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La Filosofia di Immanuel Kant

Immanuel Kant è uno dei pensatori più complessi e difficili, a volte perfino riati dagli studenti, anche se in realtà è un pensatore importantissimo, decisivo nella storia e nello sviluppo del pensiero, citatissimo anche per criticarlo, ma anche molto spesso per riprenderlo. Studiarlo non è facile, abbiamo cercato di presentarlo in tanti video. che trovate linkate anche in descrizione ma se avete già visto quei video, se volete alla fine dei giochi fare una ricapitolazione, un riassunto, una revisione di quello che avete capito soprattutto delle tre critiche, le opere più importanti di Kant, siete nel posto giusto perché oggi cerchiamo di rivedere insieme tutto o almeno per sommi capi gli aspetti principali del pensiero di Immanuel Kant in un'ora.

Andiamo a cominciare. Un sosto di caffè nella solita tazza con la scritta andiamo a cominciare che mi fa sempre compagnia come ci sono i miei consueti compagni d'avventura cioè Topolino, Tostoi, Batman, De Andrè, Lenfone, il mostro peloso e mi chiamano Ermanno Ferretti. Sono un insegnante di storia e filosofia insegno nell'Iceo Scientifico Paleoca di Lovigo e da due anni ormai superati abbondantemente, su questo canale realizzo delle video spiegazioni che seguono all'incirca il programma di storia e di filosofia che si fa alle superiori, ma ogni tanto propongono anche qualche approfondimento, qualche lettura di testi integrali, qualche presentazione di film, insomma cose che si legano sempre alla storia e alla filosofia ma a volte anche collaterali.

E tra le varie iniziative, negli ultimi mesi abbiamo iniziato a lanciare anche una sorta di rubrica sia in storia che in filosofia dedicata a ai grandi pensatori o alle grandi epoche storiche raccontate in una sola ora quasi esatta, più o meno esatta di video. Questo perché non per darvi il bignamino, un'ora non è un bignami tra l'altro, ma perché l'idea non è quella che voi tramite questi video possiate studiare e fare quello che non avete fatto sui libri o con altre spiegazioni più diffuse, ma servono a volte per fare un po'il punto dopo che si è già studiato, dopo che si è già analizzato un problema o un autore, un'epoca storica, ricapitoliamo, facciamo una revisione veloce in un'ora, penso che una revisione possa funzionare abbastanza bene, di solito sintetizziamo in un'ora il contenuto di 5-6 video, di 5-6 ore di lezione, così è anche il compito che ci riserviamo per questo video su Kant. In un'ora sola presenteremo le tre principali critiche, le tre principali opere, la critica della ragion pura, la critica della ragion pratica, la critica del giudizio o della facoltà di giudizio a seconda. delle traduzioni.

Ho qui il cronometro con me che sta procedendo e quindi tentiamo di starci davvero in un'ora. Diciamo subito due cose sulla vita. Immanuel Kant nasce nel 1724, muore nel 1804, quindi vive pienamente gli eventi del Settecento, dell'illuminismo, tant'è vero che alcuni l'hanno presentato come l'ultimo e il più compiuto degli illuministi. Sarebbe forse più corretto dire l'ultimo degli illuministi, il primo dei romantici, come alcuni testi ricordano, perché è vero sicuramente che Kant è illuminista, cresce, sviluppa il suo pensiero all'interno di un'atmosfera che è tipicamente illuminista, ma soprattutto in alcune opere lascia presagire già qualcosa di nuovo, lascia anticipare già qualcosa di nuovo. Lo vedremo già oggi nelle tre critiche, perché la critica della ragione pura è un'opera.

proprio platealmente illuminista, tipicamente illuminista. La critica della ragione pratica è già un po'fatta a modo suo, anche se gli influssi illuministi sono pesantissimi. La critica del giudizio è quasi un'opera romantica per certi versi, pur mantenendo alcuni aspetti razionali, eccetera.

Quindi Kant è un filosofo di passaggio, sicuramente di chiusura di un'epoca e di inizio di un'altra. Dicevo, 1724, l'anno di nascita, nasce e vive quasi tutta la vita, anzi, tutta la vita a... a Königsberg. Königsberg è una città che oggi non esiste più o meglio ha cambiato nome. Oggi si chiama Kaliningrad ed è una città della Russia attualmente, anche se, come vedete dalla cartina, si trovava e si trova nella regione storica della Prussia orientale.

All'epoca in cui ci nacque e ci visse Kant era una città di lingua tedesca, di nazionalità tedesca, una delle città originarie della Prussia che poi si sarebbe espansa verso... Ovest che avrebbe preso Berlino e poi avrebbe guidato l'unificazione tedesca fino all'800. Quindi è tedesco Kant, nonostante nasca e vive in una città che oggi è russa, per intenderci. Lì viene educato a un cristianesimo piuttosto ascetico, aderisce con la sua famiglia, viene educato al pietismo ed era una forma diciamo di...

di protestantesimo molto rigoloso dal punto di vista soprattutto morale. Il pietismo rifugiva dai riti troppo eccessivi, da una religione troppo esteriore, invece valutava molto bene una religione interiore, un cristianesimo vissuto dentro, anche con una grande dirittura morale. Ecco, questo sicuramente sarà di grande influenza su Kant. Dopo la laurea inizia a lavorare inizialmente come precettore, cioè insegnante privato. Poi riesce anche ad entrare all'università di Königsberg dove passa tutta la sua vita.

Ci sono anche delle leggende sul suo stile di vita molto metodico, molto abitudinario. Sapete c'è quella famosa leggenda secondo cui la gente di Königsberg regolava l'orologio, sincronizzava gli orologi come si direbbe oggi, sulla base del momento in cui lo voleva passeggiare perché passeggiava esattamente alla stessa ora ogni giorno, ci si poteva regolare letteralmente l'orologio. Nella vita non ha grandi passioni, non ha un ruolo attivo nella società, se non piccole cose. Ha qualche simpatia riformista e progressista, saluta con un certo entusiasmo letterario almeno la rivoluzione americana e poi la rivoluzione francese, almeno agli inizi della rivoluzione francese. Poi rimarrà dubbioso sugli esiti successivi della rivoluzione francese.

Famoso anche l'epitafio che compare nella sua tomba. muore nel 1804 come vi dicevo il cielo stellato sopra di me la legge morale dentro di me una frase tratta tra l'altro da una delle sue principali opere dalla critica della ragion pratica dove parla delle due dimensioni in pratica di ciò che riempie l'animo di orgoglio e ammirazione il cielo cioè la natura l'universo che è oggetto proprio di studio anche scientifico ma anche estetico e poi la legge morale cioè La vita pratica di cui parleremo, le tre critiche oscillano in questa direzione, in questo dualismo. La ragion pura e in parte anche la facoltà di giudizio si occupano del cielo stellato sopra di me da due punti di vista diversi. La critica alla ragion pratica si occupa invece della legge morale in me. e quindi delle norme del mio comportamento.

Scrive molte opere, canta, adesso non abbiamo tempo di analizzarle tutte, noi oggi ci soffriamo di uno su queste tre critiche che vi ho detto, citato, sono le tre opere maggiori, le principali. La critica della ragion pura esce nel 1781, nella prima edizione, la critica della ragion pratica invece è trattata nel 1787, la critica del giudizio nel 1790. Pubblica anche altre opere, per la pace perpetua, risposta alla domanda che cos'è l'illuminismo, fondazionalmente a fisica dei costumi, tante robe a volte abbiamo fatto dei video, altri ne faremo, ma queste tre sono le opere principali parlando di queste tre opere avrete notato che in tutte e tre compare nel titolo la parola critica, critica della ragion pura, critica della ragion pratica critica del giudizio perché non è un caso ovviamente Perché la filosofia di Kant viene anzi definita a volte criticismo e sicuramente l'aspetto della critica ha un ruolo fondamentale nell'approccio di Kant. Cosa si intende con criticismo? Kant riprende una riflessione già in parte fatta da John Locke, grande filosofo inglese empirista, e la porta direi fino alle estreme conseguenze. Lui si chiede, davanti ad ogni forma di esperienza, che sia quella conoscitiva, che sia quella morale, che sia quella estetica, Si chiede quali siano i limiti di quella esperienza.

