Transcript for:
Riflessioni sulla Campagna d'Italia (1943-1945)

Musica Grazie a tutti. Nella storia della guerra, alcune imprese vengono ricordate come gloriose dimostrazioni della professione militare. Ma alcuni capitoli della medesima storia suscitano meno passioni ed entusiasmo. Uno di questi risale agli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale. Tra il 1943 e il 1945, gli alleati affrontarono un'impresa bellica divenuta uno degli episodi meno ricordati del conflitto, la Campagna d'Italia. Alla fine si rivelò una campagna fruttuosa. Le forze alleate risultarono vittoriose. Ma il successo in Italia richiese tempo. Furono necessari 20 lunghi mesi prima che l'Italia fosse completamente nelle mani degli alleati. Fu una campagna che vide alcuni dei più sanguinosi scontri dell'intera guerra, spesso avvenuti nelle condizioni più dure. Le condizioni meteorologiche e il terreno di battaglia resero la campagna d'Italia un'esperienza difficile per ogni soldato. Nelle truppe alleate ci fu anche il sospetto di una superficialità decisionale da parte dei comandanti. In alcune occasioni cruciali, i comandanti impartirono ordini oggi considerati alquanto dubbi, se non peggio. Campi di battaglia italiani come Anzio e Monte Cassino non vengono associati a brillanti strategie da parte degli alleati. Lo spiegamento di bombardieri americani contro il monastero di Monte Cassino rimane una delle operazioni più controverse della Seconda Guerra Mondiale. Mentre la campagna d'Italia volgeva al termine, le esauste truppe alleate si domandavano se l'intera operazione non fosse stata solo un mero spettacolo secondario rispetto ad eventi più drammatici avvenuti in altri teatri di guerra. Ma la guerra non è sempre fatta di rapidità ed eroismi e le grandi e lunghe campagne possono rivelarsi di grande valore strategico. Nel corso delle battaglie in Italia, gli alleati riuscirono a provocare ingenti perdite nell'esercito tedesco che avrebbe potuto costituire altrove nuove minacce. In alcune occasioni, i comandanti di entrambi i fronti diedero prova di un'abilità militare in grado di tener testa al coraggio degli uomini sotto il loro comando. Nel gennaio del 1943, il premier britannico e il presidente degli Stati Uniti si incontrarono per discutere dei progressi della guerra. Alla conferenza di Casablanca, Churchill e Roosevelt poterono riflettere sulle vicende della lotta contro il potere dell'asse. In Nord Africa, a est di Casablanca, gli alleati erano quasi riusciti a spingere i tedeschi e gli italiani fuori dalla regione. La quinta armata britannica era in prima linea in Tunisia, in attesa del momento propizio per colpire i porti di Tunisi e Biserta. Allo stesso tempo, l'ottava armata del generale Montgomery continuava l'inseguimento delle truppe di Rommel, iniziato dopo la controffensiva di El Alamein. Sul fronte orientale, nel gennaio del 1943, stava iniziando a cambiare anche la fortuna degli alleati. A Stalingrado, l'Unione Sovietica uscì vittoriosa da una delle più sanguinose e significative battaglie. taglie della storia. Nel Pacifico, i giapponesi si stavano preparando al ritiro dall'isola di Guadalcanal, dopo mesi di aspri combattimenti nella giungla. L'epoca dell'espansionismo giapponese era ormai giunta al termine e la situazione bellica era di gran lunga diversa da quella esistente 12 mesi prima. Senza alcun dubbio, su tre distinti fronti di guerra, si stava verificando un radicale cambiamento degli eventi. La domanda che il comando degli alleati si poneva era semplice. Dove affondare il prossimo colpo contro Hitler e le forze dell'asse? Mentre proseguivano i preparativi per lo sbarco in Normandia del 1944, si decise un ulteriore attacco delle forze alleate sul territorio del maggior alleato di Hitler. Dittatore italiano Benito Mussolini. Quando fu sancita la vittoria in Nordafrica, il 13 maggio del 1943, i preparativi per l'invasione della Sicilia erano già a buon punto. Se gli alleati fossero riusciti ad attraversare il Mediterraneo e ad occupare l'isola, avrebbero avuto libero accesso al resto del territorio italiano. Alla guida delle operazioni, l'alto comando designò due eroi della campagna africana. Dwight Eisenhower e il suo sostituto Harold Alexander erano convinti che l'invasione della Sicilia richiedesse lo spiegamento di due armate, la settima armata americana del generale Patton e la leggendaria ottava armata britannica di Bernard Montgomery. L'operazione fu denominata ASCII. E il D-Day fu stabilito per la notte tra il 9 e il 10 luglio del 1943. Eisenhower e Alexander erano consapevoli di poter contare su due armate di grande esperienza e ben equipaggiate. Insieme, questi due corpi formavano un esercito di 180.000 uomini, ma sapevano anche che la Sicilia avrebbe opposto una tenace resistenza. L'isola ospitava oltre 300.000 soldati italiani e qui... Erano anche stanziati 40.000 tedeschi, compresi i soldati scelti dalla divisione panzer di Hermann Göring. Il comando alleato temeva di affrontare le truppe tedesche, mentre per quel che riguarda i soldati italiani era quasi certo che essi non avrebbero avuto il coraggio di continuare a combattere. Le battaglie in Nordafrica non avevano affatto cambiato la loro reputazione. Agli occhi dell'Occidente, le forze di Mussolini erano celebri più per le rese di massa che per l'efficacia nei combattimenti. Patton e Montgomery non potevano sapere con certezza quale tipo di risposta ci sarebbe stata appena i loro uomini fossero stati pronti a intervenire, ma sapevano di aver organizzato uno dei depistaggi più ingegnosi della Seconda Guerra Mondiale. Nel mese di maggio, il corpo di un soldato alleato venne ritrovato sulla costa spagnola. L'uomo aveva con sé documenti segreti che contenevano dettagli riguardanti l'imminente attacco degli alleati contro la Sardegna e non contro la Sicilia. La Spagna in teoria era neutrale, ma le simpatie di Franco per le forze dell'asse fecero sì che i documenti segreti arrivassero presto nelle mani dei tedeschi. La natura del ritrovamento indusse i servizi segreti tedeschi a credere nella fondatezza delle informazioni. Quando gli alleati attaccarono la Sicilia, i tedeschi pensarono che si trattasse solo di un tranello, ma ben presto capirono di aver sbagliato. Per gli alleati, l'invasione della Sicilia rappresentava il primo tentativo di affrontare il nemico sul suo stesso territorio e gli ufficiali incaricati erano sicuri del successo. Ma l'operazione ASCHI non filò liscia come si augurava il comando alleato e i combattimenti che ne seguirono fornirono un indizio sul tipo di campagna che si sarebbe combattuta in Italia. L'offensiva siciliana fu organizzata come operazione congiunta e iniziò con il simultaneo dispiegamento di mezzi aerei e anfibi a sud dell'isola. La sera del 9 luglio gli aerei alleati si alzarono in volo e lanciarono circa 4.000 paracadutisti, ma il risultato fu quasi un disastro. Per la mancanza di strumenti di navigazione adeguati, 70 aerei inglesi furono costretti ad atterrare sull'acqua. 200 uomini furono dispersi in mare. Un preoccupante avvio per l'operazione ASCII. La battaglia cominciò solo qualche minuto dopo l'invasione degli alleati. Come previsto furono le forze tedesche ad occorre la resistenza più tenace. Molti paracadutisti americani si ritrovarono sotto il fuoco nemico ancora prima di toccare terra. Ma nonostante i problemi con gli atterraggi aerei, l'uso dei mezzi anfibi nell'operazione Husky si rivelò un successo. In sole 24 ore, americani e inglesi stabilirono una testa di ponte provvisoria di oltre 130 km lungo la costa siciliana. Sei giorni dopo l'operazione, le truppe di sbarco anglo-americane si stabilirono in tutta sicurezza sulla costa meridionale siciliana. A Roma, il potere del leader italiano iniziava a vacillare. Portate a termine le prime operazioni, le forze alleate si apprestavano ad avanzare verso nord per assicurarsi i porti di Palermo e Messina e aprirsi un varco verso il resto del territorio italiano. L'ottava armata di Montgomery era a distanza nel settore orientale dell'isola in direzione del vulcano Etna. Alla settima armata di Patton fu ordinato di raggiungere il lato ovest prima di dirigersi verso Messina, lungo la costa settentrionale della Sicilia. Non fu un'impresa semplice. Il 13 luglio un distaccamento di truppe speciali britanniche si trovò coinvolto in una sanguinosa battaglia per la conquista del Ponte dei Malati. Fu chiaro che i tedeschi non avevano nessuna intenzione di rinunciare alla Sicilia senza combattere. Le truppe di Montgomery dovettero confrontarsi con una tenace resistenza tedesca, soprattutto a sud di Catania, e il comandante inglese fu costretto a una deviazione attraverso il terreno collinoso intorno all'Etna. Dovettero affrontare caldo, fatica e polvere. L'assenza di strade fu un vero ostacolo e i soldati di fanteria furono costretti a trasportare pesanti carichi di attrezzature mentre il nemico continuava ad opporre resistenza. I tedeschi adottarono una vigorosa tattica di difesa, seguita da una ritirata controllata con le vie di comunicazione distrutte. Questa stessa procedura fu adottata anche nel resto del territorio italiano. Di conseguenza, tra la fine di luglio 