Una grande isola, un re, una cupa leggenda e il mare. Questi sono i protagonisti della storia che andiamo a raccontare. Una storia che affonda le sue radici nel mito, ma che ha segnato profondamente le civiltà del Mediterraneo. La storia di Creta, della civiltà minoica con i suoi grandiosi palazzi, del suo dominio sui mari e, su tutto, il simbolo più tenebroso del suo potere, il labirinto.
Musica Il dio Posidone era adirato, aveva offerto a Minosse, figlio di Zeus e di Europa, il dominio su Creta, un regno che mille altri avrebbero voluto, e quell'uomo osò tradire la sua fiducia. Il dio aveva inviato al sovrano, in segno della sua scelta, un toro di un'altra scelta. sacro facendolo uscire dalle onde e il re invece di sacrificarlo in suo onore lo aveva sostituito con una delle comuni bestie della propria mandria. La vendetta del dio fu immediata e terribile, fece scoccare l'amore tra il toro sacro e Pasifae, moglie di Minosse. Dalla disumana unione nacque il Minotauro, mostro metà uomo e metà toro.
Al sovrano non rimase che far rinchiudere il frutto di tanto orrore nel proprio palazzo. Ma orrore chiama orrore. E Minos impose agli atteniesi, rei di avere causato la morte di suo figlio Androgio, un tributo di sette fanciulle e sette fanciulli da dare in pasto al mostro ogni nove anni.
Fu un giovinetto di nome Teseo, con l'aiuto di Arianna, figlia di Minosse, e del filo che questa gli aveva donato, che riuscì a uccidere l'orrida creatura e a uscire dal labirinto nel quale essa regnava. Allora il re furioso fece rinchiudere in quello stesso labirinto, sotto la propria reggia, Dedalo, che ne era stato l'architetto, e il figlio Icaro. Ma anche essi riuscirono a beffare il re, fuggendone con delle ali che si costruirono con le piume e la cera.
Questa è naturalmente la leggenda che, come abbiamo detto, sta sullo sfondo della nostra storia, ma ben altro ci dicono le scoperte archeologiche e storiche. Se è vero che ogni leggenda, ogni mito, si basa su un fondo di verità, da dove nasce il nostro? Lo scopriremo man mano che andremo avanti nel racconto.
Intanto possiamo già dire chi ne furono gli artefici. Gli Achei, progenitori degli antichi greci, insofferenti nel secondo millennio avanti Cristo, del predominio di Minos e del suo popolo sul mare Egeo. Ma chi erano questi Minoici per attirarsi tanto odio?
Per capirlo partiamo dalla loro terra, Creta, una delle isole più grandi del Mediterraneo, posta in un punto più o meno equidistante dal Peloponneso, dall'Asia e dall'Africa. Un'isola fertile, i cui abitanti si dedicavano con profitto all'agricoltura. Questi contadini, probabili discendenti di immigrati giunti nell'isola nel Neolitico, e cioè a partire dal 6000 a.C., subiscono un significativo mutamento con il successivo arrivo di nuovi immigrati dall'Anatolia verso la fine del IV millennio.
I progressi della metallurgia e nell'arte della ceramica spingono i cretesi di questo periodo, considerati dagli storici i primi minoici, al commercio marittimo, sfruttando la loro posizione al centro del Mediterraneo. Le imbarcazioni diventano così da piccole barche a remi per la pesca, grandi vascelli armati con una vela quadra, con un equipaggio di 30 rematori e uno scafo a mezzaluna tipico in terra felice e in Egitto. Queste barche dovevano essere veramente valide se sono state usate nell'Egeo in modelli quasi uguali fino agli anni 40. voglio dire il 1940 ben inteso.
Questa serie di fortunate circostanze non poteva certo essere sprecata e i minoici, dimostrandosi all'altezza di quella che sarà poi la loro fama, in poco tempo diventano dei veri signori dei mari, quasi unici concessionari della gestione dei commerci via mare tra Siria ed Egitto. Da questi contatti con i vicini di casa, oltre alle grandi soddisfazioni economiche, sapranno trarre il meglio trovando stimoli per la propria arte, l'architettura, la lingua e perfino la religione, dimostrando così non imitatori di poca fantasia, ma persone pratiche, sensibili, pronte a riconoscere quello che gli altri fanno di buono e a rielaborarlo in qualcosa di nuovo e se possibile di migliore. A cominciare dai palazzi. Sì, perché proprio i palazzi, con la loro fioritura cretese, segnano l'inizio del massimo sviluppo della civiltà minoica. Ed ecco le prime rielaborazioni, infatti l'idea non è loro, ma è presa dal vicino oriente che l'aveva sviluppata nel terzo millennio.
