No, grazie a voi. Io, come dire, a me in genere danno un po'fastidio quelli che prima di cominciare si dilungano in ringraziamenti. menzionando l'onore ricevuto e così via, però stavolta lasciatemelo fare. Sono io che sono enormemente onorato di essere qui, in questa città, in questo teatro, a partecipare ai festeggiamenti per gli 800 anni di una delle università più antiche d'Italia e del mondo. E insomma, grazie, grazie davvero di essere qui.
Grazie. Allora, il titolo che abbiamo dato a questo incontro è Federico II tra storia e leggenda. E quello che io cercherò di fare sarà proprio di far vedere come sia difficile, se non impossibile, e forse anche perfino inutile. pretendere di distinguere tra la figura storica di Federico e la sua leggenda.
Proverò a farvi vedere come già i suoi contemporanei che l'hanno visto, l'hanno ascoltato, l'hanno toccato. abbiano però creato un'immagine di lui in cui è impossibile separare i fatti dal mito. Poi proverò a farvi vedere come anche gli storici, anche gli storici che pur praticando una storiografia scientifica nel Novecento hanno in realtà contribuito anche loro a trasformare Federico II in un mito. Poi se resterà un po'di tempo ragioneremo un po'su due degli aspetti dell'attività di Federico che si prestano di più oggi a colpire. colpire la nostra fantasia e magari indurci a nostra volta a mitizzarlo e che sono il rapporto con l'islam e il rapporto con le crociate naturalmente.
Ma cominciamo dal rapporto, da come i contemporanei ci descrivono Federico II. Allora esempio di come un papa poteva descrivere Federico II, Papa Gregorio IX, e vidi salire dal mare una bestia. piena di nomi di bestemmia. Questa è l'Apocalisse naturalmente, ma è anche l'apertura della bolla con cui Papa Gregorio IX denuncia Federico II come nemico della Chiesa, la bestia dell'Apocalisse. Ad arretta al Papa Federico era uno che considerava Gesù Cristo un impostore, che metteva in dubbio che Gesù fosse nato da una vergine e che in realtà sotto sotto preferiva l'Islam al cristianesimo, cosa che come capite dal punto di vista del Papa non era, come dire, un'osservazione neutrale.
Ve lo dico in latino, il latino della bolla, servis Christi, servos prefert Macometi, ai servi di Cristo preferisce i servi di Maometto. Togliamo subito il dubbio, non è vero che preferiva l'Islam al cristianesimo. Federico II era nato a Iesi ed era nato per sua fortuna il 26 dicembre e parlando della città di Iesi la chiamava la mia Betlemme. Non era modesto ma non era neanche musulmano. quando si scontra col Papa sostiene di essere lui il cristiano perseguitato da papi che hanno tradito la loro missione, ci sono sue lettere ad altri re in cui denuncia il Papa che lo perseguita, sono perseguitato come Cristo, era l'imperatore ed essere l'imperatore voleva dire essere l'imperatore cristiano.
Certo, quello era l'impero romano, che per tanto tempo cristiano non era stato, ma poi era accaduta una delle cose più importanti della storia dal punto di vista di un uomo del tempo di Federico II. Sì, mettiamola così, quali sono i due avvenimenti più importanti della storia? Se uno l'avesse chiesto a chiunque al tempo di Federico II, la risposta sarebbe stata, beh, primo la nascita di Gesù Cristo, quello è lo spartiacque che divide la storia in due. Vi faccio notare che la dividendo è ancora per noi, eh?
Avanti Cristo, avanti Cristo, poi dopo Cristo, dopo Cristo e poi il secondo evento più importante della storia, Costantino, che unisce le due storie, la storia dell'impero e la storia della salvezza. Quindi essere imperatore vuol dire essere imperatore cristiano per quanto tu poi ti possa richiamare ad Augusto, certo. Per la gente del tempo di Federico, Costantino era più importante di Augusto. Il fatto che l'impero diventa cristiano è più importante, perfino della sua fondazione. Federico, tutto sommato, preferisce addirittura Augusto, da questo punto di vista.
tutti, lui si fa chiamare Augusto, si fa ritrarre imbusti che sono copiati da quelli classici, la sua moneta d'oro si chiama l'Augustale e copia le monete di Augusto, però lui è l'imperatore cristiano. Fa delle leggi ferocissime contro gli eretici. Le leggi di Federico dicono che gli eretici devono essere bruciati sul rogo. Perché? Perché se si mettono contro Dio, si mettono anche contro l'imperatore cristiano.
E il diritto romano, non la consuetudine medievale o l'inquisizione, il diritto romano dice che la pena per la lesa maestà è il rogo. E quindi gli eretici sono colpevoli davanti a Dio e davanti all'imperatore, che è quasi la stessa cosa. Allora, voi capite bene che quando l'imperatore cristiano, che legifera così duramente contro gli eretici e che pensa che la città dove lui è nato sia la sua Betlemme, viene invece descritto dal Papa come uno che non è cristiano per niente, anzi è un criptomusulmano.
Voi capite che siamo di fronte a un personaggio che è stato al centro di conflitti in cui la propaganda ha avuto un ruolo decisivo. Qualunque tentativa noi facciamo di tirar fuori un Federico II, tra virgolette, vero, da tutto ciò che ci è stato raccontato su di lui, deve tener conto di questo. Detto questo proviamo a farlo molto brevemente.
La figura storica, cosa possiamo dire di sicuro? Beh Federico, qualunque manuale, anzi anche Wikipedia ve lo dice, Federico è nato nel 1194 ed è morto nel 1250. Aveva 56 anni, la stessa età a cui è morto Dante. Per parte di madre, la mamma Costanza, Costanza d'Altavilla, ha ereditato dalla mamma il regno normanno di Sicilia, ma era figlio di Enrico VI di Svevia, nipote del Barbarossa, e quindi ha ereditato il regno di Germania e d'Italia, che automaticamente ti candidava anche alla corona imperiale.
Però, per diventare imperatori ci voleva il consenso del Papa. E questo è lo scoglio fondamentale di tutta la vita politica di Federico II. Gli imperatori si sono messi in questo guaio, lo sapete, fin dal primo imperatore che ha ridato vita all'impero romano nell'Europa cristiana, Carlo Magno, quando Carlo Magno ha permesso che quella mattina di Natale dell'anno 800 in San Pietro il Papa gli mettesse lui la corona in testa, mentre Carlo era inginocchiato a pregare.
Il biografo di Carlo Magno e Ginardo dice, senza darci dettagli purtroppo, che Carlo Magno quel giorno è uscito scocciatissimo da San Pietro, dicendo se sapevo che finiva così non venivo a Messa oggi. La deduzione più logica è che ha capito subito Carlo Magno che questa cosa era un grosso intoppo. E il Papa, che all'epoca di Carlo Magno contava ben poco dal punto di vista politico, non aveva nessuna forza politica, amministrativa, solo simbolica, però è il Papa che crea l'imperatore. E quindi Federico II in realtà diventa imperatore perché all'inizio lui riesce ad andare d'accordo col Papa. Ci riesce, gli viene facile in realtà, perché Federico rimane orfano da bambino.
È un bambino. E il suo tutore è il Papa. E anzi un grande Papa, Innocenzo III.
