Buonasera e benvenuti a Ulisse, il piacere della scoperta. Avete sicuramente riconosciuto il luogo nel quale ci troviamo. Siamo proprio di fronte alle piramidi di vetro che segnano l'ingresso del museo più visitato al mondo, il Louvre.
Pensate, ogni anno qui vengono quasi 10 milioni di persone. E noi siamo qui non per... diciamo filmare o spiegare qualche grande opera come per esempio la niche di Samotracia oppure i prigioni di Michelangelo noi siamo qui per conoscere meglio un ospite, per così dire, del Louvre molto famoso, un ospite che ha visto la luce in Italia tanto tempo fa e che si trova qui a Louvre per delle circostanze molto particolari. Seguitemi.
C'è davvero da perdere la testa mentre si percorre la galleria italiana. Attorno a voi ci sono quadri mortali di Tiziano, Caravaggio, Raffaello e tanti altri perugini. Ora, quello che sorprende sono non solo queste opere, si vorrebbe rimanere qui a scoprirne tutti i segreti, ma anche la quantità di opere che vengono dall'Italia.
poi ci sono anche delle statue romane, sotto abbiamo l'antichità etrusca, romana, eccetera. Cosa sarebbe il Louvre senza le opere che vengono all'Italia, tra l'altro alcune anche frutto delle razzie napoleoniche? Ma non dobbiamo distrarci, in realtà il Louvre è un'opera che è stata realizzata per la prima volta in Italia, Il vero motivo per cui siamo qui, la vera protagonista è una donna. È il quadro più famoso della storia, la Gioconda.
Gioconda Questa è la sala della Gioconda, ci sono tanti altri quadri e quello che sorprende per le sue dimensioni è certamente questo, le nozze di cana di Paolo Veronese. Ma qui noi siamo tutti attratti da uno sguardo, uno sguardo... che ci fissa da lontano è quello della Gioconda eccola la protagonista della puntata di questa sera è il dipinto più famoso al mondo e...
Noi, assieme a voi, possiamo ammirarlo con tutta calma questa sera. Pensate che di solito qui i visitatori del Louvre si accalcano davanti a questo quadro e di solito rimangono solo 15 secondi per guardarlo, osservarlo, farsi dei selfie. Noi invece questa sera lo abbiamo tutto per noi.
E possiamo porci delle domande. Da dove deriva il suo fascino? Grazie. Come è stato realizzato questo capolavoro?
Quali trucchi e tecniche ha utilizzato Leonardo per renderlo immortale? E poi, anche chi era questa donna? Era davvero Lisa Gerardini, Mona Lisa?
Ebbene, questa sera faremo un viaggio nel mondo della Gioconda, ma lo vedrete sarà soprattutto un viaggio nel mondo di Leonardo. Leonardo, e sarà proprio lei a guidarci alla scoperta di questo genio dell'Italia, del passato, dell'umanità. E cominceremo questo viaggio con una domanda molto semplice.
Di cosa è fatta quest'opera? È un quadro su tela? No, pensate, è una tavola di legno.
Guardate. Eccolo il quadro più famoso della storia dell'arte. Eppure il frutto della fantasia di un genio è anch'esso un oggetto fisico, realizzato con determinati materiali e particolari tecniche. Scopriamo quali sono, cominciando dal regno. Vista da dietro, Mona Lisa passerebbe inosservata.
Una tavoletta in legno di pioppo, alta 77 cm e larga 53 cm. Sul retro troviamo due tasselli a forma di farfalla, applicati per chiudere una fenditura lunga 11 cm che si era aperta nel legno. E poi delle traversine orizzontali, aggiunte in più riprese tra il 1825 e il 1925. 1970 per evitare che la tavola si deformasse. Sempre sul retro, come sul passaporto di una qualsiasi viaggiatrice, troviamo alcuni timbri dei viaggi intrapresi dal dipinto. Due cartellini che ricordano gli spostamenti del...
quadro avvenuti dopo la caduta di Luigi XVI durante la rivoluzione francese nel 1762. Mentre la scritta H29 sul pannello si riferisce all'inventario di opere che da Versailles furono inviate all'Uber nel 1797. MR 316 è invece la sigla di catalogazione assegnata al quadro dopo la restaurazione del 1815. Il tempo è beffardo. Anche la Gioconda ha le sue rughe e le sue cicatrici. Invecchia, come qualsiasi altro volto.
La superficie del quadro è solcata da mezzo milione di piccolissime screpolature. Ma lo strato dipinto si è conservato quasi integralmente, fatta eccezione per due piccole cicatrici sopra la testa e sul gomito sinistro, dovute alla pietra scagliata contro il quadro da uno squilibrato nel 1956. Ultimo segno particolare, la Gioconda è dipinta a olio. Nella Firenze di quegli anni era quasi una novità. Solo verso la fine del Quattrocento, infatti, nelle case dei ricchi banchieri fiorentini, erano apparsi i dipinti a olio dei pittori fiamminghi Rocher van der Weyden e Jan van Eyck, frutto dei commerci con i Paesi Bassi. Fino a quel momento, la tecnica pittorica comunemente usata a Firenze era stata latente.
Abbiamo fino adesso spiegato e scoperto la Gioconda un po' come se fosse un oggetto, insomma è un po' come se davanti a una carta d'identità ci fossimo limitati a esaminare il tipo di carta, il modo in cui era stata stampata questa carta d'identità, eccetera. Ma cominciamo ad approfondire questo nostro viaggio dentro proprio... La Gioconda in quanto persona chi era questa donna?
Le prime descrizioni ci vengono proprio dal Vasari. Il Vasari è la fonte principale di tutta l'arte italiana dal 200 al Rinascimento, al 500. Prese Leonardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Mona Lisa, sua moglie, e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto, la quale opera oggi è appresso il re Francesco di Francia in Fontanablea. Così scrive Giorgio Basari nel 1568. Sono passati poco meno di 50 anni da quando Leonardo ha dipinto il ritratto. Sicuramente Vasari non ha visto il quadro che si trovava già in Francia da molto tempo. Probabilmente ne ha soltanto sentito parlare a Firenze.
Oltre ad escrivere il ritratto, Vasari racconta un retroscena di ciò che avveniva mentre il pittore era all'opera. Essendo Mona Lisa bellissima, Leonardo teneva mentre che la ritraeva chi sonasse o cantasse e di continuo buffoni che la facessero stare allegra, per levar via quel maninconico che suol dare spesso la pittura ai ritratti che si fanno. Se il racconto di Vasari è veritiero, se cioè alcuni buffoni stavano intorno a Mona Lisa nel tentativo di rallegrarla, Bisogna dire che non doveva trattarsi di comici particolarmente divertenti, dal momento che molti intravedono nel ritratto un'ombra malinconica che proprio i buffoni avrebbero dovuto fugare.
Vasari descrive il quadro accuratamente, ne ammira i dettagli, la bocca, gli occhi, descrive addirittura quanto siano precise ciglia e sopracciglia, addirittura descrivendo come questi pezzi i peli che escono dai pori sembrano quasi vivi, però se noi guardiamo la Gioconda qui a Louvre non ha né ciglia né sopracciglia, come è possibile? Bisogna dire che uno studioso in modo tecnico avrebbe sostenuto che in realtà delle tracce... di sopracciglia sono presenti a guardare bene ma queste sue osservazioni e affermazioni non sono considerate attendibili per esempio dal massimo studioso di leonardo carlo pedretti professor pedretti ma realtà le perplessità che suscita il racconto del vasari sono altre francesco del giocondo cioè la persona che avrebbe chiesto a leonardo di realizzare la gioconda in In realtà era un personaggio un po' particolare, un ricco di esperienza.
di nuova generazione, un mercante che aveva fatto fortuna, vendeva anche sete, ma era anche un po' un personaggio particolare, era anche un usuraio. Poteva Leonardo da Vinci accettare di dipingere un quadro per un uomo con queste caratteristiche? Questa è la prima perplessità.
Poi non esistono prove di un pagamento. tipo una ricevuta o dei soldi che sono usciti per così dire dalle casse di quest'uomo e poi quando Francesco del Giocondo è morto nel suo testamento non Esiste la Gioconda? Era già stata venduta nel frattempo? Oppure era andata distrutta? Ecco, questi sono un po' dei dettagli che comunque creano un po' di problemi su questo racconto del Vasari.
E poi passiamo alla moglie del Giocondo, Lisa Gerardini, Monna Lisa, cioè Madonna Lisa, o anche la Gioconda, proprio perché lei era la moglie di Francesco del Giocondo. Secondo il Vasari, all'epoca del quadro, intorno al 1503, questa donna aveva 24 anni. Ma vi pare che Mona Lisa abbia 24 anni? Sia una ventenne?
Non proprio. Ecco, ci sono queste perplessità attorno al racconto del Vasari che creano un'atmosfera di incertezza. e circonda Mona Lisa questo quadro. Ma noi lasciamo un attimo questi problemi e concentriamoci su qualcosa che di solito non si osserva quando si vede la Gioconda, per esempio qui a Louvre, ed è il paesaggio, tutto quello che è attorno alla Gioconda. un paesaggio particolare, si vede una strada, un ponte, un fiume, delle montagne.
Alcuni hanno detto che è un paesaggio toscano, altri invece che è un paesaggio lombardo, altri ancora che è un paesaggio di fantasia. Ma in realtà questo quadro ci dice una cosa, Leonardo aveva molta dimestichezza con i paesaggi, perché lui aveva vissuto da bambino nelle campagne, nei paesaggi forse più belli, quelli della Toscana, anzi di Vinci. Il 5 agosto 1473 Leonardo torna a Vinci, il suo borgonatio, ed è proprio da questo momento che inizia ad affinare uno sguardo diverso nei confronti della natura.
E' come se la natura si schiudesse per la prima volta all'occhio indagatore di Leonardo. L'occhio che si dice finestra dell'anima è la principale via donde il comune senso può più copiosamente e magnificamente considerare le infinite opere di natura. Leonardo con la sua penna appuntita inizia a disegnare un paesaggio con una visione totalmente diversa dei pittori del suo tempo. Lo sguardo di Leonardo si esercita infatti in uno studio attento e dettagliato della natura. Per lui, il pittore non crea la bellezza della natura con una pennellata di colore, ma è capace di cogliere l'attimo e di renderlo eterno.
Ciò che è nell'universo per essenza, presenza o immaginazione, il pittore lo ha prima nella mente e poi nelle mani, e quelle sono di tanta eccellenza che in pari tempo generano una proporzionata armonia in noi. sullo sguardo qual fanno le cose. Leonardo era talmente attratto dai paesaggi, dalle correnti d'acqua, dai loro flussi e dai loro vortici, dalla natura che era intorno al borgo di Vinci, che li dipinse con una tale ricchezza di dettagli da sembrare fotografati.
I fiori e le piante che lui spesso disegnava in modo così minuzioso, sembravano degni di un trattato di botanica. La Deità, che ha la scienza del pittore, fa che la mente del pittore si trasmuta in una similitudine di mente divina. In un lontano giorno del 1460, 1773, un giovane Leonardo di soli 21 anni di età inventò un nuovo modo per dipingere la natura, come se fosse stato in grado di innalzarsi, di librarsi in volo per guardare il paesaggio da un'altezza vertiginosa, altezza mai raggiunta prima dalla mente umana. Leonardo nacque alle 3 di notte di sabato 15 aprile del 1452 e secondo la tradizione nacque proprio qui, a 3 km da Vinci.
a Danchiano, dove si trova, come vedete oggi, quella che è considerata la casa natale di Leonardo. In realtà si tratta di un semplice casolare immerso in questo paesaggio collinare che tanto amava Leonardo. Sono passati tanti secoli e nel tempo è comparso anche uno stemma in cui si vede un leone con un elmo.