A Creta cominciano a spuntare queste grandi costruzioni tra il 2100 e il 1700 a.C. con una frequenza tale che finiranno per far dare addirittura il proprio nome alla loro epoca, definita appunto neopalaziale. Un onore simile di solito toccava solo a interi popoli o a personaggi famosi. Ma non preoccupatevi, anche noi ce l'abbiamo un personaggio famoso di cui parlare, ed è Minosse, o Minos, che è sinonimo di re.
Che cosa fece questo personaggio per diventare così famoso? Al di là della leggenda, innanzitutto, come molti grandi della storia, andò per gradi e per prima cosa, tanto per non smentire quello spirito pratico gretese a cui accennavamo prima, ripulì il mare Egeo dai pirati, non certo per spirito di servizio, ma molto più semplicemente per rendere più sicuri e quindi fruttuosi i propri commerci. Poi, sfruttando quanto di buono aveva a disposizione, gestì i propri affari con raro spirito imprenditoriale fino a permettere al suo popolo di vivere nel lusso come regola, tanto che la sua epoca verrà definita l'età dell'oro di Creta.
Ma da dove veniva questa ricchezza? Dalle eccedenze alimentari, dovute all'abbondante produzione agricola, favorita dal clima e dalla grande quantità d'acqua fornita dai massicci dell'isola. A coronamento di tutto ciò, visto che molti dei palazzi esistenti erano stati rasi al suolo da un catastrofico terremoto intorno al 1700, sulle macerie ne fece costruire altri ben più grandiosi, almeno nei centri dell'isola che si dice fondò personalmente come Cnosso e Festo.
Diede così inizio all'era neopalaziale, che si concluderà intorno al 1450 a.C. Fu forse la voglia di autocelebrazione a dettargli quest'iniziativa? La megalomania?
No, ancora una volta, semplice senso pratico. Ma per capire meglio, proviamo ad entrare in uno di questi palazzi, la grandiosa reggia di Cnosso, e ad immaginare, leggendo i resti archeologici, quella che poteva essere la giornata tipica del sovrano. Ne varrebbe comunque la pena anche solo per provare il gusto di svegliarsi nel megaron del re, cioè nella sua stanza, tra freschi lussuosi dei quali purtroppo resta poco. Attraversare alcuni corridoi con le tipiche colonne minoiche ricavate da tronchi di cipresso di cui l'isola era ricca e che presentano come gran parte dei resti della reggia i segni dei restauri effettuati dai moderni archeologi.
Salire la larga scalinata che porta ai santuari. Da qui si ha una stupenda vista dell'intera regione. Non dovremmo sbagliare di molto a immaginare questa come una delle prime cose che il re faceva appena alzato, poiché il rigoglio della natura voleva dire avere la continua conferma della propria fortuna e la convinzione di essere veramente dei prescelti dagli dèi.
Non per niente la natura è uno dei soggetti ricorrenti ed evidentemente più sentiti dell'arte minoica e in particolare in quegli affreschi che comunicano ancora un senso di gioia e di vitalità tipico di chi doveva avere un rapporto stupendo con l'ambiente circostante. Dopo questo modesto ma in modo tipicamente cretese concreto omaggio agli dèi, l'impegno successivo non può che essere una visita alla regina. Già avvicinarsi al suo Megaron ci mette di buon umore. Sulla porta ci accolgono gli stupendi affreschi con i delfini, simbolo della felicità e della vitalità tipiche dei minoici, sentimenti ribaditi dagli stucchi con il simbolo del rosone, a cui verrà poi sovrapposto quello della spirale, con lo stesso gioioso significato.
Come mai non si sente nessun rumore provenire dall'esterno? Perché già allora le stanze venivano insonorizzate con una doppia parete che teneva lontano la confusione provocata dalle migliaia di persone che frequentavano il palazzo. Andiamo diretti nella zona della toilette dove la sovrana nell'angolo dedicato al maquillage è intenta a rifarsi il trucco.
