghesia nella sua rivolta contro il re. Improvvisamente i delegati del Terzo Stato non sono più soli. Così il 17 giugno 1789 prendono una decisione senza precedenti, costituirsi in Assemblea Nazionale, in rappresentanza del popolo francese. Questo atto di forza spinge Luigi XVI a cercare di riprendere il controllo di una situazione che gli sta sfuggendo di mano. Il 20 giugno il re chiude la Sala degli Stati Generali per impedire che la nuova Assemblea si riunisca. Eravamo a dir poco stupefatti. Per un po'non sapevamo cosa fare e poi Bailly, il deputato di Parigi, ha proposto di spostarci nella sala della pallacorda a Versailles. Sapevamo che stavamo vivendo un momento storico. Improvvisamente in quella sala echeggiante si è sentita distintamente la voce di Munier che chiedeva a tutti di fare un giuramento. Non separarci mai e restare in seduta finché la costituzione del regno fosse stata stabilita. Questo giuramento, il 20 giugno 1789, nella Sala della Pallacorda, entra negli annali della storia di Francia. Il pittore rivoluzionario David cattura il vento dell'imminente rivoluzione e glorifica l'Assemblea Nazionale, nata dall'unione tra il Terzo Stato e il Clero. I delegati non si tireranno indietro. Così, quando tre giorni dopo, il 23 giugno, Luigi XVI decide di agire per fermare la ribellione, si trova ad affrontare una rivolta senza precedenti nella storia della monarchia. Il re rifiuta di riconoscere l'Assemblea Nazionale e ordina che i delegati si disperdano, ma quando lascia la sala non accade nulla di quello che ha immaginato. Siamo rimasti immobili sulle nostre sedie, in silenzio. Quella mattina tutti i delegati avevano... avevano ricevuto istruzioni di restare nella sala. Il maestro delle cerimonie non sapeva cosa dire, è corso ad avvertire il re della situazione e subito dopo ci ha ripetuto l'ordine di disperderci e Mirabeau, il nostro esuberante collega, pieno di passione come sempre, ha pronunciato le famose parole che ormai tutti conoscono. Dite a chi vi ha mandato che siamo qui per volontà del popolo e che lasceremo questo posto solo costretti dalle baionette. Eravamo come pietrificati dal nostro stesso coraggio. Ascoltate! Ascoltate! Si sono rifiutati di andarsene. Sì! Non ci credo! Dicevo, amico mio. E poi quella vecchia volpe di Mirabeau con la faccia da demonio ha risposto a Dubrézé. Dite a chi vi ha mandato che siamo qui per volontà del popolo e che lasceremo questo posto solo costretti dalle baionette. Luigi XVI è quindi costretto a inchinare. all'unione di Borghesia e Clero. Riconosce ufficialmente la nuova Assemblea nazionale per la gioia della popolazione di Parigi. Ma la speranza dei parigini ha vita breve. All'inizio di luglio Parigi si rende conto che il cedimento del re era solo un'operazione di facciata per preparare meglio il suo contrattacco. Luigi XVI fa schierare 20.000 soldati intorno a Parigi fra cui Re. reggimenti tedeschi e svizzeri dislocati al campo di Marte. C'è eccitazione nei giardini del Palazzo Reale. Il popolo si sta sollevando per difendere la rivoluzione politica degli stati generali e l'avvocato Camille de Molin svolge un ruolo cruciale in questo momento. Il 12 luglio al Palazzo Reale io ero molto arrabbiato e peggio, quella rabbia stava diventando rapidamente di disperazione. Così mi sono fatto avanti e ho parlato con il cuore e ho quasi gridato questa notte tutti i battaglioni svizzeri e tedeschi lasceranno il campo di Marte per tagliarci la gola. Non c'è che una soluzione. Prendere le armi e mettere le coccarde per riconoscerci. Immediatamente nel giardino delle Tuileries, poi a piazza Luigi XV, una folla si raduna per esprimere la sua rabbia. Ma i dimostranti vengono subito attaccati da un reggimento di dragoni tedeschi che carica con le sciavole. Fortunatamente per i parigini, il 12 luglio, i reggimenti delle guardie francesi decidono di difendere Parigi, anziché il loro re. Respingono violentemente un primo assalto dei soldati tedeschi. Quella sera la folla inferocita si impossessa delle