Allora, voi capite, un grande Papa, convinto di essere lui che deve dirigere il mondo cristiano, anche dal punto di vista politico e militare, che si trova fra le mani il bambino che eredita il Regno di Sicilia e quindi tutta l'Italia meridionale, che per il Papa che sta a Roma è particolarmente importante, e per di più che potrebbe ereditare, e se si riesce a evitare che vengano fuori dei concorrenti, può ereditare anche l'impero. Un grande Papa come Innocenzo III è convinto di poter manipolare il bambino e in effetti lo manipola, certo. E gli fa avere l'impero. Lo dichiara figlio della Chiesa. Questo Federico II, ragazzino, protetto dal Papa, che è il suo tutore, che lo aiuta a unire questi due regni, Sicilia e l'Impero.
Questo ragazzino affascina già da ragazzino in realtà l'opinione pubblica del suo tempo. All'epoca in cui appunto è il figlio della Chiesa e il protetto del Papa, lo chiamano, specialmente fuori d'Italia, ma non solo, lo chiamano... Il Puer Apulie, letteralmente il fanciullo di Puglia, però attenzione perché Puglia al tempo è usato correntemente per indicare tutta l'Italia meridionale continentale. Io tradurrei il ragazzo del sud, e questa è la cosa che affascina. È giovane, giovanissimo, e viene dal sud, viene dal sole, viene da questo regno normanno che è già mitizzato al suo tempo.
I poeti tedeschi lo adorano, das Kind von Puglie, appunto. Il bambino, il ragazzo che viene dalla Puglia. E Federico tranquillamente si proclama re per grazia di Dio e del Papa.
Va tutto bene. In teoria la cristianità dovrebbe funzionare così, con un Papa e un Imperatore che vanno perfettamente d'accordo e che ciascuno nella sua sfera governano il mondo. Ma da tanto tempo invece non funziona più così.
Non funziona più così perché i Papi... Non voglio dire che sia tutta colpa loro, però se vogliamo semplificare molto, sono i papi che hanno cominciato. Sono i papi che hanno cominciato a dire, non è vero che noi abbiamo la sfera spirituale e l'impero ha il governo terreno.
Li abbiamo tutti e due noi, i papi. E il papa poi concede all'imperatore di governare. L'accogliete la differenza evidentemente, no?
Ecco, pochi imperatori riescono ad accettare di stare dentro a questo inquadramento. Federico II quando diventa grande non lo accetta più e comincia a fare come vuole lui. e i suoi rapporti, mentre prima appunto Innocenzo III lo ha allevato e lo ha aiutato a sconfiggere i suoi avversari. Poi Onorio III lo ha incoronato imperatore e a partire da quel momento invece comincia lo scontro con i papi. che cominciano a convincersi che il ragazzino in realtà è appunto come minimo la bestia dell'apocalisse e forse anche peggio, come vedremo.
Ed è qui che l'immagine di Federico, per i suoi contemporanei, si sdoppia definitivamente fra l'ammirazione e l'orrore. che a volte convivono, la stessa persona può provare entrambe le cose. Poi ci sono quelli che lo adorano e provano solo ammirazione e ci sono quelli che lo abborrono e lo detestano. L'ammirazione, sappiamo tutti che lo chiamavano stupormundi.
A dire la verità qui c'è una piccola delusione, non è mica vero che lo chiamavano tutti stupormundi. C'è un unico cronista che usa questa espressione. È un cronista importante ma che in Italia nessuno conosceva perché è un cronista inglese.
Si chiama Matthew Parris, è un monaco inglese, suo contemporaneo. È il monaco inglese che scrivendo di Federico II dice Lo reggete ancora un po'di latino? Dai! Principum mundi maximus, il più grande dei sovrani del mondo. Stupor quoque mundi, e anche la meraviglia del mondo.
Et immutator mirabilis, mirabilis straordinario, meraviglioso, immuta, uno che cambiava le cose. Anche per noi, chi è un grande personaggio storico? È uno che ha lasciato il segno, no?
Il mondo dopo di lui non è più lo stesso. Federico era uno che ti cambiava le cose. Ma anche senza chiamarlo stupormundi erano comunque tantissimi, a pensare che Federico fosse l'uomo più eccezionale che si fosse mai visto, il più intelligente, il più curioso, con i più grandi interessi e anche con la più grande energia e spietatezza in politica. Un personaggio che ha affascinato i suoi contemporanei che non erano, sia ben chiaro, degli arretrati medievali.
Gli europei del XIII secolo vivevano in una civiltà estremamente sofisticata, intellettualmente raffinatissima, con delle teste che darebbero dei punti a noi se dovessimo metterci a discutere con loro, gente che aveva visto tutto e non si stupiva di niente, ma di Federico si stupiscono. Però, però per molti altri, o magari anche per gli stessi, era anche l'anticristo. E per concretizzare questa contraddizione io vi propongo di vedere Federico con gli occhi di uno dei più spiritosi fra i cronisti del 200, un frate, un frate francescano, Salimbene. Salimbene da Parma è uno, intanto era uno degli uomini più informati del suo tempo, conosceva tutti. Ha conosciuto i papi, ha conosciuto arcivescovi, sovrani, era uno che nella chiesa del suo tempo contava abbastanza.
Non è mai diventato vescovo, ma nella sua cronaca ci confessa che ci aveva sperato, ci era andato abbastanza vicino, poi vabbè. Però conosceva tutti, era anche uno degli uomini più pettegoli del suo tempo. Fra Salimbene conosce delle cattiverie su chiunque, su qualunque papa, cardinale o sovrano che abbia incontrato.
E di Federico II parla spesso, e anzi a un certo punto decide che è il caso di dedicargli proprio un capitolo intero della sua cronaca. Ora, Salimbene è un francescano ortodosso che non può non condividere la condanna che i papi hanno lanciato contro Federico. E questo Federico fu uomo pestifero e maledetto, scismatico, eretico, epicureo, che nel loro linguaggio voleva dire uno che non crede all'esistenza dell'anima, all'immortalità dell'anima, crede solo alle cose terrene. ha corrotto tutta la terra, anche Salimbene ci crede che Federico non era credente, che non sapeva cosa farsene di Dio, poi vabbè ancora astuto, avaro, lussurioso, malizioso, avete presente i sette peccati capitali? No, ecco, tutto.
Dopodiché Salimbene dice come se niente fosse e ogni tanto era un uomo di valore, quando voleva far vedere le sue qualità e la sua cortesia. Salim Bene scrive in latino naturalmente anche lui, sto traducendo, era un uomo piacevole, allegro, simpatico, pieno di iniziativa, io l'ho conosciuto, dice Salim Bene, e c'è stata un'epoca in cui gli volevo bene, e ancora, conosceva tante lingue e le sapeva parlare, e per farla breve... Se fosse stato un buon cattolico e avesse amato Dio e la Chiesa e l'anima sua, non ce ne sarebbe stato un altro come lui tra i sovrani di questo mondo.
E invece ha combattuto la Chiesa e per questo è finito male, sconfitto. Dice anche Salimbene, lui pretendeva che la Chiesa dovesse accontentarsi che il Papa e i Cardinali e gli altri prelati fossero poveri e andassero in giro a piedi. Non era solo Federico che in quell'epoca suggeriva che forse i prelati avrebbero dovuto essere poveri, ma insomma ecco. Ma il punto più importante è ancora un altro.