Criticismo vuol dire sottoporre a critica il frutto della nostra vita, del nostro rapporto col mondo, del nostro rapporto con le cose. Mettiamolo dal punto di vista concreto, facciamo degli esempi. La critica della ragione pura da cui partiremo canta affronta il problema conoscitivo.

Come possiamo conoscere? Tenterà a ricapire fin dove può arrivare la nostra conoscenza, critica vuol dire questo, delimitare il limite, in un certo senso, e vedere se entro quel limite la nostra conoscenza è valida. Nella critica della ragione pratica, che invece affronta il tema delle scelte morali, della vita concreta, di come agiamo, anche lì si chiederà fin dove possiamo sapere come bene agire. Qual è il limite? E dentro quel limite siamo sicuri di saper bene come agire oppure no?

Nel campo della vita estetica, che è oggetto invece della critica del giudizio, quindi dell'esperienza del bello, anche lì critica nel senso, cos'è il bello? Fin dove arriva il bello? Dove non è più bello? E entro questo confine, il bello ha un senso, criticismo vuol dire di fatto trovare i limiti, trovare i confini, stabilire...

fino a dove una certa forma di conoscenza, esperienza, riflessione è valida e oltre quel limite ovviamente questa forma di esperienza, conoscenza eccetera non sarà più valida sottoporre a critica vuol dire stabilire qual è il limite e stabilire soprattutto se entro a questo limite la conoscenza è valida Per sintetizzare si dice che Kant vuole trovare la possibilità, la validità e i limiti delle nostre esperienze, delle nostre conoscenze. Possibilità vuol dire è possibile conoscere, è possibile fare una vita morale, è possibile fare esperienze del bello. Validità.

è valida questa conoscenza del bello, è valida questa conoscenza scientifica, eccetera, limiti vuol dire fino a che punto è valida, qual è il confine, come vi dicevo. Ovviamente questo può in un certo senso sembrare un percorso simile a quello che fa uno scettico, anche uno scettico... scettico mette, sottopone a critica la realtà, mette in dubbio quello che vede, quello che sente, quello che vive, ma lo scettico non supera questo scetticismo, cioè mette in dubbio e si ferma lì, Kant invece mette in dubbio per capire dove ci si può fidare, dove non ci si può fidare, di cosa ci si può fidare, di cosa non ci si può fidare, quindi Non è un vero scetticismo, perché è uno scetticismo, diciamo, metodologico, che serve a trovare il confine di validità.

Sapere fin dove posso sapere. Quindi vuol dire anche che se il limite arriva lì, quello che c'è prima è affidabile, quello che c'è prima è conoscenza, quindi forme di conoscenza valide ci sono. Bisogna stabilire quali siano i limiti. Questo è il compito che si assume anche nella critica della ragione pura, che è la prima di queste tre critiche, che cerca di analizzare appunto i limiti della ragione, soprattutto...

Pura, cosa vuol dire questo pura? È un termine che troviamo spesso in Kant. Pura in Kant significa a priori, cioè significa una ragione che agisce prima di ogni esperienza. Ebbene, quando noi conosciamo, noi abbiamo certo conoscenze che vengono da fuori, conoscenze empiriche, ma abbiamo, secondo Kant, anche delle conoscenze, o meglio ancora, delle strutture conoscitive che sono presenti di noi prima di ogni esperienza. Allora la critica della ragione pura vuole studiare La conoscenza razionale, soprattutto nelle sue forme a priori, soprattutto nelle sue modalità che esistono prima di ogni esperienza.

E vuole stabilire quindi se la conoscenza è valida, ovviamente come dicevamo, quali conoscenze? Beh, esistono tre forme di conoscenza principali secondo Kant, secondo la filosofia del tempo, che sono la matematica, la fisica e la metafisica. ovviamente metafisica, fisica e matematica sono state studiate da tanti filosofi e Kant lo sa bene Kant arriva appunto nel settecento dopo che per un secolo e mezzo hanno dibattuto tra loro da una parte i razionalisti e dall'altra parte gli empiristi i razionalisti come Cartesio, come Spinoza, come Hobbes ritenevano che la ragione fosse l'unico modo valido per conoscere anche sbarazzandosi a volte delle esperienze e facendo a meno delle esperienze pensate a Cartesio Gli empiristi invece ritenevano che non si potesse far assolutamente a meno delle esperienze sensibili, che anzi ogni ragionamento partisse dalle esperienze sensibili. Ecco Kant vuole porti in un certo senso a metà strada tra queste due tendenze nello studio delle varie forme di conoscenza.

E lo si vede già dal discorso che fa sui cosiddetti giudizi. All'inizio della ragion pura Kant analizza vari tipi di giudizi, cioè di frasi che si possono formulare dotate di senso, che cercano di dare informazione al soggetto. esistono tradizionalmente due tipi di giudizi dice Kant che lui chiama giudizi analitici a priori e giudizi sintetici a posteriori i giudizi analitici a priori sono quei giudizi, quelle frasi cioè in cui io eh Non aggiungo in realtà nuove conoscenze, analitico vuol dire quello, non do nuove conoscenze, ma formulo questi giudizi a priori, cioè basandomi unicamente sul ragionamento. Ad esempio, banalissima, il triangolo a tre lati.

Ora, questa frase è un giudizio analitico a priori, perché non è basato sull'esperienza sensibile, io lo so che un triangolo a tre lati è anche senza dover andare a vedere i triangoli. si basa sulla definizione, ma proprio perché si basa sulla definizione non è il giudizio che mi dà nuove informazioni, in fondo quando io dico la parola triangolo è già sottinteso che abbia tre lati, non sto dicendo nulla di più di quanto non è già incluso in un certo senso nel soggetto. I giudizi sintetici a posterione invece sono quelle frasi in cui io do nuove informazioni, sono sintetiche vuol dire che do nuove informazioni, ma si basano sull'esperienza, ad esempio il divano di casa mia è giallo.

Questo è un giudizio sintetico a posteriori perché mi dà un'informazione che io, prima di uno che non mi conosce, non ha. Uno che non è mai venuto in casa mia non sa di che colore è il mio divano, quindi è sintetica questa informazione perché mi dà qualcosa in più, ma me la dà perché io sono andato a vedere. Non posso sapere dall'idea di divano il colore del mio divano. Devo vederlo, non posso ricavarlo per via razionale, devo farne esperienza empirica.

Ora, questi tipi di giudizi esistevano nella tradizione filosofica, da sempre ne aveva parlato Hume chiamandoli in modo levemente diverso, ne aveva parlato Leibniz chiamandoli in modo levemente diverso, eccetera. Caltrici, però attenzione, razionalisti ed empiristi, appunto gente come Leibniz nel caso di Caltrici, nel caso dei razionalisti e Hume nel caso degli empiristi hanno considerato questi due giudizi ma non si sono accorti che c'è anche un terzo tipo di giudizio che Kant chiama giudizio sintetico a priori cioè sono giudizi che Aggiungono informazioni nuove perché sono sintetici, ma sono contemporaneamente a priori, cioè non basati sull'esperienza. Ad esempio 5 più 7 uguale 12. Questa è una frase che mi dà nuove informazioni perché io 5 più 7 non so quanto fa all'inizio, devo fare il conto.

Cinque pesciate è molto facile, ma mettete che sia 12.712 per 497. È chiaro che non lo so, devo fare il conto. Quindi l'informazione è un qualcosa in più. Ma è a priori, perché queste informazioni in più che ottengo non le ottengo facendo esperienza sensibile.

Ragione e basta. Certo, per fare il conto devo usare un pezzo di carta e una penna e scrivermi in tabellina. Le cose, ma è solo per aiutare la memoria, perché non riesco a farla a mente, ma in realtà è un'operazione puramente razionale. Allora dice Kant, guardate, ci sono dei giudizi che danno nuove informazioni e sono a priori.

