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Lezione sulla Siderurgia a Napoli

Musica Musica ...dette teatrissimo di parlare al buono... ...che ne dico anche direi soprattutto del popolo... Napoli, martedì 3 novembre 1981. Centro siderurgico di Bagnoli, fiore all'occhiello della siderurgia pubblica del nostro paese. È passato quasi un anno dal devastante terremoto che... che ha scosso la città. Come se non bastasse, la crisi dell'acciaio è esplosa a livello mondiale. Ministro delle partecipazioni statali del governo Craxi, impegnato in un tour di tutte le aziende pubbliche in crisi, sta parlando a più di 2.000 operai e impiegati del centro siderurgico napoletano. Io ero lì quella mattina per fare le fotografie dell'evento De Michelis e Italsider. De Michelis aveva davanti a sé 2.000-2.500 operai e aspettavano con ansia che cosa avesse da dire il ministro sul loro futuro. Ciao Io dovevo dire delle cose sgradevoli nell'uno e nell'altro caso, cioè parlare di riorganizzazione, di ridimensionamento, di spostamento di occasioni di lavoro, di opportunità di lavoro. Eravamo in attesa di notizie, di vitro di morte per noi, almeno questa era la nostra considerazione del momento. In pratica noi proponemmo di chiudere e fermare l'alto forno Chiudere l'alto forno che ci mettevamo noi, una discoteca. E una volta chiuso l'alto forno proveremo di cambiare il treno di laminazione, installandone uno molto più moderno, molto più efficace. Quando Di Michelis fece questa proposta ci fu un boato all'interno del capannone. Tutti gli operai si alzarano e incominciarono a durulare e a fischiare. Grazie a tutti. Un delegato che era sul parco accanto a De Michelis disse compagni, il ministro De Michelis è un nostro compagno e allora partì una raffica di fischi ancora più forte. L'obiettivo nostro era di salvare Bagnoli nel senso di rendere possibile la continuazione di un'attività produttiva siderurgica in quella località. Noi all'assemblea De Michelis ascoltavamo tante cose. cose, però dicevamo come Totò, ma questo stupido dove vuole arrivare? Quindi questo comportava mesi di cassa integrazione per compiere questa operazione. Chiudere per sei mesi significava andare in cassa integrazione senza nessuna garanzia. Mi senti gelare il sangue nelle vene, è come se uno entra a casa tua e porta via tutto e tu non puoi fare niente. Ci toglievano il terreno da sotto i piedi, perché forse molti di noi non sapevano nemmeno cos'era la cassa integrazione fotografavo lo smarrimento sulle facce degli operai ed era chiaro che era la fine dell'aristocrazia operaia. venduto per soli 20 miliardi, segnerà in Italia l'inizio di una mara stagione. La grande dismissione, la cancellazione dell'industria pubblica, l'avvio delle privatizzazioni. Una storia in cui, per un verso o per l'altro, siamo ancora tutti dentro. Autore dei sottotitoli e revisione a cura di QTSS Musica Musica Cosa si lascia dietro una grande fabbrica quando chiude? Una città rossa e nera con milioni di metri cubi di impianti arrugginiti. Il ricordo di un mostro inquinatore che dava da vivere a migliaia di persone ma che vomitava a mare, ogni ora, 20 milioni di litri di veleni. E altrettanti ne spediva in cielo sotto forma di gas e polvere. Nel definirlo mostro inquinatore dobbiamo considerarlo, lo definiamo adesso con l'attenzione che c'è per i problemi ambientali, ma quando sono nate queste attività all'inizio del secolo l'attenzione e la priorità era un altro, procurare lavoro e quindi... non ci si poneva nemmeno il problema ambientale nei termini in cui ce lo poniamo adesso. Per tanti anni è convissuta questa contraddizione tra l'importanza del lavoro operaio, che poi era lavoro. per migliaia e migliaia di lavoratori e l'ambiente. Noi giornalisti abbiamo scritto fiumi di inchiostro sull'Ital Cider di Bagnoli, la difesa del posto di lavoro, la classe operaia. Chi scriveva molto di questi temi, la garanzia del posto di lavoro, chi scriveva molto sul tema dell'inquinamento, l'inquinamento ambientale molto forte. e probabilmente abbiamo fatto bene. perché abbiamo difeso un patrimonio, ma certo alla luce poi di quello che è avvenuto e di quello che sta avvenendo anche in queste settimane a Taranto, forse ci rendiamo conto che gli impianti siderurgici all'interno di città, di grandi centri urbanizzati, non potevano funzionare a lungo. Il centro siderurgico di Napoli ricadeva sotto la collina di Posillipo davanti ad una baia spettacolare. Resta un mistero come si possa aver accettato l'idea, per certi aspetti demenziale, di aprire proprio qui un centro siderurgico. In Pisa, ferro e acciaio sono il motore dell'economia del primo novecento. E per produrre ferro e acciaio, bisogna impiantare colossali centri siderurgici con migliaia di operai. Sembra la soluzione ideale per una città come Napoli. Al momento dell'unità d'Italia Napoli aveva giusto il doppio della popolazione di Torino e di Milano messi insieme. 