Siamo qui con l'antropologo Marco Aime per parlare di un tema che attraversa tutte le scienze sociali, che è Confini. Lo spunto è questo libro che il professore ha scritto con il geografo Davide Papotti. Io per cominciare chiedo sempre, non è la prima volta che ci incontriamo, mi ricordo di avergli già chiesto che cosa significa essere un antropologo.
Ficcare il naso negli affari degli altri potrebbe essere una risposta. Quello anche giornalista però. Anche giornalista, sì.
Ma diciamo che gli antropologi studiano quello che c'è tra gli individui, cioè in che modo gli esseri umani nelle varie parti del mondo costruiscono le loro relazioni. Non è un caso che i primi antropologi studiassero molto i sistemi di parentesi. parentela, perché la parentela l'abbiamo inventata tutti ma in tantissimi modi diversi, allora studiare in quanti modi si può organizzare le relazioni parentali è un modo per capire la diversità umana. Di fatto gli antropologi studiano le culture, ma le culture costruite sulle relazioni umane e nella loro diversità, quindi sintetizzando potremmo dire che studiamo quello che c'è tra gli individui, non gli individui in sé. Il geografo invece studia il rapporto tra l'uomo e lo spazio che abita, quello si chiama il territorio, e quindi c'è un elemento di contatto tra queste due scienze sociali che certamente si può trovare al confine.
Sì, in questo caso quanto mai era indispensabile un dialogo. Poi Davide Pappotti si occupa di geografia culturale, quindi è anche molto più vicina come disciplina. Soprattutto perché il confine è un qualcosa che ha un tempo sicuramente un segno nello spazio, un segno che a volte non è un segno ma è un concetto legato a uno spazio che non è sempre uno spazio fisico, può anche essere un altro tipo di confine e allo stesso tempo però è un prodotto culturale, quindi abbiamo un po'zigzagato anche sul confine tra le discipline.
Allora iniziamo proprio da questa idea, il confine, il confine secondo me è la prima cosa da... segnare, diciamo, da ricordare è che è una creazione umana. Sì. Cioè non esistono dei confini che ha creato Dio, o sono già dati e che noi ci troviamo ad ereditare da tempi ignoti.
Il confine è comunque un tratto, un concetto umano. Infatti, nel 1961, Yuri Gagarin, Fu il primo astronauta che venne lanciato nello spazio. Russo. Russo, con un barattolo di astronave, oggi è quasi ridicola, piccolissima, e fece il giro della Terra.
Perché ve lo dico? Dato personale, io avevo cinque anni, ma tutti noi quando eravamo bambini volevamo essere gagarin, perché... Ma è stato il primo uomo che ha visto la Terra, da fuori. Nessuno l'aveva mai vista da fuori.
disse dalla sua astronave la Terra da qui da quassù è bellissima senza frontiere nei confini. È un'immagine bella, voleva anche essere un po'un'immagine di unione del mondo. In realtà però è un'immagine che non tiene conto della storia, perché invece la Terra è divisa da confini di vario genere.
E a volte noi sentiamo parlare di confini naturali. Alcuno dice, le Alpi sono il confine settentrionale dell'Italia. È un confine naturale.
La gente è sempre scavalcato le Alpi, non ha mai fermato. Il confine tra Piemonte e Lombardia è il Ticino, ma nessun fiume ha mai fermato, nessuno, i fiumi si attraversano, ci sono ponti, si attraversano in barca, a nuoto. Allora, non attribuiamo alla natura delle colpe che non ha, la natura non ha posto confini.
Siamo noi che a volte facciamo coincidere una linea di confine. con un elemento naturale perché è più facile. Allora la cresta di una montagna, di qua siamo noi, di qua gli altri, è più semplice, un fiume di qui e di là. Ma la natura non ha mai posto nessun confine invalicabile, gli esseri umani si sono sempre spostati, quindi confine naturale non esiste.
I confini sono tutti creati dalla nostra mente. Ecco, in Europa per esempio è più facile vedere questa sovrapposizione tra il confine e il confine. naturale e il tratto dell'uomo che si è adeguato al confine naturale più o meno. Ci sono in genere, non so mi corregga se sbaglio, però si fa l'esempio di alcune carte come l'Africa in cui è evidente che il confine è stato tracciato con un righello sulla pianta perché sono confini tracciati dai colonialisti, dai portatori di Stato in territorio che ancora non avevano le divisioni.
tra gli stati e quindi guardate una mappa dell'Africa noterete che ci sono dei confini molto molto squadrati, molto netti, proprio con qualcuno che si è messo lì e ha detto allora qua ci sono io, poi da quest'altra parte ci sei tu. E quindi questo è evidente che il confine comunque è tracciato. Lì è più evidente perché in genere questi confini...
Infatti i Corrighello sono nell'area desertica, nel Sahara, e non è una battuta, li hanno fatti così perché non sapevano ancora dove era il petroglio. L'avessero saputi sarebbero stati molto più attenti, però essendo tutta sabbia, vabbè, tiriamo una riga dritta, non c'è tutto piatto. Sì, questo è il modo più evidente di capire che il confine è una creazione. Però anche altri confini meno netti spesso sono assolutamente arbitrari. Però poi i confini funzionano.
Come diceva Pascal, è un'aberrazione che di qua dei Pirenei una cosa sia legale e al di là sia illegale. Stanno già arrivando delle domande molto interessanti. Per esempio...
Per esempio, al liceo Immanuel Kant di Melito di Napoli, c'è una differenza tra un confine e un muro? Allora, il muro può rendere visibile un confine. Il muro è un confine, ma ci sono confini senza muri. O ci sono dei muri che non sono neanche visibili.
Se noi pensiamo, per esempio, al mar Mediterraneo, È stato costruito, l'Europa ha costruito un muro sull'acqua, per cui chi arriva, il migrante, di colpe come entrasse in Europa, supera un confine che non c'è, è acqua, però è come se fosse un muro. In alcuni casi sì, può essere un muro, ma può essere anche un muro che non è di mattoni o di cemento, ma un muro giuridico, un muro linguistico. In altri casi invece il confine non è un muro, può essere tranquillamente attraversato. Pensiamo per esempio allo spazio Schengen dell'Unione Europea, noi oggi possiamo attraversare tutta l'Europa, attraversiamo dei confini ma senza nemmeno che ci chiedano i documenti.
Un ricordo così personale, nell'80 con tre amici partivamo da Torino in macchina per andare in Finlandia e cambiamo sei valute diverse, oggi ci andremo senza passare una frontiera e senza cambiare moneta. Però a volte c'è una sovrapposizione tra confini e muri, pensiamo per esempio al confine tra Stati Uniti e Messico che in parte è stato segnato anche da una costruzione. Sì, pensiamo anche alla barriera che c'è in certi tratti tra Israele e i territori palestinesi. Sì, è più poroso. O al muro più celebre, forse, beh il muro più celebre è la muraglia cinese, pensiamo alla muraglia cinese che cos'è.
Ma anche il muro di Berlino per gli europei ha rappresentato un'epoca, un simbolo di un confine invalicabile. Certo, e questa è molto interessante, quest'altra domanda che le faccio dell'Istituto Sciascia di Sant'Agata di Militello, che ci porta anche a quello che stavamo già dicendo per far capire anche quanto il confine vivo non è prestabilito per sempre ma è mutato. mutabile, mutevole e lo dimostra anche il fatto che i confini cambiano con la storia, infatti i ragazzi di Sant'Agata chiedono un confine non solo fisico ma anche culturale o simbolico, può essere abbattuto e come? Abbattuto o modificato, prendiamo sempre i confini territoriali che ci sono più familiari e classici, io penso generazioni come la mia che sono nate nel dopoguerra si erano un po' un po'illusi che dopo la seconda guerra mondiale, dopo il trattato di Yalta, i confini almeno fossero quelli, ci siamo messi a posto. Sono bastati pochi decenni, 90-91, la Jugoslavia scompare, ritorna agli stessi confini che aveva nel 1914 più o meno, l'Unione Sovietica crolla e nascono tutta una serie di stati che non conoscevamo, Uzbekistan, tutti gli Stang.
che erano province. Cecca e Slovacchia si divide in due. In compenso la Germania che era stata divisa tra 61 e 89, tra est e ovest, torna insieme.
E questo ci dà l'idea di come i confini siano un porto della storia. Qualche anno fa i catalani hanno tentato di staccarsi dalla Spagna, non è andata bene, però chissà che non ci riescono. La Scozia ha delle pulsioni indipendentiste di staccarsi dalla Gran Bretagna.
