Kant rappresenta una profonda mediazione tra le due scuole di pensiero dominanti dell'epoca. Gli empiristi, che davano fiducia solo a ciò che si vede, e i razionalisti, che davano fiducia solo a ciò che fila nella mente. Per comprendere Kant, dobbiamo menzionare le sue origini nell'epoca precritica.
Venne educato in un collegio pietista, e questo lo si vede dalla sua persona, dalla sua impostazione etica, un forte rigore, un controllo dei propri desideri, la ricerca del sapere e dello studio, latino, greco, ebraico. Kant scrive, si dica del pietismo ciò che si vuole, le persone che lo vivevano veramente possedevano ciò che più di alto può possedere l'uomo, quella quieta serenità e pace interiore che nessuna passione potrebbe turbare, nessuna privazione, nessuna persecuzione lo addolorava. Nessun contrasto le induceva all'ira o all'inimicizia.
I miei genitori, modello di onestà, di probità e di ordine, senza lasciarmi un patrimonio, ma nemmeno debiti, mi hanno dato un'educazione che non potrebbe essere migliore dal punto di vista morale, e per la quale nutro sentimenti di vivissima gratitudine ogni volta che penso a loro. Era una persona dai ritmi estremamente regolari, tanto che gli abitanti di Konigsberg regolavano i loro orologi sulla base delle passeggiate di Kant, sempre puntolissime. Voi pensate se un giorno Kant avesse avuto la diarrea, tutta la Germania nel panico, rivoluzioni in Europa, decapitazioni, gente che urla per le strade? Studia moltissimo, in particolare scrisse di fisica. Kant era un appassionato di Newton, difese la sua teoria che allo spazio-tempo esistesse a priori delle cose.
contro quella di Leibniz che invece pensava che derivassero dalla relazione tra le cose, e scrisse un trattato sull'origine del cosmo, l'ipotesi cosmogonica Kant-Laplace, secondo cui il mondo si è formato da una nebulosa che si è aggregata tramite le leggi di Newton, formando le stelle, i pianeti e tutto il resto. Kant, senza saperlo, anticipa l'idea di buco nero, postulando l'idea di un oggetto dalla gravità così grande da concentrare la massa in un punto. In effetti l'intera filosofia di Kant non è altro che una legittimazione critica di Newton. Per comprendere Kant dobbiamo dividere la sua filosofia nelle quattro componenti principali. La critica della ragion pura, che si occupa della conoscenza, la critica della ragion pratica, che si occupa dell'etica, la critica del giudizio, che si occupa dell'estetica, e gli scritti politici.
Partiamo dalla critica della ragione pura. L'illuminismo aveva utilizzato la ragione per esaminare ogni aspetto della realtà, tutto quanto veniva posto nel tribunale della ragione. Adesso però Kant capisce che è la ragione stessa a dover venire portata nel tribunale. Kant è un illuminista che va al di là dell'illuminismo, che con l'enciclopedia aveva conosciuto ogni cosa ma in modo disordinato, e tempo di mettere tutto in ordine.
Per l'esattezza, lui si chiede se sia possibile e come la conoscenza, sia di tipo scientifico, sia di tipo metafisico. Infatti lui si chiede come possiamo conoscere e cosa, e come la ragione legata ai dati sensibili e anche la ragione slegata, assoluta, possano funzionare. Ora quindi capite il titolo dell'opera, la critica, ossia esame del fondamento per valutare la possibilità, la validità e i limiti della conoscenza, della ragione, posta nel tribunale della ragione stessa, pura, ossia slegata dalle esperienze. Kant guarda la ragione in sé e per sé. Ora, Kant divide la sua opera in due parti.
La dottrina degli elementi, che spiega la suddivisione delle strutture mentali, e la dottrina del metodo, come Cartesio doveva spiegare come queste funzionano. Però questa parte è piccola, per via del fatto che nella prima parte lui spiega anche come funzionano. La dottrina degli elementi è divisa in due parti. L'estetica trascendentale, che si occupa dei sensi, e la logica trascendentale, che analizza i modi di pensare. A sua volta divisa in analitica trascendentale, che si occupa dell'intelletto, e dialettica trascendentale, che si occupa della ragione.
Partiamo quindi con l'estetica. Kant ci spiega che esistono diversi tipi di giudizi, ossia funzioni della mente che aggiungono un predicato al soggetto. I giudizi analitici a priori, sintetici a priori e giudizi sintetici a posteriori. Gli analitici a priori sono giudizi che non aggiungono alcuna informazione, perché il predicato è già contenuto nel soggetto. Si basano sul principio di identità e di non contraddizione.
sulla deduzione e sono infecondi cioè non ci insegnano nulla, per esempio gli scapoli non sono sposati, è un giudizio analitico, A uguale A è un giudizio analitico, sono cose ovvie ma non abbiamo imparato nulla, questi giudizi sono a priori, sono sempre veri, non serve l'esperienza e rappresentano i razionalisti, sono le verità di ragione di Leibniz poi ci sono i giudizi sintetici a posteriori, questi sono giudizi che sono veri perché li verifichiamo con i sensi il gatto è nero perché lo vedo io sono giudizi sintetici, io non lo sapevo che il gatto era nero, imparo qualcosa di nuovo, ma ma a posteriori, quindi sono validi solo se visti attivamente, e non sono oggettivi e universali. Quindi questo gatto è nero, ma la prossima volta potrei vederne uno bianco. Rappresentano gli empiristi, le verità di fatto di Leibniz, e sono basati sull'induzione. Ma per Kant esiste un altro giudizio, i sintetici a priori.
Sono giudizi a priori, quindi sono oggettivi, sempre veri e non hanno bisogno dell'esperienza, ma sono sintetici, ci insegnano qualcosa di nuovo. Un esempio è la matematica. 2 più 2 uguale 4. Ma io non ho il 4 nel 2 più 2. Devo fare un lavoro, un'operazione per trovare il risultato. Scopro qualcosa di nuovo.