Questi giudizi sono, secondo me, dice Kant, i giudizi fondanti della scienza. Cioè la scienza, la matematica e la fisica, ma io... la fisica perché dopo faremo un discorso sulla matematica cosa fanno? Faltano causare questi giudizi, giudizi sintetici a priori come basi del proprio ragionamento a cui poi aggiunge esperienza ovviamente mettiamola più in concreto Vi ho detto ad esempio, ho fatto l'esempio di 5 più 7 uguale a 11. Ovviamente tutte le proposizioni matematiche sono giudizi sintetici a priori.

Ebbene, cosa fa la fisica? Cosa fa la biologia? La scienza in generale.

La scienza usa la matematica come proprio... impalcatura potremmo dire su cui poi inserisce le esperienze i dati ricavati dall'esterno ebbene vedete se la base della scienza la base matematica significa che giudizi sintetici a priori sono essendo anche matematici sono la base della scienza cui poi io aggiungo le esperienze i dati che ricavo dal mondo se esistono però questi giudizi sintetici a priori significa che da qualche parte dentro di noi c'è una fonte di nuova conoscenza no a priori e sintetico vuol dire che c'è la capacità di creare nuova conoscenza in qualche modo dentro di noi. Ebbene questa riflessione porta Kant a dire che in ogni conoscenza c'è una materia e una forma, usando una terminologia aristotelica.

Cioè ci sono materiale, cioè dei dati che arrivano, e poi ci deve essere una forma, cioè un modo di gestire, incasellare, concepire questi dati, organizzare questi dati. Ora! Kant si convince che dentro di noi siano presenti delle forme a priori, le chiama così, cioè delle modalità organizzative che sono presenti dentro di noi dalla nascita, che nascono con noi e che sono comuni a tutti gli uomini. Queste forme a priori sono varie, ma a livello di sensibilità, cioè al momento del primo approccio con le cose, sono essenzialmente lo spazio e il tempo.

Cosa sta dicendo Kant? Vorrei che fosse chiaro cosa intende con queste forme a priori. Cioè, quando io guardo un oggetto, quando io guardo un topolino, ne faccio esperienza, lo tocco, lo guardo, eccetera, ricevo dei dati, cioè le mie dita, i miei occhi fanno passare verso la mia mente dei dati grezzi, delle informazioni. Ma la mia mente non riceve passività.

questi dati e basta cioè riceve basta e li accoglie ma li riorganizza anche li inquadra li struttura ad esempio li struttura in uno spazio in un tempo cioè quando io guardo Topolino io al momento non sto percependo il tempo, sto percependo Topolino. Il fatto che Topolino sia presente qui e ora davanti a me, che sia in questo istante presente, è la mia mente che lo pensa interpretando i rati che arrivano. Allora il tempo è piuttosto una modalità interpretativa della mente, direbbe Canto, meglio ancora una forma priori in cui io incasello il lato sensibile.

Mi arriva l'immagine di Topolino e la mia mente dice ok, lo collochiamo in questo tempo. Però... Però questa operazione di collocamento avviene nella mente, non avviene fuori di me, ma dentro di me. Perché è una mia modalità di ricevere i dati quella di collocare i dati in un tempo. Idem per lo spazio.

Adesso lo sto guardando, vedo che occupa uno spazio che a me sembra tridimensionale, ma questo spazio tridimensionale in realtà è uno spazio, secondo Kant, che viene plasmato dalla mia mente interpretando i dati che arrivano. È come se fossimo, per usare un esempio molto più recente, un computer. il computer in realtà riceve dei dati che però sono in termini di bit degli 0 e degli 1 poi il computer converte questi dati, interpreta questi dati tramite appositi programmi che fanno sì che questi dati vengano inquadrati, capiti, rielaborati ebbene il nostro cervello, la nostra mente meglio Secondo Kant funziona in modo simile, cioè riceve dei dati e però li incasella e li rielabora.

Ecco, la parte che rielabora, la parte che incasella sono le forme a priori, gli spazi e il tempo. Questo, secondo Kant, è una cosa importantissima perché provoca quella che lui chiama una rivoluzione copernicana, cioè non è più in realtà il mondo a pretendere che noi ci adattiamo a lui, ma è il mondo che si adatta a noi. Non siamo noi ad adattarci a lui, ma è lui che si adatta a noi.

mi spiego meglio, fino a prima di Kant si pensava che se avessimo voluto conoscere il mondo avremmo dovuto usare degli strumenti, il microscopio, il cannocchiale, quello che volete per capire il mondo. Adesso ci stiamo rendendo conto, dice Kant, che in realtà è il mondo che ci si presenta in uno spazio e in un tempo, cioè che si adatta a noi, perché i dati vengono incasellati nel modo in cui noi li possiamo gestire, capire, percepire. Tutto questo però, attenzione, porta a un problema. Perché se il mondo che noi percepiamo è il mondo visto dai nostri sensi ma poi incasellato in un certo modo, significa forse che il mondo che noi percepiamo non ha detto che coincida col mondo vero. Cioè, quando io vedo Topolino e la mia mente lo incasella in uno spazio e in un tempo, significa che lo spazio e il tempo esistono più nella mia mente che nella realtà.

O meglio, che lo spazio e il tempo che io percepisco, su cui io ragiono, su cui io lavoro, sono... in un certo senso, mie modalità di redisegnarmi la realtà. Capite?

Certo, si parte da dati che vengono da fuori, ma chissà se fuori di me questi dati sono organizzati nello stesso modo in cui la mia mente li organizza. Facciamo un esempio molto concreto. Un vero topolino.

Lo inquadro in uno spazio in un tempo. A me viene... spontaneo per come ragiono inquadrarli in uno spazio tridimensionale ma chissà se il mondo fuori è davvero tridimensionale. Può darsi che il mondo fuori sia quadridimensionale, pentadimensionale, abbia cinque dimensioni e io con la mia mente riesca a interpretare i dati che mi arrivano fuori solo in maniera tridimensionale.

Quindi magari la mia mente limitata percepisce alcuni dati, inquada e costruisce un mondo tridimensionale quando il mondo in realtà ne ha cinque dimensioni e mi parlo per strada di due dimensioni. È possibile? sì che è possibile, non possiamo saperlo, potrebbe essere.

Allora nasce uno scarto tra ciò che noi percepiamo e il mondo come davvero. Nella terminologia kantiana nasce uno scarto tra il fenomeno cioè la cosa per me, la cosa come io la percepisco attraverso i sensi e le forme a priori, e il noumeno, cioè la cosa in sé, la cosa com'è davvero. Io la cosa com'è davvero non la posso conoscere, conosco solo la cosa filtrata attraverso le mie forme a priori di spazio e tempo, cioè il fenomeno, la cosa per me. Questo è un problema che riprenderemo tra poco. Detto questo, Kant inizia però anche...

ad analizzare quelle tre forme di conoscenza che abbiamo detto all'inizio, matematica, fisica e metafisica, per vedere se sono valide, perché alla fine l'obiettivo è sempre quello, no? E per farlo si basa su tre diverse facoltà della conoscenza, nel senso che c'è prima la sensibilità, che è questo percepire e immediatamente inguardare uno spazio in un tempo, vederci attorno, toccare, eccetera. Questa sensibilità sarà il fondamento, lo vediamo adesso, della matematica. Poi, però, non c'è solo la sensibilità, c'è anche l'intelletto. L'intelletto è la capacità di pensare ai dati, ai fenomeni.

Nella sensibilità noi riceviamo dei fenomeni, nell'intelletto però iniziamo a ragionarci sopra, a fare dei pensieri, a fare dei confronti, a stabilire dei rapporti. Questo lo fa l'intelletto. Ecco, l'intelletto sarà il fondamento della fisica.

Infine c'è una terza facoltà che è la ragione, sensibilità, intelletto, ragione. La ragione cerca non più solo di ragionare sui fatti, sui fenomeni, ma cerca di dare spiegazioni globali al mondo, all'universo, all'uomo, eccetera, di spiegare tutto. terza facoltà sulla ragione tenterà di fondarci la metafisica.

