Buon pomeriggio a tutti, grazie per questa accoglienza e questa presentazione e per la vostra presenza così numerosa. Un mio vecchio professore di psicoanalisi in università, uno tra gli psicoanalisti italiani più importanti della seconda metà del Novecento, piacentino di origini. e apparteneva a una famiglia contadina, Franco Fornari, diceva di Freud, con un tono che non può non evocare la sintesi del modo contadino di pensare, Freud è come il maiale, non si butta via niente.
E dovremmo partire da qui. Di Freud non si butta via niente, ogni pezzo, diciamo così, ha il suo sapore, la sua importanza. Lo sforzo che voglio fare con voi oggi, però, è quello di, come dire, offrirvi, secondo me, tre volti fondamentali, quelli che sono, a mio giudizio, i tre volti fondamentali dell'inconscio di Freud.
che appunto è, lo è stato ricordato, una invenzione. Freud non è cioè il Cristoforo Colombo del mondo psichico, non scopre un territorio che già esisteva, non nomina in modo nuovo qualcosa che, per esempio, la ragione filosofica occidentale già conosceva. Inventa l'inconscio. È come l'invenzione della scrittura, è come l'invenzione della ruota. Non c'era niente prima della scrittura e prima della ruota.
Allora, certo, si potrebbe facilmente, anche in un contesto filosofico come questo, sollevare un'obiezione, ma in fondo, da Platone fino a Nice, attraverso alcuni capisaldi fondamentali della storia del pensiero occidentale, penso a Spinoza, penso a Schopenhauer, ma insomma in questo arco da Platone, pensiamo alla suddivisione, alla tripartizione platonica dell'anima, fino diciamo così alla scomposizione della soggettività che troviamo in Nice, pensiamo al romanticismo, pensiamo allo Sturm und Drang, Beh, uno potrebbe dire, ma no, ma l'inconscio c'era già. Cioè l'idea che la coscienza, la ragione, non esaurisse, diciamo così, la dimensione della soggettività, era già presente da Platone appunto fino a Nietzsche attraverso le stazioni che ho così rapidamente evocato. Eh, ma quell'inconscio che c'era già non è l'inconscio di Freud.
Perché l'inconscio di cui parlano questi autori, ma potremmo aggiungerne molti altri, mi viene in mente in questo momento Dostoevsky per esempio, le memorie del sottosuolo. Ecco, tutti questi autori che ho citato descrivono l'inconscio come appunto il sottosuolo, come la dimensione della passione, dell'istintuale, dell'archetipico. dell'arcaico, dell'irrazionale, contrapposto alla coscienza, alla ragione. Ma appunto l'idea di Freud che non ci sia granché di sentimentale, di irrazionale, di demoniaco persino, di sulfureo nell'inconscio.
È tutto il contrario l'inconscio di Freud. L'inconscio di Freud frattura. e traumatizza radicalmente la ragione filosofica proprio perché introduce l'idea, pensate per esempio, questa idea che esista un pensiero che non sia dell'io, cioè che qualcosa pensa, e Lacan commentando questo passaggio dice, pensa sodo, cioè pensa intensamente, qualcosa pensa sodo, pensa intensamente, ma questo pensiero non è dell'io.
Quindi esisterebbero pensieri che ci appartengono, ma che non rientrano nella sfera della coscienza, non rientrano nella sfera dell'io. Come se noi fossimo di fronte a una sorta di divaricazione impensabile nella ragione filosofica tradizionale tra il cogito e l'essere. Non è più il cogito che fonda l'essere, ma per la psicoanalisi si produce una divaricazione tra il cogito e l'essere e l'inconscio è esattamente il nome di questa divaricazione.
Lo voglio dire con... faremo diversi esempi clinici perché la psicoanalisi non è una filosofia. I nostri maestri, parlo da psicoanalista, non sono i grandi filosofi.
Sono i nostri pazienti, sono i pazienti che hanno insegnato a Freud lo statuto dell'inconscio. Il vero magistero per uno psicoanalista si produce nella seduta, che è un po'il contrario di questo setting. La seduta è uno a uno, quindi c'è un'intimità, c'è una prossimità che la presenza di una moltitudine esclude.
