Cartesio è il punto centrale che connette l'umanesimo all'illuminismo. Lui è il filosofo che riporta l'attenzione dall'oggetto al soggetto. Venne formato dai gesuiti, infatti eredita una mentalità molto razionalistica, aperta e di grande cultura.
Tuttavia, afferma che, da questi, l'istruzione non era abbastanza ed iniziò a viaggiare per il mondo, in una sorta di missione sacra. Affermò di aver pellegrinato presso la Madonna di Loreto. Cartesio adorava la matematica e amava questa per via del fatto che era sempre perfetta.
Le conseguenze erano sempre esatte per via delle premesse in modo rigoroso. Nessuno dubiterebbe che 2 più 2 uguale 4. Tuttavia era limitata a denti astratti, i numeri. Perché la filosofia che invece si occupa di cose pratiche non poteva essere così? Cartesio si pone come obiettivo quello di trovare un metodo, un modo per scoprire la verità indubitabile.
Per questo motivo decide di eliminare tutto ciò di cui non è assolutamente certo. Li mette in dubbio. Ma il suo non è un dubbio degli scettici, ossia dubito di tutto e continuo a dubitare, è un dubbio metodico, metto in dubbio per capire cosa non posso mettere in dubbio, per eliminare le nozioni erronee.
È un dubbio destinato a venire sconfitto. ma che è necessario per il momento. E allora mette in dubbio tutto tranne ciò che è dimostrato matematicamente e ciò che i suoi sensi percepiscono.
Perché di tutto il resto si può dubitare, non avendone lui stesso la certezza assoluta. Ma anche i sensi possono essere ingannati, e io potrei sognare senza rendermene conto. Ma anche nei sogni la matematica è sempre la stessa, almeno di quella posso essere certo. Ma ecco che Cartesio inventa il genio maligno, un grande demonio che potrebbe ingannarmi. Potrebbe farmi credere che 2 più 2 è uguale a 4, ma in realtà non è così, io potrei essere pazzo.
È una teoria assurda, ridicola, ma posso esserne certo? Ovviamente no, e quindi non posso escluderla. E si arriva al dubbio iperbolico.
Cartesio non è certo di nulla, non c'è nulla di cui si possa dubitare. Cartesio sta solo dubitando. Ma se egli dubita, allora sta dubitando.
E se sta dubitando, dovrebbe dubitare anche del suo dubitare, la famosa contraddizione che già Agostino aveva evidenziato che sconfigge il dubbio. Il fatto che io sto dubitando è l'unica cosa di cui non posso dubitare. Io sto dubitando, quindi...
quindi sto pensando. E posso dubitare di tutto, ma non del fatto che, per essere ingannato, io prima devo pensarlo questo inganno. Deve esistere un qualcosa di pensante che viene ingannato.
Se non c'è pensiero, non può esserci inganno. Siccome dubito, io penso. Penso, quindi sono. Questa è la frase più importante della filosofia occidentale insieme a So di non sapere, che ne è il prequel.
Da So di non sapere segue che non sapendo ciò io penso, e quindi sono. Questo è il punto da cui Cartesio riparte, questo è l'inizio del suo cammino filosofico, la fondazione, ossia il punto che non si può dubitare, assolutamente vero. E adesso affronteremo le critiche che gli sono state mosse nel corso dei secoli, che mai riuscirono a smontare questa frase, per questo è rimasta così famosa. La prima critica è anche purtroppo la più stupida.
ma non viene mossa quasi mai se non da chi studia molto poco filosofia tipo wisecrack, ed è, ma allora il genio maligno non può averci ingannato anche su questo xdxt con la d minuscola? No, perché per essere ingannato devi anzitutto esistere in forma di pensiero ingannabile, non si può violare questo circolo logico di auto-evidenza, il fatto che io penso è vero in virtù del fatto che io penso, solo se smettessi di pensare potrebbe essere falso, ma se smetto di pensare allora non esisto e dunque non posso essere ingannato. Per ingannarmi devo pensare.
Il genio maligno non può ingannare qualcuno di pensare quando in realtà non pensa. L'esperienza soggettiva è automatica prova della presenza del pensiero. La sa solo il soggetto e sa che è indubitabilmente vera in quanto autonoma dall'esterno.