Eh sì, sono molto vezzose queste donne minoiche e non solo se di professione fanno le regine. Basta guardare l'affresco della parigina, chiamata così dall'archeologo inglese Arthur Evans, scopritore di Knosso, in omaggio alla bellezza delle donne francesi dei primi del novecento che dice tutto sulla sapienza nel valorizzare le proprie grazie. Il nodo sacro sulla nuca, i capelli che ricadono sulle orecchie, la conciatura è decisamente impegnativa. Ma le donne cretesi non vi rinunciano per nulla al mondo, visto che sfoggiano simili vettinature anche quando si impegnano alla pari con gli uomini nei pericolosi giochi con i tori di cui tra poco parleremo. L'uso dei gioielli e dei vestiti esalta la femminilità delle belle cretesi.
E'vero che quelle che vediamo sono delle dee, le dee dei serpenti per la precisione, ma lo stile è proprio quello qui alla moda sull'isola. Ampie gonne a balze che scendono fino ai piedi e un bustino profondamente scollato che lascia scoperti i seni. Certo che quanto a dimostrazione di opulenza non si perde occasione, ma insomma queste donne sono proprio frivole, solo all'occorrenza, poiché sono abituate a gestire molte cose quando i loro uomini, eterni viaggiatori, sono fuori per lavoro. La religione ad esempio sembra quasi in mano loro, sempre a guardare le raffigurazioni di processioni e di cerimonie. Per le processioni hanno addirittura fatto dei marciapiedi solo per loro.
L'arte poi ha un tocco molto femminile, con il gusto tutto particolare per la miniatura e la probabile assenza di opere d'arte monumentali. Eleganza quindi, ma molto spirito d'iniziativa. Delle donne manager, ma con tutta la femminilità possibile. Torniamo all'appartamento della nostra sovrana.
La stanza da bagno è invidiabile anche da una donna del XX secolo. Ecco la comoda vasca e un angolo in cui era collocato un water che non aveva nulla da invidiare a quelli nostrani dotato perfino di una cisterna e di un sistema di scarico ad acqua corrente Proprio il sistema di canalizzazione delle acque rappresenta un vero gioiello di tecnica. A Knosso troviamo un doppio sistema di tubazione che percorre le fondamenta del palazzo. Il primo per l'approvvigionamento delle acque chiare, acqua corrente proveniente dal monte Juktas, e per lo scarico della stessa insieme all'acqua piovana nel fiume che scorre più in basso. Il secondo convoglia le acque scure, forse in una fossa biologica.
Il sistema idraulico in argilla con giunzione dei tubi in ceramica ad innesto fa presupporre la conoscenza del principio dei vasi comunicanti. Un re saggio, e la saggezza di Minosse era tutt'uno con la sua leggenda, non può non sapere che per essere benvoluti dal proprio popolo bisogna soddisfarne i bisogni primari, o meglio, per dirla in parole povere, garantire acqua, cibo e... comodità. Allora abbandoniamo la regina alle sue occupazioni e dedichiamoci a verificare che sia tutto in ordine nel settore viveri ai magazzini.
Grossi problemi non dovrebbero essercene visto che il sistema di conservazione nei pitoi, i grandi vasi decorati, ha sempre funzionato egregiamente per l'olio, per il vino e per il cibo. Quando poi ci si deve occupare di un palazzo e di una città che ospitano quasi centomila persone, non si può certo confidare solo nel buon cuore degli dèi. E poi, un po'come i vasi di coccio nelle credenze delle nostre nonne, tra il cibo si possono custodire anche i propri tesori, magari in una nicchia ben nascosta nel pavimento. Bene.
A stomaco pieno, il popolo è certo più tranquillo. Così è anche più facile gestire il potere e prima di andare nella sala del trono per occuparci degli obblighi più gravosi per un re, possiamo concederci una breve passeggiata nel palazzo. È bello perdersi in questi corridoi. Dà un senso di potere sapere di avere a disposizione un palazzo di 1500 stanze, su più livelli, con ben 22.000 metri quadrati di superficie.