strade della capitale. L'obiettivo dei parigini sono le barriere doganali che circondano la città e che impongono una tassa su tutti i beni, noti come octroi. Alla barriera dei Goblans, Jonas Le Bigon ha assunto la guida della contestazione. Siamo parte del movimento. Le barriere di Saint-Jacques e di La Santé sono già bruciate. Penso che domani saranno cadute tutte. È tempo che capiscano che vogliamo un cambiamento. Dove credi di andare? Io lavoro lì, devo prendere... Registri. Ah, mi dispiace. Ma dovrai informare il tuo capo che li bruceremo. Aspettate, aspettate un attimo. Io vi capisco, ma se torno senza i registri sono rovinato. Mi costerà il lavoro. Già, ma vedi, la questione è quanto costano a noi. Ogni volta che facciamo entrare merci a Parigi, ci dissanguano. Lo so. Ma non è colpa mia. Fermo dove sei. Dove vai? Lasciami. Vieni con noi. Va via. Va a casa. Va a tenere il tetto. Athanas Lamoureux tiene i conti per questa barriera dell'Octroi, una delle 57 della capitale. Sapendo lei di questo, leggere e contare, Atanas è un umile ingranaggio dell'amministrazione parigina. Il giorno dopo, il 13 luglio, la rivoluzione popolare assume diversi volti. Disordini per la fame nel quartiere di Saint-Lazare, dove la gente dei soborghi saccheggia un ricco convento. Un'insurrezione a Piazza Luigi XV, dove la folla prova a impossessarsi delle armi in disuso di un magazzino reale. E allo stesso tempo all'Hôtel de Ville, il municipio di Parigi, e a Place de Greve, i delegati della borghesia parigina guidati da Jean-Baptiste Bailly, fondano la Comune di Parigi, che recluta subito diverse migliaia di volontari per formare una guardia municipale armata. I parigini hanno un appuntamento con la storia. Non ci vorrà molto. Grazie, Abate. Nelle prime ore del 14 luglio 1789, gli abitanti della capitale hanno un solo pensiero. Armarsi in qualunque modo e resistere alle truppe reali. Ho portato quello che ho trovato, ce n'è una persona. Abbiamo poco tempo, avanti! Mentre i sobborghi si organizzano, alcuni volontari della Guardia Municipale si dirigono all'Esa Anvalid, dove entrano in possesso di oltre 30.000 fucili e numerosi cannoni. Nello stesso momento, l'agente di Saint Antoine si dirige verso la fortezza della Bastiglia, per procurarsi la polvere da sparo. Questa prigione reale è il simbolo del potere militare che minaccia la nuova comune di Parigi e deve essere subito resa inoffensiva. In migliaia tentano di scalare le mura che proteggono l'impressionante fortezza. Il governatore della prigione, Deleonè, ordina di aprire il fuoco sulla folla. Decine di uomini rimangono uccisi. Ma quando la nuova guardia parigina armata di cannoni arriva in sostegno degli assalitori, i rapporti di forza si rovesciano. Superate le prime mura, la prigione viene presa d'assalto. Oggi molti ci chiamano eroi, ma all'epoca era molto diverso. C'erano sarti, ciabattini, bottai, carpentieri, tutti quanti. Persino prati con la tonica. Non ci abbiamo pensato due volte ad andare. Una volta dentro è stata dura. Più di qualcuno non ce l'ha fatta. Ho pensato di morire anch'io. E sapete chi mi ha salvato? Atanase, ricordate? Il tizio che voleva salvare i suoi stupidi registri. Sì, era alla Bastiglia. Giuro che volevo tornare a casa subito. Dopo la faccenda dell'ufficio ero furioso. Ma ho incontrato Arsène Lecouvreur che spengeva un cannone il triplo di lui. Così gli ho dato una mano. All'improvviso ero alla Bastiglia. E quando la folla ha battuto le porte sono andato con loro. È stato come se la rabbia che avevo represso fosse scoppiata e non ero più lo stesso uomo. Volevo andarmene ma mi sono ritrovato in un corridoio e... È stato allora che ho visto Jonas. Descrivere il corridoio? Puro orrore. Intrappola come ratti. È un miracolo se ne siamo usciti. Dopo diverse ore di feroci combattimenti, De Leonè fa hissare bandiera bianca. La folla cattura il governatore perché ha sparato sulla gente. Viene portato a Place de Greve davanti all'Hotel de Ville, dove viene linciato e decapitato. La sua