Nell'estetica trascendentale che è la prima importante sezione della critica della ragione pura Kant analizza proprio la matematica e la sensibilità e si rende conto che in fondo la sensibilità è davvero la base della matematica perché fa tutta serie di ragionamenti che adesso dobbiamo un po'stringere per starci in un'ora però per farla breve la sensibilità è nelle sue forme periodi di spazio e tempo la base della matematica. La matematica è infatti è fatta di geometria e aritmetica. La geometria in fondo si fonda sulla forma a priori dello spazio, perché geometria sono forme nello spazio.

L'aritmetica invece si fonda sulla forma a priori del tempo, perché la forma a priori del tempo dà l'idea della successione e l'aritmetica si basa sulla successione numerica, che evidentemente si basa sulla successione temporale e quindi sul tempo. Pertanto, se la matematica formata da aritmetica e geometria è basata su... tempo e spazio, allora deve avere per forza di cose le stesse caratteristiche di tempo e spazio, cioè deve essere in qualche modo a priori perché spazio e spazio sono due cose, Il tempo sono a priori, universale, necessario. Prima abbiamo detto con i giudizi che i giudizi sintetici a priori, come proprio quelli matematici, sono sintetici, cioè danno nuove informazioni, ma sono a priori.

Ebbene, la matematica effettivamente è una scienza a priori. È una forma di conoscenza a priori. Quindi, come le forme di spazio e tempo, anche la matematica è, non solo a priori, ma anche oggettivo universale, perché spazio e tempo sono forme a priori non solo della mia mente, ma di tutte le menti umane.

Dunque, la matematica è, diciamo così, la forma di tutte le menti umane. Pertanto, possiamo anche dire questo, il fenomeno, cioè il mondo, le cose viste tramite il mio filtro, tramite le forme a priori, di spazio e tempo, questo fenomeno è una cosa già in un certo senso matematicizzata, mi spiego meglio. Vi ricordate Galileo? Galileo diceva che Dio ha scritto il mondo in linguaggio matematico, perché il mondo è fatto di triangoli, di figure, di numeri, eccetera. Kant direbbe che non è vero che Dio ha scritto il mondo in linguaggio matematico, o meglio, che noi non lo sappiamo.

Noi sappiamo piuttosto che il mondo che noi percepiamo è scritto in linguaggio matematico, perché il fenomeno, cioè il mondo come noi lo vediamo, è il mondo filtrato attraverso i sensi e spazio e tempo. E spazio e tempo sono le basi della matematica, abbiamo detto. Se il mondo che vediamo è il mondo filtrato da spazio e tempo, vuol dire che noi, in un certo senso, applichiamo sul mondo un filtro matematico.

Pertanto, il mondo a noi appare matematico. Possiamo usare la matematica, certo, la matematica è una scienza valida, certo, nel campo fenomenico, perché di fatto la matematica è l'impalcatura della realtà che noi conosciamo. Dunque, la matematica è una scienza valida, sì, fino a che punto è valida? Fino al punto del confine tra fenomeno e numero, cioè è una scienza valida... il mondo fenomenico, nel mondo come io lo percepisco, non posso sapere se avarida anche nel mondo noumenico.

Parlato dell'estetica trascendentale passiamo all'analitica trascendentale, seconda parte importante dove analizza Kant l'intelletto come facoltà sensibilità, intelletto ragione siamo qui, intelletto secondo punto e cerca di fondare su di essa la fisica. Allora l'intelletto vi ho detto è quella facoltà della nostra conoscenza che cerca di formulare dei pensieri. Io posso vedere Topolino. Ma poi non basta vedere e inquadrare il topolino, voglio anche ragionarci sopra, voglio dire che questo topolino è più grande o più piccolo di Batman, che ha gli stessi colori di Batman, che se lo lancio cade con una certa velocità eccetera, ci devo ragionare. Questo compito di ragionarci sopra lo fa l'intelletto che unifica, confronta, mette in relazione tra loro i dati sensibili, cioè i fenomeni.

Ora. Come lavora questo intelletto? L'intelletto, secondo Kant, lavora tramite altre forme a priori, che non sono più spazi di tempo che invece erano relative solo alla sensibilità, ma altre forme a priori che Kant chiama categorie.

Dentro di noi ci sono dei concetti puri, cioè delle, di nuovo qualcosa di formale, dei modi di ragionare che sono a priori, che sono dentro di noi della nascita. Queste categorie, questi modi di ragionare, questi concetti puri, sono 12, secondo Kant, Kant ve li mostro a schermo, ma non sto a soffermarci. La più importante di queste categorie è la categoria di causalità e dipendenza sulla quale si basa il principio di causa-effetto.

Ora, in pratica cosa ci sta dicendo Kant? Che quando noi ragioniamo, mettiamo insieme dei dati, Ad esempio, se io prendo il topolino e dico se lo lascio il topolino cade, qua applico il principio di causa-effetto. Se apro le dita, il topolino cade.

Causa, apro le dita, effetto, topolino cade. In questo caso io sto mettendo in relazione due fenomeni. Fenomeno 1, aprire le dita.

Fenomeno 2, topolino che cade. Ora, questo mettere in relazione tra loro tramite un rapporto di causa-effetto non è un fatto del mondo, ma è un fatto della mia mente. È un fatto del mio modo di ragionare. È infatti un pensiero basato su una categoria. E noi, tramite le categorie, costruiamo la fisica.

La fisica non è altro che trovare rapporti di causa-effetto, no? In un certo senso. Quindi quando ragioniamo e creiamo le scienze che interpretano i fenomeni, mettono in relazione tra loro i fenomeni, usiamo le categorie, usiamo l'intelletto.

Ora, canzichiere, ma è legittimo fare questo? È il problema della cosiddetta deduzione trascendentale. Cioè, è legittimo la parte della nostra mente mettere insieme i dati in questo modo?

Kant risponde di sì e fa tutto un ragionamento piuttosto complicato che tento di sintetizzarvi velocemente, se no facciamo notte. Lui dice, in fondo, la tavola delle categorie, quell'insieme di 12 categorie che vi ho mostrato, io le ho ricavate, in effetti Kant le aveva ricavate così, dalla tavola dei giudizi logici, cioè ho preso tutti i modi in cui si può esprimere un giudizio e vi ho ricavato tutti i modi in cui si può... Formulare un pensiero.

Ora, chi è che pensa? Quale parte di noi pensa? Una volta si diceva l'anima, ma dice Canto, io non posso sapere qual è la parte di me che pensa, perché la parte di me che pensa è un noumeno, cioè è un qualcosa che io non percepisco coi sensi.

So che c'è una parte di me che pensa. Perché percepisco i pensieri, quindi vuol dire che se ci sono i pensieri ci deve essere qualcosa che pensa, ma non so cosa sia questo qualcosa che pensa. Dunque, piuttosto che dire che è l'anima, che è il cervello, che è questo, che è quello, io meglio che dica che c'è una funzione del pensiero che Kant chiama apprezzazione trascendentale o più semplicemente io penso.

Io penso è la parte di noi che formula i pensieri, non sappiamo bene cos'è ma sappiamo che c'è questa funzione. Ora, come lavora l'io penso? Io penso prendi i dati sensibili, li prende tra l'altro tramite una sorta di traslazione dei dati perché i dati vengono forniti all'intelletto dal tempo tramite il passaggio del tempo tramite i cosiddetti schemi trascendentali. Io penso prendi i dati, in un certo senso li butta dentro le categorie che dovete immaginarvelo come un grande casellario.

una serie di caselle, prende questi dati, se li butta dentro, mescola un po'e tira fuori i pensieri. Ebbene, se questo è vero, questo è un esempio un po'semplicistico forse, ma per centralizzare, se no ci facciamo notte, se questo è vero significa che i pensieri che io ottengo li ottengo necessariamente passando attraverso le categorie, non posso fare altro che passare attraverso le categorie. Dunque, è legittimo usare le categorie? Nel mondo fenomenico sì, perché non posso fare altrimenti.