1943 e gli inizi di agosto, per gli uomini di Montgomery fu molto difficile avanzare. Al contrario, l'armata di Patton si ritrovò su un terreno più facile e con minori difese. Molti soldati italiani si arresero senza neanche combattere. In alcune zone di sbarco, le truppe italiane aiutarono addirittura gli alleati. Senza alcun dubbio, molti italiani erano ormai stanchi dell'alleanza del loro paese con Hitler. Le truppe americane descrissero l'entusiastica accoglienza che ricevettero dagli abitanti della Sicilia. Ma a Patton occorsero altre cinque settimane e mezzo per raggiungere il suo obiettivo, Messina, e solo due ore prima dell'arrivo dei colleghi inglesi. Era il 17 agosto. Nonostante la debole resistenza italiana, la conquista della Sicilia fu un'impresa impegnativa. Furono uccisi, catturati o feriti più di 30.000 soldati alleati. Ma nell'avanzata finale verso Messina, entrambe le armate incontrarono ben poca opposizione. Il 29 luglio il Feldmaresciallo Kesselring ordinò una ritirata strategica e circa 100.000 uomini, per gran parte tedeschi, tornarono verso la terraferma. L'esercito tedesco era ancora intenzionato a dare battaglia. Lo stesso non si può dire degli alleati italiani. Gli eventi siciliani dimostrarono ancora una volta che molti soldati italiani non condividevano l'alleanza stipulata dal loro leader politico e nel corso dell'offensiva degli alleati la politica italiana dovette finalmente fare i conti con la realtà. Per Mussolini la perdita della Sicilia fu una grande umiliazione. Il 25 luglio l'anziano dittatore fu spodestato e imprigionato. Il regno del duce, durato 21 anni, giunse al termine. Al suo posto arrivò il maresciallo Pietro Badoglio, che iniziò subito le trattative con gli alleati. Si andava profilando un cambio di tendenze. La caduta di Mussolini fu una spinta vigorosa per la causa alleata e all'inizio di settembre le forze anglo-americane in Sicilia erano già all'opera per organizzare il successivo passo, la conquista dell'Italia. Il 17 agosto del 1943 il generale Patton si godeva la gloria come il liberatore di Messina. Solo tre settimane più tardi sarebbe iniziata la conquista dell'Italia, ma Patton non sarebbe stato coinvolto nei combattimenti. Durante la campagna di Sicilia, il carismatico generale commise un grave errore di giudizio. Trattò con maniere rudi due dei suoi uomini feriti, perché li riteneva dei codardi. Fu un brutto incidente e Patton fu allontanato dalla regione. Nel 1944... fece un memorabile ritorno in Normandia, ma il suo ruolo nell'impresa italiana terminò definitivamente in Sicilia. Al contrario, il generale Mark Clark assunse il comando della quinta armata americana, parte della quindicesima armata alleata di Harold Alexander, sotto il comando generale di Eisenhower. Prima della fine di agosto, la quinta armata di Clark e l'ottava armata di Montgomery. vennero a conoscenza di quello che sarebbe stato il loro ruolo nell'imminente invasione. L'invasione dell'Italia fu essenzialmente un'idea dell'Inghilterra. Eisenhower e i suoi consiglieri politici a Washington non erano pienamente convinti della sua importanza. Agli inglesi fu subito chiaro che i preparativi per lo sbarco in Normandia avessero la priorità sugli altri eventi in corso nell'Europa del Sud. Ma alla leadership americana si rese conto che l'invasione in Italia avrebbe probabilmente impegnato molte truppe tedesche. Era pressoché impossibile pensare che Hitler permettesse al suo vecchio alleato di cadere senza combattere. Ma questo significava anche che la fiera resistenza tedesca sarebbe stata più che una certezza e i comandanti alleati erano consapevoli dell'ennesimo ostacolo che li attendeva. Il territorio italiano rappresenta di per sé un valido ostacolo per qualunque esercito impegnato in un'invasione. Al centro del paese i picchi degli appennini dominano il paesaggio. È possibile avanzare verso nord solo facendosi strada lungo i fianchi, ma anche qui la conformazione del territorio è tale da rendere abbastanza difficoltoso l'avanzamento. Sulle montagne nascono numerosi fiumi, i quali scorrono in vallate. che forniscono la copertura ideale per postazioni di difesa. Da sud a nord, l'Italia è naturalmente divisa in blocchi distinti, un territorio ideale per la difesa. La linea che si estende a nord-est, dalla costa fino a 150 km a sud di Roma, presenta una barriera naturale particolarmente ostica. Ma gli alleati sapevano che questa zona intorno a Monte Cassino avrebbe dovuto essere occupata. Era l'unica via diretta attraverso la Valle dell'Iri e la strada principale per Roma. Nel 1943 Monte Cassino si rivelò il maggiore ostacolo. La sua formidabile conformazione naturale era già nota nell'antichità. Nel 529 San Benedetto decise di costruire un grande monastero proprio sulla sommità del monte. e malgrado le guerre e gli assedi succedutisi nel corso dei secoli, nell'autunno del 1943 il monastero dominava ancora la vallata. Come era prevedibile, i tedeschi decisero di formare una massiccia linea difensiva che si estendeva da costa a costa attraverso la regione di Monte Cassino. Prima della fine della campagna di Sicilia, il Feldmaresciallo Kessering ordinò la costruzione di una massiccia struttura formata da mine, bunker e postazioni di fuoco. Entro la fine del 1943 il lavoro fu portato a termine e andò a costituire un'ulteriore barriera contro l'avanzata degli alleati. Questa era la cosiddetta linea d'inverno. Intorno a Cassino la linea fu rafforzata ulteriormente all'altezza dei fiumi Garigliano e Rapido che durante le piogge autunnali e invernali avrebbero probabilmente straripato. In quest'area la linea era conosciuta come linea Gustav e un assalto diretto contro di essa sarebbe stata solo un'estenuante e inutile impresa. Quando anche fosse stata superata e Roma occupata, gli alleati avrebbero sicuramente trovato sulla loro strada una nuova linea difensiva più a nord. Come hanno dimostrato gli eventi, fu esattamente questo lo scenario che si presentò quando le massicce forze degli alleati e dell'asse si affrontarono sul terreno di battaglia. Come altri eventi della storia della Seconda Guerra Mondiale, l'intera campagna italiana fu da molti considerata poco più di un'azione diversiva. All'epoca, molti americani condividevano questo punto di vista. Ma se si vuole considerare la campagna d'Italia come un avvenimento di secondaria importanza, bisogna essere consapevoli che esso coinvolse due grandi armate e migliaia di uomini e che ci vollero oltre 20 mesi perché i combattimenti giungessero al termine. All'epoca le disposizioni di entrambi i fronti cambiarono a secondo delle ritirate e dei rinforzi delle divisioni coinvolte. Entrambi gli schieramenti furono costretti ad accettare il fatto che l'Italia non era il solo teatro di guerra. Durante i combattimenti, un ordine di battaglia coinvolgeva 20 o più divisioni su ciascuna linea del fronte. Inevitabilmente, questo implicava l'utilizzo massiccio di uomini e mezzi. Ma la conformazione del territorio italiano impediva ai carri armati di avere lo stesso fondamentale ruolo giocato in Nord Africa. L'Italia fu un campo di battaglia in cui il talento e la forza di ciascun soldato rivestirono spesso la stessa importanza dei carri armati. Nei centri abitati e sulle montagne, l'abilità dei tiratori scelti si rivelò fondamentale, così come la capacità di resistere alle difficili condizioni del tempo. In molte occasioni i combattimenti subivano un arresto e iniziavano lunghi e nervosi momenti di attesa. In questa situazione i comandanti alleati sapevano bene che mantenere alto il morale degli uomini era un aspetto importante. Anche per i soldati più esperti fu estremamente difficile affrontare le rigide condizioni delle montagne italiane, specialmente in mancanza di un minimo progresso nei combattimenti. Nella campagna d'Italia, per entrambi i fronti l'artiglieria pesante ha giocato un ruolo cruciale. In determinate occasioni, gli attacchi alleati furono preceduti da sbarramenti d'artiglieria di eccezionale intensità. Il cannone americano da 155 mm era solo una delle potenti armi utilizzate. Gli alleati potevano contare anche su una notevole potenza aerea, come scoprirono presto i monaci di Monte Cassino. Ma i tedeschi disponevano di potenti pezzi d'artiglieria, come un enorme cannone, passato alla storia come l'arma più celebre di tutta la campagna d'Italia. Su entrambi i fronti, i soldati di artiglieria furono piuttosto indaffarati, così come i loro colleghi genieri. Mentre gli alleati avanzavano lentamente verso nord, il loro passo veniva puntualmente ostacolato dalle attività dei sabotatori tedeschi. Durante la ritirata, ai soldati tedeschi venne impartito l'ordine di effettuare sabotaggi, come distruggere le linee ferroviarie e far saltare i ponti. Ciò naturalmente serviva ad accumulare preziosi vantaggi sui nemici che avanzavano. Oltre ad effettuare azioni di sabotaggio, i genieri tedeschi furono un'importante risorsa quando i nazisti decisero di opporre una strenua resistenza. Usando gli esplosivi, cercarono di modificare la conformazione del campo di battaglia. Per gli alleati, nel corso dei combattimenti, due barriere difensive si dimostrarono particolarmente