40 anni dopo, nel 1900-1901, Torino e Milano avevano il doppio della popolazione di Napoli. E questo ci dice come Napoli stava decadendo. Nel 1904 il governo Giolitti, su sollecitazione di Francesco Saverio Nitti, finalmente attua politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno d'Italia. Bisogna rimediare ad una situazione disastrosa. Nitti analizza tutti i guai di Napoli, tutte le false proposte che vengono da più parti in modo infondato e alla fine dice, parliamoci chiaro, ma per far rivitalizzare questa ex capitale c'è un solo rimedio e io credo che allora fosse veramente l'unico rimedio serio, l'industrializzazione. Viene fondata a Genova la società anonima ILVA, che deve finanziare uno stabilimento siderurgico nella città partenopea. I signori in tuba e finanziera della foto ufficiale e questi operai sono i pionieri dell'acciaio a Napoli. Non si può fare a meno di notare il loro entusiasmo. Bisogna capirli, all'epoca la disoccupazione colpiva quasi la metà della popolazione. Resta il fatto che la nuova industria sorge su una baia bellissima, quella di Bagnoli, già meta preferita del turismo dell'epoca. Il vecchio nome di Bagnoli era Balneolis, quindi era chiara già la destinazione, la vocazione di quel luogo nel suo nome. Per la prima volta si era deciso in Italia di costruire un impianto a ciclo continuo. Per ottenere questo risultato ci volevano degli ampi spazi e questi spazi erano a disposizione per una costruzione industriale nella zona di Bagnoli. La prima colata è nel 1910. Qualche anno dopo il centro siderurgico dà lavoro già a 4.000 operai. Napoli è il quinto centro industriale italiano dopo Milano, Torino, Genova e Como. La prima guerra mondiale assicura ai padroni delle industrie siderurgiche italiane, all'epoca tutte private, una grande espansione. Si raddoppia la produzione di acciaio. Servirà soprattutto per cannoni, bombe e pezzi d'artiglieria. A Napoli si decide il primo grande ampliamento e a farne le spese sarà un'antica chiesa che era lì dal 1400. Con la fine della guerra, fine delle commesse militari. Esplode la crisi. Le fabbriche minacciano di chiudere. Si moltiplicano scioperi e occupazioni delle fabbriche. Sono gli anni tra il 1919 e il 1921. Il biennio rosso. La crisi provoca la prima chiusura dello stabilimento di Napoli. Riaprirà quattro anni dopo. Sono oltre 11 milioni gli italiani espatriati all'estero. Meta preferita? Le Americhe. In pratica un quarto della popolazione italiana ha abbandonato il paese in cerca di lavoro. Manco a dirlo, molti sono napoletani. Il 24 ottobre del 1922 Mussolini tiene a Napoli un grande comizio. È l'atto preliminare della marcia su Roma. 40.000 squadristi sfilano per le strade napoletane. Il 30 ottobre Mussolini giunge a Roma, si presenta al Re e riceve l'incarico di formare il nuovo governo. È l'inizio della dittatura fascista. L'atteggiamento del primo Mussolini nei confronti dell'industria siderurgica è molto negativo. Gran parte della proprietà dell'industria siderurgica è in mano alle banche e le banche ottengono dallo Stato fortissimi aiuti, questo fa parlare il Mussolini populista di poteri forti. In tutta Italia i migliori quadri operai e molti intellettuali sono arrestati, condannati a lunghi anni di carcere o al confino su isole sperdute nel mare. Mare a cui per fortuna saranno destinati anche migliaia di bambini mandati in colonia. Dagli stabilimenti dell'IVA arrivano a Forte dei Marmi i figli di operai e impiegati, come mostra questo filmato aziendale. dai filmati dell'istituto luce arriva il mussolini trebbiatore impavido nuotatore pilota persino ballerino ma stranamente non compare il mussolini metallurgico intanto con il 1929 arriva la grande crisi con il crollo delle borse La crisi del 1929 arriva in Italia in ritardo. La decisione del regime è quella di intervenire in modo strutturale, continuando la strada degli aiuti di Stato, che era stata tipica della progettazione economica. degli anni precedenti ed è questo il periodo in cui nasce il progetto dell'IRI. L'IRI, Istituto per la ricostruzione industriale, acquisisce tutte le partecipazioni azionarie delle tre principali banche italiane. Lo Stato italiano si ritrova così a possedere il 42% di tutto il capitale azionario. Dalle banche alla siderurgia, dalle costruzioni navali al tessile, dall'industria elettrica a quella meccanica. Nasce lo Stato imprenditore, una vocazione