È vero che questi pensieri sono validi? Nel mondo fenomenico sì, nel mondo nomenico non lo posso sapere. D'altronde vi ho detto che io penso per elaborare tra loro, mettere in relazione tra loro i fenomeni, usa appunto i fenomeni, cioè le realtà filtrate attraverso le forme periodi di spazio e tempo.

cioè noi stiamo sempre ragionando su un piano fenomenico sul mondo per me, sulla cosa per me la cosa in sé, il mondo fuori, non lo sappiamo come funziona non sappiamo se il principio di causa-effetto valga anche nel mondo esterno sappiamo che valga nel mondo per come noi lo percepiamo per come noi lo interpretiamo, lì sì, lì siamo sicuri che valga oltre non possiamo saperlo dunque dice kant per concludere in fondo hanno il mondo è sempre parso regolare molti filosofi hanno detto a che magnifico questo mondo che ha regolato da leggi le leggi della fisica le leggi della biologia le leggi della chimica bellissimo ma questa regolarità della natura Dove sta? Chi la dà? Una volta si pensava che questa regolarità la disse Dio, no?

Dio ha dato al mondo le regole e finita lì. In realtà, dice Kant, le regole del mondo non sono per forza regole reali del mondo. Noi non sappiamo se il mondo è ordinato o è un caos.

Noi sappiamo che il nostro modo di vedere il mondo ci fornisce un mondo ordinato. Ma allora le regole stanno più nel nostro modo di vedere che nella realtà. Dunque, il vero legislatore della natura dicecante è l'io, l'io penso. È l'io penso che trova questi rapporti, che costruisce le regole, che ci dà un mondo ordinato. Il mondo fuori, il mondo noumenico, il mondo reale, non lo sappiamo se è ordinato.

Forse sì, forse no, chi lo sa. Potrebbe essere ordinato, come no. Quello che non sappiamo è che il mondo dentro, il mondo fenomenico, cioè il mondo dentro nel senso che è il mondo filtrato attraverso i miei schemi, attraverso la mia forma mentis, ecco quel mondo.

filtrato è un mondo ordinato dunque l'ordinatore il legislatore natura e li ho penso infine concludiamo la fisica una scienza valida la biologia una scienza valida la chimica una scienza valida si dice kant nel mondo fenomenico quello è il suo confine quello il suo limite di validità abbiamo visto la sensibilità abbiamo visto l'intelletto a terza facoltà e la ragione che viene studiata da kant nella dialettica trascendentale terza parte importante della ragione pura e per vedere se su questa si può affondare la metafisica allora La ragione, vi ho detto, tenta di spiegare globalmente tutto, quindi non si accontenta di dire Topolino cabe per coperto di vita, ma tenta di dire tutti i pelusi dell'universo sono fatti così, l'universo è infinito, è finito, eccetera, cerca di spiegare la globalità e in particolare la ragione utilizza tre idee fondamentali che sono l'idea di anima, di mondo e di Dio. L'anima dice che c'è la totalità dei fenomeni interni, cioè noi chiamiamo anima tutto quello che ci accade dentro. Chiamiamo mondo tutto quello che accade fuori, chiamiamo Dio la totalità di tutte le totalità. Ora, chiaramente anima, mondo e Dio sono tre idee fondamentali usate dalla metafisica. La metafisica a lungo ha parlato di anima, a lungo ha parlato di Dio, a lungo ha parlato anche di universo, mondo, nel senso di universo completo e però dice Kant la metafisica non è mai arrivata a una conclusione seria e non ci è mai arrivata perché la metafisica ve lo anticipo già non è possibile come scienza mentre matematica e fisica erano valide entro i confini del mondo fenomenico la metafisica secondo Kant non è una forma di conoscenza valida.

Per dirlo, analizzando tutte e tre le idee, parliamo dell'anima. L'idea di anima secondo Kant si basa su un paralogisma, cioè su un errato ragionamento. Cosa vuol dire?

Significa che quando i filosofi hanno parlato di anima hanno cercato di dare sostanza a qualcosa che di per sé non sappiamo se ha una sostanza. Pensate a Cartesio che amava l'anima res cogitans. Cosa ha fatto Cartesio infatti?

Ha preso l'io penso, cioè la parte di me che pensa, e gli ha attribuito una sostanza dicendo che è una res cogitans. Questo è un passaggio in debito secondo Kant. Perché? Perché l'io penso ha una funzione, abbiamo detto che non possiamo dire cos'è, perché non lo vediamo, non lo percepiamo, non lo sentiamo.

È un omeno e i nomini non possono essere... visti dal punto di vista della sostanza quindi non si può parlare di anima si può parlare di mondo anche qui non si può parlare di mondo secondo Kant perché in realtà chi parla di mondo in generale parla di cose che non ha visto se io vi dico ad esempio che l'universo è infinito io non posso sapere se questa frase vero e falsa perché è una frase che si basa su qualcosa su cui nessuno ha fatto esperienza nessuno è andato ai confini dell'universo per vedere se l'universo è aperto o chiuso Dunque, il mondo, l'universo come totalità, per noi è un noumeno, cioè qualcosa di cui nessuno può fare vera esperienza. Non è un fenomeno, se fosse un fenomeno non potremmo parlarne, ma non è un fenomeno, è un noumeno.

Quindi non possiamo dire che cosa sia l'universo nella sua completezza. Chi ha provato? A parlare dell'universo, della realtà, del mondo nella sua totalità è caduto in quelle che Kant chiama le antinomie, cioè ha detto è vera una cosa, poi qualcun altro ha detto è vero l'esatto opposto, e tra le due tesi, tesi e antitesi, non si può dire chi abbia ragione. Ma la parte più interessante della dialettica trascendentale arriva quando Kant vuole parlare dell'idea di Dio. Allora lui dice, nel corso della storia della filosofia, tantissimi filosofi hanno provato a dimostrare che Dio esiste.

Però hanno sempre sbagliato, perché le prove che hanno portato non sono mai risolutive e conclusive. Perché? Perché Dio è un numero, ammesso che esista.

E se è un numero non si può dimostrare, non se ne può parlare, non ci si può ragionare sopra. Per dimostrarlo realizza tre prove in particolare. La prova ontologica, quella di Sant'Anselmo, la prova cosmologica, Tommaso, Aristotele.

La prova fisico-teologica. Vediamole molto velocemente perché il tempo stringe. Prova ontologica. Anche chi non crede in Dio pensa a dentro di sé un'idea di Dio. L'idea di Dio è quella di un essere di cui non è possibile pensare nulla di più grande.

Dunque, l'idea di Dio deve essere quella di un Dio che esiste. Perché un Dio che esiste anche realmente è più grande di un Dio che è solo idea. Dunque Dio esiste.

Kant critica questa prova in molti modi. Dice intanto che fa un salto mortale dal piano logico al piano ontologico, cioè... Dice, io posso anche dimostrare che a rigore di logica Dio dovrebbe esistere, ma questo non implica per forza che poi Dio nella realtà esista davvero.

Prima critica. Seconda critica, tu dice, questa prova va per scontato che un Dio che esiste è superiore a un Dio che è solo pensato, ma questo non è per niente detto. Pensate a, immaginatevi 100 talleri, talleri era la moneta della Prussia dell'epoca, immaginatevi 100 euro, 100 talleri e prendetevi 100 talleri reali. I 100 talleri immaginati sono inferiori dei 100 talleri reali oppure no? O meglio, i 100 talleri reali sono superiori rispetto ai 100 talleri immaginati?