ardue da superare, la linea Gustav, a sud di Roma, e la linea gotica, a nord. In entrambi i casi i tedeschi costruirono efficaci linee difensive in un territorio su cui era già di per sé difficile avanzare. Furono piazzate mine e fili tesi pronti a far scattare trappole micidiali e costruite postazioni di fuoco mimetizzate. I cannoni da 75 mm furono posizionati su basi di cemento, furono scavate buche anticarro e spiegati centinaia di chilometri di filo spinato. I soldati alleati furono costretti a neutralizzare i meccanismi difensivi dei loro nemici. Le mine dovettero essere disinnescate e il filo spinato dovette essere tagliato. Fu necessario ricorrere a ponti provvisori per rimpiazzare quelli fatti. saltare in aria dai tedeschi e provvedere al riassestamento del manto stradale per permettere ai mezzi corazzati di avanzare in molte occasioni dal lavoro di questi soldati alleati di peser l'intero proseguimento delle operazioni belliche in un violento scontro avvenuto nella città di Cassino, le loro operazioni furono intralciate proprio dalle forze alleate. Un attacco aereo ridusse la città in macerie, e spettò ai soldati del Genio per mettere ai mezzi militari di farsi strada. Il pesante uso della forza aerea era ben comprensibile. Nel corso della campagna d'Italia, la superiorità degli alleati diventò sempre più evidente. Dopo un anno di combattimenti, il rapporto tra gli aerei degli alleati e quelli tedeschi era di 10 a 1. Sin dall'inizio delle operazioni, gli alleati erano intenzionati ad impossessarsi di basi aeree come Foggia, vicino alla costa adriatica, e fu proprio da qui che venne lanciata la più violenta offensiva della campagna d'Italia. Ma il solo potenziale dei bombardieri americani non era sufficiente a garantire un progresso sul campo. Talvolta, per intere settimane, i potenti aerei da guerra furono costretti a rimanere a terra perché pioggia, neve e nuvole ostacolavano la visibilità. In ultima analisi, la differenza più evidente tra i due fronti in Italia non può essere definita solo da un punto di vista strettamente militare. Al contrario, è opportuno analizzare il contesto storico da cui provenivano i reggimenti e le divisioni coinvolti nello scontro. I difensori erano per la maggior parte tedeschi. L'ottava armata britannica e la quinta armata americana erano costituite da soldati di diverse nazionalità. L'armata britannica non era esclusivamente costituita da soldati inglesi. Molti di essi provenivano da Australia, Canada e Sudafrica. I neozelandesi furono coinvolti nei combattimenti più sanguinosi. In alcuni contingenti indiani c'erano soldati che avevano fatto parte delle truppe scelte, il corpo dei Gurkha. Alcuni soldati indiani combattevano senza sosta dalla battaglia d'Egitto del 1940, ma tutte le loro unità erano fermamente decise ad avvenire. ad affrontare il nemico in Italia. All'inizio del 1944 ad essi si unirono i corpi polacchi, un contingente di 50.000 uomini sopravvissuti alla prigionia in Unione Sovietica, dopo che il loro paese era stato suddiviso secondo i loro amici. secondo i termini del patto nazi sovietico. Anche i polacchi del generale Anders fremevano per entrare in azione. Lo stesso valeva per il corpo di spedizione francese che combatteva al fianco degli americani. Molti dei suoi soldati erano originari del Nord Africa e la loro conoscenza delle montagne del Marocco e dell'Algeria si rivelò molto preziosa nella campagna d'Italia. Il comandante francese, generale Jouen, ebbe il merito di capire fino in fondo il potenziale dei suoi uomini. Durante tutte le operazioni, le truppe alleate di ogni nazionalità si mostrarono profondamente entusiaste di affrontare il nemico. Ma, come in tutti i conflitti, perché i loro sforzi si rivelassero vittoriosi, dovevano contare sulle capacità dei comandanti. Alla fine di dicembre del 1943, un solo uomo gestiva la presenza degli alleati sul territorio italiano. Come comandante della 15esima armata, il generale inglese Harold Alexander divenne il comandante in capo di tutte le forze alleate in Italia quando Eisenhower venne richiamato per pianificare lo sbacco in Normandia. Alexander era un soldato di grande esperienza che aveva combattuto anche nella Prima Guerra Mondiale. Quando scoppiò il nuovo conflitto nel 1939 fu coinvolto nell'evacuazione dell'esercito inglese dalle spiagge di Dunkirk. Divenne comandante superiore nella giungla di Burma e nell'agosto del 1942 fu nominato da Churchill comandante in capo delle forze inglesi in Medio Oriente. Come comandante unico gli furono riconosciuti tutti i meriti della grande vittoria di El Alamein. La sua prestigiosa carriera non terminò in Egitto. Nella battaglia che seguì per l'occupazione della Tunisia, Alexander fu nominato comandante della 18esima armata e qui instaurò un'ottima relazione con il suo subordinato, generale Montgomery. I due uomini raggiunsero una perfetta sintonia durante i combattimenti in Egitto e continuarono a lavorare uno a fianco dell'altro in Tunisia e poi in Sicilia. Quando ebbero inizio le operazioni in Italia, Bernard Montgomery restò comandante dell'Ottava Armata, sotto il comando del suo vecchio amico Alexander. Nel dicembre del 43, Montgomery si impegnò nella preparazione del D-Day. A quel punto... Il comando dell'ottava armata passò al generale Oliver Lees, un pupillo di Montgomery, che aveva dimostrato il suo valore in battaglia come comandante del trentesimo corpo d'armata durante gli scontri di El Alamein. Alla fine del 44, mentre gli alleati avanzavano nella penisola italiana, Lees voleva ancora una volta mettere alla prova se stesso, ma nei primi mesi dello stesso anno, Le più importanti offensive alleate non vennero assegnate all'ottava armata inglese, ma alla quinta armata americana, comandate dal generale Mark Clark. Come il suo predecessore Patton, Clark era una figura carismatica, un uomo di bell'aspetto e molto astuto. Quando l'irruento Patton, dopo l'invasione della Sicilia, venne sostituito, fu naturale scegliere Clark come capo del contingente americano dell'esercito alleato in Italia. Anche egli veterano della prima guerra mondiale, Clark cominciò la sua carriera nel secondo conflitto mondiale con la carica di delegato di Eisenhower durante la campagna di Tunisia. Poi prese il comando della quinta armata. Ciò significa che era profondamente coinvolto in alcuni episodi più controversi della campagna d'Italia. È opinione diffusa che in qualche occasione Clark cercò di esaudire la sua sete di gloria personale invece di dedicarsi ai reali bisogni strategici della causa degli alleati. Tuttavia le sue abilità di leader e l'indiscutibile fascino gli permisero di succedere ad Alexander come comandante delle forze armate prima della fine del conflitto. Tra i subordinati di Clark c'era il generale Bernard Freyberg comandante dei corpi d'armata della Nuova Zelanda all'interno della Quinta Armata. Come molti altri comandanti, anche Freyberg aveva combattuto nella Prima Guerra Mondiale. Quello che lo rendeva diverso era il fatto che nel corso di quei combattimenti si era guadagnato la più prestigiosa onorificenza militare della Gran Bretagna. 26 anni dopo, Bernard Freyberg indossava ancora l'uniforme come comandante del secondo corpo d'armata della Nuova Zelanda e il suo coraggio in Nordafrica lo rese un eroe tra i suoi uomini. Nella campagna d'Italia che seguì, Freiberg rispettò gli ordini del generale Clark, suo diretto superiore. Tuttavia, aveva anche la responsabilità, verso il suo governo, delle truppe neozelandesi che egli comandava. Può darsi che la preoccupazione per la loro salvezza lo avesse portato a mettere in discussione la più famosa delle decisioni della campagna italiana. Purtroppo, fu una decisione che non riuscì ad evitare la perdita di molti giovani neozelandesi. Se necessario, gli alleati erano in grado di chiedere rinforzi e nella primavera del 1944 arrivarono altri 50.000 soldati sul campo di battaglia. Erano polacchi della seconda divisione, sotto il comando del generale Vladislav Anders. Nei mesi che seguirono, le truppe di Anders dimostrarono tutto il loro valore nei combattimenti. Tale dedizione era essenziale in una campagna che spesso aveva luogo in territori davvero infidi. Gli alleati dovettero far fronte a un terreno accidentato e a condizioni atmosferiche molto rigide. Dopo la caduta di Mussolini e il ribaltamento della situazione italiana, toccò alle truppe tedesche difendere il territorio e nel Feldmaresciallo Albert Kesserling trovarono il leader da seguire. L'azione di questo comandante contribuì a mettere in difficoltà gli alleati durante la campagna in Italia. Fu senza dubbio l'unica figura carismatica del comando tedesco. Nato nel 1889, Albert Kesselring fu inizialmente addestrato come artigliere, ma alla fine della Prima Guerra Mondiale, grazie alle sue doti, aveva ottenuto un posto nel comando militare della Germania Imperiale. Negli anni 30 si unì all'emergente Luftwaffe e nel 1939, durante l'invasione della Polonia, ne divenne uno dei comandanti. Kesselring assunse un simile ruolo nella guerra contro gli inglesi e nonostante la sconfitta tedesca, la sua carriera non si fermò. Al tempo della campagna di Tunisia, Kesselring era il