Se vogliamo non è poi così strano che Salimbene possa dire io l'ho conosciuto, era un uomo affascinante, straordinario, però peccato che si è buttato dalla parte sbagliata e ha rovinato tutto. Ma c'è qualcosa di più perché Salimbene, da giovane, era affascinato dagli scritti dell'abate Gioacchino da Fiore. E l'abate Gioacchino era un teologo, un mistico straordinario.
convinto che attraverso l'analisi dei testi biblici dell'apocalisse e così via si potesse prevedere quando sarebbe arrivata la fine del mondo o perlomeno si potessero intravedere i segni premonitori qui forse devo fare una piccola parentesi noi come dire viviamo in un mondo dove Stranamente non abbiamo neanche più tanta paura della guerra nucleare, mentre negli anni 50 o 60 ci si pensava davvero, forse il mondo finisce nella mia generazione, dopo tutto. No, noi non ci pensiamo più tanto. Loro ci pensavano molto.
Ci pensavano molto al fatto che il mondo prima o poi sarebbe finito e probabilmente anche abbastanza presto. Nessuno sa quando, ma prima o poi finisce. E sappiamo anche come. La bellezza dell'Apocalisse, ultimo libro, è questo, il fatto che lì descrive quindi un intellettuale del Medioevo, se è cristiano, come lo erano tutti qui da noi, ti dirà, è certo, noi sappiamo perfettamente come avverrà la fine del mondo e uno dei segni premonitori sarà l'arrivo dell'Anticristo.
che commetterà una serie di orrori inimmaginabili e questo farà capire che il mondo sta per finire, che Gesù sta per tornare, trionfare, finisce bene naturalmente, bisogna attraversare un momento abbastanza sgradevole ma poi finisce bene. E l'abate Gioacchino da Fiore, dal suo monastero in Calabria, si era creato una vasta cerchia di lettori e di seguaci, convinti che effettivamente la fine del mondo sarebbe arrivata, sarebbe arrivata abbastanza presto. Molti di loro avevano addirittura calcolato l'anno, 1260. Ora capite cosa fa un bravo giovane frate, molto colto, molto intelligente, ma anche molto affascinato da questi sforzi di prevedere il futuro, come poteva essere Salimbene negli anni 30, quando l'imperatore Federico Arriva ai ferricorti con il Papa e scoppia una guerra in cui ci sono atrocità inennarrabili e ancora peggiori gli vengono attribuite dalla propaganda, come sempre.
E allora Salimbene, Salimbene ce lo racconta, io ho fatto due più due, 1260 deve finire. Abbiamo davanti a noi un po'di tempo, sta a vedere che Federico se continua così, sarà lui l'anticristo. A Salimben hanno raccontato che l'abate Gioacchino era stato interrogato dall'imperatore Enrico VI, il papà di Federico. Enrico VI aveva chiesto all'abate che prevedeva il futuro cosa poteva dirgli di suo figlio e l'abate aveva risposto perverso il tuo ragazzo Malvagio il tuo figlio ed erede o principe, Dio turberà la terra e calpesterà i santi di Dio.
E salimbene alla fine della sua cronaca. Quando alla fine del mondo che sta per arrivare non ci crede più, come vi dirò subito, e neanche che Federico fosse l'anticristo, però alla fine della sua cronaca dice però comunque l'abate ci ha azzeccato, Federico ha turbato la chiesa di Dio. Tutto questo fu compiuto in Federico, dice Salimbene, come abbiamo visto con i nostri occhi, che ora siamo nel 1283, quando scriviamo questo, alla vigilia della Maddalena. Il problema è che il 1260 è passato, il mondo non è finito, ma è da te la grande delusione non è stata lì, la grande delusione è stata nel 1250. perché fino a quel momento Salimbene e tanti come lui osservavano la scena politica, annotavano le malvagità e le atrocità attribuite a Federico II dicendo ancora un po'e si scoprirà che è proprio lui l'anticristo. Funziona tutto e poi invece viene a sapere che Federico II è morto.
E non era per niente l'anticristo quindi. Tutti i calcoli sono sbagliati e tutto da rifare. Delusione enorme. Il bello è che Salimbene lo racconta e questi cronisti medievali sono estremamente diretti e sinceri nel raccontare quello che gli è passato nella testa. Dice Salimbene, quando l'ho sentita questa cosa che era morto, sono inorridito, non riuscivo a crederci.
Io ero gioachimita e credevo e aspettavo. e speravo che Federico facesse ancora molti mali, benché ne avesse già fatti tanti. E invece niente, viene a sapere c'è il Papa, e c'è il Papa stesso che dà la notizia, Salimbene è lì, lo dice il Papa.
Tocca appunto rinunciare all'idea che Federico fosse l'anticristo. E però allora a questo punto, tanti anni dopo, raccontando chi era, siamo anche liberi di dire che quest'uomo era un uomo straordinario. Salimbene ci dice perché secondo lui soprattutto era straordinario, perché aveva questa curiosità, questa curiosità intellettuale inesauribile.
Intendiamoci, anche questa è una storia a doppia faccia, perché... Una volta che Federico viene identificato nello stereotipo del sovrano, pieno di curiosità scientifiche, perché ho sottolineato il sovrano? Perché diversamente dal comune mortale, il sovrano può permettersi di fare degli esperimenti. sentimenti. E chi glielo impedisce?
E allora ecco che sulla figura, sulla curiosità intellettuale di Federico II cominciano a circolare appunto le notizie, gli aneddoti sullo sperimento stravagante e disastroso che a un certo punto si è messo in testa di fare. Federico era affascinato dalle lingue, certo, e a un bel momento si è chiesto ma chissà qual è la prima lingua che hanno parlato gli esseri umani. Come si fa per scoprirlo? E i bambini imparano perché sentono parlare la baglia ai genitori, a gente intorno e quindi imparano una lingua, quella lì. Federico dice facciamo l'esperimento.
Dà ordine di allevare dei bambini, dei neonati, senza che nessuno gli rivolga mai la parola. Aspettiamo che crescano e vediamo che lingua parleranno. E Salimbene dice Non l'ha mai scoperto, perché questi bambini morivano tutti. E del resto, sempre il frate del 200 che parla, come possono vivere i neonati senza le coccole, le chiacchiere, i discorsi delle mamme, delle balie? Ecco, fin lì Federico non c'era arrivato.
Se la storia è vera, Federico con tutta la sua genialità. a questa cosa che il neonato, se nessuno gli parla, muore. Non c'era arrivato.
Sempre per la serie tutti dicevano che Federico aveva fatto il tale esperimento e io che sono qui che vi parlo non so se è storia o leggenda. Questa probabilmente è leggenda però perché ha di nuovo un tono anticristiano. Federico nega che esista l'anima. Come fare per dimostrare che l'anima non esiste?
Semplicissimo. Facciamo chiudere un uomo in una botte, aspettiamo che muoia, poi quando si apre la botte, dove è l'anima? Non c'è.
C'è solo il corpo. Questa è una di quelle calunnie che mettevano in giro i Guelfi, verosimilmente, come l'altra per cui voleva studiare la digestione. Cosa favorisce meglio la digestione?