Certo, i greci esageravano ad immaginarselo come un labirinto, ma si sa l'invidia fa dire strane cose. E le loro case erano certo molto meno belle, grandi e complesse a quel tempo. Labirinto poi, un nome che incute timore, invece vuol dire solo palazzo del Labris, che sarebbe lascia due lame simbolo del potere qui a Creta. Un nome scontato quindi, quasi banale.
Niente di misterioso allora. E come potrebbe esserlo un'architettura pensata esclusivamente a misura d'uomo? Guardiamo un attimo il palazzo di Festo che prende nome da Faistos, suo fondatore, figlio o nipote di Eracle. È la seconda dimora di Minosse o forse quella del fratello Radamante.
Ma l'idea che c'è dietro è la stessa, la vivibilità unita al lusso. Le stanze sono ampie, luminose, i corridoi le collegano con facilità e sono areati da piccoli cortiletti che fungono da pozzetti di luce. Tutto fatto per valorizzare la vita di ogni giorno, per renderla piacevole, allegra, serena. Mica male per dei prigionieri di un labirinto, vero? E chi non vorrebbe vivere in un labirinto così?
Seguiamo ora Minosse sul suo trono. Ehi qui la sensazione di regalità è forte. I grifoni affrescati sulle pareti incutono timore, ma ancor più comunicano il senso di protezione degli dèi.
Essi infatti rappresentano i vari aspetti della divinità. Nella testa d'aquila è simboleggiato l'aspetto celeste, nel corpo di leone quello terreno e nella coda di serpente quello sotterraneo. Coloro che nell'anticamera attendono di essere ricevuti, quando entreranno sentiranno di essere sotto un giudizio superiore, non solo umano.
Attorno, sulle panche, sedono i sacerdoti, poiché l'autorità del re è estesa anche alla religione. Al centro, nel bacino lustrale, si dovrà immergere nell'acqua santa, per la simbolica purificazione, chi vorrà essere ammesso all'udienza. Niente da dire, la scenografia è perfetta e non fatichiamo minimamente a capire quanto il re si sentisse ammirato e rivelito.
Comunque, quello che rassicura è che le questioni da discutere sono semplici. Al massimo si dovrà ricevere qualche dignitario di un paese straniero venuto a portare doni. Qui il potere non ha bisogno di...
dimostrazioni di forza, la città non ha nemmeno mura protettive. Ma allora la storia dei giovani ateniesi da dar da mangiare al Minotauro? Solo una metafora del senso di sottomissione dei primi greci nei confronti dei minoici, espresso con l'idea del sanguinoso tributo.
In realtà un controllo minoico sembra ci fosse realmente, non si sa bene se economico, politico o di altro tipo, ma di certo non militare. Gli unici elementi di guerra che vediamo sono i tipici scudi a forma di otto, pensati per il combattimento sui carri, e lascia a due lame, che però, come abbiamo detto, è prima di tutto un simbolo di potere. Quello che ci preoccupa, invece, è l'amministrazione vera e propria. Da quando i commerci si sono ampliati e il giro di interessi è aumentato, è diventato necessario un nuovo sistema di contabilità, più pratico e veloce. Non va più bene la scrittura geroglifica, così definita da Evans, per la somiglianza con quella egizia.
È quella, per capirsi, del disco di Festo, oggi custodito, come la maggior parte dei segreti della civiltà minoica, nel museo di Heraklion. È molto bella, con i suoi caratteri impressi con i tipici sigilli dell'epoca, come un'antica forma di stampa. Ma ormai, secondo il re, è adatta solo ai testi sacri.
molto meglio per gestire il commercio la lineare A che prende il nome dalla disposizione del testo in orizzontale peccato che né questa né quella geroglifica siano state ancora decifrate a differenza della successiva lineare B una lingua greca rimasta a testimoniare le successive dominazioni vicene e succrita Visto che stiamo controllando le finanze, andiamo a vedere come procede la lavorazione delle ceramiche che dovremo poi vendere. E allora facciamo un altro salto a Festo, patria della famosa ceramica di Camares, dal nome della grotta sul vicino Monte Ida in cui furono rinvenuti i primi esemplari. La sua lavorazione si basa su un uso vivace dei colori, con effetti di rilievo ottenuti con l'applicazione di protuberanze decorative.