comandante in capo di tutte le truppe del Mediterraneo, ma fu durante la campagna d'Italia che rivelò la grandezza del suo talento. Più volte dimostrò di conoscere bene il campo di battaglia. Le sue decisioni erano tali che in genere gli alleati combattevano secondo i termini da lui stesso dettati. Purtroppo la reputazione di Kesselring fu macchiata da un ordine impartito nel marzo del 1944. Nella Roma occupata dai tedeschi, un gruppo di partigiani mise in atto un attentato in cui morirono 35 soldati delle SS. Come risposta? Il Feld Maresciallo ordinò l'uccisione di 335 uomini. Fu una decisione che dopo la guerra si ritorse contro di lui. Albert Kessering venne accusato di crimini di guerra e condannato a morte. Sebbene la condanna alla fine non venne eseguita, la sua reputazione ne uscì distrutta. Per molti italiani era un criminale di guerra, ma non c'è dubbio che in Italia, in termini militari, Il comandante tedesco dimostrò di essere un grande leader di fronte all'offensiva degli alleati. Naturalmente, durante il conflitto, la gestione del comando fu un fattore determinante per entrambi i fronti. Mantenere alto il morale era di vitale importanza. Per i soldati di fanteria la vita quotidiana poteva essere un'esperienza terribile e non solo a causa del tempo e del terreno, ma anche perché entrambe le forze in campo conoscevano l'entità della potenza di fuoco che il proprio nemico aveva a disposizione. Nella campagna d'Italia non si ricorse all'uso massiccio della forza aerea, ma in diverse occasioni gli alleati misero in campo il potere devastante dei bombardieri. Il più famoso bombardamento venne messo in atto da tre diversi aerei americani, dai bimotori Mitchell B-25, dai Marauder B-26 e dai potenti B-17A4 motori, i Flying Fortress. Con un carico di bombe di circa 8 tonnellate, il Flying Fortress fu ideale per i bombardamenti strategici contro la Germania e in Italia venne impiegato in un ruolo tattico con un effetto altrettanto devastante. Per la sua potenza distruttiva il B-17 aveva pochi rivali. La campagna d'Italia rivelò anche l'importanza di un grande esercito di fanteria e gli inglesi sapevano di poter contare su un fucile molto affidabile. Il fucile originale della Lee Enfield fu introdotto per la prima volta nel lontano 1895. L'Enfield numero 4 venne prodotto nel 1903. Nella seconda guerra mondiale rappresentò il fucile standard dell'esercito britannico. La Gran Bretagna e i suoi alleati non avevano a disposizione armi eccellenti in Italia. L'esercito tedesco invece poté sfruttare la potenza del mortaio. L'ampia angolazione di fuoco fornita da quest'arma era ideale sul territorio italiano, come ebbero modo di sperimentare le truppe alleate. Tra tutte le armi tedesche usate in Italia, la più famosa era senza dubbio un vero mostro, il cannone K5. Era un pezzo d'artiglieria così grande che doveva essere montato su una rotaia ferroviaria. Dopo l'impiego veniva nascosto nelle gallerie al riparo dei bombardieri alleati. Ancora oggi le sue caratteristiche tecniche incutono timore. Aveva una bocca di fuoco di 28 centimetri, i suoi proiettili pesavano 250 chili e la sua gittata era di diversi chilometri. Nel gennaio del 44 gli alleati fecero il loro primo incontro con quest'arma micidiale che è passata alla storia con un curioso soprannome. I proiettili del K5 furono sparati contro i mezzi anfibi degli alleati in una cittadina della costa laziale, a pochi chilometri a sud di Roma, un luogo il cui nome divenne sinonimo di stallo bellico. Si tratta di Anzio. Qui il K5 divenne famoso per la sua potenza distruttiva. Nei primi mesi del 1944, questa incredibile arma ebbe un ruolo decisivo nella sconfitta degli alleati nello sbarco di Anzio. Il suo impatto fu tanto psicologico quanto fisico. Anzio però non fu il primo sbarco durante l'offensiva alleata in Italia. Nell'agosto del 1943 il comando alleato decise di sferrare un primo attacco più a sud come parte di un assalto bilaterale sul territorio italiano. Questo era l'orientamento. all'inizio della campagna italiana e ai primi di settembre il piano d'azione era pronto per essere eseguito. La strategia degli alleati era semplice. A sud gli uomini di Montgomery avrebbero attraversato lo stretto di Messina. Una volta sulla terraferma il loro obiettivo era quello di conquistare Reggio Calabria prima di iniziare l'avanzata verso nord. Il nome in codice di questa invasione era Operazione Baytown. Poteva considerarsi come un attacco alla punta dello stivale italiano, ma il piano richiedeva l'intervento della flotta aerea britannica che doveva atterrare nel porto di Taranto. Il nome in codice di questa operazione di supporto era Slapstick. Dopo aver raggiunto questi due obiettivi, le truppe inglesi dovevano avanzare verso le regioni centrali, dove, se tutto fosse andato secondo i piani, si sarebbero unite agli americani. Il lavoro della quinta armata, capeggiata da Mark Clark, diventava più impegnativo. L'operazione Avalanche consisteva nell'intervento delle truppe americane per uno sbarco nel porto di Salerno. Gli alleati avrebbero voluto attaccare più a nord, ma Salerno rappresentava il punto massimo che gli aerei alleati decollati da aeroporti siciliani potessero proteggere. Se gli uomini di Clark fossero riusciti a portare a termine uno sbarco a Salerno, da qui avrebbero potuto dare inizio all'avanzata verso nord. insieme all'ottava armata che arrivava da sud. Il primo grande traguardo sarebbe stato Napoli e poi, subito dopo, Roma. Ma per fare ciò gli alleati avrebbero dovuto attraversare le linee di difesa tedesche nell'Appennino centrale e sappiamo che la difesa era al centro della strategia tedesca nella campagna italiana. Con la Sicilia in mano agli alleati e Mussolini in prigione, Gli anglo-americani erano ansiosi di portare l'offensiva nel resto della penisola. All'inizio di settembre, l'ottava armata inglese e la quinta armata americana erano pronte per l'attacco. Queste due armate erano formate da soldati provenienti da ogni parte del mondo e molti di loro avevano già combattuto su altri fronti. Nelle battaglie siciliane, le tattiche tedesche avevano fatto capire agli alleati il tipo di combattimento che avrebbero incontrato sul resto della penisola. Dopo la caduta della Sicilia, il Feldmaresciallo Kesselring era deciso a contrastare duramente qualsiasi avanzata degli alleati nella penisola e attuò una strategia per raggiungere il suo scopo. Quando le forze tedesche affrontavano il nemico, il loro incarico era di rispondere al fuoco, ma anche, se necessario, di ritirarsi in maniera ordinata, distruggendo tutti i collegamenti alle loro spalle. Kesselring sapeva che il territorio italiano forniva un terreno ideale per creare una serie di linee di difesa fortificate, le più importanti delle quali furono la linea gotica a nord e la linea d'inverno al centro del paese. Questa era la difesa che includeva anche il settore conosciuto come la linea Gustav. Kesselring sapeva che ostacoli naturali come Monte Cassino dovevano essere conquistati se gli alleati volevano aprirsi un barco verso Roma attraverso la valle dell'Iri. Sapeva inoltre che il nemico poteva tentare uno sbarco o un attacco aereo per conquistare una posizione dietro le linee difensive. Così il Feldmaresciallo tedesco tenne la maggior parte delle truppe pronte a fronteggiare un'eventuale manovra di aggiramento. Sperava di respingere ogni possibile sbarco, ma se falliva avrebbe potuto tendere una trappola sulla spiaggia ostacolando la fuga. Nella cittadina di Anzio le truppe alleate ebbero modo di apprezzare l'astuta pianificazione di Albert Gesselring. Ma ancora prima che la campagna italiana iniziasse, inglesi e americani erano consapevoli che la sfida che avevano davanti sarebbe stata difficile e non c'erano dubbi che il nemico avesse forti motivazioni. L'operazione comunque ebbe inizio sotto ottimi auspici. Alla vigilia dello sbarco di Salerno, la resa ufficiale dell'Italia venne trasmessa in tutto il mondo. E' stato concluso l'armistizio con l'Italia. E' stata una grande vittoria per le Nazioni Unite, ma è stata soprattutto una grande vittoria per il popolo italiano. Dopo anni di guerre e sofferenze, per gli italiani è giunto finalmente il giorno della liberazione dai loro veri nemici, i nazisti. Ma non illudiamoci che tale armistizio segni la fine della guerra nel Mediterraneo. Dobbiamo cacciare i tedeschi dall'Italia come li abbiamo cacciati dalla Tunisia e dalla Sicilia. Dobbiamo cacciarli dalla Francia e da tutti i paesi occupati. L'8 settembre 1943, gli alleati avevano creduto che l'esito della Seconda Guerra Mondiale sarebbe stato loro favorevole. Erano già state portate a termine grandi vittorie, come quelle in Egitto, in Tunisia e in Sicilia. Ora era il turno del resto d'Italia e molti soldati alleati già pregustavano il trionfo, ma la realtà sarebbe stata ben diversa. All'inizio di settembre del 1943, l'ottava armata britannica del generale Montgomery si preparò per un'altra importante campagna della seconda guerra mondiale. Gli uomini di Monti erano già diventati delle leggende e da El Alamein continuavano ad avanzare in Nordafrica fino in Tunisia e poi attraverso il Mediterraneo fino in Sicilia. I