E lo zombie problem conferma ciò. Lo zombie non potrà mai dimostrare a se stesso il cogito come vero. Se io riesco a pensare, invece sì. E io ci riesco.
Ergo non sono uno zombie. Ergo penso. Ergo non sono ingannabile su tale fatto. La seconda critica, la più popolare, è che questo sia un sillogismo, ossia una dimostrazione.
Da A, che è vero, io deduco B, che è anche vero. Ma Cartesio ha messo in dubbio tutto, compreso il sillogismo, la logica, quindi si contraddice. Cartesio in realtà aveva già risposto a questa critica smontandola, dicendo che il suo non era un sillogismo, infatti non c'è A e B, c'è solo A. Il cogito ergo sum non è composto da due passaggi concatenati, ma è un solo dato che si rivela vero da solo.
E non perché si appoggia su un altro dato. Io penso, e questo è vero, e lo so. Sapendolo, sto già pensando. Non ci sono due passaggi, è lo stesso passaggio. Seppur siano due pensieri diversi, il pensare e il pensare al pensiero, l'atto è sempre lo stesso, come ribadirà Husserl secoli dopo.
Il fatto che io penso è qualcosa che posso concepire subito come vero. Non ho bisogno di una premessa e di un secondo passaggio dopo. Già pensando, so che il mio pensiero c'è.
Cartesio quindi spiega una cosa che sarà importantissima per la logica, ossia la differenza tra ragionamento e intuizione. Entrambi sono modi di arrivare a delle verità, ma mentre il ragionamento implica più passaggi, da A a B, l'intuizione è basata su una sola verità che si dimostra vera da sola, ossia auto-evidente. Tutte le altre verità non sono auto-evidenti, sono evidenti sulla base di qualcos'altro. catena che non può essere infinita.
Questa verità invece è auto-evidente, sai che è vera semplicemente esaminandola e se provi a negarla, io non sto pensando, ti contraddici, stai ancora pensando. Non c'è neanche bisogno di postulare il principio di identità di non contraddizione. Sarà auto-evidentemente impossibile non pensare, e dubitare del proprio pensiero risulta un'azione non possibile, ergo non è possibile dubitare, ergo il cogito è sempre vero.
L'intuizione è quindi un modo di pensare che permette di raggiungere una verità che è auto-evidentemente vera e che si trova dentro di noi. La terza obiezione è collegata alla seconda, che il cogito sia un circolo vizioso. Io penso, ed è vero perché sto pensando di pensare, ed è vero perché sto pensando di pensare di pensare, e così via. Non solo abbiamo dimostrato che questa cosa è falsa, non ci sono due passaggi, nel momento in cui pensi hai già confermato che è vero. assoluta del fatto che pensi, e che non c'è un rimandare la verità ad uno step precedente, ma che il pensiero viene subito dimostrato come vero, quindi appena pensi sai già che io penso è vero.
Quindi non è un circolo vizioso, ma anzi un circolo virtuoso, in cui più pensi più sei sicuro. In realtà, come abbiamo detto, non è un circolo, è una auto-evidenza, ossia la verità di quella cosa la si trova nella cosa stessa. Se provi ad uscirne ci ritorni subito dentro ancora più sicuro. Non richiede due step per essere negato, infatti.
Appena provi a smettere di pensare, subito saprai che è impossibile e che stai ancora pensando, non ti sei nemmeno allontanato, in un solo step. La quarta critica è che il cogito fa un salto illogico dal piano razionale al piano ontologico. Questa cosa è in realtà dovuta ad una erronea lettura di Cartesio.
Quando Cartesio dice penso quindi sono, non sta dicendo siccome penso allora sono sicuro di esistere come corpo. Infatti a questo punto Cartesio non sa ancora nulla del mondo fisico e materiale oltre la mente. Lui intende io sono una cosa pensante, ossia io sono pensiero. E questo è innegabile, anzi è logicamente corretto. Cartesio sta dicendo io non so che cosa sono di preciso, so solo che sto pensando, io sono pensiero o quantomeno un qualcosa che pensa.
Il pensiero è l'unica cosa di cui sono sicuro e dunque quella posso dire che esiste, ma non in modo fisico. Cartesio in seguito dirà che questa cosa pensante, essendo diversa dal corpo, ed è ovvio, le idee, i numeri sono diversi dal tavolo che sto toccando, ma essendo esistente, la percepiamo e siamo sicuri che ci sia, deve essere una sostanza diversa, una res cogitans, cosa che pensa, letteralmente. Questo è il salto ontologico, ma come vedete viene fatto dopo.