Parlavo della divaricazione tra il cogito e l'essere, no? Non è più il cogito che fonda l'essere, ma piuttosto esiste un cogito che non dipende appunto dall'io e dunque si incrina l'identità tra il cogito e l'essere. Esempio clinico molto semplice. Arriva da me un padre di famiglia, una persona mite, tollerante.
di cultura democratica, un professionista di buone letture, e arriva da me sconcertato dicendo l'altra sera a tavola, improvvisamente mi sono alzato e ho dato un violento schiaffo a mio figlio. Non era mai accaduto prima. Cioè la violenza per quest'uomo non è stata ha a che fare con il processo educativo. E dunque che cosa porta l'analista?
Porta esattamente la divaricazione tra il cogito e l'essere. Si chiede, ma chi sono io che pensavo di essere un padre tollerante, democratico, capace di dialogare, nella misura in cui ho colpito con uno schiaffo brutale mio figlio? Io sono quello che pensavo di essere, oppure il mio essere non si rappresenta esattamente attraverso il pensiero che io avevo di me stesso?
Vedete come l'essere e il cogito si divaricano. Chi sono io? Questa è la domanda di questo padre angosciato. E il passaggio all'atto dello schiaffo appunto rivela la discrepanza tra il cogito. tra il cogito e l'essere.
Ed è per questo, torno all'aforisma che è stato citato all'inizio, che in un piccolo testo intitolato Una difficoltà della psicoanalisi, Freud dice se dovessi scrivere il mio nome all'interno della storia del pensiero avrei due antecedenti, in Copernico e in Darwin. Cioè Freud si mette in questo tripode Copernico-Darwin-Freud. E quale sarebbe il denominatore comune di queste tre figure così diverse, così lontane anche storicamente da loro?
Che tutte e tre, dice Freud, hanno inferto al narcisismo dell'essere umano una potente umiliazione. Lo ha fatto per primo Copernico con quella che Freud chiama una umiliazione cosmologica, mostrando appunto che... la Terra non è il centro dell'universo, ma è un pianeta tra gli altri che ruota attorno all'orbita solare.
Lo ha fatto Darwin, sottoponendo il narcisismo umano a quella che Freud chiama l'umiliazione biologica, cioè l'essere umano non deriva da essenze celesti, non è a immagine di Dio, ma l'essere umano deriva dai primati. E lo fa Freud, la terza ed ultima umiliazione narcisistica è quella di dire ma chi credi di essere? Non sei nemmeno tu che ti chiami io, non sei nemmeno padrone in casa propria. Terza umiliazione, cioè l'inconscio sarebbe, qui Freud usa, non so se consapevolmente o meno, una formula che troviamo nell'etica di Spinoza, cioè l'inconscio sarebbe un territorio straniero interno.
Cioè qualcosa che ci appartiene, il pensiero inconscio ci appartiene, ma l'io non lo governa, non lo padroneggia. E dunque è una forma di intelligenza, ecco, l'inconscio freudiano. L'inconscio freudiano non è il selvaggio, non è il bestiale, non è l'arcaico.
È intelligente, è colto, come vedremo fra poco, divertendoci, spero, è anche ironico in certe sue formulazioni, in certe sue espressioni. Dunque... L'inconscio è un territorio straniero interno che si manifesta secondo una logica.
Non si manifesta in modo caotico, ma si manifesta seguendo sempre, diciamo così, una logica che ovviamente non è la logica diurna che ordina i pensieri dell'io, ma è un'altra logica che appartiene, diciamo, a un'altra scena, direbbe Freud. Allora, quando noi diciamo l'inconscio di Freud non è l'istintuale, non è il bestiale, non è lo Sturm und Drang, non è il passionale, ma porta con sé una logica che non si identifica con quella del cogito, ma sovverte la logica del cogito, dove troviamo degli esempi di questa intelligenza? Beh, in modo tutte le notti lo troviamo nei nostri sogni. Il sogno è la grande opera di Freud.
con cui Freud si affaccia sulla cultura occidentale, la Traumdeutung, l'interpretazione dei sogni, che Freud finisce nel 1899 ma chiede al suo editore di pubblicarla nel 900, perché ha la sensazione davvero che si inauguri un nuovo secolo, un nuovo modo di pensare. Nella Traumdeutung... Il sogno appare come una trama complessa, un rebus, una strutturazione narrativa che sfrutta le leggi della retorica, la metafora, la metonimia, lo spostamento, la raffigurazione.