topi del deserto si preparavano a combattere in condizioni molto diverse da quelle del Nordafrica. Il 3 settembre le truppe dell'Ottava Armata attraversarono lo stretto di Messina e approdarono a Reggio Calabria. Sei giorni più tardi, uno sbarco di supporto assicurò agli alleati Taranto e Brindisi sul versante est. Poiché entrambi i contingenti iniziarono ad avanzare verso nord, gli uomini di Monti si misero nuovamente in marcia, dando inizio alla campagna d'Italia. Tuttavia, gli obiettivi degli alleati richiedevano qualcosa di più delle sole divisioni di Montgomery. Il 9 settembre, altre truppe alleate arrivarono in Italia. L'ottava armata americana sbarcò più a nord nel porto di Salerno. Era l'operazione Avalanche. Lo scopo era quello di assicurare una testa di sbarco prima di spostarsi verso nord e occupare Napoli. Ottenuto ciò, i due eserciti alleati si sarebbero congiunti per aprirsi un varco attraverso la penisola alla volta di Roma. Appena la quinta armata americana mise piede sulla costa, molti uomini credettero che il loro compito sarebbe stato facile. Nelle ore che precedettero l'operazione Avalanche, si era diffusa la notizia che l'Italia si era arrisa agli alleati e che Mussolini era già stato catturato. Con il luce in prigione, l'Italia sarebbe entrata in guerra al fianco degli alleati. Mentre gli uomini sulle navi da trasporto festeggiavano la resa dell'Italia, tutti coloro che avevano sottovalutato i nemici stavano per avere una sgradita sorpresa. Le truppe tedesche erano ancora in forze sul territorio italiano. Poche ore dopo lo sbarco di Salerno, la 5° Armata Americana si rese conto del tipo di battaglia a cui sarebbe andata incontro per il controllo dell'Italia. Il 9 settembre del 43' ebbe inizio una delle più lunghe, sanguinose e aspre campagne della Seconda Guerra Mondiale. La sera dell'8 settembre 1943 il generale americano Mark Clark si preparò per il più grande avvenimento della sua carriera. mentre la quinta armata si predisponeva per lo sbarco di Salerno. Sotto il suo comando c'era il decimo corpo d'armata britannico e il sesto corpo americano. Fu uno sbarco davvero massiccio. Il piano era quello di assicurare una testa di sbarco a Salerno prima che il decimo corpo d'armata avanzasse verso nord per occupare Napoli e il sesto corpo d'armata si dirigesse a sud-est per congiungersi all'ottava armata britannica. Clark sapeva che Montgomery stava già avanzando da sud con la sua ottava armata, formata da soldati del Commonwealth e dell'impero britannico. Quando i due eserciti si fossero congiunti, avrebbero proseguito uno al fianco dell'altro in direzione della stessa Germania. Ma l'avanzata dell'ottava armata incontrò qualche resistenza nel sud Italia. Il comandante tedesco, il Feldmaresciallo Albert Kesselring, aveva il sospetto che il principale attacco nemico sarebbe stato lanciato più a nord, nelle vicinanze di Napoli. Perciò, nella regione schierò un totale di otto divisioni, con la sedicesima divisione corazzata in difesa di Salerno. Nonostante la resa dell'Italia, gli sbarchi degli alleati sarebbero stati contrastati. Il 6° Corpo d'Armata americano dovette fronteggiare una difesa particolarmente tenace quando nella notte del 9 settembre si diede inizio allo sbarco di Salerno. Alla fine del primo giorno la 5° Armata aveva assicurato soltanto 4 piccole teste di sbarco, mentre Albert Kesselring spediva sulla costa numerosi carri armati. L'11 settembre 4 divisioni della 5° Armata erano sbarcate, ma 5 divisioni corazzate della 10° Armata tedesca erano pronte a fermarne l'avanzata. Gli inglesi non potevano aprirsi un varco verso Napoli. Gli americani non potevano ritirarsi verso sud, perciò le truppe sbarcate a Salerno si trovarono presto intrappolate. La decisione di Clark di sbarcare lungo un fronte di 56 km faceva sì che le truppe rimanessero troppo sparpagliate per essere di reciproco supporto. Il 12 settembre Albert Kesselring ordinò alle sue divisioni gorazzate di contrattaccare. Queste riuscirono quasi a spezzare in due la quinta armata lungo la linea del fiume Sele. Per un momento Clark pensò alla ritirata, poiché i suoi uomini erano ormai estremati. Se avesse preso una simile decisione, sarebbe stata una vera catastrofe per la causa degli alleati. Alla fine fu la potenza dei cannoni delle navi e del bombardamento aereo degli alleati a tenere a freno il contraattacco tedesco. La sera del 14 settembre il comandante tedesco ordinò le sue divisioni di ritirarsi verso nord e finalmente lo sbarco di Salerno poteva essere portato a compimento. Sei giorni dopo la quinta armata di Clark si unì alle truppe di Montgomery presso Ponte Sele. Il 5 ottobre le truppe alleate entrarono a Napoli. I primi obiettivi della campagna d'Italia erano stati raggiunti. Ma c'era un prezzo da pagare. La quinta armata riportò circa 12.000 perdite. La campagna era tutt'altro che terminata e l'antico nemico degli alleati era tornato in libertà. Mentre a Salerno si continuava a combattere, Benito Mussolini venne liberato dalla prigionia mediante un colpo di mano delle SS. Il dittatore tornò in sella, ma non c'era dubbio che il vero potere in Italia lo detenessero i tedeschi, con il Feldmaresciallo Erwin Rommel, comandante del Nord Italia, e con Albert Kesselring, la figura chiave nel conflitto contro gli alleati. Kesselring aveva già elaborato la sua strategia per far fronte all'invasione alleata. Dopo averne discusso con Hitler, il comandante tedesco decise di rinunciare del tutto all'Italia del Sud e di concentrare tutte le forze al nord, dietro le potenti linee di difesa. Il comandante tedesco conosceva bene il campo di battaglia. Il paesaggio italiano è un avversario formidabile per qualsiasi esercito in fase di offensiva. La parte centrale del paese è dominata dalla catena montuosa degli Appennini, pertanto l'avanzata verso nord è possibile soltanto lungo la costa. Anche qui esistono montagne che si congiungono all'Appennino centrale. Tra le montagne i fiumi creano ulteriori difficoltà per un'avanzata attraverso le valli, fornendo delle eccellenti coperture difensive. Come previsto, i tedeschi aggiunsero altre difficoltà, costruendo una serie di linee fortificate su tutta la penisola. In definitiva, la morfologia dell'Italia centrale sembrava essere disegnata per una guerra di difesa. Gli Appennini portarono alla divisione dei due eserciti alleati. Gli uomini di Montgomery avanzavano sul versante orientale, mentre la quinta armata di Clark si muoveva lungo quello occidentale. Ma nelle settimane successive agli sbarchi alleati, l'avanzata diventò faticosa e lenta. I tedeschi adottarono la tattica di combattere il nemico prima di una ritirata strategica, distruggendo punti e altre vie di comunicazione verso nord. Kesselring sapeva che alla fine i due eserciti alleati, nella loro avanzata, avrebbero dovuto fronteggiare un'enorme barriera, la linea che si estende per 150 chilometri verso nord-est, dalla costa fino a sud di Roma. rappresentava un'enorme barriera naturale contro qualsiasi invasione. Tuttavia, gli alleati sapevano che avrebbero dovuto aggirarla passando intorno ad una montagna nell'entroterra, a 30 chilometri dalla costa tirrenica. Quella montagna era l'unica via d'accesso per attraversare la valle dell'Iri e immettersi sulla strada verso Roma. Quella montagna era Monte Cassino. L'ostacolo era davvero ostico. Le formidabili difese naturali di Cassino erano note già da secoli. Nel 529 San Benedetto decise di costruire un grande monastero proprio su quella montagna. Nonostante le guerre e gli assedi nel corso dei secoli, nell'autunno del 1943 su Monte Cassino si erigeva ancora un grande monastero e gli alleati sembravano riluttanti a bombardare un monumento storico così importante. Come previsto, i tedeschi eressero una solida linea difensiva che andava da costa a costa attraverso la regione di Monte Cassino. Prima della fine dei combattimenti in Sicilia, il Feldmaresciallo Kessering ordinò di preparare una difesa devastante fatta di mine, trappole esplosive, bunker e cannoni. Alla fine dell'anno, la linea difensiva era terminata e gli alleati si trovarono davanti un nuovo e difficile ostacolo. Si trattava della cosiddetta linea d'inverno. che si estendeva da Minturno a San Vito. A nord la linea venne rafforzata maggiormente dietro il fiume Sangro. A sud gli alleati avrebbero dovuto attraversare i fiumi Garigliano e Rapido che probabilmente si sarebbero ingrossati durante le piogge autunnali e invernali. Da questa parte la linea era conosciuta con il nome di Linea Gustav e un attacco diretto era destinato ad essere un'impresa davvero ardua. Era difficile raggiungere la linea difensiva. Il 2 dicembre l'ottava armata attraversò il Sangro, ma solo il 28 dicembre la prima divisione canadese riuscì a conquistare la città di Ortona dopo uno scontro violento. Più a sud, anche la quinta armata combatté per conquistare luoghi come il Monte Maggiore, il Monte San Murco e il Monte Camino. Furono necessarie talmente tante granate per espugnare il monte Camino che il luogo si guadagnò il soprannome di il monte da un milione di dollari. Il maltempo inoltre rese ancora più difficili le operazioni. Alla fine dell'anno l'avanzata