Cartesio nel cogito non sta ancora postulando l'esistenza di un'anima e di una sostanza pensante, il cogito è indipendente. da quello, e infatti i filosofi moderni lo hanno preservato, togliendo tutta la parte della res cogitans. E, quanto dico, può essere dimostrato anche logicamente. Guardate, il cogito si può estrinsecare sia come sono in quanto penso, se smettessi di pensare non esisterei, non saprei di esistere, io sono morto o non nato nel momento in cui non penso, io di fatto sono soggetto pensante, non sono questo corpo, sia come penso in quanto sono, ossia, se non esistessi sarebbe impossibile per me pensare, questo è ovvio.
Io sono perché penso o penso perché sono? Provate a risolverlo nei commenti e io intanto spiego. Ora, la prima è una verità relativa al soggetto, la seconda invece è assoluta. È ovvio che per pensare in qualche modo devo esistere, mentre qualcosa che non pensa potrebbe esistere comunque, anche se non è cosciente, i sassi per esempio. Certo, Cartesio parte dal dubbio iperbolico e quindi per lui è giusto dubitare di tutto ciò che non pensa, ossia tutto tranne lui stesso, dato che lui è l'unico...
a poter pensare. Un telepate potrebbe dire penso, quindi l'umanità esiste. Di conseguenza è possibile preservare, come faranno Kant, Hegel, Husserl e molti filosofi moderni, il cogito nel senso di sono sicuro di pensare e questa è la prima sicurezza incrollabile. E sono una cosa pensante, che è una semplice descrizione e non una dichiarazione di esistenza. Ed è una descrizione vera.
Non è possibile, invece, preservare il cogito nel senso di siccome penso, allora io sono un corpo, oppure il mio pensiero è una cosa che esiste invece di essere un epifenomeno, per esempio. Quello sarebbe il salto ontologico, ossia iniziare ad attribuire statuti ontologici sulla base di una semplice percezione di pensiero. Cartesio, invece, sta dicendo io penso, quindi sono questo mio pensiero. Io penso in virtù del fatto che sono, la mia esistenza ha una priorità ontologico causale sul mio pensiero, come la batteria permette il movimento della macchina. Mentre io sono, in virtù del mio pensiero, ha una validità logica, ossia io conosco la mia esistenza in virtù del fatto che sto pensando, se non pensassi non potrei sapere esistere.
Attraverso la seconda, sto pensando, quindi devo esistere, scopro la prima, io penso soltanto perché esisto. La questione è quindi gnoseologica, io posso essere sicuro del fatto che c'è il mio pensiero, non ontologica, io so che questo mio pensiero esiste in questa maniera piuttosto che quell'altra. Certo, per pensare devo esistere in qualche misura. Se io fossi immaginario non avrei una coscienza soggettiva.
Io posso anche non esistere, ma dato che penso, allora so di esserci, come direbbe Heidegger. Ma questa è una ovvia deduzione del cogito. La quinta critica parte proprio da qua. Si lamenta che Cartesio confonde pensiero, facoltà di pensiero e sostanza.
Ma anche questa critica esiste una risposta. Cartesio si riferisce solo al pensiero in atto, non alla potenza di pensiero, la facoltà, né alla sostanza. È solo in un secondo momento che postula lì sì, indebitamente, che lui esiste in quanto pensiero, cioè che il suo pensiero è una cosa esattamente come il tavolo è una cosa.
Quello è il suo errore. Ma non è un errore dire che c'è qualcosa che pensa, ed è vero, perché il pensare stesso lo conferma a me stesso, e che questo qualcosa sono io, in quanto pensiero, ripeto, non in quanto soggetto, cervello, anima o altro. La sesta critica la fanno Kierkegaard e Nietzsche.
Loro criticano il fatto che Cartesio presuppone un io che poi dimostra, commettendo una tautologia. Il cogito, secondo loro, non è io penso, quindi sono, ma sarebbe in realtà X pensa, quindi io sono quell'X. E come vedete il secondo passaggio non deriva dal primo. Anche loro commettono l'errore di pensare che Cartesio compia una separazione tra soggetto pensante e oggetto pensato.