Dunque ci vuole un soggetto colto, intelligente, per produrre un sogno. Ma è questo... Ho scelto dei pezzi, immaginavo appunto la situazione, divertenti, ma oggi non vi voglio parlare dei sogni, per mostrarvi l'intelligenza dell'inconscio, cioè il suo primo volto, potremmo dire che il primo volto dell'inconscio dei tre che voglio mostrarvi è il volto della verità, cioè l'inconscio sarebbe il luogo della verità. Capite che già questa formula dissocia Freud da tutto quello che c'era prima. L'anima irascibile, per esempio, di Platone non c'entra niente con la verità.
Conatus non c'entra niente con la verità. Per Freud l'inconscio è il luogo dove si manifesta la verità. Quale verità? Non la verità della filosofia.
La verità teoretica, la verità dell'universale, la verità come adeguazio, no, si manifesta la verità del desiderio, che come tale è sempre una verità singolarissima, anti-universale. Dunque, l'inconscio di Freud sarebbe un inconscio colto, intelligente, là, nell'inconscio di Freud, si scrive la verità. più propria del nostro desiderio singolare, torneremo su questo punto, ma dove si manifesta, come si manifesta, abbiamo detto, questa verità nel sogno, ma anche in tutte quelle che Freud chiama formazioni dell'inconscio, cioè i nostri sintomi, le nostre sbadataggini, i nostri atti mancati e tra queste formazioni dell'inconscio i nostri lapsus.
Allora, sull'absus vi faccio tre o quattro esempi molto divertenti, devo dire un paio sono esileranti e vi dà proprio l'idea della fertilità, della dinamicità, della intelligenza ironica dell'inconscio. Parto da uno che ho fatto diventare celebre nel corso degli anni perché ormai fa parte del mio repertorio, gli altri invece sono nuovi. Più recenti, un paziente, un uomo, si arrovella in seduta sulla scelta se sposarsi o no.
Esamina i pro, esamina i contro, ma, diciamo, resta diviso senza la capacità di assumere una decisione rispetto a questo bivio fondamentale. Mi sposo oppure no? E mentre per l'ennesima seduta si sta arrovellando su questo dubbio, mi sposo oppure no, formula il lapsus, cioè l'inconscio parla e dice la verità, l'inconscio, attraverso il lapsus. Chiamiamo lapsus un errore di parola che secondo Freud mostra quella che lui chiama la perturbazione.
della linea verticale dell'inconscio sull'organizzazione orizzontale della frase. Traduco molto semplicemente, in quel momento, mentre il paziente sta di nuovo, mi sposo, non mi sposo, mi sposo, non mi sposo, invece di matrimonio dice manicomio. Cioè dichiara, dichiara che per lui, non stiamo dando dei giudizi, io per esempio sono un tifoso del matrimonio, Pensate se avessi detto manicomio, ma ho detto matrimonio.
Quindi diciamo, non stiamo esprimendo giudizi, ma per quest'uomo il matrimonio sarebbe un vero manicomio, cioè una follia, cioè non lo desidera, sarebbe una prigione, sarebbe una gabbia, sarebbe... come dire, una frustrazione del suo desiderio. Dunque il desiderio si manifesta nel lapsus considerando che per quest'uomo il matrimonio sarebbe un manicomio.
Secondo lapsus di una signora, qui sono due lapsus, due signore che sono... veramente formidabili, no? E qui vi fa capire anche come, quando dico che il magistero per uno psicanalista viene sempre dalla parte del paziente.
