Nel 1700 il continente americano è diviso tra le grandi potenze europee. Sulle coste dell'America settentrionale si era creata una fiorente regione dominata dalla corona britannica. Il destino di queste colonie, 13 per l'esattezza, non è però sotto il dominio inglese.
In America soffia il vento della rivoluzione. Prima però bisogna fare una piccola introduzione. La colonizzazione inglese dell'America settentrionale inizia nei primi decenni del 1600. Nello stesso periodo la Francia affonda la città di Quebec nel 1608, creando le basi per un futuro scontro per le sconfinate terre.
del nuovo mondo. Le prime comunità inglesi si sviluppano sulla costa dell'Oceano Atlantico, composte per lo più da fuggitivi. Emigrati politici e religiosi si imbarcano in cerca di una nuova vita. Nel 1620 la Mayflower, con a bordo un gruppo di dissidenti calvinisti, compie la pericolosa attraversata oceanica.
All'arrivo i coloni fondano Plymouth, nel territorio della Baia del Massachusetts. A volte il rapporto tra coloni non è dei più rosei e ad esempio il teologo radicale Roger Williams sarebbe stato cacciato dal Massachusetts per le sue idee, fondando una colonia basata sulla tolleranza religiosa, Providence, nel 1636, ponendo le basi per lo stato del Rhode Island. Un altro esempio è William Penn, un esploratore quacchero che acquista dagli indiani il territorio della Pennsylvania, dove avrebbe fondato nel 1682 fino a...
Philadelphia, la città dell'amore fraterno. Verso la fine del secolo iniziano ad arrivare sulle sponde del Nuovo Mondo i gruppi più disparati in fuga dall'Europa. Ugronti francesi, protestanti tedeschi e calvinisti svizzeri si riversano nel Nuovo Mondo.
In questo periodo però la popolazione più numerosa a solcare gli oceani è quella delle isole britanniche, in particolare inglesi e scozzesi, in cerca di una nuova vita. Queste ondate migratorie fanno crescere sempre di più le colonie, gli insediamenti diventano villaggi, poi città. Philadelphia, New York e Boston iniziano a crescere. iniziano la loro ascesa come centri di sviluppo nelle terre d'oltremare.
Nel 1732, a più di un secolo dall'arrivo della Mayflower, si sono formate 13 entità statali, 13 colonie inglesi estese per più di 2500 km sulla costa atlantica e nell'entroterra, fino ai Monti Appalaci. Queste 13 colonie, come abbiamo visto, non hanno la stessa storia di fondazione e, a seconda dei casi, hanno un certo rapporto con la corona britannica. Massachusetts, Rhode Island e Connecticut sono definite colonie con carta, da compagnie commerciali. Il re concede loro di scegliere gli amministratori del territorio.
Pennsylvania, Delaware, Maryland e Georgia sono colonie di proprietari. Il re riconosce il diritto di proprietà ad un privato cittadino, che può a sua volta concedere delle carte costituzionali a queste terre. Infine abbiamo le colonie regge, dipendenti dalla monarchia che vi nomina i governatori e dotate di un'assemblea eletta dai cittadini più ricchi. Queste sono New Hampshire, New York, New Jersey, Virginia, North e South Carolina.
Nel frattempo... tempo la rivalità fra Francia e Inghilterra non fa altro che aumentare. Il continente americano diventa un nuovo territorio di scontro per le due potenze europee.
Già dalla pace di Utrecht del 1713, che pose fine alla guerra di successione spagnola, la Francia fu costretta a cedere ad alcune pretese territoriali. E però con la pace di Parigi del 1763 e la fine della guerra dei Sette Anni, che l'impero coloniele francese cessa di esistere in America settentrionale. L'intero territorio del Canada è ceduto alla Gran Bretagna.
Un altro protagonista nell'ambito del Nuovo Mondo Dopo questa guerra è costretta a cedere la Florida agli inglesi, mantenendo però tutti i territori a ovest del fiume Mississippi, tranne la città di New Orleans, ricevuta dai francesi. In questi anni, gli europei, a parte che farsi la guerra fra loro, si trovano davanti a numerose sfide. La natura selvaggia del territorio, le malattie, la scarsità di risorse e, in particolare, i nativi. Il rapporto tra nativi e coloni può essere definito come uno stato perenne di ostilità, con qualche raro momento di pace. Dai primi contatti positivi, i coloni, sempre di più, più armati, e organizzati portano i nativi ad una reazione ostile.
Le tribù nomadi cercano di combattere senza successo la penetrazione europea nel continente americano. Dopo questa prima cacciata verso ovest, le varie tribù indiane si dividono tra oppositori dei bianchi e alleati, inserendosi anche come forza durante la guerra dei Sette Anni a disposizione degli inglesi o dei francesi. Rapidamente però, i nativi diventano una minoranza.
Da poco più di 250.000 abitanti nelle colonie a inizio Settecento, nel 1775 le 13 colonie contano due. due milioni e mezzo di abitanti. La società che si viene a creare è uno strano mix, totalmente diversa da quella che si può trovare nello stesso periodo in Europa. L'assenza di antiche gerarchie feudali permette una forte mobilità sociale, mentre la famiglia tipicamente di stampo europeo si mischia con il forte senso di libertà e individualismo dei coloni americani. Un senso di libertà che però convive con la normalità della schiavitù e la rigida morale puritana delle origini.
Le 13 colonie non possono inoltre essere viste come un blocco unico per composizione sociale ed economie. si possono dividere infatti in tre grandi gruppi, a seconda della loro posizione geografica. Le quattro colonie del Nord, nella regione del New England, si basano sul commercio, sull'artigianato e sull'attività manifatturiere.
La base sociale è la libera iniziativa economica, sempre guidata da una sana dose di puritanesimo. Le quattro colonie del centro gonor di un'attività economica molto diversificata. Commercio di pellicce e piccole proprietà terriere dominano...
la regione. Questa è la regione etnicamente più variegata, con grandi città dotate di minoranze molto forti, come quelle tedesche, olandesi e svedesi. Le cinque colonie del sud sono invece dominate dai grandi latifondi, piantagioni di canna da zucchero, tabacco e poi cotone coltivate da un'azienda di città. da schiavi africani.
Qui troviamo una ricca aristocrazia fondiaria di stampo anglicano. Tutte le 13 colonie gonorono del cosiddetto self-government o autogoverno. Ma che cos'è di preciso? Ciascuna colonia è amministrata da un governatore, nominato a seconda dei casi dal proprietario della colonia, dalla compagnia mercantile o direttamente dal re. Il governatore nomina quindi un consiglio coloniale che lo avrebbe aiutato nell'amministrazione del territorio.
Per le decisioni politiche interne alle colonie viene letta a suffraggio più o meno ristretto una semplice scelta. Assemblea legislativa. Tuttavia, il governatore gode anche del potere di porre il veto sulle decisioni dell'Assemblea e di nominare i giudici.
Ma poco a poco, per le comunicazioni difficili con la madrepatria, le assemblee legislative diventano sempre di più forme vere e proprie di autogoverno. Inizia qui un processo inesorabile di scontro tra i coloni e il potere centrale, rappresentato dai governatori. La Gran Bretagna decide di investire sul fomentare la rivalità tra le colonie, viva sia a livello economico che territoriale.
Ma questa rivalità artificiale non può durare in età. eterno e il desiderio di totale monopolio sul mercato delle 13 colonie da parte della Gran Bretagna è una bomba pronta ad esplodere. In fin dei conti, quello che i coloni hanno assaporato tramite l'autogoverno delle assemblee legislative è un frutto proibito per il quale si è disposti anche a morire.
La libertà. Dalla loro nascita ufficiale, le 13 colonie avevano continuamente mostrato fedeltà alla corona britannica durante la sua espansione sul continente americano. Ma nel tempo, l'esasperazione per un sistema reputato ingiusto può portare anche l'uomo più mite ad atti scellerati.
Quante tasse può essere costretta a pagare un uomo prima di ribellarsi? L'impero britannico aveva fin da subito mantenuto un rapporto di monopolio nei confronti delle proprie colonie, specialmente le più ricche. Il monopolio britannico è gestito da speciali leggi commerciali, definite atti di navigazione risalenti al 1651. Queste leggi, dal forte stampo protezionistico, vietano l'approdo a qualunque nave nei porti delle colonie, se non quelle inglesi.
Inoltre, tutte le merci delle colonie sarebbero state trasportate in madrepatria prima di entrare nel mercato libero. Queste leggi creano il presupposto per un mercato protetto e dalla produzione settorializzata. La Gran Bretagna non vede di buon occhio qualunque forma di competizione per la sua industria, perfino nelle sue stesse colonie.
Le tre leggi sono le stesse. 13 colonie quindi si specializzano nei cosiddetti beni coloniali atlantici, tabacco, legname, pesce, olio di balena, rum e pellicce. Un'altra industria vitale per l'impero è quella cantieristica. Metà del tonnellaggio della flotta imperiale proviene dai porti delle 13 colonie. Queste politiche protezionistiche all'inizio non sono viste come negative dai coloni, ma con la cacciata dei francesi l'insofferenza inizia ad aumentare.
I dazi e le leggi arbitrarie strangolano l'economia delle colonie che per potenzialità possono aspirare a molto di più. Inoltre, il voto lasciato dai francesi deve essere riempito. I coloni iniziano a reclamare il loro diritto ad andare ad ovest, nelle terre ora di fatto in mano alla corona britannica, verso l'immenso fiume Mississippi.
Ma il Parlamento britannico ha un altro piano. Nel 1763 arriva la Royal Proclamation, il proclama reale, con cui si vieta ai coloni di andare oltre i monti Appalaci. La rabbia dei coloni sarebbe di nuovo cresciuta. Poco dopo, il re d'Inghilterra, Giorgio III, pretende...
che le 13 colonie paghino più tasse per le spese belliche della guerra dei Sette Anni, finita poco prima. Le colonie infatti avrebbero goduto molto di questa guerra vinta e per il re sembrava naturale spremere un po'di più i propri sudditi d'oltremare per rientrare dai costi. La Gran Bretagna non perde tempo e inizia a varare una serie di tasse sempre meno sopportate e sempre meno comprese dai coloni.
Non aiuta che gli abitanti delle 13 colonie, in buona parte, credano in una forma di uguaglianza e di tolleranza che li posiziona a sì. sì come sudditi della corona, ma non per questo schiavi. Nel 1764 arriva il Revenue Act.
Il governo inglese aumenta i controlli e le sanzioni per combattere il contrabbando sempre più vivo nelle colonie. Un danno non da poco per il monopolio britannico. Nello stesso anno arriva lo Sugar Act, con cui vengono aumentati i dazi di tutti i prodotti importati da paesi diversi, dalla Gran Bretagna, in particolare lo zucchero, usato per la distillazione del rum.
A coronare un anno non certo felice per i contribuenti americani, arriva il Currency Act, con cui viene vietata nelle colonie l'emissione di carta moneta. Infine, all'inizio del 1765, Termina questa tornata di tasse con lo Stamp Act, la legge sul bollo. Per ogni contrattazione commerciale o atto giudiziario sarebbe stata richiesta una carta bollata.
Queste tasse, prese singolarmente, non avrebbero portato ad alcun tipo di dissenso diffuso, ma emanate. in un così breve periodo di tempo, portano all'esasperazione i coloni americani. Pochi mesi dopo lo Stamp Act, a New York si riuniscono i rappresentanti di nove colonie per discutere la situazione e far valere i propri diritti.
Il costituzionalismo inglese, infatti, parla chiaro. può essere tollerata una tassazione senza una dovuta rappresentanza nel Parlamento. Ogni tassa senza questa caratteristica è da considerarsi incostituzionale e quindi inaccettabile in uno Stato di diritto. Da questo concetto sarebbe nato il celebre slogan No taxation without representation.
Nessuna tassazione senza rappresentanza. Si può dire che dopo l'incontro di New York, noto anche come Stamp Act Congress, tra i coloni inizia a farsi strada l'idea più grande di tutte. L'indipendenza. Infatti poco dopo iniziano nelle 13 colonie e manifestazioni pubbliche e atti di boicottaggio delle merci inglesi.
Alcune associazioni, nate sulla scia delle proteste contro le politiche economiche inglesi, come i Figli della Libertà, sarebbero diventate i primi centri di sentimento indipendentista nelle colonie. Un sentimento di libertà inizia a farsi strada tra i coloni, una voglia di divincolarsi dal soffocante potere inglese e una ritrovata consapevolezza nella propria forza. Come avrebbe detto lo scrittore Thomas Paine, è assurdo che un continente sia in eterno governato da un'isola.
Dopo il congresso di New York, le colonie decidono di avviare una protesta tanto massiccia da paralizzare il commercio inglese. Lo Stamp Act viene ritirato nel 1766. La Gran Bretagna non può tollerare una tale umiliazione. Subito dopo aver abrogato lo Stamp Act viene emanato il Declaratory Act. Solo il Parlamento inglese, non i coloni e nessun loro eventuale organo rappresentativo ha il diritto di legiferare in Nord America.
Nel 1767 arrivano le Leggi Townshend, un insieme di unico di questi. di politiche ideate per aumentare il monopolio inglese e alzare ancora di più i dazi. In questo insieme di leggi si trova il Mutiny Act, in cui viene imposta alle assemblee legislative di fornire alloggio alle truppe inglesi e di provvedere ai loro rifornimenti.
Queste truppe, mal pagate e malvolute, vengono sempre di più viste dai coloni non come una forza di difesa, ma di occupazione. Un sentimento di rivolta inizia a impadronirsi della popolazione. Dalla piccola borghesia di Boston ai grandi proprietari terrieri della Georgia, le 13 colonie si preparano allo scuola. scontro con la madrepatria.
In questo periodo nascono i comitati di corrispondenza, organizzazioni segrete con l'obiettivo dell'indipendenza. Raccogliere armi, fare propaganda, punire lealisti. Queste alcune delle mansioni dei comitati. La situazione ormai si può definire esplosiva, ma il Parlamento inglese non sembra intenzionato a desistere dallo spremere altre tasse dai coloni.
Nel maggio del 1773 viene emanato, per salvare dalla bancarotta la ormai morente e compagnie delle Indie orientali, il North Tea Act. Viene dato il monopolio del tè alla compagnia, danneggiando ancora di più il mercato delle 13 colonie. È troppo. Il 16 dicembre 1773, nel centro della protesta anti-inglese, Boston, un gruppo di coloni travestiti da nativi assaltano tre navi della compagnia cariche di tè. È il Boston Tea Party.
Il carico di tè è gettato in mare, danneggiando non poco la compagnia e mandando così un messaggio forte e chiaro all'Inghilterra. All'arrivo della notizia del Boston Tea Party, il Parlamento inglese rimane indignato. I coloni devono essere puniti e rimessi in riga. Ma le 13 colonie sono stufe, hanno subito troppo per troppo tempo.
In lontananza, nei villaggi e nelle campagne, dalle piane del sud all'industria del nord, si sentono i tamburi della rivoluzione. Dopo il Boston Tea Party, il rapporto tra la madrepatria e i coloni crolla. Nessuno dei due ha intenzione di cedere.
Il tempo per il dialogo è passato. Da un lato all'altro dell'oceano atlantico ci si prepara alla guerra. La reazione degli inglesi dopo i fatti di...
Boston è dura e decisa. I coloni saranno riportati all'ordine, anche con le cattive. Nel 1774 vengono emanati gli atti coercitivi, ribattezzati dai coloni come atti intollerabili per la loro natura. Boston viene chiuso. I governatori vengono autorizzati a requisire alloggi privati per le truppe inglesi.
I territori a nord del fiume Ohio vengono consegnati non ai coloni inglesi, ma a quelli francesi del Quebec. La rabbia dei coloni si tramuti in dibattito interno. Che fare?
Le 13 colonie non sono in fin dei conti un blocco monolitico. Si creano vari partiti nella popolazione americana. Prima di tutto bisogna fare una separazione iniziale tra due macropartiti, gli indipendentisti e i lealisti.
Gli indipendentisti, patrioti o yankee, dal loro nome sostengono la piena separazione dalla Gran Bretagna. I lealisti, o Tories, reputano invece che si possa richiedere una maggiore autonomia alla corona, senza staccarsene. Dipendentisti tendono ad appartenere più alla borghesia mercantile e manifatturiera, mentre i grandi latifondisti tendono a riconoscersi più sulle posizioni lealiste.
In mezzo a questi due movimenti troviamo i moderati, che raccolgono da un lato e dall'altro dello spettro economico e sociale. Il loro obiettivo è trovare una mediazione con la madrepatria. La popolazione è in grande fibrillazione. Nel settembre del 1774 si riuniscono a Filadelfia rappresentanti delle 13 colonne. A inizio, il primo congresso continentale.
Il primo atto di questo congresso è rigettare gli atti intollerabili, decretando di scrivere una lettera di protesta direttamente al re Giorgio III. La situazione però non può continuare. Il congresso continentale è una palese violazione di tutte le leggi inglesi contro la autogoverno.
È questione di tempo prima che volino i primi proiettili. Non si dovrà aspettare troppo. Nell'aprile del 1775 a Lexington una colonna inglese, in viaggio verso Concord per distruggere una fabbrica di munizioni e armi, è bloccata da un gruppo di colonne coloni armati.
Questi però non sono una banda disorganizzata di cittadini. Le giube rosse inglesi si trovano davanti ai coloni che sono abbastanza destrati e sanno combattere. I miliziani. La milizia nel tempo era diventata la base per la difesa dei coloni, davanti ai soprusi inglesi. Ovunque erano nate caserme clandestine, fabbriche come quella di Concord, magazzini e gruppi di miliziani pronti a combattere contro ogni sopruso.
Ora, quel tempo è arrivato. Nella piccola cittadina di Lexington, il 19 aprile 1775. Inizia ufficialmente lo scontro tra i coloni e il più grande impero sulla Terra. Ha inizio la rivoluzione americana. A Lexington i coloni guadagnano un'insperata vittoria sulle giubbe rosse, quasi mai sconfitte sul suolo americano. Durante lo scontro è decisivo l'intervento dei coloni a corsi dei villaggi vicini.
Nonostante la professionalità delle truppe inglesi, i numeri portano i comandanti britannici a ritirarsi. La mobilitazione è basata sui minutemen, miliziani addestrati per essere pronti allo scontro in meno di un minuto. Da qui.
il nome. Il 10 maggio 1775 viene richiamato a Filadelfia il secondo congresso continentale. E se il primo si può ancora definire fedele all'impero britannico, durante il secondo si pongono le basi per qualcosa di nuovo.
Rivoluzionario. Uno dei primi atti del congresso è stabilire il 14 giugno 1775 l'esercito continentale. I minutemen e i miliziani vengono inquadrati in un esercito vero e proprio.
Alla guida di questa nuova forza è posto un proprietario terriero della Virginia e veterano della Guerra dei Sette Anni, George Washington. Nello stesso periodo, dall'altro lato dell'oceano, Giorgio III si presenta al Parlamento dichiarando che questa ribellione sarà sedata il più velocemente possibile. Inizia la mobilitazione per sedare la rivolta nel sangue. Sempre durante il secondo congresso continentale, il 4 luglio 1776, viene ufficialmente firmato un documento unico nella storia. La dichiarazione di indipendenza.
Redatta da Thomas Jefferson, un giovane avvocato della Virginia, è un perfetto esempio dello spirito illuminista dei neonati Stati Uniti d'America. Si legge infatti. Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per sé stesse evidenti. Che tutti gli uomini sono stati creati uguali. Che essi sono stati dotati dal loro creatore di alcuni diritti inalienabili.
che tra questi sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità. Ma la cosa più importante è che la dichiarazione afferma con fermezza l'indipendenza e la libertà delle colonie, ora unite nei confronti della corona britannica. L'epoca e le novità della dichiarazione è che ideali di uguaglianza e diritti inalienabili vengono posti alla base di un nuovo Stato per la prima volta nella storia.
contrapponendosi alla schiavitù subita per mano di Giorgio III. Il conflitto che va delineandosi non è solo tra ribelli e inglesi, ma anche una guerra civile tra lealisti e indipendentisti. Sommando a questa situazione il conflitto perenne con i nativi ad ovest e il problema degli schiavi a sud, la situazione è esplosiva.
Non a caso sia i coloni che gli inglesi cercano di attirare le simpatie degli schiavi, promettendo la loro liberazione, se volontari. O cercando il supporto delle tribù indiane, per lo più pro-inglesi, esclusi i rochesi e d'Espagna. Delaware, pro-coloni.
Il conflitto era quindi iniziato a Lexington e la prima fase non è gentile con i coloni. Le forze inglesi sono stimate a 35.000 truppe addestrate, mentre Washington e i ribelli possono contare su circa 8.000 miliziani. New York viene occupata nell'agosto del 1776, mentre Washington decide di optare per una guerra di logoramento.
Il terreno e il supporto della popolazione avrebbero dato il vantaggio necessario all'esercito rivoluzionario. Nel frattempo i ribelli provano in tutti i modi ad attirare aiuti dall'estero. Benjamin F. Franklin, noto inventore del parafulmine, letterato e membro prestigioso del congresso, è inviato in Francia per cercare aiuto.
Franklin non è una scelta casuale. Non solo è uno dei pochi intellettuali americani noti nel vecchio continente, ma è anche uno dei più grandi fautori dell'indipendentismo. Il serpente diviso con il motto Join or Die, unisciti o muori, uno dei simboli più famosi della rivoluzione, è una sua ideazione. L'opinione pubblico europea infatti è molto più favorevole ai coloni. che agli inglesi, specialmente i francesi, usciti umiliati dalla guerra dei sette anni.
Dal 1777 iniziano ad arrivare volontari dal vecchio continente, anche veterani, come il generale francese Lafayette. La tattica di Washington e gli aiuti stranieri cominciano a dare i loro frutti. Nel 1777 gli inglesi subiscono a Saratoga la loro prima grande sconfitta. Inoltre, in Europa comincia a crearsi un fronte sempre più unito contro gli inglesi. Nel 1778 la Francia, dopo aver riconosciuto l'indipendenza delle colonie, dichiara guerra, seguita l'anno dopo dalla Spagna.
La situazione per gli inglesi comincia a precipitare. L'esercito di Washington e Skive non accettano uno scontro decisivo, mentre sempre più potenze europee si uniscono al sentimento anti-inglese. Nel 1779 la Gran Bretagna dichiara guerra all'Olanda.
accusate di consegnare di contrabbando rifornimenti alle colonie ribelli. Decreta inoltre il controllo forzoso di ogni nave di qualunque potenza neutrale, in approdo nei porti nordamericani. Questo irrita tutte le grandi potenze.
Caterina II di Russia crea la cosiddetta Lega dei Neutri, formata con Danimarca, Svezia, Prussia, Austria e Portogallo, per rivendicare la libertà dei traffici navali. L'impero britannico è sempre più solo. L'aiuto europeo si rivela fondamentale.
Nell'estate del 1781... Una flotta francese si presenta davanti alle coste atlantiche. Dopo anni di scaramucce, è il momento del contraattacco. Le truppe britanniche si rifugiano a Yorktown dopo aver perso quasi tutto il terreno agli insorti.
Dopo un assedio durato fino a ottobre, gli inglesi di Lord Conwallis si arrendono. La guerra, con la caduta di Yorktown il 19 ottobre 1781, si può dire conclusa. Il primo ministro inglese, Lord North, ricevuta la notizia della sconfitta, proclamò «Oddio, è finita».
Gli esponenti di Giorgio III e degli Stati Uniti d'America si incontrano a Parigi. È tempo di parlare di pace. Dalla battaglia di Lexington a Yorktown, dopo anni di scontri, i coloni americani erano riusciti a sconfiggere il più grande impero del mondo, in nome della libertà, dell'uguaglianza e di non pagare le tasse. Ora, in un hotel di Parigi, Benjamin Franklin è di nuovo in Francia, accompagnato dalla delegazione americana per trattare con quell'inglese di David Hartley.
Gli Stati Uniti d'America sono pronti ad essere finalmente liberi. La fortezza di Yorktown era caduta nel 1781, ma ci vorranno altri due anni per organizzare i trattati di pace. In In fin dei conti si sta decidendo il futuro del continente americano. Il 3 settembre 1783 viene firmato da entrambe le parti all'Hotel de York il Trattato di Parigi.
La Gran Bretagna accetta la sconfitta. Le 13 colonie sono libere. Allo stesso tempo, per porre fine alla guerra internazionale che era scoppiata, si firma il Trattato di Versailles. Qui vengono precisati tutti i cambiamenti territoriali tra le grandi potenze e i confini internazionali dei neonati Stati Uniti. Prima di tutto la Francia, che si era tanto spesa per questa vittoria, riceve solo la restituzione di alcuni territori ceduti durante la guerra dei Sette Anni.
Alcune delle Antille e il Senegal tornano francesi. Anche la Spagna riceve indietro solo la Florida e nel Mediterraneo l'isola di Minorca, entrambi territori persi pochi anni prima. Infine, gli Stati Uniti ricevono il riconoscimento internazionale della loro esistenza, oltre che tutti i territori inglesi del Nord-Ovest.
Il nuovo confine naturale delle 13 colonie diventa il fiume Mississippi. Ora che le 13 colonie sono libere, devono organizzarsi in qualcosa di nuovo per poter risolvere numerosi problemi. All'interno dei vari stati sono ancora vive controversie territoriali e ora tutta questa nuova terra.
Come verrà divisa? Non ci sono leggi doganali, ogni stato ha i suoi problemi. suoi dazi e a volte anche trattati singoli con altre potenze. Anche la valuta è diversa, data l'inflazione portata dalla guerra ogni colonia era andata in ordine sparso, per non parlare della situazione dei debiti.
In fin dei conti le 13 colonie hanno combattuto per la loro autonomia, di cui sono fiere. Un governo federale è visto come un'altra forma di oppressione. I contrasti portano rapidamente a nuove spaccature. Da un lato abbiamo i federalisti, che credono in un governo accentratore, per lo più borghesia mercantile della costa. Dall'altro abbiamo gli antifederalisti, rappresentati dai proprietari terrieri del Sud.
Nel dibattito intervengono intellettuali come Alexander Hamilton, James Madison e John Jay, quest'ultimo presente ai trattati di Parigi, a favore del federalismo in numerosi articoli raccolti poi nel The Federalist. Per pacificare gli animi, nel maggio 1787 viene convocata a Philadelphia una convenzione, un'assemblea costituente presieduta da George Washington. La convenzione di Philadelphia stende una nuova costituzione in cui è dato un maggiore potere alle posizioni federali.
Ogni stato può darsi i propri ordinamenti. La politica estera, la difesa e la finanza però andranno al governo federale. Gli Stati Uniti si delineano come uno stato federale e repubblicano sul modello della divisione dei poteri teorizzata dal filosofo illuminista Montesquieu. Il potere legislativo viene affidato al congresso, costituito da una camera dei rappresentanti e da un senato.
L'esercito esecutivo è affidato al Presidente della Repubblica. Quello giudiziario è sottoposto al controllo di una Corte Suprema Federale. Il concetto di base di questa divisione è quella del check and balance.
Ogni ramo della Repubblica esiste per assicurarsi che l'altro non guadagni troppo. potere. Si decide che la Camera dei rappresentanti venga eletta ogni due anni a suffragio popolare diretto, con diritto di voto in base al censo, e il numero di rappresentanti sia proporzionale alla popolazione dello Stato. Uno ogni 30.000 abitanti.
Il Senato invece sarebbe stato eletto per per la durata di sei anni con 26 membri, due per ogni Stato, senza tenere in conto il numero dei suoi abitanti o la sua grandezza. Il Presidente, a guida dell'esecutivo, è votato ogni quattro anni con il doppio ruolo di Capo di Governo e di Stato. Il voto è indiretto.
Un'assemblea di grandi elettori avrebbe ratificato il voto popolare. Il Presidente degli Stati Uniti è dotato di poteri amplissimi. È il Comandante delle Forze Armate, nomine i giudici della Corte Suprema, i titolari di molti uffici federali e ha il potere di veto sulle leggi votate dal Congresso.
Il congresso però non è inerme. Ha il diritto di mettere in stato d'accusa il presidente e destituirlo se si fosse reso colpevole di una qualunque violazione di legge. La costituzione così formata è presentata ai vari stati dell'Unione e nonostante qualche critica e resistenza che porta ad un'approvazione non unanime, viene accettata da tutte le ex 13 colonie.
Tutto è pronto. Il 4 marzo 1789 si vota per il primo presidente degli Stati Uniti. George Washington, il generale che ha portato la vittoria agli americani, cani e chiamato a guidare il paese.
Per pacificare gli animi, nel 1791 vengono introdotti i primi emendamenti alla Costituzione, dieci, sotto il nome dei Bill of Rights, legge dei diritti. Gli antifederalisti si possono dire contenti. Infatti questo documento racchiude non solo la tutela dei singoli stati contro il governo federale, ma anche numerose libertà, di religione, di separazione tra chiesa e stato, di parola, di stampa, di riunione e di possesso di armi.
Un anno prima era stato compiuto il primo censimento. Gli Stati Uniti Gli Stati Uniti hanno quasi 4 milioni di abitanti, di cui 750.000 schiavi di origine africana nel sud del paese. Per aiutare l'amministrazione del territorio vengono creati dei ministeri nel 1789. Il nuovo ministro del Tesoro, Alexander Hamilton, risana le finanze statali e, nel 1791, fonda la Banca degli Stati Uniti. Viene introdotto il dollaro come moneta comune nel 1793, mentre il rapporto sulla manifattura diventa il piano economico nordamericano, basato sul protezionismo in funzione anti-europea. europea.
Il problema è che Hamilton ignora il sud dell'Unione, in cui i proprietari si sentono sempre più esclusi dal governo. Il segretario di Stato, ovvero il ministro degli esteri Thomas Jefferson, avrebbe preso a cuore la loro causa. Si vengono così a delineare due correnti, due partiti. Uno democratico repubblicano, guidato da Jefferson, l'altro federalista, guidato da Hamilton. Da questo momento in avanti il bipartitismo sarà lo standard della politica americana.
Nel 1796 Washington, ormai vecchio, decide di non riprendere la politica americana. ripresentarsi per la presidenza. Lo scontro è aperto. Le elezioni vanno al federalista John Adams, ma per le regole in vigore al tempo la vicepresidenza sarebbe andata al perdente, il repubblicano Jefferson. Alle elezioni del 1800 Jefferson porta a casa la presidenza.
Inizia un periodo di governi repubblicani che sarebbe durato fino al 1825. Jefferson durante la sua presidenza cerca di consolidare il potere centrale spostando la capitale da Philadelphia a Washington DC, un paesino di 3000 anime. per farne un centro amministrativo e politico. L'espansione territoriale, inoltre, non sembra intenzionata a fermarsi.
Nel luglio del 1787 il congresso aveva emanato appositamente l'ordinanza del nord-ovest. Le regioni da colonizzare diventano territori con diritto di partecipazione al congresso che avrebbe provveduto alla nomina di giudici e governatori. L'ordinanza sottolinea come al raggiungimento di 5.000 maschi adulti si sarebbe potuto eleggere un parlamento e, a 60.000 abitanti, il territorio sarebbe diventato un'area di rinforzamento. uno stato a tutti gli effetti.
Nascono così Vermont, Kentucky, Tennessee, Illinois, Ohio, Indiana e Alabama. Solo nel 1912 l'ordinanza del Nord-Ovest sarebbe caduta in disuso con la fondazione dello Stato dell'Arizona. L'espansione continua anche oltre il Mississippi.
Nel 1803 l'amministrazione Jefferson acquista dalla Francia l'intera Louisiana per quasi 15 milioni di dollari, mentre la Florida, spagnola, è annessa in maniera simile nel 1819. L'unico momento di difficoltà per la neonata repubblica è il momento di rinforzare la sua città. è infatti considerata illegale. La terra dei liberi non può tollerare una tale barbarie sui suoi nuovi territori. Ma la forza economica a volte è più forte della politica.
Il congresso si trova a rivedere questa norma. L'abolizione della schiavitù è tramutata in una più mite proibizione a importare nuovi schiavi nei nuovi stati. Gli Stati Uniti hanno ancora tanta strada davanti, ma dall'altro lato dell'oceano le idee di libertà, uguaglianza e fratellanza non sono state ignorate.
Tutto sta iniziando a cambiare. Il vecchio Il vecchio continente non sarà mai più lo stesso.