alleata si era arrestata su entrambi i fronti. Gli uomini di ambeduele armate trascorsero un orribile Natale affrontando temperature gelide. La campagna d'Italia raggiunse una fase di stallo. La quinta armata non era ancora riuscita ad attraversare i fiumi Rapido e Garigliano. La missione del nuovo anno sarebbe stata lo sfondamento della linea d'inverno, ma non sarebbe stato un compito facile. Dietro le sue difese, lungo la linea Gustav, Kesselring schierò la prima divisione paracadutisti, il cinquantesimo corpo di montagna e la cruciale quattordicesima armata corazzata. Fu qui che la vera battaglia avrebbe avuto inizio, coinvolgendo i nuovi comandanti. A dicembre Eisenhower lasciò l'Italia per preparare lo sbarco del D-Day. Fu rimpiazzato dal generale Harold Alexander, che assunse il comando della quindicesima armata. Anche un vecchio collaboratore di Alexander, Montgomery, lasciò il fronte per prendere parte allo sbarco in Normandia. Il comando dell'ottava armata passò allora al generale Oliver Lees. In quel periodo anche Rommel partì dall'Italia, lasciando solo Albert Kesselring al comando dei territori conquistati dai tedeschi. Kesselring sospettava che il nuovo comando alleato avrebbe preparato un attacco contro il settore della linea Gustav all'inizio del nuovo anno, e la sua ipotesi era esatta. Nei primi giorni del 1944, Alexander e i suoi comandanti più anziani individuarono un obiettivo ben preciso per la quinta armata di Clark. Il piano consisteva nello sferrare un attacco contro la linea nemica insieme ad uno sbarco nelle retrovie. Se avesse avuto successo, i tedeschi sarebbero stati accerchiati. lasciando libero l'accesso al grande obiettivo simbolico che si trovava a 60 chilometri a nord la città eterna ma come ci raccontano i fatti i luoghi scelti per l'attacco sarebbero diventati famosi campi di battaglia della seconda guerra mondiale anzio e montecassino il 17 gennaio del 44 la quinta armata del generale clark avanzò contro la linea gustav ebbe così inizio la battaglia di Montecassino. Se Clark avesse saputo che si trattava soltanto di una delle quattro terribili battaglie avrebbe sicuramente scelto altri mezzi per aggiudicarsi il successo in Italia. Tre corpi d'armata separati vennero schierati nella zona di Cassino, compreso quello francese di Alphonse Juin, formato da soldati nord-africani ben equipaggiati per la guerra in montagna. Più a sud, il decimo corpo d'armata britannico aveva il compito di avanzare attraversando il fiume Garigliano. Nella bufera di neve, gli inglesi riuscirono ad attraversare il fiume nonostante gli attenti movimenti di un nemico ben difeso. Il decimo corpo d'armata consolidò subito una testa di ponte, ma quando gli inglesi tentarono di conquistare il Monte Maio, la loro offensiva si arrestò sulle alture. A nord, anche il secondo corpo d'armata americano cercava di stabilire una testa di ponte attraverso il Rapido, un fiume il cui nome deriva dalle sue acque piene di rapide. Furono gli uomini della 36esima divisione texana a montare il ponte. L'attraversamento del fiume fu un incubo, con l'odore del fuoco dei cannoni che riempiva l'aria invernale. Nonostante ciò, i texani riuscirono ad attraversare il fiume, ma il loro successo fu breve. Dopo due giorni, la divisione, decimata, venne respinta sulla sponda di partenza. I soldati della 34° divisione ebbero maggiore successo più a nord, ma solo perché furono respinti a qualche centinaia di metri da Monte Cassino. Più a nord di tutti... gli algerini e i marocchini francesi riuscirono ad avanzare con successo. Queste resistenti truppe nordafricane avrebbero in seguito condotto un'azione ancora più decisa contro la linea Gustav, ma a gennaio e ai primi di febbraio non era possibile nessun attacco. L'11 febbraio gli alleati abbandonarono l'offensiva. L'attacco era fallito e avevano riportato gravissime perdite. La prima fase dell'accerchiamento non era andata a buon fine e il generale Clark sapeva che anche in seguito avrebbero avuto dei problemi. Il 22 gennaio del 1944 la piccola cittadina di Anzio vide uno degli sbarchi più famosi della Seconda Guerra Mondiale. Quel giorno una flotta di navi da guerra alleate fece sbarcare un totale di 36.000 uomini che non incontrarono alcun tipo di resistenza. La cittadina era già stata evacuata e non c'erano truppe tedesche a contrastare lo sbarco. Questi erano gli uomini del 6° corpo della 5° armata, sotto il comando del generale John Lucas. Si trattava di un esercito di soldati anglo-americani. Gli uomini della prima divisione britannica e della terza americana erano felici di sbarcare senza alcuna resistenza. La presenza tedesca nell'area intorno a Danzio era poco rilevante. Per Kesselring la situazione diventava preoccupante, così si affrettò a spedire rinforzi a Danzio. Il giorno dopo lo sbarco, il generale von Mackensen prese il comando della 14esima armata, che aveva il compito di opporre resistenza all'avanzata alleata. Avrebbe dovuto essere una forza considerevole, con divisioni provenienti da luoghi lontani come i Balcani, la Francia e altre regioni d'Italia. Tuttavia, queste nuove truppe avrebbero impiegato del tempo ad arrivare. Così, dopo l'iniziale successo dello sbarco, il generale Lucas ebbe l'opportunità di lasciare Anzio e dirigersi sulle strade statali numero 6 e 7. Con un'esigua presenza tedesca nella regione, il 6° corpo d'armata poté distruggere le principali linee di rifornimento della 10° armata tedesca e aprirsi la strada verso Roma. Hitler riconobbe il pericolo. Fu lui stesso ad insistere affinché i rinforzi per Kesselring arrivassero dall'estero. Ma all'indomani dello sbarco di Anzio... Il comandante del VI Corpo d'Armata, generale Lucas, ebbe l'incredibile opportunità di porre fine all'impasso, ma non riuscì nel suo intento. Con un grave errore strategico, il comandante decise di aspettare fino a che tutti i suoi uomini e le attrezzature non fossero sbarcati e la testa di sbarco non fosse pienamente effettuata. Solo il 30 gennaio, otto giorni dopo lo sbarco, Lucas ordinò un attacco generale mandando americani e inglesi in direzione di Cisterna e Campoleone. Entrambi furono respinti dalla ormai cospicua presenza tedesca sul territorio. Il giorno seguente non meno di otto divisioni tedesche accerchiarono le forze alleate. Era stata persa una grandissima opportunità. Churchill era infuriato e disorientato. Avendo egli stesso progettato lo sbarco di Anzio, non riusciva a comprendere la lenta reazione del comandante americano. Speravo che stessimo portando a riva un felino selvaggio, disse dopo l'accaduto. Ma quello che siamo riusciti a portare è stata una balena arenata. E il peggio doveva arrivare. Il 6 febbraio, per fronteggiare lo sbarco alleato, la 14esima armata tedesca sferrò un contrattacco lungo la linea di schieramento del 6° corpo d'armata. Gli uomini intrappolati dietro la linea stavano per fare la conoscenza di una devastante arma tedesca. Era il cannone mobile K5 da 28 cm, un mostruoso pezzo d'artiglieria i cui proiettili pesavano 250 kg. Con una gettata di oltre 80 km, il K5 poteva sparare contro le truppe alleate a volontà. I tedeschi lo soprannominarono Leopoldo, gli sfortunati alleati invece la Belva di Anzio. Il valore strategico di un'arma di tale calibro era davvero alto. Filmati d'epoca mostrano il cannone K5 quasi innocuo nelle mani dei tedeschi, mentre sappiamo che il suo utilizzo fu un'esperienza davvero sconvolgente per le truppe alleate bloccate ad Anzio. Il 16 febbraio la situazione per gli alleati peggiorò ulteriormente. Von Mackensen sferrò un contrattacco su larga scala contro la testa di sbarco di Anzio, schierando sei divisioni della sua 14esima armata nel tentativo di respingere in mare gli inglesi e gli americani. Per la seconda volta nella campagna d'Italia, uno sbarco alleato era seriamente in pericolo. Come a Salerno, il contrattacco tedesco fu alla fine sopraffatto. I grandi cannoni americani come il Long Tom 180 mm mostrarono tutta la loro potenza. Vennero schierati un totale di 432 pezzi d'artiglieria, insieme ad un attacco simultaneo delle navi da guerra e dei bombardieri americani provenienti dalle basi del sud Italia. Questo enorme spiegamento di forze fu necessario per salvare gli alleati dal disastro, ma non servì a nascondere gli errori del comandante del 6° Corpo d'Armata. Il 22 febbraio, tre giorni dopo aver fermato l'attacco tedesco, il generale Lucas venne sollevato dall'incarico e sostituito con il generale Lucien Trascott. Ma il nuovo comandante non poteva far nulla per rimediare agli errori strategici del suo predecessore dopo lo sbarco di Anzio. Le truppe alleate erano bloccate in una piccola zona intorno al porto. I tedeschi non dovevano far altro che tenerli a bada. Sarebbe poi toccato al cannone K5 portare avanti il truce e la vola. All'indomani del primo tentativo fallito di sfondare la linea Gustav, il secondo corpo d'armata americano, ormai decimato, venne sostituito con un corpo neozelandese. Questo era formato da neozelandesi, inglesi e indiani, sotto il comando del generale Bernhard Freiberg. Questi era un leggendario ufficiale neozelandese, le cui prodezze in Nordafrica avevano seguito le sue imprese nella prima guerra mondiale, che gli erano valse la croce vittoriana. Con il controllo del settore del secondo corpo d'armata, Freiberg era desideroso di sferrare un attacco contro la città di Cassino, il Monte Calvario e lo stesso Monte Cassino. Ma c'era un problema fondamentale, l'antica abbazia in cima alla montagna. Secondo le convenzioni internazionali, un monumento così importante era una zona vietata all'azione militare. I tedeschi chiedevano di rispettare le convenzioni. Verso la fine del 43, con uno... operazione molto pubblicizzata, rimossero le preziose opere d'arte dall'interno dell'abbazia. Senza un briciolo di ironia, la Wehrmacht si presentò come custode dei valori civili. Pertanto nel febbraio 1944 gli alleati rafforzarono gli schieramenti. Freiberg era convinto che l'abbazia venisse usata dall'artiglieria nemica e che quindi dovesse essere distrutta prima di lanciare l'assalto con l'affanteria. Quando il generale Alexander accettò il piano di Freyberg, il destino dell'antica abbazia era segnato. Il 15 febbraio del 1944, nel cielo di Monte Cassino arrivarono 229 bombardieri americani in tre ondate diverse. Sono schierati 47 Michel B-25. 