Sarebbe lo stemma della famiglia di Leonardo. A riferirci con esattezza alla data della nascita di Leonardo, non è il padre come sarebbe naturale, ma il nonno Antonio, che vive a Vinci e amministra i beni di famiglia. Ma in effetti, il padre di Leonardo... o meglio, Sir Piero, perché era un notaio e sarebbe poi diventato un importante notaio di Firenze, era un ragazzo di 25 anni e aveva avuto una relazione illegittima con una ragazza, Caterina, anche lei 25enne, ed era rimasta incinta.
Quindi Leonardo è un figlio illegittimo. Entrare in questi ambienti equivale davvero a fare un viaggio nel tempo che ci riporta all'epoca di Leonardo. Certamente tutto è cambiato rispetto a allora, sono passati cinque secoli, anzi di più, e quindi l'arredamento non c'è.
Non si sa neanche se sia poi questa effettivamente la casa natale, ma comunque erano ambienti come questi. Quelli che hanno visto l'infanzia di Leonardo con un grande camino dove si cucinava, magari Leonardo che veniva chiamato per il pranzo o la cena perché era sempre in giro e portando... animaletti, lucertole e disegnando magari qualche piccolo scarabocchio, qualche piccolo disegno in un angolo, l'inizio di quella lunga carriera, questo ovviamente lo immaginiamo, che lo avrebbe poi portato nella bottega del Verrocchio per cominciare questa sua straordinaria attività, ricchissima di capolavori.
Bisogna dire che Vinci è cambiata poco nei secoli ed è facile immaginare Leonardo che cammina per questi vicoli. Abbiamo visto la casa dove è nato e di fronte a noi c'è anche la chiesa dove è stato battezzato, la chiesa di Santa Croce. Ecco, questa è la fonte battesimale dove venne battezzato Leonardo da Vinci.
È davvero incredibile che questo bacile, così semplice, sia ancora presente oggi, dopo cinque secoli. È facile immaginare la scena e anche gli invitati. La cosa interessante è che... C'erano tante persone, anche perché poi il nonno Antonio invitò quasi tutti gli abitanti di Vinci a festeggiare questo battesimo. Aveva riconosciuto suo nipote, benché fosse un figlio illegittimo.
Ma a questa festa, a questo battesimo, mancavano due persone importanti, il papà e la mamma di Leonardo. Il papà perché in realtà stava organizzando... Un matrimonio con un'altra donna, Albiera Amadori, e la mamma perché in realtà poi venne data in sposa a un altro uomo. Fu un matrimonio riparatore, probabilmente dietro pagamento.
Pensate, questo uomo era un contadino che viveva un paio di chilometri in un podere, probabilmente dietro pagamento accettò di sposarsi con questa donna, Caterina, e lui era un uomo che aveva... Uno mignolo abbastanza inquietante, lo chiamavano tutti l'attaccabrighe. In pochi anni fece fare cinque figli a Caterina. E quindi Leonardo chiaramente passò un'infanzia da solo.
Il padre era Firenze, la madre era la moglie di un altro uomo con dei fratellastri. Sì, ci giocava assieme, lo vedeva, ma stava molto col nonno Antonio, con lo zio Francesco, forse anche con il prete. e ad un certo punto Tutto purtroppo il nonno Antonio morì e allora il papà di Leonardo, Piero, venne qui e portò il figlio a Firenze. Voleva farlo diventare notaio, anche lui, questa casata era una casata di notai, e così gli fece prendere un po' di lezioni, lui che aveva avuto un'educazione libera qui a Vinci, gli fece prendere lezioni di calcolo, diremmo oggi di matematica.
Ma vedete, Leonardo non era uno studente normale, cominciò quasi subito ad innamorarsi dei numeri, dei calcoli, benché si facesse tutto con l'abaco, lui, cioè col palottoliere, lui cominciò subito a trovare delle teorie, dei collegamenti tra i numeri e questo confuse molto il suo maestro. In effetti questo maestro non sapeva che stava insegnando la matematica niente di meno che a Leonardo da Vinci. Ovviamente la cosa non funzionò.
Il padre capì subito che Leonardo era un creativo, un artista, uno spirito libero e quindi capì che non poteva diventare notaio, ma vide che faceva dei disegni straordinari. E così contattò un suo amico che aveva una bottega di artisti e gli presentò Leonardo. Quest'uomo era il Verrocchio, una bottega famosa nella storia dell'arte.
La Firenze in cui arriva il giovane Leonardo è una città ricca e vivace. A dominare la vita politica ed economica è la famiglia dei Medici. Prima con Piero e soprattutto con il figlio Lorenzo il Magnifico, Firenze diventa il centro nevralgico non solo della Toscana e dell'Italia, ma dell'intero continente.
I banchieri fiorentini viaggiano in tutta Europa e finanziano tutte le dinastie regnanti. Le stoffe delle manifatture cittadine sono apprezzate e ricercate ovunque. I mercanti fanno affari in tutto il mondo allora conosciuto, si arricchiscono e per dimostrare il proprio prestigio commissionano opere d'arte. Nascono così e prosperano numerose botteghe artigiane.
In quella del Verrocchio, Leonardo ha modo di apprendere le tecniche della pittura e della scultura. Verrocchio ha dato vita a una vera e propria fucina d'arte dalla quale usciranno molti protagonisti del Rinascimento, come Sandro Botticelli, il Perugino, il Ghirlandaio. Le doti artistiche di Leonardo risultano subito evidenti. Verrocchio lo incarica di portare a termine una tavola alla quale sta lavorando, il Battesimo di Cristo. Leonardo dipinge un angelo inginocchiato che lascia tutti a bocca aperta.
Leggenda vuole che il maestro abbia smesso di dipingere vedendo che l'allievo lo aveva superato. Leonardo non si limita solo a dipingere. In città è ovunque conosciuto.
Per le strade tutti lo notano per la bellezza, per l'eleganza e l'eccentricità dei vestiti. E anche per la compagnia di ragazzi altrettanto avvenenti, di cui si circonda. È molto chiacchierato e invidiato. Nel 1476 una denuncia anonima lo accusa di sodomia.
L'amore di Leonardo per i ragazzi sarà ma costante e per lunghi anni al centro delle sue attenzioni sarà Gian Giacomo Caprotti, detto Salai, da Saladino e cioè di Apolep. Un diavoletto che spesso si approfitterà della fiducia di Leonardo, che pur amandolo lo definisce ladro, bugiardo, ostinato, ghiotto. Firenze è una città libertina e l'accusa di sodomia non avrà seguito. Leonardo continuerà ad essere ammirato e a lavorare.
In quegli anni, appena lasciata la bottega, porta a termine l'Annunciazione, una tavola che suscita lodi e consensi. Non finirà mai invece l'Adorazione dei Magi, una delle sue opere più ambiziose. Leonardo ha 30 anni quando lascia Firenze, è molto noto ma ha lasciato poche opere tutto sommato e si trasferisce a Milano, presso Ludovico il Moro.
Ora noi, vedete, ci troviamo a Vigevano. nel castello antico di Vigevano, perché proprio qui è stato realizzato un museo su Leonardo, è molto interessante che vi dà davvero un'idea completa sulle sue opere e sul suo modo di pensare. Questo castello è stato realizzato nel 300 dai Visconti ed è stato poi acquisito e trasformato in sede ducale dagli Sforza nel 400. È un luogo straordinario, 70.000 metri quadrati, 5 piani, 3 visibili e altri due addossati alla rocca. Si tratta davvero di un gioiello del nostro patrimonio, purtroppo vuoto, che aspetta in buona parte ancora un nuovo splendore, un futuro. futuro, ricordando questi fasti del passato, immaginate qui c'erano ambienti per la corte e anche questi loggiati, questo è stato realizzato dal Bramante, così come la torre è del Bramante, in questo loggiato in particolare si allevavano falconi per la caccia.
Davvero singolare è questo passaggio sopraelevato. In realtà si tratta di una strada coperta e volendo poteva anche fungere da via di fuga verso Milano. E proprio Milano... che doveva essere la sede naturale della corte di Ludovico Olmoro, a un certo punto Milano diventa una città secondaria, perché è proprio qui a Vigevano che Ludovico il Moro sposta alla corte e Leonardo da Vinci entra a far parte di questa corte nel 1494. Ma come era riuscito a far parte della corte di Ludovico il Moro? Beh, presentando addirittura un curriculum, esattamente come si fa oggi quando si cerca lavoro, solo che non gli era stato richiesto un curriculum, era stato proprio lui a presentarlo.
E quando venne qui lo fece per studiare proprio i flussi di acqua del Ticino che alimentavano una serie di mulini. Avendo, signor mio illustrissimo, visto e considerato ormai a sufficienza le prove di tutti coloro che si reputano maestri e creatori di strumenti bellici e che tali strumenti non sono in nulla differenti da quelli che sono comunemente usati, mi sforzerò di rivolgermi direttamente a vostra eccellenza, rivelandovi i miei segreti. Così si rivolge Leonardo a Ludovico il Moro, in una lettera la cui minuta è conservata presso la biblioteca ambrosiana di Milano. Sa che Ludovico è molto interessato agli strumenti bellici e quindi, con l'intento di impressionarlo, si presenta soprattutto come esperto nell'arte militare.
Si dice in grado di realizzare ponti mobili militari, macchine da guerra utili ad assaltare le fortezze e incutere timore ai nemici. E se non fosse bastato tutto questo, avrebbe creato catapulte, balestre e altre diavolerie. Leonardo scrive che in tempi di pace potrebbe dedicarsi anche all'architettura, alla scultura in marmo, creta e bronzo e infine alla pittura.
Del resto nel 1501 un testimone dell'epoca, dopo avergli fatto visita, scrive che Leonardo era impazientissimo al pennello, che insomma la pittura non era il suo principale interesse. Sappiamo che in seguito Ludovico chiese a Leonardo, forse consigliato da Lorenzo de' Medici, di realizzare il famoso monumento equestre, probabilmente proprio perché vedeva in Leonardo il grande scultore che poteva realizzare questo sogno. Rai 3 Leonardo pittore, Leonardo studioso dei fenomeni della natura e Leonardo scultore, così ci dicono le fonti.
Già ma dove sono le sue opere? Di Michelangelo sappiamo tutto, le vediamo. Dove sono le sculture di Leonardo?
Ebbene, vedete... In via del tutto eccezionale ci stanno portando via la teca protettiva di questa scultura che vedete, straordinaria. Noi ci troviamo qui all'Istituto Francese di Milano, nel Palazzo Le Stelline. e quest'opera che vedete deriva da una scultura in cera d'api realizzata con ogni probabilità da Leonardo da Vinci, così attesta anche il massimo studioso di Leonardo, Carlo Pedretti. Allora quest'opera che vedete rappresenta un uomo molto potente degli inizi del Cinquecento di Milano, si chiamava Charles d'Amboise e in effetti se guardiamo bene le sue fattezze sono quasi identiche a come è stato rappresentato in un quadro all'epoca.
Sheldon Boas era appunto il governatore di Milano e aveva chiesto a Leonardo di ampliare la sua villa Leonardo ha cominciato a progettare i cambiamenti e i cambiamenti che... Contemplavano anche la realizzazione di una grande statua equestre di quest'uomo a cavallo e aveva fatto una specie di modellino in cera ed api che poi doveva essere, diciamo, rappresentare il punto di partenza per realizzare un'enorme statua di quest'uomo a cavallo in bronzo. Però Charles d'Amboise poi è morto, quindi questo progetto non si è realizzato, ma è rimasto a quest'opera che ci fa vedere anche la capacità di Leonardo di realizzare, diciamo, in una... In una posa molto plastica, quest'uomo con questo cavallo, rappresentato quasi come se si fermasse di colpo, alcuni hanno dato tante interpretazioni, però un fatto è certo, è che questa posa, questa postura è molto diversa rispetto alle classiche statue equestri realizzate, o comunque progettate da Leonardo. collezionista privato americano, infatti il titolo di quest'opera è Horse and Rider, cioè praticamente il cavallo e il cavaliere, però racconta una storia straordinaria.