Il riposo oppure il movimento? Quindi fece mangiare abbondantemente due uomini, poi mandò uno a dormire e l'altro a caccia, poi li fece sventrare tutti e due per vedere chi aveva digerito meglio. Voi capite cosa ce ne facciamo di tutto questo?
Ce ne facciamo una cosa molto precisa, ricostruiamo l'immagine che i suoi contemporanei e specialmente i suoi nemici hanno cucito intorno a Federico. Poi ci potrebbe essere anche qualcosa di più credibile, e Salimbene, è l'ultima cosa di Salimbene che vi dico, Salimbene dice anche questo, io questo sarei quasi inclino a crederlo, che quando Federico partì per la crociata e arrivò in Palestina, si guardò intorno e disse, sarebbe questa la terra di latte e miele? Ma il Signore non ha visto il mio regno di Sicilia?
Ma quando ha mandato gli ebrei in questa terra e gli ha detto che li mandava nel paese più bello del mondo, il Signore si era dimenticato di com'è bello il mio regno di Sicilia, che è l'Italia meridionale, ripeto sia chiaro, non l'isola. Io questo sarei quasi inclino a crederci. Però vedete come siamo ridotti, che ci tocca dire ma sì, io questo quasi quasi ci credo, questo quasi quasi no, non è facile districare.
E non è stato facile neanche, passiamo a questo, agli storici che a Federico hanno dedicato magari tutta la loro vita. Vabbè, senza dedicare tutta la vita a Federico, uno dei grandi storici dell'Ottocento, il Burckhardt, l'uomo che ha inventato il Rinascimento, potremmo dire. Il Burckhardt, anche lui, ha messo il suo bel mattoncino alla leggenda di Federico, il primo uomo moderno apparso in mezzo alle tenebre del Medioevo.
E siccome questo primo uomo moderno, per grande fortuna, per puro caso, è nato erede di un trono, ecco, questo primo uomo moderno, in mezzo a questi selvaggi medievali, ha potuto creare lo Stato come opera d'arte. noi oggi non crediamo mica più tanto che il medioevo fosse un'epoca così tenebrosa e neanche che Federico fosse un uomo così lontano dal suo tempo ma più che sul Burckhardt io vorrei fermarmi un po'su un altro grande storico del Novecento questa volta che è lui stesso un personaggio così straordinario che vale la pena di parlarne e che è il grande storico di Federico II nella storiografia del pieno novecento, il Kantorowicz, Ernst Kantorowicz. Il Kantorowicz è un borghese tedesco di ottima famiglia, con salde idee politiche di destra, è ufficiale del Kaiser durante la Prima Guerra Mondiale, Poi, quando dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale in Germania scoppia la rivoluzione, si arruola nei Freikorps, nei corpi armati volontari di estrema destra, che combattono per le strade con i comunisti e che reprimono nel sangue la rivoluzione nelle città tedesche.
Dopo tutto questo lui di mestiere farà lo storico e scrive una grande biografia di Federico II. Non necessariamente il libro da leggere oggi, se vogliamo essere sicuri di leggere soltanto dei fatti storici ben documentati, ma il libro da leggere per vedere come la cultura del Novecento, specialmente in Germania, ha alimentato il mito di quest'uomo straordinario. Uno legge il Kantorowicz e cosa viene fuori?
Primo, un eroe tedesco. E passi, anche se Federico in realtà appunto fondamentalmente se uno avesse dovuto dire era polide come tutti i sovrani, ma fondamentalmente era siciliano e parlava certo meglio i dialetti italiani che non il tedesco, invece per Kantorowicz è un eroe tedesco. Secondo, un personaggio che incarna tutti i parametri culturali che un grande intellettuale tedesco di destra poteva avere negli anni 20 e 30, cioè Federico II lo gratti un po'e viene fuori il superuomo di Nice, l'Ubermensch. Ma non solo, perché il Kantorowicz è uno sottile che vede la complessità.
Federico II è il superuomo, sbarcato in pieno medioevo anticipando Nice di un po'di secoli, però è anche un altro grande mito tedesco, Mephistofele, il Mephistofele del Faust, lo spirito che nega, cito Kantorowicz. Federico II, uno spirito schiettamente tedesco, germanico, avvolge lo Stauffen, facendone nella sua pericolosità quasi un precursore di Mephistofele. che non zoppica e non ha corna di caprone, ma va per il mondo con la chioma bionda, lo sguardo innocente e la bellezza del fanciullo di Puglia. E con armi rapite agli dèi vince senza combattere.
Adesso voi mi permetterete di sciuppare tre minuti per dirvi come ha poi continuato la vita del Kantorowicz, perché è talmente bello e Kantorowicz, come dire, si identifica talmente per noi che facciamo questo mestiere con Federico II che io questa piccolissima divagazione la voglio fare. Il Kantorowicz, ufficiale del Kaiser, ufficiale nei Freikorps, uomo di estrema destra, era ebreo. E quando è arrivato il nazismo è stato espulso dall'università, se n'è andato dalla Germania, dopo aver cantato Federico, eroe germanico, se n'è andato dalla Germania, è arrivato in California, a Berkeley, dove gli hanno dato una cattedra.
E da queste esperienze deve aver imparato moltissimo. Perché poi... Passa tranquillamente la seconda guerra mondiale insegnando a Berkeley, voi sapete cosa succede negli Stati Uniti negli anni 40 dopo la fine della guerra? Esplode il maccartismo, c'è un momento di violenta intolleranza specialmente nella vita intellettuale americana e a un certo punto ai professori universitari negli Stati Uniti viene imposto di giurare la loro fede anticomunista. Il Cantorovici.
che è più anticomunista di tutti gli americani che è intorno, che ha combattuto i comunisti nelle strade di Berlino vent'anni prima, rifiuta di prestare giuramento a costo di perdere la cattedra a Berkeley, perché giudica è inconcepibile, lo dice, c'è un libro che ha scritto tutta una corrispondenza, anni di polemiche, io non giuro. perché è inconcepibile che a un professore universitario, a un uomo che porta la toga, come i sacerdoti e i giudici, si possa imporre di giurare. Quelli che portano la toga rispondono alla propria coscienza e nessuno gli può imporre di giurare che credono questo o che credono quell'altro. E il Cantorovici perde la cattedra, anche se a dire tutta la verità gliene danno subito un'altra Princeton, perché era comunque un uomo di un certo peso.
Allora, per noi medievisti, quando ci rivolgiamo a Federico II, Cantorovici è sempre lì un monumento. Poi è chiaro, non ci crediamo più a un Federico superuomo, e non crediamo neanche all'uomo del Rinascimento spuntato nelle tenebre del Medioevo. Federico!
È un uomo del suo tempo, su questo non c'è dubbio, e cioè di un'epoca in cui tutti i re e i principi europei stanno rafforzando il loro potere, creano nuove istituzioni, creano i primi embrioni di burocrazia, pubblicano nuove leggi. Federico fa queste cose, però le fa a un livello che lo mette una spanna al di sopra di tutti gli altri. Le Costituzioni di Melfi, il Codice Legislativo di Federico, non sono un unicum.
