Quello che ricordo e mi faceva molta rabbia è che molte persone pregavano. Una parte urlavano a destra, l'altra a sinistra. Erano queste due frasi. E non sapevamo che la sinistra significa camera a casa, a destra i lavori forzati.
E io sono capitata, che è normale, con mia madre a sinistra. E è incominciato il calvario eterno, indimenticabile e per sempre. Sono Edith Brooke, sono nata nel 1931 in un piccolo villaggio dell'Ungheria.
La povertà è stata abbastanza pesante. direi molto pesante, però era la famiglia insieme. Comunque dal 42 è arrivata questa propaganda pazzesca, non contavamo più per niente e quando hanno bussato nel 44 dopo la Pasqua ebraica alla porta, i giandarmi e i fascisti ungheresi, vestemiando, insultando, offendendo, mio padre correva giù e su con motande lunghe cercando le medaglie, mia madre correva a vedere il pane, questo fascista ha buttato per terra le medaglie di mio padre, ha detto non valgono più niente, né queste e né tu, né la tua vita e ha dato uno scafo a mio padre.
È stata una cosa molto difficile da raccontare, dopodiché ci hanno cacciato di casa e ci hanno portato nel ghetto del capoluogo e nel ghetto del capoluogo ho visto il primo tedesco. Fascistamente ci hanno caricato nel vagone bestiame, ha scaraventato nel vagone un secchio e ridendo beffardamente ha detto buon viaggio ed era questo secchio per i nostri bisogni perché non c'era nulla eravamo tutti in piedi, almeno 80 persone nel vagone. Quello che ricordo è che mi faceva molta rabbia che molte persone pregavano.
Poi ricordo la nostra vicina, allattava un piccolo bambino e questo bambino... avevo un pianto che non ho mai sentito in vita mia. Come quando, non posso paragonare soltanto quanto per Natale, per esempio ammazzavano i maiali, accoltellavano i maiali e in tutti i paesi c'era questo urlo terribile dei maiali. Sentivi che è finito, finito. Però non immaginavi mai dove stai arrivando, come si chiama questo luogo, dove ti portano, perché non sapevamo assolutamente nulla.
nulla. E siamo arrivati a Osvecim, che era Auschwitz, ci hanno buttato giù. Una parte urlavano a destra, l'altra a sinistra, erano queste due frasi che hanno pronunciato i soldati e non sapevamo che la sinistra significa camera a casa, a destra i lavori forzati. E io sono capitata.
che è normale, con mia madre a sinistra. Il tedesco, l'ultimo tedesco a sinistra, si è inchinato verso di me, molto vicino, forse non voleva far sentire degli altri, e quindi ho detto... Vai a destra, vai a destra, vai a destra.
E io urlavo di no, mia madre urlava obbedisci, insomma è stata una scena inimmaginabile. Alla fine mia madre si è agginocchiata e ha supplicato il tedesco di lasciare la più piccola, l'ultima, dei tanti figli, l'ultima dei suoi tanti figli. E il tedesco ha tutto risposto.
Ha preso calcio del fucile e l'ha colpita. E lei è totalmente caduta per terra. Io ero aggrappata sempre alla sua carne completamente e lui mi ha colpito dietro l'orecchio e mi ha rotto questo finché non mi sono trovata a destra e a destra ho ritrovato mia sorella che aveva quattro anni più di me e ha incominciato il calvario eterno, indimenticabile e per sempre. Ad Auschwitz il pericolo maggiore era di essere selezionate, la fame più nera che si possa immaginare, il freddo, anche perché eravamo calve, con un paio di zoccoli ai piedi, nudi, e una palandrana grigia che pizzicava null'altro.
Dormivamo in questi letti a castello, due, Molte volte anche a tre ti capitava anche a dormire con un morto accanto, nel senso che morivano, morivano, proprio morivano di fame per non parlare delle donne che erano assolutamente... eccezionale nella loro difesa proprio di voler vivere, di lottare perché c'era una specie di traffico che qualcuno ha trovato un pezzo di carta nella quale una volta avvolgevano i... I fiori, per un'ombra di pane, compravano un pezzo piccolo così di carta. E prima della selezione si dipingevano le gote e così si sono salvati.
Dopo di che ci hanno spostato da Hau, le prime tre settimane io piangevo per mia madre e poi non avevo neanche lacrime, non avevo più, potevo neanche solo sentire la fame e il freddo, la fame e il freddo, dovevo alzare. sempre all'alba in quel freddo terribile e dovevi stare dritto finché un tedesco non veniva a contare. La mattina alle 5, pomeriggio alle 5, in quelle due occasioni potevi andare a fare... il problema lì era che metti che il numero 5 non c'era più perché due sono morti e se non c'erano 5 persone, tagliavano via le 3 persone rimaste e portavano al crematorio.
Lo chiamavano gli avanzi, perché era un quadrato di pane così, dovevi cedere la metà per comprare qualcuno che viene con te e magari gli altri sono rimasti in 4 o in 3. Voglio dire che era una cosa, però hai fatto tutto in qualche misura di salvare la tua vita. E in quel momento tu non pensi che gli altri rimangono in tre, nel senso che magari pagavano loro con la loro vita. Però per la fame puoi anche fare qualsiasi cosa.
Noi abbiamo mangiato delle cose che umanamente immaginabile, anche cacca di vacca secca, voglio dire, durante la marcia della morte. Da lì ci hanno spostato a Bergen-Belsen. A Bergen-Belsen siamo stati pochi mesi e improvvisamente ci hanno spostato a piedi a Kristianstad e durante questa marcia dell'amore.
che si chiama proprio così la beta ha morto per disseminavamo la morte 22 finestre sono aperte hanno buttato un pane e richiuso non richiuso la finestra in mente mente però non è rimasto mi è rimasta anche una briciola di questo pane perché siamo quasi ammazzati per avere un'ombra di questo pane durante la marcia avevo mangiato cacca secca di vacca, immondizia, buccia di patate, dirà tutto questo magro scarto ha durato cinque settimane la marcia e siamo rimasti alcune settimane a Kristianstad non c'era più un campo, era un... un castello con gli ufficiali che vedevamo da lontano e noi abbiamo dormito in una lunga stalla, tutti dentro sulla paglia e dopo alcune settimane su questa paglia hanno detto via Mars, torniamo, andiamo. Poi non sapevamo dove andare di nuovo.
E siamo ritrovati a Bergen-Belsen, ma nel campo degli uomini. Ed era quell'immagine che non dimenticherò mai, perché questo campo, con il cemento, era ricoperto letteralmente di cadaveri. uomini, totalmente. Hanno detto che danno la zuppa doppia, se noi abbiamo la forza di trascinare queste persone, è da trascinare in un grande tenda che si chiamava... tenda della morte, che era una specie di piramide immenso, piena di morti già.
Naturalmente io e mia sorella abbiamo detto di sì e due di queste persone che hanno balbettato l'ultima parola nella loro vita hanno detto, se sopravvivi racconta. Non crederanno. Racconta anche per noi, racconta.
Dopo questo lavoro naturalmente doppia zuppa non c'era, hanno anzi incaricato di portare dei giubbotti. Di nuovo abbiamo detto con mia sorella, con altre promesse di doppia zuppa, che noi siamo fotti, ce la facciamo. Dieci passi non ce la facevo più, io ho buttato per terra, dopo due minuti due tedeschi non potevano più camminare perché la neve era piena di questi giubbotti azzurri, hanno fatto hal, fermi, lui ha ripetuto due volte chi è cominciato silenzio la terza volta tirato fuori dalla fuori dalla pistola ha detto se non dite chi è cominciato io ammazzo ogni seconda persona e un certo punto ha fatto un passo avanti piccolo passo avanti piccolo non sono un'eroina non e lui ha capito subito mi ha avventato contro, mi ha spaccato dietro l'orecchio sono caduto pieno di sangue nella neve e mia sorella si è scagliato contro il tedesco, il tedesco è caduto, mia sorella ha corso verso di me mi ha abbracciato, ha detto diciamo l'ultima preghiera, eravamo nella neve insanguinata, abbracciate e vedevo il tedesco che viene con la pistola puntata finito tanto a vivere o morire uguale. Si è fermato, ha preso la pistola e l'ha messa nella fodera. Non capivo che succedeva, ho pensato che mi cavava gli occhi, mi tortura, mi taglia a pezzi.
Invece ha allungato la mano e mi ha aiutato ad alzare. E quando siamo arrivati a Bergen-Belsen è sparito, non l'ho mai più visto. Lascio la mia testimonianza, non credo che sia inutile, assolutamente. Mi rimproverebbe mia madre che non ho la sua fede, questo è sicuro. E io entrando nella sinagoga oggi, vedendo solo le lettere ebraiche oppure uno shawl di pieghi a piango, non riesco a sopportare il ricordo.
A mia madre direi che sono stata... Molto meglio di quello che lei immaginava. Se tu dovessi dire chi è Edith Brooke?
Chi è Edith Brooke? Sì, chi è Edith Brooke? Un essere umano, come si deve, che non sa odiare, se io potessi abbracciare il mondo.