che durerà 70 anni e che segnerà, nel bene e nel male, la storia italiana. Il 10 giugno 1940 l'Italia entra in guerra. Nel 1942 entrano in guerra gli americani e con loro arrivano le fortezze volanti. I piloti non hanno però buona mira. Invece di colpire le aree industriali, spesso e volentieri scaricano il loro carico mortale sulla città. Interi palazzi abitati sono letteralmente rati al suolo. Gli sfottò al duce si fanno più frequenti. Nel cantiere della fabbrica la polizia fascista trova una scritta tracciata col gesso. Il duce Fete è Tenekorn. La traduzione letterale è il duce puzza ed è cornuto. Non si sapeva chi l'aveva scritto. e fermarono tutti questi operai che avevano lavorato in questa gru e l'avano portata a Bagnola all'interrogazione tu stavi vicino a Giscittinelli, quello non ha scritto niente chiamando gli operai, chiamando gli operai ha interrogato un operai di questi Deve essere i figli. Ha perdito. Sì, sono stato io. Perché l'ho scritto? L'ho scritto perché deve essere i figli a mangiare. E ho scritto questo. E lo portarono a Poggia Reale. Nell'agosto del 1943, obiettivo è il centro siderurgico di Napoli. Dopo due successive ondate di bombardamenti, i danni sono quasi nulli. In compenso, sono stati rasi al suolo i quartieri popolari di Bagnoli e Fuorigrotta. L'errore di mira questa volta ha causato più di 500 morti. Non sbagliano invece i tedeschi, che lasciando Napoli fanno saltare gli impianti del centro siderurgico. La guerra distrusse quasi completamente l'Ital Sider e subito dopo furono gli stessi lavoratori che si costituirono in cooperativa e che con l'aiuto degli liquidi dello Stato riuscirono a rimettere a posto lo stabilimento. Secondo i tecnici americani, Per riaprire ci vogliono almeno dieci anni. Invece il centro siderurgico torna in funzione dopo soli due anni. È il 16 maggio del 1946. Nella foto che commemora l'evento le autorità sono in prima fila. Gli autori del miracolo, gli operatori, I operai napoletani sono relegati sul ballatoio in alto. È stato un avvenimento bellissimo perché abbiamo visto un'altra volta l'altofondo di colare, di cacciare la chiesa. Risorge uno stabilimento quando era distrutto e è venuto fuori questo stabilimento con la volontà, con la forza, con lo spirito di lavoro degli operai, si derugge di bagnoli. L'Italia Repubblicana deve ripartire da zero. L'acciaio è fondamentale per la ricostruzione, ma per produrre acciaio servono carbone e petrolio. Sono le navi in arrivo dagli Stati Uniti, in base al piano Marshall, a portare grano, viveri e medicinali. Più di tutto quel carbone e petrolio di cui le industrie italiane hanno assoluto bisogno. Intanto il clima mondiale è cambiato. Russia e Stati Uniti, gli ex alleati, inaugurano la guerra fredda. Sarà proprio George Marshall, promotore del piano, ad annunciare che gli aiuti all'Italia potrebbero cessare in caso di vittoria delle sinistre nelle elezioni del 1948. Proprio in quegli anni all'Italsidere di Genova, di Cornigliano, un operaio fu licenziato perché aveva in tasca l'unità. e il giorno dopo entrò nello stabilimento dove c'erano molti tronchi ferroviari ovviamente e si suicidò facendosi troncare la testa. da una locomotiva. L'integrazione dei mercati porta bene all'Italia che nel 1957 sale al settimo posto nella graduatoria dei maggiori produttori di acciaio del mondo. Lo stesso anno la Fiat presenta la nuova 500. È il miracolo economico, il boom, e anche Napoli ne è investita. Mio padre fa il fregname ed è un costruttore di mobili, però il mio sogno è diventare con mio amico Giacchino Giacchino è un operai che lavora in un'acciaieria Suo padre? Lavora, fa il fabbrico in un'officina In un'officina privata diciamo, una piccola officina Sì, in un'officina privata È un dipendente o è il padrone? È un dipendente E chi guadagna di più, lei o suo padre? Più io Guadagna più lei? Sì Sono gli anni d'oro del nostro cinema. La gente affolla le sale cinematografiche. Sullo schermo c'è spazio per tutto e tutti mannano un per il mondo operaio. Il mondo della fabbrica non sembra interessare e quando capita, in alcuni documentari, ne viene un'altra. viene fuori una versione edulcorata e scollata dalla realtà. Quaggiù invece si stende il regno del fuoco, perché gli altiforni, i serbatoi del gas e i capannoni costituiscono in potenza il più esteso complesso siderurgico dell'Italia, 1.450.000 metri quadrati di superficie. Quasi una città in cui si lavora ininterrottamente a forgiare con il fuoco i prodotti del ferro e dell'acciaio. A Bagnoli chi più chi meno, tutti sono siderurgici e la giornata di lavoro comincia un po' per tutti con la discesa frettolosa delle scale di un vecchio