Tutti i sovrani fanno delle leggi, ma la complessità e la raffinatezza delle leggi di Federico stanno una spanna sopra quelle di tanti altri. Crea un'università a Napoli. E gli altri re non lo sapevano che le università sono una cosa importante, accidenti se lo sapevano. Non è che i re d'Inghilterra o i re di Francia non fossero ben contenti di avere l'università a Oxford o l'università a Parigi e facevano di tutto per sostenerle, ma non le avevano create loro.
Federico è il primo caso di un re che si accorge che il suo regno l'università non ce l'ha, che i sudditi vanno a studiare nelle università degli altri e che uno stato, non uno stato moderno, uno stato del 200 non può non avere un'università al suo interno. È il primo che ha l'idea e la capacità di crearla dal nulla. Senza aspettare che si sia creata una concentrazione di professori, di studenti, in modo spontaneo, come è successo in tutti gli altri casi.
Dunque quello che sto cercando di dire è un personaggio chiaramente più grande del reale, è chiaramente una delle più grandi personalità della sua epoca. Per riconoscerlo non abbiamo bisogno di dire è un uomo di un'altra epoca, no, è un uomo di allora. Cioè di un'epoca, tra l'altro, come vedete, non poi così lontana dalla nostra da certi punti di vista. E questo vale anche per i due aspetti che accennavo all'inizio, che oggi si prestano molto per le nostre fascinazioni e per le nostre mitizzazioni, perché oggi noi possiamo guardarci in faccia e dirci a noi del superuomo non ce ne importa proprio niente, tantomeno germanico.
Invece uno che aveva grande tolleranza, che governava un impero multietnico, che dialogava con gli infedeli e così via, è fatto, come mi confermerete credo, per piacerci. E allora anche qui è molto importante andare a cercare, cioè è molto importante per me, a cui avete dato come compito di provare a distinguere fra la storia e la leggenda, è importante andare a vedere... questa dimensione dell'attività di Federico.
Federico ha ereditato un regno la cui capitale, che era Palermo, non Napoli, la cui capitale era una delle più grandi città arabe del Mediterraneo, e sotto i suoi predecessori, sotto i suoi nonni e bisnonni, Palermo era davvero la capitale di un regno dove convivevano etnie, lingue, religioni diverse. C'è una famosa miniatura che mostra la cancelleria, cioè diciamo gli uffici del governo di Palermo, al tempo del re normanno Ruggero II, il nonno di Federico. Ci sono tre impiegati in questo ufficio che lavorano ciascuno al suo tavolo.
Uno è un cristiano, anzi è un chierico alla tonsura. Un altro è un ebreo, chiaramente riconoscibile dall'abbigliamento, dalla barba. e il terzo è un musulmano col turbante. E sono tre impiegati del governo del Regno di Sicilia.
Ma in realtà quando regna Federico questa presenza islamica non è più così forte. Si è già molto impoverita. Non ci sono, per esempio, non abbiamo certezza che ci fossero dei dotti arabi alla corte di Federico.
Lui l'arabo lo sapeva, lo ha imparato, lo parlava, anzi, aveva, questo lo sappiamo, un maestro di dialettica araba, cioè uno che ti insegna non a parlare arabo ma a discutere in arabo, e discuteva in arabo con gli ambasciatori. Però intellettuali arabi residenti alla sua corte, quelli non ci risultano. Anche i greci sono pochi.
C'è qualche ebreo che traduce dall'arabo, come Jacob Ben Abamari, che traduce parecchie opere dall'arabo, le dedica a Federico, amico della sapienza, e gli fa l'augurio più impegnativo che un ebreo possa fare al sovrano a cui sta rendendo omaggio, che il Messia possa venire durante il tuo regno. Quello stesso Federico che per il Papa era la bestia dell'Apocalisse e per i giochi miti come Frassalimbene forse forse sta a vedere che si scopre che è lui l'anticristo e invece alla sua corte ci sono dotti ebrei che gli augurano di vedere arrivare il Messia che loro stanno ancora aspettando. Ci sono grandi scienziati al suo servizio.
Michele Scoto, astrologo, medico, è uno che ha studiato a Toledo, quello è un mondo dove la cultura gira, viaggia. Michele Scoto ha studiato a Toledo, quindi conosce bene anche lui la cultura araba. Per Dante è uno che si è occupato un po'troppo di provare a prevedere il futuro e quando si fanno queste cose, che non sono proprio proibite, proibite, però la linea è sottilissima, rischi di commettere peccati gravi quando fai queste cose. Dante, il grande intellettuale della corte di Federico, Michele Scoto, lo mette senz'altro all'inferno. come colui che veramente delle magiche frode seppe il gioco, quello che se ne intendeva, ma appunto di magia, di magia nera, di negromanzia.
Oh, ho promesso che non parlavo più di Salimbene, mi smentisco. Salimbene parla anche di Michele Scoto e degli esperimenti di Federico. Federico vuole mettere alla prova la scienza di Michele Scoto e gli dice Sei capace di calcolarmi la distanza dal tetto del mio palazzo fino al cielo?
Voi sapete che per loro il cielo è una cosa solida, noi stiamo dentro una scatola rotonda, la terra è rotonda ovviamente, lo sanno tutti, e intorno ci sono i cieli, una serie di scatole anche loro rotonde. Quindi si può calcolare, fino a questo soffitto, Michele Scoto calcola la distanza dal palazzo imperiale al cielo. Poi Federico II, un momento che Michele Scoto è via, fa abbassare il palazzo imperiale.
E quando Michele torna dice, ma rifammi un po'il calcolo, e Michele Scoto si accorge, naturalmente, che la distanza non è più la stessa. O si è allontanato il cielo, o si è abbassato il palazzo. Questo per quanto riguarda il personale che Federico ha intorno a sé, ma forse proprio perché in realtà non gli bastano i dotti che ha a corte, ha voglia di contattarne altri e questi altri che gli interessano sono quelli che vivono nel mondo. musulmano. Federico ha ottime relazioni diplomatiche col sultano del Marocco, col sultano d'Egitto e quindi con una certa frequenza scrive a questi sultani chiedendo che pongano ai loro dotti delle questioni scientifiche o filosofiche, teologiche, su cui lui si sta arrabbattando.
Vi faccio un esempio, tanto per darvi l'idea. Scrive al sultano del Marocco, dice Federico, puoi chiedere per favore ai tuoi dotti com'è che secondo loro Aristotele spiega che la materia è eterna? Perché io questa cosa non l'ho capita.
E se loro riescono a spiegarmela, pone problemi astronomici, matematici, di ottica. Tutte cose su cui i dotti del 200 si indaffaravano, sia chiaro, non è mica lui che si inventa queste cose, a tutti i dotti interessano. Ma lui è in una posizione tale per cui se gli ottici che ha a Palermo o a Napoli o a Castel del Monte non gli danno una risposta soddisfacente, è in grado di scrivere in Marocco dicendo chiedete un po'ai vostri dotti di lì.
Naturalmente anche qui. Da un lato l'immagine mitica, un uomo straordinario che collega scienze e dottrina di lingue e di religioni diverse. È inevitabile che gli storici abbiano avuto voglia di demitizzare a un certo punto. Il contraltare al libro di Kantorowicz è il libro di un altro storico, la Bulafia, David Bulafia, inglese, ebreo. il quale ha scritto una biografia di Federico II tutto al contrario, cioè per dimostrare che non era un superuomo.