E quindi ecco, i confini sono in continuo progresso, mutano proprio perché sono prodotti umani, se fossero naturali sarebbero, le montagne sono sempre lì, i fiumi sono sempre lì ma magari non fanno più da confine. Abbattere dei confini... Non è semplice, è più facile però che i confini siano superabili, anche confini culturali. Faccio un esempio, un esempio che credo poi sia familiare a tutti. Gli antichi greci e poi anche i romani chiamavano gli stranieri barbari, era un confine culturale.
Barbaro vuol dire balbuziente, era quello che non parlava bene il greco o non parlava bene il latino, il barbaro. Però se il barbaro imparava il greco e il latino e si comportava da greco e da romano, diventava assolutamente greco o romano. Abbiamo avuto imperatori che venivano da fuori Roma.
Quindi il confine, se culturale, si può superare cambiando. Quando invece noi poniamo dei confini su degli elementi biologici, per esempio quella della ipotetica razza, perché le razze non esistono, però a quel punto io non posso cambiare cultura, lingua, religione, posso cambiare tutto quello che voglio, ma non posso cambiare la mia natura. Ecco, quando poniamo un confine su un piano naturale, biologico, tra gli individui, il razzismo, per dirlo in breve, beh, lì non è possibile valicarlo. Allora, poi voglio tornare su questa idea delle barriere, dei confini culturali e di pregiudizi, però per concludere il discorso sulla geografia fisica e su il confine tracciato dal cartello, ortografo in base o no alla geografia.
Spesso succede che per abbattere un confine sia necessaria o succeda una guerra, ci sia una guerra e lo vediamo per esempio adesso in Ucraina in cui si combate l'invasione russa è legata al desiderio dei russi di espandere i propri confini. È un po'una maledizione questa di... cambiare i confini con le guerre, sta parlando di confini tra stati, spesso succede che per cambiare un confine è necessario uno scontro?
Beh sì, la maggior parte dei cambiamenti di confine sono conseguenze di una guerra, di un'invasione, un qualcuno che vuole prendersi una parte del territorio che appartiene a qualcun altro, difficilmente. Qualche volte sono cambiati per un negoziato, ma molto raramente. E quindi quando c'è una volontà espansionistica, questo fin dall'antichità, pensiamo a Roma espansi sui confini in praticamente tutta Europa, la Cina, l'impero cinese e poi gli ottomani, fino all'era moderna, per cui o si conquista oppure in alcuni casi si espande.
è il caso per esempio adesso russa e ucraina o pensate anche al caso adesso israele e palestina dove il confine non è un vero confine qui è curioso perché è una linea di cessate il fuoco non tutti riconoscono quel confine quindi ci sono dei confini non riconosciuti che però di fatto sono confini ci sono anche dei casi curiosi se voi prendete la zona del kashmir che è al nord dell'india E voi prendete tre cartine, una cinese, un indiana e una pakistana, scoprirete che ognuno dice che quel pezzo è suo. Io mi sono sempre chiesto quelli lì a chi paghino le tasse, forse a nessuno, perché sono tre paesi che dicono non c'è conflitto, rimane latente. In alcuni casi invece i confini sono modificati per richiudersi.
Pensiamo al caso dell'ex Yugoslavia, che era un paese unico e dopo il conflitto invece esploso in Croazia, Serbia, Slovenia, Montenegro, Kosovo, Bosnia e Herzegovina. Quindi i confini quasi sempre cambiano perché c'è uno scontro violento. Difficilmente sono cambiati per trattative, se non piccoli spostamenti. C'è un caso curioso, ve lo dico adesso, perché...
Il Monte Bianco segna il confine tra Italia e Francia. La punta era considerata la via di confine. Con lo scioglimento dei ghiacci si sta sciogliendo di più dalla parte italiana, la punta adesso è francese.
Allora ci si chiede se si sposta il confine sulla punta oppure il Monte Bianco diventa francese, non è più italiano. Senta, per concludere ancora il discorso sui confini degli stati. Che importanza ha per uno Stato avere un confine?
Beh, ha un'importanza soprattutto, intanto, amministrativa. Cioè, teniamo conto che lo Stato, come lo conosciamo adesso, quei suoi confini, Nasce dopo il trattato di Vesfalia, non c'è sempre stato un confine così netto, persino anche gli antichi imperi come quello romano sfumavano, non c'era una linea proprio. Quindi lo Stato innanzitutto serve perché è un contenitore di regole di quello Stato, cioè le leggi di uno Stato funzionano all'interno di quel territorio, non in un altro.
Possono assomigliarsi, ma non sempre. Si possono avere delle leggi comuni, caso dell'Unione Europea, però lo Stato serve soprattutto a gestire amministrativamente un territorio, però allo stesso tempo uno Stato crea la cittadinanza. Qui di nuovo c'è un po'il cortocircuito.
L'idea di nazionalità esiste solo nel momento in cui nasce lo Stato. Prima non si era. cittadini di in passato e anche qua però pensiamo dicevo il cortocircuito perché quando noi concediamo la nazionalità italiana a uno straniero spesso usiamo il verbo naturalizzare come se la natura ci avesse dotato di un passaporto in realtà noi non nasciamo con un passaporto però nascendo all'interno di uno stato siamo cittadini di quello stato, quindi lo stato crea il cittadino. Ecco, lo Stato però crea anche gli stranieri poi. Esatto, allo stesso tempo creando il noi, crea il loro.
E che cos'è che definisce un migrante? Perché uno è migrante? Perché ha superato un confine.
Quindi se pensiamo appunto quando non c'erano i confini statali come ci sono adesso... Uno andava, si viaggiava, poteva viaggiare tranquillamente, ecco, Marco Polo è andato fino in Cina, ecco, non è un migrante. Senza passaporto.
Senza passaporto e invece nel momento in cui noi tracciamo un confine, e questo è sia da un punto di vista territoriale, giuridico, anche culturale se vogliamo, ecco, nel momento in cui io supero quel confine... migrante o turista potrei anche essere in ogni caso esco dalla mia comfort zone conoscete la citazione di Massimo Truisi esatto quando Truisi viaggia e dice che è migrante magari i vostri professori o i genitori avranno colto c'è molto interesse però adesso ditemi se lo condividete anche voi nelle domande che arrivano sul confine come barriera culturale Quindi spostiamoci a comprendere meglio questo concetto più sottile. Cito l'Istituto Einaudi di Dalmine.
Non crede che la diversità sia un arricchimento e che i confini, intesi come barriere, lo impediscano? No, assolutamente sì, la diversità è un arricchimento. Allora, forse qui dobbiamo fare un discorso un po'più ingarbugliato, ma nel senso buono. Dobbiamo prima di tutto chiederci, è la diversità che crea il confine o il confine che crea la diversità? Siamo sempre sicuri che noi quando tracciamo un confine, lì finiamo noi e poi iniziano gli altri?
Posso dirvi che nella maggior parte dei casi non è così, in molti non è assolutamente così. Però una volta creato il confine si crea una differenza. Perché? Perché, in fondo chiamo così, perché...
Possiamo dire che tutte le società umane in tutto il mondo soffrono di una malattia che si chiama etnocentrismo. Se noi prendiamo i nomi, gli etnonimi, cioè i nomi che le popolazioni si danno, sono quasi sempre gli uomini, i guerrieri, i coraggiosi, mai nessuno si è chiamato, i brutti, gli storpi, gli sfigati, e però cosa vuol dire? Che se noi siamo i... i buoni, i coraggiosi, i guerrieri, gli altri sono meno uomini, meno coraggiosi o addirittura non.
Quindi questo tutti, l'etnocentrismo colpì. Perché l'etnocentrismo? Perché Nelson Mandela, non so se più sa chi è comunque stato, un leader sudafricano che ha fatto 27 anni in prigione lottando per...
L'uguaglianza tra neri e bianchi, poi premio Nobel per la pace, è diventato anche presidente del Sudafrica e Nelson Mandela in una bellissima poesia che scrisse in carcere disse il nostro pensare in piccolo non serve al mondo e ha ragione, però non siamo tutti Mandela e noi umani non riusciamo a pensare in grande, cioè non riusciamo a pensarci come umanità e allora abbiamo bisogno di creare il gruppo, di creare questo confine. E nel momento in cui abbiamo creato pensiamo che al di là siano diversi. Però per rispondere... Meglio alla domanda, la diversità certo che è un arricchimento, ma non è solo al di là del confine, è già dentro di noi, anche perché tutta la storia dell'umanità è fatta di movimenti, non c'erano i confini, oggi sarebbero attraversati i confini, siamo mescolati, noi nella nostra cultura, quando tracciamo il confine diciamo la nostra cultura.
Allora, la nostra cultura, per esempio, noi usiamo dei numeri che sono stati inventati in India e poi sono arrivati a noi attraverso la Persia e gli Arabi. E se non era per gli Arabi, non avevamo ancora quelli romani. Un sacco di altri elementi che noi consideriamo nostri, in realtà, vengono da fuori.