Questa è una signora che, diversamente dall'uomo, non ha dubbi sull'amore che prova per il marito. Però, poiché il marito, diciamo così... è assente, la signora lo tradisce con una serialità, devo dire, abbastanza impressionante, diciamo, e non riesce a non tradirlo. Al tempo stesso si pente perché prova dei sentimenti per il proprio compagno, senza ambiguità per certi versi. Un tradimento via l'altro dice a un certo punto, formula questo lapsus, capisce dottore, parlando dell'ultimo tradimento, la situazione si sta cornicizzando.
Cioè, se continua così, è chiaro che non ne esce più, il tradimento si cronicizza. E dunque c'è una situazione di cornicizzazione che blocca ogni tipo di dialettica. Un'altra signora, ancora più formidabilmente mi verrebbe da dire, la quale ama il marito come quest'altra, ma diversamente da quest'altra non lo tradisce affatto, Però il marito sembra essere la fotocopia della prima donna, cioè è un marito passivo, è un marito che non ha slanci, abbastanza frequente, no? Telecomando in mano, televisione, divano, tutte le sue iniziative, andiamo a fare un weekend, vengono stroncate sul nascere, ma soprattutto è un uomo che... sessualmente ha disertato il suo ruolo da molto tempo, lasciando la signora insoddisfatta.
La signora non lo tradisce e non manifesta nemmeno nei confronti del marito rivendicazioni, atteggiamenti aggressivi, ma ad un certo punto ecco la verità del desiderio compie questo lapsus. Alla Woody Allen proprio, no? È in cucina, sta lavando quei due piatti, sistemando le cose, il marito ovviamente sul divano, col telecomando in mano, e a un certo punto si ottura il lavandino, lei prova a liberare il lavandino, non ci riesce, si innervosisce, allora chiama il marito e dice «Senti un po', aiutami, porta il Viagra! » Ma il Niagara evoca lo sturamento, non voglio entrare troppo nei dettagli, non è proprio del lavandino, ma chiede in che cosa si manifesta qua l'intelligenza dell'inconscio, cioè protesta, fai qualcosa, stura qualcosa.
porta qualcosa nel godimento tra i due che mancano. L'ultimo lapsus è meno divertente, inquietante, però ha sempre la brillantezza, diciamo così, dell'intelligenza dell'inconscio nel suo rapporto con la verità del desiderio. È un giovane adolescente di una famiglia molto cattolica, cattolica nel senso repressivo, moralistico del termine. I genitori lo assillano, lo assediano e questo ragazzo ha difficoltà, diciamo così, nell'aprire la sua vita alle gioie della vita.
E a un certo punto, e quindi è un ragazzo triste, è un ragazzo depresso, è un ragazzo chiuso, con pochi legami, con tutti i desideri frustrati, diciamo così, i genitori se ne vanno in vacanza, l'absus molto recente, e dice... I miei genitali sono andati via, molto preciso, cioè l'hanno sequestrato, l'hanno espropriato della sua possibilità di gioia, li hanno portati via. La battuta sarebbe facilissima, ma lasciamo stare.
Allora, primo quadro, devo accelerare, primo quadro è l'inconscio come verità, quindi non il passionale, non lo Sturm und Drang, non l'irrazionale, ma una verità che obliquamente si manifesta sovvertendo. L'identificazione tra l'essere e il cogito, che sono gli esempi che ho cercato di farvi ora. Seconda immagine che Freud dà dell'inconscio è l'immagine della potenza.
L'inconscio freudiano è nell'ordine di una potenza. L'immagine plastica che realizza questa potenza è l'immagine dell'iceberg. Freud dice che l'inconscio è come un iceberg. Noi vediamo, cioè, in mare aperto, dell'iceberg solo la punta, questa punta che emerge dalle acque sarebbe la coscienza, sarebbe l'io, ma poi esiste un corpo sommerso, straordinariamente ampio, potente, che è l'inconscio. Dunque l'idea per Freud è che ci sia nell'inconscio qualcosa di marino.
Non è un caso che a volte utilizzi l'immagine dello Zuiderzee. Lo Zuiderzee è una zona dell'Olanda colpita paurosamente nei primi anni del Novecento, in particolare da grandi inondazioni. che generavano distruzione, morte, angoscia negli abitanti.