Gli interessi scientifici di Federico, dice Abulafia, sono quelli tipici di uno che non ha una gran formazione culturale, è molto intelligente, è molto curioso, ha orecchiato delle cose e cerca qualcuno che gli aiuti. spieghi, che gliele approfondisca. Qui spiace dirlo, ma anche i dotti musulmani, quando il sultano li convocava dicendo guarda è arrivata un'altra lettera di Federico II, e qual è il quesito stavolta? Ecco, anche i dotti musulmani ogni tanto perdevano un po'la pazienza. Noi abbiamo una corrispondenza con un dotto del Marocco che si chiama Ibn Sabin, il quale ricevendo i quesiti di Federico gli risponde sì.
Però gli dice, però guarda che i quesiti non li hai posti mica bene, il linguaggio filosofico che hai usato non è mica corretto, cito letteralmente, dimostri debolezza di istruzione e mancanza di esercizio in campo scientifico. ti confondi con la folla stupida e priva di intelligenza. Vorresti essere un intellettuale ma non ce la fai. Peraltro, vabbè, anche qui dobbiamo farci la tara.
È un dotto musulmano e sta scrivendo a un principe cristiano. Ci sono delle regole del gioco. Una delle regole è di dirgli, senti, ti interessa tanto la verità, comincia convertendoti all'Islam.
E poi, ne potrevo discutere. E vedete anche qui come è attuale tragicamente questa cosa, no? Che la nostra umanità ha questo bisogno e questa voglia di collegarsi, di comunicare, di interrogare, di porre domande, di sentire le risposte degli altri, però ha anche questa tendenza irresistibile a dire però noi abbiamo ragione e voi torto, ed è inutile, con voi è inutile discutere e così via.
E questo vale anche per il rapporto di Federico con gli arabi che aveva in Sicilia. che è contraddittorio quanto mai. Innanzitutto va detto che al tempo di Federico la popolazione araba in Sicilia era già in crisi, era già diminuita molto.
I re normanni erano stati straordinariamente tolleranti, però per i musulmani come per gli ebrei, vivere in un paese dove governano e comandano i cristiani non è mai stato facile in passato. E quindi la popolazione araba di Sicilia se ne andava. Non era rimasta tantissima. Non sono più i tempi in cui gli scrittori arabi esaltavano la Sicilia come la più bella provincia del mondo musulmano. Federico fra l'altro si rende conto che anche l'economia della Sicilia, qui parlo proprio dell'isola, sta soffrendo perché questa gente se ne va, erano bravi contadini, imprenditori.
Federico interviene, cerca di reintrodurre quelle culture che gli arabi sapevano gestire bene ma che senza di loro non si riescono più a tenere in piedi, la canna da zucchero. Ma comunque una popolazione musulmana c'è ancora in Sicilia. E'una delle cose che per noi che ragioniamo oggi, con i nostri valori di oggi, di più ci fanno ammirare Federico e ci fanno dire perché piace a noi, corrisponde ai nostri valori.
Era un uomo eccezionale, era un uomo straordinario e che Federico, nelle Costituzioni di Melfi, dice chiaramente che tutti i suoi sudditi devono ricevere la stessa giustizia e non importa qual è la loro religione. Anche i nostri sudditi ebrei o saraceni hanno il diritto di intentare causa a un altro in tribunale. Nessuno deve impedire a qualcuno di fare causa e di difendere i suoi diritti solo perché non è cristiano. Ancora, anche quando c'è qualche delitto, qualche crimine contro un musulmano o contro un ebreo, noi vogliamo che sia perseguito dalla giustizia.
Bellissimo, ma capite cosa vuol dire che il re debba affermare queste cose? Vuol dire che ai giudici del re bisogna dirglielo che se chi viene a lamentarsi è un musulmano bisogna rendergli giustizia e non cacciarlo via. Bisogna dirglielo che anche i crimini commessi contro gli ebrei vanno perseguiti e se bisogna dirglielo capite bene come mai i musulmani e gli ebrei non ci vivevano tanto bene nonostante questo sovrano così illuminato. Del resto lo dice anche lui, crediamo che le vessazioni dei cristiani contro gli ebrei e i saraceni siano eccessive. E infatti, nonostante la buona volontà del re, la popolazione arabe di Sicilia vive in uno stato di ribellione, endemica.
Si ritirano in montagna, formano bande di briganti, non pagano più l'affitto per i loro campi. C'era questa situazione che non facilitava le cose, gran parte delle terre coltivate dai musulmani in Sicilia appartenevano alla Chiesa, all'arcivescovo di Monreale, al vescovo di Agrigento, questo non giovava ai rapporti di lavoro ovviamente. E quando Federico, tra l'altro l'Abulafia che vi citavo, lo storico inglese che fa di Federico appunto un ritratto demitizzante, diciamo così, Abulafia, vabbè sono le solite cose degli stranieri, abbiate pazienza, dice ma non è che le origini della mafia si potrebbero ritrovare in queste bande musulmane che in montagna perseguono l'illegalità? Però sta di fatto che contro queste bande di ribelli Federico a un certo punto interviene. E interviene con estrema durezza.
A noi che vediamo tutto come si vede nel nostro mondo verrebbe da dire pulizia etnica. In realtà se fossero stati tranquilli Federico non sarebbe intervenuto. Ma nel momento in cui si rende conto che la popolazione arabe in Sicilia è un problema insolubile decide di eliminarla. Non sterminandoli peraltro. E a dire il vero nemmeno cacciandoli dal regno, però li tira fuori dalla Sicilia, da quell'habitat in cui ormai la loro guerriglia è diventata endemica.
Li tira fuori dalla Sicilia e svuota la Sicilia, tanto che deve far venire immigrati. Lo fa con grande apertura d'orizzonte, fa venire ebrei dal nord Africa per esempio, fa venire, c'è questa cosa meravigliosa che a me è capitato spesso di raccontare, forse non tutti sanno, fa venire un sacco di piemontesi e di lombardi, Federico, a ripopolare la Sicilia. Piemontesi sono all'epoca semplicemente un tipo di lombardi, spiace dirlo, ma comunque è così. E tutti questi contadini, perché Federico aveva stretti rapporti ovviamente con l'aristocrazia, militare piemontese, cioè dell'estrema Lombardia occidentale, il Lancia, suoi parenti e così via, con questi fa degli accordi, quelli mandano disoccupati e quindi si ripopolano molti villaggi della Sicilia.
Uno dei villaggi della Sicilia che vengono interamente ripopolati con piemontesi si chiama Corleone. Se lo sapesse la Bulafia, capite che è una discussione sulle origini della mafia. Ma, come vi dicevo, i saraceni estirpati dalla Sicilia non vengono né sterminati né cacciati via, vengono semplicemente trapiantati in un altro posto dentro il regno. E così nasce la famosa colonia saracena di Lucera, in Puglia, la città che il re ha donato ai suoi sudditi musulmani. È una città in crisi, spopolata, c'è un vescovo a dire il vero, però la cattedrale di Lucera era crollata per un terremoto.