Quando Cartesio non ha postulato tale differenza, lui parla solo del pensiero. Penso, quindi esiste qualcosa che pensa, questa cosa pensante. Quel cosa pensante non è una scatola che contiene il pensiero, per Cartesio, ma proprio il pensiero stesso.
E nel momento in cui dico penso è auto-evidente che esiste pensiero. Sarà solo in seguito che si potrà distinguere tra soggetto e oggetto, ma il cogito non si occupa di questo, e quindi non è c'è X e quindi io sono X, bensì X pensa, ergo è. L'io è semplicemente una questione grammaticale, Cartesio avrebbe detto il pensiero esiste, un pensiero che però è soggettivo, lui non può dire il pensiero di altri, il mio pensiero.
Nice approfondisce dicendo che Cartesio presuppone che esista un io, che esista un pensiero e che l'io sappia di pensare. Abbiamo visto che la prima non è vera, la seconda è dovuta all'auto-evidenza e non si può negare, e nemmeno Nietzsche ci riuscirà. Purtroppo Nietzsche ha una fanbase che è la più tossica del mondo della filosofia e quando si fa notare «Ehi, Nietzsche qua ha sbagliato» oppure «Ehi, Nietzsche qua non ha dimostrato niente» in realtà esplodono praticamente, si incazzano come bestie.
Quanto alla terza, è Nietzsche in realtà a presupporre indebitamente una distinzione tra soggetto pensante e oggetto pensato che Cartesio non presuppone. La settima critica la fa Hobbes, dicendo che Cartesio, che, come abbiamo visto, è salvo da queste critiche, dicendo che lui è pensiero, quindi non sta compiendo salti ontologici e non sta supponendo l'io, non è pensiero solo perché pensa, esattamente come chi passeggia non è una passeggiata. Una critica simile a quella di Odi Fredi contro Parmenide, e proprio come quella destinata a crollare. Infatti Cartesio rispose ad Hobbes, dicendogli che l'uomo non passeggia sempre. mentre pensa sempre, e dunque il pensiero è essenziale per l'uomo, ed è l'unica cosa di cui non si può dubitare.
Si ripete di nuovo che Cartesio DOPO ammette l'esistenza del corpo e di tutto il resto, ma per il momento ha ragione a dire che l'unica cosa di cui sono certo che esiste è questo pensiero, che pensa. L'ottava critica è che Cartesio abbia copiato Agostino, ma in realtà c'è una differenza. Agostino intende scoprire cosa è vero, quindi la verità esterna all'uomo.
Cartesio vuole scoprire di cosa può essere certo, quindi interna all'uomo. Inoltre per lui dal dubbio scaturisce la verità. Il dubbio per lui è utile, non è un errore.
Ora, Cartesio quindi ha dimostrato che sta pensando, che non può dubitare o essere ingannato di data pensiero, e che questo suo pensiero, che non è ancora distinto in io o in idee precise, e che è pensiero in atto, è lui. E pensa. E, dato che pensa, non solo è vero, ma deve in qualche misura esistere.
Ma... ora che sa che l'io esiste, deve trovare un modo di scoprire delle altre verità. Cartesio a questo punto distingue tre tipi di idee.
Quelle innate, matematica, avventizie, date dai sensi, e fattizie, invenzioni. L'idea di Dio e della sua perfezione non è avventizia, non c'è nulla in natura di perfetto, né fattizia, Cartesio non può inventarsi da nulla qualcosa di simile, oggi sappiamo che si può, né innata, perché si riferisce a qualcosa di esistente. Cartesio conosce l'idea di perfezione e sa che tale idea non può venire da lui che è imperfetto. ergo deve venire da un ente perfetto esterno a lui, ossia Dio.
Questa è la sua prima prova. La seconda prova è che Cartesio esiste, e siccome esiste o si è creato da solo o lo ha creato qualcos'altro, e siccome non può essersi creato lui, sia perché sarebbe contraddittorio, sia perché si sarebbe creato perfetto, e non è perfetto, deve essere stato creato da un ente perfetto, ossia Dio. La terza prova è simile a quella ontologica. Siccome nella definizione di Dio è compresa l'esistenza, come nel triangolo o quella dei triangoli, allora Dio deve esistere.
E siccome Dio esiste ed è perfetto, egli non può ingannarmi, e dunque le idee matematiche nella mia testa e la logica sono corrette. Questo è un salto logico, non quello del cogito. Qua Cartesio parte dalla sua sola mente, con prove che, diciamolo, non si reggono proprio in piedi, per dimostrare l'esistenza di qualcosa di cui non ha esperienza, lui Dio non l'ha mai visto.
Invece nel cogito lui sta dicendo che c'è un pensiero, e ha esperienza di questo pensiero, pensando. Io so che il tavolo esiste perché posso dimostrarlo, lo percepisco. Non so se i folletti esistono perché non ho esperienza di loro. Invece con il cogito lui ha esperienza del pensiero e nel dire che questo pensiero esiste non sta affatto sbagliando.
Intendiamoci, quando qualcuno dice nulla esiste sappiamo che si sbaglia, perché il fatto stesso che percepiamo, pensiamo, immaginiamo, vediamo colori, indica che qualcosa di qualche tipo esiste. Se fosse nulla sarebbe tutto nulla, assenza di pensiero, di colore, di tutto, neanche sapremmo. Il fatto stesso che qualcosa esiste indica che banalmente qualcosa esiste. Questo si sapeva sin da dopo Gorgia.
La virtù di Cartesio è aver dimostrato che la prima cosa che possiamo dire che esiste è il nostro pensiero. Tutto il resto, ciò che percepiamo, ciò che immaginiamo, può essere illusione, sogno, tutto può essere ridotto in noi stessi, nel solipsismo, ma almeno l'io penso esiste. E così si chiude la storia del salto logico.
E comunque c'è da dire che l'idea del salto logico presuppone una mentalità strettamente empirista e riduzionistica, ossia Posso dimostrare solo ciò che vedo con i miei occhi, e molti filosofi fanno notare e chi l'ha detto? Ora, Cartesio afferma di aver trovato un metodo per sapere solo ciò che è evidente, che consiste in quattro parti. Evidenza, accettare solo ciò che è evidentemente vero. Analisi, scomporre il compito nelle sue parti più semplici e rigorosi.
Sintesi, partire dal particolare e risalire al generale. Ed infine enumerazione e revisione, ossia dividere il tutto in step e ricontrollare ogni volta. Insomma, Cartesio sta matematicizzando la filosofia. Ma allora, cos'è dovuto l'errore? L'errore è dovuto al fatto che la volontà è più grande dell'intelletto e può percorrere anche le vie stupide.
L'intelletto indica una sola via, vaccinismo, ma uno volendo può anche essere antivax e terrapiattista. Questo è il famoso metodo razionalistico, da lui creato, che molti seguiranno, la ragione che da sola prevede tutto, il soggetto che dalla sua stanza deduce il mondo, e Vico lo criticherà per questo. Ma tutto potrebbe esistere nella mia mente.
Possiamo essere sicuri dell'esistenza del mondo fisico al di là del pensiero? Cartesio dice che siccome il mondo ci arriva passivamente, non lo creiamo noi e non lo controlliamo, è esterno a noi. Ma è diverso dai pensieri. Sono due sostanze diverse.
Questo è il dualismo cartesiano, res cogitans e res extensa. La materia è meccanicistica, gestita come un domino, senza volontà, tutto è un enorme orologio e Dio è l'orologiaio. Cartesio quindi elimina dal mondo materiale ogni spiritualismo, relegandolo alla res cogitans.
Ma allora come si spiega l'uomo che pensa ma è anche un corpo? Secondo lui l'anima guida il corpo usando la ghiandola pineale. Cartesio dimostrò l'esistenza dei riflessi, secondo lui dovuti a degli spiriti animali che salgono e scendono nel corpo.
E aveva anche una teoria interessante sul cuore. Secondo lui era il sangue scaldato dal calore che si muoveva nel corpo e causava il battito del cuore. Secondo Garvey, invece padre della medicina, è il cuore a pompare il sangue. Soluzione che Cartesio non accetta perché per lui tutto è una catena di domino e un cuore che si muove da solo gli pare strano. Per Cartesio gli animali sono come macchine, privi di coscienza e non provano dolore, perché non parlano.
Ora, Galileo distingueva in qualità oggettive, misurabili matematicamente, e soggettive, odore, sapore, che invece esistono solo per il soggetto. Per Cartesio è così che dobbiamo misurare il mondo, solo sulla base delle caratteristiche matematiche, per quello la chiama res extensa. Cartesio è importantissimo per il fatto che ha riformato la matematica, dimostrando che l'algebra e la geometria sono connesse e che la geometria può essere ridotta ad algebra, i famosi piani cartesiani, geometria analitica.
Permettono infatti di dimostrare che ogni figura è riassumibile in un'equazione e formule matematiche, quindi tutto ciò che occupa spazio e numero, e quindi lui stesso osserva il mondo su basi matematiche, relegando tutto il resto alla res cogitans. Dimostrò che il raggio angolare dell'arcobaleno è di 42 gradi. Secondo Cartesio non esiste il vuoto e lo spazio è infinito e divisibile in eterno. Ma allora come si spiega il moto?
Per Cartesio tutto è fatto di polvere e quando qualcosa si muove sta provocando spostamento di questo pulviscolo rispetto ad altro pulviscolo. Questo significa che quando si muove un oggetto grosso, attorno a lui si crea un vortice che trascina in cerchio le cose. Quindi, così, lui spiega il moto della Terra attorno al Sole.
È dovuto al vortice. Lui abborriva l'idea di una forza a distanza, che sapeva tanto di spiritualismo. In questo senso sbagliava. Al tempo stesso, però, ci ha un po' azzeccato, perché oggi sappiamo che effettivamente le forze a distanza agiscono tramite un campo, quindi la forza è presente ovunque.
Inoltre, la loop quantum gravity e le teorie delle stringhe permettono di ottenere degli atomi di spazio, quindi Cartesio era sia molto in errore, sia molto nella ragione. Nell'etica, Cartesio fornisce quattro regole. seguire i costumi del tuo paese, essere fermo nella tua intenzione senza vacillare, cercare di vincere se stessi e non la fortuna, stoicismo, ed infine dedicare la vita alla filosofia. Cartesio passò tutta la vita a pubblicare le sue opere e ogni volta rispondeva alle lettere che gli altri filosofi gli mandavano e dibatteva con loro rispondendo alle critiche. In pratica mi ha rubato il posto di primo youtuber filosofo, c'erano già i tizi del non mi piace all'epoca, la sua filosofia sarà prima criticata da tutti.
e poi utilizzata a pezzetti. Gli occasionalisti, ad esempio, ritenevano che fosse Dio a collegare ogni volta le due sostanze. Sarà adorato dagli illuministi per il suo razionalismo. Kant prenderà spunto da lui per il cogito.
Gli idealisti lo adoreranno per il suo soggettivismo, con Hegel che afferma che che con Cartesio finalmente l'umanità, dopo secoli di buio, dice terra. Hasserl fu fortemente influenzato da Cartesio, e grazie a lui esiste la fenomenologia, creando una versione moderna del suo cogito. Per Heidegger il cogito è vero solo in quanto noi siamo per la morte, e Cartesio è l'inizio dell'antropologia moderna.
Sartre sosteneva che il cogito è una verità assoluta che ogni filosofo deve usare. Oggi, grazie a Turing, sappiamo che Cartesio aveva ragione sul fatto che la mente è, almeno in parte, replicabile con meccanismi matematici. Ora, un circolo di filosofi erano i libertini, nobili aristocratici che criticavano ogni dogma in segreto.
Uno di loro era Cyrano de Bergerac, che sarebbe anche l'autore. Pascal sarà da questi influenzato. Pascal è come Leopardi e Gramsci.
Un bambino prodigio, si stimava che avesse un quoziente lettivo di 185, quasi quanto il mio, che sin da piccolo fu afflitto da gravi malattie e fragile salute, cosa che lo ha condotto al suo pessimismo. Pascal fa notare che l'uomo è intrinsecamente miserabile. Cerca la felicità in ogni sua azione, anche chi si impicca e sta cercando una pace che la vita non gli offre. Ma non la otteniamo mai e soffriamo. Chi è povero soffre per alcuni motivi, chi è ricco soffre per altri.