Ma la matematica è uguale a... Per tutti i popoli, sempre vera, non devo sperimentare per scoprirla, anche chiuso nella mia stanza posso scoprirla da solo. I giudizi sintetici a priori sono anche alla base della scienza fisica.
Mentre questo gatto è nero è un giudizio sintetico a posteriori, i gatti si sono evoluti è un giudizio sintetico a priori, perché noi non vediamo l'evoluzione. L'evoluzione non è una cosa, è un processo che noi elaboriamo unendo tanti singoli fatti. Quindi Kant...
Ci dice che alcune cose le prendiamo dall'esterno, i dati, ma alcune cose sono già dentro di noi, sono innate e ci forniscono quindi conoscenza anche senza l'esperienza. E dato che non dipendono dall'esperienza, sono oggettive, sono sempre vere, sono intersoggettivamente valide, ossia sono vere perché sono vere nella nostra mente e quindi in ogni singolo pensiero e giudizio noi siamo impostati a vedere il mondo così. E siccome tutte le menti sono uguali non dipendono dall'esperienza, ma questa le presuppone ogni esperienza sarà da queste contaminata.
Per questo si fa l'esempio degli occhiali. Un uomo con degli occhiali rosa vede tutto come rosa, quindi potrebbe pensare che il mondo è rosa, e invece no. È un suo modo di vedere il mondo che è così. Sono le forme pure a priori a garantire questi giudizi. Sono il sistema operativo del nostro cervello.
Di tutti i cervelli, che per questo sono sempre veri. Kant ringrazia Hume per averlo risvegliato dal sonno dogmatico, ossia aver demolito con lo sceticismo tutte le credenze, ma al tempo stesso supera Hume, dicendo che esiste qualcosa al di là delle semplici percezioni momentane. Esistono le nostre forme pure a priori, esistono i nostri modi di incasellare i dati, i quali sono, per definizione, sempre veri.
Quindi Kant riparte da qua e permette di ricostruire una scienza sempre vera sulla base di questa consapevolezza. Ma attenzione, perché Kant ci spiega che queste forme pure sono ciò che permette la conoscenza, non sono la conoscenza stessa. Kant spiega che noi anzitutto riceviamo dati dall'esperienza, passivamente.
Ma al tempo stesso noi li rielaboriamo questi dati attivamente, non siamo tabula rasa. Per Kant esistono nella nostra mente delle funzioni che incasellano i dati. Queste funzioni sono lo spazio e il tempo.
Lo spazio e il tempo non sono cose, esistono prima delle cose, perché per immaginare qualcosa dobbiamo avere prima l'idea di spazio e tempo. Contro gli empiristi. Contro Leibniz dice che lo spazio non è una relazione tra le parti della cosa. Kant fa l'esempio delle mani.
Le mani sono assolutamente uguali tra di loro come composizione. Quindi per Leibniz le relazioni sono le stesse e quindi la figura spaziale geometrica dovrebbe essere uguale. Ma non lo è, le mani sono speculari. Kant rifiuta anche il concettualismo. Spazio e tempo non sono discorsivi, non li devi spiegare, sono intuitivi.
E non li astraiamo come l'idea di cavallo da tanti cavalli. Non è che guardando tanti spazi ti viene l'idea di spazio, bensì tutti gli spazi sono parti dello stesso spazio. Ma Kant non è neanche d'accordo con Newton, che diceva che lo spazio e il tempo esistono come contenitori vuoti del cosmo, perché spazio e tempo in sé non esistono un contenitore vuoto fatto di niente, è proprio niente.
Invece, ed è qui la rivoluzione di Kant, spazio e tempo sono dentro di noi, sono delle strutture della nostra mente, con cui noi ordiniamo i dati che i nostri sensi percepiscono. E per questo li troviamo in ogni cosa. Lo spazio è il senso esteriore collegato alla geometria.
Il tempo è il senso interiore collegato all'aritmetica. Ma spazio e tempo di per sé non esistono. Da soli sono vuoti, sono semplici caselle in cui noi ordiniamo le nostre percezioni.
Ripetiamolo. Quindi, l'innatismo di Kant è diverso da quello di Leibniz, perché è innato non ciò che si conosce, ma ciò attraverso cui si conosce. I giudizi sintetici a priori, come la matematica o l'aritmetica, basate sulle nostre forme di spazio e tempo, oppure quelli scientifici.
che hanno bisogno dell'esperienza sono basati su queste forme. Sta in questo la prima rivoluzione copernicana di Kant, perché, come Copernico aveva scoperto, che non è il sole a girare attorno alla terra, ma è la terra a girare attorno al sole e non è piatta, così Kant sposta la fonte della verità dall'oggetto al soggetto. Il mondo ci sembra ordinato non perché è effettivamente ordinato, ma perché siamo noi a percepirlo così, siamo noi a dargli un ordine nel momento in cui lo vediamo, perché proiettiamo queste nostre forme pure a priori.
La causalità è una funzione mentale, in sé non esiste nel mondo, dice Kant. Questi a priori permettono i nostri giudizi sintetici a priori, che ripetiamolo quindi, o sono come la matematica, quindi sono veri a prescindere dall'esperienza ma non ci dicono nulla sul mondo, quindi va bene, oppure sono come la scienza e in questo caso ci dicono qualcosa sul mondo ma non ci dicono nulla. hanno bisogno di incasellare i dati dall'esterno, quindi non facciamo confusione. Ora, capite come funzionano quindi le forme pure e come le possiamo applicare.
Passiamo quindi all'analitica trascendentale, divisa in analitica dei concetti, che studia le categorie, e dei principi, che studia lo schematismo trascendentale. Cosa sono le categorie? Abbiamo visto come funzionano i sensi, che semplicemente percepiscono attivamente, passivamente, il fenomeno. Ma anche l'intelletto esiste, che è quello che ci permette di ragionare, di formulare questi giudizi sulla base dell'esperienza.