testa viene simbolicamente portata su una picca per dimostrare che ora il popolo di Parigi è padrone della città e che non si farà derubare della neonata rivoluzione. Questa volta Luigi XVI è costretto a cedere. Il 17 luglio 1789 il re arriva all'Hotel de Ville per ricevere simbolicamente dalle mani del nuovo sindaco Jean-Baptiste Bailly le chiavi della capitale. È la fine della monarchia assoluta. Il re dovrà conoscere la sua vita. dividere il suo potere. La Francia passa a una monarchia costituzionale, simboleggiata dalla nuova coccarda tricolore che Bailly offre al re. Il blu e il rosso, i colori di Parigi, affiancano il bianco, il colore della monarchia francese. Ma la capitolazione del re non placa il regno, che ormai è scosso da forti convulsioni. La gente dei paesi e delle campagne, che non contava nulla nell'ordine politico della monarchia, all'improvviso trova la propria vendetta. A Parigi il popolo ha deciso di farsi giustizia da solo. L'amministratore della città che incarna gli abusi del vecchio sistema viene impiccato a un lampione di place de grève e il suo corpo viene smembrato. Non approvo questa violenza negli omicidi, ma la violenza peggiore c'è stata quando ci hanno sparato da réveillon. La violenza peggiore è stata farci lavorare in modo disumano e farci pagare i preti. La violenza peggiore è stata dare tutti i diritti a pochi e agli altri solo doveri. E questa è la vera violenza. A Versailles i delegati dei tre ordini, inclusa la nobiltà, formano la nuova Assemblea Nazionale, incaricata di gestire il paese. Di fronte alla rivolta popolare in corso, i deputati discutono freneticamente sulle misure da adottare quando la notte del 4 agosto 1789 giungono a una decisione storica, come racconta Jean-Paul Rabout Saint-Étienne. Un deputato della nobiltà Messier de Noailles ha preso la parola e ha detto Quando si vuole restabilire l'ordine, bisogna distruggere la causa del disordine e quella causa è il sistema fiscale. È così che abbiamo assistito in una singola notte all'abolizione di tutti i privilegi. Che visione appagante! Osservare la nobiltà e il clero? Rinunciare uno dopo l'altro a tutti i diritti di caccia e di pesca e agli obblighi e le servitù che schiacciavano la gente di campagna. Il 4 agosto i privilegi della nobiltà e del clero vengono aboliti e il 26 agosto l'Assemblea pubblica la dichiarazione dei diritti di caccia e di pesca. diritti dell'uomo e del cittadino. Che cos'è? Cosa dice? I rappresentanti del popolo di Francia, riuniti nell'Assemblea della Nazione, stabiliscono con la presente, in una solenne dichiarazione, i naturali, sacri e inalienabili diritti dell'uomo. Oh, giusto! Sì! Articolo numero uno. Gli uomini nascono liberi e con uguali diritti. Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. L'articolo 2 della dichiarazione afferma che questi naturali, inalienabili diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all'oppressione. La rivoluzione popolare si è appena trasformata nella rivoluzione democratica dei cittadini. Quelli che non hanno mai contato nulla, all'improvviso sentono di esistere per la prima volta. I diritti sono libertà, proprietà, sicurezza e resistenza all'oppressione. Per questa rivoluzione dei cittadini, Parigi è un laboratorio....che conferisce questi diritti a tutti i cittadini, a tutte le persone. Nella capitale viene promosso un sistema di democrazia diretta. La comune istituisce 48 assemblee locali. in base alla suddivisione stabilita dagli stati generali. Saint-Marcel, Saint-Antoine, Saint-Germain-de-Prennes. Ciascuno di questi nuovi distretti politici ha il proprio battaglione nelle forze armate della città, che ora sono note come Guardia Nazionale. Al comando c'è il Marchese de Lafayette, deputato della nobiltà, che difende la rivoluzione pur restando fedele al re. Nel sobborgo di Saint-Marcel è il birraio Jus Copigny, sempre coinvolto nella vita sulle rive della Vieva, che naturalmente prende le redini del quartiere dei Gobelins. Questi primi incontri sollevano