Cavalli al trotto, al galoppo, impennati su due zampe. Leonardo ha sempre mostrato interesse per la figura del cavallo. Ne ha fatto oggetto di accurati studi nei suoi disegni, ora custoditi nel castello di Windsor.
Gli ha rappresentati sullo sfondo del libro. l'incompiuta adorazione dei magi, dovevano essere i protagonisti della battaglia di Anghiari. Ma non si è limitato a studiarli e a dipingerli.
Voleva anche farli rivivere nella loro potenza in grandi monumenti equestri. L'occasione gli fu offerta da Ludovico il Moro, che voleva celebrare la memoria del padre Francesco Sforza. E Leonardo così progetta un cavallo di bronzo gigantesco, alto più di 7 metri, da fondere in un'unica colata.
Bisognava prima di tutto procurarsi il bronzo necessario, 653 quintali, secondo i calcoli fatti dal grande matematico Luca Pacioli, amico di Leonardo. E poi c'era anche il rischio che il bronzo si raffreddasse prima di raggiungere il punto di rinforzamento. tutte le parti del monumento.
La fusione non ebbe mai inizio perché il bronzo raccolto fu utilizzato per farne cannoni destinati alla difesa del ducato estense di Ferrara contro i francesi di Luigi XII. Pochi anni dopo per Leonardo una seconda occasione. Il condottiero Gian Giacomo Tribunzio gli chiede di realizzare la propria tomba monumentale con una statua equestre.
L'artista pensa a un cavallo rampante e per garantirne la stabilità fa appoggiare le strade. le zampe anteriori su un nemico sconfitto che giace a terra. Ma anche stavolta però il sogno di Leonardo rimane inappagato.
Su questa statua c'è una piccola curiosità davvero sorprendente, e cioè l'impronta digitale di Leonardo da Vinci. In effetti è probabile che usasse l'indice e il medio quando doveva magari sfumare dei colori su un quadro, ma quando si trattava di modellare un'opera in cera, quindi stiamo nella scultura, è chiaro, l'approccio era a tre dimensioni e ha usato anche il pollice. e proprio qui c'è l'impatto.
pronta, lo si vede molto bene, del pollice, pollice sinistro, perché come sappiamo Leonardo era mancino. Ma come è arrivata fin qui quest'opera, Horse and Rider? Lo chiediamo a Ernesto Solari, storico dell'arte e anche curatore di...
di questa mostra che ci ha permesso di conoscere questa opera di Leonardo. Allora, è una storia antica, noi abbiamo Leonardo che realizza questo modello di cera e lo fa a Milano o vicino, in una villa di un suo allievo. Sì, era la villa di Vapriodadda di Francesco Melzi, che era di questa zona.
Poi se ne va Leonardo a tutte le sue vicende, ma quest'opera invece rimane lì. Quest'opera è rimasta lì per 400 anni, è stata realizzata attorno al 1508-11, poi dal 13 Leonardo e Melzi stesso e l'allievo partono per Roma, poi da Roma andarono in Francia e quindi non tornarono. E quest'opera invece è rimasta lì, tra l'altro delicatissima.
Sì, ha detto che era dicembre. e di conseguenza suscettibile agli insulti del clima e del tempo, quindi un'opera delicata. Rimane 400 anni e poi? E poi quest'opera viene venduta dai discendenti della famiglia Melzi alla collezione San Giorgi di Roma, attorno agli anni 20, primi anni del Novecento. E lì è rimasta per un po' di anni, dopodiché il collezionista San Giorgi decide di salvaguardare l'opera.
portandola in svizzera che la seconda ora mondiale o bellico imminente per cui c'era il rischio che avesse trafugate eccetera quindi è stata salvata in questo modo poi va in svizzera e poi di lì probabilmente negli anni 70 quando il professor pedretti ebbe l'incarico la regina d'inghilterra di curare le collezioni di windsor studio proprio tutti i disegni dei cavalli vide quest'opera e e decise di salvaguardarla. chiedendo che venisse acquistata da un grande antiquario londinese, il signor Nichelson della Mallet. Ecco, il signor Nichelson ebbe la richiesta da parte del professor Pedretti di realizzare, proprio per preservare la cera, di realizzare questo calco.
Ecco, allora noi qui abbiamo i due calchi che sono stati fatti su quest'opera di cera di Leonardo, questa per l'intuizione del professor Pedretti di fermare il suo stato perché la cera, lo sappiamo, non è eterna e di conseguenza con questi calchi è stato poi realizzato questo bronzo che vediamo dietro. Quindi quel bronzo ci dà l'idea della statua di Leonardo nell'85. Sì, fortunatamente è stato realizzato con un materiale che è come una pellicola sensibile e quindi è riuscito a rilevare tutti i dettagli in maniera perfetta e questo oggi ci ha permesso di poterli individuare.
E quindi anche lo studio dell'Occidente. L'opera di Leonardo è stata agevolata in tutto questo, ma adesso la domanda che tutti ci poniamo, questo è il calco, quello è il bronzo che è derivato da questo calco, ma l'opera di Leonardo, quella di Cera, dove si trova? Lo vorrei sapere anch'io.
Perché è stata venduta dal signor Nicholson a un proprietario privato che è rimasto nell'anonimato fino ad oggi. Quindi questa statua ha cominciato nuovamente a viaggiare, fa parte di una... collezione privata da qualche parte del mondo e prima o poi potrebbe ritornare riemergere.
E' riemersa solamente una volta a Malmo in Svezia, questa unica mostra nel 95 di cui vediamo adesso l'immagine tratta proprio dal catalogo di quella mostra. Ecco quindi questo è l'aspetto di questo capolavoro di Leonardo riemerso dopo secoli e poi di nuovo sparito all'abisso Speriamo che rimerga un giorno in buono stato. La ringrazio molto.
A Milano Leonardo diventa l'artista di corte di Ludovico il Moro, occupandosi di tutto, anche di organizzare feste memorabili, come quella detta del Paradiso nel 1490. ...del Gristelli, che accende la ruota sopra e si sospende! No! Noi ora ci troviamo all'interno del castello di Vigevano e proprio qui potete fare un viaggio unico nel suo genere nel mondo di Leonardo da Vinci e anche scoprendo le sue opere.
Qui vedete sono in questo allestimento rappresentate 24 grandi opere di Leonardo, quelle più famose, quelle a lui attribuite. Ora chiaramente non si tratta di originali ma diciamo di copie, di riproduzioni. realizzate con una tecnica speciale, cioè praticamente sono delle immagini ad altissima risoluzione, realizzate con un metodo a scansione e poi applicate su un supporto che dia, diciamo così, una corposità tipica dei quadri. Sembra davvero di vedere gli originali e qui vi accorgete non solo delle loro dimensioni ma anche di tanti dettagli. Qui possiamo davvero ripercorrere la vita di Leonardo.
Per esempio, lui era nella bottega... del Verrocchio, è entrato a 13-14 anni, assieme a lui gli altri ragazzi per così dire, in bottega erano Botticelli, erano Perugino che poi sarà diventato il maestro di Raffaello e poi anche il Ghirlandaio che a sua volta aprirà una bottega dove arriverà un ragazzo chiamato Michelangelo, ecco questo è il mondo di Leonardo e quando è ancora a bottega il verrocchio, in pratica gli chiede di fare un angelo su un quadro che... Il Verrocchio stesso è realizzato e ben presto molti si accorgono che la parte più bella del quadro è proprio quest'angelo di Leonardo. Si dice che da questo momento in poi Verrocchio non abbia più dipinto. Non è proprio così, ma vi fa capire l'importanza di questo giovane che emergeva.
E guardate, a 22 anni inizia questo quadro. Chi è? è il ritratto di una ragazza, Ginevra De Benci, di una famiglia molto importante di Firenze, e si sposava. aveva 17 anni, a quell'epoca ci si sposava giovani, e lui l'ha rappresentata con questo colore perlaceo, questo sguardo che è assorto, pensoso, qua già si capisce una cosa, che Leonardo non rappresenta le persone basse, fa uscire fuori la loro anima, e quello si percepisce molto bene, e tra l'altro si percepisce anche un'altra cosa, vedete questo grande albero dietro, è un ginepro, perché sta giocando col nome della ragazza, che si chiamava Ginevra, Ginepro e non è... la sola volta che farà questo.
Tutto questo vedrete ci porterà poi alla Gioconda. Ma è proprio a 22 anni che inizia questo capolore, ma non solo, realizzerà proprio qui lo si vede dall'altra parte un'altra opera immortale ed è l'annunciazione che si trova a Firenze, agli Uffizi, in cui si vede l'angelo che è appena arrivato, c'è ancora le ali dispiegate e inginocchiato davanti a Maria gli sta annunciando cercando appunto la prossima maternità e si vede un errore, quello che è stato attribuito a Leonardo come un errore, si vede il braccio destro della Madonna, vedete, molto più lungo di quello che dovrebbe essere e tutti hanno detto, beh, insomma, Leonardo ha 23 anni e ha fatto un'imperizia, ma è possibile Leonardo che aveva lavorato in una bottega così a lungo? No, infatti in realtà lui ha creato un quadro particolare, quel quadro doveva essere visto, evidentemente posizionato in un'altra parte del quadro.
in una sala in un modo tale, in un ambiente in cui lo si potrebbe vedere solo di lato a destra. Infatti se vi spostate leggermente vedete che spostandovi il braccio ritorna a dimensioni normali con il resto del corpo. Proseguiamo nel nostro percorso.
Ecco un quadro che non ha mai finito, San Gerolano. La storia di questo quadro è davvero incredibile perché, pensate, non solo questo olio su tavola non è stato compiuto, non è stato terminato, Ma ad un certo punto è finito, si trovava da un rigattiere e la parte centrale era stata ritagliata, quel volto ritagliato, ed è stato ritrovato da un calzolaio che lo usava come seduta, come sgabello. Ecco un altro quadro che lui non ha terminato e comunque pur non essendo terminato, perché Leonardo era famoso per non terminare i quadri e le opere, si capisce l'imponenza di una situazione in cui ci sono movimenti e dettagli da studiare da tutte le parti. E uno di questi è stato studiato da alcuni esperti, lo vedete qua, questo quadro rappresenta l'adorazione dei magi, pure questo giovane che è di lato, forse è stato attribuito come a Leonardo Stavro.
stesso, cioè si tratterebbe di un autoritratto, naturalmente è solo un'ipotesi. Continuiamo questo nostro percorso, questo nostro viaggio nel mondo di Leonardo ed ecco arrivare un volto famosissimo, la dama dall'ermellino. L'Ermellino.
Questa opera oggi si trova in Polonia, ma sapete, i quadri che vedete qui hanno una geografia molto particolare. Le opere di Leonardo, i quadri di Leonardo si trovano in Italia, in Inghilterra, in Francia, in Germania, in Polonia, in Russia e negli Stati Uniti. Ora, tanto si è detto sulla dama con l'ermellino, ma chi sarebbe questa dama?
Si chiama Cecilia Gallerani, o meglio, si chiamava Cecilia Gallerani, una donna che si chiamava Cecilia Gallerani. della quale Ludovico il Moro si era invaghito perdutamente, aveva chiesto a Leonardo di fare il suo ritratto e così ha fatto. Però anche qui Leonardo comincia a giocare col nome perché l'ermellino, anzi probabilmente è un furetto perché è difficile tenere un ermellino in quel modo che è molto più selvatico, Ebbene, questo ermellino, in greco si chiama Galè e lei si chiamava Cecilia Gallerani e quindi lui ha fatto un altro gioco. gioco di parole, esattamente come Ginevra De Benci. Proseguiamo, naturalmente Leonardo qui, la sua vita va avanti, ma anche la sua esperienza, già avete capito che la Gioconda in fondo già la si vede emergere in questi quadri, soprattutto in questo famoso chiamato La Ferroniere, la Belle Ferroniere, che in realtà i francesi pensavano fosse una delle amanti del re Francesco I.
l'imperatore Francesco I, ma in realtà questa era un'amante di Ludovico il Moro, si chiamava Lucrezia Crivelli, quindi dovremmo dire che si tratta della bella Lucrezia, non della bella Ferroniere. Ed era presentata anche lei nel buio con questa postura che Leonardo ha inventato, si chiama contrapposto. In pratica fino a quell'epoca i volti, cioè i ritratti, erano fatti o di profilo o di faccia. lui li fa di tre quarti o meglio non solo ma fa girare le varie parti del corpo lungo un asse allora vedete le spalle in diagonale la testa in un altro modo e gli occhi in un altro modo ancora ma quello che colpisce di più in questo contrapposto leonardesco così è chiamato questa tecnica che lui ha inventato di postura sono questi occhi che vi fissano anche qui leonardo è capace di tirare fuori la personalità l'anima di una donna, ma molto di più.
In questo momento questa ragazza vi sta guardando, però se fissate il suo sguardo vedete che passa leggermente di lato rispetto a voi. E tutto questo ci fa capire anche una sottile tecnica, quella di essere quasi inquadrati dallo sguardo del protagonista di un quadro, che però guarda oltre e vi mette a disagio. Anche questo Leonardo era stato in grado di realizzare, ma chi era Lucrezia Crivelli?
e chi erano tutte queste donne che Leonardo... ha incontrato o anche rappresentato nei suoi quadri. Attorno a lui c'era un mondo femminile davvero particolare.
Enigmatiche, donne dallo sguardo fielo, donne sensuali e sfuggenti. Queste sono le donne di Leonardo da Vinci. Tra di loro Isabella Deste, sorella di Beatrice, moglie di Ludovico il Moro, mecenate di Leonardo.
Io conoscevo già Leonardo, lo avevo incontrato quando ero venuta a Milano per il matrimonio di mia sorella Beatrice. Me ne parlavano tutti però, mi dicevano, sai Isabella... Isabella, c'è questo pittore tanto bravo, ma con tutte le giostre, i balli, i banchetti.
Avevo avuto ben poco tempo di vedere i suoi dipinti. In casa avevo già Mantegna, Correggio, Perugino. Col Bellini ci scrivevamo e conoscevo i suoi ritratti.
Io però volevo vedere Leonardo e io l'ho convinto a farmi il ritratto. Leonardo il mio ritratto lo ha lasciato a metà. Lo ha lasciato a matita. Il Bellini era molto più affidabile.
I volti femminili sono sicuramente i più straordinari e importanti ritratti dell'opera intera dell'artista. Leonardo riuscì a rappresentare la dimensione interiore della donna. ritraendole di tre quarti le inserisce con maggior forza nello spazio senza nessuna posa costruita catturando così l'immagine delle sue donne come uno scatto fotografico.
È Ludovico il Moro che commissiona i ritratti delle più famose donne dell'epoca a Leonardo. Era il migliore, tipo stravagante, non mangiava mai carne, è visto con una donna, sempre per conto suo. Gli ho commissionato quadri, affreschi, canali, cannoni, fabbriche, quartieri. Ha fatto pochissimo. La sua grandezza alla fine era un limite.
E però, i ritratti alle mie dame, che meraviglia. Appassionato della bellezza in tutte le sue forme, Ludovico il Moro era un grande seduttore ed ebbe diversi amanti sia prima che dopo il matrimonio con Beatrice d'Este e di due di loro commissionò il ritratto. La sua favorita prima del matrimonio era Cecilia Gallerani, immortalata da Leonardo come la dama con l'ermellino.
Mi chiamo Cecilia Gallerani e chiedo di nuovo scusa a loro signori se mi intrometto nei loro bei ragionamenti. ma voglio cogliere questa occasione per chiarire una volta per tutte chi fosse la vera preferita di Ludovico. Dopo il matrimonio la favorita fu Lucrezia Crivelli, conosciuta nel ritratto di Leonardo come la belle ferroniere. Ma davvero non capisco... Capisco perché il ritratto di quella signora debba guadagnarsi tutta la gloria, mentre il mio niente.
Mi ha andato a prendere con tutti gli onori neanche fosse una regina. Mentre del mio sembra che se ne siano tutti dimenticati. Se solo maestro Leonardo avesse dipinto l'altro, almeno un po' più brutto, io... Il problema è che in quegli anni a corte eravamo in troppe e ad un certo punto tutte, ma dico tutte, ce l'avevano con me. Era la donna più bella e più elegante di tutta la corte.
A maestro Leonardo non piacevano gli eccessi. e troppo occulti ornamenti. Guardate il mio ritratto, guardatelo bene.
Capelli raccolti alla spagnola, la mantella asimmetrica, su ogni spalla dei tessuti e dei colori diversi, venuti da tutte le parti del mondo. Ero io la vera preferita di Ludovico. E se cercate una regina, sapete dove trovarmi. Continuiamo questo nostro percorso all'interno del castello di Vigevano, nel mondo di Leonardo, in questa mostra permanente chiamata Leonardiane e arriviamo al quadro protagonista. non solo di questo allestimento ma in generale della vita di Leonardo.
Eccola, la Gioconda. Trovarsi qui di fronte alla Gioconda senza vetri, diciamo a prova di proiettile... davvero impressionante.
Certo, si tratta di una copia, ma una copia molto precisa. Si vedono tutte le spaccature. Quando si parla delle famose spaccature che si vedono sul quadro, sulla tavola che è esposta a lui, in realtà qui si percepiscono tutte quante. Sono mezzo milione di spaccature.
Questa tecnica vi permette quasi di trovarvi di fronte a un quadro originale. quindi di colpo riuscite a vedere gli occhi della Gioconda questo color nocciola, diciamo marrone molto vivo, vedete i capelli molto bene e vedete questo velo attorno ai capelli, simbolo non di lutto ma di maternità. Cerchiamo di concentrarci su questo volto, si è detto molto sullo sguardo e sul sorriso enigmatico della Gioconda, come è possibile? Anche questo è il risultato di una tecnica che ha inventato Leonardo e che già aveva utilizzato nei quadri precedenti. è il cosiddetto sfumato.
In pratica, quando per esempio realizzava la bocca, dopo che tutto si era asciugato, passava sopra uno strato di vernice con dei pigmenti, rivernisciava tutto, ma i pigmenti erano già un po' meno presenti. Aspettava che asciugasse e faceva un altro strato di vernice con ancora meno pigmenti e via dicendo, fino a che non creava uno strato sopra l'altro che incominciavano a dare un effetto quasi sfumato, per esempio, agli angoli della bocca. ma lo stesso degli occhi. Ora, proprio l'angolo della bocca e i contorni degli occhi sono...
Fondamentali per capire l'umore di una persona e siccome qui non riuscite a metterle a fuoco, non riuscite a capire se la gioconda sia contenta o triste, malinconica o compiaciuta. Ognuno di noi vede qualcosa di diverso, oltretutto le sopracciglia, non essendo evidenti. questo crea ancora più confusione. È stato detto, ed è vero, che forse la Gioconda in realtà in sé non esprima uno stato d'animo particolare, ma siamo noi di fronte a questo quadro a proiettare qualcosa che abbiamo detto.
dentro, uno stato di angoscia, uno stato di felicità e lo vediamo riflesso proprio nella gioconda. Certo questo quadro vi segue anche se voi vi muovete, è un quadro davvero potente ed è il risultato di tutto quello che Leonardo aveva fatto nella sua vita. Possiamo parlare davvero di un trattato di pittura, una specie di testamento che ci lascia con quello che lui concepiva come pittura.
Questa donna sembra non avere gioielli se non i propri Grazie. occhi e poi queste mani, queste mani che rappresentano messo in quel modo un simbolo di fedeltà, così è stato visto, ma soprattutto il loro aspetto così caldo, un po' paffuto, così materno è certo un segnale protettivo nei confronti di chi guarda il quadro, ma certamente quello che sfugge di più quando si osserva la Gioconda sono proprio tanti dettagli, soprattutto Grazie. del vestito che rappresenta una moda dell'epoca.
Leonardo sicuramente è interessato anche alle vesti, al costume dell'epoca, al modo in cui la donna si abbigliava e si adornava, però usa tutti questi elementi in forma pittorica. cioè lì sublima in un certo senso. Nel ritratto di Ginevra Benci noi notiamo un rapporto molto stretto tra il volto e la natura, questa capigliatura inanellata che scende lungo le guance e una certa sobrietà.
Negli altri ritratti, per esempio la dama con l'ermellino, noi vediamo che la fanciulla, la ragazza, giovanissima, segue in parte la moda spagnola. Infatti la striscia di tessuto che decinge la fronte è di derivazione spagnola, di derivazione aragonese. Ci sono degli elementi, Leonardo, che sembrano delle spericolatezze pittoriche, tanto sono raffinati ed impalpabili, ma nella realtà i veli e la leggerezza di certi tessuti erano assolutamente così.
La belle ferroniere, anche lei è seduta e ha questa leggera torsione del busto e ha uno sguardo quasi interrogativo e messa dietro una specie di piccolo parapetto, per cui noi non leggiamo il resto del costume. Nel 400 i costumi vengono tagliati, gli abiti vengono tagliati in vita e quindi la figura femminile assume una certa opulenza, una certa fisicità che le donne del 300 e del gotico non avevano perché erano delle figure molto più allungate, molto più trascendenti. La donna acquista una fisicità e una grande leggiadria. Monalisa è un'altra occasione per Leonardo di testimoniarci il suo lavoro pittorico.
Qui entriamo pienamente nel Rinascimento e le maniche sono molto più gonfie, una morbidezza avvolge la figura, non ci sono più costrizioni, non ci sono situazioni attillate, ma un grande senso di liquidità, di dolcezza, che prosegue anche nell'acconciatura nei capelli. che sono velati da un velo impalpabile, come si diceva, sembrano a volte capricci o esercizi di grande raffinatezza pittorica, ma nella realtà questi veli esistevano, sono anche universali per questo, cioè trascendono l'epoca e ci riportano proprio verso un modo di essere, di drappeggiare, che sfida il tempo e che va oltre. Forse la cosa più sorprendente di questo luogo è che avete davvero la sensazione di ritrovarvi di fronte gli originali, tanto sono fedeli queste copie, queste riproduzioni anche nelle dimensioni, quindi certi quadri vi appaiono più grandi di quanto pensavate o più piccoli, anche perché siamo sempre stati in un'area di un'area di un'altra.
abituati a vederli sui libri o magari sullo schermo del computer. Ma soprattutto qui potete fare una cosa che altrove è quasi impossibile, cioè fare dei raffronti tra i quadri. Per esempio, quando può capitare di trovare vicini la Vergine delle Rocce che si trova a Louvre e la Vergine delle Rocce, l'altra versione, che si trova alla National Gallery di Londra. Ecco, qui potete davvero vedere le differenze e scoprire le varie storie e le curiosità. Leonardo riceve la commissione di questo dipinto da parte della confraternita di San Francesco nel 1483 a Milano il dipinto è finito nel 1486 quindi in tre anni molto breve per Leonardo, il prezzo patto id era di 200 ducati, Leonardo tuttavia non lo vuole consegnare, ne chiede 300 perché lui è consapevole che ci sia questo elemento nuovo che si va a fermando tra gli artisti italiani, ovvero il talento creativo dell'artista.
Alla fine Leonardo spunterà questo compenso non dai committenti, per i quali farà una seconda copia dal dipinto, ma da un collezionista privato che gli studiosi ritengono possa essere Ludovico il Moro. L'ambientazione è molto originale, ci sono delle rocce alle spalle di Maria, intanto creano una penumbra che per contrasto può mettere in risalto la bellezza e il candore. di Maria paragonata a una colomba, una penombra che è molto diversa dalla luminosità della biblioteca erziana dove siamo oggi e che serve a… Leonardo per creare una luce diffusa. Questa luce diffusa è il primo grandissimo traguardo della pittura del maestro. La fonte di luce non viene più da una sola direzione, ma in qualche modo irradia anche dai corpi.
Nei due dipinti c'è un apporto diverso di Leonardo, si vede molto chiaramente che nel dipinto del Louvre esiste una... preziosità, è uno scrupolo anche scientifico che comincia a venire meno nel secondo, quindi possiamo dire che il divinto del Louvre è il vero manifesto della pittura nuova di Leonardo. Nel divinto della National Gallery si sente molto di più l'intervento dei suoi collaboratori. Sembra davvero di stare all'interno della navata centrale.
di una chiesa in un'abbazia, ma in realtà tutto quello che vedete attorno a me è un'antica stalla, o meglio un'antica scuderia del castello di Vigevano, una delle tre scuderie. Allora dovete immaginare tutti i cavalli messi in fila e anche gli staglieri che sono indaffarati e Leonardo quando si trovava proprio qui ebbe un'idea, un'intuizione per aiutare gli staglieri, Grazie. ridurre la mano d'opera e cioè realizzare delle caditoie proprio sopra i cavalli per far cadere il fieno, la viada, quando si trattava di dar loro da mangiare. Ma questa è stata solo una delle intuizioni molto razionali, una delle idee geniali che ebbe stando qui.
Perché in effetti quando stava qui ospite di Ludovico Olmoro, è proprio qui che realizzò quei disegni, quei progetti di una città ideale. In realtà doveva trattarsi più di un mese. un quartiere residenziale a Milano per ricchi, ma insomma le sue soluzioni sono entrate nei libri di storia, di architettura, ma la cosa interessante è che queste soluzioni in realtà riflettono molto delle strutture urbanistiche che vedete qui a Vigevano, allora non è chiaro se lui si sia ispirato a queste strutture o viceversa se queste strutture siano state realizzate sulla base delle sue idee.
suoi schizzi, insomma quello che possiamo dire però è che Leonardo da Vinci si trovava proprio a Vigevano quando questa città veniva costruita. L'interesse di Leonardo per l'urbanistica rientra a... nell'aspirazione comune a molti architetti del rinascimento a costruire una città ideale, una città a misura d'uomo, ordinata, ariosa, che non presenti più l'intrico dei vicoli medievali.
La città ideale sognata da Leonardo è una città molto pragmatica, è una città che viene immaginata da Leonardo con un taglio pratico e funzionale, dove ad esempio vengono studiate le modalità di conduzione del lato. l'acqua, l'accessibilità e la fruibilità degli edifici. In questo contesto Leonardo arriva a realizzare un vero e proprio progetto di piano regolatore per la città di Milano, immaginando poi anche la possibilità di sviluppare altri centri urbani. nei pressi di fiumi, ad esempio il fiume Ticino, e quindi potrebbe essere anche un riferimento alla attuale città di Vigevano. Il rapporto tra Leonardo e Vigevano nasce grazie all'impegno di Ludovico il Moro, che lo vuole lavorare accanto a sé, prima a Milano e poi anche a Vigevano.
Leonardo si impegna per conto del Duca di Milano nello studio della canalizzazione delle acque e dà anche dei suggerimenti immaginando quella che potrebbe essere la città ideale. Proprio in quegli anni Ludovico il Moro è impegnato nella realizzazione di una vera e propria città ideale con un progetto urbanistico ambizioso, crea la piazza ducale, fa interventi importanti, nel palazzo ducale divigevano. In questo contesto possiamo quindi vedere le tracce della presenza della cultura. Contaminazione della riflessione di Leonardo sulla città ideale, nella scuderia, nella riflessione che riguarda l'utilizzo delle acque e anche quello che riguarda le strade sotterranee e soprelevate.
Di certo una delle sale più suggestive di questo grande allestimento qui a Vigevano è quella dedicata ai codici, codici di Leonardo, cioè tutti quei manoscritti, quei fogli che ci sono arrivati. Siamo arrivati oggi con gli studi, gli schizzi, i disegni e ci si accorge che Leonardo era un vero e proprio divoratore di carta, scriveva ovunque, magari sul retro di un foglio che era già stato utilizzato. in altre cose però qui avete dei manoscritti messi diciamo in fila nel tempo naturalmente non si tratta dei degli originali come sapete qui ci sono delle fedeli ricostruzioni praticamente sono esattamente dei gemelli degli originali però questo vi consente anche di vedere l'opera di leonardo il suo modo di pensare entrate dentro la mente di leonardo da vinci e quello che scoprite Grazie. Un uomo assetato di sapere.
È vero, faceva o partecipava a delle dissezioni, a delle autopsie, se volete, e quindi lo faceva per studiare il corpo umano, non come per esempio Michelangelo, che studiava il corpo umano per poterlo poi rappresentare artisticamente. Qui Leonardo voleva capire come funzionassero gli organi, e allora ci sono degli studi sui muscoli, sugli scheletri, sull'apparato riproduttivo e anche su questi feti, questi bambini che sono morti prima della nascita. E poi in questi tacquini si notano delle cose abbastanza curiose, a volte si trovano anche degli studi su delle cose che noi non saremmo abituati a vedere dentro questi tacquini, cioè per esempio delle caricature, caricature che gli servivano anche per studiare il rapporto tra indole di una persona e il suo volto.
E non solo, lui aveva la capacità, lo vediamo in alcuni disegni, di smontare la sua vita. Per smontare un volto, praticamente aveva stabilito 21 tipi di nasi diversi e lo stesso faceva con le orecchie e con gli occhi. Quindi quando inquadrava una persona riusciva a dargli dei numeri, naso numero 9, orecchie numero 10, eccetera, e alla fine poteva ricostruire questa persona, farne un disegno preciso pur non avendola davanti, semplicemente riproducendo un po' come un identikit alla rovescia questo volto.
E come sappiamo c'è uno... uno studio particolare della figura umana che è entrata nella storia, è l'uomo di Vitruvio. Ma dove si trova?
Bene, non è molto noto, ma questo disegno, questa raffigurazione famosissima, si trova in Italia, a Venezia, presso le gallerie dell'Accademia. E' uno dei disegni più conosciuti di Leonardo, l'uomo vitruviano. Un disegno a punta metallica ripassato a penna e inchiostro che si trova nelle gallerie dell'Accademia a Venezia.
Fu realizzato nel 1490 circa, in un periodo in cui Leonardo studia l'anatomia. E' un gioiello di 34 cm x 24, nel quale Leonardo inscrive l'uomo in un cerchio e in un quadrato, conferendo così movimento alla figura. In realtà si tratta di due posizioni sovrapposte dello stesso corpo maschile per dimostrare come queste posizioni, inserendosi nelle due figure geometriche, rivelino i rapporti tra le varie parti dell'anatomia. Nel disegno il busto entra infatti quattro volte nell'altezza, la testa otto e il volto dieci.
L'altezza della figura intera è pari all'apertura delle braccia. Leonardo afferma di aver risolto il problema Il problema della quadratura del cerchio, che viene da lui considerato un poligono di n lati, di un numero cioè infinito di lati. Dietro il disegno non c'è soltanto un intento scientifico, ma anche un intento filosofico.
L'uomo è collocato al centro di tutto, perfettamente misurabile nelle sue proporzioni, e come tale diventa misura di tutte le cose. SIGLA Leonardo da Vinci scriveva i suoi appunti su dei tacquini, tanti piccoli tacquini, in un certo senso, concettualmente erano identici a quelli che trovate oggi nelle cartolerie, quelli con l'elastico, neri. però scriveva come si sa da destra verso sinistra perché era mancino, quindi per riuscire a leggere bisogna usare uno specchio, è difficile a meno che uno non abbia un allenamento riuscire a leggere.
la scrittura di Leonardo, come mai era mancino? Ma tutto questo era frutto un po' dell'educazione che aveva ricevuto, era un figlio illegittimo, suo papà lo aveva praticamente abbandonato, si faceva vedere solo di lato, sua mamma si era dovuta risposare e lui viveva con il nonno assieme al prete, andava a volte dai suoi fratellastri, sorellastri, insomma aveva un'educazione libera, in campagna, ecco perché... non è stato corretto, era mancino ma all'epoca la mano sinistra era considerata un po' la mano del diavolo, quindi diciamo di solito si obbligava un mancino a scrivere poi con la destra, cosa che a lui non è avvenuta. Però su questi tacquini voi vedete degli studi tecnici, scientifici, macchinari, geometrie eccetera, ma in realtà a volte emerge un lato molto umano di Leonardo. Per esempio, quando si trovava in Francia a Le Clos du Cé, e Francesco I gli aveva dato un castellotto, un palazzotto nel quale vivere, e lui faceva questi studi in continuazione, e c'era insieme a lui un cameriere, un maggiordomo, e una governante, Maturin.
Allora immaginate, Leonardo che sta scrivendo, facendo questi studi complicati, e la governante che lo chiama, perché la minestra è sulla tavola, e quindi lo aspetta, lo chiama in continuazione, lui sta continuando, e si legge proprio in uno di questi studi di geometria molto comune. complicati e si legge alla fine che lui lo completa così, dice eccetera, eccetera, altrimenti la minestra si fredda. Purtroppo lui morirà appunto un anno dopo, ma ci sono tante, tante indicazioni, tante informazioni su quest'uomo, sulla sua testa, sul suo cervello, sul suo modo di ragionare racchiusi dentro questi manoscritti, ci sono tutti. Purtroppo dopo la sua morte, questi manoscritti. scritti, i tacquini sono stati raccolti, lo sappiamo, dal Melzi, suo allievo prediletto, ma alla morte del Melzi tutto è andato disperso.
Pensate quante opere di Leonardo sono andate distrutte, quante opere sono finite magari in un allagamento di una cantina e quindi sono state buttate via alcune bruciate, chissà che è successo. Possono riemergere ancora? Probabilmente sì, proprio recentemente nel 1966 sono riuscite a riemergere ancora. Sono stati scoperti dei manoscritti di Leonardo da Vinci e chissà magari in futuro, magari tra poco, tra breve, se ne scopriranno di nuovi. Nel 2013, sulle note di Space Oddity di David Bowie, l'astronauta canadese e il colonnello Chris Hadfield registra un video nel suo ultimo giorno di missione nello spazio, dopo 146 giorni di permanenza nella Stazione Spaziale Internazionale.
Volare Uno dei più grandi sogni dell'umanità, iniziato intorno al 500, proprio grazie all'idea di Leonardo da Vinci, che nel volo, vedeva la massima aspirazione dell'uomo. Il 6 agosto del 2012, alle 7.31 ora italiana, la sonda Curiosity raggiunge il pianeta Marte. L'atterraggio sul pianeta rossa è un'esperienza di un'epoca in cui la sonda Curiosity è iniziata a rivolgere la sonda. è accompagnato da una grande esplosione di gioia.
All'interno del rover, un microchip contenente l'autoritratto di Leonardo e il facsimile del famoso codice sul volo degli uccelli. Nonostante la sua terbida fantasia, Leonardo non avrebbe mai potuto immaginare di compiere un viaggio verso un altro pianeta, ma dobbiamo proprio lui la stesura del primo approccio scientifico al problema del volo. Il codice sul volo degli uccelli era originariamente composto da 18 carte, oggi ne conserva 17, ovvero 34 pagine, piene di note, intuizioni, disegni e sogni di Leonardo, i primordi dei principi dell'aerodinamica. Dopo anni trascorsi allo studio e all'osservazione della natura, Leonardo era certo di aver compreso i più piccoli segreti del volo degli uccelli, il loro volteggiare, i movimenti rapidi e nervosi delle loro ali. Gli interessi di Leonardo non erano però solo sul volo.
Per lui era più importante l'invenzione che la realizzazione. Leonardo aveva l'abitudine di annotare sempre tutto quello che lo incuriosiva. La testimonianza dell'abbondanza di argomenti è evidenziata da più di 5.000 fogli, tra codici e disegni, nelle più importanti collezioni del mondo. La suddivisione attuale degli scritti non è sicuramente quella originale, infatti dopo la morte di Leonardo, la sua eredità passò all'allievo Francesco Melzi e in seguito i suoi discendenti vendettero gran parte dei manoscritti e disegni di Leonardo.
a Pompeo Leoni, artista italiano emigrato in Spagna, che riorganizzò gran parte del materiale vinciano. Pompeo Leoni separò i disegni artistici da quelli tecnologici, creando così due grandi raccolte. Il codice atlantico e la raccolta di Windsor.
Dal 1637 al 1796 una parte dei manoscritti venne portata nella biblioteca ambrosiana di Milano. In seguito Napoleone fece trafugare i vari manoscritti. Il codice del volo finì nella biblioteca dell'Institut de France a Parigi, ma il viaggio di questo codice non finì qui. A metà dell'Ottocento venne rubato da un italiano, il matematico e storico della scienza, Guglielmo Libri. Approfittando del suo titolo, il sovrintendente bibliotecario ebbe così accesso al prezioso materiale vinciano.
Ma Guglielmo Libri non si accontentò solo di consultare tutte quelle carte. Di nascosto iniziò a staccare i fogli dal codice con una tecnica particolare. Mise al centro del quaderno, come se fosse un segnalibro, un filo imbevuto di acido.
L'acido utilizzato con il passare delle ore avrebbe corroso il foglio, staccandolo dalla pagina. Il giorno seguente, Guglielmo Libri si recò di nuovo nella biblioteca. dell'Institut de France. Piano piano, con questa tecnica, riuscì a sottrarre diversi fogli del codice del volo senza lasciare nessuna traccia del furto. In seguito, il famoso matematico riuscì a vendere separatamente i fogli originali di Leonardo alle grandi case d'asta di Londra e Parigi.
Nel 1848 Guglielmo Libri venne scoperto e denunciato. Dopo essere passati per vari acquirenti, i fogli finirono nelle mani di un aristocratico russo, Teodoro Sabashnikov, che riuscì a ricomporre il codice con i fogli mancanti, che donò al re Umberto I. Dal 1893 Il codice del volo si trova nella biblioteca reale di Torino. Tutte le intuizioni di Leonardo, in buona parte, sono rimaste essenzialmente come progetti. Ma nel corso delle generazioni molti hanno provato a realizzare le macchine che Leonardo aveva immaginato.
Ne sono tanti, musei in Italia e nel mondo, che espongono queste macchine di legno, molto spesso spettacolari. Ora, qui a Vinci c'è certamente uno dei più suggestivi musei su Leonardo e anche sulla sua immaginazione. e si trova qui all'interno del castello dei Contiglioni. All'interno di queste antiche mura sono custoditi gli antichi pensieri di Leonardo, per così dire, sotto forma di vari modelli e ricostruzioni. È davvero un percorso...
affascinante nel passato e nella mente di Leonardo, allora ecco i modelli che sono stati costruiti sulla base dei suoi disegni. Questa per esempio è una scala per assaltare le fortezze nemiche, ricordo un po' quella dei pompieri. E lungo questi pioli, questa era l'idea di Leonardo, potevano salire contemporaneamente due schiere di soldati che arrivavano a valanga, per così dire, sulle mura nemiche.
Naturalmente c'erano anche le bocche da fuoco. La sua intuizione è stata quella di poter fare una bocca da fuoco con la possibilità di alzare il tiro, cioè di modificare il tiro a seconda delle esigenze. All'epoca l'artiglieria non era così sofisticata come la nostra.
delle invenzioni belliche più famose, il carro armato, anche se sembra quasi un'antenata di una caffettiera, in realtà, lo sappiamo, era un'idea di Leonardo, un'idea antica, perché già in antichità, per esempio in Mesopotamia, fino ad allora, c'erano dei carri con delle ruote, carri coperti, simili a piccole fortezze che assaltavano le città nemiche, ma qui il concetto è diverso, è più raffinato, perché ci sono, vedete, una corona di bocche da fuoco. E il tutto si poteva muovere grazie a una serie di ingranaggi, di manovelle che venivano girate all'interno e che permettevano a queste ruote, tra l'altro dentate, di poter muoversi. Certo c'è un piccolo problema, nel passare dal progetto alla realizzazione ci si è accorti che i meccanismi non consentono alle ruote di muoversi bene, anzi si bloccano praticamente, però questa era solo un'idea.
di Leonardo poi da sviluppare come un'altra idea era questa un pezzo d'artiglieria con 10 bocche da fuoco praticamente ci sono se volete 10 cannoncini o bocche da fuoco in un solo pezzo e questo per fermare un'intera schiera di soldati nemici che erano all'assalto con un solo pezzo insomma voi vedete qui anche se per la morte, per la distruzione, tutta la creatività. creatività di Leonardo e lui questi progetti li aveva fatti perché arrivando, come si sa, alla corte di Ludovico Almoro voleva presentarsi non solo come un valido artista ma anche come un genio militare e lo si vede anche in altri pezzi, come per esempio questo ponte, questo è un ponte di rapida costruzione che i soldati potevano realizzare per superare un corso d'acqua. È un progetto davvero straordinario, un ponte a una sola campata.
Naturalmente noi conosciamo Leonardo soprattutto o anche per i suoi studi sul volo e qui in questo museo sono custoditi, si possono vedere tanti modelli estremamente interessanti che ci fanno vedere letteralmente il suo modo di ragionare, per esempio Studiava anche l'aria da dover attraversare con i suoi mezzi volanti. E allora ecco un sistema per misurare la velocità del vento che si incanala attraverso questi imbuti e fa girare queste lamelle. Oppure con questo sistema. Sistema molto semplice, si riesce a capire la potenza di un vento perché questa lamella si muove e vedete a seconda delle tacche che raggiunge permette di... di capire l'intensità del vento in una giornata.
E per l'umidità voi come fareste? Ecco, guardate, lui ha messo su un sistema estremamente semplice, una bilancia molto sensibile, da una parte un peso stabilito, e dall'altro un materiale che assorbe l'umidità, che è sensibile all'umidità, insomma che si trasforma in una specie di spugna, e chiaramente in una giornata umida diventa molto più carico d'acqua, e quindi la bilancia incomincia a pesare più dal suo lato. Sistemi semplici, ma era un problema. un periodo assolutamente pionieristico degli studi sul volo. Allora, voi quando vedete i disegni di Leonardo con delle ali simili a quelle del pipistrello, è la sua prima fase, sono gli inizi degli studi sul volo.
Cercava di imitare il battito delle ali degli uccelli. E allora ecco dei modelli che sembrano delle mani articolate, ricordano un po' le di un pipistrello, oppure strumenti, mezzi simili a dei vogatori. Un uomo doveva spingere delle leve e faceva battere queste ali, ma poi capì ben presto che l'approccio migliore era quello del volo planato.
E allora trovò molte soluzioni, diciamo sono quelle che oggi permettono a un uomo, gli stessi principi, di volare in libertà estrema con un agliante, con un deltaplano, con un parapendio. Appendio. Naturalmente i suoi studi coprivano campi vastissimi e qui ne abbiamo Abbiamo un'idea in questo museo.
Tante pulegge e girelle permettono a un peso enorme di essere sollevato con un minimo sforzo. Oppure l'attrito viene ridotto con una serie di cuscinetti a sfere. Qui si capisce davvero la sua mente, come era aperta a 360 gradi. Leonardo studiò anche dei sistemi efficaci per muoversi sull'acqua, non solo nell'aria.
Ora, guardate questi modelli. Questo sembra quasi uno scafo con delle ruote per una specie di imbarcazione anfibia. Non è di Leonardo, è di Francesco Di Giorgio Martini, un ingegnere, architetto, pittore.
E quest'altro invece è la riproduzione di un disegno, più o meno della prima metà del Cinquecento, che mostra l'invenzione di un altro uomo, rimasto anonimo, un'imbarcazione con delle pale che si muovevano grazie all'azione del vento e che poi mettevano in funzione delle altre pale che prendevano l'acqua e quindi permettevano a questa imbarcazione di muoversi. Non si tratta di Leonardo, questo significa che nella sua epoca c'erano altri Leonardi, o meglio dei Leonardeschi, capaci di inventare come lui, solo che lui è stato quello più geniale. Guardate, questa è la sua soluzione per un'imbarcazione con delle pale mosse da un sistema di leve e poi naturalmente fece di più, fece per esempio dei progetti su questo sistema che funzionava per sezionare dei tronchi semplicemente con degli ingranaggi mossi da un torrente, da un corso d'acqua.
Ma lui non studiò solo i sistemi per muoversi sull'acqua, studiò anche dei sistemi che potessero permettere all'uomo di esplorare quello che era sotto l'acqua. Quindi inventò varie soluzioni. Il palombaro per così dire.
si vedono anche delle mani palmate, dei sistemi per muoversi sott'acqua o anche sul pelo dell'acqua. E lui non fu il primo in questo, neanche l'unico, ma certamente fu l'unico a studiare dei sistemi efficaci per combattere la pressione che c'è sott'acqua, quindi il palombaro fondamentalmente nasce con lui. La Gioconda La Umbra L'autoritratto, l'uomo vitruviano, la vergine delle rocce, sono tante le opere famose di Leonardo. Tra le più note c'è anche il Cenacolo al quale l'artista lavora per tre anni a partire dal 1495, prendendo appunti, disegnando schizzi, studiando la fisionomia delle persone incontrate per strada.
Un'opera che ha ispirato gli artisti di tutti i tempi. Qui vediamo una splendida installazione firmata Peter Greenaway. La composizione del Cenacolo è in pratica un racconto.
Cosa avviene nel momento in cui Gesù pronuncia la frase «In verità vi dico che uno di voi mi tradirà». Ed ecco Pietro, che impugna il coltello pronto a difendere il Maestro. Giuda, che in mano ha il sacchetto con i 30 denari del tradimento.
Andrea alza le mani quasi a dire, sono innocente. Sono le mani a parlare. Ma se è vero che è una delle opere più celebre del mondo, il Cenacolo di Leonardo, è anche una delle più fragili. Ecco perché da anni viene sottoposto a un continuo controllo del microclima interno.
Dal maggio del 1999, da quando cioè il refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano, che ospita il capolavoro di Leonardo, è stato riaperto dopo il restauro, 48 sensori collegati a una centrale di rilevamento garantiscono la qualità dell'aria che respirano Gesù e i suoi apostoli. Siamo al di là del muro, dietro il dipinto. I dati inviati dai sensori arrivano qui e vengono elaborati da queste centraline, attive 24 ore su 24. In questo dietro le quinte colpisce la rete di possenti travi metalliche che letteralmente sorregge la parete del cenacolo, vecchia di 500 anni, che purtroppo presenta notevoli problemi di staticità.
All'interno della sala, luci fredde e un sistema di trattamento e filtraggio dell'aria evitano gli sbalzi di calore e soprattutto mantengono costante il tasso di umidità, micidiale per il dipinto. Ma la sorpresa è un'altra. L'aria immessa nel refettorio è purissima, purificata rispetto all'esterno del 99,95%, meglio che in alta montagna. Il Cenacolo è forse il museo più importante del Nord Italia, visitato da centinaia di migliaia di persone ogni anno. Per impedire che il dipinto entri in contatto con l'atmosfera esterna, la sala è stata isolata, creando un percorso obbligato per i visitatori, attraverso zone filtro, dotate di porte che si aprono e si chiudono in successione.
L'afflusso è rigidamente scaglionato. Gruppi di 30 persone possono ammirare il cenacolo a distanza di 15 minuti l'uno dall'altro. Sopra le loro teste, l'impianto di filtraggio lavora silenziosamente.
Filtri chimici e a carboni attivi filtrano 4000 metri cubi d'aria all'ora, 24 ore su 24, immettendo aria depurata nell'ambiente attraverso discrete bocchette di areazione. In basso altre bocchette aspirano l'aria carica di agenti inquinanti, mentre sul pavimento speciali tappeti antipolvere trattengono la polvere presente sulle scarpe. Ma i visitatori non sembrano risentire di tante cautele e limitazioni.
La grande sala silenziosa, le luci basse, tutto concorre a rendere speciale l'incontro con il capolavoro di Leonardo. Leonardo da Vinci ha dipinto un solo ritratto a olio, con un volto maschile, quello di un musico, ma in realtà è un'altra cosa. ha realizzato tanti ritratti diciamo sotto forma di schizzi di disegni che si trovano nei suoi codici ma ce n'è uno molto famoso che è entrato nella storia e non solo nella storia dell'arte ma quasi del pensiero razionale dell'umanità è il suo famosissimo autoritratto che si trova qui nella biblioteca reale di torino Ecco questo capolavoro. Fa davvero una certa emozione trovarsi così vicini a un capolavoro assoluto della storia dell'umanità.
Vedete, è piccolino tutto sommato, 22 cm x 33 cm. E si trova all'interno di questa teca... ad atmosfera controllata.
Praticamente si mantengono delle condizioni costanti di temperatura e umidità, 55% di umidità, 20°C. E questo perché ovviamente è un foglio di carta. che ha 500 anni e tra l'altro ha sofferto in questo lungo viaggio nel tempo, lo si può capire da queste macchie che vedete, si chiama foxing, questo processo di alterazione, praticamente si tratta di un'ossidazione, un po' macchia di leopardo, che però è stata bloccata, diciamo che si danni con l'ultimo restauro del 98 e questo invecchiamento, se volete, è stato quantomeno fermato, però certo bisogna usare tutte le precauzioni, anche noi stiamo usando delle luci fredde, proprio per non alterare minimamente l'impatto moderno su quest'opera così antica. Allora, guardate bene questo capolavoro, rappresenta un Leonardo molto vecchio, Leonardo qui a noi sembra quasi un centenario, ma in realtà, pensate, è stato fatto all'incirca 4 anni prima della sua morte, aveva più o meno 62 anni, 63 forse, ma proviamo a concentrarci di più su questo. questo autoritratto.
Se andiamo dall'esterno verso l'interno troviamo una grande barba fatta finemente con dei colpi molto sapienti, in effetti pensate, Leonardo questo autoritratto l'ha fatto di getto, non è stato come una delle sue opere che continuava a ritoccare, l'ha fatta in un attimo o perlomeno in un solo momento e ha usato, questa è una specie di bastoncino e un di un minerale ferroso, rossastro, infatti si dice le matite, in pratica questo è un disegno a sanguigna, come viene chiamato. Guardate queste grandi sopracciglia, cominciamo ad avvicinarci, queste labbra molto ben descritte, tra l'altro il labbro superiore è abbastanza vicino al naso, qualcuno ha detto che forse aveva già perso dei denti, quindi aveva l'aspetto già da persona anziana, però guardate, avviciniamoci sempre di più agli occhi, si scopre che Leonardo, proprio si scopre lo stesso, lo si sa, Leonardo aveva degli occhi chiari, era uno sguardo intenso, malgrado queste sopracciglia questo sguardo riemerge dal tempo e la cosa che colpisce è che effettivamente tutto questo corrisponde a quello che si diceva alla sua epoca di lui, cioè fin da quando era giovane era un bellissimo uomo con i capelli lunghi fino al petto e con questo sguardo penetrante, rassicurante, uno sguardo vivo che non ha perso in età avanzata. conserva tutta la sua curiosità sul mondo.
Alcuni hanno detto che aveva già la cataratta, è possibile, è la sua età, però certamente è un ritratto che più che un disegno sembra quasi una foto di quello che era Leonardo realmente. Ma qual è la storia di questo autoritratto? Ebbene, Leonardo lo ha realizzato poco prima della sua morte, pochi anni prima, diciamo in un periodo dopo il quale è stato anche anche colpito da un ictus che aveva paralizzato il suo lato destro, ma lui era mancino, quindi bene o male aveva superato fino a un certo punto questo problema, però certamente la sua produzione si era arrestata.
E poi cos'è successo a questo autoritratto una volta che Leonardo è morto? Questo autoritratto è stato preso dal suo allievo prediletto, Francesco Melzi è portato in Italia, insieme a tanti altri documenti. Melzi aveva creato un'azienda una specie di scrigno, una specie di grande archivio su Leonardo e lo aveva conservato gelosamente finché era in vita, poi quando è morto i suoi eredi hanno progressivamente disperso tutto, è stato un patrimonio che è scomparso, è andato a destra e a sinistra e anche questo autoritratto ha subito questa sorte, non si sa più niente di questo autoritratto per generazioni, fino a quando all'inizio dell'Ottocento viene copiato e rappresentato. rappresentato, riprodotto in una pubblicazione a Milano, sparisce nuovamente e nel 1839 viene acquistato dal re Carlo Alberto, proprio qui a Torino, è una lunga trattativa, alla fine Carlo Alberto prende non solo questo autoritrato ma anche... dei disegni, delle opere di Michelangelo, di Raffaello e in blocco il tutto viene acquistato per una cifra di 50.000 lire piemontesi.
Quanto potevano rappresentare oggi? Beh, considerate che più o meno rappresentavano 200 anni di stipendio di un maestro all'epoca. Ma oggi quanto vale questo capolavoro? Non ha valore ovviamente, non ha un prezzo di mercato, perché non è da vendere, è quasi un simbolo della nostra umanità.
quello che possiamo dire però è un dato monetario abbastanza fisso e cioè l'assicurazione che viene fatta ogni volta che lo si sposta. Naturalmente sono cifre che cambiano col passare degli anni e soprattutto aumentano, ma diciamo così che l'ultima volta che è stato portato da Torino a Roma l'assicurazione era di 50 milioni di euro. Ma lo potete capire, è una cifra assolutamente simbolica, tecnica diremmo noi, l'assicurazione. In realtà non ha valore perché questo ritratto Il ritratto rappresenta un uomo certo, ma anche un modo di vivere. di pensare, qui è intrappolato in questo sguardo l'uomo che indaga su se stesso, sul pianeta e anche cerca di scoprire la sua essenza, questo è quello che ci dice con i suoi occhi l'autoritratto di Leonardo.
Nel 1503 Leonardo lascia Milano perché chiamato a Firenze dalla Signoria. L'incarico era prestigioso. Si trattava di realizzare un grande dipinto murale nel salone del Gran Consiglio, oggi salone dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio. Era stato chiamato contemporaneamente anche Michelangelo. I rapporti tra i due grandi artisti non saranno mai cordiali.
A contrapporli era anche la diversità profonda del loro modo di vivere. Elegante e gaudente quello di Leonardo, severo e parsimonioso quello di Michelangelo. Campo del confronto, due grandi spazi nella parete più lunga della sala.
A disposizione 7 metri di altezza per 17 di larghezza, sui quali i due artisti dovevano celebrare due battaglie famose dalle quali i fiorentini erano usciti vittoriosi. Michelangelo, la battaglia di Cascina contro i Pisani. Leonardo, la battaglia di Anghiari contro i Milanese.
Ma se la prima non vide mai la luce perché Michelangelo fu chiamato a Roma da Giulio II per dipingere la Sistina, la seconda ebbe vita breve a causa della tecnica scelta da Leonardo, il quale opta per una tecnica, l'encausto. che fissa i colori mescolati con cera e olio grazie all'impiego di una fonte di calore. Dopo un anno di lavoro, solo la parte centrale dell'opera è finita, ma viene subito danneggiata perché risulta eccessivo il calore usato per sciogliere la cera e l'olio. Anche se danneggiata, la battaglia di Anghiari rimase visibile a Palazzo Vecchio per circa 50 anni. La conosciamo grazie a dei disegni preparatori di Leonardo e ad alcune copie, tra le quali famose, sono quella di Rubens e la tavola d'Olia.
L'opera di Leonardo sparisce quando Cosimo I chiede a Giorgio Vasari di ristrutturare la sala. Vasari realizza una piccola rivoluzione. Accorcia la lunghezza e innalza il soffitto, decorandolo a cassettoni dorati.
fine ha fatto la battaglia di Anghiari. Vasari ammirava molto Leonardo ed è difficile pensare che l'abbia distrutta. La storia si tinge di giallo e gli esperti si interrogano su quanto possa essere accaduto. Una delle ipotesi è che Vasari davanti alla battaglia di Anghiari potrebbe aver creato una controparete che poi ha affrescato.
Se le cose stanno così, l'opera di Leonardo deve essere ancora nascosta dietro un affresco di Vasari. Ma dove? Un indizio, secondo alcuni, potrebbe essere la scritta «Cerca trova» che si trova su un vessillo raffigurato dal Vasari nell'affresco dedicato alla battaglia di Scannagallo. L'opera di Leonardo, dunque, potrebbe trovarsi proprio dietro quell'affresco.
Ma altri fanno notare che il motto cerca prova era quello di un condottiero coinvolto nello scontro che non si tratta dunque di un indizio oppure si tratta proprio di un indizio camuffato da coincidenza a distanza di cinque secoli il giallo continua leonardo ha viaggiato molto durante la sua vita diciamo con delle distanze compatibili Nella sua epoca non esistevano certo degli aerei, da Vinci è andato a Firenze e poi da Firenze a Milano, Venezia, Mantua, Bologna, Firenze, poi Urbino, Firenze e poi di nuovo Milano, Roma, Napoli, fino a quando Francesco I, l'imperatore francese, lo ha richiamato a Anboise. ma in effetti i suoi viaggi erano per così dire dei viaggi di lavoro, andava là dove i potenti lo richiedevano. La cosa curiosa è che anche le sue opere dopo... dopo la morte appunto di Leonardo, hanno viaggiato. Un esempio?
Guardate cosa è capitato alla Gioconda prima di arrivare a Louvre. Come una diva sul red carpet, ogni giorno la Gioconda a Louvre è circondata da stuoli di ammiratori. E come una vera diva, ha viaggiato molto, scortata da schiere di bodyguard. Ma quali viaggi ha compiuto nel corso degli anni? Francia 1519. Dopo la morte di Leonardo, la Gioconda diventa parte delle collezioni reali d'Oltralpe e nel 1540 viene collocata nel castello di Fontainebleau, alle porte di Parigi.
Più di un secolo dopo, tra il 1682 e il 1695, per Mona Lisa si aprono invece le porte della Petite Galerie du Roi, della reggia di Versailles, dove Luigi XIV, il re sole, si era trasferito con tutta la corte. E qui rimarrà fino al 1760, quando il marchese Di Marigny, conservatore della collezione reale, la volle con sé nel proprio ufficio. Allo scoppio della rivoluzione, con il crollo della monarchia, le opere d'arte diventano patrimonio della nazione e un ex pittore di corte convertito alla rivoluzione, Jean-Honoré Fragonard, organizza il trasferimento della Gioconda da Versailles a Lugre. Nel 1800 è l'occhio di Napoleone a rimanere ammaliato dall'opera di Napoleone.
di Leonardo. Buonaparte la requisisce e se la fa recapitare infatti al palazzo delle Tuieri nella sua camera da letto. La Gioconda diventa così muta testimone delle imprese notturne di Napoleone e persino del suo russare. Nel 1804 Napoleone diventa imperatore e restituisce l'opera a Louvre per farla ammirare finalmente da tutti. Ma i viaggi non sono finiti.
Dopo l'avventuroso spostamento in Italia per il furto del 1911? la Gioconda lascia altre tre volte il Louvre. Durante la Seconda Guerra Mondiale il governo, per salvaguardare i tesori del museo, li mette a sicuro portandoli lontano da Parigi. Così la Gioconda viene trasferita in tre luoghi diversi.