A questo punto Federico spiega al vescovo che è meglio che si trasferisca da un'altra parte, in campagna, e nella città di Lucera ci trasferisce. molte migliaia di famiglie musulmane. Noi abbiamo una cifra ma non sappiamo se si riferisce ai capi famiglia o a tutte le bocche, quindi cambia abbastanza, la cifra comunque è 15.000. Quando anche fossero state soltanto 15.000, non si riferisce a tutti i capi famiglia, ma a tutti i 15.000 anime, è una città importante per l'epoca, interamente abitata da musulmani, dove ci sono le moschee e dove si sente il richiamo del muezzin. E da dove partono guerrieri, arcieri, fedelissimi che accompagnano Federico in tutte le sue imprese.
Con quanto vantaggio per la sua immagine dal punto di vista della propaganda del Papa, potete ben immaginarlo, ecco. Così come il fatto che Federico ama Lucera, ha un suo palazzo a Lucera, secondo il Papa ha un harem a Lucera. E dunque, gli entusiasti raccontano di Lucera un esempio di raro illuminismo.
Altri come Kantrovici dicono, eh Federico, ammettiamolo, aveva la stoffa di un despota orientale, ci stava benissimo a fare il sultano a Lucera in mezzo ai suoi schiavi e alle sue concubine musulmane. Finalmente, c'erano ancora cinque minuti, dai, la crociata. Federico e la crociata. Altro aspetto su cui noi siamo tentati, con qualche ragione, di dire, beh, però ha una stoffa quest'uomo, ha una sua modernità e comunque, come dire, li scavalca tutti e gli altri. E dentro i problemi del suo tempo, certo, c'è la crociata.
La crociata è sull'agenda di tutti i principi cristiani. Perché nel 1187 il Saladino ha riconquistato Gerusalemme e dato che l'abbiamo persa, tocca darsi da fare per riconquistarla, su questo nessuno discute. E Federico nel momento in cui diventa uno dei sovrani più importanti del mondo cristiano e lo diventa con la protezione del Papa, è ovvio che il Papa si aspetta che Federico si metta alla testa di una crociata.
E Federico prende la croce. Quel che succede dopo è difficile dirvi questo è storia e questo no. O meglio, sì, quello che è storia ve lo posso dire, ma vedrete subito che non basta. Quello che è storia è Federico ha preso l'impegno, ha trovato i fondi, ha finanziato la spedizione, ha mandato avanti la sua cavalleria.
Poi lui non è partito. Questi sono i fatti. La versione di Federico, ma io ero già ad Otranto sul punto di imbarcarmi e mi sono ammalato. Che dovevo fare? Ho dovuto rimandare la partenza.
La versione del Papa. Lo sapevo che non avevi nessuna voglia di andarci. Guarda che ti scomunico.
Il Papa era appunto Gregorio IX, quello che abbiamo citato all'inizio. In quel momento era appena diventato Papa, era l'estate del 1227. Papa Gregorio IX prima era il Cardinale Ugolino, Vescovo di Ostia, il protettore di San Francesco. San Francesco era morto l'anno prima.
Pensate come si intrecciano le cose in quell'estate del 27 in cui in preca perché Federico II ha fatto finta di partire e poi non è partito, il Papa è impegnato in una delle cose più importanti del suo pontificato, canonizzare San Francesco, santo subito, però deve stare dietro anche alla crociata e intanto si è scelto quel nome di Gregorio che non è di buon augurio per l'imperatore. Da quando noi abbiamo Papa Francesco ci siamo ricordati tutti che la scelta del nome da parte di un Papa può avere un significato culturale, simbolico, religioso, diciamo politico in senso lato, ce ne siamo ricordati tutti. Lo sapevano benissimo anche loro. Un Papa che si decide di chiamarsi Gregorio nel 200 ha in mente un solo precedente, Gregorio VII, quello della lotta per le investiture, di Canossa, quello che ha umiliato l'imperatore Enrico IV.
Chiamarsi Gregorio vuol dire io continuo in pieno in questo programma per dimostrare che è il Papa, non l'imperatore, che Dio ha messo sulla terra per guidare il mondo cristiano. E Gregorio IX Decide subito che Federico ha fatto solo finta di ammalarsi e lo scomunica. L'anno dopo Federico è guarito e parte.
Ma prima di partire ha avviato una fitta corrispondenza con il suo ottimo amico il sultano d'Egitto, Al-Kamil, a cui non è detto che debba scrivere solo per porre quesiti di astronomia ai suoi dotti, si può anche discutere di politica, per esempio questa maledizione di Gerusalemme. Cosa possiamo fare? Il sultano Malik al-Kamil era, tra parentesi, visto che tutte le cose si intrecciano, quello da cui si era recato anche San Francesco, che pochi anni prima, nella crociata fatta subito prima, era partito dal campo dei crociati per andare a predicare.
il sultano, il quale lo aveva accolto benissimo, lo aveva coperto di regali, Francesco aveva detto scusi io sono povero, non posso accettare niente, il sultano si era molto stupito della santità di quest'uomo, l'aveva ascoltato con grande piacere, poi l'aveva rimandato al campo dei crociati. Contro questo stesso sultano c'è ormai una nuova crociata che sta partendo e Federico se ne deve incaricare, ma scrivendo al sultano gli dice ma che proprio dobbiamo farci la guerra per questa cosa? Ma non è che potremmo metterci d'accordo. Ora, il caso vuole che i cristiani vogliono Gerusalemme, ma in quel momento il sultano d'Egitto Gerusalemme l'ha persa. Gliel'ha presa sua nipote che si è ribellato contro di lui.
Il sultano d'Egitto sta cercando di riprendersela, è in guerra contro il nipote, quando Federico gli dice, ma visto che non è tua, perché non me la cedi intanto? E il sultano dice, beh parliamone. Già prima che Federico parte si scambiano ambasciate, si scambiano i soliti meravigliosi regali, i regali sono sempre quelli, il sultano manda a Federico l'elefante.
L'elefante è doveroso, già Arun al-Rashid aveva mandato l'elefante a Carlo Magno e tutti i cronisti franchi ne parlano in toni estatici dell'elefante. Arriva l'elefante anche a Federico, Federico manda al sultano un orso bianco Arriva l'elefante, arriva l'emiro Fakhreddin, plenipotenziario del sultano, avviano un negoziato, poi però Federico deve partire per l'Egitto perché effettivamente il Papa gli sta col fiato sul collo. Arrivato in Egitto, continuano il negoziato. Nel frattempo la situazione diventa tragicomica, perché Federico è sì partito finalmente per la crociata come voleva il Papa, ma intanto il Papa l'aveva scomunicato.
e quindi manda una circolare a tutte le autorità cristiane in terra santa per avvertire arriva l'imperatore ma è scomunicato non dovete aiutarlo Federico scopre che il sultano Alcamil ha fatto fuori il nipote, si è ripreso a Gerusalemme però in quel momento ha anche degli altri fastidi e quindi gli va bene di fare un accordo fanno un accordo il sultano cede Gerusalemme ai cristiani mantenendo sotto il suo controllo la spianata del tempio, la cupola della roccia, la moschea di Al-Aqsa. Si stabilisce che tutta quest'area è sotto il controllo del sultano ma è accessibile anche ai cristiani. Il resto della città va ai cristiani, negoziano anche un po'di terreno intorno.
Federico ci mette dentro Betlemme, ci mette dentro Nazareth, insomma tutto quello che può interessare ai pellegrini cristiani. Così Gerusalemme viene restituita pacificamente ai cristiani. E per la prima volta da anni si celebra la messa a Gerusalemme, a cui Federico non può assistere perché è scomunicato. E il patriarca di Gerusalemme fa rapporto al Papa dicendo questo qua non c'è la conta giusta. Infedeli non se ne sono ammazzati neanche uno.
Questo si è messo d'accordo con loro, lo si vede sempre che chiacchiera con loro, ha fatto queste concessioni, la spianata, la moschea. Non ci si può fidare. Federico, un po'stufo di questa situazione, entra lo stesso nella cattedrale perché vuole anche essere incoronato re di Gerusalemme, dato che è lui che l'ha recuperata. Il patriarca rifiuta di incoronarlo, si incorona da solo.
Il papa fa subito sapere. che questo che è entrato nella cattedrale da scomunicato ha commesso una cosa gravissima, ha, come dire, dissacrato la cattedrale e l'intera città di Gerusalemme, perciò il Papa getta l'interdetto sulla città di Gerusalemme. L'interdetto vuol dire non si può dire messa.
Appena i cristiani hanno recuperato Gerusalemme, il Papa vieta di dirci messa. Perché c'è Federico, che con la sua presenza l'ha sconsacrata. Nel frattempo, inutile dirlo, il sultano Al-Kamil, a casa sua, è ferocemente criticato da tutti.
Ha fatto l'accordo con i maledetti infedeli, ha ceduto Gerusalemme, non ci si può fidare neanche di lui. Ecco, l'unica cosa buona è che Federico e Al-Kamil sono rimasti amici anche dopo, hanno continuato a scriversi e così via, e i cronisti di Al-Kamil sono fra gli autori dell'epoca che danno di Federico il ritratto più lusinghiero. Anche qui, chiudiamo, adesso vi dico che cosa raccontano i cronisti musulmani. Federico...
Era un grande nostro amico, grande amico dell'Islam. Per forza, dicono, era siciliano. Sicilia una volta era tutta araba, ma anche adesso, anche adesso, che sanno loro in Egitto, anche adesso la Sicilia è un paese arabo e intorno a lui ci sono solo musulmani. Alla sua corte si celebravano le cinque preghiere. Lui voleva stare solo con i musulmani e quando negoziava col sultano al-Kamil, sono sempre i cronisti del sultano, dicono, quando negoziava col nostro sultano, in segreto, Federico gli ha detto che a lui della crociata non importava niente.
Siccome era l'imperatore gli toccava farla, e però ci si poteva mettere d'accordo. Ancora un aneddoto. Quando Federico è a Gerusalemme, per i negoziati le autorità musulmane ordinano ai muezzin di non fare più l'appello alla preghiera per non disturbare il sovrano cristiano quella notte Federico è sveglio strano, non c'è l'appello del muezzin Al mattino va a chiedere, com'è che non ho sentito l'appello del muezzin? E gli risponde, ma è per cortesia, non volevamo disturbarti.
E Federico, sono sempre i cronisti arabi che raccontano tutte queste frottole naturalmente, e Federico risponde, ma io sono venuto apposta per sentire l'appello del muezzin. Fatelo ripristinare immediatamente. Insomma, anche loro, come vedete, favoleggiano.
Anche qui naturalmente poi c'è ogni tanto il piccolo dettaglio che uno dice ma ma ma questo potrebbe anche essere verosimile di quando Federico entra nella moschea della roccia e lì c'è un'iscrizione in arabo che dice Saladino purificò dai politeisti questa città di Gerusalemme. E dice il cronista arabo che Federico legge l'iscrizione e domanda chi sarebbero questi politeisti? Voi capite qual è il punto? Che dal punto di vista musulmano ortodosso, tanto più in un'epoca poco ecumenica come quella, i cristiani non la contano giusta monoteisti si hanno la trinità uno trino poi hanno la madonna i santi e così via quelli sono i politeisti la cosa la cosa affascinante è che in questo caso la reazione di federico sarebbe la reazione di uno che è cristiano e a cui sta stretta questa definizione in un'iscrizione araba che però lui legge perfettamente. Questa cosa qui, devo dire, una sua credibilità ce l'avrebbe.
Sta di fatto che agli arabi Federico piace tantissimo. Vi chiudo con un unico aneddoto sulle crociate. Lo stesso anno in cui Federico è morto, ma prima che morisse, 1250, si conclude disastrosamente la crociata del suo contemporaneo più giovane, Luigi IX, re di Francia.
Era andato anche lui in Egitto, viene sconfitto, sono tutti catturati. Qui si vede bene, i cronisti dei crociati lo raccontano, che mondo è quello, dove il livello di violenza ovviamente è molto alto, per cui quando i cristiani si arrendono, tutti quelli che sono malati o malmessi, una botta in testa e giù in mare, in compenso... È un mondo dove i signori si riconoscono fra loro e non solo il re Luigi ma tutti i nobili francesi vengono ospitati tranquillamente dagli emiri con i quali cenando si intrattengono in piacevoli chiacchierate. Anche un grande cronista molto amico di re Luigi, Jean de Joinville, uno dei suoi principali vassalli, è catturato e nella sua storia, nella sua vita di re Luigi, dice che quella sera...
Non osiamo pensare se è andato da mangiare e cosa è andato da mangiare al grosso dei prigionieri, ma Jean de Joinville, che è un grandissimo signore, è a cena con un emiro sotto la tenda dell'emiro e chiacchierano. E a un certo punto l'emiro mi chiese se ero in qualche modo parente dell'imperatore Federico che allora viveva. E io gli risposi, Jouenville non è il primo venuto, e io gli risposi che sapevo che la signora mia madre era sua cugina ed egli mi disse che perciò tanto più mi amava.
Se sei parente di Federico nel mondo musulmano del tempo sei tranquillo. Ecco, io ho finito, lo vedete che roba è? Lo vedete com'è difficile cercare di separare i fatti dalle leggende che è il nostro mestiere e che tuttavia di fronte a una figura di queste dimensioni diventa veramente un compito ingrato.
Ci salva, cos'è che ci salva? Il fatto che in realtà anche le leggende, quando la gente ci crede, diventano fatti. Fatti storici, non nel senso che sono davvero accaduti, mi capite?
Ma è un fatto ed è un fatto interessantissimo proprio che la gente ci creda, che la gente si immagini così un personaggio della propria epoca e ci costruisca intorno tutta questa mitizzazione. Intorno a tanti personaggi storici vengono costruite delle mitizzazioni, intorno a Federico credo che siamo ai livelli record, non ce ne sono tanti di personaggi intorno a cui si è sdoppiata la sua figura in così tanti modi. Ora, naturalmente, io credo che i miei amici e colleghi della Federico II siano orgogliosi di essere eredi dell'uomo che mandava coesiti scientifici ai dotti del Marocco, non necessariamente invece di essere eredi della bestia dell'Apocalisse, appunto, ma come vedete, e come diceva il Rettore prima, questa è una grande tavola imbandita, dove ognuno può scegliere quello che gli piace di più.
Grazie. Grazie a tutti e buona serata.