una domanda cruciale. Chi ha il diritto di voto? Solo i più ricchi, sul modello degli stati generali o tutti i cittadini francesi? È probabile che non ci sia un modo per farlo. Gabriele, che ci fai qui? Vuoi votare? Tu mettimene uno. Anso agli affari tuoi. Va bene. Ha ragione, a te che te ne importa? Attento alle spille, balabuanzo, ti pungo lo ricorderai. E quando abbiamo sentito il grido del popolo che voleva più libertà e... e... e più pane... i nostri compagni sono morti prendendo la bastiglia. È vero! Abbiamo pagato un tributo. Tributo di sangue. E questo ci dà il diritto di voto. Non abbiamo i mezzi per pagare così tanto. E devono capire che questo non è giusto. Vogliamo il diritto di voto. Vogliamo il diritto di voto. Questa è una richiesta assurda. A Canasi andiamo. Cittadino. Cittadino Lamureux. Cittadino Lamureux. Lino Lamoureux, ovviamente un uomo onesto come voi deve poter votare nel distretto. Ma, insomma, se non mettiamo un limite imponendo una tassa, pensate a quante persone, senza né arte né parte, e Dio sa quanto sono numerose, avrebbero lo stesso diritto. No! Pensate alla Guardia Nazionale. Ci pagano quattro luigi d'oro per farne parte. Perciò noi che abbiamo combattuto non possiamo né votare né far parte della Guardia. È inaccettabile! Siamo noi, amore! Ti prego, ti prego! Sì, per favore! Per favore, aspettate. Dopo la vittoria a cui tutti noi abbiamo contribuito. Tutti noi? Noi? Ho sentito bene. Dov'eri quando abbiamo preso la bastiglia? Dov'eri, Coupigny, quando ho preso questo a una guardia che voleva uccidermi? Ti avverto, Coupigny, se vuoi questo moschetto devi togliermelo. Io non ho niente contro di te, Jonas. Cittadino Le Bigane. Sì, cittadino Le Bigane. Ma non possiamo dare un'arma a chiunque. Già, ma la battaglia non è finita, lo capisco. Per i parigini la democrazia è un difficile apprendistato. Chi decide? Chi ha il diritto di portare armi? I dibattiti sono accesi e le deliberazioni vengono riportate all'Assemblea nazionale. a cui spetta la decisione finale. E io allora? Anche io dico che la tassa elettorale è un abuso e che tutti i cittadini hanno diritto a votare, ma voglio un suffragio universale che porti anche le donne alle urne. Sì, ha ragione! Indossare una gonna non impedisce di pensare. Sono Gabrielle Peschlosch e anch'io ero alla Bastiglia. E questo mi dà il diritto di votare, proprio come voi. Sì, ci manca la lavandaia che vota. Ora le ho viste tutte. E allora? Cos'è che ti dà tanto fastidio? Hai ragione! Possiamo far votare anche il mio asino? Ma sta zitto, sei proprio un idiot! Il voto alle donne! La Gabriella è del quartiere, dovresti conoscerla. Ah, con quel temperamento me la ricorderei. Tutti hanno il diritto di votare! Ora che tutti hanno preso la parola, votiamo. Sì, ha ragione. Votiamo. Proponiamo il voto soggetto a tassa elettorale. Sì, giusto. E il voto con suffragio universale per gli uomini. Sì, votiamo. E riguardo a noi? Ah, sì. E il suffragio è aperto a tutti, uomini e donne. Esatto, ho ragione. Ma è ovvio che oggi, essendo obbligati ad applicare le regole attualmente in vigore, potrà votare solo chi ha pagato le tasse. Non è giusto! No! Ipotrida! Stai zitto, non facciarlo! Calmatevi adesso, o farò espellere quelli a cui non è permesso votare. No! Zitto traditore! Ma questo è trode! Non potete scherzare! Sei dalla parte dei ricchi! Giusto! Giusto! Il sistema di voto selettivo limitato a chi ha pagato il tributo elettorale ha avuto la maggioranza dei voti. Molto bene, la vittoria è nostra. Ho un importante annuncio da fare. Visto l'entusiasmo dei volontari a unirsi alla Guardia Nazionale, il distretto, su proposta del cittadino Bouvray... Abate, Abate Bouvray....della Abate Bouvray qui presente, ha preso la decisione che segue. Il distretto fornirà armi e uniformi agli uomini che non hanno mezzi per comprarle. L'abbiamo vinto, credo. In fondo era un sogno credere di ottenere il diritto di voto. Ma abbiamo le armi, ora possiamo combattere. Se ho il diritto di combattere o il diritto di