Il castello di Amboise prima, poi l'abazia di Loc Dieu nei Midi-Pirenei e infine il museo di Angre a Montauban, nella stessa regione. tornata a Louvre nel 1962 André Malraux ministro della cultura del al governo De Gaulle, la spedì via mare in America. Prima a Washington e poi a New York, la gioconda viene ammirata da John Kennedy e da sua moglie Jacqueline. Come riportato dal giornale New Yorker, da più di un milione e mezzo di persone chebbero non più di quattro secondi a testa per darle una sbirciata. Nel 1974 prende invece l'aereo per un lungo viaggio e atterra in Giappone, dove subisce anche un attentato, non certo il primo.
Una donna infatti lanciò vernice rossa verso il quadro, fortunatamente senza fare centro. Seguendo le orme della Gioconda siamo ritornati qui a Louvre e la Gioconda è lì alle mie spalle, protetta da una teca a prova di proiettile, si tratta di tre strati di vetro e all'interno c'è un atmosferico L'atmosfera è una temperatura controllata, siamo a 20 gradi e a 52% di umidità, sono dei dati costanti, insomma si cerca di tutelarla, preservarla in tutti i modi, ma fino a recentemente non era così. Per esempio un secolo fa, e sono pochi i confronti, 100 anni rispetto ai 500 che ha, l'avreste vista appesa ai muri assieme agli altri quadri, non protetta, anzi anonima.
Nessuno veramente si fermava o la considerava il più bel quadro del mondo, il più bel sorriso del mondo. Infatti è successo qualcosa che l'ha trasformata in un capolavoro dell'umanità riconosciuto da tutti. Sapete cos'è stato?
Un furto. Parigi, sono le 7 di mattina del 21 agosto 1911. Un uomo si aggira tra le sale deserte del Louvre. È lunedì, giorno di chiusura. L'uomo si chiama Vincenzo Perugia. Trent'anni, un emigrato italiano che lavora nel reparto pulizia e manutenzione del Louvre.
Arrivato al Salon Carré, dove sono raccolti i capolavori dell'arte italiana, l'uomo si ferma, stacca un quadro dalla parete e va via. Comincia così la storia del furto della Gioconda, l'opera di Leonardo da Vinci diventata, anche a causa di questa vicenda, il quadro più famoso del mondo. Mentre si allontana dal luogo del furto, il ladro libera il dipinto dalla cornice e dal vetro e lo nasconde sotto la giacca finalmente a casa nasconde la gioconda e torna al lavoro nessuno si accorge del furto fino al giorno dopo le porte del museo vengono sbarrate i visitatori perquisiti tutto il personale è sottoposto a interrogatorio anche perugia la cui abitazione viene perquisita ma la gioconda non si trova è ben nascosta in uno spazio ricavato apposta sotto il tavolo. La sparizione del capolavoro di Leonardo fa scalpore.
Titoli di giornali, vignette... Viene lanciato un appello a tutta Parigi con la promessa di 25.000 franchi di ricompensa per chi fornirà informazioni utili. Si setacciano gli ambienti dell'avanguardia artistica. Vengono sospettati e arrestati Pablo Picasso e il poeta Guillaume Apollinaire.
Nella loro foga adolescenziale... avevano dichiarato che i musei dell'arte passata andavano messi a ferro e fuoco. Ma non c'è nulla contro di loro e presto tornano in libertà.
Intanto la parete del Louvre mostra il vuoto rimasto dove prima sorrideva la Gioconda. Perugia tiene il quadro nascosto nel suo appartamento per due anni. Nel 1913 scrive a un mercante d'arte fiorentino, Alfredo Geri. Gli propone di acquistare l'opera per 5.500 lire, poco più di 20.000 euro attuali. Ricevuto un assenso di massima, il ladro della Gioconda prende il treno per Firenze e incontra Geri in un albergo.
Ma Geri, vista l'opera, contatta la polizia e Perugia viene arrestato. Grazie alla dichiarazione di infermità mentale se la... la caverà con una condanna a soli sette mesi di prigione.
Durante il processo c'è chi lo considera un eroe nazionale dal momento che Perugia dichiara di aver compiuto il furto per riportare in Italia un'opera trafugata da Napoleone. Ma in realtà la Gioconda era stata portata in Francia dallo stesso Leonardo ed era sempre stata in territorio francese. C'è invece chi fa notare che il furto ha riguardato la Gioconda soltanto perché era il quadro più facile da rubare.
Era appesa in basso, a portata di mano e, a differenza di altre opere di grandi dimensioni, poteva essere nascosta sotto la giacca. Questo furto ha certamente aiutato a diventare... Così famoso questo quadro, è lì che nasce per così dire un po' la leggenda della Gioconda, però bisogna dire che prima del furto, sul finire dell'Ottocento, la Gioconda era diventata già allora una specie di sex symbol, un po' come le...
è stato poi Merlin Monroe negli anni Sessanta. In effetti, per la mente degli uomini di fine Ottocento, quel suo sguardo ammiccante e languido aveva acceso molte fantasie. Proprio per questo, dopo il furto, sono stati in tanti a cercare di abbattere questo simbolo dell'Ottocento, del passato, diciamo così, in modo goliardico.
Imitata e riprodotta nelle più svariate forme, è un'autentica fonte di ispirazione per tutti i creativi che l'hanno omaggiata, oppure sottoposta allo sberleffo. E fra loro, i più audaci sono stati proprio gli illustri colleghi di Leonardo. Marcel Duchamp la dipinge con baffetto e pizzetto e se Andy Warhol la celebra nei suoi impianti serigrafici Basquiat la dissacra trasformando l'icona rinascimentale in un androgine Oltraggio o semplice humor? Tutti e due probabilmente ma quando Mona Lisa è presa di mira la fantasia non sembra mai esaurirsi Io sono unica A questo punto del programma rimane una domanda che ancora non ha una risposta.
Chi è la donna del ritratto? Se non è la moglie di Francesco del Giocondo, Lisa Gerardini, chi può essere questa donna che milioni di visitatori fotografano ogni anno? Ebbene, è stata avanzata un'ipotesi dal professor Carlo Pedretti, addirittura nel mese di domenica. 1957 che è molto suggestiva e convincente, tra l'altro è anche stata avvallata da molti altri studiosi e confermata da delle ricerche d'archivio urbino dal professor Zappelli. Leonardo è in Francia, ospite del re Francesco I a Clorussè, vicino al castello di Amboise, quando riceve la visita del cardinale Luigi da Ragona.
Il suo segretario personale, Antonio De Beatis, annota nel diario. In uno di questi paesi, il signore che io servivo andò a incontrare Messer Leonardo da Vinci, fiorentino, vecchio più di 70 anni, eccellente pittore della nostra epoca. Questi gli mostrò tre quadri, uno di una certa donna fiorentina ritratta dal vero su richiesta del magnifico Giuliano de' Medici, l'altro San Giovanni Battista giovane e uno con la Madonna e il figliolo posti in grembo a Sant'Anna, tutti perfettissimi. De Beatis parla di un Leonardo più che settantenne, quando invece l'artista ne aveva 65, ma non è questo il punto.
La cosa singolare è che la gioconda che Leonardo aveva portato con sé in Francia risulta commissionata da Giuliano de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, diventato duca di Nemur. Lo stesso Giuliano che era stato protettore di Leonardo nel periodo romano fra il 1513 e il 1515. Come mai è stato proprio Giuliano De Medici a commissionare il quadro? Beh, è una storia molto interessante. Giuliano De Medici era appunto uno dei tre figli di Lorenzo il Magnifico. Era un uomo giovane.
amante della vita, delle donne, delle feste, amante dell'arte. E ad un certo punto si trova ospite a Urbino, alla corte di Urbino, e lì intreccia una liaison, una storia d'amore con una donna, una donna di coro. forte, pacifica Brandani. E da questa relazione nasce un bambino, un bambino però in un modo drammatico, perché lei muore di parto.
Questo bambino è nato, intanto Giuliano se n'è andato via, dove viene messo questo bambino? In un orfanotrofio. Giuliano lo viene a sapere. Ha qualche dubbio che possa essere suo figlio, perché come lui stesso disse c'era un altro uomo Messer Ventura che era un suo...
concorrente nella pratica della nobildonna. Però alla fine lui riconosce questo figlio. Nel frattempo Giuliano è venuto a Roma. Perché? Perché suo fratello è diventato papa, Leone X, e quindi lui va a Roma.
Avrà persino nominato comandante dell'esercito pontificio, una carica onorifica, lui non era certo un guerriero. Era un amante dell'arte, quindi ha fatto venire Leonardo a Roma e fa venire anche questo bambino, perché lo riconosce, gli ha dato un nome, Ippolito. Immaginate questa scena, arriva il bambino portato personalmente da Elisabetta Gonzaga, arriva con un vestitino di broccato, di seta e diventa presto un po' la mascotte di tutti, perché in fondo è il nipote del Papa, non è soltanto il figlio di Giuliano De Medici. E persino Raffaello lo dipinge.
Se voi andate nelle stanze di Raffaello, la stanza dell'incendio di Borgo, su un lato vedete la rappresentazione dell'incoronamento di Carlo Magno. Carlo Magno, pensate, è messo in secondo piano. In primo piano c'è questo bambino che vi guarda dall'aria molto dolce, lo sguardo serafico.
Insomma, era veramente la mascotte di tutti. Ed è proprio in quel momento che probabilmente il bambino chiede al padre della mamma. Dov'è la mamma? Il padre, tra l'altro, si deve sposare con un'altra donna. Ed è questo il momento, secondo un'ipotesi.
che Giuliano De Medici avrebbe chiesto a Leonardo da Vinci, presente a Roma, di realizzare un ritratto della mamma defunta, quindi di Pacifica Brandani, di questa donna di Urbino. Ma Leonardo la conosceva? Probabilmente sì, perché lui era stato a Urbino. La corte di Urbino non è immensa.
Questa donna c'era quando lui è passato. È probabile che lui l'abbia vista. E poi aveva la capacità di smontare i visi, i volti, un po' come si fa con i dentichit. Pensate, Leonardo andava a Urbino, andava in giro con dei tacquini con dei profili di 21 tipi diversi di naso, quindi bastava dare un numero e sapeva ricostruire i tipi di occhi, di naso, eccetera. Oppure se la ricordava molto bene e quindi avrebbe fatto questo quadro.
a memoria, rappresentando la Pacifica Brandani e quindi qui a Louvre non ci sarebbe Mona Lisa, Lisa Gerardini, ma ci sarebbe un'altra donna, appunto Pacifica Brandani, forse bisognerebbe chiamare questo quadro Mona Pacifica oppure la Medicea, la Brandani. Rimane a questo punto però una domanda, come mai se Giuliano De Medici ha commissionato un quadro a Leonardo, poi non l'ha poi preso questo quadro? Anche qui c'è un altro dramma, Giuliano muore, muore a...
appena un anno dopo, e quindi Leonardo si ritrova questo quadro che porta con sé e non finirà mai di correggerlo, di dipingerlo fino alla fine. Ecco perché alla fine questo quadro si trova qui in Francia. Davvero curioso il destino di questa famiglia nella storia dell'arte. Il padre è stato dipinto da Raffaello, il figlio è stato dipinto da Raffaello e la madre è stata dipinta da Leonardo da Vinci.
Non credo sia mai accaduto in tutta la storia. Come avete visto la Gioconda di enigmatico non ha soltanto il sorriso, ma si tratta di un vero e proprio giallo che abbiamo cercato questa sera in parte di risolvere, anche se bisogna sottolinearlo, si tratta comunque di un giallo. di ipotesi. Il nostro viaggio nel mondo di Leonardo e della Gioconda finisce qui.
Leonardo e la sua opera continuano a 500 anni di distanza ad affascinarci, a interessarci ed è qualcosa che accade soltanto con i grandi geni dell'umanità. Grazie per averci seguito, buonanotte. Fai fermo, fermo, fermo, fermo, fermo.
Sguagliere, via, lo progressionente è disperso. Guardate la camera!