abitato. E poi con l'animazione pittoresca delle strade, in cui le maestranze si incontrano, si salutano e si avviano agli stabilimenti. In realtà le cose sono molto diverse. La Cioieria di Napoli, come tutte le altre, è una fabbrica infernale, con escursioni termiche, con una condizione igienica da terzo mondo, con rapporti brutali tra capi e dipendenti. Si lavorava in modo bestiale, in modo animalesco. Mi ricordo che portavamo i pantaloncini corti, i zoccoli canadesi ai piedi con... con i sacchi ai piedi. In acciaria se si stava vicino a un convertitore si aveva a che fare con una temperatura intorno ai 1600 gradi centigradi. A ogni colata l'acciaio incandescente, il ferro incandescente si otturava l'ugello. Spilavamo la bocca dell'alto forno con le lance e quando usciva la lava andava a finire nelle severe. E ci si disidratava al punto tale che dopo aver fatto questa operazione Grazie. che durava pochi secondi tra l'altro, poi c'era sempre un compagno di squadra che doveva gettare dei secchi d'acqua fredda su questo malcapitato. In una ceglieria si invecchia presto. turni di 10-12 ore di lavoro duro e pericoloso fino all'inizio degli anni 70 si registra una media di quattro morti e centinaia di infortuni all'anno quando sono stato all'assunto al Little Cedar ho avuto un battesimo terribile che non augura nessun giovane dopo 10-15 giorni dalla mia assunzione ci fu un incidente terribile un operaio cadde nella sigletta dove c'era l'acciaio bollente a circa 1600 anni. a 150 gradi, per cui fu una fiammella. A questo punto la gente, ci fu uno sgomento di tutti, l'azienda prese la silietta e la mise da parte. Gli operai non volevano che questa chiesa fosse usata, mentre nello stabilimento diceva di sì. La gente si ribellò, si mobilitò, proprio perché la gente chiedeva una maggiore sensibilità rispetto a questi problemi. Questa chisa fu usata, però preso soltanto un po' di tempo. un pezzo di chisa è messo da parte di ricordo di questo operaio morto. Le terribili condizioni della ciaieria hanno effetti drammatici anche sulla vita privata degli operai. Soprattutto il calore infernale provoca stress, malattie e calo del desiderio sessuale che diventa spunto per sketch comici in tv. Non mi sono spiegata bene. No, ecco. Lei ce l'avrà la libido. l'ha ripito in un primo momento non l'avevo capito l'ha ripito non ce l'ho Come non ha il libido? E no, c'è la lambretta! Il lavoratore dopo 10, 12 ore, 13 ore che tornava a casa non era pimpante come un giovane di adesso, di 25 anni, assolutamente. Non era legato all'asiderurgia. i sindacati e persino dall'ente provinciale per il turismo di Napoli, si arriva a incorporare nello stabilimento anche un rione di case popolari degli anni 30, il rione Cocchia. La decisione di incorporare negli anni 60 un quartiere adiacente all'area di Bagnolo negli anni 60 non era certamente uno scandalo, era una cosa che si faceva un po' in tutto il mondo. Nel 1963 Aldomoro compone il primo governo di centro-sinistra con la partecipazione dei socialisti. Cambia il clima e al centro siderurgico arriva un nuovo amministratore delegato. Si chiama Gianluppo Osti, è un dirigente illuminato. Per iniziare, incarica alcuni sociologi di studiare il mondo della fabbrica. Noi comparavamo Bagnoli a Piombino e a Cornigliano, quindi noi ricercatori poi passavamo a Piombino e a Cornigliano per fare tutti i paragoni, tutte le differenze. E' chiaro che c'era un abisso, cioè Bagnoli era un'anarchia organizzata. C'è un comportamento che fa letteralmente impazzire i dirigenti dell'ILVA a Genova l'abitudine di fare il caffè con la moca napoletana utilizzando gli schizzi di acciaio infuocato. La battaglia, per esempio, mi ricordo di uno dei capi venuti da Genova li chiamavano lingue piegoro perché gli sembrava che il loro linguaggio fosse parlato come da una bocca di peco. ancora uno di questi lingue piegoro faceva la battaglia perché diceva è incivile farsi il caffè, bisogna pigliare la Coca-Cola. E c'erano già i distributori automatici di Coca-Cola che erano ritenuti la modernità contrapposta al caffè. caffè. Con il 68 arrivano le comparsate televisive. A Canzonissima con Walter Chiari e l'inviato speciale Emilio Fede ci sono proprio loro a votare le canzoni. I caschi gialli del centro siderurgico di Napoli. Il primo cantante che dovrete votare, pensateci bene, impugnate la paletta che avete già deciso di impugnare, è Claudio Villa. Allora per Claudio Villa i voti Napoli anche il cinema militante. Pierpaolo Pasolini realizza per lotta continua il documentario 12 dicembre. Avrà una difficile gestazione, generando non poche incomprensioni. Pasolini cerca una metafora violenta. La