votare, le due cose vanno insieme. Ora aspetteremo la decisione degli altri distretti e poi cosa dice l'Assemblea. Ma è chiaro che se non possiamo votare potranno buttarci fuori dalla guardia quando vogliono. No, non sono affatto contenta. Le donne come al solito non contano. Ma siamo noi a lottare ogni giorno per trovare il pane ed è sempre più difficile. Noi moriamo di fame mentre i ricchi si riempiono la pancia. Ogni cittadino può parlare, scrivere e stampare liberamente, recita la dichiarazione dei diritti dell'uomo, articolo 11. Niente più censura reale e volantini pubblicati segretamente di notte. I giornali si moltiplicano. È la prima prova tangibile del cambiamento della società. Le opinioni in un regno in cui la maggioranza è analfabeta. vengono spesso diffuse a voce. Il più radicale e il più popolare dei giornalisti rivoluzionari è Jean-Paul Marat, che a settembre inizia a pubblicare L'Amie du Peuple, l'amico del popolo. Quanto all'avvocato Camille de Molin, la sua passione per la stampa è tale da spingerlo a farne la sua nuova professione. Il Palazzo Reale, il giardino del Palazzo Reale, era all'epoca un luogo davvero straordinario, era un focolaio di patriottismo. Non dovevi chiedere il permesso a nessuno per poter parlare o aspettare due ore per il tuo turno. Se volevi parlare, dovevi salire su una sedia. Se ti applaudivano, scrivevi il tuo discorso per pubblicarlo. Se venivi contestato, te ne andavi. Si era però in presenza di una terribile minaccia che insidiava i... il nuovo vento di libertà, cioè il veto di Luigi XVI. Perché il re non voleva firmare l'abolizione dei privilegi né la dichiarazione dei diritti dell'uomo. E per me abbiamo sottovalutato quanto questo veto fosse disastroso, perché il popolo aveva la sensazione che volessero rubargli la vittoria. E a settembre la tensione era al culmine. E sono molto fiero di dire che... È per un articolo su un giornale scritto da Gorsas che Parigi si è sollevata di nuovo. Quando il primo ottobre 1789 si tiene un grande banchetto a Versailles per celebrare le truppe appena arrivate dalle Fiandre, il giornalista Gorsas, sbalordito da quello che ha visto, pubblica il suo racconto il giorno dopo. Un articolo che si propaga per la città come un incendio. La sala era illuminata come capita durante le più solenni festività. Le più belle donne della corte della città formavano il più attraente dei quadri. Era incantevole. Durante la cena, l'assemblea dei nobili ha alzato i calici per fare dei... Brindisi. Sì, so leggere, grazie. Certo. Brindisi al re, alla regina, al monsignore, il delfino e a tutta la famiglia reale. Mi fa piacere sentirlo. Sembra che si divertano al castello, non è vero? Come ho già detto, non possiamo fidarci di loro. Un ufficiale, mentre versava il vino per i suoi soldati, ha detto bevete alla salute del re nostro maestro e non riconoscete nessun altro. A quel punto un ufficiale ha gridato all'assemblea Via le coccarde colorate Ma tutti mettano la coccarda nera della regina La sola che noi riconosciamo Non posso crederci Come osano! Non è possibile! È vero, dovremmo farlo! Ha ragione. Sì, ma cosa? Lo capite ora che ci disprezzano? Non è ovvio? Ne ho abbastanza di loro. Non cambieranno mai. Quattro giorni dopo il banchetto di Versailles, il 5 ottobre, 25 ottobre, migliaia di donne esasperate per la carenza di pane a Parigi si radunano nella piazza dell'Hotel de Villa. I funzionari della comune di Parigi la considerano un'opportunità d'oro. E se le donne che marciano in corteo verso Versailles chiedessero al re non solo il pane, ma anche la sua firma sugli editti per abolire i privilegi? Era una bellissima idea. Gli uomini avrebbero sicuramente sparato. Così ci siamo organizzate. Abbiamo mobilitato tutte le donne del sobborgo, dicendo loro, vogliamo vedere i nostri figli morire di fame, mentre quelli si rimpinsano durante i balli a palazzo? Avevamo fame, niente ci avrebbe fermate. Centinaia di donne si uniscono alla marcia. La comune di Parigi manda in loro sostegno la Guardia Nazionale e obbliga il suo comandante, il generale Lafayette, ad andare a Versailles malgrado la sua reticenza. Dopo diverse ore di cammino, una delegazione viene ricevuta dal re, che fa promesse vaghe. Non è abbastanza per le donne di Parigi, che assumono il controllo dell'Assemblea Nazionale e poi assediano il palazzo per tutta la notte. Al mattino presto la folla invade gli appartamenti della regina. Diverse guardie del corpo vengono uccise e decapitate. I rivoltosi impongono una nuova condizione. La famiglia reale deve ritornare a Parigi. Il generale Lafayette capisce che la situazione potrebbe degenerare da un momento all'altro e per sua parte la famiglia reale deve ritornare a Parigi. Il re e la regina che lasciare Versailles è la loro unica scelta. E mentre una salva di cannoni saluta la vittoria dei parigini, la famiglia reale fa ritorno nella capitale. Luigi XVI e Maria Antonietta si trasferiscono nell'antico palazzo reale delle Tuileries. Un edificio fatiscente che, giorni dopo, ospiterà l'Assemblea Nazionale nella Salle du Ménage, il maneggio reale. Ma a quell'autunno del 1789, nonostante la vittoria a Versailles, la gente dei soborghi affronta una serie di delusioni. Nella salle du manège, l'Assemblea adotta un sistema di voto limitato ai lavoratori uomini che pagano le tasse, nonostante la lotta di alcuni progressisti, come il deputato di Arras, Maximilien Robespierre. Come possiamo mai pretendere che la nazione sia sovrana quando la maggioranza degli individui che la compongono è privata completamente dei diritti che evidentemente costituiscono quella sovranità? Se una minoranza è sovrana e la maggioranza resta sottomessa, allora siamo di fronte a una nuova aristocrazia. E quella aristocrazia è la peggiore di tutte, essendo l'aristocrazia dei ricchi. Inoltre, per difendersi dalla rabbia del popolo, l'Assemblea decreta anche la legge marziale. A nessuno sarà consentito portare armi e, soprattutto, una bandiera rossa sul municipio indicherà che ogni riunione è proibita appena la morte immediata. Una decisione che sconcerta il giornalista Jean-Paul Marat. Credevano che una bandiera rossa avrebbe potuto proibire ogni dimostrazione. Sono troppo pericolose, dicevano. Come potevano pensare che un pezzo di stoffa rossa issato a Parigi avrebbe calmato il popolo? Le rivolte sono la ragione della rivoluzione. della distruzione dei nostri tiranni e più di tutto dell'umiliazione dell'elite, dell'ascesa del popolo e del ritorno della libertà. E la legge marziale che vietava ogni dimostrazione era stata proposta da... da un nemico del bene comune. La maggior parte dei preti sceglie di sostenere i cambiamenti in atto nel paese, come avviene nella parrocchia di Saint-Marcel. Grazie. Jean Bouvray pensa che questa rivoluzione dei più poveri ed esclusi sia più che mai in linea con la parola di Cristo. Andate, grazie per il vostro aiuto. Nella primavera del 1790, anche i più ardenti rivoluzionari parigini vogliono che la Chiesa sostenga spiritualmente la loro lotta. Signore, concedi la tua benedizione alla bandiera della sezione dei Goblans. e agli uomini che la portano, poiché si sono semplicemente difesi quando il dispotismo di uomini perversi e ambiziosi ha cercato di schiacciarli. E che... Celebrate il santo sacramento per un pezzo di stoffa! Ma che cosa è questo? Questa è blasfemia! Io ti benedico, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Amen. Oh sì, la rivoluzione. La rivoluzione, certo, sì Ma la rivoluzione è un peccato Aprite gli occhi! State venerando una bandiera Le medaglie della pastiglia Stupido ciarpame invece che il... vostro sovrano o dio pentitevi se metterete fine alle vostre cerimonie e blasfemie alle vostre buffonate allora il padre vi perdonerà non toccarmi demoni bandoli Vedete in che direzione andiamo? Onestamente non so quale sia il mio compito nella Guardia Nazionale. Far rispettare al popolo la legge marziale? Ubbidire a uomini come Coupigny e all'Assemblea che ci nega il diritto di voto? Non ho marciato