E di fronte a questa potenza distruttrice del mare del nord, gli olandesi, Freud li cita spesso, si sono ingegnati con un sistema di dighe per arginare la potenza devastatrice del mare del nord. Allora, questa è una rappresentazione dell'inconscio. L'inconscio sarebbe una potenza, un eccesso, che potrebbe trovare il suo simbolo nel mare del nord. E il nostro compito quale sarebbe? Si chiede Freud.
Sarebbe quello, per esempio, di fare come gli olandesi, cioè costruire dighe, costruire argini, costruire barriere per impedire la devastazione del mare del nord. Questa è una oscillazione molto importante di Freud. Per un verso Freud dice questo. Dice che di fronte alla potenza smisurata, eccessiva, dell'inconscio del mare del nord, cioè di quelli che Freud chiama i nostri desideri immorali, che per esempio prendono piede nella notte quando...
Noi sogniamo direttamente di realizzare i nostri desideri senza alcun freno morale. Assassini, furti, eliminiamo i nostri rivali senza alcun senso morale, quello che Freud chiama il contenuto immorale dei nostri sogni. Dunque, di fronte a questa potenza devastatrice, immorale, dell'inconscio, il nostro compito sarebbe forse quello di arginare questo eccesso e quale forme prende, assumerebbe per lo più questo eccesso. Faccio due esempi che non sono di Freud ma che ci servono per capire in che senso il mare del nord, l'inconscio come mare del nord, come potenza, porta con sé per un verso un aspetto.
che attenta, distrugge, rischia di distruggere la nostra vita. Un esempio si trova nella critica della ragion pratica di Kant. Kant dice immaginiamo un tale che ha per tutta la vita desiderato una signora, una donna, una dama e immaginiamo di dire a questo tale ok.
Questa notte sarà tua, ma poi, dice Kant, immaginiamo anche di dire sempre a questo signore potrai giacere con la tua amata, ma la mattina dopo ti aspetta la forca. Kant dice, poniamoci di fronte a questo tema. Ho desiderato tutta la vita... Questa dama finalmente la posso possedere, ma aggiungiamo un dettaglio, diciamo, non proprio irrilevante, cioè la mattina dopo la forca.
Si chiede Kant qual è la risposta che tutti daremmo a questa scena, che tutti noi rinunceremmo alla dama per salvaguardare la nostra vita. Freud invece aggiunge, direbbe, non è proprio così, ma non solo non è proprio così, attenzione, non è proprio così perché noi desideriamo a tal punto la dama che nonostante la forca non rinunceremmo a possederla. Ma proprio perché c'è la forca che il nostro desiderio si infiamma. Attenzione, eh! Cioè, quello che Freud mostra è che laddove la vita, l'eccesso del mare del nord, diciamo, rischia di compromettere la conservazione della vita, là c'è il punto di maggiore attrazione.
Quello che Paolo dice già nella lettera ai Romani. Perché? Io non faccio quello che voglio, ma faccio sempre quello che odio. Perché?
Sono spinto a fare quello che distrugge la mia vita. Molti anni fa, nel tempo della diffusione dell'AIDS, avevo un paziente, un professionista, un uomo un po'come il signore, il padre di famiglia che ho citato all'inizio. Il signore a modo, con un vizio, frequentava prostitute, ma attenzione, il criterio con cui selezionava le prostitute non era, come di solito è, un criterio estetico, ma era se queste donne gli consentivano di avere un rapporto sessuale non protetto.
Allora, cosa vediamo in questo? Vediamo la mescolanza tra la spinta pulsionale sessuale e la spinta pulsionale mortifera, cioè l'oggetto eccitante è l'oggetto che porta con sé la distruzione della vita. Freud chiama questo pulsione di morte ed è un aspetto, diciamo, un volto dell'inconscio freudiano. In questo caso noi vediamo l'eccesso come appunto un eccitamento che porta la vita contro se stessa, ma lo possiamo vedere anche verso il basso, cioè qui lo vediamo verso l'alto, l'eccitamento che porta appunto il Signore a possedere la dama proprio perché c'è la forca che poi lo aspetta.