trova fuori dai cancelli del centro siderurgico di Napoli. È un disoccupato sordomuto. Un'immagine che a molti militanti sembra degradante. Tu che, tu che? Hai bisogno di molto lavoro. Tu che, tu che? Con il 68 comincia la stagione delle lotte. Ai cancelli ci sono i disoccupati che vogliono essere assunti. Negli anni 70 ero di lotta continua, poi iniziai la lotta per il lavoro insieme a tante persone. Nacquero i disoccupati organizzati, di cui io divenne uno dei punti di riferimento. E per noi era importante il rapporto con la classe operaia. Dire classe operaia a Napoli significava... aveva a dire innanzitutto l'Ital Cider, dire i caschi gialli, quindi per noi era importante un rapporto con loro, anche se avevamo delle difficoltà con le organizzazioni sindacali che non si fidavano molto di questo movimento di sottoproletari, di qualche giovane studente, di gruppi extraparlamentari. Rispetto ai disoccupati organizzati, devo dire che nella fabbrica c'erano più posizioni, io avevo una posizione più confacente ai disoccupati organizzati. perché se è vero che la motivazione era quella che l'assunzione era legata solo ai figli di dipendenti, io ero uno dei compagni, dei lavoratori all'interno della fabbrica che sono stato contro, ero contro e sono ancora oggi contro, perché altrimenti l'assunzione diventa un fatto ereditario, il disoccupato rimarrebbe sempre disoccupato. L'Italia degli anni 70 si ribatte tra proclami, problemi e crisi. a piedi e mette in crisi l'apparato produttivo proprio mentre si annuncia la volontà di costruire in Calabria, a Gioia Tauro, il quinto centro siderurgico italiano. Prima della crisi petrolifera si era immaginato che la produzione dell'acciaio potesse aumentare in effetti senza alcun limite quantitativo. Le conseguenze sono state i progetti per il raddoppio di una serie di centri, di cui l'ipotesi Gioia Tauro, di cui sono stati i progetti soprattutto l'ipotesi di cui si discusse molto in quegli anni di spostare lo stabilimento napoletano dell'Ital Cider sulla foce del Volturno. Poi però è arrivata la crisi petrolifera ed è cominciata la politica dei tagli. A Napoli il comune vara un piano regolatore che destina il 30% dell'area dell'acciaieria ad aree verdi e impianti sportivi. La dirigenza del centro siderurgico risponde con un colpo di mano. Tenta di sbancare una parte della collina di Posillipo, ma viene fermata dalle denunce degli ambientalisti. Parallelamente scoppia il cancro della nocività in fabbrica. Manco a dirlo, Napoli sta peggio. Nel mare, dove si continua a pescare e i bambini fanno il bagno, l'acciaieria scarica ogni ora 20 milioni di litri di cloro, ammoniaca, solfuri, fenoli, catrame, idrocarburi. Le polveri generate dagli impianti sono nocive in misura 25 volte superiore ai limiti stabiliti. In Rai, dopo la riforma del 1976, i giornalisti cominciano a dare spazio alla realtà italiana. Qui, ecco, divise soltanto da un muro, da una parte la fabbrica, dove gli operai dovrebbero essere muniti di maschera, dall'altra parte, sulla destra... Questi palazzi corrosi dalle sostanze inquinanti dell'aria, c'è da immaginarsi se delle superfici inerti come i muri rimangono così vulnerate da queste sostanze, cosa debba accadere ai milioni di alveoli polmonari delle centinaia di migliaia di persone che vivono in maniera disumana in questo quartiere. Siamo costretti a mangiarla nei piatti stessi perché abitiamo davanti a... E' una cosa orribile, già l'ho detta, io ho preso la malattia del Lebronco, ho tosso notte e giorno, perciò io per me mi rivolgo all'ospedale dove sono stata ricoverata e vedo loro che cosa devono fare. Ecco ma allora secondo voi che cosa si dovrebbe fare? Si dovrebbe levare questo stabilimento? No, le va perché certamente andrebbero di mezzo parecchi... Noi non vogliamo che vanno in operai in mezzo alla strada, però vogliamo che mettano degli accorgimenti che non ci danno fastidio a noi. Nel 1975 viene eletto a Napoli Maurizio Valenzi. È il primo sindaco comunista. Si troverà ad affrontare gli anni più duri della crisi. Il contributo dello Stato per le aziende pubbliche è passato dai 200 miliardi del 1954 4 a 4.600 miliardi e aumentato 23 volte. Nel 1976 le aziende dell'Iri chiudono per la prima volta tutte in perdita. Viene istituito un comitato presieduto da Pietro Armani. Le sue conclusioni sono lapidarie. Per la siderurgia non c'è speranza e per Napoli si parla di chiusura. Un'analisi che non piace a nessuno, tantomeno ai politici chiamati ad affrontare la crisi. Si deve avere il coraggio di dire che i tecnici hanno sbagliato. Allora... I politici che parlano con estrema competenza di cose che non conoscono, abbiano il coraggio di dire siamo più bravi dei tecnici e abbiano il coraggio di dire che o scelgono la linea politica e allora non tengono conto del parere dei tecnici, oppure quando parlano di efficienza, di ritorno all'imprenditorialità delle partecipazioni statali. devono avere il coraggio di accettare le opinioni dei tecnici. 