sulla Bastiglia per questo. Comunque, restare nel battaglione è rispettare il percorso che abbiamo intrapreso. Lo vedo che a Jonas non piace quello che facciamo e mi ripeto di restare che ne abbiamo passate troppe e che mollare ora permetterebbe a Coupigny e agli altri di decidere per noi. Se abbandoniamo l'unità... Saranno gli unici a portare le armi. No, non possiamo. Abbiamo vinto la rivoluzione. Ora cambieremo le nostre vite. Luglio 1790, la Francia celebra il primo anniversario della presa della Bastiglia. Sul campo di Marte, a Parigi, si sta preparando una grande cerimonia per celebrare la Concordia. La Concordia, l'accordo tra gli ordini, tra l'Assemblea e il Re, tra il popolo e i suoi nuovi rappresentanti. E il 14 luglio, centomila spettatori si accalcano intorno all'Hôtel de la Patrie, l'altare della patria, per onorare la nuova monarchia costituzionale, al suono di un Tedeum, che segna l'unione tra la Chiesa Cattolica, la Rivoluzione e la Rivoluzione. e il re. La prima festa nazionale del 14 luglio si conclude con incredibili spettacoli di luce sul lungo viale, noto come Champs-Élysées. Ma i mesi seguenti rivelano che l'accordo del luglio 1790 non è altro che una facciata. Ben presto, gravi spaccature minacciano la struttura creata nell'ultimo anno. La prima frattura si verifica nel novembre 1790, quando l'Assemblea richiede che ogni membro del clero presti giuramento di fedeltà alla rivoluzione e stabilisce una nuova organizzazione della Chiesa di Francia che prevede l'elezione dei Vescovi direttamente dal popolo. I cattolici si dividono fra quelli che accettano, come a Parigi, e quelli che rifiutano, presto noti come preti refrattari, molto numerosi nelle province meridionali e occidentali del paese. Giuro di vegliare sui fedeli della parrocchia che mi è stata affidata, di essere leale alla nazione, alla legge, alla corona e di proteggere usando il mio potere la costituzione decretata dall'assemblea e accettata da re. Per me il giuramento è un giuramento di verità. Il documento è in linea con le scritture e l'ho firmato senza problemi. Mi ero già espresso a favore dell'Assemblea quando ha nazionalizzato le proprietà della Chiesa nel 1789. Considero normale che la Chiesa partecipi a questo nuovo sforzo della comunità per... per costruire un paese più giusto, più fraterno. Nelle nostre parrocchie qui a Parigi, questo era ovvio per molti preti, ma nelle province alcuni fratelli non hanno capito. Pensavano che con il giuramento si volesse controllare la religione. Questo ha raggiunto proporzioni terribili, orribili. Si uccide e si uccide di nuovo in tutta la Francia nel nome di Dio. È quasi una guerra di religione, sia a Montauban che a Nîmes, che oppone i cattolici refrattari ai protestanti rivoluzionari. Una guerra che fa centinaia di vittime. Ad Avignone si combatte e si muore persino nelle chiese. Chiese in cui presto risuona la voce del Papa, che denuncia il giuramento rivoluzionario a marzo del 1791 e chiede a tutto il clero del paese di ritrattare, pena la scomunica. Questa posizione esaspera i parigini, che bruciano simbolicamente l'effigie del Papa nei giardini del Palazzo Reale. Ma per i preti, la scomunica papale è un problema grave. Ma quando il Papa ha detto che dobbiamo ritrattare, io non so cosa fare, davvero. In effetti sono perso. Sono perso. Una seconda spaccatura, molto più grave, si apre a giugno 1791, quando i parigini stupefatti vengono informati che il re Luigi XVI e la sua famiglia hanno tentato di fuggire per unirsi ai nobili in esilio e sono stati arrestati a Varennes. È una notizia che sconvolge tutto il paese. No, no, è impossibile. Il nostro amatore non ci abbandonerebbe mai. C'è stato un malinteso. Sono disgustata, disgustata. Per me non è una sorpresa. Deve esserci un errore, ma un giorno sapremo tutta la verità. La coppia reale viene scortata a Parigi in un silenzio glaciale. Gli abitanti della capitale non possono perdonare il tradimento del re. Come il giornalista Jean-Paul Marat. E così l'hanno