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Pasolini: vita, omicidio e eredità

Purtroppo non si affronta quasi mai alle superiori Pasolini, bisogna arrivare all'università per studiarlo. Petrolio, ragazzi di vita... o una vita violenta, queste sono soltanto alcune delle sue opere. E ve lo dico prima di cominciare, non fidatevi di quello che sentirete in questo video. Vi sto imbrogliando? Certo che no. Il fatto è che vi riporterò molte notizie date per vere, che poi però sarebbero diventate false. È normale, questa storia è un puzzle irrisolto. E però prima di tutto torniamo a circa 50 anni fa. Quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente a ottenere, il potere di oggi, cioè il potere delle attività di consumo, invece riesce a ottenere perfettamente. distruggendo le varie realtà particolari. Il vero fascismo è proprio questo potere delle sindacali di consumi che sta distruggendo l'Italia. E questa cosa è venuta talmente rapidamente che non ce ne siamo resi conto. È venuto in questi ultimi 5, 6, 7, 10 anni. 2 novembre 1975. Sono le 6.30 del mattino e la signora Maria Teresa Lollobrigida arriva a dar rumo all'idroscalo di Ostia. Si tratta di un quartiere periferico, povero, dove il Tevere si getta direttamente in mare. Maria Teresa si avvia verso casa, ai margini di un piacere. piazzale in terra battuta, quando all'improvviso vede per terra un mucchio di stracci. Insospettita si avvicina, ma quel che si trova davanti è un cadavere. Quel corpo appartiene a un certo Pier Paolo Pasolini. Così muore uno dei più noti registi intellettuali e scrittori italiani di tutti i tempi. Ma c'è qualcosa di strano. Quella mattina, sempre alle 6 e 30, il giornale radio trasmette la seguente notizia. Lo scrittore e regista Pier Paolo Pasolini è stato assassinato stanotte alla periferia di Roma. Che velocità direte? Efficienza svizzera. Anche perché, a parte Maria Teresa, nessuno sa ancora nulla. Anche se di cose ne sono successe già un bel po'. Questa è una storia che va al di là di... un autore a tutto campo, estremamente prolifico, quanto provocatorio, comunista e dichiaratamente omosessuale. E per questo repulso da una certa Italia cattolica. Sì, perché l'assassinio di Pierpaolo Pasolini ha dell'assurdo. Ci svela molto di un passato del nostro paese che troppo spesso tendiamo a dimenticare. Il tipo di persone che amo di gran lungo di più sono le persone che possibilmente non abbiano fatto neanche la quarta elementare, cioè le persone assolutamente semplici ma non ci metta delle retoriche in questa mia affermazione, non lo dico per... retorico, lo dico perché la cultura piccolo borghese, almeno nella mia nazione, ma forse anche in Francia e in Spagna, è qualcosa che porta sempre a delle corruzioni e delle impurezze, mentre un analfabeto, uno che abbia fatto i primari e gli elementari, è sempre una certa... grazia che poi va perduta attraverso la cultura. Poi si ritrova un altissimo grado di cultura, ma la cultura media è sempre corruttrice. Roma, stazione Termini. Un gruppo di ragazzi attende l'arrivo di un'automobile. È un Alfa Romeo GT2000 metallizzata. Un uomo scende dalla macchina, si avvicina ai ragazzi e chiede se qualcuno vuole fare un giro. L'uomo ha idee molto chiare. Per il resto quelli sono ragazzi senza un soldo bucato, disponibili a qualche favore di natura sessuale. Giuseppe accetta la propria proposta. ma prima vuole andare a mangiare. È tardi, sono le 11 passate, a quell'ora trovare una trattoria aperta non è semplice. Tuttavia, l'uomo che è sceso dall'Alfa è uno famoso, Pierpaolo Pasolini. I due arrivano al Biondo Tevere, dove il regista è solito cenare con gli amici. Per uno come