23 novembre 1980. Napoli, insieme a tutta la Campania e alla Basilicata, trema per un minuto e mezzo sconvolta da un violento terremoto del decimo grado della Scala Mercalli. I morti sono 3.000, i feriti più di 10.000, i senza tetto oltre 300.000. La cioieria di Napoli non subisce danni. In compenso, un anno dopo, il ministro delle partecipazioni statali, Gianni De Michelis, incontra gli operai del centro siderurgico di Napoli. Noi sappiamo e veniamo informati che De Michelis deve venire in fabbrica. Su questa notizia io provai anche, diciamo, non un'ammirazione, il ministro ha colaggio di venire in fabbrica e fare un'assemblea. L'idea era quella di dire... L'attività di produzione dell'acciaio la concentriamo sicuramente soprattutto per il sud a Taranto e naturalmente poi l'attività di seconda battuta la concentriamo in parte a Corniglia. a Genova e in parte a Bagnoli. Questo signore quando si presentò davanti a 2500 circa di noi che lo stavamo ad ascoltare, chi dentro il capannone, chi fuori con l'orecchio teso per sentire le notizie che poi servivano a noi, disse chiaramente, è chiaro che il vostro stabilimento non ha più futuro. In pratica questo significava inevitabilmente la fermata degli impianti, sia di quelli che volevamo chiudere, sia di quelli che volevamo ammodernare sostituire e inevitabilmente mettere in cassa integrazione un numero elevatissimo di lavoratori perché questo comportava, adesso non ricordo esattamente il periodo, ma sicuramente più di sei mesi. Lui quando parla di cassa integrazione non solo parla di chiudere bagnò in alto forno, ma parla anche di cassa integrazione al buio senza avere alternativa. Ma il risultato era quello di ridare una chance di esistenza produttiva e competitiva alla produzione di acciaio. di produzione di acciaio a Bagnoli. Lì si scontrarono una idea moderna, modernizzatrice, sacrosanta, ma che comunque pensava forte sulla pelle dei lavoratori dell'Ital Cider e dall'altra una visione, devo dire, garantista e non illuminata. Alla fine si arriva ad un accordo molto sofferto. Sono trovati più di 800 miliardi delle vecchie lire. Serviranno per il modernissimo treno di laminazione. Bisogna però fermare l'attività. Finiscono in cassa integrazione 4.000 caschi gialli. Napoli è invasa dai cortei. Non siamo criminali, allontanatevi! E' la prima volta che non sono di luce! Se il lavoro va in fumo, le polveri delle ciminiere continuano ad inquinare l'atmosfera, regalando tramonti di fuoco. Paradossalmente rispetto all'inquinamento ricordo che Bagnoli a Calar de Sola e al tramonto aveva una luce straordinaria che era particolarmente questo rosso che si depositava sulle pareti delle case e sulle strade. Molti andavano a vedere la colata quando era di notte per vedere questa cosa, appunto questa specie di eruzione perché ritenevano che fosse ad alto potenziale erotico. Infatti pare che le donne uccidessero più facilmente quando c'era la colata. Nella sala del Consiglio Comunale di Napoli, un operaio del centro siderurgico minacciato di licenziamento si dà fuoco. Così comincia il film Mi manda piccone di Nanni Loi del 1983. Nello stesso anno, il belga Etienne Davignon, commissario di turno dell'acciaio per l'industria, impone all'Italia di ridurre drasticamente la produzione di acciaio. Il 21 luglio 1983, i caschi gialli partono alla volta di Bruxelles, sede della commissione. Vogliono urlare ai burocrati dell'Europa la loro rabbia. Il viaggio si rivelerà però un'avventura tragicomica. Non ci fu nessuna compagnia in Europa che ci volle condurre a Bruxelles e all'appello dei nostri sindacati rispose una compagnia rumena. Andammo infatti con degli aerei, un jet e due quadrimotori. Io quando sono partito, vedendo l'aereo dove io sono salito sopra, Elica, pensavo che era un viaggio senza ritorno. Invece fortunatamente al ritorno ho preso quella Turbine e sono arrivato circa 4 ore prima a Capodichino. Quando decollammo per darci forza nell'andare a fare un viaggio con quell'aereo, ricordo che tutti decollammo con il grido bandiera russa, con i pugni alzati e cantavamo la canzone del Partito Comunista. Perché poi arrivati sulle Alpi, le Alpi, le Alpi, e l'aereo tutto così, perché stavamo tutti a guardare i famosi rivoluzionari dello stabilimento, morti di paura. Non è finita. Le organizzazioni sindacali hanno sbagliato non solo