Per quante cose puoi avere, alla fine tu pensi solo a ciò che non hai e ti fa soffrire. E pensiamo solo alla sofferenza. Nessuno è assolutamente perfetto. E anche il più ricco dei sovrani che non ha nessun bisogno, anche lui soffre e soffre la noia. Anzi, lui soffre più di tutti perché nel momento in cui non devi pensare al cibo, ai soldi, alla alla famiglia, al lavoro, alla casa, tutte queste cose, quando sei completamente libero e privo di bisogni, scopri che la tua vita è vuota, che non hai più nulla da fare, nulla che ti sospinga, che sei gettato in un'esistenza in cui non sai cosa fare.
L'uomo ha un sacco di domande a cui non sa rispondere. Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?
Perché siamo qui? Cosa dovremmo fare? Cosa c'è dopo la morte?
C'è un senso alla vita? Siamo liberi? Non abbiamo... risposte. E per questo siamo disperati, siamo gettati in un nulla di dubbio e incertezza.
E questo vuoto esistenziale cerchiamo di coprirlo. Creiamo delle necessità, altre cose da fare, lavori, nuovi problemi. Ci proviamo in tutti i modi perché sono comunque meglio che pensare a questo vuoto. Questo è il divertissement, il nostro distrarci dal fatto che siamo vuoti come Bojack Horseman. L'uomo, dice Pascal, non cerca le cose, ma la ricerca delle cose.
Vuole il lavoro per ottenere la casa. Se le case piovessero dal cielo in abbondanza, non gli interesserebbero, le butterebbe via. Noi non viviamo nel presente, ma nel futuro.
Cosa faremo? Come migliorare? Cosa comprare? Cosa cambiare? In questo modo non siamo mai felici, ma ci prepariamo ad essere felici.
Non viviamo, ma speriamo di vivere. Per Pascal la ragione è importantissima. Lui era un matematico, lavorò confermata la teoria della probabilità, scrisse sulle coniche, scoprì il triangolo di trattaglia per presentare coefficienti binomiali, e un fisico, scoprì la pressa idraulica, la siringa, il concetto di pressione che oggi si misura con il suo nome, formulò il principio di Pascal su come la forza si trasmette sui punti di un liquido.
dimostrò l'esistenza del vuoto contro Cartesio, creò una roulette primitiva per cercare il moto perpetuo. Ma la logica è limitata e si rifà dei principi primi che a loro volta hanno bisogno di qualcosa, all'infinito. Per questo, oltre allo spirito di geometria, la ragione, Pascal postula lo spirito di finezza, ossia il cuore che ha le sue ragioni che la ragione non conosce.
La ragione ha dei limiti, che il cuore, l'uomo, comprende questi limiti e diventa umile, comprende che esiste altro che non può comprendere con la ragione. La metafilosofia consiste nel beffarsi della filosofia stessa. Il cuore non è irrazionalità, è una diversa razionalità, che permette l'eloquenza, la consolazione, l'empatia, la natura intima dell'uomo. Per calcolare serve la ragione, ma per comprendere il senso della vita serve il cuore. Ora, l'uomo è una vera contraddizione, è grande ma è piccolo, debole ma forte, senza senso e cerca un senso.
Per Pascal l'uomo è una canna pensante. Come la canna è debolissimo, infimo, basta un nulla per distruggerlo, ma a differenza della canna, lui pensa, e questo lo rende al tempo stesso più grande di ogni cosa. Tutto nell'universo può distruggerlo, ma lui sa di dover morire, conosce la cosa che lo distrugge, e con il suo pensiero contiene l'intero universo. L'universo invece non pensa. Egli è minuscolo, ma al tempo stesso è infinito.
Noi siamo infinito. E questa contraddizione, il fatto che l'uomo è pronto per l'infinito ma vive in una condizione finita, è risolta solo dalla religione per Pascal. Il cristianesimo non è la religione dei filosofi deisti come Cartesio, dove Dio è semplicemente un tappabuchi che inizia l'universo e poi per qualche motivo non fa più niente per l'eternità a caso.
Il Dio cristiano agisce, ama, si sacrifica. L'uomo è stato creato per amare all'infinito, ma dopo la caduta di Adamo è condannato a riversare questo amore infinito nelle cose finite e quindi soffre. Solo un re decaduto. può soffrire per il fatto di non essere re. L'uomo soffre la sua attuale vita perché inconsciamente sa di essere destinato ad altro.
Ma come convincere chi non crede? Pascal idea la sua famosa scommessa. Bisogna scommettere o credere o non credere.
