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Disuguaglianze Economiche e Sociali nel Mondo

Le diseguaglianze aumentano. Secondo il rapporto ONU 2020, oggi oltre il 70% degli abitanti del pianeta vive in paesi dove le disparità economiche e sociali continuano a crescere. Tra 1990 e 2015, in 46 stagioni, il rischio di diseguaglianza è di circa 1,5 mila. stati su 57 l'1% della popolazione globale, i più ricchi, è diventato ancora più ricco. La buona notizia è l'inversione di tendenza sugli ultimi 20 anni nella maggior parte dell'America Latina, dei Caraibi e in alcune aree africane. ma restano enormi squilibri tra macro-regioni. In media in Nord America il reddito è 16 volte superiore rispetto all'Africa subsahariana. In generale, tra paesi sviluppati e in via di sviluppo, la tassazione sui redditi più alti è scesa dal 66% del 1981 al 43% del 2018. Disparità in aumento anche nell'economia che cresce al ritmo più veloce del mondo, la Cina, e nei paesi che negli ultimi decenni erano riusciti a ridurle, Argentina, Messico e Brasile. Quattro i campi di ricerca che indicano origini degli squilibri e soluzioni praticabili. Primo, progresso tecnologico. Innovazione digitale e intelligenza artificiale aprono scenari straordinari per lavoro, istruzione, sanità. Ma senza interventi mirati, il mancato accesso alle informazioni scava una distanza in prospettiva sempre più incolmabile tra chi ha alte competenze e chi invece resta indietro. Basta un dato per inquadrare il gap. Nelle società più avanzate, l'87% della popolazione ha accesso a internet, contro il 19% nei paesi in via di sviluppo. Secondo, condizioni climatiche. Nei paesi più vulnerabili ed esposti al surriscaldamento terrestre, i poveri diventeranno sempre più poveri. Nei prossimi dieci anni, milioni di persone rischiano di cadere in miseria. Mentre transizione all'economia verde, politiche di sostenibilità ambientale ed energie rinnovabili potrebbero invertire la tendenza, spingendo occupazione e progresso. Terzo, urbanizzazione. Per la prima volta nella storia, gli abitanti delle aree urbane hanno superato quelli delle zone rurali. Le città sono calamite di sviluppo, con redditi mediamente più alti, ma anche produttori e amplificatori di diseguaglianza. Nel 2016, oltre un miliardo di persone, un abitante di città su quattro, viveva in slam e baracche. Per le metropoli del futuro, la sfida è l'inclusività. Quarto, migrazioni. Spostamenti di milioni di persone con effetti positivi sulle economie dei paesi di origine e destinazione. Nelle società a forte immigrazione, la competizione per lavori poco qualificati può spingere le paghe al ribasso e aumentare le disparità. Per questo, sempre più governi scelgono di filtrare gli ingressi in base alla domanda del mercato. Più spesso gli immigrati non hanno alternative e accettano lavori di scarto, producendo dinamiche comunque positive per l'occupazione. Di certo per diventare forza di progresso queste potenzialità vanno incanalate in percorsi sicuri e legali. Disparità crescenti e calo delle opportunità di lavoro, una combinazione che può innescare spirali di frustrazione, impotenza e rabbia, come nelle violente proteste degli ultimi anni. Dinamica che aggrava la sfiducia nella politica, rallenta la crescita e rende sempre più difficile ridurre la povertà. Un circolo vizioso. Il livello di insoddisfazione popolare resta alto anche dove la crisi economica e finanziaria è del tutto superata. Irreversibile? No. Il Dipartimento Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite suggerisce infine tre aree di intervento. Istruzione per allargare l'accesso alle opportunità, politiche sociali e fiscali a sostegno delle fasce più deboli, legislazione inclusiva che promuova la partecipazione e combatta pregiudizio e discriminazione.