L'intelletto opera in base a delle categorie, come quelle di Aristotele, solo che a differenza di Aristotele, dove le categorie avevano sia funzione ontologica, come funziona il mondo, sia gnosiologica, come funziona la mia mente, Kant ci spiega che sono solo leggi della nostra mente, che noi proiettiamo sulle nostre menti. sulla realtà e quindi ci sembra che la realtà vi obbedisca. Vedete che genio. Inoltre toglie quella della sensibilità pura già esaminata, ossia tempo e luogo, che per Aristotele c'erano, un modo empirico, il moto, e alcuni concetti derivati, azione e passione.
Questi quindi non ci sono. Le categorie sono divisi in quattro giudizi in base a come i dati vengono disposti nel tempo. Quantità, qualità, relazione e modalità.
La quantità si basa sul numero e sulle addizioni di omogenei nel tempo. La qualità si basa sulla causalità, la presenza, l'intensità nel tempo. Pensate alla luce più o meno forte.
La relazione si basa sulla permanenza nel tempo. La modalità si basa sulla possibilità in un determinato tempo. Ognuna di queste ha tre modi. Per la quantità abbiamo unità, Socrate, pluralità, alcuni uomini, e totalità, l'umanità.
Per la qualità abbiamo relazione, giudizi affermativi, negazione e limitazione, giudizi infiniti. Per la relazione abbiamo sostanza e accidente, permanenza nel tempo, giudizi categorici, è così. Causa ed effetto, ossia successione nel tempo, giudizi ipotetici, se X allora Y.
Azione reciproca tra gente e conseguente, ossia simultaneità nel tempo o comunanza, giudizi disgiuntivi, o è A o è B. Per la modalità abbiamo possibilità, in un determinato tempo o impossibilità, giudizi problematici, A può essere B. Esistenza o inesistenza, giudizi assertori, A e B, e necessità, esistenza in ogni tempo, opposta alla contingenza, giudizi apodittici, A deve essere B.
Con queste 12 categorie, Kant spiega tutti i nostri modi di ragionare. Le categorie ci fanno formulare giudizi che servono a sintetizzare e unificare tramite astrazione dal particolare all'universale, perché l'unità non viene dalle percezioni frammentarie, viene da noi. Attenzione, attenzione, c'è un errore, c'è un problema che Kant evidenzia, una aporia.
Come fanno le categorie ad accompagnarsi a tutti i dati sensibili? Secondo Kant c'è qualcosa che sta a metà tra le categorie e la sensibilità, che è l'immaginazione produttiva, che opera tramite schema, diviso in schema generale, astrazione, e schematismo trascendentale, che è sia generale, come le categorie, sia temporale, come il contenuto dell'esperienza. E vi ho già spiegato che nell'estetica, la sensibilità, tutto ruota attorno al tempo. Connettendo il tempo alle categorie, Kant risolve questa aporia, vedete il genio. Le categorie si applicano quindi ai singoli oggetti tramite il tempo, e infatti abbiamo visto come ogni categoria sia una determinazione del tempo.
Lo schematismo trascendentale sono le categorie calate nel tempo, e infatti prima vi ho elencato le categorie e vi ho spiegato che sono modi di incasellare i dati nel tempo. Ma la domanda resta, come fanno le categorie a venire calate nell'esperienza? La risposta viene...
analizzata nei principi dell'intelletto puro, ossia le regole con cui si applicano le categorie, che sono gli assiomi dell'intuizione, ossia la quantità, ogni fenomeno che conosciamo tramite la sintesi successiva delle sue parti, l'anticipazione della percezione, ossia la qualità, l'intensità, il grado di conoscibilità a priori, l'analogia dell'esperienza, ossia la relazione, rapporti basati sulla permanenza della sostanza, la causalità, l'azione reciproca, le ripetiamo, e i postulati del pensiero empirico in generale, le modalità, basata sulla concordanza con le condizioni. delle condizioni dell'esperienza. Viene così confutato Hume, perché prima abbiamo spiegato come funzionano le categorie, che derivano dal tempo, ora abbiamo spiegato come queste vengono applicate all'esperienza.
Ma noi sappiamo che le categorie non si applicano da sole all'esperienza, sono semplici contenitori, e i dati dell'esperienza di certo non contengono dei cartellini che dicono per favore mettimi qua e non di là. Quindi chi è ad unificare l'esperienza? Nella deduzione trascendentale dei concetti puri dell'intelletto, Kant risponde a questa domanda.
Cosa garantisce che la natura obbedirà alle categorie? La risposta è l'io penso. L'io penso è ciò che nasce dalla percezione trascendentale, il sapere di sapere.
L'io penso accompagna ogni percezione e l'io penso funziona usando le categorie e di conseguenza le categorie accompagnano ogni percezione e quindi la realtà viene plasmata secondo le categorie. Hume e gli scettici sconfitti e portano a casa. Se il vostro docente vi chiederà la differenza tra l'io penso di Cartesio e quello di Kant, gli risponderete che mentre quello di Cartesio era un osservatore passivo, quello di Kant invece è un costruttore attivo.
L'io diventa legislatore della natura. E'in questo punto che Kant fa anche una importante distinzione. Una cosa è ciò che noi percepiamo, che è immersa in queste categorie, il fenomeno.
Una cosa è il numeno, ossia ciò che sta al di là del fenomeno, non è percepibile. Kant ammette il noumeno perché la mente può solo percepire, non può creare dal nulla, ma sul noumeno non si può dire assolutamente niente, perché al di là dei sensi è perché è ciò che sta sotto le nostre forme pure priori che modificano il fenomeno. Quindi al di là sia del nostro pensiero sia del nostro senso, lo ammettiamo solo perché è necessario, ma di lui sappiamo solo che esiste nulla illecito dire oltre questo.
Come avrebbe detto Wittgenstein, di ciò di cui non si deve parlare si deve tacere. Quindi il noumeno è il concetto limite e Kant stesso è il filosofo del limite. Si limita, gioco di parole, a dire che non... Possiamo sapere alcune cose, apporre dei confini e non si azzarda a dire cosa c'è oltre.
L'ermeneutica della finitudine, dirà Abagnano. Arriviamo quindi alla dialettica trascendentale. Abbiamo visto come funzionano i sensi, spazio e tempo, e come funziona l'intelletto, che elabora i giudizi tramite le categorie calate nel tempo e unificate nel liopenso.
Ma resta la ragione. La ragione è quella tendenza irresistibile dell'uomo a voler indagare oltre, di voler fare giudizi di fatto, sul mondo, al di là dell'esperienza. di voler dire come funziona il mondo senza un riscontro empirico. Questa è la metafisica, che Kant giudica severo, la metafisica illusoria.
Tutto questo apparato è un costrutto di illusioni, un uso illegittimo delle categorie, che sono semplici contenitori dell'esperienza, che si vuole assurgere per usarli senza esperienza. Kant divide questa parte in tre porzioni. La psicologia razionale, ossia l'idea di anima che unisce tutte le idee, La cosmologia razionale, l'idea di mondo che unisce tutte le percezioni fisiche, e la teologia razionale, che fonde le due cose, l'idea di Dio. Kant critica l'idea di anima, basata sull'errore di attribuire la categoria di sostanza ad una funzione, ossia l'iopenso, che in realtà è solo la coscienza che accompagna tutti i nostri concetti. La cosmologia viene criticata per via del fatto che produce delle antinomie, ossia quattro problemi di cui esistono due risposte, una tesi e un'antitesi.
I quattro problemi sono il mondo è infinito o finito? Esiste la libertà o è tutto determinato? Il mondo è divisibile fino a delle particelle o è eternamente divisibile?
Il mondo ha una causa necessaria oppure no? Kant dice che ci sono argomentazioni sia per l'una sia per l'altra e nessuna di queste è verificabile. Stiamo facendo lavorare le categorie a vuoto. Lui divide, peraltro, queste quattro antinomie in due.
Due antinomie matematiche, in cui entrambe le tesi sono false, e due dinamiche, in cui entrambe sono vere. La tesi e l'antitesi sono, tra l'altro, lo specchio dei razionalisti e degli empiristi, a seconda del caso. Tra l'altro Kant fa notare che, ad esempio, sulla domanda della libertà, finisci per pensare che esistono due cose, una sostanza libera e una determinata, come Cartesio. Ma come fanno ad interagire? Dovrebbero inquinarsi a vicenda e quindi finisci per far collassare tutto o nella materia o nell'idea.
Si noti che l'ultima domanda ci conduce alla teologia. Kant analizza tre prove dell'esistenza di Dio, quella ontologica, quella cosmologica e quella teleologica. Quella ontologica la conoscete. Dio deve esistere perché nella sua definizione di ente perfettissimo c'è l'esistenza. Kant afferma che questo non è un ragionamento valido, perché implica un salto ontologico dalla logica alla realtà, presuppone sotto banco l'esistenza di Dio, Frege avrebbe detto che l'esistenza, o Frege, non ho mai capito come si dice sinceramente, è un quantificatore, non un predicato.
Inoltre Kant dice che qualcosa di inesistente non è vero che è meno perfetto di qualcosa di esistente. Lui fa l'esempio dei soldi. Se io penso a 100 euro, Questi non valgono meno di 100 euro reali, altrimenti si dovrebbe dire che io in realtà sto pensando a meno di 100 euro, a 90 per esempio, il che è assurdo. Una giraffa è tale anche se non esiste.
La prova cosmologica dice che ogni cosa ha una causa, non puoi andare indietro all'infinito e quindi hai bisogno di un entere necessario che è Dio. Questa prova è invalida perché si basa su un abuso della causalità, che è solo una nostra forma, sia perché presuppone la prova ontologica, Dio deve esistere, che non funziona. Infine la prova teologica dice che il mondo è evidentemente ordinato da una mente, ossia Dio, ma questa prova non funziona, sia perché l'ordine del mondo è dato dalle nostre forme pure a priori, trascendentali, sia perché presuppone la prova cosmologica, questo mondo ordinato deve averlo pure creato, che non funziona, e che si basa sulla prova ontologica, che non funziona. Entrambe dipendono dalla prova ontologica perché sia la... Se parti dall'inizio, la causalità, se parti dalla fine, il fine, il disegno, comunque devi dimostrare Dio.
Ma Kant dice di essere innamorato dell'uso della metafisica. Lui vuole salvarla e così le offre un nuovo compito. La metafisica si occuperà di queste forme pure a priori, della struttura della mente.
E così si conclude la critica alla ragion pura. Fuori una, restano due. Nella critica alla ragion pratica, Kant fa tutto l'opposto di prima.
Nella ragion pratica risponde alla domanda cosa devo fare, cosa posso fare. sospirare, cosa è giusto. Mentre nella critica alla ragione pura analizza la ragione che a volte va oltre i sensi, diventa pura appunto, e quindi presuntuosa in certi casi, nella pratica il problema è l'opposto, ossia alcuni fanno derivare la morale dall'esperienza, dai fatti singoli, e quindi non possono costruire una morale oggettiva. Per questo Kant non chiama il libro Critica della ragione pratica pura, perché qua il problema non è la ragione che va oltre i sensi e sbaglia, ma l'etica che si affida ai sensi e sbaglia. Kant critica tutte le concezioni morali esistenti prima di lui.
Le definisce eteronome, ossia quelle che pongono la morale in qualcosa di esterno dall'uomo inteso come ragione. E le divide in due gruppi, quelle oggettive, ossia che danno dei comandi uguali per tutti, e quelle soggettive, che sono pure peggiori perché variano da persona a persona. Quelle soggettive sono divise tra esterne, come quelle che ripongono l'agire morale nell'educazione come Montaigne, o nel governo civile come Mandeville. Kant le demolisce perché ogni uomo è stato educato in maniera diversa o vive in un paese con leggi diverse e allora ogni cosa è giusta o sbagliata a seconda di dove ti trovi. Trovi?