aereo, anche il giorno. Il 21 luglio è la festa nazionale del Belgio. Chiusi negozi, ristoranti, bar e soprattutto la sede della comunità europea. Non c'è nessuno ad ascoltarli. Io lo ammetto che quando andammo a Brussels sbagliamo tante cose nell'organizzazione, nel senso che sbagliamo il giorno perché non c'era nessuno a Brussels, in quanto era un giorno di festa. Ma voi dovevate vedere l'espressione... dell'agente che ci guardava io ho letto negli occhi di queste persone ma questi da dove vengono chi sono ci fu un errore un vizio di folle forma un errore perché non considerarono che quel 23 luglio era la festa nazionale belga, quindi era tutto chiuso. È stata una bella esperienza come uomo, come lavoratore no, perché non è servita a niente. Ma i caschi gialli non si arrendono, tornati a Napoli si susseguono manifestazioni e scioperi. Il modernissimo treno di laminazione, quello che doveva risollevare le sorti del tempo. il centro siderurgico, resterà in funzione solo cinque anni, producendo ben al di sotto della sua capacità. In sei anni sono stati bruciati 800 miliardi di lire. C'è chi dice oltre 1500 miliardi. Come dire, quasi due miliardi di euro attuali. Uno spreco gigantesco che si poteva evitare. Uno spreco che si poteva evitare. Oggi col senno di poi, me lo sono spesso detto, probabilmente porto alla responsabilità di avere contribuito a fermare decisioni in cui il risultato finale non era quello che avevamo in mente noi quando prendevamo quelle decisioni. Difficile dirlo adesso, io penso. Un po' con gli occhi di oggi. D'altra parte fu De Michele di se stesso proprio a spingere sulla strada della ristrutturazione. Io penso che allora era giusta la riconversione di Bagnoli, una grande riconversione di Bagnoli, un nuovo grande treno di riminazione, la fabbrica che cambiava, ricordo discussioni appassionate. Io penso ancora, rimango ancora, dell'idea che si poteva scegliere un percorso diverso. Ovviamente, visto che poi il percorso è stato quello che sappiamo, ovviamente questi denari sono stati sprecati. Per il centro siderurgico sono anni confusi, caotici e spesso contraddittori. Nel 1988 l'IRI mette in liquidazione la FinSider, che ha accumulato 10.000 miliardi di debiti. Napoli è ormai mai avviata la dismissione. La decisione di chiudere poi Bagnoli è intervenuta anni dopo, arriviamo agli inizi degli anni 90 in realtà per la chiusura formale. male definitivo di Bagnoli, viene presa e portata avanti da più governi che si succedono allora e io ricordo bene. quanto è stato duro, quanto è stato difficile. Le Brigate Rosse provano a sfruttare la rabbia degli operai. Il 16 giugno 1988 lasciano fuori dai cancelli dello stabilimento Ilva un pacco di volantini. Dopo un mese, due mesi, ora non ricordo con precisione, trovammo dei nastri davanti all'entrata della fabbrica che minacciavano, ricordo, i berlingueriani dell'esecutivo. Le brigate rosse all'interno della fabbrica del Sider non hanno... hanno mai avuto grande successo, proprio perché c'era una grande coscienza operai legato alla cultura del Partito Comunista e quindi diciamo che le Brigate Rosse e le BR hanno tentato più di una volta di entrare all'interno della fabbrica, ma hanno sempre avuto un diniego assoluto. Le Brigate Roste non sono entrate in fabbrica non solo perché c'era questa grande visione, ma perché anche i gruppi che non facevano parte dello stesso PC e che erano gruppi che appartenevano chi all'autonomia operaia, chi al servire il proprio, chi alla lotta continua, avevano questa grande sintonia con tutti che la f*****a. La fabbrica doveva essere gestita dal movimento operaio e anche in rapporto a quelle che erano le domande sociali erano gli operai che dovevano rispondere rispetto a quella che era l'esigenza della città. Bagnoli aveva questa consapevolezza di essere il principale presidio democratico della città. Era un titolo di orgoglio della fabbrica e di ogni operaio muoversi. in questo modo. I caschi gialli organizzano manifestazioni su manifestazioni, scenari della protesta, i più vari, da una partita del Napoli di Maradona al balcone del presidente della regione Campania raggiunto con una gru. Allora attorno agli operai di Bagnoli c'era anche una grande mobilitazione della città, una grande mobilitazione civile, c'era anche un profondo rispetto della città perché veniva riconosciuto il valore del lavoro operaio e e veniva riconosciuto il contributo che questa fabbrica aveva dato per tanti e tanti anni. Quindi quando Bagnoli chiude è evidente che cambia in qualche modo la storia della città. Ma a Napoli sono in tanti a tirare un sospiro di sollievo all'idea che il mostro stia per chiudere. Quell'area