Ma noi possiamo citare un'altra scena, tutto il contrario, dove... apparentemente l'eccesso del mare del nord è diventato ghiaccio gelo la vita spegne se stessa quindi la vita in fiamma se stessa fino a distruggere se stessa oppure congela se stessa fino a assiderarsi l'esempio che vi voglio fare un esempio evangelico si trova nel vangelo di giovanni che ho commentato a lungo nel mio ultimo libro, perché in questa scena noi vediamo l'origine della psicanalisi, l'origine pura della postura dell'analista che Gesù anticipa. La scena è questa, siamo a Gerusalemme, siamo ai bordi di una piscina, ai bordi di questa piscina ci sono frammenti di vite perdute, storpi, ciechi, paraliti. romantici, lebrosi, che si aspettano che un angelo arrivi nella piscina, scuota le acque e le acque miracolose guariscano definitivamente il male.
Cosa a cui Gesù ovviamente non può credere, no? Ma gli raccontano, guarda, tra queste persone che dobbiamo immaginare proprio una moltitudine di persone che circonda la piscina magica, miracolosa. Tra queste persone c'è un paralitico, gli dicono i suoi, paralitico un uomo, paralitico da 38 anni.
E da 38 anni che è lì fermo ad aspettare che l'angelo arrivi e miracolosamente, schizzando una goccia d'acqua, Lorisani, 38 anni, e dicono Gesù dai vai da lui, salvalo. Ogni volta che Gesù è invitato a fare miracoli non ne ha voglia, non ne ha mai voglia, viene trascinato, accetta di essere trascinato dai suoi con un po'di, come spesso accade nei Vangeli, di insofferenza e dunque dobbiamo immaginare l'incontro. Il paralizzato da 38 anni vuol dire una vita bloccata, una vita morta, una vita spenta.
Vedete, abbiamo l'eccesso dell'incandescenza pulsionale e poi la vita morta, la vita bloccata, la vita ferma. Gesù si avvicina, lo guarda, si guardano e a un certo punto dice questa frase. Sussurra questa frase nell'orecchio del paralitico. Ma tu vuoi guarire.
Tu vuoi guarire o lo stare bloccato non suscita in te un'infinità di tornaconti tale che alla fine tu sei legato all'essere paralizzato, che la paralisi è una modalità del tuo godimento. guarire? Questa è la domanda che ogni analista in modo differente in realtà pone ai suoi pazienti. Tu che ti lamenti di tutto, che ti lamenti della tua vita bloccata, che ti lamenti di essere sul bordo della piscina per 38 anni, tu vuoi guarire?
E come guarisce Gesù? Esattamente come guarisce la psicoanalisi, e qui introduciamo un punto centrale del pensiero di Freud, guarisce non miracolosamente, non attraverso porzioni magiche, ma mettendo in moto, come Gesù fa, il desiderio del soggetto. È la rimessa in moto del desiderio che guarisce.
Come dire, la guarigione in sovrappiù. Dice Gesù in sovrappiù, un termine che ritroviamo in Lacan, dice in sovrappiù rispetto alla remissione del peccato, cioè alla messa in moto del desiderio. Formidabile scena, no? Formidabile scena che ci porta alla terza e ultima... Alla terza e ultima...
non c'è fretta, mi dico, no? Però... Non voglio stordirvi più di tanto. Alla terza e ultima volto, che è quello a cui sono più legato, il volto della verità, abbiamo visto, il volto della potenza.