No, sono sempre 100. 100 immaginati e 100 pensati. Solo che alcuni esistono e gli altri no. ma non è che siano superiori o inferiori non è che siano più perfetti o meno perfetti altro esempio di Kant se io dico in questa città non c'è nessuno scapolo questo infizza l'idea di scapolo cambia l'idea di scapolo rende migliore o peggiore l'idea di scapolo no il fatto che non ci sia nessuno scapolo non tocca l'idea di scapolo allo stesso modo il fatto che Dio esista o non esista non tocca la perfezione e la magnificenza dell'idea di Dio dunque questa prova non è risolutiva seconda prova è la prova cosmologica noi siamo esseri etero causati e contingenti cioè siamo stati causati da qualcun altro dei genitori i genitori loro volta sono eteri esseri etero causati contingenti causati dai nonni dai bisnonni dei teri savoli si può andare indietro un sacco ma si può andare indietro all'infinito la prova dice no deve esistere un punto d'origine un ente necessario e causa di sé che ha dato origine a tutto e questo ente è dio kant critica questa prova Sostenendo che è valida all'inizio quando dice noi siamo esseri etero, causati, contingenti, eccetera, perché lì stiamo parlando di fenomeni, sui fenomeni si può applicare i principi di causa-effetto, dire è effetto di una certa causa, è effetto di una certa causa. Ma quando si arriva a dire deve esistere una causa prima, un dio necessario che è causa senza essere causato, lì stiamo parlando di un dio che è noumeno e non se ne può parlare perché dei noumeni non si può parlare né si può applicare i principi di causa-effetto ai noumeni. Quindi, non è prova conclusiva. Terza prova, la prova fisico-teologica dice che nel mondo c'è un ordine evidente, deve esistere una mente che ha dato questo ordine, un Dio che ha ordinato il mondo.

Non è conclusiva neppure questo, povera che l'abbiamo detto, io penso in fondo al vero legislatore della natura, secondo Kant, ma poi in generale, anche ammettendo che ci sia un ordine nella natura, questo ordine potrebbe derivare dalla natura stessa, non è necessario che ci sia un Dio. Conclusione? Se nessuna... Se nessuna delle tre prove è valida, se nessuna delle tre prove è convincente, significa che anche su Dio come sull'anima e sul mondo non si può avere certezze. Dunque la metafisica non è una scienza.

Non è possibile che sia una scienza perché parla di noumeni e dei noumeni non si può parlare in senso conoscitivo. Dunque la metafisica, tra le tre forme di conoscenza, matematica, fisica e metafisica, è l'unica veramente da scartare o meglio da rifondare perché non è una forma di conoscenza valida. Passiamo ora alla critica della ragion pratica che si occupa invece di comportamento di scelte morali. Anche in questo caso dice Kant c'è una parte pura e una parte pratica, cioè quando noi decidiamo come agire c'è l'esperienza della vita di tutti i giorni, ma poi c'è anche una parte a priori dentro di noi che ci vuole indirizzare. Anche nelle scelte c'è qualcosa di a priori che ci dice questo è bene e questo è male.

Ora, noi diamo troppo peso, sconocati in questo caso, alle esperienze e troppo poco alla parte pura, quindi dobbiamo cercare di capire come funziona la parte pura e farci indirizzare anche da questa parte pura, non dimenticandoci però che la morale è sempre lotta tra esperienze e ragione, se vogliamo, tra istinti, passioni e ragione. Ora, questa morale che lui vuole indicare si dovrà basare quindi su una legge. Kant è convinto che dentro noi ci sia una legge a priori, una regola di comportamento che noi spesso ignoriamo, ma c'è. Una regola di comportamento che ci dice cosa è bene e cosa è male. Questa regola deve essere anch'essa formale, cioè deve essere strutturale, mi verrebbe da dire, non contenutistica.

Non ci deve dire cosa fare concretamente con dei precetti, con delle regole, ma deve darci una sorta di strumento per capire come agire, perché alla fine è questo che abbiamo dentro, non abbiamo le regole concrete perché io non so, non c'è scritto dentro di me una regola assolutamente. cosa fare quando vado dal fruttivendolo, però c'è scritto dentro di me una regola che mi aiuta a capire cosa è giusto fare quando vado dal fruttivendolo, dal meccanico a scuola eccetera. Ora, questa regola qui deve essere formale, deve essere anche però categorica e disinteressata, Kant insiste moltissimo su questi aspetti. Noi spesso ci facciamo guidare nelle scelte morali dalle nostre esperienze, dobbiamo cercare... al di là di queste esperienze, di liberarci dalle esperienze, liberarci dai condizionamenti, liberarci dalle nostre speranze, eccetera, e trovare una legge morale libera da tutto questo, una legge morale indipendente e autonoma.

Una legge morale che ci indichi il dover essere, come dovremmo agire. Noi spesso agiamo in certi modi, ma vediamo anche come sarebbe giusto agire. C'è uno scarto tra essere ciò che siamo e dover essere, ciò che dovremmo essere e ciò che dovremmo fare.

Cerchiamo di capire com'è il dover essere e indirizzarci in quella direzione. Ovviamente questa legge morale interna a noi pura deve essere uguale per tutti, perché Kant è convinto che la mente umana, che la coscienza umana sia fatta allo stesso modo per tutti come esistono le forme a priori della conoscenza così esiste anche una legge morale pura a priori uguale per tutti dal punto di vista etico. Per trovarla Kant inizia ad analizzare tutti i principi pratici e dice beh intanto esistono principi che sono soggettivi e principi che sono oggettivi, quelli soggettivi li chiama massime ad esempio le regole che ci diamo che valgono solo per me, ad esempio io voglio bere non più di due caffè al giorno, è una mia regola, non ha detto che debba valere anche per gli altri, questa è una massima. Gli imperativi invece sono regole che valgono per tutti, quindi di tipo diverso ovviamente, ma anche guardando meglio gli imperativi, dice Kant, esistono due tipi di imperativi, li chiamo imperativi ipotetici e imperativi categorici.

Gli imperativi ipotetici sono condizionati, cioè hanno la forma del se, puntini puntini, devi, puntini puntini, esempio. Se vuoi essere promosso devi studiare. Questa è una regola morale che vale per tutti, vale per qualsiasi studente del mondo.

Ma non è autonoma questa legge, non è incondizionata, è condizionata. Perché dice, se vuoi essere promosso, cioè una condizione preliminare, vuoi essere promosso, allora devi studiare. Devi studiare non è una norma incondizionata, è condizionata. Perché devi studiare se vuoi raggiungere il fine di essere promosso. Ora, noi abbiamo detto che la legge morale interna per Kant deve essere invece incondizionata, libera da condizionamenti.

Dunque non vanno bene gli imperativi ipotetici, quindi li scartiamo. Cerchiamo un altro tipo di imperativo, gli imperativi categorici, e qui Kant dice, ecco, qui abbiamo trovato la nostra legge. L'imperativo categorico è una legge morale che prescrive il dovere.

la forma del devi, e però non ha un doppio fine, non ha un secondo fine, se non l'obbedienza al dovere, la rigida obbedienza al dovere. Questo imperativo categorico viene formulato da Kant in tre modi diversi, ma vi riporto il primo, che è quello più famoso, ve lo mostro anche a schermo, dice questo. Agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere, nello stesso tempo, come principio di una legislazione universale.

Cosa, cavolo, significa questo imperativo? Dice questo. Ripeto, faccio notare che non ti dice non uccidere, non rubare, non mentire, non fare questo, non fare quello.

Non ti dice concretamente, ti dà una regola di giustizia, di dovere. E ti dice agisci in modo che la massima del tuo comportamento possa diventare base di una legislazione universale. Un esempio, va allora il mio amico Fruttivendolo, mi verrebbe voglia di rubare una mela, a quel punto invece di rubare la mela devo chiedermi, applicando l'imperativo categorico, cosa succederebbe se ci fosse una legge che obbliga tutti a fare quello che io avrei la tentazione di fare, agisci in modo tale che la massima di tuo comportamento possa diventare la base di una legge universale, cioè se tutti si comportassero obbligatoriamente come sto per conoscere, comportarmi io.