riportato da noi a Parigi, quel maestoso imbroglione, traditore, cospiratore. La fuga della famiglia reale era stata preparata da molto tempo dai traditori dell'Assemblea Nazionale, ai quali il re aveva promesso tutte le ricchezze dello Stato. In quella casta hanno avvero quasi tutti i rappresentanti del popolo, tutti quei funzionari, impiegati pubblici a cui abbiamo affidato la difesa dei nostri diritti e della nostra libertà, o della nostra persona, e che ora si rivoltano contro di noi, i loro compagni. Diverse settimane dopo, questa frattura tra il popolo e il suo re avrà conseguenze dolorose a Parigi. Sebbene alcuni leader politici sperano che la rivoluzione possa concludersi proprio quell'anno, il 1791, una tragedia cambierà il corso degli eventi. Tutto inizia con i club, che riuniscono leader rivoluzionari, capaci di influenzare i dibattiti nell'Assemblea. Il più radicale è il club dei cordiglieri, di cui fanno parte attivisti parigini come Marat e Desmoulins. Il più famoso è il club dei Giacobini, una calamita per i rivoluzionari della prima ora, dai più moderati come Lafayette ai più intransigenti come Robespierre. E quando i cordiglieri chiedono l'abdicazione del re, si mette in marcia una macchina infernale. Anche per me, come per Marat, la fuga del re era rivelatrice. Georges Jacques Danton, membro dei Cordiglieri, avrebbe svolto un ruolo di primo piano nei mesi successivi. Non si poteva più continuare con una simile ipocresia, una monarchia costituzionale. Una voce doveva farsi avanti e dire è possibile immaginare un altro sistema senza il re e con il popolo come unica guida? Si chiama la Repubblica. Quindi ero abbastanza favorevole alla petizione scritta dal giornalista Robert e adottata in mia assenza dal club dei Cordiglieri Ma avrei dovuto dissuadirli dall'iniziare questa... avventura ho capito troppo tardi come sarebbe andata. Mi sono opposto apertamente alla petizione di Danton e dei Giacobini. Avevo spesso la sensazione che i nemici della libertà cercassero un'occasione per attaccare il popolo ed è stata la parola repubblica a offrire loro il pretesto che aspettavano. Danton e Marat hanno lasciato Parigi per evitare l'arresto. Demulensi è nascosto, io li avevo avvertiti comunque. Quanto a quei cittadini che in buona fede li avevano seguiti quel terribile giorno, avrebbero pagato con il sangue. Mi dispiace dirlo, ma per gli uomini onesti come Lafayette, il popolo è un mostro pronto a divorarli, a meno che non sia tenuto in catene e ogni tanto abbattuto. È stato molto divertente. Eravamo migliaia al campo di Marte a firmare la petizione dei cordiglieri. E per l'abdicazione del re ero a favore. Non avevamo le armi. Era come un picnic con la famiglia. Piovigginava un po', ma ballavamo e cantavamo. A un certo punto hanno hissato la bandiera rossa sul municipio. In segno che la dimostrazione era illegale. Noi non lo sapevamo, eravamo lontani. E poi loro hanno aperto il fuoco. Era la Fayette con la Guardia Nazionale. Cittadini come noi. Cittadini che ne uccidono altri. Il 17 luglio 1791, nel campo di Marte, appena due anni dopo la presa della Bastiglia, 52 persone, tra cui una donna e un bambino, vengono uccise dalla Guardia Nazionale per ordine del generale Lafayette. Centinaia di parigini vengono feriti da chi avrebbe dovuto proteggerli. Nelle sezioni parigine lo shock è immenso. La data del 17 luglio 1791 è un punto di svolta. Molti parigini vorrebbero sbarazzarsi di questa monarchia costituzionale che gli viene imposta con la minaccia delle armi. Quel giorno ho deciso di lasciare il battaglione. Sarò sempre dalla parte del popolo e mai dalla parte delle armi. Vogliono rubarci la nostra rivoluzione. Non glielo permetteremo. Il re è temporaneamente sospeso dalle sue funzioni. Sì, finalmente! Il potere non è più del re ormai, è del popolo, è nostro. La nostra rivoluzione è fragile. C'è troppa opposizione, ovunque. Prima c'era un solo tiranno, il re. Oggi ci sono migliaia di tiranni come te. E tutti vogliono la corona. Musica Musica