40 Marauder B-26 e non meno di 140 Flying Fortress B-17. Il carico di bombe superava le 400 tonnellate e nel giro di poche ore, 14 secoli di storia furono ridotti in macerie. I bombardieri avevano fatto il loro lavoro, ma per gli alleati l'intera impresa fu un disastro. Freiberg aveva sbagliato i calcoli, i tedeschi non si trovavano nell'abbazia, gli alleati avevano violato le convenzioni internazionali, paracadutisti tedeschi presero possesso delle macerie e se ne servirono come perfetta posizione di difesa. Il giorno dopo il bombardamento, il secondo corpo d'armata neozelandese passò all'attacco, ma sia gli indiani che i neozelandesi cercarono vanamente di conquistare la postazione. Gli indiani combatterono strenuamente, ma i tedeschi li respinsero. Il mortaio tedesco da 80 mm si rivelò un'arma particolarmente efficace, sia tra le rovine della fazia che al sud, e i neozelandesi fallirono nel tentativo di sfondare la difesa tedesca nella stessa città di Cassino. Qui un distaccamento di truppe neozelandesi attraversò il fiume rapido, ma lottò strenuamente per avanzare nella città. Riuscì a impadronirsi della stazione ferroviaria, ma l'afanteria mancava totalmente di un supporto di mezzi corazzati. I carri armati come gli Sherman erano inadeguati per attraversare il fiume. Bastarono due carri tedeschi per respingere gli attacchi dei neozelandesi. Con le unità britanniche anch'esse incapaci di conquistare Monte Calvario, dopo solo tre giorni l'offensiva venne abbandonata. Il bombardamento dell'Abbazia non aveva dato i risultati sperati. Tuttavia il generale Freiberg era sempre convinto che una massiccia potenza di fuoco fosse l'unico modo per impadronirsi di Monte Cassino. Il bombardamento del 15 febbraio fu devastante. L'attacco alleato, sferrato esattamente un mese dopo, è indescrivibile. Quel giorno, centinaia di bombardieri lanciarono in tutto 1250 tonnellate di bombe sulla città di Cassino. Subito dopo, l'artiglieria aprì il fuoco. 750 cannoni spararono circa 200.000 proiettili in sole due ore, contro un bersaglio grande un chilometro e mezzo. Alla fine di Cassino non rimaneva altro che il suo nome e Freiberg era convinto che nessuno fosse sopravvissuto. Sorprendentemente alcune truppe tedesche erano scampate al massacro e con i rinforzi chiamati per congiungersi agli uomini di Freiberg, i neozelandesi e gli indiani si trovarono ad affrontare una storia ormai al loro familiare. Per gli alleati la campagna d'Italia stava diventando un incubo. A nord della linea d'inverno l'ottava armata si trovava ancora in impasse. Ad Anzio, il sesto corpo d'armata di Trascott aveva le vie di fuga bloccate e i tedeschi di Kesselring tenevano ancora intatta la linea Gustav. Alla fine di marzo la quinta armata di Clark aveva subito oltre 52.000 perdite dalla prima offensiva di gennaio. Se voleva attuare un'azione di sfondamento era necessaria una nuova strategia del comando alleato. Con la quinta armata di Clark, che aveva subito gravi perdite, Alexander decise di raggruppare gran parte dell'ottava armata di Lise per un nuovo attacco contro la linea Gustav. L'armata si spostò a sud. Il decimo corpo d'armata britannico prese il posto dell'ottava armata e la posizione di quest'ultima sul fiume Garigliano venne occupata da quattro divisioni francesi. Agli inizi di maggio Alexander decise di sferrare un attacco massiccio contro un settore del fronte di 30 chilometri. utilizzando non meno di 12 divisioni. I polacchi di Anders presero posizione a nord di Cassino mentre a sud andò il 13° corpo d'armata britannico. Sulla costa venne schierato il 2° corpo d'armata americano con i francesi disposti sul fianco destro della 5° armata. Contro queste forze c'erano soltanto 6 divisioni della 10° armata tedesca. Kesselring e i suoi comandanti però erano certi di una cosa. Gli alleati non avrebbero sfondato i monti Aurunci. Il terreno era di sicuro impraticabile. Il monte Petrella supera i 1500 metri ed è solo una delle alte vette degli Aurunci. Ma il generale francese Juen aveva altro in mente. Quando la sera dell'11 maggio cominciò l'offensiva, le sue truppe africane iniziarono ad avanzare direttamente verso gli Aurunci. Come previsto, l'attacco ebbe inizio con un violentissimo bombardamento. Le truppe polacche, appena schierate, si trovarono presto nel mezzo della battaglia. I tedeschi, però, avevano preparato una fierissima resistenza e inflissero gravi perdite agli uomini di Anders. Gli inglesi, nel frattempo, lottavano per conquistare la Valle del Lino, più a sud. Per gli alleati, nel settore della Quinta Armata, gli sviluppi si facevano più promettenti. Nel giro di due giorni, gli americani erano avanzati verso Formia nonostante la resistenza della 14esima divisione corazzata. Furono però i francesi a fare la mossa decisiva. Il 13 maggio gli uomini di Juen espugnarono il Monte Maio. Due giorni dopo conquistarono anche il Monte Petrella, aprendosi un varco verso nord, nella Valle dell'Iri. Fu una conquista importante e Kesselring sapeva di dover attuare un'altra delle sue ritirate strategiche. Il 18 maggio i polacchi raggiunsero le rovine di Monte Cassino, i tedeschi si erano già ritirati. Dopo quattro mesi di combattimenti e polemiche, le rovine dell'abbazia erano finalmente in mani alleate. Con il secondo corpo d'armata avanzato lungo la costa, Kesselring richiamò una divisione da Anzio per resistere all'avanzata americana verso Terracina, ma la situazione si faceva sempre più critica per i tedeschi. La testa di sbarco di Anzio era stata rafforzata e il 23 maggio, dopo quattro mesi di stallo, gli uomini del VI Corpo d'Armata sfondarono le difese. Due giorni dopo, la VI e la II Divisione della V Armata di Clark finalmente si congiunsero a nord del lago di Fogliano. La decima armata tedesca era ormai in ritirata lungo la valle dell'Iri e per Clark si creava l'opportunità di spostare le sue divisioni a nord per intrappolare i nemici vicino al Valmontone. Era imminente una netta vittoria alleata, aveva in mente altre mosse. Il comandante della quinta armata decise di mandare a nord solo una divisione. Il resto delle truppe lo mandò in direzione di Roma. Il popolo di Roma era in festa. Clark si godette il trionfo come liberatore della città eterna. Ma entrando a Roma si fece sfuggire l'occasione di infliggere una sconfitta catastrofica ai tedeschi. Mentre il comandante americano si godeva la vittoria, Kesselring stava già organizzando una ritirata strategica verso una nuova linea di difesa più potente, situata a nord. Nel luglio del 1943, mentre gli alleati combattevano ancora in Sicilia, le forze dell'Asse avevano costituito una nuova linea difensiva. Era la linea gotica e si estendeva per 300 km da nord di Pisa, sulla costa tirrenica, attraverso gli Appennini, fino a Pesaro, sull'Adriatico. Nel momento della liberazione di Roma, le fortificazioni della linea gotica non erano ancora terminate. Lo stesso Hitler intervenne per ordinare che i lavori fossero completati. Tra giugno e agosto migliaia di soldati italiani e tedeschi si accensero a rinforzare la linea gotica. Al termine dei lavori avevano costruito una formidabile linea di difesa. C'erano oltre 2300 postazioni per mitragliatrici, quasi 500 per mortai e anticarro. di cui molte allestite con il pack 40 da 75 mm. Le fortificazioni includevano anche una serie di mitragliatrici installate su torrette collocate su basi di cemento. E come se non bastasse, i soldati piazzarono anche un migliaio di chilometri di filo spinato per ostacolare l'avanzata della fanteria. Appena Roma si arrese, Kesselring capì che la linea gotica sarebbe stata vitale per contrastare l'offensiva alleata. Nei mesi di luglio e agosto del 44, i suoi uomini impegnarono gli alleati con ripetuti attacchi, mentre si ritiravano a nord di Roma. Quando alla metà di agosto il gruppo C dell'esercito di Kesselring raggiunse la sua posizione, egli sapeva che la campagna d'Italia non era ancora terminata. Hitler voleva disperatamente respingere gli alleati dalla penisola. Il Führer ordinò l'invio di sette