La natura torna come soggetto principale, forse un po'ripetitivo, ma se ai clienti piace perché cambiare? Anche la produzione dei sigilli procede a gonfio e vele, sono il vanto dell'arte cretese. I materiali di base poi sono gemme o pietre preziose. Come al solito, il lusso prima di tutto.
Bene, anche questa volta ci sarà molto da vendere. E intanto si potrà pensare all'arte di casa propria, a qualche nuovo affresco con cui arricchire il palazzo. Anche qui si risente l'influenza degli egizi, ad esempio nell'uso dei colori. L'uomo dipinto sempre in rosso, la donna in bianco, gli oggetti d'oro in giallo, quelli d'argento in azzurro e quelli di bronzo in rosso. Ma nonostante ciò, l'arte e la tecnica della fresco sono profondamente originali, nascono a Creta e comunicano al meglio l'essenza gioiosa e vitale di essere minoico.
La vitalità esplode anche quando l'immagine dovrebbe sottolineare la funzione di una stanza, politica o religiosa, ma anche la religione qui è vissuta in un modo del tutto particolare. E allora seguiamo Minosse al teatro a presenziare a un rito religioso che per noi risulta un po'strano il volteggio sul toro un gioco incruento in cui uomini e donne affrontano un toro con grande sfoggio di abilità e coraggio qualcosa di simile lo ritroviamo ancora oggi in alcune località spagnole e nella corrida portoghese Proprio il toro è l'animale sacro minoico per eccellenza. Possiamo così finalmente spiegarci quei simboli di corna sparsi un po'ovunque e possiamo anche capire che il toro è un animale sacro minoico. l'origine della leggenda del Minotauro.
Ai greci infatti, quando decisero di diffondere la loro diceria, sembrò certo l'idea più cattiva quella dell'amore tra la moglie del re e l'animale sacro. Offesa maggiore non poteva esserci, ma Minos, dall'alto della sua saggezza, probabilmente non degnò di un commento la squallida storia. Abbiamo già detto del ruolo religioso del re e molto spesso gli storici si riferiscono a Minosse come a un re sacerdote dandogli quei connotati divini che ne hanno alimentato il mito.
Ma questo ruolo, che in fondo è un modo diverso di gestire uno stesso potere, non era certo solo figurato, visto che secondo alcuni è proprio il sovrano di Cnosso la figura rappresentata con il lungo bastone del comando a conferire un atteggiamento pastorale, di guida, del popolo, su questo vaso di steatite rinvenuto nella villa di Aghia Triada, a tre chilometri da Festo. E allora, per onorare questo ruolo... Chiudiamo la nostra giornata guidando una processione religiosa attraverso la corte centrale, vero nucleo delle attività della reggia e caratteristica delle strutture palazziali.
Giungiamo così ai pozzi dei sacrifici, dove vengono rotti i vasi contenenti le offerte motive. Questa è una cerimonia religiosa in piena regola, ma per i minoici, abbiamo detto, onorare gli dei era strettamente legato alle attività quotidiane. Gustare il meglio di quanto la vita offriva valeva molto di più che erigere templi. Eppure, nonostante tutto, un giorno gli dei smisero di apprezzare questa forma di devozione e colpirono i minoici laddove essi avevano costruito la loro fortuna, il mare. Un gigantesco maremoto intorno al 1500 avanti Cristo, probabilmente provocato dal vulcano di Santorini, distrusse la città e un'immensa ondata scaraventò la flotta cretese sulle montagne.
I micenei, un tempo alleati dei minoici nei traffici marittimi, vedendone indebolito il potere nel suo elemento principale, la grande flotta, si impadronirono dell'isola, iniziando una lunga dominazione. Per Knosso, già semidistrutta dagli incendi causati dal cataclisma, fu la fine ingloriosa. Ma Minosse non ne fu testimone, poiché, come scrive lo storico greco del primo secolo a.C.
Diodoro Siculo, il re morì e fu sepolto in Sicilia. Molta della fama di Minosse è legata alla sua saggezza come giudice, tanto che il presidente del Tribunale Internazionale dell'AIA siede su una copia del mitico trono del re. Noi quindi, in omaggio alla sua saggezza di legislatore, scegliamo di lasciare Minosse con l'immagine che ne hanno tramandato gli storici e i poeti, mentre, dopo la sua morte, continua ad amministrare la giustizia nell'aldilà, tra le anime degli eroi del passato.