che si sarebbe potuta sviluppare altrimenti veniva invece sfigurata dalla presenza dell'acciaieria e quindi Quindi quella ciaieria toglieva tutto l'introito che si sarebbe potuto derivare dal turismo in quella zona. Tutta l'attività industriale nella Baia qui di Bagnoli ha determinato un inquinamento di varie nature, un inquinamento di elementi metallici soprattutto, ma quello che è più importante di idrocarburi policiclici aromatici, cosiddetti IPA e PCB, che sono degli elementi inguinanti altamente cancerogene. La chiusura della fabbrica apre una ferita profonda. Molti operai restano increduli e disorientati. C'è stato un nostro collega che quando ha avuto la notizia della cassa integrazione è andato a casa e si è buttato giù dal quarto piano. Mentre altri questo folle gesto l'hanno fatto dopo, dopo la vita lavorativa. Non lo so, forse... Per molti di noi la vita lavorativa era tutto insieme alla famiglia. All'alba del 20 ottobre 1990, precisamente alle 5 del mattino, con l'ultima colata, l'altoforno numero 5 viene spento e con esso si fermerà l'intera area. e a caldo del centro siderurgico di Napoli. Gli operai ci ridono su con l'ultimo caffè riscaldato sull'acciaio bollente, ma la sensazione è da smarrimento. E' uno dei paradossi di Bagnoli, che Bagnoli alla fine intradrammaticamente... in crisi e chiude quando la fabbrica è ristrutturata, è molto più produttiva, è molto più sostenibile dal punto di vista ambientale, questo è certo un grande paradosso. Intanto è scoppiata Tangentopoli, mani pulite. I crolli vanno di pari passo con la fine della Prima Repubblica, mentre il musicista Daniele Sepe intona il motivo dell'internazionale. Il 15 aprile 1993, il referendum abrogativo del Ministero delle Partecipazioni Statali ha un larghissimo consenso. I voti per l'abolizione raggiungono il 90%. Di pari passo comincia la stagione delle privatizzazioni in Italia. Noi giornalisti eravamo convinti che l'industria di Stato garantisse un futuro all'industrializzazione del mezzogiorno e soprattutto garantisse un futuro a quelle che erano le maestranze e la classifica. classe operaia. Quando l'industria di Stato è entrata in crisi ci si è resi conto che ci voleva qualcosa di sostitutivo, ma che cosa? Solo l'industria di Stato era in grado di garantire i livelli occupazionali che ha garantito in quest'area l'Italcide? che il fatto che improvvisamente l'industria pubblica cada, chiuda i battenti, venga a mancare, sia uno dei più forti fattori dell'insicurezza contemporanea. Oggi le persone, il cittadino globale è solo proprio perché sente di non avere più delle istituzioni forti alle quali nei momenti di bisogno, di pericolo, di incertezza fare ricorso, per cui ciascuno deve fare da solo. Anche il centro di Sardegna è un'area molto attiva. siderurgico di napoli viene venduto a pezzi l'alto forno 5 va in india la colata continua e il modernissimo treno di laminazione costati centinaia di miliardi sono smantellati e rivenduti alla cina ad una prima del san carlo teatro san carlo notai un gruppo di cinesi io chiaramente rin curiosito e chiesi ma questi cinesi sono ospiti chi sono scoprì che i cinesi stavano smontando la fabbrica ma in particolare stavano smontando il cuore dell'Ital Cider, quel treno di laminazione che Di Michelis propose e che costò all'Ital Cider e alle tasche dei contribuenti centinaia e centinaia di miliardi. fine di un'epoca, anche gli ultimi caschi gialli vanno in pensione, resta uno spazio immenso da riempire e soprattutto da bonificare. Un paradosso, la testandarge dell'operare dell'Ital Cider ha avuto un grande merito, ha difeso fino all'ultimo questo territorio, la loro fabbrica e quando poi non ce l'hanno più fatta, quando l'Ital Cider è stato chiuso, loro in quel momento che diciamo morivano romain storia di movimento operario organizzato, rinascevano con un grande regalo, 2 milioni di metri quadri, non è successo in nessuna grande città d'Europa e forse del mondo. E se vogliamo avere proprio in giusta considerazione quella storia, anche questa è una ragione in più per operare bene in questo spazio che alla fine ci è stato donato. In attesa che si decida il futuro della vecchia area industriale, molti napoletani hanno eletto gli impianti dismessi come sette ideale per le foto dei loro matrimoni. Uno scenario in cui mancano gli operai, quei caschi gialli che tanta parte hanno avuto nella storia di Napoli. Rimane il dilemma, la chiusura è stata un bene o un male? Tutto dipenderà da cosa diventerà quest'area, una storia che è ancora in buona parte da scrivere. Autore dei sottotitoli e revisione a cura di QTSS Autore dei sottotitoli e revisione a cura di QTSS