Ma il suo sviluppo economico, politico e soprattutto sociale è molto arretrato rispetto alle altre nazioni moderne. Basti pensare che la servitù della gleba viene abolita soltanto nel 1861. Quando nel 1897 viene indetto il primo censimento, la sua popolazione è di circa 125 milioni di persone, suddivisa in 146 tra popoli ed etnie, ognuno con il suo idioma. Ma nonostante ciò, lo Stato cerca da sempre di riunire non solo gruppo linguistico russi, ucraini e bielorussi. per creare una nazione omogenea, per russificare tutte le genti che popolano quell'impero sterminato, per minimizzare o addirittura cancellare la cultura e le tradizioni locali. Il paese è governato da una monarchia autocratica e la popolazione è suddivisa rigorosamente in quattro ceti, i contadini, la borghesia, la nobiltà ed il clero.
Il culto ortodosso conta il maggior numero di fedeli, seguito a grande distanza dalla religione musulmana, da quella cattolica, da quella ebraica e da quella luterana. L'appartenenza religiosa è un fattore determinante per stabilire le differenze sociali, al punto da essere registrata perfino sui passaporti che sono necessari per circolare all'interno del paese. Queste splendide immagini, riprese nei primi anni del Novecento, ci mostrano una lunga teoria di Pope.
I loro passi sulla neve della piazza del Cremlino sembrano voler scandire gli ultimi rintocchi dell'antico spirito religioso russo. Negli ultimi 50 anni l'obiettivo fondamentale della politica dello zarismo è stato quello di cercare di far uscire il paese dalla sua ritratezza economica e tecnologica per raggiungere i livelli delle nazioni più sviluppate. Un obiettivo strategico che una volta raggiunto avrebbe permesso all'impero di continuare la sua politica espansionista mantenendo quella stabilità politica e sociale che già stava dando i primi segni di cedimento.
Invece sarà proprio il tentativo di modernizzare le istituzioni della società feudale ed il processo di industrializzazione a determinare i mutamenti della struttura sociale del paese che sfoceranno nelle rivoluzioni del 1905 e del 17. Ai primi del Novecento la Russia è quindi ancora un paese prevalentemente contadino. Ed il governo zarista, assieme alla classe dei proprietari terrieri, fanno di tutto per conservare nelle proprie mani il potere politico ed economico e per continuare a tenere i contadini legati alla terra. Il programma per la modernizzazione del paese muove i primi passi concentrando tutte le risorse economiche disponibili nello sviluppo dell'industria pesante, che è fondamentale per il potenziamento delle forze armate e nelle infrastrutture, con un impegno particolare nella costruzione di nuove ferrovie. Ma per finanziare un programma così impegnativo, lo Stato decide di alzare ancora di più la pressione fiscale sui contadini, di spingere l'esportazione dei prodotti agricoli e di indebitarsi con le banche straniere.
L'obiettivo è la realizzazione di un apparato industriale moderno. Comprando le nuove tecnologie dai paesi più avanzati e costruendo fabbriche enormi per compensare la carenza di manager e di mano d'opera specializzata. Nasce così, in pochi anni, una struttura produttiva di buon livello e migliorano le infrastrutture e l'istruzione. Lentamente anche la Russia assume quindi le caratteristiche tipiche di una nazione con in atto un processo di modernizzazione che interessa comunque una base sociale molto limitata. Il contrasto tra i settori più avanzati della società e il mondo agricolo rimane enorme e tende ad aumentare.
Poi, dopo la guerra fallimentare con il Giappone del 1904, la crisi del sistema autocratico si aggrava ancora di più. Il costo di quel conflitto peggiora ancora di più il tenore di vita dei ceti più poveri ed indebolisce l'apparato repressivo dello Stato. Fattori che contribuiranno a provocare lo scoppio della rivoluzione del 1905. Ma lo zarismo è ancora forte e riesce a soffocare questa prima insurrezione, anche se poi è costretto a concedere quelle riforme fondamentali che esistono già in tutti i paesi civili.
Nasce così, finalmente, un sistema parlamentare. La rivoluzione fa rivedere in modo significativo anche l'Obscene, la comunità rurale nella quale sono costretti e relegati i contadini. Sono aboliti infatti sia la responsabilità fiscale collettiva dei membri della comunità, sia il pagamento di riscatto richiesto a chi volesse uscirne fuori.