Faccio un esempio banale. I due piatti dell'identità italiana, pizza e spaghetti. Il primo è arabo, il secondo è cinese e se tutti e due mettiamo il pomodoro che viene dall'America.
Le culture sono tutte fatte di un miscuglio di diversità. Quindi in realtà la diversità è fondamentale perché porta all'innovazione e al cambiamento. Si cerca di impedirla coi muri, ma di fatto la diversità vincerà sempre. Allora ragazzi, qui in stanza c'è qualcuno che vuole fare qualche domanda su questo tema? Io non vi vedo, non vi vedo, ecco così vi vedo.
Non esagerate. Vogliamo, volete partecipare con magari una perplessità, un dubbio, un interesse? Andiamo avanti e poi dopo vi fate...
Va bene, andiamo avanti. Allora, prendiamo una domanda che viene, che forse ci porta un po'avanti nella riflessione, però andiamo così, andiamo... un po'anche in base alle suggestioni che ci arrivano.
Liceo Cotta di Legnano, potrebbe parlarci delle ideologie a UOC? Cosa ne pensa della sua evoluzione in questi ultimi anni? Quindi, diciamo, questa esasperazione del politicamente corretto e dell'ostentazione di voler eliminare le barriere.
Elimina le barriere, o adesso lo sto traducendo così, ma per dare un... per riportarla in questa discussione? Ma sinceramente credo che sia, in molti casi allora è giusto adeguare il linguaggio ai tempi e ai cambiamenti, in molti casi è un po'però una cosmesi faccio un esempio, quando noi per essere politicamente corretti diciamo una persona di colore stiamo mica pensando a uno blu E'ovvio che stiamo pensando a uno che ha la carnagione scura, quindi tanto varrebbe dire neri, scure così. Quindi ecco in molti casi si arriva un po'a una esasperazione perché le differenze esistono facendo finta di eliminarlo, si elimina anche il lato positivo della differenza. Ecco quindi il problema non è...
cancellare o eliminare le differenze, il problema è casomai valorizzarle laddove sono positive, ecco. È un po'come quello che viene chiamato, che è sempre in quell'ambito, la cosa detta cancel culture, cioè cancelliamo dalla storia. Hitler è bene ricordarselo, cioè non cancelliamolo, piuttosto mettiamo una bella targa. Abbattere il monumento di Colombo negli Stati Uniti, io capisco che abbia un significato, più che abbatterlo mettiamo una bella taglia.
Ricordiamoci esattamente chi era, che cosa ha fatto. Che cosa è successo, ecco, nei nomi delle vie, bene abbiamo delle nostre toponomasi delle vie, abbiamo dei nomi di personaggi. anche della nostra, sì, Bava Beccaris non era proprio...
Ricordato per essere un benefattore. Un massacrato, la folla che protestava. Però, ecco, scriviamoci che è stato un massacratore, ricordiamocelo, perché non si può far finta, c'è stato, c'è stato, ci sono state delle cose anche tragiche, ma se le dimentichiamo è peggio.
Jorge Santayana, che è un filosofo ispanico-americano, diceva chi non conosce il proprio passato è condannato a ripeterlo ecco conoscere il passato dovrebbe servire a non ripeterlo quindi se capisco quello che lei dice per tradurlo così la diversità non si può cancellare la diversità si deve valorizzare si deve valorizzare da dove si può, si deve inglobare e anche magari appunto come lei dice inglobare bisogna anche accoglierla sì ma la facciamo nostra anche senza saperla Vabbè ve lo dico veloce. Ralph Linton era un antropologo statunitense negli anni 40-50. Bene, era solito il primo giorno di lezione fare un...
Una specie di provocazione con i suoi studenti, chiedeva, Stati Uniti, quanto di ciò che voi usate, oggetti, non concetti filosofici, è americano? Ocine, 70-80% no? Bene, lui inizia, io adesso ve lo riassumo, se poi vi interessa vi dico anche dove trovarlo tutto, perché non ho la cultura di l'India.
Stamattina, come ti chiami? Irene. Quando ti sei alzata, la prima cosa che hai fatto cosa va? Avrai sollevato un lenzuolo.
Fatto di cotone, fibra tessuta in India per la prima volta nel secolo, sesto secolo avanti Cristo. Poi ti sei infilato un paio di ciabatte inventate dagli indiani algonchini. Vai in bagno e ti lavi col sapone, invenzione dell'antica Gallia. Poi vai a far colazione in una tazza di ceramica, processo inventato in Cina. Prendi del caffè che arriva dall'Abyssinia, del cacao, del cioccolato che arriva dall'America centrale o del tè che arriva dall'Asia.
Poi magari esci, vai a comprare... un giornale, paghi con una moneta, invenzione dell'antica Lidia, compri un giornale, oggi non si compra più ma una volta si comprava, fatto su carta, processo inventato in Cina, stampato con carattere immobile, inventato in Europa nel 1500 e poi diceva Lidia, a seconda delle notizie ringrazio meno una divinità ebraica di averti fatto il 100% americano. Ecco, qual è la parola per dire come persino nella quotidianità più semplice noi siamo il il prodotto di migliaia di anni di scambio.
Diciamo che è un processo inevitabile, ineluttabile, ma anche molto positivo. È un processo anche di miglioramento, che è istintivo. Voglio però partire, lei l'ha già detto più volte, perché evidentemente lo considera un punto importante, soprattutto di questi tempi, magari in Italia, subito dopo aver raccontato, aver spiegato In questo libro, Forme e funzioni dei confini, lei parla del confine del colore, dove si racconta come la pelle di un individuo possa diventare un terribile elemento di discriminazione.
E qui intanto partiamo da un'idea. Qual è il nostro confine come individui? Non ci avete mai pensato? Dove finite voi? Noi?
La pelle. La pelle è il nostro confine tra noi e il mondo, noi finiamo dove c'è la pelle, più in là è l'esterno. Quindi la pelle è il confine, è il nostro contenitore ma è il nostro confine. E i colori, anche qua, i colori se vogliamo sono naturali, in senso esistono varie gamme di colori, ma ognuno li legge in modo diverso. Ogni società attribuisce a quel colore.
dei significati che sono diversi tra di loro. Per dire, da noi il bianco è il colore che si usa in genere nei matrimoni classici, si veste di bianco, in Giappone è il nero. Anche i crisantemi vengono usati per la festa in Giappone. Bene, se voi fate caso, parliamo dell'Italia ma diciamo nella lingua occidentale, Il colore, il nero è un colore strano. Il nero da un punto di vista più cromatico è l'assenza di luce.
È come il bianco è solo luce e il nero è l'opposto nella gamma cromatica. Noi quando mettiamo l'aggettivo nero qualunque concetto diventa negativo. Una giornata nera, il lavoro nero, il mercato nero.
Quando ci aggiungiamo il nero diventa negativo. Da bambino c'è l'uomo nero che ti minaccia, ti porta via. Questo ha contribuito a far sì che crescesse nella visione così l'idea che nero è negativo.
Questo ha fatto sì che nei confronti delle popolazioni, soprattutto africane, ma non so, tenete conto che oltre il 60% della popolazione mondiale ha la carnagione scura. L'eccezione sono i bianchi, non gli scuri. Noi pensiamo agli africani, ma gli indiani, gli aborigeni australiani, un sacco di persone hanno la carnagione più scura, quelli di tinta chiara, spumatura chiara, sono meno degli altri.
Però sa di fatto che il nero è stato legato subito a un qualcosa di inferiore, in più la storia, prima la tratta degli schiavi e poi la colonizzazione dell'Africa ha sempre fatto sì di questo. considerassimo inferiori. Quindi ecco che di colpo il nero è diventato cosa? Qual è la tragedia?
Che noi, spero non qui però, il razzista Quando parla dei neri, o dipende con chi vuole essere razzista, anche altri, riduce la persona a corpo. La persona non è più un individuo, è solo quello che sta dentro, quella pelle nera. È un nero o un negro, come direbbero in modo spregiativo. E quindi non importa più cosa pensa, e questo è una costruzione. Sto a raccontare due aneddoti.
Una mia studentessa ha fatto una tesi in una scuola del centro storico di Genova dove ci sono molti bambini, anche stranieri. In Genova il suo figlio parlava sempre del suo amico Gabriele e lei diceva, no, ti invitiamo a giocare. E Gabriele era nero, ma suo figlio non l'aveva mai detto.
Anzi, diceva che aveva la maglia dell'Inter. Quindi non è che questa cosa sia innata. viene costruita. L'altro me l'ha raccolto un amico che sta a Busto Assizio, che va a prendere anche lui il suo figlio della scuola elementare e vede che uscendo chiacchiera con un altro bambino, salendo in macchina chiede di dov'è quel tuo amico e il figlio gli ha detto di Gallarate. Ecco, questo ci fa capire che non è che noi abbiamo dentro un'idea che è il nero peggiore, è che viene costruito dalla nostra cultura.
Lei ha lavorato molto anche... Scusa, posso correre un secondo? Visto dall'altra parte, avendo fatto molte esperienze in Africa, se vogliamo c'è anche un po'di strane. Per esempio gli africani dicono che la pelle di bianco fa paura perché si vedono le vene.
Per esempio credo che in alcune lingue alfabesche il tubab è spregiativo come uomo bianco. Però non è legato al colore, è legato al concetto. I nomi che in Africa danno i bianchi non sono mai legati al bianco, sono legati a qualche altro. Allora, domanda dell'Istituto Lunardi di Brescia. Come si conciliano i confini di una nazione e l'esistenza di minoranze etniche, linguistiche, religiose al suo interno?
Allora, si conciliano per forza per un fatto. Quanti stati ci sono nel mondo? 204-205 mi sembra, a occhio e croce, e 7.000 lingue, il che vuol dire che tutti gli stati sono plurilinguistici, chi più chi meno, magari l'Islanda un po'meno, forse, però altri molto di più.
Quindi non in tutti i paesi ci sono gruppi che hanno una lingua, un diritto piuttosto diverso. Prendiamo in Italia, lasciamo perdere i dialetti, ma le lingue riconosciute, pensiamo c'è un alto adige, La quota germanofona, parlate slave, la zona del Friuli, ci sono la comunità di grecanici, gli albanesi in Calabria, ci sono comunità spagnole in Sardegna, parlanti spagnoli, quindi ne abbiamo moltissime, senza contare poi altre lingue di minoranza. Ma la lingua è uno degli elementi, ma nessuno parla per forza una sola lingua, cioè...
Molto spesso in questi casi magari c'è una lingua con cui si dialoga in famiglia o con gli amici del posto e poi comunque si parla l'italiano, quindi anzi anche questo sembra una ricchezza, è una lingua in più, ma non c'è una costruzione. Ci sono alcuni stati in cui le lingue, pensiamo per esempio al caso della Catalogna dove addirittura per esempio molti corsi, scolarsi, università vengono fatti in catalano. Ma questo non impedisce che in Catalogna tutti parlino anche spagnolo. L'importante è riconoscere che esistano queste lingue.
E questo ci fa anche capire che quando abbiamo disegnato gli stati, credendo che fossimo un noi, in realtà siamo diversi anche al nostro interno, anche linguisticamente. Ma è un bene, al massimo è una lingua in più. che si parla, per esempio in Valle d'Aosta si studia il francese essendo regione confinante fin dall'elementare e poi c'è il dialetto valdostano, quindi un bambino valdostano parla l'italiano e il francese e anche il patois. Senta, liceo Alfonso Gatto di Agropoli, domanda tra il provocatorio e il curioso, c'è una spiegazione antropologica per l'astio tra nord e sud? Ma più che antropologica è storica, direi, parliamo dell'Italia immagino.
Lui dice, loro dicono penso all'Italia e alla Francia. In realtà vale più per l'Italia. Vale più per l'Italia, ma non è un discorso, è un prodotto della storia. C'è stata un'evoluzione storica diversa tra gli stati del sud e gli stati del nord.
I stati del nord hanno avuto un processo di industrializzazione, di modernizzazione, anche di statalizzazione più rapida che al sud è venuta in meno. Poi c'è stata una conquista. Manu militari del nord sul sud, anche se poi nei libri di storia ci dicono che è stata una lotta per un liberare, in realtà è stata una conquista, non è che tutti volessero essere italiani come ci raccontano spesso.
E quindi è chiaro che c'è ancora questo, e in più credo che la cosa sia stata ancora acuita dal fatto che ormai in… Stiamo facendo i conti, siamo a 163 anni di indipendenza, di unità d'Italia, non è stato fatto molto per fare gli italiani come diceva Masio D'Azzelli, l'Italia l'abbiamo fatta amministrativamente, gli italiani non li abbiamo ancora fatto e questa è colpa sicuramente di tutta una serie di politiche dall'unità in poi. Non hanno lavorato forse abbastanza per creare davvero un'unità a un alto livello. Ci sono molte domande sul rapporto tra i confini e gli scambi commerciali, la globalizzazione e l'economia.
Ne scelgo una a rappresentanza di tutte. La quintà del liceo statale Luca degli Abruzzi di Treviso. Vista la crescente globalizzazione, i confini scompariranno? Magari. Régis Debray, che è un filosofo francese, ha sintetizzato in altre parole questa situazione.
Le merci si globalizzano, gli individui si tribalizzano. E la globalizzazione, che peraltro sta già declinando molto, siamo in un'epoca post-globale adesso, ma... La globalizzazione ha portato a un abbattimento dei confini per lo scambio delle merci e dei servizi. Di colpo si è cominciato a far fabbricare pezzi, pensate un'automobile contiene pezzi prodotti a volte in 60 nazioni diverse, e quindi le merci perché si va a produrre dove costa meno e quindi abbattimento delle cose.
Ma... Non abbiamo fatto lo stesso per gli individui, infatti noi respingiamo gli individui che vengono da fuori, mentre invece le merci che arrivano da quegli stessi paesi le vogliamo. Quindi in realtà hanno battuto i confini solo per merci e servizi.
Oggi, sto dicendo proprio in questi ultimi periodi, stiamo assistendo un po'un ritorno indietro. Pensiamo adesso alle minacce di Dazio. Trump vuol mettere i dazi, l'Europa mette i dazi alla Cina, la Cina ovviamente farà lo stesso con gli altri e quindi questa idea della globalizzazione sta un po'venendo meno.
Comunque la globalizzazione ha battuto i confini solo per merci, la finanza e i servizi. Molti ragazzi si interrogano sulla possibilità di vivere realmente senza confini. Liceo Pietro Giannone di Caserta, secondo lei è realmente possibile vivere senza confini? Aspetti un attimo che voglio che ne leggo altre. Arrivo.
Lei che cosa ne pensa al liceo? Leopardi Majorana di Pordenone lei cosa ne pensa della teoria no borders cosa comporterebbe Einstein di Cervignano del Friuli cosa comporterebbe all'interno della nostra società l'abbattimento dei confini allora realisticamente è un bel sogno l'idea di non avere confini presupporrebbe un'umanità intelligente che forse non è. È vero che c'è modo e modo di pensare i confini, cioè non è detto che il confine sia necessariamente barriera. Per esempio, faccio un caso più vicino a noi, cioè l'Unione Europea in qualche modo i confini non li ha cancellati. Da noi, la Francia, la Svizzera, la Slovenia, ci sono dei confini, la Slovenia non è nell'Unione Europea, ma sono facilmente...
superabili. Allora facciamo un esempio per capire perché in qualche modo abbiamo bisogno di confini, ma quei confini possono benissimo essere. Prendo un esempio preso da Wittgenstein, filosofo tedesco quasi contemporaneo, sono gli anni 50-60.
Wittgenstein era un mezzo matto, geniale ma matto. come spesso i geni, che scriveva punti sui pacchetti a sigarette, sui biglietti del treno. Allora a un certo punto Wittgenstein scrive una frase, non ho più paura di cosa pensasse Wittgenstein, un recinto aperto è un recinto?
Wittgenstein nasce come ingegnere, quindi è un logico, si fa le domande e si dà la risposta e dice sì, perché per gran parte assolve la funzione di recingere. non so cosa pensasse, però quando noi pensiamo dei confini culturali, pensiamo dei recinti, cioè noi siamo nati tutti in un recinto, siamo nati in una società in cui abbiamo imparato una lingua, abbiamo imparato un certo modo di comportarci, di vestirci, di mangiare, di pregare, di qualche cosa, però in quel recinto arriva gente da altri recinti. e porta novità. Noi possiamo uscire dal nostro recinto e andarne a visitare di altri e poi torniamo con idee nuove, portiamo le nostre là.
Quindi, di fatto, i confini producono la diversità che è anche un bene. Il problema è che questi confini non diventino barriera. Cioè la diversità può essere riconosciuta ma non per forza deve essere un fattore di divisione. Faccio un esempio che viene dall'Africa.
In molte popolazioni africane, non tutte, esistono delle... un'istituzione, chiamiamo, che si chiama relazione scherzosa o parentela scherzosa, cioè tra certi gruppi etnici. Se io e lei siamo di due gruppi che hanno relazione, ci incontriamo, prima di salutarci ci prendiamo in giro, ma... prende in giro su che cosa?
sullo stereotipo che ho di voi e lei dice su quello che avete di noi e poi ci si saluta e ci si abbraccia ecco è un modo molto raffinato di dire io non sto facendo finta che siamo uguali siamo diversi ma con questa diversità ci si può convivere ecco no? ci si può scherzare su questa diversità ecco questo è un modo per... Lasciare il confine, però il confine può essere anche diventare motivo anche in qualche modo di gioco, di scherzo, di scambio paritario. Ecco, quindi lo stereotipo è un po'come la caricatura, riduce a un particolare tutto.
Quindi funziona perché semplifica, però può anche essere preso come scherzo. Allora, ragazzi, qui c'è qualcuno che vuole fare domande, perché vorrei passare... Ecco qua, benissimo.
Chi è? Mi chiamo Shad, della terza ed eliceotenca. E volevo chiedere, appunto, parlando di globalizzazione, però nella globalizzazione c'è anche appunto un mischio di culture, perché oggi noto anche che... le culture si stanno sempre di più mescolando in un certo senso trasformando e volevo chiedere secondo lei quale pensa sia appunto il futuro della nostra identità culturale se appunto in un futuro potrebbero emergere delle nuove culture ibride in un certo senso o se noi vogliamo cioè la nostra comunità rimane legata alla nostra cultura e creiamo appunto delle barriere in un futuro grazie Allora, nel nostro futuro accadrà esattamente quello che è successo nel nostro passato, cioè ci siamo sempre ibridati. Quando noi diciamo nostra cultura, dovremmo vedere dove finisce quello che è nostro e quello che abbiamo preso da altri.
Il problema di noi umani è che abbiamo i piedi. Fossimo stati, come diceva Pascal, che tutti i problemi dell'uomo nascono dal fatto che non è capace di stare chiuso nella sua stanza. Mi spiace per Pascal, non è andata così. Noi ci siamo per tutta la storia dell'umanità incontrati e scontrati. Per cui ci siamo scambiati spermatozoi, per cui oggi i genetici dicono che non possiamo classificarci per razze perché ciascuno di noi...
ha una varietà di sperma zoitale, di geni scusate tali, che se immaginate che tutta l'umanità scompaia e rimaniamo solo noi, bene, sapete che l'85% del patrimonio genetico mondiale è qua. Ci sono un po'pochi maschietti, ma dovete darvi da fare per riprodurre l'umanità. Ma quindi, di fatto, e allo stesso tempo ci siamo scambiati idee.
Perché idee? Scambiarsi idee è semplice perché... George Bernard Shaw diceva se io ho una mela e tu hai una mela e ce la scambiamo abbiamo una mela a testa, ma se io ho un'idea e tu hai un'idea e ce la scambiamo ne avremo due a testa.
E le idee circolano. Però la globalizzazione, posso dirti questo che voi non potete sapere, quando si è cominciato a parlare di globalizzazione una trentina abbondante di anni fa, ci fu una paura, scompaiono le diversità. Qualcuno parlava, scrisse un libro, Barber, McDonaldizzazione del mondo cioè tutto diventa standardizzato come McDonald's che poi non è vero perché McDonald's si adegua anche ai contesti locali ma quindi le idee che scompaiono, non è vero un twerg che vive nel deserto se guida una Toyota Land Cruiser non è meno twerg è un twerg con la Toyota Land Cruiser e questo te lo posso dire perché l'ho conosciuto Tuareg algerini che fanno contrabbando con la Libia viaggiano di notte nel deserto senza fari per non farsi beccare e guardando le stelle. Allora qui c'è la conoscenza delle rotte che vengono da millenni di vita nel Sara, però questo amico diceva mio nonno col cammello io col Toyota.
Però è sempre un tuareg e lui conosce il deserto. Sono passati 30 anni di globalizzazione, ci sono i Maori, ci sono gli Inuit, il fatto che ogni cultura prende dal globale quello che gli serve ma lo fa diventare suo. La Coca-Cola non è il simbolo per eccellenza della globalizzazione, no?
I Luo del Kenya usano la Coca-Cola come bevanda rituale per la circoncisione. per un lure del Kenya, che cos'è quella lattina rossa con la banda bianca? Beh, di sicuro è qualcosa di diverso che è per noi.
Ti faccio un'altra dettaglia, la prima volta sono stato in sud dell'Etiopia, tra i Mursi, i Mursi sono una popolazione, li avete visti sicuramente, le donne sono quelle che hanno il piattello labiale grosso, avete visto le immagini, gli uomini vivono quasi... completamente nudi col corpo disegnato di Carolino. E ricordo che le primi due giovani mursi che ho incontrato erano due ragazzi che uscivano e arrivavano dalla boscaglia nudi col kalashnikov a tracolla, che gli serviva per andare a caccia. Quindi, ecco, loro dalla società globale hanno preso il kalashnikov e per il resto continuano a cacciare. Però il kalashnikov è meglio che l'arco, quindi, ecco.
Noi dobbiamo pensare che è sempre successo, è sempre successo così, non è una novità di adesso. La differenza sai qual è oggi? Che tutto circola molto più in fretta, perché abbiamo le comunicazioni.
Oggi, grazie alla rete, in un attimo le trasmissioni. Pensate solo per dire, la scrittura, il web è stata una rivoluzione paragonabile alla scrittura. Con la differenza che la scrittura ha impiegato secoli, il web meno di vent'anni per diffondersi.
ma di fatto c'è sempre stato uno scambio culturale tra le popolazioni, quindi l'ibridazione è sempre stata e continua a esserci. Siamo noi che poi costruiamo l'idea che questo sia nostro e altro sia diverso, in realtà ci sono delle cose specifiche, ma di fatto le culture si sono sempre mescolate, noi parlando italiano pronunciamo senza saperlo, ogni momento il palatiano 6-7% di quel che diciamo deriva dalle lingue arabe. Lo sappiamo quali sono?
No, ma non ci può anche fregare di meno, non importa, però la nostra lingua italiana è fatta da arabo, ma come è fatto da termini, proprio blu è un termine che viene dal germanico blau, non c'era nel latino, ma azzurro e azrak in arabo. I due colori, blu e azzurro, vengono uno dal germanico e uno dall'arbo, non c'è un termine per definirlo. Poi li abbiamo.
fatti nostri oggi nessuno pensa che scacchi deriva da shake shake noi chiamiamo è quello degli scacchi e allo sci col hanno inventato gli arabi guardi la maggior parte delle invenzioni l'hanno fatti cinesi gli arbi e quindi nella storia quindi usi e le lingue siamo noi che ci creiamo questa idea che siano un qualcosa c'è una parte di originalità e c'è una parte di arricchimento chiudo solo con una cosa Noi occidentali ci diciamo figli del pensiero greco, razionale, filosofico, bellissima, grande, è vero, ma pensiamo come è nato il pensiero greco, dov'è la Grecia? Era lì a due passi dal Medio Oriente, dall'Asia, dal mondo arabo, dai Balcani. I greci sono stati geniali in un certo periodo della storia a prendere tutte queste diversità e a tradurle in questo. stupendo affresco che è il pensiero greco, ma non è che l'hanno inventato tutti i greci, e comunque tutta la filosofia greca a noi è arrivata attraverso gli arabi e i persiani, perché non avremmo nulla, sono stati loro a tradurre tutto la filosofia greca, ha sempre viaggiato, le idee e la cultura hanno sempre viaggiato. Allora professore la porto adesso su un tema che anche può interessare molto i ragazzi.
Di cui lei tratta nel libro la scoperta, soprattutto contemporanea, ma che è una realtà che ha sempre esistito, della mancanza di confine netto tra i generi. Anche questo. Allora, qui dobbiamo fare una distinzione prima per riferirci tra sesso e genere.
Il sesso è un'attribuzione biologica e da un punto di vista biologico siamo maschi o femmini tranne una... piccolissima percentuale di ermafroditi. Questo è un dato biologico su cui noi non possiamo intervenire, ma diciamo in natura no. Mentre invece l'idea di mascolinità o di femminilità, o di maschile e femminile, è un qualcosa di costruito, cioè noi costruiamo i generi, il genere culturale, il sesso e biologico.
Come si costruisce? Beh, si costruisce, per esempio, fin da piccoli ai maschietti vengono regalate armi, palloni, automobiline, alle donne bambole, così si abituano all'idea di essere madri, la piccola cucina con le pentole. Qui c'è già una distinzione anche nell'educazione, no? E questo è un dato culturale, ci sono.
Ci sono stati in passato, e ce ne sono ancora alcune, delle società umane dove era già previsto un terzo genere, che non ha nulla a che vedere con la sessualità, ma era un genere di mezzo che poteva spesso... Era lo sciamano, lo sciamano era considerato un terzo genere nelle popolazioni artiche, siberiane, ma anche nella Persia antica. Quindi, ecco, oggi c'è stata...
Un lungo processo di riflessione, di sdrazzamento, anche nel disgiungere la parte biologica da quella culturale. Guardate che quella culturale noi ce ne accorgiamo dal nostro linguaggio, quando si dice per esempio che un ragazzo è effeminato o una ragazza è mascolina. Cosa vuol dire? Vuol dire che non risponde a dei canoni che noi abbiamo inventato, no? Per cui è un certo comportamento, no?
Tra ragazze più le normale, magari salutarsi, abbracciando un maggior contatto corporale, gli uomini devono avere la stretta di mano virile. O vestirsi in un certo modo. Sì, pacca sulle spalle. E solo dopo aver segnato un gol, che c'è un attimo in cui tutto è lecito, ma se no in genere c'è questo e questo.
Poi l'abbigliamento. Oggi questi modelli sono venuti meno, ma non è una novità perché se pensiamo nell'antica Grecia o l'antica Roma esistevano già del... ibridazioni tra i due modelli, era assolutamente lecito, quindi oggi siamo in piena di questa riflessione e chiederci davvero quanto siamo condizionati dalla cultura. Il problema è che noi umani siamo degli animali, siamo dei ragni che costruiamo delle ragnatele e poi rimaniamo impigliati noi, cioè cosa vuol dire?
Noi costruiamo una cultura. con dei modelli e ogni società costruisce l'idea, l'ideale femminile, l'ideale maschile in modo diverso e poi rimaniamo vittime di questa cultura che abbiamo creato noi, perché siamo pigri e conformisti, è difficile uscire dall'abitudine, lo diceva già Montaigne che l'abitudine è una cattiva maestra, però è così. E quindi noi dobbiamo... In qualche modo oggi riflettere su questo, e per questo soprattutto è un tema molto caro a voi delle giovani generazioni, di liberarsi da questo modello vincolare, il modello binario, lasciare che ognuno segua altre cose e quindi di creare altri.
Quindi il confine netto, basta pensare che fino a non molti anni fa qualunque modulo compilarsi C'era la scelta MF, oggi c'è altro, quindi è già questo un segno di una... vuol dire che c'è una percezione della società che comincia un pochino a cambiare. Non è semplice, tenete conto che i cambiamenti culturali richiedono generazioni, ecco.
È più facile superare un confine territoriale che uno culturale, ecco. Ma, come diceva Einstein, è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio, ecco, quindi... Vorrei sentire un po'dai ragazzi cosa pensano di questo confine di genere così fluido, come lo percepite voi?
C'è una grossa differenza tra maschi e femmine? Condividete questo discorso del professore? Domande?
È una costruzione culturale maschi e femmine, al di là della diversità biologica? Vi ritrovate? Vabbè, andiamo avanti? Forza alla prossima.
Alla prossima anche vi riguarda, perché volevo coinvolgere il professore in un'altra riflessione che porta nel suo libro, è quella del confine tra le generazioni. Eh beh, allora... Vediamo se vengono domande.
Faccio un passo indietro per arrivarci. I primi antropologi, penso a Malinowski, quando studiavano le prime società etniche, crearono questo modello per cui le società sono come degli organismi che stanno in equilibrio. Se queste varie parti, le varie funzioni, sono in equilibrio, la società funziona.
Era un po'una metafora del famoso monologo, no, apologo di Menegno a Grippa, no? Quando dice, per placare il popolo, il corpo umano è fatto dal fegato polmonico. Se tutti funzionano, il corpo è sano.
Se uno non funziona, il corpo si ammala. Quindi ognuno deve fare società e equilibrio. Questa visione viene poi decostruita negli anni 50 da antropologi britannici dicendo attenzione, non è vero, le società umane sono tutte in perenne conflitto. Conflitto non vuol dire guerra, non vuol dire scontro, conflitto vuol dire semplicemente differenza di idee, scambio di idee.
Il conflitto è il motore del cambiamento. E qual è? una delle linee di confine, potrebbe anche esserci quella di genere, ma l'altra è quella tra giovani e adulti, c'è sempre stata, ma guai se non ci fosse, soprattutto a partire dall'adolescenza si sa che cosa si fa nell'adolescenza, l'adolescenza cerca il confine, cerca il limite, perché si esagera da adolescenti, tutti l'abbiamo fatto, perché vuoi che ti fermino, ti dicano Limiti che non devi superare, è una sfida continua ed è la sfida con i genitori innanzitutto.
E quindi il confine generazionale è il motore perché i giovani hanno idee nuove, vogliono dei cambiamenti, sfidano. gli adulti che hanno in mano ancora il potere per adesso. Ed è da questo scambio che nascono le innovazioni, proprio quando vengono recepite queste confine. Poi cambia molto questo confine.
Quando è che, per esempio, in realtà i giovani diventano davvero una categoria sociale, parlo dell'Europa, sono negli anni Sessanta. Quando per la prima volta i giovani si contraddistinguono per dei gusti diversi, delle estetiche diverse, una musica diversa, la rottura con la generazione dei genitori proprio. Gli Hu in una canzone si intitolava My Generation cantavano Spero di morire prima di essere vecchio, ma vecchio voleva dire 30 anni all'epoca, ecco 30 anni eri già vecchio.
Quindi c'è stata proprio lì una frattura generazionale. che ha ingenerato tutta una serie di cambiamenti. Oggi per esempio spesso la frattura è minore sul piano politico, però c'è una frattura molto evidente su un piano tecnologico. C'è la vostra generazione, generazione Z, millennial, che è nata dentro la rete, con la rete.
E per esempio la generazione degli adulti, sono quelli che vengono chiamati migranti della rete, perché... ci si è arrivati dopo, ma il conflitto generazionale è sano perché provoca davvero questo scambio che porta all'innovazione e quando questo conflitto tra generazioni è contenuto è davvero un motore di progresso, a volte esplode e allora diventa un'altra cosa. Allora, la quarta F del liceo di scienze umane Maffeo Veggio di Lodi le chiede a livello antropologico ci sono individui più tendenti a crearsi dei confini mentali o culturali rispetto ad altri? Sì, qui più che a livello antropologico andiamo a livello psichiatrico perché l'individuo...
Anche perché sull'individuo non parliamo di... È chiaro che ci sono, ma non è che ci siano persone naturalmente più... propense a crearli.
Noi siamo sempre il prodotto di un'educazione, di una serie di scambi, di esempi che noi abbiamo legati alla famiglia, agli amici come cresciamo. Mio padre non mi ha mai detto di non essere razzista, però non ho mai sentito niente che dalla foto, quindi per me era naturale non essere. Sono stato più fortunato, magari certo se uno fin da piccolo sente. certi discorsi, poi non è detto perché magari li sente invece poi si fa un'idea sua, ecco, però è molto compreso, però teniamo conto che non ci sono delle predisposizioni a mettere barriere, a creare, ci sono delle educazioni, dei contesti, a volte può essere anche invece indotto da motivi storici ed economici, ecco, allora Magari una parte di popolazione in crisi, ecco che si gioca sulle paure, quello che sta accadendo adesso, pensiamo a Trump negli Stati Uniti, cioè a giocare sulle paure della gente, per cui è curioso che negli Stati Uniti gli stranieri, tra virgolette, cioè quelli che sono immigrati prima negli Stati Uniti, oggi hanno paura degli immigrati, loro che sono stati immigrati, perché?
vogliono difendere quella loro nicchia, allora ecco che si creano, a volte anche la storia crea i pregiudizi, però non è un istinto naturale, è sempre un prodotto di costruzione. Allora, Istituto Inaudi di Chiari, come si riflette il concetto di confine nelle arti o nella letteratura? E prima ho visto una domanda analoga che le chiedeva il confine nella musica. Allora, qui andiamo su terreni più alti, letterature, allora, sulle arti direi dipende molto quale arti, ma possiamo dire che forse le arti sono un campo in cui la contaminazione, quindi il superamento dei confini è il più frequente, cioè Picasso diceva il genio copia, no?
Perché? Perché guardate che tutti gli artisti, inclusi anche i musicisti, quanto spesso hanno pescato da altri ma rielaborando. Pensiamo appunto a musicisti classici che hanno preso esempi di musica popolare, tradizionale e poi in qualche modo l'hanno riconvertita. Lo stesso Picasso guarda delle maschere africane e poi disegna o dipinge quadri come la Moselle d'Avignon dove i volti delle donne ricordano delle maschere africane.
Quindi in questo caso il confine è stato superato. La musica direi che quella più... La musica è esattamente la metafora insieme al cibo di come funzionano le culture. Perché quello della musica è un linguaggio asemantico.
Cioè le note non hanno un significato proprio. Sono delle sonorità. Però la musica si mescola. Si mescola. Pensate per esempio...
gli schiavi deportati dall'Africa nelle Americhe si portano dietro il loro canto, da cui nasceranno poi il canto della piantagione, da cui nascerà spiritual golf. Ma negli Stati Uniti arrivano gli immigrati dall'Irlanda, che si portano dietro la musica folkloristica irlandese. E quando i due si incontrano nasce il folk, il blues, da cui nascerà poi il rock and roll fino all'hip hop.
È tutto un mescolamento di generi musicali. Si può dire anche nella letteratura. Sulla letteratura si potrebbe dire che oggi c'è un grosso dibattito. Per esempio, quando si dice letteratura africana o letteratura sudamericana, cosa vuol dire? Cioè, se uno scrittore africano vive a New York e scrive su New York, è uno scrittore africano?
anche se non parla di Africa, oppure la letteratura è letteratura. Nel campo delle arti, forse dove i confini sono stati più superati, il mescolamento è quasi una costante, i generi, in alcune più facilmente, in altre in meno, però la musica sicuramente... più di tutti.
Faccio ancora un esempio, ecco forse anche te caro visto. Negli anni 20-30 negli Stati Uniti c'era un boom delle grandi orchestre jazz. Intanto c'è questo luogo in cui il jazz spesso si attribuisce ai neri d'America.
I primi compositori jazz erano ebrei e anche afroamericani e italiani. Il primo disco di jazz inciso nella storia nel 1917 il batterista si chiama Tony La Rocca. E non è certo, perché è un siciliano. Ma la cosa curiosa è che i musici, i direttori d'orchestra jazz, che erano quasi tutti afroamericani, preferivano i mandolinisti, i chitarristi italiani, perché li sentivano neri. Ma perché questo?
Perché la musica che è arrivata con gli schiavi in America è arrivata dalla zona del Niger, dove c'è un'influenza araba. Gli italiani venivano quasi tutti dal sud. Lei che è napoletana, la canzone napoletana ha una melopea che è araba.
Hanno fatto due giri diversi nel mondo e si erano trovati, sentivano questa storia che c'era in quel modo di suonare. Splendido. Quindi diciamo, mi sembra di capire che nelle arti la mescolanza è vitale.
Sì, anche perché le arti devono innovarsi continuamente, per cui è normale pescare. Ecco, ne abbiamo già parlato, ma torna in moltissime domande. Il modo in cui l'era digitale influisce sui confini.
Liceo di Scienze Umane, Maffeo Veggio di Lodi. Secondo lei, Internet è un buon strumento per eliminare i confini? Poi sono formulate in modo diverso, ma le chiedono se, appunto, con l'iperconnessione si può...
parlare di un superamento dei confini sì e no allora da un lato tecnicamente ha abbattuto i confini anche perché se pensiamo una cosa nonostante noi usiamo del termini che sono metafore spaziali quando diciamo navigare in internet gli inglesi dicono to surf in realtà la rete non ha un territorio non è non c'è uno spazio della rete la rete Non ha confini la rete? La rete... allora...
In teoria io posso comunicare con tutti, non proprio con tutti, perché ci sono paesi in cui la rete è chiusa. La Cina, per esempio, o altri paesi non sono aperti. Quindi, però, lasciamo perdere eccezione.
Diciamo che la rete ha consentito una comunicazione che supera i confini, ma soprattutto ha consentito di mettere in comunicazione, appunto, non avendo, eliminare lo spazio. Cioè io posso parlare con uno che sta a Filadelfia. Basta che ci mettiamo d'accordo sul fuso orario in qualunque momento senza bisogno di andare a Filadelfia. Però cosa è accaduto? Che nella rete, via via, si sono venute a creare da un lato le cosiddette community, per cui spesso poi uno parla con il gruppo di persone, spesso si parla con le persone che già si conoscono.
C'è un altro grosso elemento che è quello linguistico, perché è vero che io posso comunicare con chiunque, però dovrei sapere l'inglese e non tutti lo sanno, non tutti o meglio, l'inglese, lo spagnolo, il francese, quindi non c'è, quindi spesso funzionano come comunità nazionali, difficilmente, lasciamo perdere con il campo magari scientifico, sì c'è più dialogo per si usa l'inglese. Tenete conto che la lingua più parlata in rete comunque è il cinese, perché è quella che ha più numeri, però parla tra di loro. Ma di fatto spesso poi si è finito per creare delle cosette community. Poi c'è l'algoritmo che mi riporta sempre nel mio stesso mondo. Esatto, e quindi la rete intanto non è uno spazio così libero, perché sappiamo quanti condizionamenti ci sono nella rete.
Bel. poi ha la possibilità, offre la possibilità di allargare, di abbattere dei confini, ma poi alla fine spesso appunto vuoi la lingua, vuoi che spesso si finisce in rete per dialogare con o con i propri amici o comunque con una certa comunità di interesse, magari il forum che ne so degli amici della Kawasaki oppure dei fan di Mozart, quindi si creano, però Ha delle potenzialità sicuramente. Abbiamo messo molte riflessioni, forse possiamo tornare con tutte queste riflessioni a un tema di cui parlavamo prima, con una bellissima domanda del liceo Cotta di Legnago.
Le parole sono portatrice di confini? A cosa può portare un utilizzo inconsapevole? Per esempio la n-word, immagino negro, che usavano i nostri nonni per parlare di persone afrodiscendenti. Eh sì, questo caso, vabbè, la N-word è negro, è un caso particolare di come una parola sia stata modellata dalla storia nel suo significato.
James Baldwin, che è stato un grande scrittore statunitense, diceva i negri, usava apposta, lui era un negro. esistono solamente negli Stati Uniti, nel senso che, cosa voleva dire? Che il termine negro in spagnolo vuol dire nero, quindi è un termine che non aveva nulla di negativo di per sé se non il fatto di indicare una persona che ha la pelle scura, come dire bianco. Però siccome poi è entrato, è sempre di più entrato in senso spregiativo.
Perché? Perché si consideravano i neri inferiori e quindi il negro diventa inferiorizzante. Ecco che allora non lo si è più usato in modo, come si può dire, così comune. E qui, ecco, qui si intreccia, questo è un caso di una parola che credo che vi sia, però qui si intreccia di nuovo e si lega molto al discorso che avevo detto prima di ideologia walker, politica di correct. Perché, per esempio...
Si è cominciato a non parlare più di nero, di dire afroamericano, no? Anche in Italia si dice spesso afrodiscendente. O afrodiscendente. Ora, anche qui però, noi di DiCaprio o di Nero diciamo che è eurodiscendente o è euroamericano, no? Semmai italoamericano, no?
Quindi, anche lì... E'un termine che usiamo sempre solo per loro e non per noi. Il di colore è lo stesso, che vuol dire come se noi fossimo trasparenti, tutti abbiamo un colore. La cosa curiosa è di come le parole poi siano circoli, si modellino nella storia. Quindi tutta questa serie afroamericano, afrodiscendente, bla bla bla, dopo la storia triste dell'omicidio di George Floyd, ucciso dalla polizia americana, e il movimento Black Lives Matter, come hanno deciso di chiamarsi?
Black. Cioè si è tornati a nero, che è più onesto. Però è vero. Quello bello è perché le parole possono creare del confine, perché quando io dico extracomunitario, stiamo pensando a uno svizzero, eppure lo svizzero è un extracomunitario, uno statunitense è un extracomunitario, anche un inglese è un extracomunitario, però no, in realtà noi pensiamo a qualcuno che viene dal sud del mondo, no?
che semplicitamente rivelano, come diceva Nanni Moetti, chi parla male pensa male, cioè rivelano un conflitto. Quindi diciamo però, veniamo a trovare un po'una via di mezzo tra quello che viene chiamato il wokismo, l'ideologia wok e un uso inconsapevole delle parole, no? Forse perché le parole appunto hanno un peso, sono importanti come suggeriva...
l'alunno creano barriere, però poi un uso quasi ridicolo del linguaggio forzato, il linguaggio crea anche distanza, è un altro modo per creare una barriera. Faccio un esempio dell'uso di parole come a volte può spiazzare. Il Ghana, l'Africa anglofona, diciamo da partire da una trentina di anni fa, è meta turistica di molti afroamericani, afrodiscendenti, americani, diciamo di pelle scura, benestanti, che fanno quelli che si chiamano i Roots Travel, cioè il viaggio alla ricerca delle proprie radici, e vanno in Ghana perché è un paese da cui venivano deportati gli schiavi, è un paese anglofono, è un paese ben organizzato.
Allora, la cosa curiosa è che arrivano questi... pullman, questi narri di americani che sono tutti neri ma si riconoscono dal modo di vestire subito, ma come vengono chiamati dai ganesi o bruni? O bruni è lo stesso termine che si usa per indicare i bianchi e quando parlando con i ganesi, perché usa? Perché dice non è il colore della pelle, è il modello di vita, un nero che vive da occidentale è occidentale, quindi ecco le parole creano sempre dei confini, no? Perché?