Ridicolo, esiste una sola morale. Ci sono poi quelle interne, che ripongono l'agire morale nel sentimento fisico, come Epicuro, o nel sentimento morale, Hutchinson. Kant demolisce anche loro, perché ognuno ha sentimenti diversi, ma soprattutto sono tutti fattori mutevoli, esterni, che cambiano continuamente, come li si può considerare una bussola per l'agire umano, e valgono solo per alcuni gruppi, non per tutti gli uomini.
Le oggettive le divide tra interne ed esterne. Le interne sono come quelle degli stoici, che credono nella perfezione. Ma Kant dice che questa è una definizione vuota. Devi essere giusto cercando la perfezione.
Ma la perfezione che cos'è in concreto? Non è niente. È qualcosa dover essere perfetto.
È una tautologia. Le esterne invece sono quelle dei moralisti teologi, quelle che dicono che il bene è obbedire a Dio. Kant trova tre problemi in questo ragionamento. Il primo è che è un circolo vizioso.
Obedisci a Dio perché lui è perfettissimo, perché lui è perfetto, perché Dio è così via. In secondo luogo si tratta di una costrizione. Non agisci più perché qualcosa è giusto, ma per accontentare Dio ed evitare una punizione.
Ed infine, ogni religione è diversa, ed è inutile proporre un'ettica cristiana ad un musulmano. Kant vuole proporre un'etica diversa, un'etica che sia oggettiva per tutti, eterna, al di là di ogni sconfitto relativismo e di ogni fondamentalismo dogmatico. Un'etica che possa dimostrarsi come vera. Kant divide la ragion pratica in due parti, elementi e metodo che spiega come l'oggettivo si cala nel soggettivo.
Gli elementi sono divisi nell'analitica, che analizza i principi della ragion pratica, e la dialettica, che si occupa del benesommo. Nell'analitica spiega la differenza tra massima e imperativo. La massima vale solo per il soggetto, l'imperativo invece vale per tutti.
L'imperativo è diviso in ipotetico e categorico. L'ipotetico è determinato da qualcosa ed è diviso in regole di abilità, che servono ad ottenere qualcosa, e consigli di prudenza. mezzo per ottenere benessere e felicità.
L'imperativo categorico invece non è determinato da nulla, non dipende da una circostanza o da un desiderio, è eterno, è immutabile, vale per tutti gli esseri razionali. Badate, dice razionali, non umani. Questo è molto stato utile in dibattiti che non dico ad alta voce per non essere demonetizzato. E questo perché non ti dice cosa fare, ma come fare. È una regola con cui puoi regolare il tuo agire nelle singole situazioni.
L'imperativo categorico è libero da ogni cosa, perché solo così si può essere veramente buoni, non aspettando una ricompensa, non pensato alla felicità, al proprio ego, allo stato, alla religione e così via. Tutte queste cose inquinano la moralità. Invece nell'imperativo categorico tu devi perché devi, non per altri motivi.
Devi perché devi e quindi devi sempre. Non devi aspettare una causa senza la quale puoi essere malvagio. Devi comportarti bene perché devi comportarti bene, perché è giusto farlo, non perché devi ottenere qualcosa. Kant scrive, dovere, nome sublime e grande, che non porti con te nulla di piacevole.
Qua si vede il suo pietismo. Deve esserci una sola morale, universale e razionale. Kant crea tre regole con cui elaborare la morale. La prima è agisci in modo che la tua massima, soggettiva, serva come legge universale, oggettiva.
Ossia agisci come se tutti facessero come te e vedi se il mondo è migliore o peggiore. Pensate ad un mondo dove tutti non rispettano il semaforo. Sarebbe pieno di incidenti e quindi non attraversare. Questo porta anche a delle critiche degli utilitaristi, i quali fanno notare che per Kant non si può mentire, se tutti mentissero sarebbe una catastrofe, neanche per salvare degli ebrei.
Questo è dovuto, come ho spiegato nel mio video su Dexter, al fatto che la divisione tra kantismo e utilitarismo è falsa, è un falso dualismo. Le due etiche, in realtà, sono unibili, ma questo ve lo spiegherò in un altro video, volevo solo farvi riflettere. La seconda legge è agisci trattando il prossimo come fine, non come mezzo, ossia gli umani devono essere trattati come soggetti, come te, da curare.... non come oggetti da sfruttare e tu sopra di loro.
Infine agisci in libertà, tu devi essere autolegislatore e quindi Kant spiega che tu devi aderire liberamente alle leggi, non puoi venire obbligato a obbligare altri. Queste tre leggi dell'umanotica si possono riassumere nella regola d'oro del cristianesimo, fai ad altri quello che vuoi facessero a te. Kant sta dimostrando quindi che la legge morale è qualcosa che ogni uomo può trovare se usa la ragionevolezza e se considera ciò che è il dovere per il dovere, senza pensare a secondi fini, e lo universalizza aderendovi liberamente. Perché l'uomo è morale solo se aderisce al dovere, e non se ci sono motivi dietro. Non è morale ciò che si fa, ma l'intenzione con cui lo si fa.
Devi, dunque puoi. E quindi la moralità non è qualcosa di presente nel mondo, come volevano gli empiristi. da apprendere studiando le rocce o ascoltando i sentimenti soggettivi, né qualcosa come i razionalisti che sta nell'aldilà della metafisica o in Dio.
L'etica è qualcosa che l'uomo produce, è l'uomo a creare il bene, la giustizia, la moralità, e lo fa considerando proprio ciò che lo rende uomo e uomini tutti gli altri come lui. Ed è questa la seconda rivoluzione copernicana, quella della morale. La giustizia non è qualcosa di fuori dall'uomo che si impone, ma è qualcosa dentro l'uomo, a cui l'uomo aderisce liberamente, imponendosi il suo essere retto.
Da qui deriva il famoso detto che Kant scriverà nella sua tomba e che è tratto dal Salmo 19 della Bibbia. Bibbia, il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me. Kant nella ragion pura ringrazzava Jung, nella ragion pratica invece ringrazia Rousseau e Voltaire muto, muto proprio, che lo ha risvegliato dall'idea che gli aristocratici siano superiori alla massa plebea, mostrando invece come la radice morale sia nella comune umanità di tutti.
Nella dialettica Kant vuole parlare dell'antinomia del sommo bene. Che cos'è il sommo bene? È quando uniamo la massima felicità alla massima moralità.
Essere giustissimi è anche felicissimi. Eppure sappiamo che essere giusti non garantisce la felicità. C'è questa spaccatura che noi percepiamo come ingiustizia, come senza senso. I filosofi hanno provato a spiegarla in vari modi, con l'etica sintetica, ad esempio, ossia coloro che volevano identificare la virtù e la felicità.
Se sei giusto e saggio, allora sei felice, dicevano Epicuro e Socrate. Ma Kant risponde che non è così. Noi non siamo felici con la virtù, anzi, abbiamo degli impulsi che ci spingono verso qualcosa e una moralità che ci dice un'altra cosa. Se fosse come dice Socrate, noi saremmo come dei robot, felici di essere buoni. Kant mostra una spaccatura tra mondo fenomenico e mondo morale.
Le leggi della natura non garantiscono la felicità. Kant per questo crea tre postulati. Il postulato non è una dimostrazione, perché tratta di qualcosa di indimostrabile, che però spiega qualcosa che sappiamo essere vero. E siccome in noi esiste questo senso di moralità intrinseca, sono necessari tre postulati.
Il primo è quello della libertà. Solo se sei libero puoi essere morale, se no sei solo un pazzio e non hai merito, e tutto il sistema crolla. E quindi, dato che noi abbiamo questo senso morale oggettivo,... dobbiamo essere liberi. Il secondo è l'immortalità dell'anima, perché noi non possiamo raggiungere il sommo bene, la perfezione, in una vita finita.
Noi continuiamo ad essere peccatori e infelici. Serve dunque una vita infinita per perfezionarci e farci raggiungere quella direzione a cui sentiamo di tendere. C'è molto di Pascal qui. Ed infine il postulato di Dio, che ha il compito di abbinare felicità e giustizia, ha il compito di premiarci nella prossima vita. Se ci fate caso, questi tre postulati sono le tre idee della ragione della dialettica, trascendentale della ragion pura.
Ossia, l'anima, la libertà nel mondo e Dio. Queste tre idee che la ragione cercava senza successo di dimostrare vengono mostrate dal cuore, dalla legge morale. Quello che era il lumeno, la cosa inconoscibile al di là della percezione delle leggi fisiche, diventa ora conoscibile dalla moralità. Il mondo mostrato dalla ragion pura, quello fenomenico, è deterministico e pieno di leggi fisiche. Quello della ragion pratica è un mondo di libertà.
Kant riprende l'idea di Erasmo da Rotterdam che, se Dio ci dà dei comandamenti e ci premia se ci rispettiamo, allora ci ha creati liberi, altrimenti non avrebbe proprio senso. E siccome Kant vede delle leggi oggettive, si postula l'esistenza della libertà e di Dio. E proprio riguardo a Dio, Kant dimostra che... Perché è giusto che noi non siamo certi della sua esistenza?
Se fossimo certi dalla sua esistenza, non agiremmo più liberamente, ma saremmo tutti super obbedienti a Dio, sapendo che saremmo giudicati alla fine. Quindi il fatto che Dio sia misterioso è l'unico modo che abbiamo per agire come se non ci osservasse nessuno. Questa è una filosofia molto profonda. Kant ha analizzato il peso di Dio, come in The Young Pope, ed è un tema che era presente anche nella Kabbalah.
Si vede il mio video 2.0, Dio 2.0. dove ho parlato di come la presenza divina, la Sekhina, limita la libertà umana e quindi Dio si ritira, si limita, si nasconde. Se no, sa che non saremmo liberi. Kant parla di religione distinguendo tra deismo e teismo. Il deismo è tipico della ragion pura, il dio ordinatore, il mondo fenomenico, dell'ordine fisico.
Il teismo è quello della ragion pratica, del mondo anche noumenico, che garantisce un ordine morale, la felicità. Quindi è evidente che... che Kant non è un deista come gli illuministi, ma un teista, e lui considera il cristianesimo l'esempio perfetto di teismo.
Kant afferma che al genio preferisce il santo e critica l'utilitarismo dicendo fiat justitia periat mundus, ossia che giustizia sia fatta anche se il mondo dovesse bruciare, per esempio. Gli utilitaristi invece badano prima al risultato. Questo è il famoso primato dalla ragion pratica, ossia con la moralità siamo andati dove, con la ragione, non riuscivamo.
Fuori due. Kant fino ad ora si è dimostrato un giano bifronte. Da un lato ragione, dall'altro fede. Da un lato cuore, dall'altro intelletto.
L'illuminismo, ma anche percursore del romanticismo. C'è un abisso, uno stacco tra ragione pura e pratica, tra fenomeno e noumeno. La critica del giudizio serve proprio a compensare questo gap. Io non so se vi rendete conto di quanto cazzo è ordinato questo genio.
Io potrei metterlo su Pornhub, questo filosofo, e sarebbe giusto. Ammirate la cazzo di... Programmaticità! Il mio sistema filosofico non esisterebbe senza Kant. Qui Kant vuole dire che l'uomo non è solo intelletto, ma anche sentimento.
Questo libro ci si chiede che cosa è il bello. Si divide in due parti, l'analitica, che analizza il bello e il sublime, e la dialettica, che affronta l'antinomia del giudizio. Kant distingue due tipi di giudizi, determinante e riflettente. Quelli determinanti sono quelli in cui abbiamo sia il particolare, sia l'universale, e sono giudizi scientifici. Quelli riflettenti, invece, sono...
Il particolare, l'universale, quello che viene ricercato. Sono quei giudizi in cui l'uomo cerca il senso del fine del mondo. E'il giudizio estetico.
Per questo Kant analizza sia l'estetica, che cerca il dilettevole nel mondo, il bello è tale per il soggetto, e la teleologia, l'utile, e il bello in senso oggettivo. Ma come nasce il bello? Il bello nasce da un accordo tra immaginazione, che è irrazionale, e intelletto. che è razionale, e questo accordo genera un senso di armonia.
Per questo motivo il bello segue le categorie. Infatti le cose sono belle per qualità, ossia disinteresse. Il quadro è bello anche se non ci causa un profitto, a differenza di altre cose in cui noi pensiamo a quanto possiamo guadagnarci, per esempio. Secondo, quantità, perché piace universalmente, non solo a pochi. Secondo, relazione, perché percepiamo una finalità senza uno scopo.
Sentiamo che è ordinato verso qualcosa, pur non sapendo verso cosa. E modalità, ossia è bello senza un concetto. ci causa un piacere che è necessario anche se non riusciamo a spiegarlo. Per tutti questi motivi il bello è universale, è basato su dei criteri intersoggettivi che sono dentro di noi e quindi sempre valido.
Si era infatti creata l'antinomia del gusto, ossia il gusto è determinato da qualcosa oppure no. Se è determinato, allora non è universale, perché sarà contestabile. Se invece non è determinato, allora non lo si può giustificare come oggettivo.
Kant risolve questa autonomia, questa antinomia, dicendo che, a seconda di come usiamo il termine concetto, possiamo cambiare il significato, e quindi il bello è sì causato da un concetto, ma da un concetto indeterminato, inspiegabile, come abbiamo visto, parzialmente non razionale. Kant, in ogni caso, distingue tra piacevole, che è soggettivo, e piacere estetico, che è universale, e distingue tra una bellezza libera, che è aconcettuale, tipo un arabesco, una musica senza testo, ci piace anche se non possiamo descriverla con la ragione, e aderente, che invece si riferisce a qualcosa. Kant a questo punto ci parla del sublime, ossia il senso di bellezza più grande.
Al di là di ogni comprensione, il sublime avviene quando ci troviamo di fronte a qualcosa di incalcolabile, che non possiamo racchiudere nel ragionamento, che ci spiazza. Avviene quando l'immaginazione supera di così tanto l'intelletto che questo ne diventa suddito, genera rispetto. Il sublime si divide in matematico e dinamico.
Il matematico deriva dalla contemplazione di qualcosa di gigantesco, il dinamico da qualcosa di potente. Sono gli spettacoli della natura, le cascate titaniche, le tempeste più furiose, l'oceano scosso dalle onde, il vulcano che erupte. le galassie, le supernove, i buchi neri, i confini dello spazio siderale, l'altissima percezione del multiverso.
Sono cose talmente infinite e superiori a noi che generano sia un senso negativo, perché siamo inferiori come fenomeno, ci sentiamo schiacciati, ma anche un senso positivo, perché siamo superiori come noumeno. Questo ricorda la teoria di Pascal, noi siamo minuscoli di fronte a queste cose, ma siamo al tempo stesso più grandi, perché con la nostra mente le comprendiamo. Mentre queste non pensano.
Ecco il segreto dell'uomo, del sublime. Noi siamo infinitamente piccoli e proprio per questo infinitamente grandi. E quindi questa è la terza e ultima rivoluzione copernicana.
Il bello non è nelle cose, Kant dice che è una montagna più grande, non è che un mucchio di sassi, non diversi da quelli di casa tua. Ma dentro di noi, è sempre stato dentro di noi, e siamo noi ad innalzare le cose materiali al livello della nostra umanità. E con il senso del giudizio noi riusciamo a cogliere quell'ordine.
nel cosmo che sfugge all'intelletto, quell'ordine che necessita di un creatore intelligente. E per questo Kant conclude dicendo il bello è il simbolo del bene morale. E così il giudizio si riunisce con la pratica che si riunisce con la pura e tutto si conclude, perché con il bello l'uomo lega il fenomeno e il noumeno, e conferma quella fede di Kant che ci spiega pure chi è per lui il genio.
Il genio è tale per la sua creatività, per la sua esemplarità, crea opere che gli altri imitano, e per l'impossibilità di dimostrarlo scientificamente. L'arte prima si pensa e dopo si fa. Ma parliamo di politica.
Kant conobbe la rivoluzione francese, che interruppe la sua puntualità, e la elogiò perché aveva dei buoni ideali, tanto che disse che i francesi sono stati il primo popolo a liberarsi dalla tirannia, nonostante lui ritenesse che non fosse legittimo ribellarsi ad un governo legittimo. Kant sostiene che l'uomo debba essere assolutamente assolutamente libero e avere anche libertà d'opinione, però riconosce che ci sono situazioni in cui la libertà può essere dannosa. Se sei un soldato, criticare il tuo generale può condurre ad insubordinazione e disestare l'armata, quindi ad un male maggiore.
Per questo lui divide tra una libertà pubblica e una libertà privata. privata. Lui sostiene che la monarchia sia sbagliata perché i sovrani fanno guerre e pace come quando decidono di andare a caccia, tanto non sono loro a pagare le conseguenze, ma i popoli.
Per questo lui sostiene la democrazia, deve decidere il popolo, ma non una democrazia diretta, è comunque un uomo del suo tempo, ma mediata, e sostiene che debbano esistere tre tipi di legge, proibitive, permissive e prescrittive. Kant studia la storia e vede che ci sono tre teorie sulla storia, quella ter, parola censurata su youtube, oristica, secondo cui va sempre peggio, però questa è una teoria non accettabile, perché la storia come distruttrice di se stessa viene rappresentata. C'è la teoria abderistica, ossia una storia senza senso, l'uomo costruisce e poi abbatte, c'è un rovesciamento del progresso, non si progredisce né si regredisce, come Sisypho, anche questo è inaccettabile. Ed infine la teoria eudaimonistica, tipica dell'illuminismo, e che Kant sceglie, secondo cui l'uomo tende a migliorarsi progressivamente, ma non è una via obbligata, perché l'uomo è libero, e quindi è nostro dovere migliorarci come specie. E per questo Kant scrive il suo Trattato per la pace perpetua, in cui si chiede come porre fine alle guerre.
Oltre a rendere tutte le nazioni democratiche, Kant stabilisce che non sarà possibile creare debito pubblico per finanziare l'esercito, capito, Stati Uniti d'America? E che non si potranno utilizzare spie e trattati segreti, cosa che infatti oggi è considerata la base, e che ogni nazione deve unirsi in una sola grande federazione mondiale, con una grande umanità unita negli sforzi. Il sogno di Kant.
ancora oggi non si è realizzato e le guerre imperversano. Kant lavorò tutta la vita come professore, amato degli studenti per la sua apertura mentale, anche quando la demenza senile lo colpì. Kant morì sussurrando ist gut, cioè va bene, è così, e venne sepolto con la sua famosa frase nella tomba. Inizialmente i suoi testi non vennero compresi, poi divennero un successo straordinario e la sua rivoluzione prese piede. Lui è l'iniziatore del romanticismo e dell'idealismo, i suoi allievi dibattevano su come interpretarlo, nonostante in vecchiaia Kant abbia criticato Fichte.
Il poeta Oderlin scrisse che Kant era il Mosè della Germania, e aveva ragione. Fino ad allora la filosofia era dominata da italiani, francesi e inglesi, in quel periodo francesi. Kant dette l'inizio a quel movimento che farà dominare ai tedeschi il panorama filosofico per un secolo.
Kant fu un filosofo dei limiti dell'uomo, ma dopo la sua morte i suoi scritti verranno usati dagli idealisti, Fichte, Schelling e poi Hegel, che criticò Kant, dicendo che lui cerca di delimitare la conoscenza prima di conoscere, il che è come saper nuotare senza voler entrare in acqua. pensare di saper notare semplicemente perché si studiano i flussi dell'acqua, e verrà usata da questi, dicevo, per ricostruire una nuova metafisica, la stessa che lui voleva distruggere. Ironic.
Kant fu un'enorme influenza per Schopenhauer, il quale scrisse la sua tesi su di lui e lo definì come il cervello più originale, proclamando traditori gli idealisti. Gli italiani inizialmente non accettarono Kant, ma il Chiore Gioia scrisse L'Italia non si incanta. Con la k proprio, ragazzi, ragazzi, ma io non so se vi rendete conto. Un filosofo, ok, dell'ottocen...
di quello che è, un filosofo così, tutti vestiti da Duca Conte, che fa una battuta così cringe, generazioni prima della televisione di computer. Cioè, sto soffrendo, secoli dopo, questo è un meme trash. Il pensiero di Kant ricorda il buddismo dharmakirti, se ci pensiamo.
I positivisti adorarono Kant per la sua lotta antimetafisica e fusero però il suo pensiero con l'evoluzione darwiniana, ritenendo che le forme pure a priori del cervello siano qualcosa che è a priori per l'individuo ma a posteriori per la specie che le ha evolute. Cioè, man mano che si è evoluto il cervello, si sono evolute anche queste forme. C'è stato poi una scuola di pensiero che ha fuso il marxismo e il kantismo, come Adler e Vorlarner. Marx stesso, in quanto influenzato da Hegel, deve molto a Kant.
I neo-idealisti, come Croce e Gentile, elogiavano Kant. ma solo come precursore di Hegel. Kant ha influenzato anche la fenomenologia, in particolare Husserl, che è il nuovo Kant, che è sconosciuto in Italia. E l'esistenzialismo, Heidegger, che lo ritiene il filosofo del rapporto temporale con l'essere, Jaspers invece per l'apertura mentale con l'assoluto.
Einstein lo cita come importante per la sua formazione. Cosa che è molto importante perché Einstein aveva un'idea molto diversa di tempo, come qualcosa di esistente al di là della mente. Popper è fondamentale per la sua somiglianza con Kant nel ritenere la scienza un costrutto, a cui muovo una critica però. Noi siamo condizionati dalle forme pure a priori, ma nulla ci dice che... forme siano corrette.
Bergson sarà influenzato da Kant nell'idea di tempo come soggettivo. Influenzerà anche lo strutturalismo, il post-strutturalismo, il deconstruttivismo e la filosofia del linguaggio. In particolare Chomsky darà ragione a Kant dicendo che ci sono delle forme pure che sono innate in noi nel nostro modo di strutturare il ragionamento e il linguaggio.
Senza saperlo anticipo la meccanica quantistica nel dire che il nostro studiare qualcosa noi lo plasmiamo. E l'interpretazione di Rovelli, che nega l'esistenza del tempo, sembra una fusione di Kant, Einstein e meccanica quantistica. Stephen Hawking lo menziona nel suo parlare di come funziona il tempo, la causalità e, all'origine dell'universo, l'esistenza di Dio. Oggi esita addirittura una scuola di neocantiani.
E io stesso ho un caro ricordo di Kant. Ho sempre saputo a memoria la classificazione e l'ordine della sua filosofia, con orgoglio, e ne facevo una sintesi e una critica per dare ordine al mio stesso sistema filosofico. E mentre lo facevo... Io stavo studiando in quel periodo per il test di medicina e me lo ricordo bene perché stavo guardando Naruto per l'esattezza del torneo Chunin che sarebbe finito nella mia recensione.
Quindi quella era un'epoca bella. Naruto davanti a me, Kant dentro di me, annotato nel mio diario filosofico che scrivevo e la medicina nel mio futuro. Vi lascio il link Amazon della critica dalla ragion pura, della critica dalla ragion pratica, della critica dal giudizio e il trattato per la pace perpetua in descrizione.
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