Poi la nuova riforma agraria, introdotta dal primo ministro Piotr Stolipin, è un primo passo per cancellare dalle istituzioni la comunità contadina. Stolipin si batterà per questo programma fino al 1911, quando sarà assassinato. In pochi anni il 25% dei contadini esce dall'Obscina e diviene proprietario indipendente della sua terra. Nel decennio tra la rivoluzione del 1905 e lo scoppio della prima guerra mondiale, la Russia conosce un'evoluzione economica e politica unica in tutta la propria storia secolare. Il ruolo dello Stato nell'organizzazione e nel finanziamento dell'industria si riduce bruscamente, mentre cresce quello delle banche e degli imprenditori privati.
Persino l'industria militare non è più una prerogativa esclusiva del potere centrale, poiché le banche, che investono capitali enormi, creano un forte apparato produttivo privato. Ma il vecchio regime zarista non si rassegna e cerca di revocare le riforme liberali che era stato costretto a introdurre dopo la rivoluzione del 1905. La Duma, il Parlamento russo, viene sciolto varie volte e il suo potere legislativo è ridotto drasticamente. Il sistema autocratico dello zar Nicola II appare sempre di più reazionario e inadeguato ai tempi. Ostacola la modernizzazione e l'europeizzazione della Russia.
In quel momento, tra i partiti riformisti, sono molto attivi l'Unione dell'Ottobre, il cui programma punta alla monarchia costituzionale. e i costituzionalisti democratici, i cosiddetti cadetti, che saranno l'unico partito liberale della storia russa. Tra i cosiddetti partiti rivoluzionari ci sono i socialisti rivoluzionari, che difendono gli interessi dei contadini, cioè della maggioranza dei russi, e il partito socialdemocratico russo. Un partito di ispirazione marxista che sin dai primi anni della sua nascita, nel 1898, ispira la lotta operaia con Schopen e con tutte le azioni che possono servire ad abbattere il regime zarista. Nel 1903 il partito si divide tra Mensheviki, il cui leader è Georgi Plekhanov, e Bolsheviki, capeggiati da Lenin.
Questa scissione, dovuta in apparenza ad una disputa tra correnti interne, ha in realtà radici profonde. Si tratta di una divisione netta tra i marxisti tradizionalisti e i sostenitori di una nuova lettura della dottrina rivoluzionaria che in seguito sarà denominata marxismo-leninismo. L'Ienen rifiuta il principio di Marx secondo cui la classe operaia è per natura rivoluzionaria e la rivoluzione del proletariato prelude all'eliminazione dello Stato. Si rifà quindi alla dialettica hegeliana di tesi, antitesi e sintesi. Per Marx, dopo il tempo della borghesia, viene il tempo del proletariato, in un succedersi storico-fisiologico.
Per Lenin invece la rivoluzione del proletariato non è un processo storico evolutivo naturale e soprattutto non nasce da sola. Ecco che cosa grida Lenin in uno dei suoi slogan più celebri ed efficaci. Dateci un'organizzazione di rivoluzionari e capovolgeremo la Russia.
La consapevolezza rivoluzionaria può essere quindi portata nel proletariato solo dall'esterno, da una minoranza culta che comprenda scientificamente le leggi della storia e si unisca nel partito dei rivoluzionari di professione. E per Lenin il ruolo del partito è centrale. Il compito del partito bolshevico è quindi quello di prendere il potere per trasformare la rivoluzione borghese, diretta contro la monarchia autocratica, in quella socialista.
La rivoluzione socialista, anche se a luogo in un paese arretrato come la Russia, avrà poi un enorme significato internazionale. Il momento propizio per la grande rivoluzione non è ancora giunto. La prima guerra mondiale è alle porte. L'impero russo entra nel conflitto per vari motivi.
Perché ha aderito alla triplice intesa con Francia e Gran Bretagna, per la politica espansionistica tradizionale dell'autocrazia russa e per quell'atteggiamento aggressivo che ha da sempre nei confronti degli imperi ottomano ed austro-ungario. Inoltre, il governo zarista vede nella guerra un'ottima occasione per spegnere una volta per tutte il movimento rivoluzionario. Per questa ragione mobilita un numero enorme di giovani, dichiara lo stato d'emergenza, vieta gli scioperi e fa appello allo spirito patriottico della popolazione.
Ma sono molti i consiglieri dello zar che intuiscono subito quanto possa essere pericolosa per l'impero questa nuova avventura.