nuove divisioni in Italia. e di altre tre per sostituire gli uomini caduti durante la ritirata dalla linea d'inverno. Gli alleati invece persero i rinforzi durante l'estate del 1944. Sette divisioni furono richiamate per prendere parte all'operazione Anvil, l'invasione della Francia del Sud che ebbe inizio il 15 agosto. Clark perse il sesto corpo d'armata e gran parte delle truppe francesi per la campagna di Francia. Tuttavia, la 5° e l'8° armata potevano godere di un breve intervallo di sole, mentre inseguivano i tedeschi verso nord. Ai primi di agosto, la 5° armata si era avvicinata alla linea gotica presso il fiume Arno, mentre l'8° armata avanzava verso il Metauro, sull'altro versante dell'Appennino. Alexander intendeva sferrare un attacco congiunto contro le difese tedesche, prima dell'arrivo del maltempo. Sapeva però che serviva una grande astuzia per sfondare una linea nemica solida e ben comandata. Assalto alla linea gotica. Il 25 agosto del 44 la quindicesima armata anglo-americana iniziò l'attacco sul fianco destro della linea gotica. L'obiettivo di Alexander era raggiungere la linea sul fiume Po e attraversarla. Se fosse riuscito nel suo intento, qualsiasi gruppo di resistenza sarebbe stato respinto sulle Alpi e nella stessa Germania e la battaglia per l'Italia sarebbe finita per sempre. Ancora una volta... Un enorme sbarramento d'artiglieria annunciò l'attraversata del fiume Metauro da parte dell'ottava armata, mentre la quinta attaccava sull'altro versante della penisola espugnando Pisa il 2 settembre. Kesselring non sapeva quale delle due fosse l'offensiva principale e quale un finto attacco. Alla fine decise di concentrare i suoi sforzi per contrastare la quinta armata. Tuttavia, nessuno di questi attacchi iniziali rappresentava la vera forza dell'offensiva alleata. Mentre continuavano i combattimenti su entrambi i fianchi, Alexander poteva concentrare l'intera forza dell'ottava armata su un fronte stretto lungo la costa a nord di Ancona. Ciò richiese lo spostamento di otto divisioni dall'entroterra e di 80.000 veicoli. L'operazione avvenne in soli 15 giorni, con i tedeschi all'oscuro della faccenda. Il 12 settembre ebbe inizio il vero attacco alla linea gotica. Il 20 settembre l'ottava armata con in testa i canadesi aveva sfondato la linea. Fu però un distaccamento di truppe greche ad espugnare la città di Rimini quello stesso giorno, mentre i veterani neozelandesi di Bernard Freiberg tentavano di sfruttare al massimo il loro vantaggio. Questo la diceva lunga sulla natura internazionale della forza alleata in Italia. e nel mese di ottobre sarebbe arrivato come rinforzo anche un corpo di spedizione brasiliano. Con i tedeschi che spingevano i combattimenti su due settori, la quinta armata di Clark riuscì a sfondare le difese della linea gotica. Le forze alleate riportarono gravi perdite, anche a causa delle micidiali mine piazzate dai tedeschi. Clark però era determinato ad avanzare verso la città di Bologna. dalla quale avrebbe potuto raggiungere la strada statale numero 9. Se la strada fosse stata occupata, la decima armata di Kesselring sarebbe stata tagliata fuori dai rifornimenti. Clark era preparato a subire forti perdite lungo i passi di montagna e i suoi uomini resistevano ad un nemico nascosto nelle sue postazioni di fuoco fra le alture. Kesselring sapeva quali fossero le conseguenze se gli alleati avessero conquistato la strada Così concentrò le sue forze contro l'avanzata di Clark. Per contrastare gli americani ricorse alla potenza di quattro divisioni corazzate e a metà ottobre l'attacco di Clark alla fine si arrestò. I tedeschi avevano combattuto strenuamente, ma esisteva un altro fattore che aveva rallentato drasticamente l'avanzata alleata. Alla fine di settembre nel nord Italia iniziò l'ondata di maltempo. In pochi giorni i sentieri di montagna divennero una poltiglia di fango. Le unità corazzate e motorizzate avevano difficoltà ad avanzare. Le munizioni e altri rifornimenti dovevano essere trasportati a piedi al fronte e il risultato fu inevitabile. Alla fine di ottobre gli alleati non erano riusciti a sfruttare il varco sulla linea gotica. Nonostante le gravi perdite, l'avanzata del secondo corpo d'armata si arrestò a 15 km da Bologna. Ad est, anche l'ottava armata subì gravi perdite, prima di trincerarsi in una linea che attraversava Cesena. Mentre il tempo peggiorava, nel campo di battaglia era tornata una fase di stallo, sebbene un periodo di tempo migliore vide avanzare l'ottava armata verso Ravenna. Anche nel mese di dicembre la 5° Armata fu costretta a subire un disperato contrattacco ordinato da Mussolini, ancora in sella nell'Italia del 4°. I uomini dell'8° Divisione Indiana trascorsero il giorno di Natale a respingere gli ultimi tentativi del Duce. Per i soldati di entrambi i fronti, Il Natale del 1944 fu un giorno davvero triste. L'unica consolazione per i soldati alleati erano le buone notizie sulla guerra. Nel 1944, infatti, l'inevitabile sconfitta di Hitler divenne realtà. Tra maggio e novembre la Germania e i suoi alleati vennero sconfitti su tutti i fronti e il 1944 vide gli alleati impegnati a dare il proprio contributo in Italia contro le forze dell'Asse. Ma all'inizio del 45 la guerra non era ancora finita. All'inizio del 45 il morale dei soldati era molto basso. Il terreno rendeva difficili i combattimenti. e al comando delle truppe alleate si avvicendarono diversi ufficiali. Il generale Alexander divenne il comandante supremo delle forze armate del Mediterraneo. La quindicesima armata passò a Mark Clark, mentre la quinta venne affidata al generale Lucian Truscott. Il comando dell'ottava armata era passato al generale Richard McCreery, quando Oliver Lees era stato trasferito al comando delle forze alleate nell'Asia sudorientale. Ma fu a marzo del 1945 che ebbe luogo il cambiamento più significativo. In quel mese Albert Kesselring lasciò l'Italia per diventare il comandante in capo delle forze dell'Ovest e venne sostituito dal vecchio comandante della decima armata, il generale Weitinghoff. Il primo aprile 1945, mentre il caldo primaverile faceva ritorno, terminò la lunga pausa della campagna d'Italia. Quel giorno le unità dell'ottava armata britannica sferrarono un attacco a sorpresa contro le postazioni strategiche attorno alle paludi di Comacchio. sul fianco destro della linea del fronte. Si trattò di un breve attacco, che riuscì a tenere lontani i tedeschi dall'ottava armata che si dirigeva verso Ferrara, attraverso un territorio desolato, conosciuto come il Fosso di Argenta. Con l'arrivo del bel tempo, venne utilizzata la potenza della flotta aerea alleata e il 14 aprile le truppe avanzarono fino al Fosso di Argenta. A quel punto il supporto aereo si preparò per un nuovo attacco della quinta armata verso Bologna, l'obiettivo che le era sfuggito cinque mesi prima. Questa volta non ci fu nessuno stallo. Il 21 aprile un contingente di truppe polacche espugnò la città, mentre i soldati tedeschi dovettero indietreggiare fino alla linea del fiume Po, i cui ponti avevano già ricevuto l'attenzione dei bombardieri alleati. Nei giorni successivi, Weitinghoff e gli altri ufficiali tedeschi in Italia presero contatti con gli alleati per discutere i termini della resa. Il 29 aprile, vicino a Napoli, una delegazione tedesca incontrò il generale Alexander. Alla fine dell'incontro si giunse ad un accordo di resa che doveva essere applicato il 2 maggio. La campagna d'Italia era quasi terminata. Il giorno prima dell'incontro, Mussolini venne ucciso dai partigiani italiani e il suo corpo appeso in una piazza di Milano. Il giorno dopo l'accordo di resa, Hitler si suicidò per evitare l'onta dell'umiliazione. Due giorni dopo, la guerra del Führer si concluse sul territorio italiano. C'erano voluti 20 lunghi mesi per intraprendere il viaggio da Reggio Calabria nel profondo sud fino alle pianure dell'Italia settentrionale. Lungo il tragitto, I soldati avevano sopportato le più dure condizioni di guerra affrontate dalle forze alleate durante la Seconda Guerra Mondiale. Un territorio difficile, il maltempo, un nemico determinato e ben armato, insieme a dubbi e decisioni dei comandanti, furono tutti fattori con cui i soldati alleati dovettero confrontarsi. Inoltre, restava aperta la questione se l'intera campagna d'Italia fosse solo uno spettacolo secondario rispetto ad eventi più drammatici che avevano luogo altrove. Gli alleati però avevano vinto. Nel corso dei combattimenti erano riusciti a fermare un gran numero di truppe tedesche che avrebbero potuto essere schierate altrove. Fu un enorme contributo alla causa alleata. Uomini provenienti da tutto il mondo per combattere in Italia si sottoposero alle privazioni della guerra con coraggio e determinazione. Oggi si crede che la guerra possa essere fatta con un minimo di vittime e con grande rapidità, ma la storia della campagna d'Italia ci dimostra che non è sempre così. A volte il trionfo richiede tempo, vittime e privazioni. Ma la vittoria è pur sempre la vittoria, come furono in grado di testimoniare i soldati alleati che combatterono strenuamente in Italia. in uno dei più difficili campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale.