Intrisa di emozioni, pensieri e tradizioni, quella del ritratto è una delle più grandi storie tramandateci dalla pittura. Nel corso dei secoli ha interessato soggetti religiosi, sguardi alteri, espressioni familiari ed enigmatiche. Il volto dipinto parla e racconta di sé, del soggetto ritratto e del mondo che lo circonda, ma anche dell'autore che lo ha immortalato.
Secondo lo scrittore austriaco Karl Krauss, in un vero ritratto si deve poter riconoscere quale pittore rappresenta. Non solo, il vero artista è colui che sa trasporre la soluzione in un enigma. E nei ritratti di Antonello da Messina, il grande enigma è contenuto nello sguardo di ognuno dei volti dipinti. Un enigma che rimbalza dall'artista al soggetto fino allo spettatore. In questa molteplice ricerca di identità, gli occhi intensi della figura ci sembrano chiedere «E tu chi sei?
» Nell'indagine psicologica estremamente sottile, e raffinata. Il personaggio ritratto guarda infatti lo spettatore con intensità, con un'espressione che instaura un inedito colloquio con chi lo osserva. Un tempo si pensava che questo dipinto fosse un autoritratto. Un'ipotesi probabilmente derivata dalla fraintesa lettura di un'iscrizione sulla sua cornice originale.
Comunque, lo sguardo dell'uomo è così intenso e indagatore che potrebbe riflettere benissimo quello dell'artista. Nella seconda metà del Quattrocento, la ritrattistica di Antonello raggiunse un livello mai visto prima in Italia. Soltanto una dozzina dei suoi ritratti sono sopravvissuti. Tutti hanno lo stesso formato e le medesime caratteristiche.
I soggetti sono raffigurati a mezzo busto e la loro resa volumetrica li fa sembrare dei busti scolpiti. Vengono posti su sfondi scuri e illuminati da una luce vivida e intensa. Così, stagliati sullo sfondo, i personaggi fissano direttamente lo spettatore. Con tutte le possibili distrazioni rimosse, solo il viso e l'espressione del soggetto sono disponibili per l'interpretazione, invitandoci a concentrarci sul loro carattere piuttosto che sulle manifestazioni esteriori di status o ricchezza.
I codici mimetici dominano su quelli dell'abbigliamento. L'abbigliamento diventa funzionale all'espressione. La berretta di panno è di colore rosso.
La sua sommità, resa dinamicamente, tende ad afflosciarsi. Ma l'osservatore non ne viene distratto più di tanto. Così... avviene anche per la straordinaria piega della camicia e la tunica dalle spesse righe a simulare la morbidezza della stoffa. Aiutano a identificare la possibile estrazione altolocata del modello, ma è lo sguardo che definisce tale ruolo.
È possibile che il periodo di realizzazione coincida con il soggiorno veneziano del pittore. A Venezia, la presenza di Antonello favorì l'incontro definitivo tra l'arte nordica, che il pittore aveva acquisito nella sua formazione a Napoli, e quella italiana. Un periodo breve, ma fecondo, per la veicolazione di nuove idee e nuove tecniche. L'influenza del maestro siciliano sulla pittura locale fu grande e non solo per la nascita della pittura tonale, che caratterizzò il Rinascimento Veneto. Dall'incontro tra l'arte del messinese e quella di Giovanni Bellini, nacque anche un tipo di ritratto di straordinaria vitalità, che arriverà fino ai capolavori assoluti.
del Rinascimento Maturo. Nella tradizione pittorica italiana, la posizione di profilo dominò nelle varie corti fino al 1475 circa. Questo per le sue ascendenze umanistiche, nell'imitazione delle figi imperiali romane. venne adottata dai più grandi pittori dell'epoca. Il ritratto di tre quarti, secondo una tipologia derivata dall'arte fiamminga, si affermò gradualmente in Italia nella seconda metà del XV secolo, a fronte di una permanenza dei ritratti di profilo.
Inoltre, nella tradizione italiana, lo sfondo azzurro serviva ad accentuare l'autorevolezza del personaggio rappresentato, trasferendolo, come in una apoteosi, in una dimensione divinizzata, di cui il cielo diveniva il principale simbolo. Di derivazione fiamminga è invece lo sfondo scuro che non distoglie l'attenzione dello spettatore dalla figura ritratta. Antonello adottò questo formato proprio dai dipinti realizzati nelle Fiandre.
Un esempio paradigmatico è l'autoritratto di Van Eyck realizzato nel 1433. Tra il 1465 e il 1470 circa, Antonello realizzò il ritratto d'Ignoto di Cefalù. Quasi come un prototipo, lo schema compositivo di questo ritratto venne confermato in quelli successivi. Il personaggio è inserito in uno sfondo scuro, con il busto tagliato sotto le spalle, la testa ruotata verso destra, gli occhi guardano direttamente lo spettatore, stabilendo una mutua relazione. Nei ritratti successivi dispose sovente un parapetto marmoreo con un cartiglio dipinto che riporta data e firma altro tipico elemento fiammingo.
Indelicabili sono i rimandi di Antonello ad alcuni importanti artisti fiamminghi. Dai documenti sembra plausibile una collaborazione con Petrus Christus. La pittura a olio gli permise di definire una nuova gamma di trame.
La lucentezza del pigmento diviene quella dei grandi occhi dell'uomo. La materia del colore gli permette di raschiare parte della vernice per ottenere l'effetto di evidenziare i singoli capelli del modello. Così anche per la barba.
Le velature più chiare suggeriscono il gioco della luce sul naso e i suoi zigomi affilati. Al contrario, la parte inferiore del mento e il lato sinistro della mascella sono in ombra. Tra questi estremi di luce e ombra vi è un continuum di transizioni sottili e naturalistiche. Variando i toni in questo modo sottile, Antonello ottiene un effetto tridimensionale in cui la testa sembra emergere dall'oscurità dello sfondo.
Così viene esaltata la salda impostazione volumetrica della figura. L'uomo sembra essere fisicamente presente in uno spazio tridimensionale. Questa sovrapposizione volumetrica allo stile epidermico tipico dei fiamminghi permette di esaltare al meglio proprio la componente psicologica, nitidezza mimetica e sintesi formale e spaziale, realtà e ideale, un incontro. che nella magia dei ritratti di Antonello aprirà nuovi orizzonti all'arte del Rinascimento.