Cosa accadrebbe? Beh, se tutti davanti al fruttivendolo rubassero una mela, sarebbe la crisi economica mondiale perché tutti i fruttivendoli fallirebbero, le mele andrebbero rubate ovunque. anarchia, disastro, disordine, impossibile quindi non è un comportamento morale mentre se tutti davanti a fruttivendolo facessero a meno di rubare la mela e la pagassero succederebbe il patatrac no, non succederebbe niente di male dunque il comportamento morale è quello di pagare la mela se io ad esempio ricevo delle offese da qualcuno e avessi voglia di dargli un bel cazzotto sul muso ecco mi devo chiedere, piano questo è il mio istinto ma cosa mi dice l'imperativo categorico agisce in modo tale che la massima del tuo comportamento possa diventare base di una legge se imponessi per legge a tutti davanti a un'offesa di dare un cazzotto sul muso all'avversario, ne nascerebbero risse ovunque, perché poi anche quello che diceva il cazzotto direbbe mi hai offeso, ti do un altro cazzotto, pugni e pugni e pugni e pugni e pugni, l'umanità si estinguerebbe in cinque giorni probabilmente è ovvio che questo quindi non è un comportamento morale, se invece davanti a uno che ti offende tu reagisci facendogli presente che ti ha offeso ma in modo pacifico, civile eccetera, allora lì fuori Forse è il comportamento morale il migliore. Capite? Bisogna sempre farsi questa domanda.

Cosa accadrebbe se tutti facessero come sto per fare io? Questo è l'imperativo categorico. È un test di universalizzazione.

Si può universalizzare questo comportamento? Se sì, è morale. Se no, non è morale. È chiaro che però questa è una legge nuova. È una legge che l'uomo ha già dentro di sé di cercante, cioè lo sappiamo tutti che è giusto così, perché è la nostra ragione che ci prescrive l'obbedienza a questa legge, cioè è la nostra ragione che ci dice che questa è la cosa giusta.

Quindi non è una legge che ci viene imposta da fuori, è una legge che noi imponiamo noi stessi, è una legge che la nostra ragione ci impone, ci dice guarda che è giusto così, ma sono io che la impongo a me stesso, sono sia il suddito che il legislatore, prima cosa. Seconda cosa, è una legge formale, cioè non mi dice, vi dicevo, il precetto di cosa fare, ma ci dà un modo per capire cosa fare. Il che vuol dire che è una legge che non smette mai di fornirci regole, che è adattabile, che può essere usata in tutte le circostanze, oggi, ieri, domani, non cambia.

Se io ti dico fai sempre così, questa regola rimane scritta per sempre nel tempo, magari in un futuro diventerà invece sconveniente. Invece l'imperativo categorico si adatta ai tempi in un certo senso, perché è un imperativo che mi prescrive. è una fonte eterna di moralità perché ogni volta devo riapplicarla da zero in un certo senso e poi ovviamente è una legge incondizionata, vi ho detto, non ti dice fai così perché è bene così perché è giusto perché hai le ricompense, non ti dice non dare il pugno perché lo vuole Dio quello che vuole Dio non è nel nostro interesse, ti dice non dare il pugno perché è giusto così perché il tuo senso del dovere te lo impone, è una legge basata sul dovere dovere per il dovere, non c'è nessun secondo fine, solo un secondo fine obbedienza al dovere e quindi è anche una morale dell'intenzione quello che conta non è quello che fai è l'intenzione con cui lo fai se tu non dai un pugno indietro solo perché hai paura che ti arrestino quella non è una buona azione la buona azione è non dare il pugno perché hai capito che è giusto non dare il pugno perché è obbedito alla legge morale allora non conta quello che fai perché non dare il pugno nell'uno e nell'altro caso è sempre la stessa azione Ma conta l'intenzione.

Se tu agisci in un certo modo perché hai capito che è giusto, allora sei morale. Se agisci in un certo modo solo perché hai paura delle conseguenze, allora non sei morale. Ma se la legge morale è così esigente che mi obbliga a fare sempre le cose solo per senso del dovere, posso essere felice?

Si chiede Kant e la risposta è sostanzialmente no. non posso essere felice perché il dovere per il dovere mi obbliga al sacrificio, mi obbliga a rinunciare al mio piacere. Ma allora la nostra vita è destinata al dolore e Kant risolve questo problema. Affronta questo problema nella seconda parte della ragione pratica, che è la cosiddetta dialettica, dove studia l'antinomia della ragione pratica.

Antinomia cosa vuol dire? Vuol dire che anche in questo caso c'è un binomio che sembra inconciliabile ed è quello del sommo bene. E'possibile raggiungere il sommo bene, si crede Kant, cioè raggiungere sia la virtù che la felicità, cioè essere santi, virtuosi, giusti e felici allo stesso tempo?

La risposta pare essere di no, perché se io sono virtuoso mi condanno all'infelicità. Allora, per risolvere questa antinomia, Kant introduce tre postulati. I postulati non sono verità, o meglio, sono verità poste da Kant, nel senso che non sono dimostrati veri, non è dimostrabile che siano veri, ma Kant dice, speriamo che siano veri, di fatto sono razionali. ragionevoli speranze. Quali sono questi tre postulati?

Primo, immortalità dell'anima. Secondo, esistenza di Dio. Terzo, esistenza della libertà.

L'anima non sappiamo neppure che se esiste, abbiamo detto nella ragion pura, vero, però dobbiamo sperare che esista e che sia immortale, perché solo con un'anima immortale possiamo sperare di raggiungere la virtù, ci vuole tantissimo tempo per essere virtuosi davvero e quindi solo l'immortalità ci può rendere virtuosi. Due, Dio abbiamo detto che non possiamo dimostrare che esista, non sappiamo neanche se c'è. Perché se c'è è un numero, certo, ma possiamo almeno sperare che esista, perché se Dio c'è, se Dio esiste, allora lui ci può ricompensare. Cioè, può dire, sei stato virtuoso, allora ti dono la felicità, altrimenti siamo perduti. Quindi è una speranza che Dio esista per poter essere felici.

Terzo postulato, la libertà. Perché? Perché se non c'è libertà, è nella ragione pura. Sembrava non esserci spazio per la libertà, perché tutto seguiva rapporti di causa-effetto.

Ma ci deve essere la libertà, deve esistere la libertà, altrimenti non ha senso neppure parlare di morale. Con questi tre postulati Kant ritiene di aver risolto l'antinomia, certo a livello di speranza. Molto velocemente la critica del giudizio si occupa invece di estetica, perché siamo arrivati a un dualismo. Abbiamo dall'altro l'uomo della critica della ragione pura, che è un uomo scientifico, che studia i rapporti di caso-effetto, che si limita al fenomeno, eccetera. Dall'altro abbiamo l'uomo della vita etica, che invece fa delle scelte che a volte vanno oltre anche il limite del fenomeno, che abbiamo appena detto che spera che Dio esista, perché agisce liberamente, cioè sembra star stretto nel mondo fenomenico e sembra voler vivere almeno anche il mondo noumenico.

Ebbene, la critica del giudizio tenta di fare un po'una sintesi, perché dice Intanto che l'uomo certo quando si trova a vivere non solo ragiona come nella ragione pura, non solo fa scelte ma tenta anche o meglio sente qualcosa di più grande, sente il finalismo, cioè gli sembra di percepire per esempio guardando un bel paesaggio che il mondo abbia un senso, abbia uno scopo, sia fatto apposta per lui, sia bello per lui e sente dentro anche un'estasi, un sentimento di piacere estetico. che le altre due critiche non riescono a spiegare. Ora, per studiare questo piacere estetico, Kant introduce un nuovo tipo di giudizi che lui chiama giudizi riflettenti, perché i giudizi di prima, quello sintetico a priori, sintetico posteriori, analitico a priori, erano giudizi determinanti, dice Kant, cioè che servivano per capire e determinare la realtà. Ora, però, ci sono anche giudizi che non vogliono capire e conoscere la realtà, vogliono invece esprimere il sentimento che la realtà ci provoca. se io guardo un paesaggio posso ragionarci da scienziato dicendo che c'è una certa inclinazione del raggio del sole eccetera ma posso anche ragionarci da persona umana che dice mamma che bello questo paesaggio ecco questo è un giudizio riflettente allora i giudizi riflettenti ci aiutano a capire il bello ma il bello per Kant non è qualcosa di soggettivo come noi tendiamo a pensare noi pensiamo sempre che la bellezza sia soggettiva non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace Kant dice non è per niente vero perché secondo lui il bello è qualcosa di oggettivo, deriva da come siamo fatti, anche qui da qualcosa di puro e questo lo porta a esprimere quattro diverse definizioni di bello Prima cosa, il bello è oggetto di un piacere disinteressato, cioè io trovo bello qualcosa indipendentemente dagli interessi che posso averci dietro.

Esempio, c'è chi trova bella una macchina perché gli piacerebbe averla, perché questa macchina gli permetterebbe di vantarsi in giro, quello non è un vero bello. Il bello è qualcosa che ti piace anche se non lo puoi avere, anche indipendentemente da quello che si può fare, indipendentemente da te. Un piacere necessario, cioè un piacere disinteressato, senza doppi fini, quindi ad esempio un bel paesaggio. Secondo la caratteristica, il bello è ciò che piace universalmente. Secondo Kant il bello è piaccia a tutti, se non piace a tutti non è bello.

Il bello è qualcosa davanti al quale tutti non possono che provare piacere. Terza caratteristica, il bello ha un fine senza avere uno scopo, cosa vuol dire? Vuol dire che se io guardo qualcosa di bello, non so dire perché, qual è il suo scopo, qual è il suo obiettivo.

suo fine ultimo, però sento in un certo senso il finalismo. Faccio l'esempio, l'esempio è quello del paesaggio, come dicevo prima, o del tramonto, quello che volete voi. In quel caso io non so perché sta lì un tramonto, che fine abbia un tramonto, non ho la più pallida idea di che fine abbia un tramonto, ma sento quasi che quel tramonto è stato messo lì apposta per me.

Io provo talmente il piacere che dico, mamma che mi regalo meraviglioso che il mondo mi ha fatto. Poi è chiaro che il mondo non ti ha fatto un regalo, è la rifrazione della luce, eccetera. Ma...

ti sembra come se il mondo ti avesse fatto un regalo. Allora, tu percepisci un fine senza che tu sappia concettualizzarlo. Questo è ciò che è bello, questo è il prodotto di ciò che è bello. Quarta definizione, il bello è oggetto di un piacere necessario, cioè non si può fare a meno di provare il piacere quando si vede il bello, al di là della conoscenza, al di là delle proprie esperienze, al di là della cultura, eccetera.

Quindi, il bello è universale, il bello è comune a tutti, nasce da un rapporto armonico tra le nostre forme priori, entra... e il mondo. E questo ci porta a una nuova rivoluzione copernicana perché alla fine il bello è qualcosa di interiore più che esteriore, nasce dall'accordo tra la realtà e le mie esigenze più che dalla realtà in sé.

Ora ovviamente non c'è solo il bello, c'è anche il sublime. Il sublime è un'altra categoria estetica perché il bello nasce dall'armonia, l'armonia tra le mie forme a priori e le mie forme interiori e la realtà. Il sublime invece nasce dalla disarmonia, dallo squilibrio tra le mie forme priori e la realtà. Ci sono due tipi di sublime, sublime dinamico e sublime matematico.

In pratica per farla breve cos'è? Il sublime si prova quando si è davanti a fenomeni naturali talmente smisurati, talmente grandi che ci fanno sentire incredibilmente piccoli. Ad esempio la grande tempesta oppure la montagna altissima da cui guardiamo non vediamo.

La fine, quello non è più bello, è sublime, è una dimensione estetica ulteriore e importante. In ogni caso, quello che è importante capire è che il bello, che sia quello naturale o che sia il bello artistico, ci riconnette a una dimensione più alta, in pratica, che va oltre la scienza, che va oltre il fenomeno, che si fa percepire anche se ancora non capire, non concettualizzare il fine, il finalismo, una dimensione quasi divina. Chiaramente il bello naturale lo vediamo attorno a noi. Il bello artistico può essere creato dall'artista, però il bello artistico deve in qualche modo avere la spontaneità, la normalità, la perfezione del bello naturale. Il bello artistico può essere prodotto, dice Kant, solo dal genio artistico che in un certo senso ha delle caratteristiche particolari.

È originale, ad esempio ha una grande creatività questo genio artistico, questo grande artista dotato di genio. Produce opere che riescono ad essere modello per altri, anche se lui non imita nessuno. Terza cosa, non sa il genere artistico spiegare scientificamente come è realizzata la sua opera, perché l'opera è oggetto di un'ispirazione che va oltre il concetto.

Ma d'altronde anche lo studio dell'arte è qualcosa che va oltre il concetto. L'arte non si fa concettualizzando il secondo canto, cioè dicendo... le regole sono queste, bisogna seguire queste regole, quella non è una vera bellezza, quella è quella che Kant chiama bellezza aderente, ma non è vera bellezza, la vera bellezza va oltre le regole, va oltre i limiti concettuali, perché si riallazza in qualche misura a una dimensione più alta.

Come vedete in quest'ultima opera Kant supera i limiti del criticismo, supera i limiti del fenomeno, supera i limiti della ragion pura, e apre a una visione più romantica, obiettivamente, per questo vi dicevo Kant è un po'al confine dell'illuminismo e romanticismo, perché? La ragione pura, con questo elogio del limite, elogio della ragione, elogio di quello che si può fare o non fare, è pienamente illuminista. La critica del giudizio è già romantica, perché anche con il discorso sul sublime sembra rilacciarsi all'infinito, all'oltre, al superamento di quegli stessi limiti.

E però Kant voleva con queste tre critiche dare in effetti un quadro completo, totale, dell'esperienza umana, che è esperienza limitata nel caso conoscitivo, che è già più aperta nel caso delle esperienze di vita, delle scelte. della vita morale e che è infine apertissimo nel campo dell'estetica. Con questo abbiamo molto sinteticamente tagliando anche parti molto importanti, ma per forza di sintesi, per obbligo di sintesi, concluso la panoramica su Kant. Vi ricordo che in descrizione trovate i titoletti che sono comparsi qui sotto mentre parlavo, così da riascoltarvi un pezzo oppure un altro, la spiegazione per portare indietro, ma soprattutto trovate linkata la playlist completa con tutti i video su Kant, lì c'è La ragion pura maggiormente in dettaglio, la ragion pratica maggiormente in dettaglio, la critica del giudizio maggiormente in dettaglio, perché non ho parlato di giudizio teleologico ad esempio, non ho parlato nell'estetica trascendentale delle due esposizioni, ho saltato delle parti inevitabilmente. Lì trovate tutto, se volete avere una panoramica più ampia, ma intanto serviva darvi così il quadro generale.

In più vi ricordo che in descrizione trovate anche, al di là di questi link, anche le playlist principali, corso di storia e corso di filosofia. trovate i modi per rimanere in contatto con il canale cioè la newsletter settimanale gratuita dove facciamo il punto di tutti i video della settimana di letture film e altro i social network dove potete seguirmi se volete facebook twitter e instagram poi come sempre mi dicono i miei figli devo ricordarvi di abbonarvi al canale tramite il tasto iscriviti che trovate sotto e tramite la campanella e poi se quello che facciamo vi piace e volete esprimerci La vostra gratitudine, molti l'hanno già fatto, se volete farlo anche voi, ci sono anche i modi per sostenere il canale tramite l'acquisto di libri, vi ho messo anche qualcosa di bibliografia su Kant, tramite anche donazioni o acquisto di videocorsi o mille altre cose, ci sono mille modalità. Quella che vi piace di più, grazie mille, va bene sempre, grazie anche a chi ha aggiornato e abbiamo finito sostanzialmente in un'ora che dovrebbe essere più o meno esatta.

forse ci siamo stati grazie a tutti, ci vediamo presto per altri video di storia, filosofia, educazione civica ogni tanto anche per queste tirate infegnative sono stanchissimo su tutto un filosofo, tutto un'epoca storica in un'ora, ciao alla prossima