lui, la cucina si può riaprire. Giuseppe mangia una pasta e un petto di pollo. Poi i due ripartono, e arrivano all'idroscalo di Ostia, nei pressi di un campetto da calcio circondato da case abusive. Qui il racconto si interrompe perché mancano degli elementi per poter proseguire. All'una e mezzo di notte una pattuglia di carabinieri vede arrivare un Alfa Romeo GT2000 che viaggia ad altissima velocità, contromano addirittura. Fermata l'automobile i carabinieri trovano al suo interno un 17enne, Giuseppe Pelosi, detto Pino. Giuseppe è minorenne, non potrebbe guidare neanche nel senso giusto di percorrenza. Sul sedile posteriore c'è un maglione verde, sul portaoggetti un pacchetto di sigarette e un accendino. Per terra un plantare. Un agente apre il libretto dell'automobile e legge il nome del pilota. proprietario Pierpaolo Pasolini. A quel punto Pino viene fermato. I carabinieri si recano a casa di Pasolini dove con lui abitano sua cugina Graziella e la mamma Susanna. Hanno rubato l'auto di Pasolini, dicono alla cugina, vogliono parlare con lui, ma lui non c'è. Alle 6 e 30 arriva la telefonata del ritrovamento di un cadavere all'idroscalò di Ostia. La polizia rinviene così il corpo martoriato di Pierpaolo Pasolini. Qualcosa che non torna c'è, è come se c'è. Chi è che ha ucciso Pasolini e soprattutto Pino? perché. In seguito all'omicidio Oriana Fallaci pubblica un articolo in cui sostiene di sapere che quel 2 novembre vi erano più persone attorno a Pozzolini e che gli abitanti dell'Idroscalo lo sapevano perfettamente. Fallaci si rifiuta di citare la fonte e per questo viene condannata a quattro mesi, poi amnistiati. Come immaginerete bene l'ordine dei giornalisti si guarda molto bene dal difenderla. Ma le illazioni non finiscono qui. Il 21 novembre l'Europeo pubblica un articolo di Giancarlo Mazzini intitolato I sei errori della polizia, nel quale elenca tutto ciò che è andato storto nella tutela del luogo del delitto. Difatti, all'arrivo della polizia, il cadavere è circondato da una folla, il che confonde le tracce, il che rende impossibile capire quante persone vi erano quella notte attorno a Pasolini prima che venisse massacrato di botte. Nessuno si sogna di mandare via quella gente o di recintare l'area. Anzi, nel campetto a fianco, una ventina di ragazzini gioca addirittura a calcio. Sembra che a nessuno importi niente. I soli reperti sulla scena del delitto sono un bastone bagnato e sporco di sangue e capelli, e una camicia a righe intrisa di sangue, come se fosse stata utilizzata per tamponare le ferite. Se l'è tolta Pasolini, non è strappata né stata sbottonata. Tutto qui. Non si rilevano calchi di gomme di auto o moto che fossero passate di là quella notte, non vengono disposti su un foglio le posizioni dei reperti del corpo. Giuseppe Pelosi dichiara di aver perduto un anello la sera. prima. Lo ha ritrovato un maresciallo della polizia di Ostia e se ne è messo in tasca, dove lo ha recuperato nemmeno se lo ricorda. Insomma, siamo alle comiche, se non fosse soltanto che si è trattato di un omicidio afferrato, di cui non si riescono a ricostruire le dinamiche. Ma c'è dell'altro. L'Alfa di Pasolini viene portata sotto una tettoia, all'aperto. Chiunque potrebbe entrare e inquinare le prove. La scientifica arriva a Ostia soltanto lunedì 3, quando tracce e impronte sono diventate impossibili ormai da identificare. Si cercano segni del passaggio dell'auto di Pasolini, dell'Alfa Romeo GT2000 che lo avrebbe schiacciato. La strada è piena di buche, profonde. Nel tragitto la coppa dell'olio si sarebbe perlomeno strisciata o addirittura rotta, e invece quell'Alfa è praticamente intatta. Oddio, intatta se trascuriamo la grossa ammaccatura sul paraurti anteriore. Ad ogni modo, gli interrogatori cominciano giovedì, cioè quattro giorni dopo il delitto. Un po'tardi, no? Per di più, la confessione di Giuseppe Pelosi è quantomeno... Romanzesca. Pelosi dichiara che una volta arrivati all'idroscalo, lui e Pasolini avrebbero iniziato a consumare un rapporto. Poi, di scatto, Pasolini sarebbe sceso dall'auto lasciandovi gli occhiali, che portava sempre. Pelosi l'avrebbe inseguito per completare le cose, ma che, dice a sua detta, non avrebbe consentito a fare la donna. Così Pasolini l'avrebbe stuzzicato, picchiettandogli il fondoschiena con un bastone. Tuttavia dopo il rifiuto di Pelosi, Pasolini lo avrebbe preso a pugni e bastonate. A quel punto Pelosi sarebbe stato costretto a reagire, picchiando il poeta con quello stesso bastone. Poi sarebbe fuggito con l'auto di Pasolini e forse, inavvertitamente, ne avrebbe investito il corpo. Pelosi non risparmia altri particolari macabri che non sto qui a ripetervi né a mostrarvi, quindi YouTube stai tranquillo. Sorgono però due dubbi. Il primo. Se l'assassinio era stato commesso come raccontato da Pelosi, allora quest'ultimo avrebbe quanto meno dovuto essere sporco di sangue. Invece i vestiti di Pino sono praticamente intonsi, così come il volante dell'Alfa Romeo. A essere sporco invece è il tettuccio dell'auto, con tracce probabilmente lasciate da qualcun altro. Il secondo dubbio. Il giornale riporta che il cadavere di Pasolini è stato brutalmente colpito da una ferocia inaudita, fratturato, tagliato e strappato praticamente ovunque. Lacerazioni e fratture decisamente incompatibili con i danni che può arrecare un semplice bastone. E soprattutto questa mattanza non può essere stata opera di una singola persona, a maggior ragione se perpetrata ai danni di un uomo in perfetta forma fisica come Pasolini. La storia di Pino non regge neanche un po'. È un cumulo di bugie e ha un unico scopo, confessare tutto, autoaccusarsi e... così da far archiviare subito il caso. Però le cose vanno diversamente. All'inizio della ringa finale, l'avvocato della parte civile annuncia che i familiari di Pasolini si ritirano da qualsiasi futuro procedimento perché non esiste condanna o risarcimento che possa compensare la morte del loro caro. Il 26 aprile del 76 viene letta la sentenza. Pelosi non se la cava così facilmente e viene condannato, vista la minore età e le attenuanti, a 9 anni e 7 mesi di carcere. Quanto all'aver agito da solo, il tribunale aggiunge che, e citiamo, Dagli atti emerge in modo imponente la prova che quella notte all'idroscalo il Pelosi non era solo. La sentenza parla chiaramente di omicidio in concorso con ignoti. Eppure questa conclusione rimane praticamente inascoltata. La condanna di Pelosi viene confermata in appello e in cassazione, ma si stabilisce che Pino era da solo. E la presenza di ignoti viene definita improbabile. La verità che esce dai dibattiti nelle aule di tribunale... è che si sia trattata di un caso di prostituzione finito nel peggiore dei modi. Quella verità finisce per invadere anche la stampa e chi non si adegua diventa un complottista, un dietrologo, uno che insegue i fantasmi. Però qualcuno non ci sta affatto. Io non riesco proprio neanche se lo volessi psicologicamente, direi fisicamente, a fare delle discriminazioni fra un individuo e l'altro. Dormi di fronte al capo della polizia, un alto magistrato, di fronte a un umile... L'operaio Spazzino è proprio la stessa cosa dal punto di vista psicologico, questo per un'espressione di timidità infantile. Pensi che delle volte mi scopro a far fatica a dare del tuo a un cane. Dico non soltanto di fronte a un essere umano, ma di fronte a un essere animale io ho questa specie di timidità per cui attribuisco un grande prestigio alla persona che mi è davanti. Senza fare discriminazione appunto tra le persone. Cioè tutte le persone che sono davanti a me, tutti gli esseri animati che sono davanti a me sono quasi sempre dei padri e delle madri. Il 2 novembre il giornalista della stampa Furio Colombo raccoglie lo sfogo di un abitante dell'Idroscalo, tale Ennio Salvitti, che dichiara lo scriva. Che è tutto uno schifo. Che erano in tanti, lo hanno massacrato quel poveraccio. Per mezz'ora ha gridato mamma, mamma, mamma. Erano in quattro o cinque. Per un pochino queste parole rimangono nell'ombra, finché qualcuno però non decide di ripescarle proprio dall'ombra. Quel qualcuno è Sergio Citti, regista nonché amico e consulente di Pasolini. Citti si ricorda bene di Ennio Salvitti, così lo individua e va a trovarlo affinché dica tutto quello che sa. Salvitti non ha alcuna intenzione di votare il sacco davanti a un magistrato. Siamo alla fine degli anni 70, quando Salvitti invia un messaggio al regista e sceneggiatore David Grieco, amico di Citti e Pasolini. Il messaggio dice Se il tuo amico non la smette, gli taglio la gola. Non posso farmi ammazzare per la vostra bella faccia. Resta da chiedersi chi è che mette tanta paura a Salvitti. È possibile che sappia chi siano i veri assassini di Pasolini? Nell'87 l'avvocato Nino Marazzita individua un possibile complice dell'omicidio, tale Giuseppe Mastini. Per capire da dove questo nome sia uscito fuori dobbiamo tornare ancora una volta al 2 novembre del 75. Ritrovato il cadavere di Pasolini, la polizia si presenta alla trattoria Biondo Tevere, dove il regista e Pelosi hanno cenato quella stessa notte. Al proprietario del locale, Vincenzo Panzironi, viene chiesto di descrivere il ragazzo che era con Pasolini. Panzironi non ha dubbi. Biondo, con i capelli lunghi fin sulle spalle. Gli viene mostrata una foto segnaletica. E'proprio lui, risponde Panzironi. Tutto chiaro, no? Beh. C'è un problema non indifferente. Giuseppe Pelosi è moro e riccioluto, e fino a quel momento foto segnaletiche sue non ve ne sono. Verranno fatte soltanto il giorno dopo a Regina Celi. Quando Pansironi testimonia il processo di primo grado, viene accolto da un «Non ti ricordi di me? Mi hai fatto la pasta agli oli e peperoncino». Alla fine Pansironi ammette che sì, il ragazzo di quella sera è proprio lui, Pino Pelosi. In realtà, l'uomo della foto è Giuseppe Mastini. Noto criminale che nel 1989 verrà condannato all'ergastolo per tutta una serie di sparatorie e sequestri di persona. La nuova indagine comunque si risolve in un nulla di fatto, nonostante ci siano degli evidenti indizi che sono stati bellamente tralasciati. Ricordate l'anello che Pelusi ha dichiarato di aver perduto? Ebbene, quell'anello apparteneva proprio a Mastini. Ancora, si sa che Mastini ha cominciato a delinquere da piccolo. Dopo uno scontro a fuoco con la polizia all'età di 11 anni, Mastini è stato costretto a portare un plantare. esattamente il plantare che è stato ritrovato nell'Alfa Romeo di Pasolini. E non è soltanto un caso, perché, signori miei, abbiamo un clamoroso colpo di scena. Nel 2005, Rai 3 manda in onda un episodio di una nota trasmissione che si occupa di casi giudiziari risolti, ombre sul giallo. A pochi minuti della fine della puntata entra in scena, pensate un po', proprio Pino Pelosi pronto a raccontare la sua verità. Quello che in francese si chiamerebbe coup de théâtre, anche perché... Pelosi non ribadisce ciò che ha detto in tribunale 30 anni prima, ma inventa una nuova versione dei fatti. Lui e Pasolini sarebbero stati aggrediti da un gruppo di persone, le quali poi avrebbero massacrato il regista e imponendo a Pelosi di farti i cazzi tuoi se non ammazziamo te e la tua famiglia. Non solo. Nel servizio gli italiani possono vedere per la prima volta il corpo di Pasolini all'obitorio. Matteo ti ringrazio per le censure perché sennò YouTube qui ci fa la festa. Il suo viso ha un colore strano, grigio, ma non quel grigio dovuto alle botte. Sembra coperto di petrolio, o di un olio vecchio, usato come se la macchina che lo ha investito avesse perso l'olio dalla coppa. Certo, non quella sua, che Pelosi si ostina a sostenere di aver guidato, passando per errore sul corpo del regista. Insomma, anche la nuova versione non sembra così attendibile. Per carità, le successive furono ancora più fantasiose, considerate le prove. Nel 2011, Pelosi pubblica il libro Io so come hanno ucciso Pasolini. La prima parte del titolo è un richiamo a un famoso articolo scritto dal regista. Ne parleremo tra poco, non vi preoccupate. A ogni modo, lo scritto riporta alcune novità rispetto alle dichiarazioni del 2005. Anzitutto, quella notte all'Idroscalo ci sarebbero state altre due automobili, una Fiat e un'Alfa identica a quella di Pasolini, appartenente ai fratelli Borsellino, due militanti neofascisti amici di Giuseppe Mastini. In secondo luogo, Pelosi e Pasolini si frequentavano in realtà da mesi. L'ultima dichiarazione di Pelosi... deceduto nel 2017 e stata rilasciata nel 2014. In questa dichiarazione, le persone presenti diventano sei, le auto sono sempre tre, ma c'è una moto. Si sarebbe trattato di un agguato, perché Pasolini e Pelosi sarebbero andati all'idroscalo per recuperare alcune bobine del film Salò, rubate tempo prima, a uccidere il rinforzamento. Il regista sarebbe stata l'altra Alfa Romeo. Pelosi è morto nel 2017 e con lui se ne è andata una verità che forse soltanto lui conosceva. Io continuo a essere scrittore per forza di inerzia, per abitudine. Ho cominciato a scrivere poesie a sette anni e mezzo e non mi sono chiesto perché lo facessi. L'unico senso possibile è un senso esistenzialistico, cioè l'abitudine a esprimersi, così come c'è l'abitudine di mangiare, di dormire. Prima di continuare con la nostra storia vorrei ringraziare NordVPN. E no, non si tratta di un semplice ringraziamento. 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Dal racconto emergono due personaggi, Carlo e Troia, che raffigurano rispettivamente Enrico Mattei, E tale è Eugenio Cefis, presidente dell'ENI dal 67 al 71 e presunto fondatore della loggia massonica P2. Petrolio, difatti, è la storia dell'ENI, della vita, della morte, del suo primo presidente Enrico Mattei. ENI è il simbolo del potere. Carlo, cioè Mattei, l'uomo più influente in Italia in quel periodo. In molti pensavano che Pasolini fosse ammalato. Fuori di testa e che non fosse più in grado di essere lucido con la mente invasa da scene di sesso violento? Questa la chiamo io la macchina del fango, tipica dei media. Eppure all'epoca Pasolini scriveva anche articoli per il Corriere della Sera, criticando il perbenismo e il bigottismo della società italiana nei confronti dei temi quali l'avorto, il divorzio, mostrando una coscienza di sé più che stabile. Io detesto soprattutto il potere di oggi. Ognuno odia il potere che subisce. Quindi io odio con particolare vehemenza il potere di questi giorni, oggi 1975. E'un potere che manipola i corpi in un modo orribile che non ha niente a che fare. ad invidiare la manipolazione fatta da Himmler o da Hitler. A una certa frangia dell'opinione pubblica italiana queste posizioni non vanno affatto giù. Nel 72 una sconosciuta casa editrice di Milano pubblicò un libro di un autore che utilizzava lo pseudonimo Giorgio Steinmetz. Il libro si intitolava Questo è Cefis, l'altra faccia dell'onorato presidente. Nello scritto compaiono prove documentate su una serie di reati commessi da Eugenio Cefis quando allora era presidente di Eni e Montedison. Si parla di corruzione, evasione fiscale, intromissione negli affari pubblici e giro di affari quantomeno loschi. Ma soprattutto in quest'opera Cefis viene accusato di aver orchestrato l'assassinio di Mattei, morto in un incidente aereo nel 62. Insomma, questo libro uscito fuori dal nulla è abbastanza scomodo, tant'è che dopo 48 ore dalla pubblicazione viene fatto sparire dalla circolazione. Cosa c'entra Pasolini? Due anni più tardi, nel 74, il regista arrivò a possedere una fotocopia di quel libro, tanto che Petrolio, pubblicato postumo dai Naudi nel 1992, riporta integralmente alcuni brani contenuti nello scritto del fantomatico Giorgio Steinmetz. Ricordate il caso del giornalista Mauro De Mauro di cui abbiamo già parlato in questo video? Ebbene, De Mauro sarebbe stato in possesso di documenti che confermavano la complicità di Cefis nella morte di Mattei. Documenti poi scomparsi assieme al giornalista nel 1970. Tutti i nodi cominciano forse a venire al pettine. Di Petrolio, ad oggi, sono state pubblicate quattro edizioni. In tutte, però, manca un capitolo. La Punto 21, intitolato Lampi su Eni. Nel dattilo scritto originale, Pasolini fa riferimenti precisi a dove questo capitolo debba essere inserito e a cosa debba riportare. Inserire discorsi dice Efis, scrive servono a dividere in due parti il romanzo, in modo perfettamente simmetrico ed esplicito. Si tratta quindi di una parte fondamentale del libro, un passaggio chiave. Questi discorsi, conservati al gabinetto Viesseu di Firenze, compaiono nell'ultima edizione di Garzanti, quella del 2022. Pasolini fa riferimento a Troia, cioè Cepis, come esponente di un potere cosiddetto clerico fascista, nuovo, multinazionale, economico, mafioso, del quale la sinistra è totalmente all'oscuro. A tal proposito c'è un altro fatto curioso, l'ennesimo. Nel 2010, Marcello Dell'Utri, fondatore di Forza Italia, amico di Berlusconi e condannato per concorso in associazione mafiosa, dichiarò di essere in possesso della Punto 21, per poi però ritrattare e affermare di averla avuto sotto mano soltanto per pochi secondi. E beh, anch'io una volta sono stato possessore di una Lamborghini. In sintesi, Pasolini sarebbe stato ucciso... poiché ha conoscenza della verità sulla morte di Mattei, presuntamente orchestrata da Eugenio Cefis, interessato a eliminare un uomo ormai diventato troppo scomodo. Per capire perché vi rimando al video che già abbiamo realizzato a suo tempo su Enrico Mattei. Ma ad ogni modo le piste potenzialmente percorribili sembrerebbero molteplici. L'ultima richiesta di riapertura delle indagini è recentissima, risale allo scorso marzo. La richiesta all'avvocato Stefano Maccioni per conto di David Grieco, che già abbiamo conosciuto come carissimo amico di Pasolini. Maccioni ha richiesto di allargare la ricerca di tracce di DNA ritrovate sui reperti della scena del delitto. Questa proposta è arrivata dopo la testimonianza di tale Maurizio Abbattino, uno dei boss della banda della Maiana. Praticamente con questa abbiamo chiamato in causa tutti i gruppi criminali del nostro paese. Ecco cosa sarebbe successo. L'agosto del 1975 viene compiuto un furto ai danni della Technicolor di Roma. Vengono trafugate una settantina di bobine, di tre film principalmente, dei Cameron, di Fellini, Un genio, due compari, un pollo, il Damiano Damiani e Salò di Pasolini. Per Pasolini è un guaio, soprattutto perché dovrà fare a meno della scena finale, a cui tiene davvero tanto. In quella scena viene rappresentata un ballo collettivo al quale partecipa anche lui. Ecco, in questo caso, per la prima volta, le testimonianze di Giuseppe Pelosi sembrano coincidere. Se ben ricordate, Pino aveva riferito che Pasolini si era recato all'idroscalo proprio per recuperare le bobine di Salò. Secondo Maurizio Abbatino, quella che sarebbe diventata la futura banda della Maiana, avrebbe contattato Pasolini per restituirgli le bobine rubate in cambio di 2 milioni di lire. Ciononostante, questo non spiega da chi il regista sia stato ucciso con tanta violenza. Il delito quindi sembra destinato a rimanere risolto. O forse no. Il 20 marzo 2016, il giornalista Paolo Broggi, del Corriere della Sera, viaggia fino a New York. Ha un appuntamento importante che sconvolge tutte le versioni ufficiali. Il suo interlocutore è un docente di matematica russo che insegna in una piccola università privata. Il suo nome è Misha Bessendorf. Nel 75 Bessendorf abitava ad Ostia, assieme ad altri russi fuggiti dall'URSS, in una palazzina che dista non più di 100 metri dall'Idroscalo. Il 2 novembre, dopo mezzanotte, Bessendorf sente delle grida, si affaccia alla finestra e nota alcune persone attorno a un uomo sdraiato a terra, così scende per capire cosa è accaduto. Conosciamo già la scena che Bessendorf si trova davanti. abbiamo i soliti 3 o 4 individui, soltanto che non si conosce l'identità di quelli che torreggiano sul cadavere di Pasolini. Bessendorf racconta a Brogi quanto segue. Allora sono corso giù per le scale e nel giro di pochi minuti il posto era pieno di gente della zona dei carabinieri. Uno dei carabinieri mi ha preso il nome, ha trascritto quanto avevo visto e poi non sono più stato sentito da quel carabiniere una seconda volta. Se il racconto di Bessendorf fosse vero... L'omicidio sarebbe avvenuto ben prima delle 6.30 del mattino, visto che i carabinieri erano già sul posto. Questa tesi rimigurisce già di per sé altre stranezze poi di cui abbiamo già parlato. Innanzitutto il fatto che i carabinieri abbiano avvisato la cugina di Pasolini del furto della sua automobile, non del suo assassino. In secondo luogo poi la strana coincidenza per cui la signora Maria Teresa Lollobrigida denuncia il delitto alle 6.30, mentre il telegiornale trasmette la notizia alla stessa ora. Dubito che tutto ciò sia opera di un qualche... Arco spazio-temporale alla Witcher. C'è poco da dire. Qualcuno ha mentito e forse sta ancora mentendo. Per quante illazioni possiamo fare sui motivi della morte di Pasolini, non vi è alcuna prova a sostegno di una motivazione piuttosto che di un'altra. Mi piacerebbe però parlarvi di un articolo scritto da Pasolini, pubblicato sul Corriere della Sera il 14 novembre del 74. L'articolo si intitola Cos'è questo golpe? Io so. Il poeta dichiara di sapere chi c'è dietro le ingiustizie sociali, dietro il degrado dell'Italia. dietro quelli che noi oggi chiamiamo anni di piombo, tra stragi e attentati alle istituzioni. Io so, scrive Pasolini, io so tutti questi nomi, so tutti i fatti di cui si sono resi colpevoli, io so, ma non ho le prove, non ho neanche indizi, io so, perché sono un intellettuale, uno scrittore che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace. e progresso. Tra le due parole c'è una differenza enorme, infatti questo sviluppo, non parlo del sviluppo in generale, ma questo storico sviluppo chi è che lo vuole? Lo vuole la destra economica, non parlo nemmeno della destra ideologica o del fascismo, no, parlo proprio della destra economica ed è a questo punto che io uso potere con le P maiuscole in un modo forse un po'estetizzante e vagamente mistico perché è evidentemente difficile definire quale sia oggi il potere reale. Anziché chiamarlo potere con la P maiuscola chiamiamolo pure i nuovi padroni. È chiaro però che questi nuovi padroni non corrispondono più perfettamente a quelli che noi siamo stati abituati a considerare padroni da molti anni a questa parte. E questi nuovi padroni vogliono lo sviluppo. Lo sviluppo, almeno qui in Italia questo sviluppo, vuole la creazione, la produzione intensa, disperata, ansiosa, smaniosa di beni superflui. Mentre in realtà... Coloro che vogliono il progresso vorrebbero invece la creazione e la produzione di beni necessari. A questo punto Pasolini si chiede se spetti agli intellettuali il compito di smascherare i cosiddetti cattivi o se questi fantomatici segreti verranno svelati da chi ha il potere. A parlare nel 2000 sarà Gennadelio Maletti, generale e agente segreto italiano, che in un'intervista al Repubblica spiega che la CIA voleva creare, attraverso la rinascita di un nazionalismo esasperato e con il contributo dell'estrema destra, l'arresto di questo scivolamento verso sinistra. Questo è il presupposto di base della strategia della tensione. Pasolini stesso non le manda a dire. Nel 75 il poeta scrive una lettera al giornalista Antonio Ghirelli, allora direttore del Mondo, dove dice Andreotti, Fanfani, Rumore e almeno una dozzina di altri potenti democristiani dovrebbero essere trascinati sul banco degli imputati. E qui vi accusate di una quantità sterminata di reati, indegnità Disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, con la collaborazione con la CIA, con l'uso illegale di enti come il SID, responsabilità nelle stragi di Milano, a Piazza Fontana, Brescia, Piazza della Loggia, Bologna, in riferimento alla strage dell'Italicus. E conclude, senza un simile processo penale è inutile sperare che ci sia qualcosa da fare per il nostro paese. Naturalmente, come sostiene anche lo stesso Pasolini, non abbiamo prove di quanto appena sostenuto. Che Pasolini sia stato ucciso per questo motivo, cosa è che sapeva davvero? E se sapeva ciò che sapeva, chi è che gli aveva passato certe informazioni? Sto probabilmente ponendo delle domande che si perderanno nell'etere, perché in realtà nessuno di noi verrà mai a conoscenza di quel che è accaduto a uno dei più influenti intellettuali italiani di tutti i tempi. In questa storia abbiamo riportato informazioni che sono a disposizione di tutti. Informazioni che mostrano il quadro di un'Italia che non vi è più, ma che oggi probabilmente esiste in forme diverse. Il cambio di testimone c'è sicuramente stato. La P2, la morte di Mattei, l'ostragismo, l'assassinio di Pasolini, sono tutti fatti a sé stanti. Del resto non ci sono prove che li colleghino. O forse sarebbe meglio dire che non ci sono più. Per aspera. Che mondo sogna? Per un certo tempo da ragazzo ho creduto nella rivoluzione come credono i ragazzi di adesso. Adesso comincio a credersi un po'meno, quindi sono in questo momento apocalittico, cioè vedo di fronte a me un mondo doloroso e sempre più brutto. Non ho speranze, quindi non mi disegno nemmeno un mondo futuro. Questa società che lei non ama, in fondo le ha dato tutto, le ha dato il successo, una notorietà internazionale. Sì, non è successo non è niente. Il successo non è niente, che cos'è? Che cos'è per lei il successo? Il successo è una forma, è l'altra faccia della persecuzione. Poi il successo è sempre una cosa brutta per un uomo. Può esaltare al primo momento, può dare delle piccole soddisfazioni, certe vanità, ma in realtà dopo, appena ottenuto, si capisce che è una cosa brutta per un uomo il successo.