Non scommettere significa aver scommesso sul non credere. Ora, dice Pascal, che è matematico, dividiamo. Le due scommesse sono vivere in modo pio, come piace a Dio, o vivere in modo dissoluto.
Ora, gli esiti. Dio o esiste o non esiste. Se Dio esiste, credere in Lui produce una ricompensa infinita.
Se non esiste, credere o non credere è irrilevante. Si chiede a Pascal, cosa conviene? La matematica parla chiaro.
C'è il 50% di possibilità di ottenere un premio infinito oppure niente. Il prezzo del gioco è una cosa minuscola, finita. Il premio è infinito. Il finito in confronto all'infinito, matematicamente, è nulla. Se io ti dicessi di scommettere un centesimo per vincere 10 miliardi di euro, quella scommessa sarebbe più sconveniente che non la scommessa di Pascal.
Perché di fronte ad un premio infinito bisogna per forza scommettere. Se vinci avrai l'infinito, se perdi non avrai perso niente e moriamo tutti allo stesso modo. Ma le probabilità vogliono che tu scommetta.
Ora, questa prova ha... diverse critiche. La prima è che vivere in modo religioso un costo ce l'ha e come, bisogna seguire regole e privarsi di alcuni piaceri. E se Dio non esiste avrei vissuto una vita limitata per nulla.
Pascal risponde che la vita cristiana è la vita migliore, quella che anche un ateo dovrebbe condurre se vuole essere davvero felice. E quindi essere buono con tutti paga il prezzo, diciamo così. E comunque, ripetiamo, il prezzo per Pascal, vivere in modo giusto, è nulla in confronto al premio, l'infinito.
Ogni scommessa è basata sull'incertezza, se no non sarebbe una scommessa ma un regalo. La seconda critica è che Questa prova non spiega in quale dio credere. Questa in realtà è un'obiezione un po' stupida, ma purtroppo comune in ogni singolo dibattito sull'esistenza di dio a cui ho mai partecipato, perché la prova di Pascal non riguarda quale religione scegliere, bensì se essere religiosi e basta.
Quale religione sarà determinato con altri mezzi, in teoria. La terza critica è che non sappiamo se le probabilità siano 50-50, e anzi ogni ato dirà che le probabilità che dio esista sono bassissime o quasi nulle. E questa è una prima critica legittima.
La quarta critica è che Dio dovrebbe essere sadico per obbligarci a giocare, ossia mandare all'inferno o in paradiso persone sulla base del fatto che credano o meno in lui. Questo varia da religione a religione, però. La quinta critica è che non è detto che Dio scommetta con noi, magari strata di un Dio epicureo, ma in quel caso basta equa.
La sesta critica è che si potrebbe vivere in modo dissoluto e poi convertirsi in punto di morte. Anche qui dipende molto dal tipo di religione, anche se è palese che ciò potrebbe non bastare a una mossa parecchio rischiosa. La settima critica è che è un...
modo disonesto di ragionare, credere in Dio solo perché ci conviene per avere da lui un premio. Un filosofo di cui non ricordo il nome disse, penso che Dio preferirebbe un agnostico onesto ad un credente opportunista. L'ultima critica è quella di Voltaire, che dice, l'interesse che ho verso qualcosa non è una prova che quella cosa esista. Inoltre ci sono molti che, nonostante le prove, dice Pascal, non credono, e allora Pascal suggerisce di esercitarsi, di pregare, andare a messa lo stesso e la fede con il tempo verrà naturalmente. La filosofia di Pascal influenzerà poi Kant, il suo sublime e ispirato al giungo pensante, poi Foscolo, Leopardi, Kierkegaard, Schopenhauer, Manzoni, Dostoevsky, Chatebreand, fino ad Heidegger ed Emerson.
Vi lascio il link Amazon sul discorso sul metodo di Cartesio e i pensieri di Pascal in descrizione. Ma è ovvio che sto video ci ha messo un sacco ad uscire, l'avete visto che cosa è uscito fuori? Cioè, il cogito ergo sum, mica si può riassumere in 5 paroline un video di 4 minuti, è una cosa assurda, le cose o si fanno bene o non si fanno.
E ormai mi metto a parlare perché tanto ormai il video le ha sforati i 23 minuti, quindi cazzo me ne frega, è come se durasse 50 ore, ma vaffan...