Dunque allora fatemi dire l'ultima cosa. L'eccesso minaccioso dell'inconscio, come si cura? Si cura creando dighe, argini o si cura facendo amicizie?
con questo eccesso, cioè trasformando questo eccesso in una eccedenza creativa, il paralitico che si rimette in moto. Quando a Lacan un giorno chiesero ma che cosa serve una psicoanalisi? La risposta di Lacan è la psicoanalisi serve ad un soggetto per ripartire, per rimettersi in moto, per rimettersi in movimento, per guarire dalla sua...
dalla sua paralisi. Allora noi abbiamo una figura straordinaria, una figura femminile che Freud non credo abbia mai commentato e nemmeno Lacan, però un altro grande psicoanalista, Elvio Facchinelli sì, che è una figura che voi trovate nell'Odissea di Omero, che è la figura, la principessa dei Feaci, Nausicaa. Nausicaa non è Telemaco e non è Edipo.
Nausicaa è la principessa che si trova sulla spiaggia con le sue amiche, le sue accompagnatrici, le sue serve, sta giocando sulla spiaggia e ad un certo punto vede arrivare un'ombra, un uomo sconosciuto, sporco di tè. terra, fango, nudo, uno straniero, Ulisse. Ecco, questo è l'incontro con l'inconscio. E che cosa fa Nausicaa di fronte alla sagoma di Ulisse, che potrebbe essere appunto una sagoma foriera, di minaccia, non si arma.
Non urla, non è spaventata, ma va incontro a Ulisse. Ecco, questo gesto di accoglienza di Nausicaa, che, diciamo, Omero rende poeticamente sublime, è il moto con cui noi dovremmo accogliere in realtà la potenza del mare del Nord. Un mio paziente fa l'opposto di Nausicaa.
Dopo l'ennesima delusione amorosa, ferito a morte dalla donna che lo ha lasciato, tra parentesi, per giusti motivi, aggiungo io, ma chiudo la parentesi che non possiamo vedere, cosa dice? Sviluppa degli attacchi di panico quando si trova a nuotare in mare aperto, non può più nuotare in mare aperto e sviluppa un hobby ossessivo, compulsivo per la piscina. Tutti i giorni lui nuota su e giù nella piscina.
Tutta la sua libido, la sua passionalità si riversa nella ginnastica della piscina. Il suo tentativo qual è? È quello di spostare il mare del nord dentro la piscina, chiudere la potenza, l'eccedenza del mare del nord nella piscina. Come faceva l'avaro di Molière, chiudere. la potenza sovversiva dell'amore di Marianna dentro la cassaforte.
Trattenere. Ecco, Nausicaa non trattiene niente, non tiene niente per sé, ma va verso Ulisse e in questo movimento di andare verso Ulisse noi troviamo appunto la possibilità di trasformare l'eccesso in eccedenza. L'ultima figura dell'inconscio di Freud è quella della chiamata, l'inconscio freudiano, attenzione, non esiste nella ragione filosofica tradizionale questa versione dell'inconscio, l'inconscio freudiano è Stoss, Stoss è una parola che troviamo anche in Heidegger, significa colpo, l'inconscio è un colpo, uno Stoss, dove troviamo in Freud questa parola Stoss?
La troviamo in un racconto autobiografico che quando lo ascoltai per la prima volta, questo racconto, molti anni fa, io ero un ragazzo che frequentava l'università, quando ho sentito per la prima volta questo racconto ho pensato tra me e me, io divento freudiano, troppo forte, questo racconto dell'inconscio come Stoss. Il racconto è semplice, Freud stava diventando famoso già, lo chiamavano nelle università per fare conferenze, ad un certo punto lo racconta, sto citando le cinque conferenze di psicoanalisi dove si trova questo aneddoto, si trova in una aula universitaria ampia, piena di gente, di fianco a sé c'è il rettore che lo presenta, lui comincia la sua conferenza. E ad un certo punto, mentre sta parlando, un signore nel pubblico comincia a disturbare. Freud è un po'in difficoltà e il rettore dice, mi scusi dottore, chiede agli inservienti di pacificare, diciamo, l'uomo agitato, che viene pacificato ma solo momentaneamente. dagli inservienti, perché dopo poco che Freud ha ripreso la sua conferenza, insiste nel disturbare.
Allora il rettore si scusa con Freud e dice adesso lo facciamo uscire. Quindi gli inservienti lo prendono, lo accompagnano fuori dalla sala della conferenza, chiudono la posta. Ecco il colpo. Freud riprende e a un certo punto il colpo, questo signore, picchia sulla porta.
picchia sulla porta per farsi sentire da Freud. E il rettore dice a Freud, beh basta, questo è insopportabile, adesso chiamo la polizia e lo facciamo portare via. E Freud interviene, in questo senso gli ho detto, diventerò freudiano, interviene perché dice no, polizia no, apriamo la porta e gli diamo la parola.
Questo è il gesto della psicanalisi. aprire la porta e dare la parola. Dov'è l'inconscio in questa scena? L'inconscio è il colpo. Noi possiamo, e in questo senso Freud dice ogni rimozione è fallimentare, noi possiamo eliminare ciò che ci disturba apparentemente nella nostra vita, chiuderlo fuori dalla porta, ma più lo chiudiamo fuori dalla porta più...
Il desiderio rimosso esige di entrare nella nostra vita, esige di avere parola, esige la parola. E cosa fa uno psicoanalista? È colui che dà la parola a chi è rimasto chiuso fuori. Ora, è facile pensare che l'uomo chiuso fuori dalla sala della coscienza È l'incarnazione del carattere anarchico, irrequieto, fastidioso, sovversivo, disturbante la dimensione impiegatizia dell'Io, la normalità dell'Io.
C'è qualcosa che... Invece esige che chiama, datemi la parola. E allora l'ultimo giro che vorrei fare è ma che cosa ha da dire?
Bello questo. Allora, che cosa ha da dire quest'uomo chiuso fuori dalla sala se quest'uomo è l'incarnazione della istanza del desiderio? Va avanti!
Allora, quest'uomo chiama, potremmo dire che l'inconscio di Freud chiama. L'inconscio di Freud è lo stoss che chiama. Un sintomo è un colpo che chiama. Per la psicoanalisi il sintomo non è quello che è per la semiotica medica.
un'alterazione del pensiero, non è una degenerazione del corpo, il sintomo è il luogo dove qualcosa che soffre chiama, ci chiama, ci chiama a fare entrare quello che abbiamo messo fuori dalla nostra vita. E che cosa mettiamo fuori dalla nostra vita? Noi solitamente mettiamo fuori della nostra vita i nostri desideri più scabrosi, il mare del nord.
Teniamo fuori dall'aula della coscienza la potenza del mare del nord. Ancora una volta l'operazione quella che Nausicaa anticipa, aprire la porta. Laron, permettetemi di citarlo alla fine di questo percorso, lo dice in un modo molto semplice.
Quando dice, e concludo con questa citazione, nel giorno del giudizio universale, cita il giudizio universale. Voi sapete che nei Vangeli nel giudizio universale maledetti sono alla sinistra del padre e i salvati sono alla destra del padre e che c'è al di là dell'inessenziale, c'è un solo criterio con cui si stabilisce il giudizio universale in realtà e il criterio è uno solo e cioè chi sarebbero i salvati? I salvati sarebbero, cito Evangeli, I salvati sarebbero coloro che sono stati in grado di spendersi radicalmente nell'amore, di giocare tutto se stessi nell'esodo dell'amore. I maledetti sarebbero quelli che hanno avuto paura di spendersi tutti nell'amore e hanno trattenuto, hanno consapevole. osservato, non hanno incontrato, diciamo così, la potenza del mare del nord.
Allora Lacan dice, nel giudizio universale ci sarà per tutti noi questa moltitudine. C'era una battuta di Benigni, non so se vi ricordate, che quando raccontava del giudizio universale diceva a sinistra i maledetti, a destra i benedetti, i salvati, e c'era Craxi che l'aveva messo a sinistra, che però scappava a destra, ma no, tutto sia a sinistra. Lo riprendeva ogni volta e lo metteva a sinistra.
La frase che noi troveremo scolpita, dice Lacan, la sola domanda a cui dovremo rispondere per capire se siamo a destra o a sinistra del padre, questa rappresentazione mitologica del giudizio universale, è questa e la cito con precisione. Hai tu nella tua vita. agito in conformità al desiderio che ti abita o lo hai chiuso fuori? Grazie.