Perché le parole che io so sono in fondo, sono delle categorie, indicano delle categorie, quindi in qualche modo, alcune parole poi in modo assolutamente pesante. Senta, una domanda molto tenera della seconda B del Bordoni di Pavia. Secondo lei...
come noi giovani possiamo contribuire all'eliminazione dei confini sociali ed economici ci abbiamo provato tutti intanto già il fatto che uno ci pensi è già un'ottima cosa allora quelli sociali è un po'complesso quelli culturali io credo che è un po' È un percorso non semplice, però credo che già qualcosa stia cambiando. Faccio esempio, quando siamo andati a scuola noi eravamo in classe in cui eravamo tutti bianchi, italiani, presunti cattolici. Oggi immagino un bambino che va a scuola, è facile che in classe abbia qualche compagno con la pelle e cose diverse, o chiamandoli che prega o mangia qualcosa di diverso. Il problema è che noi italiani siamo sempre stati noi emigranti, non abbiamo mai avuto il confronto con la diversità e oggi dobbiamo impararlo. Penso che via via il legame, la frequentazione con persone di provenienza diversa, questo faciliterà sicuramente il corso.
Poi soprattutto... L'unico consiglio è giudichiamo le persone, non... William Faulkner che è un grandissimo scrittore statunitense che abitava negli Stati del Sud, quindi dove il razzismo era...
molto radicale, il certo tutto dice il vero razzismo finirà quando io posso dire a un nero che è cretino, perché è cretino, non perché è nero, cioè perché non mi pongo più il problema della sua diversità, è molto dura come fare, però è vero perché anche lì il politicamente corretto finisce che poi non si possa avere un rapporto sincero e onesto, allora se uno deve dargli del cretino, dargli del cretino, però non per... il cuore della pelle, perché lo è magari perché se no se non togliamo queste barriere e non ci rapportiamo cioè togliamo i pregiudizi positivi e negativi esatto, racconto un breve aneddoto che io ho ripescato nella memoria avevo credo 16 o 17 anni ho ripescato poi l'ultima incontro un signore stavo per dire anziano ma aveva la mia età che aveva un un portacenere e mi dice in dialetto piemontese l'ho comprato da un marocchino però era una brava persona poi mi racconta che lui al circolo dove giocava con i suoi amici pensionati a boccia carte arriva questo venditore ambulante marocchino non si sa ma comprasto portacenere si mette a chiacchierare gli offre un caffè e poi mi dice sai questo marocchino mi raccontava quanto è brutto essere lontani dalla famiglia, la gente ti guarda male, ti tratta male perché sei straniero, e io lo capivo, mi diceva, perché io sono stato sette anni in Belgio a lavorare in miniera e a noi italiani ci sputavano addosso, ci insultavano. Allora, cos'era successo inconsciamente? Quella mezz'ora, io non so quando sono stati assieme, lui aveva estratto quella persona di fianco dalla categoria marocchini, che per lui non erano brave persone, E si era rapportato da individuo a individuo. E cosa aveva scoperto?
Di avere avuto in comune un passato, di essere costretto a emigrare, che forse non condivideva con i suoi amici con cui giocava a carte. Ecco, superare quella soglia del pregiudizio, quasi tutti i pregiudizi nascono dalla non conoscenza. E poi a quel punto giudichi le persone per quello che sono, non per... ragazzi qui ultima possibilità per fare una domanda perché tra un po'vi liberiamo mancano sei minuti ecco la ragazza ciao mi chiamo Sara sono appunto della classe terza del liceo Carlo Tenca e io volevo chiedere adesso che spesso i motivi delle guerre sono spesso i confini Per raggiungere una pace totale in una realtà immaginaria c'è sia la chiave, il fatto di unirsi, oppure comunque i confini, diversificarsi, abbia una rilevanza. Mi piace perché hai detto in una cosa immaginaria è questo.
Fa capire la difficoltà di... Tutte le guerre finiscono, prima o poi devono finire. e finiscono con un accordo, quindi i confini verranno ridisegnati e poi si spera che ci sia di nuovo un periodo di tranquillità, magari vengono di nuovo riportati come erano prima, ma è molto difficile. Quindi le guerre nascono per i confini e finiscono con i confini di nuovo, perché poi alla fine ci si mette d'accordo. Il problema è quanto conviene a qualcuno far la guerra o quanto conviene non farla.
Purtroppo noi viviamo in una situazione in cui ad alcuni conviene che la guerra duri e purtroppo le persone continuano a morire perché la guerra è comunque un business. Ma di fatto prima o poi le guerre devono finire, tu non posso andare avanti in eterno, posso anche durare anni ma poi finiscono e quando finiscono i confini si ridisegnano. È difficile pensare davvero, allora a un mondo senza confini l'oreppo è davvero un'utopia troppo grande, ma a un mondo con confini che non siano barriera, beh questo ci si può arrivare poco per volte, in molti casi qualche esperimento è già stato fatto, l'Europa è uno di questi, sperando che duri. Per esempio, forse di questo anche possiamo parlare in conclusione, perché lei diceva che forse ci si può unire per evitare le guerre. L'Europa è il modello di come si è tentata, almeno nell'utopia o comunque nel manifesto originario e anche poi in quello che viviamo, è proprio un tentativo di unirsi per evitare guerre, proprio come superamento delle guerre che nel Novecento avevano spezzato l'Europa.
ma non solo nel Novecento, se pensiamo a tutta la storia, non ci sono mai stati, ormai diciamo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, passati 80 anni quasi, un altro anno saranno 80 anni, 80 anni di pace in Europa non ci sono mai stati nella storia, nell'Unione Europea per adesso sono 80 anni che non ci facciamo delle guerre. E poi l'Europa ha tentato realmente, concretamente, dei superamenti di confini perché quello che noi chiamiamo Schengen, per esempio, è un accordo per la libera circolazione di merci e persone. Quindi noi ancora possiamo andare in Francia senza passaporto, possiamo muoverci, poi ogni tanto viene sospeso e lì invece sono problemi.
Ma questi sono stati casi d'emergenza? Sì, casi d'emergenza, casi politici di arretramento. Gli avanzamenti si fanno anche con degli arretramenti. Ultima domanda dalla platea di poveretti qui che abbiamo torturato personalmente, perché poi quelli che sono collegati possono distrarsi più facilmente.
Finiamo così? Ok, allora vediamo un'ultima domanda dei ragazzi molto attivo, il liceo di scienze umane Veggio di Lodi, molto carini. Cosa ne pensa dei confini nello sport? In realtà penso, in realtà di più, lei mi raccontava della sua collaborazione anche con Lilian Thuram, il calciatore francese che ha giocato, correggetemi se sbaglio, per la Juventus in Italia.
Parma, Juventus in Italia, Barcellona poi. Quindi un famosissimo calciatore che si è impegnato poi dopo, diciamo, finita la sua carriera come calciatore, contro la discriminazione e anche per contro anche tutto quello che crea poi i pregiudizi, anche tutti i meccanismi culturali che creano i pregiudizi e forse anche perché li aveva sperimentati nel mondo dello sport eh sì, li aveva sperimentati anche sulla sua pelle, in senso letterale proprio sulla pelle beh ecco di Turan forse è una bella risposta perché una volta in un Un incontro come questo con dei studenti, un ragazzo gli chiese se fischiano un calciatore nero, secondo te deve uscire dal campo? E la risposta è stata no, devono uscire tutti i suoi compagni. È un problema di tutti, non suo, se la gente è razzista.
Lo sport, allora, per certi versi lo sport nel suo interno unisce, oggi lo vediamo, vediamo l'ansia di Palavola, quella di atletica. nel calcio ci sono cose. A volte allo stesso tempo lo sport ha creato dei confini, pensiamo al boicottaggio all'Olimpia di non vai perché c'è altro, oppure l'esclusione degli atleti russi dall'Olimpia perché c'è la guerra, quindi allo stesso tempo può essere arma politica per creare dei confini e invece al proprio interno lo sport proprio come gioco può unire.
L'Italia spesso rappresentata da giovani ragazzi italianissimi che magari hanno la pelle diversa, gli occhi diversi, ma sono contenti di partecipare per l'Italia. Forse anche un po'come l'arte, uno di quei settori in cui la mescolanza è subito evidente che crea un miglioramento, che crea un vantaggio. Noi stiamo concludendo e quindi salutiamo tutti. i ragazzi che sono in collegamento, i professori, le scuole che ci hanno sopportato per quest'ora e mezza e ringraziamo soprattutto voi che siete presenti, ringraziamo il professor Marco Aima, antropologo, che vi ha fatto questa lunga lezione.
Grazie. Grazie, grazie anche a tutti quelli connessi.